Fotosintesi ad alta efficienza - Kataweb

Post on 01-Jul-2022

6 views 0 download

Transcript of Fotosintesi ad alta efficienza - Kataweb

.......... •

sono delle chenopodiacee della specie Atriplex hymenelytra.Le termocoppie collegate, a sinistra con la pianta di controlloe a destra con la pianta da esperimento, registravano la tem-peratura della foglia. Nella camera la temperatura era rego-lata da un radiatore a circuito idrico e un ventilatore man-

teneva uniforme la temperatura all'esterno della pianta. Lamanica d'aria erogava aria di umidità e contenuto di anidridecarbonica noti. In queste condizioni la traspirazione d'acquae l'assunzione di anidride carbonica della pianta da esperi.mento potevano essere misurate dagli strumenti di laboratorio.

1- je piante sintetizzano il materialenecessario alla loro crescita dal- l'acqua, dall'anidride carbonica edai minerali, attraverso il processo del-la fotosintesi. Ne consegue che un in-cremento nell'efficienza della fotosin-tesi potrebbe portare enormi benefici.I fitofisiologi hanno recentemente ap-preso che in alcune piante il processofotosintetico percorre, per quanto ri-guarda la fissazione dell'anidride car-bonica, un unico duplice sistema e che,in alcune condizioni, questo sistema èdi gran lunga più efficiente del proces-so fotosintetico comune. La scopertaha sollevato immediate domande. Per-ché si è evoluto questo processo? Qua-li generi di piante lo hanno evoluto?Possono acquisirlo le numerose pianteche non l'hanno? Le risposte alle pri-me due domande, almeno, sono com-pletamente chiarite.

Una vita vegetale, in una forma onell'altra, può essere trovata in quasitutti i diversissimi ambienti naturaliche esistono sulla Terra. Considerandole limitazioni imposte da cosí diversihabitat, come la tundra artica, l'in-fuocato deserto o la foresta tropicalepiovosa e scura, mi sembra notevoleche tanti e diversi generi di piante sia-no in grado di sopravvivere e ripro-dursi in ognuno di essi. Succede que-sto, naturalmente perché le piante stes-se sono funzionalmente differenti e so-no geneticamente adattate alle condi-zioni prevalenti nei loro rispettivi habi-tat. Gran parte dell'adattamento evolu-tivo è ingegnosamente dovuto alle inte-razioni tra le piante e i vari componentidell'ambiente biologico: batteri, altrepiante e forme animali, che compren-dono protozoi, invertebrati (gli insettiin particolare) e i vertebrati superiori.

Un'altra fonte dell'adattamento èdovuta alle manifestazioni dell'ambien-te fisico come, per esempio, la tempe-ratura, il rifornimento idrico e l'in-

tensità luminosa. Queste forme di adat-tamento interessano, soprattutto, variprocessi di crescita delle piante, deiquali il fondamentale è appunto la fo-tosintesi. La velocità di alcune reazionifotosintetiche dipende dall'intensità equalità della luce, la velocità di altre èprincipalmente influenzata dalla tem-peratura, e la velocità di altre ancora èin relazione alla concentrazione di ani-dride carbonica nell'aria. Ne risulta chela velocità del processo fotosintetico,globalmente, è grandemente influenza-ta dall'ambiente fisico, forse di più diogni altro processo accrescitivo. Il ren-dimento e la produttività di una pian-ta, sottoposta a stress ambientale, puòperciò in gran parte dipendere dall'ef-ficiente funzionamento del suo appa-rato fotosintetico. Se si sono evolutespeciali forme di adattamento che ren-dono particolarmente efficiente la foto-sintesi in condizioni di stress, allora èmolto probabile che noi le rinveniamoin piante che vivono in ambienti e-stremi.

Un sorprendente esempio di tale adat-tamento è offerto da una pianta

erbacea perenne della famiglia delleamarantacee, un gruppo di erbe e ar-busti, di cui fa parte la Tidestromiaoblongifolia, che cresce nelle basse einfuocate aree desertiche a sud-ovestdegli Stati Uniti ed è diffusa nella ve-getazione del fondovalle della Valledella Morte in California. La Valledella Morte è uno degli habitat piùaspri del mondo, in estate è il più cal-do ambiente naturale di tutto l'emisfe-ro occidentale. Nella Valle della Mortela maggior parte delle piante crescesoltanto nei relativamente tiepidi mesiinvernali quando, cioè, cade la mag-gior parte della scarsa pioggia sul terri-torio (43 millimetri all'anno). Questonon vale per la Tidestromia; quasi tut-ta la sua attività fotosintetica e il suo

sviluppo si manifestano da maggio adagosto, cioè nei mesi più caldi e sec-chi dell'anno.

Con l'aiuto di un laboratorio mobile,noi e i nostri colleghi dell'Istituto Car-negie del Dipartimento di biologia ve-

Le piante del deserto che fioriscono in unhabitat caldo e secco sono state saggiateriguardo all'attività fotosintetica in condi-zioni vicine a quelle naturali, con l'appa-recchio raffigurato qui sopra. Le piante

getale di Washington e dell'Univer-sità di Stanford, abbiamo registratol'attività fotosintetica delle piante diTidestromia nella Valle della Mor-te, durante il mese di luglio. Si trovòche le piante fotosintetizzavano ad al-ta velocità durante le ore diurne. Rag-giungevano il massimo a mezzogiornoquando, sia il caldo raggiungeva l'api-ce, sia le radiazioni solari erano al mas-simo. (La temperatura ambiente eradi circa 50 gradi Celsius). La maggiorvelocità fotosintetica di queste pianteè tra le massime mai registrate in unambiente naturale ed è paragonabilealla migliore velocità di due pianteagricole notevolmente produttive: ilgranoturco e la canna da zucchero.

Esperimenti durante i quali la tem-peratura era sotto controllo, mostraro-no che la velocità di fotosintesi dellaTidestromia è grandemente influenza-ta dai cambiamenti di temperatura. Peresempio, riguardo la velocità di foto-sintesi, quando la temperatura è sottoi 20 gradi Celsius, l'arbusto del deser-

to non eguaglia un'erba adattata allazona temperata. Quando la tempera-tura supera i 30 gradi Celsius, invece,la velocità di fotosintesi della pianti-cella supera quella dell'erba e conti-nua ad aumentare finché raggiunge unpicco a 47 °C, temperatura questa cheeventualmente sarebbe letale all'erbadella zona temperata. Il massimo del-l'attività fotosintetica intorno ai 47 °Cera stato osservato precedentementesoltanto in una certa alga che si eraadattata a un ambiente con primaverecaldissime, il che rende davvero fuoridel comune il comportamento dell'ar-busto desertico. Anche se tali tempe-rature non fossero letali alle pianteadattate a vivere in ambienti più tem-perati, il meccanismo fotosintetico sa-rebbe diventato inattivo e la fotosinte-si si sarebbe arrestata.

Qual è l'economia idrica di una pian-ta come la Tidestromia che prosperaad alte temperature in un ambientead aria estremamente secca e con unrifornimento di acqua molto ridotto?

Nelle piante in generale soltanto unapiccola frazione dell'acqua assorbitadalle radici serve come reagente nellafotosintesi. La maggior parte traspiracome vapore acqueo dalle foglie e si li-bera nell'aria. Tuttavia la pianta è pro-tetta contro una eccessiva perdita pertraspirazione. Il vapore acqueo nonviene liberato dalle foglie nell'atmosfe-ra a velocità costante. Le foglie sonoricoperte da una sostanza cerosa im-permeabile, e la traspirazione può es-sere regolata solo attraverso gli stomiche sono pori sulla superficie della fo-glia. Gli storni variano la misura dellaloro apertura; quando sono chiusi, amala pena poca acqua sfugge dalleumide pareti cellulari della foglia.

Questo fenomeno presenta un enig-ma. Quando gli storni chiusi proteggo-no una pianta da 'una indesiderata per-dita d'acqua, essi impediscono ancheall'anidride carbonica atmosferica dientrare all'interno della foglia e di rim-piazzare l'anidride carbonica consu-mata nel processo fotosintetico. Ne ri-

Fotosintesi ad alta efficienza

Alcune piante di ambienti caldissimi e aridi hanno sviluppatoun insolito processo fotosintetico ad alto rendimento. Questaefficienza potrebbe tornare a vantaggio dell'agricoltura

di 011e BjUrkman e Joseph Berry

88 89

ARIA ESTERNA ANIDRIDE CARBONICA

CAMERA D'ARIA.JINTERCELLULARE

PARETE CELLULAREEPIDERMIDE STOMA (APERTO)

ATP

ACIDI C <ACIDO MALI COE ASPARTICO

OAA <PEP CARBOSSILASI

PARETE CELLULARE

PER "-}PIRUVATO R CHINASI

PIRUVATO

MESOFILLO

> PIRUVATO

RuDP

RuDP

CARBOSSILASI

CICLO DI CALVIN-BENSON

PGA

ATP

NADPH

--TRASPORTO

CARBOIDRATI

\V

ACIDI C4

CO2

RIVESTIMENTODEL FASCIO

ARIA ESTERNA

ANIDRIDE CARBONICA

CAMERA D'ARIAINTERCELLULARE

PARETE CELLULARE

RuDP

CARBOSSILASICARBOIDRATI

CICLO DI CALVIN-BENSON

ATP

CELLULA.1"" FOTOSINTETICA

STOMA (APERTO) EPIDERMIDE

sulta che l'aria dentro la foglia benpresto risulta depauperata di anidridecarbonica. Ora, un fattore che limitala velocità di ingresso dell'anidride car-bonica nella fotosintesi è la concen-trazione dell'anidride carbonica stessaall'interno della foglia. Questo fa si cheil depauperamento di anidride carboni-ca è in un primo momento rallentato,e poi, quando la concentrazione di ani-dride carbonica è caduta al di sottodi un certo valore, la fotosintesi co-mincia ad arrestarsi.

Dal momento che la fuoriuscita diacqua dalla foglia è legata all'ingressodi anidride carbonica, il successo diuna pianta in un ambiente caldo e ari-do dipende in gran parte da quantaanidride carbonica la pianta può fissa-re fotosinteticamente per unità di ac-qua perduta nella traspirazione. Il rap-porto è noto come « efficienza fotosin-tetica nell'impiego d'acqua ». L'efficien-za, comunque, non è il solo fattoreche deve essere tenuto in considerazio-ne. Una riduzione nel diametro deglistorni può incrementare la quantità dicarbonio fissato dalle piante rispetto

all'acqua perduta e cosí incrementarela sua efficienza nell'impiego dell'ac-qua. Comunque come abbiamo vistoquesto tipo di risparmio d'acqua portainevitabilmente a un abbassamento del-la velocità assoluta di fotosintesi.

La Tidestromia, ha una « efficienzanell'impiego di acqua » molto maggio-re di quella che avrebbe una piantanella zona temperata, se fosse trasferi-ta nell'habitat desertico; nello stessotempo l'arbusto è in grado di mante-nere un'alta velocità fotosintetica. Ri-cerche di laboratorio hanno dimostra-to che l'arbusto può fotosintetizzarea una velocità insolitamente alta anchequando la concentrazione di anidridecarbonica dentro le foglie scende a li-velli bassi, come accade quando gli sto-rni sono particolarmente chiusi. Que-sto mette in grado la pianta di associa-re un'alta efficienza nell'utilizzazionedell'acqua a un'alta velocità assoluta difotosintesi. Come si realizza ciò?

La fotosintesi è un processo moltocomplicato che coinvolge un gran nu-mero di reazioni chimiche. In termi-ni semplicissimi, l'energia luminosa è

assorbita dal pigmento della pianta, laclorofilla, e utilizzata per produrrecomposti intermedi ad alta energiacome l'adenosintrifosfato (ATP) e for-ti riducenti come il nicotinammide-ade-nindin ucleotide ridotto (NADPH) eanche per ossidare l'acqua (una rea-zione che impiega l'ossigeno gassoso).L'ATP e il NADPH guidano reazio-ni che utilizzano l'anidride carbonicaatmosferica e la riducono per formarecarboidrati, amminoacidi e altri costi-tuenti della pianta.

Esaminiamo ora più dettagliatamentel'ultima parte del processo. In qua-

si tutte le piante, l'anidride carbonicadell'aria reagisce con un composto,che si è formato all'interno della fo-glia: il ribulosio-1,5-difosfato, o RuDP,zucchero fosforilato a 5 atomi di car-bonio. Quando una molecola di ani-dride carbonica reagisce con una mo-lecola di RuDP (la reazione è cata-lizzata dall'enzima RuDP-carbossilasi),si formano due molecole a tre atomidi carbonio ognuna. La sostanza a treatomi di carbonio appena formata è

l'acido fosfoglicerico (PGA). La mag-gior parte dell'acido fosfoglicerico for-matosi dentro la foglia è convertito invari prodotti finali (come il saccaro-sio) attraverso una serie di reazioni en-doenergetiche. Una parte dell'acido fo-sfoglicerico, comunque, serve per ri-generare le molecole di RuDP, cosic-ché esse possono di nuovo reagire co-me accettori di anidride carbonica.Questa rigenerazione completa un ci-clo che rende il processo di fissazionedell'anidride carbonica autosufficiente.Il processo principale è chiamato ci-clo di Calvin-Benson dai suoi scopri-tori, Melvin Calvin e Andrew A. Ben-son.

In poche piante, e tra queste l'ar-busto desertico Tidestromia, la fissazio-ne iniziale dell'anidride carbonica at-mosferica è realizzata in modo abba-stanza diverso. In queste piante le mo-lecole accettrici all'interno delle fo-glie sono quelle di fosfoenolpiruvato(PEP). Quando una molecola di ani-dride carbonica reagisce con una mo-lecola di PEP (la reazione è catalizza-ta dall'enzima PEP-carbossilasi), il ci-

sultato finale è la formazione di acidomalico e acido aspartico. In ognuna diqueste molecole ci sono quattro atomidi carbonio (C4), le differenze tra leattività del PEP e del RuDP e i loroenzimi sono molto significative. In pri-mo luogo, il PEP è molto più reattivocon l'anidride carbonica del RuDP. Insecondo luogo, l'attività del RuDP-car-bossilasi è in qualche modo inibita dal-l'ossigeno, invece quella del PEP car-bossilasi non lo è. Ne consegue che lafissazione di anidride carbonica nel si-stema del PEP è molto più efficace diquella del sistema del RuDP, quando laconcentrazione di anidride carbonicanell'atmosfera è bassa e quella dell'os-sigeno alta.

La fissazione dell'anidride carboni-ca atmosferica da parte delle molecoleaccettrici di PEP è, comunque, soltan-to l'inizio del processo in piante comela Tidestromia. Nè l'uno nè l'altro deiprodotti di questo ciclo (acido molicoe acido aspartico) può compiere fun-zioni equivalenti a quelle svolte dal-l'acido fosfoglicerico nel ciclo di Cal-vin-Benson; questi acidi non possono

essere trasformati in carboidrati o inaltri prodotti finali utili nella fotosin-tesi, senza perdita di carbonio. In se-guito accade che l'acido malico e l'aci-do aspartico siano scissi enzimatica-mente; questo processo da una parte ri-lascia l'anidride carbonica precedente-mente fissata e dall'altra parte generamolecole di acido piruvico a tre atomidi carbonio. Il passaggio successivochiude il ciclo dell'acido piruvico e lorende autosufficiente; infatti l'acido pi-ruvico reagisce con l'ATP generatodalla fotosintesi per formare le mole-cole di fosfoenolpiruvato (PEP), chesono libere di agire come accettori dianidride carbonica.

In conclusione il sistema del PEPfissa l'anidride carbonica solo per ri-lasciarla di nuovo. Questa poteva sem-brare essere una attività senza scopofinché si riuscí a capire che il sito difissazione era a una distanza fisica si-gnificativa dal sito di rilascio. Inoltre,appena rilasciata, l'anidride carbonicaè immediatamente utilizzata dal sistemadel RuDP della pianta ed entra nel ci-clo fotosintetico di Calvin-Benson. Nel-

Il sistema fotosintetico «C 3 » è quello normale, così chiamatoperché il prodotto iniziale è un composto con tre atomi dicarbonio per molecola. In questo diagramma schematico e sem-plificato, l'anidride carbonica che la foglia assorbe dall'aria cir-costante reagisce con il ribulosiodifosfato (RuDP) in una rea-zione catalizzata dall'enzima RuDP-carbossilasi, formando duemolecole di acido fosfoglicerico (PGA) a tre atomi di carboniociascuna. Nelle reazioni successive una parte dell'acido fosfo-

glicerico è trasformata in prodotti finali della fotointesi, euna parte viene utilizzata per rigenerare molecole di RnDPcosicché esse possono di nuovo funzionare da accettori di ani-dride carbonica. Il cerchio rosi si chiude e il processo difissazione di anidride carbonica risulta un ciclo autosufficienteguidato dall'energia luminosa. I prodotti finali della fotosin-tesi sono i carboidrati, gli amminoacidi e altri composti dicui la pianta ha bisogno per la crescita e la sopravvivenza.

Il sistema fotosintetico a C,» si manifesta in alcune piante deldeserto specificamente adattate. L'anidride carbonica che entranella foglia reagisce col fosfoenolpiruvato (PEP), un compostoa tre atomi di carbonio per formare acido ossalacetico (OAA) aquattro atomi di carbonio, dal quale poi si forma acido malico eacido aspartico. Questi sono trasportati dalle cellule del mesofil-lo, che sono nella parte più esterna della foglia, alle cellule piùinterne del rivestimento del fascio. Qui l'anidride carbonica è

rilasciata dai prodotti <C,» e si forma acido piruvico, com-posto a tre atomi di carbonio. L'anidride carbonica è ora fis-sata di nuovo nel ciclo normale. L'acido piruvico torna allecellule del mesofillo e acquista un gruppo fosfato dall'adeno-sintrifosfato (ATP) per formare PEP, rigenerando cosí l'ini-ziale molecola accettrice di anidride carbonica. Questo cicloaddizionale per la fissazione di anidride carbonica contribui-sce a incrementare l'efficienza globale della sua utilizzazione.

9091

Struttura della foglia di una pianta « C, » di A. patula. Comein altre foglie tipiche, le cellule che contengono clorofilla (incolore) sono di un solo tipo e sono distribuite in tutto l'in.

La foglia di A. rosea ha quasi tutta la clorofilla in due tipidi cellule che formano due cilindri concentrici. Le cellule del

EPIDERMIDE

VENA

CAMERA D'ARIA

INTERCELLULARE

STOMA

EPIDERMIDE

terno della foglia. A. patula ha un'affine, A. rosea, cheutilizza per la fotosintesi il sistema « C, » e ha la strutturadella foglia diversa, come è mostrato dall'illustrazione sotto.

cilindro esterno sono le « cellule del mesofillo »; quelle del ci•lindro interno sono le « cellule del rivestimento del fascio ».

EPIDERMIDE

CELLULE DELRIVESTIMENTO

— CELLULA DEL RIVESTIMENTO• DEL FASCIO

VENA

STOMACAMERA DARIA

INTERCELLULARE

EPIDERMIDE

le piante come la Tidestromia, allora,il sistema del PEP fornisce un mezzoiniziale e molto efficiente per fissarel'anidride carbonica atmosferica, an-che a concentrazioni molto basse. Il si-stema serve a un unico scopo: fornirel'anidride carbonica al ciclo fotosinte-tico di Calvin-Benson. Dal momentoche il primo prodotto del ciclo di Cal-vin-Benson è una sostanza a tre atomidi carbonio per molecola, le piante cheeffettuano la fotosintesi soltanto permezzo di questo ciclo sono ora comu-nemente chiamate « piante C3 » o pian-te a tre atomi di carbonio. Questo ledistingue dalle piante del tipo della Ti-destromia, che fissano l'anidride car-bonica atmosferica per mezzo del si-stema del PEP; queste sono conosciu-te come piante C4 » o piante a quat-tro atomi di carbonio, poichè i pro-dotti del sistema del PEP, acido malicoe acido aspartico, hanno quattro ato-mi di carbonio per molecola.

La prima prova dell'esistenza di pian-

te a quattro atomi di carbonio fuottenuta all'inizio del 1960 da HugoKortschak e dai suoi colleghi nel Labo-ratorio dell'Associazione dei proprieta-ri di piantagioni di zucchero hawaia-ni. Essi fornirono anidride carbonicamarcata con carbonio-14 alle piantedi canna da zucchero che fotosintetiz-zavano e pochi secondi dopo analizza-vano i composti delle loro foglie. Essitrovarono che gli atomi di carhonio-14erano soprattutto concentrati in uncomposto a 4 atomi di carbonio, l'aci-do malico.

La scoperta era in diretta contrad-dizione con i risultati di esperimentisimilari che facevano uso di pianteche andavano dalle alghe primitive al-le più avanzate angiosperme.

In tutti questi esperimenti l'anidridecarbonica marcata era per prima fis-sata nel composto a tre atomi di car-bonio, l'acido fosfoglicerico. Sotto al-cuni punti di vista questo processo,scoperto da Kortschak e dai suoi col-laboratori, assomiglia a quello usatoper la fissazione dell'anidride carboni-ca da alcune piante dolci. Anche bat-teri e animali hanno l'enzima PEP-car-bossilasi, ma il suo livello di attività èmolto più basso e le sue funzioni sonodifferenti da quelle svolte nelle « pian-te C, ». Subito dopo la scoperta diKortschak, due fitofisiologi australiani,Hal Hatch e Roger Slack, conferma-rono i suoi risultati e in una seriedi eleganti esperimenti chiarirono leprincipali reazioni del « sistema C, ».Non ci volle molto tempo perché la li-sta delle piante conosciute come « C, »venisse ampliata; giunse a comprenderenon soltanto la canna da zucchero,

ma anche altre piante da raccolta del-la famiglia delle graminacee (come ilgranoturco e il sorgo) e molte erbeestive (come la sanguinaria e la gra-migna).

Oggi si sa che il processo « C4 » esistein quasi cento generi, in almeno 10 fa-miglie vegetali, sia monocotiledoni chedicotiledoni; e il numero delle speciea quattro atomi di carbonio è dell'or-dine delle centinaia. Cosí non sorpren-dentemente si trovò che l'arbusto deldeserto Tidestromia era una pianta aquattro atomi di carbonio. Cosí parec-chie altre piante della Valle della Mor-te del genere A triplex. Questo gene-re è uno degli undici generi che com-prendono specie vegetali del tipo a treatomi di carbonio e a quattro atomi dicarbonio. Considerando che il proces-so « C4 » può essere presente in alcunespecie e non in altre, e che le piante« C» sono state trovate in famiglievegetali cosi poco correlate come leerbe e i girasoli, una considerazioneappare inevitabile: il processo a quat-tro atomi di carbonio deve essersi evo-luto abbastanza indipendentemente uncerto numero di volte.

Ben presto si convenne che le pian-te « C4 », qualunque fossero le loro re-lazioni tassonomiche reciproche, condi-videvano alcune caratteristiche addizio-nali che le distinguevano dalle piante« C3 ». Una di queste caratteristiche,sulla quale ritorneremo, è una struttu-ra anatomica specializzata della foglia,che ha senso solo per il particolare pri-mo passaggio, proprio delle fotosintesi« C„ ». Un'altra è la presenza di alteconcentrazioni di alcuni enzimi nellefoglie delle piante a quattro atomi dicarbonio, che invece si trovano aconcentrazioni molto più basse nellefoglie delle piante a tre atomi di car-bonio. Come potrebbe essere anticipato,questi enzimi giocano un ruolo impor-tante nelle sintesi del processo « C4 »,

ma non sono coinvolti nel processo« C, ».

Una terza caratteristica, risultatodella diversità tra i modi di fissazionedell'anidride carbonica delle piante« C3 » e « C4 », è la differenza nelle pro-porzioni dei due isotopi naturali nonradioattivi del carbonio (carbonio-12 ecarbonio-13) presenti nei composti delcarbonio dei due gruppi di piante.Questa differenza, tra parentesi, puòessere usata per distinguere lo zuc-chero della barbabietola da zucchero(una pianta a quattro atomi di car-bonio) e Io zucchero della canna dazucchero. Il saccarosio puro delle duepiante è uguale sotto tutti i punti divista tranne che per il rapporto dei duecarboni radioattivi.

E veniamo ora alla domanda del mo-

tivo per cui le piante « C4 » Si sonoevolute. Questa domanda sorse spon-tanea in seguito a osservazioni sullepiante « C4 » stesse, sia in natura che inlaboratorio. Per esempio, se una pian-ta « C4 » è collocata in un ambientechiuso, cosicché l'aria possa essere pre-levata per l'analisi, si nota che l'attivi-tà fotosintetica della pianta depauperaquasi interamente l'aria di anidride car-bonica. Per un paragone, una pianta« C, » in un ambiente chiuso similepuò assorbire anidride carbonica fin-ché la concentrazione scende dal li-vello normale di 300 parti per milionefino a circa 50 parti per milione e sela concentrazione scende ancora piùin basso di 50 parti per milione, lapianta « C3 » non assorbe ulteriormen-te anidride carbonica ma anzi neemette.

Prendiamo ora in considerazioneun esperimento impostato sul colloca-re in uno stesso ambiente chiuso unapianta « C4 » e una pianta « C3 ». Quan-do l'attività fotosintetica di entrambele piante ha ridotto la concentrazio-ne di anidride carbonica a meno di 50parti per milione, la pianta « C3 » puòcominciare a emettere anidride car-bonica. La pianta « C4 » ora può con-tinuare ad assorbire la scarsa prov-vista di anidride carbonica e mante-nersi in vita a spese della pianta « C3 »,

finché, impoverita della scorta di car-bonio, la pianta a tre atomi di carbo-nio muore. La capacità delle piante« C4 » di assorbire anidride carbonicadall'aria, anche quando la concentra-zione è cosí bassa da aggirarsi intornoa una o due parti per milione, ha forni-to un'utile criterio di esame per deter-minare se le varie specie di piante pos-sedessero o no il sistema « C4 ».

La capacità di eliminare dall'arial'anidride carbonica e di abbassare ilrapporto del carbonio-13 rispetto alcarbonio-12 riflette alcune importanticaratteristiche intrinseche del sistema« C4 ». In circostanze normali, comun-que, noi non ci aspetteremmo che néuna né l'altra di queste caratteristichepossano di per sé avvantaggiare seletti-vamente le piante a quattro atomi dicarbonio. Il vantaggio conseguito dallepiante « C4 », cioè una più elevata ve-locità massima di fotosintesi, può esse-re ottenuto soltanto quando la luce èintensa e la temperatura assai alta. Peresempio, i generi vegetali « C4 » comela Tidestromia, sono rinvenuti soprat-tutto in zone in cui la stagione del piùattivo sviluppo delle piante coincidecon il periodo di massima radiazionesolare, di massima temperatura e dipiù limitato rifornimento di acqua.Contemporaneamente, comunque, an-che un certo numero di piante « C3»

92 93

25

10

o 1030 4020

INTENSITÀ LUMINOSA (ERG PER CENTIMETRO QUADRATO PER SECONDO) TEMPERATURA DELLA FOGLIA(GRADI CELSIUS)

100 200 300 400

CONCENTRAZIONE DI ANIDRIDE CARBONICA NEGLI SPAZI INTERCELLULARI(PARTI PER MILIONE)

500

L'andamento della fotosintesi delle piante strettamente affini diA. patula (nero) e di A. rosea (colore) varia considerevolmente

anche quando le piante crescono in condizioni di controllo iden-tiche. A. patata utilizza il sistema fotosintetico « C 3 »; A. rosea il sistema « C 4 ». Le differenze aumentano con l'aumentare del-

l'intensità luminosa e della temperatura della foglia e col dirai-nuire dell'anidride carbonica. Poiché le piante sono affini, ladifferenza riflette la diversità di fotosintesi dovuta a cicli diversi.

stomi delle sue foglie, e anche l'effettoinibente degli storni chiusi sull'assun-zione di anidride carbonica. È eviden-te che un motivo della superiorità del-le piante « C4 » è la loro capacità acontinuare la fotosintesi anche quandol'anidride carbonica presente nell'ariadegli spazi intercellulari della fogliaè in concentrazioni bassissime. Con-siderando gli storni della foglia comple-tamente aperti e un'atmosfera conte-nente la concentrazione normale dianidride carbonica di 300 parti per mi-lione, si calcola che all'interno dellafoglia di una A. rosea (C4), la concen-trazione di anidride carbonica possa es-sere di circa 195 parti per milione, einvece all'interno di una foglia di A.patula (C3) possa essere di 240 partiper milione. Uno comunque non do-vrebbe essere sviato dalla maggioreconcentrazione rinvenuta nelle fogliedella pianta « C3 ». Le 240 parti per mi-lione rappresentano meno della metàdella concentrazione di anidride carbo-nica necessaria per saturare il proces-so fotosintetico di una pianta « C3 »;mentre invece 195 parti per milionesaturano quasi del tutto il processo fo-tosintetico della pianta « ».

Naturalmente, quando gli storni del-le foglie variano da particolarmentechiusi a completamente aperti, la con-

è presente in questi aspri habitat eun certo numero di piante « C4 » cre-sce rigogliosamente in ambienti mol-to più temperati.

Teoricamente, per scoprire quale è ilsignificato funzionale e adattativo delsistema « C4 », lo sperimentatore do-vrebbe avere a sua disposizione duegruppi di piante identiche nel corredogenetico, eccetto che per dei geni speci-fici, responsabili, in un gruppo, del pro-cesso « C4 ». E succede che una situa-zione abbastanza vicina a questa teo-rica si verifichi con le specie « C3 » e«C4 » di A triplex. Alcuni elementi diquesta specie sono geneticamente ab-bastanza simili, tanto da ibridizzare, esono dotati di un alto grado di ap-paiamento cromosomico. Inoltre, duedi queste (la specie « C4 » A. rosea ela specie « C3 » A. patula) coesistonoin uno stesso ambiente e hanno proce-dimenti simili di crescita estiva.

Un modo per valutare il valore adat-tativo del processo a quattro atomi dicarbonio è confrontare l'efficienza fo-tosintetica di una tale coppia di pian-te quando si varino le componentiprincipali dell'ambiente fisico. Le ri-sposte delle piante ai cambiamenti in-sieme con le conoscenze di come mu-tino le stesse componenti fisiche in na-tura, indicheranno le efficienze relati-

ve delle due piante in un vasto campodi habitat potenziali.

Noi abbiamo raccolto risultati diquesto tipo, seguendo la crescita diA. rosea e di A. patula in laboratorio,sottoponendole a identiche condizionicontrollate, incluse le condizioni qua-si ottimali di ognuna delle due specie(si veda l'illustrazione in alto). Abbia-mo poi paragonato la loro velocità fo-tosintetica (espressa in unità basate sul-l'area superficiale delle foglie dellepiante) in un'atmosfera normale al va-riare dell'intensità luminosa, e abbia-mo trovato che a 25 °C e a basso li-vello di illuminazione, le specie « C3 »e « c4 » fotosintetizzavano a velocitàmolto simili. ' Aumentando l'intensitàluminosa, anche entrambe le pianteaumentavano la velocità di fotosintesi.Alla massima intensità solare, la velo-cità di fotosintesi della A. rosea (C4)era molto più elevata di quella dellaA. patula (C3). Abbiamo concluso chele piante « C4 » possono essere più ef-ficienti delle « C3 » in habitat sereni esoleggiati, ma che se la luce solare èoffuscata dall'ombra delle nuvole o dialtre piante, la superiorità di una spe-cie sull'altra può essere relativamenteinsignificante.

Poi abbiamo variato la temperatura,lasciando costante il livello di illumi-

nazione. Abbiamo scoperto che la ve-locità diminuiva e diventava addirit-tura insignificante alla temperatura di5 °C. Aumentando la temperatura ol-tre i 25 °C, avevamo l'effetto opposto:a 33 °C, la velocità fotosintetica dellaA. rosea (C4) era più che doppia diquella della A. patula (C3).

risultati degli esperimenti riguardola temperatura e l'illuminazione ci

hanno condotto a due conclusioni. Inprimo luogo la specie di A triplex aquattro atomi di carbonio è in grado disintetizzare più vantaggiosamente incondizioni associate di intense radia-zioni solari e di temperatura elevatacaratteristiche di un habitat arido agiorni caldi e sereni. In secondo luogoquesta superiorità della A. rosea rispet-to alla sua strettamente affine (dalpunto di vista genetico) A. patula, ciporta a credere che la maggior efficien-za della pianta « C4 » sia in gran par-te attribuibile al fatto che la piantapossiede il processo « C4 » e non ad al-tri possibili adattamenti, svincolati dalprocesso « C4 », e probabilmente evo-lutisi contemporaneamente sotto lapressione della selezione naturale.

Noi abbiamo già sottolineato la re-lazione tra l'efficienza di una piantanell'utilizzare acqua e l'apertura degli

centrazione intercellulare dell'anidridecarbonica nelle foglie viene ridottaproporzionalmente. Non appena la con-centrazione cade al di sotto di 200 par-ti per milione, A. rosea comincia a su-perare A. patula nell'efficienza di foto-sintesi. C'è comunque, un altro latodella medaglia. Se la concentrazionedi anidride carbonica è mantenuta alivelli anormalmente alti o anormal-mente bassi, A. patula allora eguaglia,se non supera, l'efficienza fotosinteti-ca della A. rosea.

Ora, la velocità di traspirazione aun dato diametro degli stomi (o, piùprecisamente, la conduttanza degli sto-mi) è la stessa in entrambe le piante« C3 » e « C4 » poiché la velocità è de-terminata esclusivamente dalla diffe-renza di concentrazione di vapore ac-queo tra l'interno e l'esterno della fo-glia. Perché, dunque, c'è una differen-za nell'efficienza di utilizzazione d'ac-qua tra le due specie di piante? L'ef-ficienza fotosintetica del processo « C4 »fornisce la risposta. Dal momento cheil processo -«-C-4-»—può operare a con-centrazioni intercellulari molto bassedi anidride carbonica, una pianta « C4 »mantiene una differenza maggiore trale concentrazioni di anidride carboni-ca dell'ambiente esterno e dell'internodella foglia. A un dato diametro degli

storni, quindi, la diffusione di anidridecarbonica verso l'interno della fogliaè un processo più veloce per una pian-ta « C4 » che per una « C3 ». Il risulta-to conseguente è una più alta velocitàdi fotosintesi per ogni data velocità diperdita di vapore acqueo. Per esempio,possiamo calcolare la conseguenza pro-vocata dalla riduzione dell'apertura de-gli storni (o della conduttanza) dellefoglie di A. rosea finché la velocità difotosintesi della pianta non superi piùla velocità massima della A. patula.In queste condizioni, la pianta « C4»traspira soltanto un quinto dell'acquatraspirata dalla pianta « C3 ».

Noi abbiamo cercato di sperimenta-re queste previsioni con test di crescitacomparata nel giardino sperimentaledell'Istituto Carnagie nell'Università diStandford. Il luogo, la Valle di SantaClara, ha un clima mediterraneo. Leestati sono calde e poco piovose e, sele piante del giardino non vengono ir-rigate, il rifornimento idrico disponibileè limitato all'acqua che era presentenel suolo alrinizio della stagione del-la crescita.

Noi abbiamo piantato in marzo indue « aree di esame » pianticelle di en-trambe le specie A. rosea e A. patulae abbiamo bagnato le pianticei le uni-formemente fino all'inizio di maggio.

94

95

..............

..,

nI

II,

//

I I I

250

<200 D O

01-

-

D<E

<2 O150 < E_Cc <

cC

<—D2 o

O100 z cc

O HRI W<cc D-E tucona cc

50 a wH0

oo 0,4 0,8 1,2 1,6

2

CONDUTTANZA STOMATICA (CENTIMETRI AL MINUTO)

La fotosintesi e la traspirazione di A. rosea e di A. patata sono raffigurate qui sopra.La traspirazione d'acqua dalla foglia (in nero) è la stessa per entrambe e diminuiscecon la conduttanza degli storni. La fotosintesi diminuisce al chiudersi degli storni.A una data conduttanza stomatica, A. rosea (linea continua colorata) è superiore all'af.fine « C, » A. potuta (linea spezzata colorata) per quanto riguarda l'assunzione di ani-dride carbonica. A una data velocità di assunzione di anidride carbonica la pianta « C4 »può tenere i suoi storni meno aperti e cosí può perdere meno acqua della pianta « C, ».

25

15

5

o

L'anatomia delle foglie di A. rosea, di A. parola e di un ibridoottenuto dall'incrocio delle due piante, è mostrata in alto in se-zione trasversale. Nell'ibrido di prima generazione l'anatomiadella foglia associa i caratteri di entrambi i tipi parentali. Negli

ibridi di seconda generazione l'anatomia varia molto da pianta apianta. Alcuni hanno distinte cellule del mesofillo e cellule delrivestimento del fascio come nel genitore A. rosea. Altrimancano di questa specializzazione come in A. patula.

Dopo questa data abbiamo irrigatoun'area ma non l'altra. Entrambe lespecie nell'area irrigata crescevano acirca la stessa velocità, maturavano be-ne e producevano semi in abbondanza.Nell'area non irrigata la pianticella diA. rosea cresceva a velocità molto si-mile a quella delle pianticelle dell'areairrigata, ma la crescita delle pianticel-le di A. patula rallentava bruscamentequando l'irrigazione cessava. Tutte le

ATRIPLEX ROSEA

piante « C3 » morivano prima di rag-giungere la maturità, mentre le pian-te « C4 » crescevano rigogliosamente,maturavano e producevano semi.

Un ulteriore fattore che influenzal'efficienza del processo metabolico ve-getale sembra essere di antica originenel corso dell'evoluzione. Durante lamaggior parte del periodo Precambria-no, prima che si siano evolute le pian-te fotosintetiche, l'atmosfera terrestre

IBRIDO DI PRIMA GENERAZIONE

IBRIDI DI SECONDA GENERAZIONE

conteneva solo circa 1'1 per cento diossigeno. Oggi, centinaia di milioni dianni dopo, l'atmosfera contiene cir-ca il 21 per cento di ossigeno, e que-sto è il risultato della fotosintesi vege-tale. Attualmente, la nostra alta con-centrazione di ossigeno nell'atmosferainibisce la fotosintesi per quanto ri-guarda le piante « C4 ». L'effetto è re-lativamente trascurabile quando la tem-peratura è bassa, ma diventa determi-

ATRIPLEX PATULA

nante quando la temperatura aumen-ta. Se una pianta « C, » è colloca-ta in una atmosfera artificiale che con-tiene la normale concentrazione dianidride carbonica dello 0,03 per cento.ma una concentrazione di ossigenosolo dell'1,5 per cento, la sua velocitàdi assunzione di anidride carbonica ècirca il 40 per cento più alta di quellache si verifica in una normale atmo-sfera con il 21 per cento di concentra-zione di ossigeno. Viceversa, se la con-centrazione di ossigeno è portata al disopra del 21 per cento e la concentra-zione di anidride carbonica abbassataa livelli inferiori al valore normaledello 0,03 per cento, la velocità di as-sunzione di anidride carbonica dellepiante « C3 » cade in maniera concor-de. L'effetto inibente, comunque, ècompletamente eliminato, se la con-centrazione di anidride carbonica èportata a livelli abbastanza alti da sa-turare il processo fotosintetico.

L'effetto inibente dell'ossigeno atmo-sferico non è apprezzabile, per quantoriguarda le piante « C4 », anche quan-do la concentrazione di anidride car-bonica cade al di sotto del valore nor-male dello 0,03 per cento. Poiché unaatmosfera povera di ossigeno incremen-ta la velocità di fissazione dell'anidridecarbonica in una pianta « C3 », sem-bra logico aspettarsi che la differenzanel compimento della fotosintesi tra lepiante « C3 » e le piante « C4 » diven-terà insignificante in tale atmosfera.E gli esperimenti lo confermano: quan-do A. rosea e A. patula sono colloca-te in un ambiente chiuso con aria checontiene soltanto 1'1,5 per cento di os-sigeno senza tener conto della tempe-ratura e della illuminazione, le velocitàdi fotosintesi delle due specie sonomolto simili. Lo stesso vale in unaatmosfera di concentrazione normaled'ossigeno, purché la concentrazionedi anidride carbonica sia stata portataal punto di saturazione. In definitiva,gli studi comparativi su A. rosea e A.patula, comprese le scoperte riguar-do all'effetto inibitorio dell'ossigenosulla fotosintesi delle piante « C3 »,conducono alla seguente conclusione.La particolare proficuità della attivitàfotosintetica delle piante « c4 » in con-dizioni di intense radiazioni, alte tem-perature e limitato rifornimento d'ac-qua, è in gran parte il risultato di unamaggiore efficienza della pianta nel-l'utilizzazione dell'anidride carbonica abasse concentrazioni. Come è stato vi-sto questa efficienza è attribuibile so-prattutto al ciclo « C4 » per la fissazio-ne del carbonio. Il ciclo « C4 » comun-que non è l'unico fattore in giuoco;anche l'anatomia della foglia dellepiante « C4 » svolge un ruolo significa-

tivo. Confrontiamo brevemente le fo-glie di A. patula e A. rosea.

L'anatomia delle foglie di A. patulaè quella comune alle piante « C3 ». Lecellule che contengono cloroplasti (or-ganelli citoplasmatici, in cui l'energialuminosa viene assorbita dalla cloro-filla) sono distribuite in tutta la fo-glia. Sistemi identici di enzimi foto-sintetici sono presenti in ogni cellulache contiene cloroplasti. Ogni cellula,che segue il ciclo di Calvin-Benson,fissa, indipendentemente dalle altre,una piccola quantità di anidride car-bonica dell'aria che entra attraversogli storni della foglia.

Invece, nella « C4 » A. rosea, le cel-lule che circondano le sottili vene dellafoglia sono disposte in modo del tut-to differente; esse formano due cilin-dri concentrici alla venatura. Molte cel-lule nelle foglie delle piante « C4 » con-tengono pochi cloroplasti e probabil-mente non danno un contributo signi-ficativo al processo fotosintetico, male cellule che appartengono ai due ci-lindri hanno un altissimo numero dicloroplasti. Il cilindro più esterno ècostituito da quelle che sono chiamatecellule del mesofillo. Le cellule del ci-lindro più interno, noto come « rivesti-mento del fascio » hanno pareti sottili.

Abbiamo scoperto che gli enzimifotosintetici contenuti nelle cellule delmesofillo sono differenti dagli enzimi

delle cellule del rivestimento del fa-scio. Questo significa che i due stratidi cellule hanno funzioni diverse. Peresempio è soltanto nelle cellule del me-sofillo che l'anidride carbonica atmo-sferica viene fissata dal ciclo « C4 ».Allo stesso modo è soltanto nelle cel-lule del rivestimento del fascio che iprodotti del ciclo « C 4 », acido malicoe acido aspartico, vengono scissi perrilasciare l'anidride carbonica fissata econtemporaneamente per formare aci-do piruvico.

Il passaggio dei composti « C4 » daisiti del mesofillo dove avviene la fis-sazione del carbonio ai siti del rivesti-mento del fascio dove essi sono scis-si, e il passaggio di ritorno dell'acidopiruvico dalle cellule del rivestimentodel fascio alle cellule del mesofillo so-no due processi che effettuano un tra-sporto netto di anidride carbonica dal-lo strato esterno a quello più interno.Non appena l'anidride carbonica dif-fonde nelle cellule del rivestimento delfascio, viene fissata e successivamenteconvertita in zucchero e in altri com-posti finali della fotosintesi con il ci-clo Calvin-Benson. Dal momento chei siti per la fissazione del carbonio nelciclo di Calvin-Benson sono localizzatiall'interno delle cellule del rivestimen-to del fascio, non usufruiscono di uncontatto diretto con l'anidride car-bonica atmosferica. Se le cellule più

96

97

L'istogramma mostra che l'eredità di un'efficiente fotosintesi « C 4 » è complessa e nonè stata raggiunta dall'incrocio delle piante affini « C 3 » e «C4 ». Le coppie di sbarretterappresentano l'andamento fotosintetico di A. rosea, di un ibrido di prima generazionee di A. patula in atmosfera normale (in grigio) e in atmosfera con poco ossigeno (incolore). L'ossigeno inibisce la fotosintesi nelle « C 3 » e nell'ibrido ma non nelle «

20

15

o

interne non fossero rifornite dall'ani-dride carbonica, prodotta col ciclo« C4 » dalle cellule più esterne, essenon potrebbero sintetizzare nessun pro-dotto fotosintetico utile e le piante« C4 » non crescerebbero.

Il vantaggio del sistema fotosinteti-co biciclico delle piante « C4 » è cheesse possono assorbire in modo moltoefficiente anidride carbonica atmosferi-ca poco concentrata e immettere l'ani-dride carbonica nel ciclo Calvin-Bensonper ottenere i prodotti finali della fo-tosintesi necessari per la crescita.L'anatomia delle foglie specializzatefornisce poi la compartimentazionespaziale richiesta dalle due distinte ca-tene di reazione ed è inoltre una com-ponente essenziale per la fotosintesidelle piante « C4 ». Il sistema biciclicologicamente richiede un'entrata mag-giore di energia per molecola di car-bonio fissata, ma questo extra è bilan-ciato da un'alta velocità di fissazionedi anidride carbonica alle basse con-centrazioni che sono caratteristiche ditutti gli spazi intercellulari delle fogliesia di piante « C4 » che di piante « C3».

È geneticamente determinato cheuna pianta possegga l'uno o l'altro si-stema fotosintetico. Quale è allora laprobabilità che in un ceppo di piante« C3 » possa emergere un sistema « C4 »?Esperimenti di ibridazione con A. ro-sea e A. petula sono stati condotti nelnostro laboratorio; il nostro collegaMalcolm A. Nobs è stato in grado diibridizzare A. rosea con altre specie«C3 » di Atriplex. Questi sono i soli in-croci raggiunti finora anche se un grannumero di piante « C3 » e « C4 » dellostesso genere sono conosciute. I risul-

tati degli esperimenti con l'Atriplex so-no illuminanti.

Gli ibridi di prima generazione, pro-dotti dalla fecondazione delle piantedi A. rosea con il polline di A. patula,sono sotto molti punti di vista inter-medi tra i due genitori, ma nella gene-razione seguente appare una fisiono-mia più caratteristica. Dal punto di vi-sta dell'anatomia della foglia, per esem-pio, le foglie degli ibridi di prima gene-razione hanno una morfologia interme-dia, e le foglie delle piante di secondagenerazione hanno caratteri morfologi-ci che ricordano quelli di uno o dell'al-tro genitore. Una simile segregazione dicaratteri è molto evidente se guardia-mo le caratteristiche biochimiche del-le piante; un esempio è offerto dallaconsiderevole variabilità della quantitàdi PEP-carbossilasi presentata dalle fo-glie delle piante di seconda generazione.

Pochi ibridi di seconda generazioneassomigliano al loro genitore « C4 » sianell'anatomia della foglia che nelle ca-ratteristiche biochimiche. Uno potreb-be aspettarsi che gli ibridi possegganoanche un funzionale sistema fotosinte-tico del ciclo a quattro atomi di car-bonio. Ma delle parecchie centinaia dipiante finora esaminate questo non siè verificato. Al contrario tutti gli ibri-di sintetizzavano a velocità molto si-mili. Non abbiano trovato una pian-ta che possedesse una completa in-tegrazione del sistema « C4 ». I no-stri risultati suggeriscono che un'effi-ciente fotosintesi a doppio ciclo ri-chiede che non solo siano presenti tut-ti gli elementi necessari, ma anche chequesti siano perfettamente e comple-tamente coordinati. Cosí anche se so-

lo pochi geni possono essere implica-ti nel determinare l'eredità geneticadi ogni componente della fotosintesi«c4 », l'assoluta necessità di una com-pleta coordinazione delle proprietà ana-tomiche e biochimiche della foglia po-trebbe rendere del tutto impossibileche questo processo si manifesti nellepiante che ne sono prive. Poiché è evi-dente che il sistema « C4 » Si è evolu-to indipendentemente un certo nume-ro di volte, probabilmente i nostri ri-sultati riflettono anche la notevole dif-ferenza effettiva tra i processi natura-li e lo sforzo dell'uomo con manipola-zioni genetiche artificiali.

Anostro parere è a disposizione del-l'uomo un metodo per utilizzare

il processo « C4 » che è di gran lungapiù promettente dei tentativi di intro-durre il sistema stesso nelle piante chene sono attualmente prive. Il grantur-co, la canna da zucchero, il sorgo ecerte erbe da pascolo già possiedonoquesto processo fotosintetico. Questogruppo di piante potrebbe essere au-mentato incrociando alcune specie sel-vatiche di piante « C4 » con piante do-mestiche utili dal punto di vista agri-colo. L'amaranto (affine alla Tidestro-mia), una delle principali piante colti-vate anticamente nell'America centrale,è un esempio della specie « c4 » che po-trebbe essere incrociata per produrresementi utili per il foraggio animale.

Per quanto riguarda le attuali specieda raccolto « c4 », un problema impor-tante concerne la modalità del loro im-piego. Per i nostri studi sulle specie sel-vatiche come la Tidestromia e le duespecie di A triplex, noi siamo sicuri delfatto che questo meccanismo rappre-senti un adattamento agli ambienti cal-di e aridi. Più precisamente c'è unacomponente che determina un incre-mento di fotosintesi ad alte tempera-ture e un aumento di rendimento incaso di efficiente utilizzazione del-l'acqua durante la crescita. Sono incorso di studio tecniche agricole chepossano trarre pieno vantaggio, sfrut-tando queste potenzialità? Non credia-mo che ve ne siano. I programmi diincroci e le applicazioni praticl-t han-no avuto come principale scopo il rag-giungimento del massimo rendimentopossibile in condizioni ottimali. Sebbe-ne questo obiettivo possa essere validoper le campagne più ricche, è invecedi valore discutibile nelle regioni pro-duttivamente svantaggiose, dove peresempio il costo o la disponibilità diuna risorsa come l'acqua limita laquantità di terra coltivabile.

Per i loro attributi speciali le piantedomestiche « C4 » potrebbero rivelarsile coltivazioni ideali per queste terre.

98