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Venerdì 10 gennaio 201418 Venerdì 10 gennaio 2014 19

SCHEDA/ CHI ERANO GIOVANNI E GIOVANNI JUNIOR

C U LT U R A &S P E T TAC O L I

LA LUNGA STORIA DEL MUSEO A VENT’ANNI DALLA CESSIONE ALLO STATO, I RICORDI DI UNA FAMIGLIA E DI UN’EPOCA. E IL MITO DI TALOS DIVENTÒ IDENTITÀ

Quando la passionedi Jatta cambiò RuvoMemoria, cultura e politica alle basi di una grande collezione

di ANTONIO IURILLI

Hanno un prezzo i miti? Sembra di sì, aleggere le carte di due collezionisti pu-gliesi intenti, fra Settecento e Ottocento,ad accumulare un’imponente collezione

di monumenti fittili magnogreci, e quindi avvezzi,proprio perché collezionisti, a monetizzare l’arte e atradurre in valore di scambio l’estro mitopoieticodegli antichi figuli. I loro libri contabili ci dicono, peresempio, che il Ratto delle Leucippidi valeva tremiladucati; quattromila Il mito delle Esperidi; diecimila(assolutamente il più caro) Il mito di Talos, custode diCreta, immortalato nelle A rgo n a u t i ch e di ApollonioRodio. Prezzi (c’è da presumerlo) imposti non solo dalvalore artistico del pezzo, ma anche dalla capacità delmito raffigurato di appagare la smania inguaribiledel collezionista: quella di inseguire il valore on-nicomprensivo e spesso ingenuo della rarità.

Il riferimento al Mito di Talos ci porta dritti nelnaos domestico dei rubastini Giovanni Jatta senior edi Giovanni Jatta junior, suo nipote ex fratre, nelquale giganteggia, fra gli oltre duemila pezzi cu-stoditi, il celebre cratere su cui appunto quel mito èpregevolmente raffigurato: un sacrario ospitato nelloro palazzo avito a Ruvo e divenuto, lungo tuttol’Ottocento, meta irrinunciabile del grand tour. Letortuose vicende che ne hanno faticosamente pro-piziato, esattamente vent’anni fa, il trasferimentoallo Stato e lo status giuridico di Museo Nazionale,nulla hanno tolto al fascino di una fruizione ari-stocratica di quello straordinario patrimonio fittile,che ancora oggi, nonostante la sua inquietante col-locazione nell’offerta turistica di massa, si consumanelle sale e fra le poltrone di velluto porpora sullequali i padroni di casa intrattenevano Gregorovius ealtri illustri visitatori di tutta Europa.

Ma quale humus culturale ha nutrito, lungo quasiun secolo, la passione archeologica dei due Jatta?Qual è stato, al di là delle pulsioni tipiche dei col-lezionisti, il loro rapporto con l’antico?

Credo non si possa scindere l’antiquaria di Gio-vanni senior, fondatore del Museo, dalle sue com-

petenze giuridiche. La sua cultura forense, in forzadelle quali egli liberò la sua città dalle angheriefeudali della casa Carafa, fu, infatti, sì di matriceilluministica (decisivo fu per lui il magistero del pretegiacobino Ignazio Falconieri), ma era ormai con-tagiata dal culto liberal-romantico della piccola pa-tria, la cui capacità di affrancamento civile dall’op -pressione feudale si nutre proprio della grandezza delsuo passato. Negli anni in cui Giovanni primeggiavanel Foro di Napoli, l’archeologia partenopea accen-deva furori patriottici e libertari proprio in nomedell’antica grandezza greco-latina della Campaniafelix, ibridandosi sia col giacobinismo repubblicano,sia col regalismo conservatore.

Ed è proprio il bisogno di rivendicare la grandezzadelle radici, insieme al ritorno ottocentesco alle hi -storie municipali, a indurre Giovanni senior a scri-vere la prima storia della sua città: quel Cenno storicosull’antichissima città di Ruvo, che non a caso si

conclude con l’elogio di un illustre rubastino, Do-menico Cotugno, suo prozio.

Questa religione laica dei Lari professata dalloJatta lo porta, insomma, a concepire la storia dellasua città come il costante affermarsi della sua an-tichità nobiltà: una nobiltà di cui sono testimonianzaproprio i monumenti fittili che le sue viscere re-stituivano in quegli anni nelle sue trepide mani.L’imago picta degli antichi figuli è, insomma, la rap-presentazione figurale di quel sistema etico-religiosooriginario del quale egli saggia il radicamento nellastoria millenaria della sua città e la tenuta nellasocietà attuale. L’esuberante mondo mitografico cheegli contempla sui suoi crateri si fa allora Pantheondella memoria cittadina e lo induce a preferire ilmodello storiografico umanistico della laudatio ur-b i s, non quello agiografico-cattolico che identifica lagrandezza della città con la fama del suo santo pa-trono. È così forte in lui il bisogno di celebrare

l’ellenizzazione della città, da rendere diseguale l’or -dito storiografico del Cenno storico, inducendolo acomprimere l’età romana e persino quel Medioevocui pure essa deve il suo monumento più bello.

Contagiato dalla cultura liberal-riformistica dellozio, Giovanni junior colloca Ettore Carafa, l’oppres -sore della sua città convertito all’utopia repubbli-cano-giacobina fino a morirne, nella candida rosa deibeati che, sul modello dantesco, circondano in unparadiso tutto giacobino la Dea Libertà: in un poe-metto intitolatoAgesilao Milani, mancato attentatoredell’ultimo Borbone. Ma guida in quell’empireo èVincenzo Gioberti, simbolo del patriottismo catto-lico-liberale professato dalla borghesia napoletana,rappresentato però da Giovanni nell’atto di scon-fessare davanti a Dio proprio il suo progetto fede-ralista e neoguelfo, mentre il «settario» Mazzini vi ètrattato come attentatore all’idea di nazione: esa-sperazioni ideologiche destinate ad acquietarsi,

all’indomani dell’Unità, nella pax sabauda e nel suobuen retiro di Parco del Conte, la villa di famiglia sulleprime pendici della Murgia barese.

È lì che Giovannino traduce l’amorevole impegnoad accrescere la collezione affidatagli dallo zio in quelraffinatissimo catalogo che egli concepisce, con inat-tesa modernità, come e c p h ra s i s, come traduzioneverbale della mitografia fittile, in forza di un grado diformalizzazione letteraria che rende la parola uguale,se non superiore, all’immagine e l’armonia narrativacapace di trasmettere i valori pittorici della rap-presentazione fittile: una performance ecfrastica chelo Jatta ritiene perfino sostitutiva della fruizionevisiva della collezione, quando essa è mortificatadagli spazi espositivi troppo angusti.

Questa aspirazione divulgativa del patrimonio fit-tile rubastino, che Giovanni intende conseguire at-traverso la forza icastica della parola, fa tutt’uno conla rivendicazione, ormai postunitaria, dell’identità

I due pugliesi, Giovanni e Giovannijunior e la loro «missione» di

inseguire il valore della rarità: nascecosì una grande realtà archeologica

MUSEO JATTAA RUVO DI PUGLIANella foto grande,u n’immmagine delpalazzo con glisplendidi vasi inesposizioneLa storia degli Jattacomincia nelSettecento eattraversa i secolisuccessivi,rappresentandoanche uno spaccatodella storia culturalepugliese

.

La crisi intristisce i romanziStudio inglese prevede un’ondata di volumi cupi e dai finali «deprimenti»

ARCHITETTURA E SPAZI OGGI ALLA LATERZA PRESENTAZIONE DEL VOLUME DI NICOLA AUCIELLO

Il mondo? Si progettaanche all’internodi quattro case romane

Ve t r i n aSCOPERTE PER CASO DA UNA STUDIOSA BRITANNICA NELL’ESSEX

Le lettere di Mary Shelley: preoccupata per la statura del figlion Una studiosa britannica ha trovato una delle maggiori collezioni di lettere inedite di

Mary Shelley mentre stava facendo ricerche su internet ed è incappata per caso inuna voce dell’archivio pubblico dell’Essex in cui venivano catalogate le 13 missive.Nora Crook, dell’Anglia Ruskin University, ha scoperto quanto era passato inosser-vato a tutti gli altri suoi colleghi. Un vero e proprio tesoro di 13 documenti, classificaticome «Lettere di Mary Wollstonecraft Shelley», scritte dall’autrice di Frankensteinnel periodo dal 1831 e 1849, e rimaste a prendere polvere nell’archivio. Al loro internoemerge una Shelley alle prese con la vita quotidiana: si rammarica anche per il figliodi bassa statura

L’ANNUNCIO DATO DALL’ACCADEMIA DEI LINCEI. FONDÒ I «QUADERNI URBINATI»

Scomparso all’età di 98 anni il grecista Bruno Gentilin Il grecista Bruno Gentili, insigne studioso della letteratura classica e in particolare

della metrica greca, è morto l’altro giorno a Roma all’età di 98 anni. L’annuncio dellascomparsa è stato dato dall’Accademia dei Lincei di cui era socio dal 1984. Nato aValmontone (Roma) il 20 novembre 1915, Gentili era professore emerito dell’Uni -versità di Urbino, dove ha insegnato letteratura greca dal 1963, nella Facoltà di Lettereche insieme al rettore Carlo Bo ha contribuito a istituire. E’ stato fondatore nel 1966della rivista «Quaderni urbinati di cultura classica», di cui è stato a lungo direttore.STILE CUPO John Steinbeck autore di «Furore»

Due uomini, due secolitra Napoli e la Puglia

Il bisogno di rivendicare le radicisi lega poi al pensiero

liberal-riformistico e diviene voglia dilottare contro i nuovi «conquistatori» C A S A L PA LO C C O Uno dei progetti riportati nel volume

di NICOLA SIGNORILE

Small, medium, large edextra-large. Quattro ta-glie per quattro case,quattro grandezze stan-

dard per quattro architettured’interni. È strano, ma è così:ogni casa è un pezzo unico, ununiverso personale gelosamen-te concepito e custodito. E tut-tavia quando l’architetto pensaad essa fa ricorso al sistema dimisura più industriale che cisia, quello dell’abb i g l i a m e n t op r ê t - à - p o r t e r, tutto il contrariodella sartoria. È una contrad-dizione in cui sempre si impastal’architettura e che è esplosa conil Movimento Moderno. Un’on -da lunga che attraversa il «se-colo breve» e arriva fino a noi, agiorni nostri, e che l’a rch i t e t t oNicola Auciello cavalca con ilsuoi progetti e le sue realizza-zioni, sinteticamente racconta-te in alcuni episodi esemplaricon il libro intitolato Quattro ca-se viste da dentro (Lettera Ven-tidue ed., pp. 144, euro 18).

Le quattro case sono tutte aRoma e dintorni. Una piccola(small) di appena 28mq, un’altramedia di 70 metri quadri, poiuna grande (150mq, più altri 100di terrazzo) e infine una moltogrande, 250 metri quadri su settelivelli e un giardino). CherubinoGarbadella, nella presentazioneal volume, dice di essere grato aAuciello per avergli raccontato,con queste quattro case, unaparte di quella città in cui pureha abitato per un decennio: «Mimancava un enorme pezzo di Ro-ma», dice. Come sia possibileche un’architettura di internipossa svelare l’esterno di unacasa è appunto il mistero – o laragione! - del lavoro di Auciello.Il quale, con lo studio di archi-tettura «na3», che ha fondatodieci anni fa, mette in campouna strategia progettuale chepoggia saldamente sulla letturadel contesto urbano e della iden-tità dello spazio da abitare. In-somma si tiene sulla frontieramobile fra l’interno e l’ester no.Meglio ancora, parafrasando iltitolo di una poesia di Peter Han-

dke del 1969, possiamo dire cheegli progetta «il mondo internodell’esterno dell’interno». Co-me? «Partire dalla città – af fer-ma – per poi arrivare al quar-tiere, alle persone, tenendo con-to delle esigenze». Per esempio,dialogando nella Casa all’Eur (èquella l a rge ) con il progetto ori-ginario di Claudio Dall’Olio(l’appartamento è del 1953), li-berandolo delle incongrue tra-sformazioni avvenute nel tempoe valorizzando l’elemento fortedi questo spazio, una scala, ad-dossata a una parete curva, cheegli rende contemporanea conl’inserimento di un corrimanobianco e, alla base, di uno zoc-colo color turchese. Ma tantoquanto le piastrelle di g rès, quihanno avuto un peso le visioniesterne del quartiere di Piacen-tini, con i colonnati e le bucatureevocate in un racconto di Fe-derico Fellini.

Ogni architetto vorrebbe rea-lizzare una casa come opera to-tale, non essere limitato alla sca-tola vuota, costretto a dedicarsisolo alla parte pubblica dell’edif -cio, mentre le stanze sono do-lorosamente lasciate alla furiadegli abitanti che riempionoquei magnifici vuoti di insop-portabili mobili e soprammobi-li! Scherziamo, naturalmente.Ma vi siete mai chiesti perchénelle riviste si pubblicano so-prattutto immagini di architet-ture senza persone?

Ogni architetto vorrebbe di-segnare tutto e non lasciare nul-

la al caso, dal pilastro di cemen-to armato fino alla maniglia delcomodino. Ma talvolta deve farei conti con una casa già costruitae ad essa conferire vita, una vitache sia anche la vita o almeno lospazio vitale di chi la abiterà, indefinitiva il committente. Comequel misantropo del padrone dicasa dell’appartamento smallche in meno di 30 metri quadripretende non solo di lavorare (èil suo studio professionale) maanche di dormirci. Quasi quasi,siamo vicini all’Existenzmini -mum dei maestri del Bauhaus!

Grande o piccola che sia lacasa, per un single o per unafamiglia con bambini, Auciellomantiene ferma la sua cifra:progetta gli interni con un lin-guaggio onestamente contem-poraneo, fedele finché può allalinea retta, entusiasta di unbianco minimale ma capace –come segnala Gloria Valente inuno dei tredici scritti-ospiti nellibro – di maneggiare i colori,«azzurri liquidi e trasparenti» o«verdi spessi e brillanti» che «siattaccano a certi muri qualchevolta» e anch’essi raccontanostorie in una stanza, «e ti fannocredere che quel posto sia il cen-tro di tutto».

l Gloria Valente presenta oggialle 18,30 alla Libreria Laterza ilvolume di Nicola Auciello «Quat-tro case viste da dentro» (LetteraVentidue, ed.). Sarà presentel’autore. Letture di Paola Mar-telli.

magnogreca della sua città, pur nel quadro condivisodi un nazionalismo sabaudo non proprio tenero, co-me sappiamo, verso i municipalismi, specialmentemeridionali. Non è allora un caso che egli sottolineil’ipertrofica presenza del Mito di Teseo nella pro-duzione fittile rubastina: di un mito, cioè, che «sirendeva un soggetto eminentemente nazionale» inquanto «abolì la tirannide, stabilì la democrazia,liberò la patria dal servile tributo dagli Ateniesipagato a Minosse». E che concluda: «Ora, il vederequel mito con tanta frequenza espresso sui vasi diRuvo, costituisce un altro non lieve argomentodell’origine attica di questa città, le quali cose tutteprovano senza dubbio un sentimento profondo dellapropria antichità in un popolo che trasmette da unagenerazione all’altra consimili tradizioni». Un modoculturalmente elegante di rivendicare l’identità dellasua piccola patria al cospetto dei nuovi «conqui-statori», sia pure ammantati del tricolore.

l Giovanni Jatta (Ruvo 1767 -Napoli 1844) studiò diritto aNapoli, dove esercitò a lungo econ grande reputazione la pro-fessione forense.

Di sentimenti liberali, subì lapersecuzione dei Borboni, daiquali fu costretto all’esilio inSvizzera e, successivamente, inFrancia. L’avvento dei francesinel Regno di Napoli ne favorì ilritorno e il reinserimento nellavita pubblica. Fu giudice diCorte d’Appello ad Altamura esostituto procuratore generalea Napoli, nonché procuratoregenerale presso il Consigliodelle prede marittime. Il ritor-no dei Borboni ne provocò ladefinitiva emarginazionedall’attività forense e dalla

pubblica amministrazione.

l Giovanni Jatta junior (Ru-vo 1832 - 1895), nipote ex fratredel precedente, coltivò interes-si letterari e archeologici. Èautore di un poemetto antibor-bonico d’ispirazione dantesca:Agesilao Milani (Napoli, 1863).Scrisse anche una raccolta diRime (Napoli, 1850).

Fornì numerosi contributi al-la conoscenza di alcuni repertidella collezione archeologicache egli ereditò dallo zio e in-crementò, facendoli confluirenel ponderoso Catalogo delMuseo Jatta con breve spiega-zione dei monumenti da servirda guida ai curiosi (Napoli,1869).

l PA R I G I . Un grande campus univer-sitario sul modello anglosassone, comeHarvard o Cambridge, pluridisciplinare etotalmente ecostenibile: è il progetto di Ren-zo Piano il vincitore del concorso lanciatodall’Ecole nationale supèrieure di Cachan(Ens), in Francia, per la concezione di unadelle sue sedi nella periferia sud di Parigi.

Il progetto di Piano e della sua agenzia, laRenzo Piano Building Workshop, è statoscelto tra i cinque selezionati su un totale di124 candidature. Si compone di quattroblocchi di vetro disposti in modo rettan-golare attorno a un parco di oltre un ettaro,per una superficie totale di 64.000 metriquadrati. Il costo dei lavori è di 143 milionidi euro finanziati in gran parte dallo Stato.

La nuova sede dell’Ens nel Campus di Pa-ris-Saclay aprirà i battenti nel 2018 e ac-coglierà 3.000 studenti.

«Ci siamo ispirati alla qualità dei grandicampus anglosassoni, come Harvard eCambridge – ha spiegato Anne-Hèlène Te-menides, architetto associato alla RenzoPiano Building Workshop -. Il giardino è unluogo d’incontro, ma gioca anche un ruolodi micro-clima in quanto protetto dal ventograzie ai palazzi circostanti». Il progettodell’università francese includerà ancheun teatro, un ristorante, una caffetteria,una sala conferenza e spazi per i professori.La facciata è trasparente, il design è sobriocon grandi portici alti fino a 16 metri senzaporte. [Aurora Bergamini]

PA R I G I IL PROGETTO DELLA SUA AGENZIA È STATO SCELTO FRA 124 CANDIDATURE: QUATTRO BLOCCHI DI VETRO

Piano firmerà la «Harvard» sulla SennaUn grande campus universitario pluridisciplinare ed ecosostenibile

SENNA Parigi di notte

Pagine scure, sentimenticupi, finali tristi. Questoattende all’orizzonte gliamanti della narrativa che

pare rimarrà profondamente segna-ta dagli attuali anni di crisi, ri-producendone il deprimente statod’animo in letteratura. Un’e re d i t àdestinata ad emergere con un’on -data di libri malinconici se nonaddirittura tristi a partire dal pros-simo decennio. È quanto prevedeuno studio condotto da espertidell’Università di Bristol e basatosu analogie e trend identificati an-che in passato.

Così andò negli anni '80, e inmaniera ancora più evidente neglianni '40, sottolineano i ricercatoridell’Università di Bristol, tra cuil’antropologo italiano Alberto Acer-bi che spiega come il gruppo distudiosi è giunto ad elaborare que-

sta sorta di indice per decodificarel’umore nella letterature: «Abbiamolavorato su un database di Googleche contiene otto milioni di libri,circa il 6% di tutti i libri maipubblicati e al loro interno abbiamocercato la frequenza dei termini chedenotano certe emozioni». Da cui ladeduzione che ci potrebbe essere unpatter n, uno schema, magari ri-corrente, «sappiamo quello che èsuccesso nel secolo scorso e sì, dopoperiodi di crisi economica sonoseguiti periodi in cui la letteratura,il suo umore, è risultato per cosìdire più triste».

Con una distanza, però, di almeno

un decennio, è stato riscontrato. Eanche in questo senso la deduzioneha una logica, come spiega AlexBentley cha ha guidato il gruppo diricerca, nel fatto che «negli annidell’infanzia e dell’adolescenza siformano i ricordi più forti chepossono poi risultare i più evocativinegli anni successivi, magariall’inizio dell’età adulta che è disolito quando un autore comincia ascrivere», caratterizzandone quindiil suo lavoro.

L'analisi ha riguardato la nar-rativa inglese, americana e tedesca,e allora è presto spiegato il tono noncerto allegro di Mone y, pubblicato

dal britannico Martin Amis neglianni '80 per esempio, che stando aquanto emerso dallo studio, potreb-be con tutta probabilità essere statoinfluenzato dai sentimenti che lacrisi energetica del decennio pre-cedente provocò.

La tendenza sembra ancora piùevidente per la narrativa degli anni'40, si pensi a F u ro re di John Stein-beck, grande classico della lette-ratura americana, che attinge aquei sentimenti di frustrazione esofferenza generati poco più di undecennio prima nel periodo dellaGrande Depressione. [Anna Lisa Ra-panà]

Nicola Auciello