Post on 18-Jan-2017
Manuale formazione generale Regione Lombardia
Cap. 2. Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale: evoluzione storica, affinità e
differenze tra le due realtà
1. Gli obiettivi del modulo
In merito a questo modulo, le Linee Guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile
nazionale ci dicono che “Partendo dalla presentazione della legge n. 64/01, si evidenzieranno i
fondamenti istituzionali e culturali del servizio civile nazionale, sottolineando gli elementi di
continuità e di discontinuità fra il “vecchio” servizio civile degli obiettori di coscienza e il “nuovo”
servizio civile volontario, con ampi riferimenti alla storia del fenomeno dell’obiezione di coscienza
in Italia e ai contenuti della legge n. 230/98”.
In altra parte del documento ci viene spiegato che il modulo è “la seconda tappa del percorso
formativo …………. di ordine storico, su due distinti ma convergenti versanti. Da un lato, infatti, è
utile ricostruire il percorso di idee, di esperienze e di “fatti” che hanno caratterizzato la storia
dell’obiezione di coscienza e del servizio civile degli obiettori, ai quali si deve la maturazione in
Italia della consapevolezza che la difesa della Patria non è compito delegato e assolto dalle sole
Forze armate, ma che esistono e sono vitali per il Paese e per la sua stessa difesa anche “attività e
mezzi non militari”. Dall’altro lato, appare utile ripercorrere l’evoluzione della legislazione e della
giurisprudenza costituzionale di questi ultimi anni, per comprendere le modalità con cui la
maturazione ideale e concettuale prodotta nella società civile dall’obiezione di coscienza sia stata
gradualmente fatta propria dallo Stato, in un percorso che ha rappresentato, attraverso leggi e
sentenze , un approfondimento dei contenuti della stessa Carta costituzionale sui temi di nostro
interesse.
In questo modo si soddisfa, con coerenza logica e didattica, la richiesta che il servizio civile
nazionale non dimentichi l’eredità trasmessa dal servizio civile degli obiettori di coscienza,
stabilendo che questa parte “storica” del percorso formativo del servizio civile non costituisce una
concessione nostalgica agli enti che hanno avuto in passato esperienze di servizio civile
alternativo, bensì rappresenta una componente essenziale da offrire ai volontari per capire gli
aspetti più nobili e rilevanti dell’impegno assunto oggi con il servizio civile nazionale. Così
facendo, inoltre, si metterà in evidenza come il servizio civile contribuisce alla costruzione della
pace attraverso l’utilizzo di strumenti pacifici.”
L’obiettivo del nostro lavoro apparentemente è semplice: raccontare il lungo percorso iniziato nel
dopoguerra che ha portato alla creazione di un servizio civile nazionale dapprima come modalità
alternativa al servizio militare proposta agli obiettori di coscienza quale adempimento al dovere
costituzionale di difesa della Patria previsto dall’art. 52, per poi diventare uno dei modi in cui a tutti
i giovani cittadini e cittadine italiane (indipendentemente dalla loro appartenenza culturale, politica
e religiosa) è proposto di partecipare, volontariamente alla Difesa della Patria.
Di semplice in realtà c’è ben poco: innanzi tutto perche questo modulo, come i due successivi
inerenti la Difesa della Patria e la Difesa Civile Non armata e Nonviolenta, trattano argomenti
lontani anni luce dai saperi e dalle conoscenze dei giovani con cui lavoreremo e poi perché anche
noi formatori non sempre abbiamo conoscenze sufficienti per adempiere in maniera esaustiva a
questo parte del percorso formativo.
Tra l’altro, pur essendo il servizio civile nazionale trasversale a tutte le culture politiche, filosofiche
e religiose presenti nel nostro Paese, trattando questi argomenti è inevitabile “prendere posizione”:
vero che i formatori non sono mai “neutrali”, ma se parliamo di pace, difesa e nonviolenza, anche la
ricerca dell’obbiettività in aula è compito improbo.
E le idee dei formatori, la loro formazione culturale influenzeranno inevitabilmente questo modulo
per incontrarsi/scontrarsi con quelle dei/lle ragazzi/e in aula.
Quindi ci troviamo ad affrontare due interessanti criticità: una relativa alla trasmissione di un sapere
“arcano” e una relativa alla difficoltà di trovare metodi di trasmissione di significati condivisibili a
aule che, generalmente, saranno estremamente disomogenee.
Le Linee Guida ci aiutano a risolvere il problema dei saperi arcani, perché ci permettono di
condividere l’aula con altre persone esperte della materia trattata.
Pur non essendo efficace ridurre questo modulo a una narrazione storica, sicuramente inserire in
agenda formativa una testimonianza di qualcuno che conosce la storia e che ci racconta com’era
sarà estremamente utile.
Così come utile può essere un video (se non è possibile avere in aula il testimone), così come può
essere utile portare diverse testimonianze (un obiettore della prima ora, uno degli anni novanta e
uno del duemila) per raccontare concretamente le trasformazioni di un’idea.
Ma può bastare anche leggersi un paio di libri (rimando per questo alla bibliografia posta a fine
capitolo) o utilizzare la scheda “Date e nomi da ricordare” (che troverete alla fine di questo
capitolo) per riuscire, almeno in parte, a raccontare l’evoluzione storica del servizio civile nel nostro
Paese.
La questione dei significati invece potrà essere affrontata, non trasmettendo i nostri significati a
priori, ma ascoltando prima quelli dei/lle ragazzi/e in aula e lavorando a costruire i collegamenti tra
quelli così definiti, quelli emersi nel percorso storico e quelli attuali che illuminano il senso del
servizio civile attuale secondo le idee delle Istituzioni che lo organizzano.
Passaggio utile anche a ravvivare un’aula che potrebbe essere particolarmente annoiata dagli aspetti
frontali del modulo (non tutti i testimoni sapranno essere allegri, carismatici, coinvolgenti).
Prima di passare all’elenco dei contenuti di questo modulo, richiamo un ultima difficoltà che
l’impostazione delle Linee Guida ci consegna nella realizzazione del percorso formativo.
Il modulo inerente la storia del servizio civile, viene infatti collocato prima del modulo relativo alla
Difesa della Patria, nonostante nella parte descrittiva delle stesse Linee Guida gli argomenti siano
trattati contemporaneamente.
Il mio invito è quello di non rispettare lo schema che vede sviluppata prima la storia e poi
l’illustrazione dei concetti inerenti la difesa, ma di unire i due moduli o, perlomeno, a realizzare
prima quello relativo alla difesa.
Come è possibile raccontare l’obiezione di coscienza e il servizio civile, senza aver prima definito
le ragioni che gli hanno motivati che non possono che essere cercati nell’evoluzione del concetto di
Difesa della Patria e nel tentativo di trovare modalità alternative al servizio militare per adempiere
al sacro dovere costituzionale di difendere la Patria?
Tenete presente perciò che, nell’illustrare contenuti, metodologia e agenda formativa del modulo,
considererò come già effettuato il modulo relativo alla difesa.
Gli altri due moduli del “pacchetto difesa” (difesa civile non armata e nonviolenta e Protezione
Civile) possono essere collocati tranquillamente in momenti successivi, perché utili ad integrare e a
completare il ventaglio di opzioni disponibili oggi per realizzare la difesa del Paese e, perciò, a
raggiungere l’obiettivo della formazione generale relativo al passaggio di saperi ai giovani uomini e
donne che avremo nelle nostre aule, che li renda consapevoli con estrema chiarezza di come la loro
esperienza di servizio civile sia collocata all’interno di un vero e proprio Sistema Difesa
estremamente complesso e variegato.
2. Una possibile narrazione
Per la mia esperienza l’illustrazione della legge 64 del 6 marzo 2001 “Istituzione del servizio civile
nazionale” è il punto di arrivo di un’attività formativa inerente il percorso storico del servizio civile,
non il punto di partenza come indicato dalla Linee Guida.
Per capire il servizio civile attuale, bisogna capire come è nato, quale curioso e originale percorso
storico abbia portato a diventare istituto dello Stato italiano ciò che nasce come risposta a cittadini
italiani che disobbedivano per motivi di coscienza a una legge dello Stato e ad un preciso dovere
costituzionale.
Quindi si deve partire da che cos’è la difesa italiana, da come veniva definita e da come veniva
organizzata quando ancora il servizio civile (e gli obiettori) non esistevano.
A dir la verità gli obiettori di coscienza al servizio militare sono sempre esistiti: un io amico
Dehoniano, Padre Angelo Cavagna, iniziava sempre la sua storia dell’obiezione di coscienza con il
racconto della storia di San Massimiliano, martire cristiano del secondo secolo dopo Cristo a causa
del suo rifiuto di prestare servizio nell’esercito romano, e Santo patrono degli obiettori.
Ma per i nostri scopi… è andare un po’ troppo in là nel tempo.
La storia del servizio civile è faccenda che riguarda la Repubblica Italiana che nasce con la
Costituzione entrata in vigore il 1 gennaio del 1948.
E noi partiamo da lì.
Nei paragrafi seguenti provo ad articolare un canovaccio utile a una lezione frontale sul tema.
Un buon strumento su cui lavorare per costruire una lezione frontale è anche la scheda “Date e nomi
da ricordare” che ho elaborato partendo da una pubblicazione di Massimo Paolicelli, figura storica
dell’obiezione di coscienza romana e che trovate in fondo al capitolo.
L’articolazione della scheda permette peraltro di approfondire altri elementi del percorso storico
dell’obiezione di coscienza/servizio civile, quali il servizio civile all’estero, che in questo paragrafo
non affronto.
Nel cd allegato a questa pubblicazione, trovate anche delle slide (Dall’obiezione di coscienza al
servizio civile) che possono accompagnare la lezione frontale
Se quando condurrete questo modulo avrete già realizzato quello relativo alla difesa, basterà
riprendere quanto detto sui principi fondativi dell’ordinamento costituzionale italiano in materia di
Difesa della Patria, altrimenti dovrete fare un rapido accenno ai due articoli della costituzione (l’11
e il 52) che li illustrano con estrema chiarezza.
L’art. 11 ci dice chiaramente qual è il concetto di Difesa su cui si fonda il nostro paese (ma vi
rimando al prossimo capitolo per un approfondimento) e l’art. 52 ci dice che la Difesa della Patria è
un Sacro dovere per tutti/e i/le cittadini/e.
Il passaggio successivo sarà quello di spiegare che nel primo dopoguerra, come prevede il secondo
comma del’art. 52 della Costituzione, il sacro dovere si realizzava attraverso il servizio militare
obbligatorio a cui erano tenuti i cittadini italiani maschi che avevano compiuto diciotto anni..
Sarà utile spiegare che questa articolazione di genere dell’obbligo costituzionale, non nasce dalla
decisione di dispensare le donne dal dovere di difesa della Patria (che la costituzione ritiene a carico
di tutti i cittadini e le cittadine), ma dalla concezione, esplicata chiaramente nel dibattito della
Costituente, che le donne difendono già il paese, ma in altro modo, “..accudendo alle famiglie e
facendo figli..).
Concetto per qualcuno discutibile ma che facilita ai formatori il compito di sottolineare come, anche
in piena guerra fredda, si avesse già chiara la percezione che l’idea di difesa della Patria non potesse
essere affidata esclusivamente a strumenti tradizionali, quali le Forze Armate.
Fatto questo, sarà facile avviare il racconto della storia dell’obiezione di coscienza, dicendo che fin
dal 1947 vi furono cittadini italiani maschi che non ritenevano, per motivi di coscienza, di dover
obbedire all’obbligo costituzionale.
“Nell'aprile 1947 viene giudicato e condannato Rodrigo Castiello di Cuneo, pentecostale. E' il
primo obiettore di coscienza del dopoguerra. Verrà amnistiato.
Nel gennaio 1948 viene giudicato Enrico Ceroni, testimone di Geova. Dichiara che "secondo la
Sacra Scrittura nessuna bandiera è sacra" e che è pronto a qualsiasi disobbedienza per non
mancare alla sua fede che gli vieta di impugnare le armi, indossare qualunque distintivo e salutare
i superiori. Viene condannato a 5 mesi e venti giorni di reclusione con il beneficio della
condizionale.”
Si potranno così illustrare le tre case madri culturali dell’obiezione di coscienza italiana: quella
religiosa, quella filosofica nonviolenta e quella antimilitarista, più cara al mondo anarchico e
libertario basata sul rifiuto della gerarchia, della divisa, dell’istituzione più che su quello della
violenza e dell’uso delle armi.
Sarà importante sottolineare come il fenomeno dell’obiezione di coscienza in quei primi anni ha
avuto un carattere estremamente minoritario nel nostro paese sia per gli indubbi disagi conseguenti
alla rivendicazione di tale scelta (carcere, processi, difficoltà successive a trovare lavoro..) sia per la
quasi totale assenza, nelle culture politiche del nostro paese (istituzionali e non), di idee amiche
dell’obiezione di coscienza.
obiettori in carcere 1961 4
1962 11
1963 14
1965 24
1966 41
1967 (novembre) 36
Anarchici, cattolici, nonviolenti, testimoni di Geova un fiume inarrestabile: alla fine del 1967 sono
stati contati duecentonove condannati.
Processi e arresti anche per chi propaganda l'obiezione di coscienza o manifesta la sua solidarietà
agli obiettori.
Lo Stato andava difeso con le armi: era una convinzione che accomunava sia le destre storiche, che
avevano una concezione tradizionale dello Stato, della Nazione dell’ordine e dell’autorità, sia dalle
sinistre, che credevano ancora nella violenza levatrice della storia di memoria leninista; finanche la
Chiesa Cattolica, di fronte al rischio della vittoria del mondo comunista e ateo su quello occidentale
capitalista, non vedeva di buon occhio questi testimoni della pace e non aiutava perciò la lotta di
giovani che avevano come obiettivo il disarmo dello Stato e quindi il renderlo impotente alle
aggressioni esterne.
Si farà cenno ai pochi amici degli obiettori (il partito radicale, Don Lorenzo Milano, Lorenzo
Capitini) e al testo fondamentale in cui si riconosceranno decine di migliaia di giovani obiettori
negli anni successivi elaborato dal Parroco di Barbiana “L’obbedienza non è più una virtù”:
30 ottobre 1965: Don Milani viene processato per la lettera ai cappellani militari. Non potendo
presenziarvi perché malato scrive una lunga autodifesa in cui dichiara che è ormai necessario "avere
il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una
virtù, ma la più subdola delle tentazioni. Che non credano di potersene far scudo né davanti agli
uomini, né davanti a Dio; che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto...
Quando è l'ora non c'è scuola più grande che pagare di persona una obiezione di coscienza. Cioè
violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede.
Preghiamo Dio che ci mandi molti giovani capaci di tanto".
Si potrà poi accennare al lungo percorso di lotte e movimenti che porterà all’inizio degli anni
settanta all’approvazione di una prima legge (la 772 del 15 dicembre 1972, - legge Marcora "Norme
in materia di obiezione di coscienza"), dove per la prima volta si parla di servizio civile.
“ART. 5. I giovani ammessi ai benefici della presente legge devono prestare servizio militare non
armato o servizio sostitutivo civile, per un tempo superiore di otto mesi alla durata del servizio di
leva cui sarebbero tenuti”
Si illustreranno le parti discriminanti della legge (mancanza del diritto soggettivo, maggiore durata
del servizio civile, giurisdizione militare e non civile per i reati commessi dagli obiettori di
coscienza) e si racconterà come, subito dopo l’approvazione della Legge 772/72, i movimenti degli
obiettori ricorreranno in Tribunale contro i suoi aspetti più negativi e vedranno accolte le proprie
istanze che li smantelleranno progressivamente.
Si racconterà che bisognerà aspettare il 1977 per trovare in una legge un’indicazione precisa su cosa
debba essere il servizio civile:
“D.P.R. 28 NOVEMBRE 1977, N° 1139: "Norme di attuazione della legge 15 Dicembre 1972, N°
772". Art. 11. L'obiettore di coscienza che ha optato per il servizio sostitutivo civile è distaccato,
fino a quando non sarà istituito il Servizio civile nazionale, dal Ministro per la difesa, presso enti,
organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela ed incremento del
patrimonio forestale, tenuto conto delle indicazioni risultanti dalla visita fisico-psico-attitudinale e
dalle necessità e possibilità del momento.”
Tra i risultati importanti che si otterranno dai Tribunali italiani andrà segnalata la sentenza della
Corte Costituzionale che ha riconosciuto il servizio civile come modalità alternativa di
adempimento dell’obbligo costituzionale di difesa della patria
“24 maggio 1985: sentenza n.164 della Corte costituzionale che dichiara la piena legittimità della
772: gli obiettori di coscienza in servizio civile concorrono pienamente alla difesa della Patria.”
e quella che ha parificato la durata del servizio civile a quella de servizio militare, ampliandone le
possibilità di accesso.
“31 luglio 1989: sentenza n. 470 della Corte Costituzionale; la durata del servizio civile è
equiparata a quella del servizio militare”
Con molta attenzione, per non suscitare fraintendimenti, bisognerà raccontare che, per lunghi anni
lo Stato - affidando la gestione del servizio civile al Ministero della Difesa e non promulgando
regole precise sulla sua natura e organizzazione – aveva di fatto rifiutato di fare suo questo
strumento, prima penalizzandolo con norme vessative (la maggiore durata, l’assegnazione in sedi di
servizio poste in regioni differenti da quelle di residenza, l’obbligo di residenza presso alloggi messi
a disposizione dagli enti con orari e pratiche da caserma…) e poi vivendolo come un fastidio, con
disinteresse, non riconoscendo il prezioso contributo al benessere sociale che il lavoro degli
obiettori apportava.
Tanto che, malgrado il DPR del 79 lo prevedesse espressamente bisognerà attendere il 2001 per
vedere istituito il Servizio Civile Nazionale.
La storia del servizio civile degli obiettori si dipana in due fasi ben distinte, in attesa che lo Stato
riconosca come suo questo strumento.
Prima, esiste un servizio civile degli obiettori e degli enti che condividono passioni politiche e
culturali dei primi: un servizio civile autogestito che si pone ancora in antagonismo e alternativa
alle istituzioni statali
Poi, a partire dalla metà degli anni ottanta, c’è stato il servizio civile degli enti: si riducono gli
obiettori militanti, perché il mondo giovanile è cambiato profondamente ed esprime meno ideologia
e più senso pratico, si sceglie il servizio civile per fare qualcosa di più utile piuttosto che per
avversione al servizio militare. In questa fase storia e cultura del servizio civile vengono definiti da
grandi enti quali Caritas, Arci, Confcooperative, Croce Rossa, qualche grande Comune come Roma,
Milano, Venezia, Padova, Torino.
Ma non esiste ancora il servizio civile nazionale: esistono tanti servizi civili alcuni più belli e alcuni
meno belli, uniti dallo scopo comune di erogare servizi di pubblica utilità, ma estremamente
disomogenei nella definizione dei principi fondanti.
Poi però cade il muro di Berlino, le definizioni teoriche e strategiche del concetto di difesa militare
del mondo occidentale cambiano, non c’è più bisogno di eserciti di leva, anzi… i nuovi compiti
militari delle Forze armate italiane (di pari passo con quelle dell’occidente), impegnate sempre più
all’estero in missioni di pace, richiedono forze armate professionali, motivate, addestrate e in
servizio per lungo periodo.
Si comincia a pensare di sospendere o abolire il servizio di leva.
Nel frattempo, con la legge 230 dell’8 luglio 1998 "Nuove norme in materia di obiezione di
coscienza",l’obiezione ottiene finalmente piena cittadinanza dallo stato italiano.
“Art. 1. I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell'esercizio del diritto alle libertà di
pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e
dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, opponendosi all'uso delle armi, non
accettano l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato, possono adempiere gli
obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per
natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di
difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei "Principi fondamentali" della Costituzione. Tale
servizio si svolge secondo le modalità e le norme stabilite nella presente legge. “
Pari durata con il servizio militare, gestione civile del servizio (è con questa legge che nasce
l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
che gestisce attualmente il Servizio Civile Nazionale), si comincia a parlare di formazione….
Insomma, il servizio civile comincia a essere uno strumento maturo e lo Stato comincia a
occuparsene seriamente cercando di renderlo strumento efficace co finalità e obiettivi condivisibili
dall’intera comunità nazionale.
Con la riforma arriva l’esplosione delle dichiarazioni di obiezione di coscienza e il numero di
giovani in servizio civile cresce esponenzialmente.
Anno
Domande presentate Enti convenzionati
1998 71.043 4.320
1999 108.371 4.838
2000 62.524 5.277
2001 64.059 5.923
2002 54.882 6.078
2003 51.933 6.078
Ma è ancora viva una contraddizione che non permette di considerare il Servizio Civile Nazionale
uno strumento ordinario e permanente del Sistema Difesa italiano: il servizio civile resta ancora il
modo in cui lo Stato consente agli obiettori di coscienza di adempiere all’obbligo costituzionale di
difesa della Patria.
Per quanto ampiamente riconosciuto e legittimato il servizio civile è comunque condizionato da due
variabili senza le quali non ha ragione di esistere:
a) la presenza di obiettori di coscienza al servizio militare;
b) la permanenza dell’obbligo di leva.
Un giovane non obiettore non può fare servizio civile.
Arriviamo al 24 ottobre 2000: il Parlamento approva definitivamente la Legge "Norme per
l'istituzione del servizio militare professionale" (pubblicata in Gazzetta Ufficiale come Legge 331
del 14.11.2000).
La legge prevede che, dal 1 gennaio 2007 la leva obbligatoria sia sospesa e le Forze Armate siano
composte esclusivamente da uomini e donne volontari.
Con la legge 23 agosto 2004, n. 226 il Governo Berlusconi anticipa la sospensione della leva al 1°
gennaio 2005.
Nel frattempo, sono ormai 50/60.000 i giovani che, ogni anno, prestano il loro servizio civile in
oltre seimila enti di servizio civile.
Novanta milioni di ore erogate ogni anno a favore della popolazione più deboli, di importanti
servizi del nostro welfare, di consistenti pezzi del nostro sistema culturale, di associazioni di
volontariato, pubbliche assistenze, cooperative di solidarietà, organizzazioni no profit.
Ma se il servizio di leva viene sospeso e ci troveremo comunque con forze armate professionali, chi
sostituirà gli obiettori di coscienza ?
In coda di legislatura l’ultimo governo dell’Ulivo vara una legge, la 64 del 6 marzo 2011
“Istituzione del servizio civile nazionale” con un consenso amplissimo: tutte le forze politiche
votano a favore con l’unica astensione della Lega (che ne condivide i contenuti ma contesta il
rifiuto di un suo emendamento che avrebbe limitato lo svolgimento del servizio civile ai territori di
residenza di ciascun giovane ).
Finalmente il cerchio si chiude: lo Stato italiano istituisce il Servizio Civile Nazionale che ha come
obiettivi:
a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed
attività non militari;
b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale;
c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con
particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla
pace fra i popoli;
d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai
settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-
artistico, culturale e della protezione civile;
e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante
attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero.
(art. 1 Legge 6 marzo 2001 n. 64)
E non è più necessario essere obiettori di coscienza… e maschi per farlo.
Nella fase di transizione (finché durerà il servizio di leva obbligatorio) la legge 64/01 gestirà il
servizio civile di obiettori e quello di giovani uomini e donne che scelgono volontariamente di farlo.
Dal 2005 l’adesione alle proposte di servizio civile diventa esclusivamente volontaria e il servizio
civile diventa a pieno diritto istituto repubblicano, finalizzato alla difesa della Patria, gestito dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri,con il supporto organizzativo di Regioni e Province
autonome.
D’ora in poi, i limiti al suo esercizio saranno solo quelli dei fondi disponibili per la sua
realizzazione.
3. Metodologie adottabili per la realizzazione del modulo
Le Linee Guida non ci danno limitazioni all’uso di metodologie per questo modulo: possono essere
utilizzate indifferentemente tecniche interattive, lezioni frontali o formazione a distanza.
Personalmente, non amo molto (per ciò che riguarda la formazione dei giovani in servizio civile) la
formazione a distanza (FAD): penso che queste 30/40 ore, siano l’occasione per formare il gruppo
ancor prima che quella per trasmettere significati estremamente importanti.
E’ qui che si crea l’identità dei giovani in servizio civile, è in questo momento che rendiamo
consapevoli i ragazzi di dove sono e che cosa andranno a fare, che rileviamo le loro aspettative, le
loro paure, le loro idee, i loro significati, ciò che pensano di noi e del servizio civile.
La FAD non è per niente utile a creare gruppo.
Ciò nonostante può essere interessante, se si utilizza anche questo strumento, riversarvi contenuti di
approfondimento di quanto trattato in questo modulo: conferenze sulla costituzione, testimonianze,
bibliografie, testi di legge, commenti, film, documentari (nel universo web ci sono su Rai Click o su
Rai teche delle cose veramente interessanti: per esempio un Rutelli giovanissimo e capellone con un
megafono in mano davanti al tribunale Militare di Roma … a protestare contro lo stato che reprime
gli obiettori…!!).
A parte questa possibile appendice, credo sia essenziale che il modulo sia realizzato con un mix di
tecniche miste (interattività e lezione frontale).
E’ indubbio che una parte del tempo andrà dedicata alla “storia” che non può essere somministrata
che in forma di conferenza.
La prima cosa da decidere quindi è quanto tempo dedichiamo a questo modulo.
Come sapete le Linee Guida non ci danno indicazioni in proposito: possiamo fare un modulo di due
come di otto ore.
E’ indubbio che insieme al modulo relativo all’identità del gruppo in formazione, il pacchetto dei
moduli relativo alla difesa (2, 3, 4, 5 e 6, si anche il 6 perché se la Corte Costituzionale ha
riconosciuto che il dovere di difesa della Patria si esplica anche nell’adempimento dei doveri
costituzionali di solidarietà sociale previsti dall’art. 2, la solidarietà e le forme di cittadinanza
entrano a pieno titolo nel ventaglio di proposte rivolto ai giovani per partecipare alla difesa della
Patria...) e sicuramente importante per peso e durata.
Credo che i formatori debbano scegliere la durata di ciascun modulo secondo quello che hanno a
disposizione.
Due ore, se si limiteranno a una lezione frontale in cui riprendere la narrazione sulla falsa riga di
quanto indicato precedentemente.
Quattro ore se vorranno effettuare con i ragazzi un lavoro di gruppo introduttivo.
Sei-sette ore se utilizzeranno più testimonianze e vorranno effettuare lavori di gruppo prima e dopo
la conferenze e le testimonianze.
Conosco formatori che utilizzano per questo modulo esclusivamente tecniche animative (in
particolare realizzano una rappresentazione teatrale sull’obiezione e la non violenza), quindi lascio
alla vostra fantasia la possibilità di ampliare, integrare, ridurre o cancellare la proposta di agenda
formativa che segue.
La mia esperienza mi porta a pensare che un modulo di quattro ore (in assenza di testimonianze) o
di sei ore con testimonianze, sia più che sufficiente.
Rispetto alle tecniche animative da utilizzare mi limito a proporre le più semplici: divisione in
piccoli gruppi di quattro ragazzi/e, utilizzo di strumenti come le interviste, l’articolo di giornale, il
taze-bao (Wikipedia dice che è una trascrizione scorretta in italiano dell’originale Dazibao… vedete
un po’ voi).
Le aule di giovani in servizio civile sono generalmente aule complesse: abbiamo a che fare con
gruppi di età e percorsi formativi estremamente differenti, dove la motivazione individuale è
variegata e frammentata e l’identità di gruppo è ancora in definizione.
Dobbiamo fare i conti, quando definiamo il patto formativo, con il grosso ostacolo rappresentato
dall’obbligatorietà (pena espulsione) di partecipazione all’intero percorso formativo…, trattiamo
argomenti lontani dal loro sentire, dobbiamo convincerli che stanno partecipando a un importante
esperienza di cittadinanza attiva durante la quale difenderanno la patria….
E loro generalmente sono lì perché cercano occupazione, hanno bisogno di denaro, vogliono fare
un’esperienza di volontariato….
Normalmente hanno già maturato la vaga percezione di fare un lavoro sottopagato e le nostre
argomentazioni formative si prestano a interpretazioni.. maliziose (“Ci staranno prendendo in
giuro?”).
Per cui, d’abitudine, non propongo tecniche animative troppo pesanti, che mettano i ragazzi e le
ragazze troppo in gioco: non dimentichiamoci che le loro ultime esperienze formative sono
generalmente le aule universitarie..: già il giochino della carta d’identità per presentarsi al gruppo,
può essere sconvolgente...
Nella mia agenda troverete anche azioni per l’approfondimento della conoscenza del gruppo.
Queste azioni generalmente non hanno nulla a che vedere con l’argomento poi trattato nel modulo,
ma servono a far interagire il gruppo e a farci conoscere i ragazzi maggiormente.
Credo sia importante che il formatore sia in grado di trasmettere agli Operatori Locali di progetto
e/o ai responsabili di progetto informazioni importanti rilevate durante la formazione (difficoltà
relazionali, capacità comunicative, l’identificazioni di possibili leadership, particolari competenze
trasversali non rilevate in fase di selezione…).
Se anche questo non fosse possibile, l’azione introduttiva “scalderà” il gruppo e lo preparerà ai
successivi lavori di gruppo.
Chiaramente se il modulo ha una durata limitata (inferiore alle quattro ore) o segue nella stessa
giornata ad altro modulo, saltate tranquillamente le azioni introduttive.
Concludendo, ritengo estremamente importante che questo modulo sia somministrato non oltre i
primi quindici giorni dall’avvio del servizio: certo, le Linee Guida ci dicono che lo possiamo fare
entro il quinto mese.
Ma con ragazzi che, a quel punto, hanno già costruito con fin troppa chiarezza il loro vocabolario di
significati in relazione al servizio civile, si tratterebbe di un attività abbastanza inutile.
4. L’Agenda Formativa
Nell’agenda i tempi di conduzione indicati sono relativi a una durata di sei ore; se riducete la durata
tagliate i tempi di conseguenza
1. INTRODUZIONE (5’): “Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale:
evoluzione storica, affinità e differenze tra le due realtà”
Il conduttore introduce, molto brevemente, il tema del modulo ai partecipanti.
2. BREVE PRESENTAZIONE DEI PARTECIPANTI (15’): nome, età, città di provenienza,
cui si può aggiungere, per cercare di far conoscere meglio i partecipanti tra loro, un
‘hobby’, ‘un cantante preferito’, ‘la squadra del cuore’, ecc. cercando sempre di evitare che
la presentazione sia troppo dispersiva. Il conduttore potrà nuovamente riportare ciascun nome su
un post-it, su un cartellone, su dei foglietti di carta, ecc. per averli eventualmente a disposizione
per la creazione/la variazione dei gruppi di lavoro.
Se il conduttore è lo stesso dei moduli precedenti (quindi conosce già alcuni dei dati sopra
richiesti) la presentazione riguarderà aspetti non toccati in precedenza (musica preferita, ultimo
spettacolo teatrale, ultimo lavoro, hobby…)
N.B.: è fondamentale che il conduttore sappia concludere tutte le attività iniziali di ice-breaking
con una condivisione del senso e del valore dell’attività stessa e con una discussione in gruppo
delle reazioni provocate. Senza questa ripresa finale dei significati i giochi vengono vissuti come
attività ludiche prive di senso e, quindi, perdono efficacia nella creazione del gruppo.
3. LAVORO DI GRUPPO (1h20’).
I partecipanti vengono divisi in gruppi di 4 persone.
Il conduttore chiede ai gruppi di produrre un elaborato (ad esempio un cartellone) che contenga
risposte alle seguenti domande:
1. cosa vuol dire Obiezione di Coscienza?
2. che cos’è l’obiezione di coscienza al servizio militare?
3. conoscete qualche obiezione di coscienza che viene praticata oggi?
Il conduttore chiede a ogni gruppo di lavorare affinché le risposte alle domande proposte siano
condivise e “uniche”.
Ogni gruppo nominerà un portavoce che illustrerà le risposte date; in mancanza di condivisione i
sostenitori delle diverse risposte le illustreranno.
4. CONFERENZA (2h30’).
Al termine della plenaria in cui i gruppi illustrano le risposte date, il conduttore attraverso l’utilizzo
di slide illustra il percorso storico attraverso il quale un’azione di disobbedienza civile è diventata
parte integrante del sistema di difesa del nostro Paese.
Il conduttore potrà utilizzare alcune brevi testimonianze di obiettori, filmati, video, documenti,
ecc... oltre che testimonianze di singoli o movimenti che hanno contribuito alla nascita
dell’obiezione di coscienza in Italia
5. LAVORO DI GRUPPO (1h20’)
Il conduttore propone un gioco/un’attività finalizzata alla verifica delle competenze acquisite:
“Io oggi obietterei a..”.“ Si ricostruiscono i gruppi del lavoro di gruppo iniziale che elaboreranno
un manifesto/articolo di giornale/comunicato che avvia una campagna per legittimare l’obiezione di
coscienza a una o più leggi attuali ritenute ingiuste, indicando i metodi possibili di lotta per ottenere
tale diritto.
Ogni gruppo nominerà un portavoce che illustrerà il manifesto e le ragioni per cui è stata scelta
quella legge.
6. VALUTAZIONI DELLA GIORNATA FORMATIVA (30’).
Il gioco del Post It: ai partecipanti sono dati due post-it ciascuno.
Viene chiesto loro di scrivere sul primo post-it una cosa positiva e sul secondo una cosa negativa
della giornata formativa evitando di copiarsi tra loro.
Terminata la compilazione, che dovrà essere anonima, viene chiesto a ciascun partecipante di
incollare i due post-it su due parti differenti di una lavagna a fogli mobili o sul muro in modo che il
conduttore possa avere a disposizione da una parte tutti gli elementi che sono piaciuti e dall’altra
tutti gli elementi che non sono piaciuti al gruppo.
Il conduttore leggerà i vari post-it cercando di analizzare in plenaria gli elementi che emergeranno e
cercando di dare risposte agli interrogativi che dovessero sorgere. Al termine di questa disamina
viene chiesto a ciascun partecipanti di riportare i commenti inseriti nei post-it, positivi e negativi,
nella scheda di valutazione scritta.
Materiali necessari:
Slides: “Dall’obiezione di coscienza al servizio civile”
Video, filmati, documenti;
Cartelloni;
Fogli di carta di vari formati;
Post It
Cancelleria;
Scotch.
5. Bibliografia
Aldo Capitini, L'obbiezione di coscienza in Italia, Editore Lacaita, Fasano di Puglia 1959
Coletti, L'obiezione di coscienza, Feltrinelli Editore, Milano 1973
Giorgio Giannini, L'obiezione di coscienza, Satyagraha Editrice, Torino 1985
Giorgio Giannini, L'obiezione di coscienza al servizio militare, Napoli 1987
Gomez de Ayala, L'obiezione di coscienza al servizio militare nei suoi aspetti giuridico
teologici, Giuffré, Milano 1966
O. Gregorio, L'obiezione di coscienza, Borla, Torino 1966
M. Mellini, Norme penali sull'obiezione di coscienza, Roma 1987
R. Petraglio, Obiezione di coscienza, Edizioni Dehoniane, Bologna 1984
Rodolfo Venditti, I reati contro il servizio militare e la disciplina militare, Giuffré, Milano
1968
Rodolfo Venditti, Le ragioni dell'obiezione di coscienza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986
Rodolfo Venditti, Obiezione di coscienza al servizio militare. profili giuridici e prospettive
legislative, Padova 1989
Pietro Pinna, La mia obbiezione di coscienza (scritti 1950-1993), Edizioni del Movimento
Nonviolento, 1994
Sergio Albesano, Storia dell'obiezione di coscienza in Italia, Santi Quaranta Editore, Torino
1995
Allegati relativi al capitolo 2:
Scheda “Date e nomi da ricordare”
Slide “Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale”
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