I modelli di disoccupazione in Europa · Austria Portogallo Finlandia Svezia Gran Bretagna-60-40-20...

Post on 13-Jul-2020

1 views 0 download

Transcript of I modelli di disoccupazione in Europa · Austria Portogallo Finlandia Svezia Gran Bretagna-60-40-20...

1

I modelli di disoccupazione in

Europa

(capp. 3 e 4 - week 3)

PERCHÉ QUALCUNO È PIÙ DISOCCUPATO DI UN ALTRO?

Ipotesi economiche: teoria del capitale umano; insiders vs. outsiders,

approccio della segmentazione.

Sistemi nazionali di occupazione: durata sussidi, tasso di sostituzione,

andamento inflazione, spesa in politiche attive del lavoro, grado di

estensione contrattazione collettiva e di coordinamento azione sindacati e

datori di lavoro (rilevanza della dimensione politico-istituzionale)

Maggiori/minori difficoltà di adattamento ad un modello europeo unico

nelle politiche del lavoro (e non solo!).

2

Le caratteristiche della disoccupazione in Italia

forte penalizzazione di:

− donne;

− giovani;

− persone senza esperienza di lavoro;

per contro anche molto bassa penalizzazione di:

− maschi;

− adulti;

− con esperienza di lavoro (disoccupati in senso stretto).

3

A confronto con l'Europa

limitate differenze nei tassi di disoccupazione totale:

• Italia intorno alle media Ue15;

• 9 paesi su 14 (Italia compresa) nella fascia 5-10% negli

anni Novanta e in quella 6-8% nel Duemila pre-crisi;

forti differenze per:

• penalizzazione verso donne;

• penalizzazione verso giovani;

• presenza di persone in cerca di primo lavoro.

4

Discriminazione verso le donne

le donne sono più disoccupate degli uomini in tutti i paesi

europei tranne che:

• in Gran Bretagna e Irlanda (uomini più disoccupati):

• Svezia, Germania e Finlandia (circa lo stesso livello);

differenze nei tassi di disoccupazione tra femmine e maschi

nei paesi dove le donne sono penalizzate:

• negli anni novanta da meno di un punto percentuale sino

a 8-10 punti;

• da alcuni anni non più di 6 punti, ma la differenza resta

importante.

5

L’indice di discriminazione per genere

= (TD donne – TD uomini) / TD totale

è più elevato:

• NO nei paesi ove più alto tasso di disoccupazione totale;

• NO nei paesi ove le donne partecipano di più al lavoro

(più alto tasso di attività);

• SÌ nei paesi che creano meno occupazione (più basso

tasso di occupazione totale);

Italia ~60%, il tasso di occupazione più basso dei paesi

europei;

se considerassimo anche i paesi dell’Europa Orientale

scomparirebbe ogni relazione tra penalizzazione di

genere e livello di occupazione.

6

7

fig. 3.1. Penalizzazione di genere e tasso di

occupazione totale, 2008

Belgio Danimarca

Germania

Grecia

Spagna

Francia

Irlanda

Italia

Olanda

Austria

Portogallo

Finlandia Svezia

Gran Bretagna

-60

-40

-20

0

20

40

60

80

100

55 60 65 70 75 80

Tasso di occupazione totale (15-64 anni)

In

dic

e d

i p

en

ali

zzazio

ne

Penalizzazione per età

i giovani sono più colpiti dalla disoccupazione in tutti i paesi

europei tranne che in Germania;

ma differenze nei tassi di disoccupazione tra giovani e adulti

dello stesso genere:

• in alcuni paesi pochi punti percentuali;

• in altri sino a quasi a 30 punti.

8

Tre modelli di impatto della disoccupazione per età

1. modello italiano:

• altissima disoccupazione giovanile;

• molto bassa disoccupazione adulta ed anziana;

2. modello tedesco:

• rischio di disoccupazione quasi eguale per ogni età;

9

3. modello britannico-francese:

• elevata disoccupazione giovanile;

• media disoccupazione adulta;

• medio-alta disoccupazione anziana;

• (era rappresentato da Gran Bretagna, Svezia e Francia,

ma attualmente caratterizza per lo più alcuni piccoli paesi

europei, dall’Olanda all’Irlanda).

10

11

fig. 3.4. Tassi di disoccupazione per età (modelli

stilizzati)

0

5

10

15

20

25

30

35

14-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64

tedesco italiano europeo

L’indice di discriminazione per età

= (TD giovani – TD totale) / TD totale

è più elevato:

• NO nei paesi ove il numero di giovani è più elevato

→ più alto tasso di attività o maggiore crescita demografica;

• SÌ nei paesi che creano meno occupazione

→ più basso tasso di occupazione totale;

Italia ~60%, il tasso di occupazione più basso dei paesi europei.

12

13

Fig. 3.6. Penalizzazione dei giovani maschi e tasso di

occupazione totale, 2008

Belgio

Danimarca

Germania

Grecia

Spagna

Francia

Irlanda

Italia

OlandaAustriaPortogallo

Finlandia

Svezia

Gran Bretagna

0

50

100

150

200

250

300

55 60 65 70 75 80

Tasso di occupazione totale (15-64 anni)

In

dic

e d

i p

en

ali

zzazio

ne

La diversa composizione della disoccupazione

per genere:

• prevalentemente maschile (Gran Bretagna, Irlanda, Svezia,

Germania, Austria);

• prevalentemente femminile (Francia, Italia, Danimarca,

Spagna, Olanda, Grecia);

per età:

• prevalentemente giovanile (Italia, Spagna, Grecia);

• prevalentemente adulta (Francia, Olanda, Belgio, Portogallo,

Gran Bretagna, Finlandia, Irlanda);

• prevalentemente adulta e anziana (Danimarca, Svezia,

Austria, Germania).

14

Posizione in seno alla famiglia

influisce su risorse di chi è senza lavoro → economiche

→ psicologiche; minore vulnerabilità alla disoccupazione di maschi adulti

minor vulnerabilità alla disoccupazione dei capifamiglia;

• in ogni paese europeo, ma in Italia la "protezione" dal rischio

della disoccupazione raggiunge livelli estremi;

→ a capifamiglia meno colpiti dalla disoccupazione corrispondono

figli più colpiti.

15

Composizione della disoccupazione per posizione nella famiglia

quattro gruppi di paesi:

1. Grecia, Italia, Spagna e Portogallo: in gran maggioranza i

disoccupati sono figli che vivono con genitori, mentre

capifamiglia o single sono intorno al 20-30%;

2. Finlandia e Germania: il 58-60% dei disoccupati sono

capifamiglia;

3. quasi tutti gli altri paesi in posizione intermedia (dal 38% di

capifamiglia tra i disoccupati dell’Austria al 52% dell’Olanda);

4. Gran Bretagna caso particolare: all’elevata presenza di figli

tra i disoccupati si accompagna un’altrettanto elevata

percentuale di capifamiglia.

16

In Italia: cercare lavoro restando a lungo in famiglia

La situazione dell'Italia (e di Spagna e Grecia) per quanto riguarda la

posizione nella famiglia delle persone in cerca di lavoro è ancor più

differente da quella degli altri paesi europei di quanto è risultato

guardando alla discriminazione per età:

→ poiché i giovani dei paesi dell'Europa meridionale escono dalla famiglia

di origine in età molto più elevata dopo aver trovato un lavoro;

→ invece, nei paesi dell'Europa centrosettentrionale i giovani escono in età

molto più giovane, spesso prima di aver trovato un lavoro.

17

La protezione della famiglia

In Italia e nell'Europa meridionale:

• prevalgono capifamiglia occupati o pensionati che mantengono a

lungo figli disoccupati o inattivi;

nell’Europa centrosettentrionale:

• i pochi figli che vivono a ancora in famiglia sono più spesso occupati

come il proprio capofamiglia.

18

Giovani in cerca di lavoro:

in Europa meridionale, molti, ma pochi rischiano di vivere in famiglia senza reddito;

in Europa centrosettentrionale, pochi, ma 4 su 10 vivono in famiglie senza reddito da lavoro (molti single).

Adulte femmine in cerca di lavoro:

in Europa meridionale poche, meno probabile che vivano in famiglie senza reddito da lavoro, perché meno probabile che vivano da sole.

Adulti maschi e anziani:

quasi nessuna differenza tra i paesi europei;

vivono per lo più in famiglie ove non entra alcun reddito da lavoro;

possono contare soltanto sul sostegno del welfare state:

→ grado di generosità molto diverso tra paesi europei.

19

Quale mercato del lavoro è più rigido?

Mutamento di prospettiva a metà anni ’90: dall’analisi del rischio di divenire

disoccupati all’analisi della flessibilità;

Teoria dell’Eurosclerosi:

• Europa vs USA: maggiore rigidità del mercato del lavoro → scarsa crescita occupazionale;

La protezione dell’occupazione = norme giuridiche e contrattuali che limitano la

discrezionalità delle imprese nell'assumere e licenziare i lavoratori, in modo da

ridurre l'asimmetria strutturale insita nel rapporto di lavoro dipendente.

Maggiore protezione dell’occupazione implica però:

• riduzione della disoccupazione di breve periodo;

• aumento di quella di lungo periodo;

• contrapposizione insiders / outsiders.

DIVERSI REGIMI DI WELFARE

CONVERGENZA VERSO FLESSIBILITA’

20

WHO IS WHO?

I sussidi per i disoccupati in Europa

Nei paesi europei, chi rimane senza lavoro riceve un sussidio;

i sussidi si fondano su due principi:

1. assicurativo:

• indennità proporzionale alla retribuzione e ai contributi versati;

• indennità a scalare e a termine;

2. assistenziale:

• sussidio legato allo stato di bisogno (controllo dei mezzi);

• senza scadenza (tranne Portogallo e Spagna);

• non presente in Grecia e Italia;

22

per valutare un sistema di sostegno al reddito per i disoccupati si

considerano:

a. grado di generosità

• rapporto tra indennità e retribuzione;

• durata;

b. grado di copertura

• quante persone in cerca di lavoro percepiscono un'indennità;

Per entrambi l'Italia è all'ultimo posto tra i paesi europei, preceduta

anche dagli altri paesi dell'Europa meridionale.

23

Il triangolo della flexicurity

Principi fondanti:

• grande flessibilità nel mercato del lavoro;

• solido e protettivo sistema di sicurezza sociale;

• pervasivo ed efficiente sistema di politiche attive del lavoro

e della formazione;

Il circolo virtuoso:

• flessibilità → imprese più produttive → più forte prelievo fiscale → protezione del reddito generosa e misure di formazione e attivazione → più sicurezza e più facile reinserimento;

Condizioni di contesto agevolanti (Danimarca):

• mobilità tra posti di lavoro qualificati;

• famiglie a doppio reddito;

• spirito civico (no opportunismo).

24

25

fig. 3.11. Indicatori della flexicurity in Italia e

Danimarca

0.0

10.0

20.0

30.0

40.0

50.0

60.0

70.0

spesa per politiche attive del

lavoro (pro capite)

spesa per indennità

disoccupazione (pro capite)

% lavoratori con accesso a lavoro

flessibile

% in formazione continua

% disoccupati coinvolti in

politiche

% disoccupati con indennità

Italia Danimarca

Il modello familistico

effetti positivi:

• pace sociale in contesto di alta disoccupazione;

• risparmiare sui costi della disoccupazione;

effetti negativi:

• ritardo dell'uscita dei giovani dalla famiglia;

• famiglia gravata di troppi compiti;

• natalità ridotta ben oltre quanto dovuto alla maggior

partecipazione al lavoro delle donne.

26

Il modello familistico entra in crisi

capifamiglia disoccupati cominciano a non esser più pochi, come

dai primi anni Novanta nel Mezzogiorno;

le occupazioni instabili cominciano a interessare anche i maschi

quarantenni, impedendo loro di svolgere il ruolo tradizionale

di capifamiglia;

l'unità della famiglia si frantuma per ragioni culturali.

27

Perché le imprese italiane preferiscono

assumere adulti con esperienza?

no perché non sono in grado di valutare la qualità dei giovani;

no perché i differenziali salariali per età non compensano la minore produttività dei giovani;

sì perché l'economia è poco innovativa:

• stereotipo dell'adulto più produttivo si fonda sul fatto di avere esperienza lavorativa, che può essere:

• professionale: competenze acquisite sul lavoro;

• socializzazione al lavoro organizzato e subordinato;

ma sono le imprese con minore innovazione tecnologica e con uno stile di gestione più tradizionale quelle in cui:

• l'esperienza del passato fa premio sulla più alta istruzione;

• la disponibilità a obbedire fa premio sull'entusiasmo poco

disciplinato.

28

Perché gli adulti sono più «attivi» nella ricerca di lavoro?

• quando la protezione della disoccupazione è scarsa e i giovani

convivono a lungo con i genitori

• gli adulti, che vivono soli o hanno carichi familiari, sono molto più

«pressati» a ritrovare un lavoro in fretta rispetto ai giovani, che

possono resistere in una lunga attesa della loro prima

occupazione.

29

Le scelte implicite della società:

il privilegio dei capifamiglia nelle assunzioni e nei licenziamenti è sostenuto da sindacati e opinione pubblica;

quando l'occupazione è scarsa e scarsi sono i sostegni pubblici per i disoccupati, vi è consenso per favorire chi si ritiene abbia più bisogno di lavorare.

30

31

Il divario territoriale in Italia

l’Italia è il paese in cui le differenze territoriali sono più forti;

due mondi: in uno ogni lavoratore deve mantenere un'altra

persona oltre a se stesso, nell'altro deve mantenerne altre tre;

dal 2000, netta riduzione, ma la caduta del tasso di

disoccupazione nel Sud si deve solo in parte alla modesta crescita

dell’occupazione:

• ripresa dello scoraggiamento delle donne;

• ripresa delle migrazioni interne.

32

La mobilità interna

(Sud →Nord) massiccia anni ‘50-60;

da metà degli anni '70 molto bassa, tenuto conto del divario;

ripresa da fine anni novanta, ma diversa composizione per livello

istruzione;

cresce anche la mobilità interna temporanea (pendolarismo);

balcanizzazione del mercato del lavoro;

il recente ruolo dell’immigrazione straniera.

33

fig. 4.1. Tassi di disoccupazione nel Centro-Nord e

nel Mezzogiorno

0.0

5.0

10.0

15.0

20.0

25.0

1977 1980 1985 1990199219931995 2000 20032004 2009

Centro-Nord Mezzogiorno

34

Differenze tra tasso di disoccupazione femminile e maschile:

• 2/14 punti percentuali al Sud;

• 4/5 punti al Centro Nord;

Differenze tra tasso di disoccupazione dei giovani e degli adulti:

• oltre 30 punti percentuali al Sud;

• da 13 a 9 punti nel Centro Nord.

35

La disoccupazione giovanile è anche intellettuale?

tra chi cerca lavoro, la percentuale di istruiti è alta,

• i laureati:

• sono tra il 10% (maschi) e il 15% (femmine) al Centro-Nord;

• e tra il 6% (maschi) e l’11% (femmine) nel Mezzogiorno;

• i diplomati:

• sono quasi la metà nel Centro-Nord;

• e tra il 35% (maschi) e il 45% (femmine) nel Mezzogiorno;

ovvio perché:

• le persone in cerca di lavoro sono per lo più giovani;

• le nuove generazioni sono più istruite delle precedenti.

36

Le implicazioni sociali sono importanti

la disoccupazione colpisce le classi borghesi, sia pure solo i figli

all'ingresso nel mercato del lavoro;

le famiglie di ceto inferiore, che hanno fatto studiare i figli anche

per sfuggire ai rischi della disoccupazione, vedono deluse le loro

aspirazioni;

comunque fenomeno transitorio: solo per figli in fase in ingresso

risulta però incrinato sentimento di sicurezza che ha sempre

accompagnato la condizione di vita delle classi medie e superiori.

37

La resistenza a rinunciare alle aspettative è forte:

quando esiste una stretta relazione tra gerarchia dei posti di

lavoro e stratificazione sociale;

uno squilibrio tra titolo di studio e livello del posto nella gerarchia

occupazionale è percepito:

• non solo come dequalificazione professionale;

• ma anche come declassamento sociale;

questa situazione è presente in particolare in Italia:

• per ragioni culturali: la divisione tra lavoro manuale e intellettuale;

• per ragioni strutturali: la scarsa mobilità di carriera fa sì che ogni

occupazione sembri «per sempre».

38

Per parlare in modo specifico di disoccupazione intellettuale per i

giovani

occorre che la più elevata scolarità costituisca una difficoltà

aggiuntiva nella ricerca di un lavoro;

ciò contrasta con le comuni ipotesi sul ruolo dell'istruzione nel

mercato del lavoro;

39

La concorrenza tra i diversi livelli di istruzione

Secondo la teoria del capitale umano lo sviluppo economico richiede

maggiore istruzione, quindi i più istruiti corrono meno rischi di restare in

cerca di lavoro;

secondo l'ipotesi dell’istruzione dovuta alla pressione delle classi

subalterne, si ha un eccesso di giovani istruiti che provoca un effetto di

spiazzamento, per cui i più istruiti vanno ad occupare posti di lavoro per

cui sono richieste competenze inferiori.

Per entrambe i più istruiti dovrebbero avere un tasso di disoccupazione

inferiore a quelli dei meno istruiti.

40

Come mutano le differenze nei tassi di disoccupazione all’ingresso

per livello di istruzione

Fine anni Settanta:

• netto svantaggio per diplomati disoccupazione intellettuale;

• ma per i laureati posizione chiaramente migliore;

Dai primi anni Ottanta ai primi anni Novanta:

• diplomati e giovani con licenza media allo stesso livello;

• laureati sempre in netto vantaggio relativo;

Da metà anni Novanta:

• tasso di disoccupazione di laureati e laureate non più significativamente inferiore;

• quello dei diplomati è nettamente il più alto;

• durante la crisi ricompare la disoccupazione intellettuale;

Da fine anni Novanta:

- il rischio di disoccupazione all'ingresso nel mercato del lavoro si

presenta in relazione perfettamente inversa al livello di istruzione.

41

Un confronto europeo

3 livelli di istruzione in Europa:

1. livello basso = sino alla scuola media obbligatoria;

2. livello medio = diploma di scuola media superiore;

3. livello alto = titolo universitario;

I tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro:

• si considerano i tassi di disoccupazione nei cinque anni

successivi all'uscita dal sistema formativo;

• livello basso da 15 a 19 anni = 100 numero indice;

• livello medio da 20 a 24 anni;

• livello alto da 25 a 29 anni.

42

fig. 4.9. Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato

del lavoro per livello di istruzione (media 1992-94,

maschi). Numeri indici: 100 = livello basso

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Italia Francia Gran Bretagna Spagna

Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni)

43

fig. 4.10. Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato

del lavoro per livello di istruzione (2007, maschi).

Numeri indici: 100 = livello basso

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Italia Francia Gran Bretagna Spagna

Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni)

44

Istruzione e disoccupazione in età adulta

una volta superata la fase di ingresso, l’istruzione più elevata

costituisce un vantaggio:

tra i 30 e i 59 anni il tasso di disoccupazione degli istruiti è

sempre minore di quello dei non istruiti;

il vantaggio comparativo degli adulti istruiti in Italia è più elevato

di quello degli adulti istruiti negli altri paesi europei;

in Italia l'istruzione superiore costituisce inoltre un grande

vantaggio per quanto riguarda la probabilità di raggiungere

una posizione professionale di alto livello.

45

fig. 4. 11. Tassi di disoccupazione per livello di

istruzione dei maschi adulti (35-54 anni), 2007)

Numeri indice: 100 = livello basso

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Germania Spagna Francia Italia Svezia Gran Bretagna

Alto Medio Basso

46

La lunga attesa del posto di lavoro

Oggi la scuola dura più a lungo; dopo la scuola, il periodo di attesa della prima

occupazione è più lungo; ma è proprio vero che i giovani cominciano a

conoscere il lavoro così tardi?

I «lavoretti» che precedono l'occupazione senza intaccare la condizione di studenti o di persone in cerca di lavoro.

Il lavoro minorile non scomparso in Italia: 200-400 mila, per lo più d'estate;

diverso rapporto con la scuola:

− nel Centro-Nord: frequenza regolare della scuola;

− nel Mezzogiorno: abbandono precoce;

quasi tutti i minori lavorano aiutando genitori o parenti:

riproduzione della micro-impresa familiare;

sub-cultura del lavoro minorile;

i motivi:

- la povertà;

- la scuola non serve;

- il miraggio della società dei consumi.

47

Il lavoro degli studenti

tra chi frequenta le medie superiori gli studenti-lavoratori sono dal

20% al 50%;

più nel Centro-Nord che nel Sud, ove maggiore è la concorrenza di

chi ha finito gli studi;

differenze tra istituti tecnici e licei;

Università / differenze tra facoltà;

spezzoni di lavoro e attività occasionali, per lo più d'estate;

Espansione della scuola di massa o minore investimento in una

scuola che non garantisce più un lavoro sicuro?

48

I «lavoretti» e il lavoro «per la vita»

il limbo dei lavoretti durante la lunga attesa della prima

occupazione;

fase di passaggio quale che sia il livello di uscita da sistema

formativo;

meno diffusi nel Mezzogiorno, perché più scarse sono le

occasioni di lavoro precario non manuale;

nel Centro-Nord vi sono maggiori opportunità nei servizi, anche

ad elevato livello e in regola;

effetto di addestramento soltanto per pochi. Quindi scarso

vantaggio sul piano professionale.

49

Schizofrenia nei comportamenti di ricerca dei giovani

Sfasamento tra:

• il lavoro «desiderato», quello «per la vita», coerente con le

aspettative suscitate dal livello di istruzione raggiunto, che si

continua a cercare intensamente;

• il lavoro «qualsiasi», che non coinvolge l'identità del

lavoratore ed è vissuto in modo strumentale:

• non vige la «logica dell'onore»;

• periodo di moratoria, che rafforza le crescenti aspettative

occupazionali, consentendo di tenerle vive più a lungo.

50

La lunga attesa in seno alla famiglia di origine

la lunga attesa dell'occupazione «adeguata» si regge sul sostegno

economico e sulle aspettative di mobilità sociale della

famiglia;

come le diverse origini familiari dei giovani incidono sui tempi di

ricerca:

• migliori relazioni sociali favoriscono l'accesso al «buon

lavoro»;

• maggiori risorse economiche consentono più lunghi tempi di

attesa.

51

Un disoccupato non più isolato ed emarginato

«Il disoccupato solo e abbandonato non lo abbiamo mai

incontrato». (da una ricerca sulla disoccupazione a Napoli);

in contrasto con le classiche ricerche sulla disoccupazione degli

anni Trenta, in Italia i senza lavoro hanno più relazioni

familiari di coloro con un'occupazione stabile:

• coloro che cercano lavoro sono giovani che vivono in famiglia;

• i disoccupati adulti per lo più vivono nel Mezzogiorno, ove le

relazioni familiari allargate sono più dense, ma la cerchia è

spesso ristretta a senza lavoro.

52

Disoccupazione e lavoro nero

l'economia informale svolge un ruolo importante nelle strategie

dei disoccupati adulti nel Mezzogiorno (costi della vita

inferiori):

• pochi disoccupati ricevono indennità di disoccupazione, ma

semmai altri sussidi non specifici;

attività dequalificate, occasionali, quasi sempre irregolari, che non offrono sbocchi occupazionali stabili, anzi logorano ancor più le capacità di lavoratori poco istruiti («la fatica»);

non sono «falsi disoccupati» perché cercano attivamente il «posto»;

ma ovviamente risulta ridotta la disoccupazione «pura».

53

Una disoccupazione non economicamente seria,

ma socialmente grave?

Dal punto di vista sociale, la situazione è grave, perché milioni di

persone non riescono a ottenere una condizione lavorativa

cui aspirano,

• non importa se per necessità o per desiderio di realizzazione

personale;

ma finora il disagio sociale poggiava su un sistema economico

ricco e soprattutto gli effetti economici della disoccupazione

erano attutiti dai processi di aggiustamento interni alle

famiglie;

→ quindi, finora,la situazione economica della grande

maggioranza dei disoccupati non è stata economicamente

seria, nonostante lo scarso rilievo del sostegno pubblico.

54

Le conseguenze psicologiche della disoccupazione

grave è invece l’emergenza sociale di alcune generazioni di

giovani che rischiano di incontrare troppo tardi un lavoro in

cui realizzare una propria identità personale e professionale:

• conseguenze sul ciclo di vita: sposarsi e fare figli;

• conseguenze psicologiche: prolungamento adolescenza;

da entrambi questi punti di vista, svolgere «lavoretti» o avere

anche più strutturate occupazioni instabili non modifica

molto la situazione dei giovani.