Dall'obiezione di coscienza al SCN

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Manuale formazione generale Regione Lombardia Cap. 2. Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale: evoluzione storica, affinità e differenze tra le due realtà 1. Gli obiettivi del modulo In merito a questo modulo, le Linee Guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile nazionale ci dicono che “Partendo dalla presentazione della legge n. 64/01, si evidenzieranno i fondamenti istituzionali e culturali del servizio civile nazionale, sottolineando gli elementi di continuità e di discontinuità fra il “vecchio” servizio civile degli obiettori di coscienza e il “nuovo” servizio civile volontario, con ampi riferimenti alla storia del fenomeno dell’obiezione di coscienza in Italia e ai contenuti della legge n. 230/98”. In altra parte del documento ci viene spiegato che il modulo è “la seconda tappa del percorso formativo …………. di ordine storico, su due distinti ma convergenti versanti. Da un lato, infatti, è utile ricostruire il percorso di idee, di esperienze e di “fatti” che hanno caratterizzato la storia dell’obiezione di coscienza e del servizio civile degli obiettori, ai quali si deve la maturazione in Italia della consapevolezza che la difesa della Patria non è compito delegato e assolto dalle sole Forze armate, ma che esistono e sono vitali per il Paese e per la sua stessa difesa anche “attività e mezzi non militari”. Dall’altro lato, appare utile ripercorrere l’evoluzione della legislazione e della giurisprudenza costituzionale di questi ultimi anni, per comprendere le modalità con cui la maturazione ideale e concettuale prodotta nella società civile dall’obiezione di coscienza sia stata gradualmente fatta propria dallo Stato, in un percorso che ha rappresentato, attraverso leggi e sentenze , un approfondimento dei contenuti della stessa Carta costituzionale sui temi di nostro interesse. In questo modo si soddisfa, con coerenza logica e didattica, la richiesta che il servizio civile nazionale non dimentichi l’eredità trasmessa dal servizio civile degli obiettori di coscienza, stabilendo che questa parte “storica” del percorso formativo del servizio civile non costituisce una concessione nostalgica agli enti che hanno avuto in passato esperienze di servizio civile alternativo, bensì rappresenta una componente essenziale da offrire ai volontari per capire gli aspetti più nobili e rilevanti dell’impegno assunto oggi con il servizio civile nazionale. Così facendo, inoltre, si metterà in evidenza come il servizio civile contribuisce alla costruzione della pace attraverso l’utilizzo di strumenti pacifici.” L’obiettivo del nostro lavoro apparentemente è semplice: raccontare il lungo percorso iniziato nel dopoguerra che ha portato alla creazione di un servizio civile nazionale dapprima come modalità alternativa al servizio militare proposta agli obiettori di coscienza quale adempimento al dovere costituzionale di difesa della Patria previsto dall’art. 52, per poi diventare uno dei modi in cui a tutti i giovani cittadini e cittadine italiane (indipendentemente dalla loro appartenenza culturale, politica e religiosa) è proposto di partecipare, volontariamente alla Difesa della Patria. Di semplice in realtà c’è ben poco: innanzi tutto perche questo modulo, come i due successivi inerenti la Difesa della Patria e la Difesa Civile Non armata e Nonviolenta, trattano argomenti lontani anni luce dai saperi e dalle conoscenze dei giovani con cui lavoreremo e poi perché anche noi formatori non sempre abbiamo conoscenze sufficienti per adempiere in maniera esaustiva a questo parte del percorso formativo. Tra l’altro, pur essendo il servizio civile nazionale trasversale a tutte le culture politiche, filosofiche e religiose presenti nel nostro Paese, trattando questi argomenti è inevitabile “prendere posizione”:

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Manuale formazione generale Regione Lombardia

Cap. 2. Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale: evoluzione storica, affinità e

differenze tra le due realtà

1. Gli obiettivi del modulo

In merito a questo modulo, le Linee Guida per la formazione generale dei giovani in servizio civile

nazionale ci dicono che “Partendo dalla presentazione della legge n. 64/01, si evidenzieranno i

fondamenti istituzionali e culturali del servizio civile nazionale, sottolineando gli elementi di

continuità e di discontinuità fra il “vecchio” servizio civile degli obiettori di coscienza e il “nuovo”

servizio civile volontario, con ampi riferimenti alla storia del fenomeno dell’obiezione di coscienza

in Italia e ai contenuti della legge n. 230/98”.

In altra parte del documento ci viene spiegato che il modulo è “la seconda tappa del percorso

formativo …………. di ordine storico, su due distinti ma convergenti versanti. Da un lato, infatti, è

utile ricostruire il percorso di idee, di esperienze e di “fatti” che hanno caratterizzato la storia

dell’obiezione di coscienza e del servizio civile degli obiettori, ai quali si deve la maturazione in

Italia della consapevolezza che la difesa della Patria non è compito delegato e assolto dalle sole

Forze armate, ma che esistono e sono vitali per il Paese e per la sua stessa difesa anche “attività e

mezzi non militari”. Dall’altro lato, appare utile ripercorrere l’evoluzione della legislazione e della

giurisprudenza costituzionale di questi ultimi anni, per comprendere le modalità con cui la

maturazione ideale e concettuale prodotta nella società civile dall’obiezione di coscienza sia stata

gradualmente fatta propria dallo Stato, in un percorso che ha rappresentato, attraverso leggi e

sentenze , un approfondimento dei contenuti della stessa Carta costituzionale sui temi di nostro

interesse.

In questo modo si soddisfa, con coerenza logica e didattica, la richiesta che il servizio civile

nazionale non dimentichi l’eredità trasmessa dal servizio civile degli obiettori di coscienza,

stabilendo che questa parte “storica” del percorso formativo del servizio civile non costituisce una

concessione nostalgica agli enti che hanno avuto in passato esperienze di servizio civile

alternativo, bensì rappresenta una componente essenziale da offrire ai volontari per capire gli

aspetti più nobili e rilevanti dell’impegno assunto oggi con il servizio civile nazionale. Così

facendo, inoltre, si metterà in evidenza come il servizio civile contribuisce alla costruzione della

pace attraverso l’utilizzo di strumenti pacifici.”

L’obiettivo del nostro lavoro apparentemente è semplice: raccontare il lungo percorso iniziato nel

dopoguerra che ha portato alla creazione di un servizio civile nazionale dapprima come modalità

alternativa al servizio militare proposta agli obiettori di coscienza quale adempimento al dovere

costituzionale di difesa della Patria previsto dall’art. 52, per poi diventare uno dei modi in cui a tutti

i giovani cittadini e cittadine italiane (indipendentemente dalla loro appartenenza culturale, politica

e religiosa) è proposto di partecipare, volontariamente alla Difesa della Patria.

Di semplice in realtà c’è ben poco: innanzi tutto perche questo modulo, come i due successivi

inerenti la Difesa della Patria e la Difesa Civile Non armata e Nonviolenta, trattano argomenti

lontani anni luce dai saperi e dalle conoscenze dei giovani con cui lavoreremo e poi perché anche

noi formatori non sempre abbiamo conoscenze sufficienti per adempiere in maniera esaustiva a

questo parte del percorso formativo.

Tra l’altro, pur essendo il servizio civile nazionale trasversale a tutte le culture politiche, filosofiche

e religiose presenti nel nostro Paese, trattando questi argomenti è inevitabile “prendere posizione”:

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vero che i formatori non sono mai “neutrali”, ma se parliamo di pace, difesa e nonviolenza, anche la

ricerca dell’obbiettività in aula è compito improbo.

E le idee dei formatori, la loro formazione culturale influenzeranno inevitabilmente questo modulo

per incontrarsi/scontrarsi con quelle dei/lle ragazzi/e in aula.

Quindi ci troviamo ad affrontare due interessanti criticità: una relativa alla trasmissione di un sapere

“arcano” e una relativa alla difficoltà di trovare metodi di trasmissione di significati condivisibili a

aule che, generalmente, saranno estremamente disomogenee.

Le Linee Guida ci aiutano a risolvere il problema dei saperi arcani, perché ci permettono di

condividere l’aula con altre persone esperte della materia trattata.

Pur non essendo efficace ridurre questo modulo a una narrazione storica, sicuramente inserire in

agenda formativa una testimonianza di qualcuno che conosce la storia e che ci racconta com’era

sarà estremamente utile.

Così come utile può essere un video (se non è possibile avere in aula il testimone), così come può

essere utile portare diverse testimonianze (un obiettore della prima ora, uno degli anni novanta e

uno del duemila) per raccontare concretamente le trasformazioni di un’idea.

Ma può bastare anche leggersi un paio di libri (rimando per questo alla bibliografia posta a fine

capitolo) o utilizzare la scheda “Date e nomi da ricordare” (che troverete alla fine di questo

capitolo) per riuscire, almeno in parte, a raccontare l’evoluzione storica del servizio civile nel nostro

Paese.

La questione dei significati invece potrà essere affrontata, non trasmettendo i nostri significati a

priori, ma ascoltando prima quelli dei/lle ragazzi/e in aula e lavorando a costruire i collegamenti tra

quelli così definiti, quelli emersi nel percorso storico e quelli attuali che illuminano il senso del

servizio civile attuale secondo le idee delle Istituzioni che lo organizzano.

Passaggio utile anche a ravvivare un’aula che potrebbe essere particolarmente annoiata dagli aspetti

frontali del modulo (non tutti i testimoni sapranno essere allegri, carismatici, coinvolgenti).

Prima di passare all’elenco dei contenuti di questo modulo, richiamo un ultima difficoltà che

l’impostazione delle Linee Guida ci consegna nella realizzazione del percorso formativo.

Il modulo inerente la storia del servizio civile, viene infatti collocato prima del modulo relativo alla

Difesa della Patria, nonostante nella parte descrittiva delle stesse Linee Guida gli argomenti siano

trattati contemporaneamente.

Il mio invito è quello di non rispettare lo schema che vede sviluppata prima la storia e poi

l’illustrazione dei concetti inerenti la difesa, ma di unire i due moduli o, perlomeno, a realizzare

prima quello relativo alla difesa.

Come è possibile raccontare l’obiezione di coscienza e il servizio civile, senza aver prima definito

le ragioni che gli hanno motivati che non possono che essere cercati nell’evoluzione del concetto di

Difesa della Patria e nel tentativo di trovare modalità alternative al servizio militare per adempiere

al sacro dovere costituzionale di difendere la Patria?

Tenete presente perciò che, nell’illustrare contenuti, metodologia e agenda formativa del modulo,

considererò come già effettuato il modulo relativo alla difesa.

Gli altri due moduli del “pacchetto difesa” (difesa civile non armata e nonviolenta e Protezione

Civile) possono essere collocati tranquillamente in momenti successivi, perché utili ad integrare e a

completare il ventaglio di opzioni disponibili oggi per realizzare la difesa del Paese e, perciò, a

raggiungere l’obiettivo della formazione generale relativo al passaggio di saperi ai giovani uomini e

donne che avremo nelle nostre aule, che li renda consapevoli con estrema chiarezza di come la loro

esperienza di servizio civile sia collocata all’interno di un vero e proprio Sistema Difesa

estremamente complesso e variegato.

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2. Una possibile narrazione

Per la mia esperienza l’illustrazione della legge 64 del 6 marzo 2001 “Istituzione del servizio civile

nazionale” è il punto di arrivo di un’attività formativa inerente il percorso storico del servizio civile,

non il punto di partenza come indicato dalla Linee Guida.

Per capire il servizio civile attuale, bisogna capire come è nato, quale curioso e originale percorso

storico abbia portato a diventare istituto dello Stato italiano ciò che nasce come risposta a cittadini

italiani che disobbedivano per motivi di coscienza a una legge dello Stato e ad un preciso dovere

costituzionale.

Quindi si deve partire da che cos’è la difesa italiana, da come veniva definita e da come veniva

organizzata quando ancora il servizio civile (e gli obiettori) non esistevano.

A dir la verità gli obiettori di coscienza al servizio militare sono sempre esistiti: un io amico

Dehoniano, Padre Angelo Cavagna, iniziava sempre la sua storia dell’obiezione di coscienza con il

racconto della storia di San Massimiliano, martire cristiano del secondo secolo dopo Cristo a causa

del suo rifiuto di prestare servizio nell’esercito romano, e Santo patrono degli obiettori.

Ma per i nostri scopi… è andare un po’ troppo in là nel tempo.

La storia del servizio civile è faccenda che riguarda la Repubblica Italiana che nasce con la

Costituzione entrata in vigore il 1 gennaio del 1948.

E noi partiamo da lì.

Nei paragrafi seguenti provo ad articolare un canovaccio utile a una lezione frontale sul tema.

Un buon strumento su cui lavorare per costruire una lezione frontale è anche la scheda “Date e nomi

da ricordare” che ho elaborato partendo da una pubblicazione di Massimo Paolicelli, figura storica

dell’obiezione di coscienza romana e che trovate in fondo al capitolo.

L’articolazione della scheda permette peraltro di approfondire altri elementi del percorso storico

dell’obiezione di coscienza/servizio civile, quali il servizio civile all’estero, che in questo paragrafo

non affronto.

Nel cd allegato a questa pubblicazione, trovate anche delle slide (Dall’obiezione di coscienza al

servizio civile) che possono accompagnare la lezione frontale

Se quando condurrete questo modulo avrete già realizzato quello relativo alla difesa, basterà

riprendere quanto detto sui principi fondativi dell’ordinamento costituzionale italiano in materia di

Difesa della Patria, altrimenti dovrete fare un rapido accenno ai due articoli della costituzione (l’11

e il 52) che li illustrano con estrema chiarezza.

L’art. 11 ci dice chiaramente qual è il concetto di Difesa su cui si fonda il nostro paese (ma vi

rimando al prossimo capitolo per un approfondimento) e l’art. 52 ci dice che la Difesa della Patria è

un Sacro dovere per tutti/e i/le cittadini/e.

Il passaggio successivo sarà quello di spiegare che nel primo dopoguerra, come prevede il secondo

comma del’art. 52 della Costituzione, il sacro dovere si realizzava attraverso il servizio militare

obbligatorio a cui erano tenuti i cittadini italiani maschi che avevano compiuto diciotto anni..

Sarà utile spiegare che questa articolazione di genere dell’obbligo costituzionale, non nasce dalla

decisione di dispensare le donne dal dovere di difesa della Patria (che la costituzione ritiene a carico

di tutti i cittadini e le cittadine), ma dalla concezione, esplicata chiaramente nel dibattito della

Costituente, che le donne difendono già il paese, ma in altro modo, “..accudendo alle famiglie e

facendo figli..).

Concetto per qualcuno discutibile ma che facilita ai formatori il compito di sottolineare come, anche

in piena guerra fredda, si avesse già chiara la percezione che l’idea di difesa della Patria non potesse

essere affidata esclusivamente a strumenti tradizionali, quali le Forze Armate.

Fatto questo, sarà facile avviare il racconto della storia dell’obiezione di coscienza, dicendo che fin

dal 1947 vi furono cittadini italiani maschi che non ritenevano, per motivi di coscienza, di dover

obbedire all’obbligo costituzionale.

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“Nell'aprile 1947 viene giudicato e condannato Rodrigo Castiello di Cuneo, pentecostale. E' il

primo obiettore di coscienza del dopoguerra. Verrà amnistiato.

Nel gennaio 1948 viene giudicato Enrico Ceroni, testimone di Geova. Dichiara che "secondo la

Sacra Scrittura nessuna bandiera è sacra" e che è pronto a qualsiasi disobbedienza per non

mancare alla sua fede che gli vieta di impugnare le armi, indossare qualunque distintivo e salutare

i superiori. Viene condannato a 5 mesi e venti giorni di reclusione con il beneficio della

condizionale.”

Si potranno così illustrare le tre case madri culturali dell’obiezione di coscienza italiana: quella

religiosa, quella filosofica nonviolenta e quella antimilitarista, più cara al mondo anarchico e

libertario basata sul rifiuto della gerarchia, della divisa, dell’istituzione più che su quello della

violenza e dell’uso delle armi.

Sarà importante sottolineare come il fenomeno dell’obiezione di coscienza in quei primi anni ha

avuto un carattere estremamente minoritario nel nostro paese sia per gli indubbi disagi conseguenti

alla rivendicazione di tale scelta (carcere, processi, difficoltà successive a trovare lavoro..) sia per la

quasi totale assenza, nelle culture politiche del nostro paese (istituzionali e non), di idee amiche

dell’obiezione di coscienza.

obiettori in carcere 1961 4

1962 11

1963 14

1965 24

1966 41

1967 (novembre) 36

Anarchici, cattolici, nonviolenti, testimoni di Geova un fiume inarrestabile: alla fine del 1967 sono

stati contati duecentonove condannati.

Processi e arresti anche per chi propaganda l'obiezione di coscienza o manifesta la sua solidarietà

agli obiettori.

Lo Stato andava difeso con le armi: era una convinzione che accomunava sia le destre storiche, che

avevano una concezione tradizionale dello Stato, della Nazione dell’ordine e dell’autorità, sia dalle

sinistre, che credevano ancora nella violenza levatrice della storia di memoria leninista; finanche la

Chiesa Cattolica, di fronte al rischio della vittoria del mondo comunista e ateo su quello occidentale

capitalista, non vedeva di buon occhio questi testimoni della pace e non aiutava perciò la lotta di

giovani che avevano come obiettivo il disarmo dello Stato e quindi il renderlo impotente alle

aggressioni esterne.

Si farà cenno ai pochi amici degli obiettori (il partito radicale, Don Lorenzo Milano, Lorenzo

Capitini) e al testo fondamentale in cui si riconosceranno decine di migliaia di giovani obiettori

negli anni successivi elaborato dal Parroco di Barbiana “L’obbedienza non è più una virtù”:

30 ottobre 1965: Don Milani viene processato per la lettera ai cappellani militari. Non potendo

presenziarvi perché malato scrive una lunga autodifesa in cui dichiara che è ormai necessario "avere

il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una

virtù, ma la più subdola delle tentazioni. Che non credano di potersene far scudo né davanti agli

uomini, né davanti a Dio; che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto...

Quando è l'ora non c'è scuola più grande che pagare di persona una obiezione di coscienza. Cioè

violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede.

Preghiamo Dio che ci mandi molti giovani capaci di tanto".

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Si potrà poi accennare al lungo percorso di lotte e movimenti che porterà all’inizio degli anni

settanta all’approvazione di una prima legge (la 772 del 15 dicembre 1972, - legge Marcora "Norme

in materia di obiezione di coscienza"), dove per la prima volta si parla di servizio civile.

“ART. 5. I giovani ammessi ai benefici della presente legge devono prestare servizio militare non

armato o servizio sostitutivo civile, per un tempo superiore di otto mesi alla durata del servizio di

leva cui sarebbero tenuti”

Si illustreranno le parti discriminanti della legge (mancanza del diritto soggettivo, maggiore durata

del servizio civile, giurisdizione militare e non civile per i reati commessi dagli obiettori di

coscienza) e si racconterà come, subito dopo l’approvazione della Legge 772/72, i movimenti degli

obiettori ricorreranno in Tribunale contro i suoi aspetti più negativi e vedranno accolte le proprie

istanze che li smantelleranno progressivamente.

Si racconterà che bisognerà aspettare il 1977 per trovare in una legge un’indicazione precisa su cosa

debba essere il servizio civile:

“D.P.R. 28 NOVEMBRE 1977, N° 1139: "Norme di attuazione della legge 15 Dicembre 1972, N°

772". Art. 11. L'obiettore di coscienza che ha optato per il servizio sostitutivo civile è distaccato,

fino a quando non sarà istituito il Servizio civile nazionale, dal Ministro per la difesa, presso enti,

organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela ed incremento del

patrimonio forestale, tenuto conto delle indicazioni risultanti dalla visita fisico-psico-attitudinale e

dalle necessità e possibilità del momento.”

Tra i risultati importanti che si otterranno dai Tribunali italiani andrà segnalata la sentenza della

Corte Costituzionale che ha riconosciuto il servizio civile come modalità alternativa di

adempimento dell’obbligo costituzionale di difesa della patria

“24 maggio 1985: sentenza n.164 della Corte costituzionale che dichiara la piena legittimità della

772: gli obiettori di coscienza in servizio civile concorrono pienamente alla difesa della Patria.”

e quella che ha parificato la durata del servizio civile a quella de servizio militare, ampliandone le

possibilità di accesso.

“31 luglio 1989: sentenza n. 470 della Corte Costituzionale; la durata del servizio civile è

equiparata a quella del servizio militare”

Con molta attenzione, per non suscitare fraintendimenti, bisognerà raccontare che, per lunghi anni

lo Stato - affidando la gestione del servizio civile al Ministero della Difesa e non promulgando

regole precise sulla sua natura e organizzazione – aveva di fatto rifiutato di fare suo questo

strumento, prima penalizzandolo con norme vessative (la maggiore durata, l’assegnazione in sedi di

servizio poste in regioni differenti da quelle di residenza, l’obbligo di residenza presso alloggi messi

a disposizione dagli enti con orari e pratiche da caserma…) e poi vivendolo come un fastidio, con

disinteresse, non riconoscendo il prezioso contributo al benessere sociale che il lavoro degli

obiettori apportava.

Tanto che, malgrado il DPR del 79 lo prevedesse espressamente bisognerà attendere il 2001 per

vedere istituito il Servizio Civile Nazionale.

La storia del servizio civile degli obiettori si dipana in due fasi ben distinte, in attesa che lo Stato

riconosca come suo questo strumento.

Prima, esiste un servizio civile degli obiettori e degli enti che condividono passioni politiche e

culturali dei primi: un servizio civile autogestito che si pone ancora in antagonismo e alternativa

alle istituzioni statali

Poi, a partire dalla metà degli anni ottanta, c’è stato il servizio civile degli enti: si riducono gli

obiettori militanti, perché il mondo giovanile è cambiato profondamente ed esprime meno ideologia

e più senso pratico, si sceglie il servizio civile per fare qualcosa di più utile piuttosto che per

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avversione al servizio militare. In questa fase storia e cultura del servizio civile vengono definiti da

grandi enti quali Caritas, Arci, Confcooperative, Croce Rossa, qualche grande Comune come Roma,

Milano, Venezia, Padova, Torino.

Ma non esiste ancora il servizio civile nazionale: esistono tanti servizi civili alcuni più belli e alcuni

meno belli, uniti dallo scopo comune di erogare servizi di pubblica utilità, ma estremamente

disomogenei nella definizione dei principi fondanti.

Poi però cade il muro di Berlino, le definizioni teoriche e strategiche del concetto di difesa militare

del mondo occidentale cambiano, non c’è più bisogno di eserciti di leva, anzi… i nuovi compiti

militari delle Forze armate italiane (di pari passo con quelle dell’occidente), impegnate sempre più

all’estero in missioni di pace, richiedono forze armate professionali, motivate, addestrate e in

servizio per lungo periodo.

Si comincia a pensare di sospendere o abolire il servizio di leva.

Nel frattempo, con la legge 230 dell’8 luglio 1998 "Nuove norme in materia di obiezione di

coscienza",l’obiezione ottiene finalmente piena cittadinanza dallo stato italiano.

“Art. 1. I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell'esercizio del diritto alle libertà di

pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e

dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, opponendosi all'uso delle armi, non

accettano l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato, possono adempiere gli

obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per

natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di

difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei "Principi fondamentali" della Costituzione. Tale

servizio si svolge secondo le modalità e le norme stabilite nella presente legge. “

Pari durata con il servizio militare, gestione civile del servizio (è con questa legge che nasce

l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

che gestisce attualmente il Servizio Civile Nazionale), si comincia a parlare di formazione….

Insomma, il servizio civile comincia a essere uno strumento maturo e lo Stato comincia a

occuparsene seriamente cercando di renderlo strumento efficace co finalità e obiettivi condivisibili

dall’intera comunità nazionale.

Con la riforma arriva l’esplosione delle dichiarazioni di obiezione di coscienza e il numero di

giovani in servizio civile cresce esponenzialmente.

Anno

Domande presentate Enti convenzionati

1998 71.043 4.320

1999 108.371 4.838

2000 62.524 5.277

2001 64.059 5.923

2002 54.882 6.078

2003 51.933 6.078

Ma è ancora viva una contraddizione che non permette di considerare il Servizio Civile Nazionale

uno strumento ordinario e permanente del Sistema Difesa italiano: il servizio civile resta ancora il

modo in cui lo Stato consente agli obiettori di coscienza di adempiere all’obbligo costituzionale di

difesa della Patria.

Per quanto ampiamente riconosciuto e legittimato il servizio civile è comunque condizionato da due

variabili senza le quali non ha ragione di esistere:

a) la presenza di obiettori di coscienza al servizio militare;

b) la permanenza dell’obbligo di leva.

Un giovane non obiettore non può fare servizio civile.

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Arriviamo al 24 ottobre 2000: il Parlamento approva definitivamente la Legge "Norme per

l'istituzione del servizio militare professionale" (pubblicata in Gazzetta Ufficiale come Legge 331

del 14.11.2000).

La legge prevede che, dal 1 gennaio 2007 la leva obbligatoria sia sospesa e le Forze Armate siano

composte esclusivamente da uomini e donne volontari.

Con la legge 23 agosto 2004, n. 226 il Governo Berlusconi anticipa la sospensione della leva al 1°

gennaio 2005.

Nel frattempo, sono ormai 50/60.000 i giovani che, ogni anno, prestano il loro servizio civile in

oltre seimila enti di servizio civile.

Novanta milioni di ore erogate ogni anno a favore della popolazione più deboli, di importanti

servizi del nostro welfare, di consistenti pezzi del nostro sistema culturale, di associazioni di

volontariato, pubbliche assistenze, cooperative di solidarietà, organizzazioni no profit.

Ma se il servizio di leva viene sospeso e ci troveremo comunque con forze armate professionali, chi

sostituirà gli obiettori di coscienza ?

In coda di legislatura l’ultimo governo dell’Ulivo vara una legge, la 64 del 6 marzo 2011

“Istituzione del servizio civile nazionale” con un consenso amplissimo: tutte le forze politiche

votano a favore con l’unica astensione della Lega (che ne condivide i contenuti ma contesta il

rifiuto di un suo emendamento che avrebbe limitato lo svolgimento del servizio civile ai territori di

residenza di ciascun giovane ).

Finalmente il cerchio si chiude: lo Stato italiano istituisce il Servizio Civile Nazionale che ha come

obiettivi:

a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed

attività non militari;

b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale;

c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con

particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla

pace fra i popoli;

d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai

settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-

artistico, culturale e della protezione civile;

e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante

attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero.

(art. 1 Legge 6 marzo 2001 n. 64)

E non è più necessario essere obiettori di coscienza… e maschi per farlo.

Nella fase di transizione (finché durerà il servizio di leva obbligatorio) la legge 64/01 gestirà il

servizio civile di obiettori e quello di giovani uomini e donne che scelgono volontariamente di farlo.

Dal 2005 l’adesione alle proposte di servizio civile diventa esclusivamente volontaria e il servizio

civile diventa a pieno diritto istituto repubblicano, finalizzato alla difesa della Patria, gestito dalla

Presidenza del Consiglio dei Ministri,con il supporto organizzativo di Regioni e Province

autonome.

D’ora in poi, i limiti al suo esercizio saranno solo quelli dei fondi disponibili per la sua

realizzazione.

3. Metodologie adottabili per la realizzazione del modulo

Le Linee Guida non ci danno limitazioni all’uso di metodologie per questo modulo: possono essere

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utilizzate indifferentemente tecniche interattive, lezioni frontali o formazione a distanza.

Personalmente, non amo molto (per ciò che riguarda la formazione dei giovani in servizio civile) la

formazione a distanza (FAD): penso che queste 30/40 ore, siano l’occasione per formare il gruppo

ancor prima che quella per trasmettere significati estremamente importanti.

E’ qui che si crea l’identità dei giovani in servizio civile, è in questo momento che rendiamo

consapevoli i ragazzi di dove sono e che cosa andranno a fare, che rileviamo le loro aspettative, le

loro paure, le loro idee, i loro significati, ciò che pensano di noi e del servizio civile.

La FAD non è per niente utile a creare gruppo.

Ciò nonostante può essere interessante, se si utilizza anche questo strumento, riversarvi contenuti di

approfondimento di quanto trattato in questo modulo: conferenze sulla costituzione, testimonianze,

bibliografie, testi di legge, commenti, film, documentari (nel universo web ci sono su Rai Click o su

Rai teche delle cose veramente interessanti: per esempio un Rutelli giovanissimo e capellone con un

megafono in mano davanti al tribunale Militare di Roma … a protestare contro lo stato che reprime

gli obiettori…!!).

A parte questa possibile appendice, credo sia essenziale che il modulo sia realizzato con un mix di

tecniche miste (interattività e lezione frontale).

E’ indubbio che una parte del tempo andrà dedicata alla “storia” che non può essere somministrata

che in forma di conferenza.

La prima cosa da decidere quindi è quanto tempo dedichiamo a questo modulo.

Come sapete le Linee Guida non ci danno indicazioni in proposito: possiamo fare un modulo di due

come di otto ore.

E’ indubbio che insieme al modulo relativo all’identità del gruppo in formazione, il pacchetto dei

moduli relativo alla difesa (2, 3, 4, 5 e 6, si anche il 6 perché se la Corte Costituzionale ha

riconosciuto che il dovere di difesa della Patria si esplica anche nell’adempimento dei doveri

costituzionali di solidarietà sociale previsti dall’art. 2, la solidarietà e le forme di cittadinanza

entrano a pieno titolo nel ventaglio di proposte rivolto ai giovani per partecipare alla difesa della

Patria...) e sicuramente importante per peso e durata.

Credo che i formatori debbano scegliere la durata di ciascun modulo secondo quello che hanno a

disposizione.

Due ore, se si limiteranno a una lezione frontale in cui riprendere la narrazione sulla falsa riga di

quanto indicato precedentemente.

Quattro ore se vorranno effettuare con i ragazzi un lavoro di gruppo introduttivo.

Sei-sette ore se utilizzeranno più testimonianze e vorranno effettuare lavori di gruppo prima e dopo

la conferenze e le testimonianze.

Conosco formatori che utilizzano per questo modulo esclusivamente tecniche animative (in

particolare realizzano una rappresentazione teatrale sull’obiezione e la non violenza), quindi lascio

alla vostra fantasia la possibilità di ampliare, integrare, ridurre o cancellare la proposta di agenda

formativa che segue.

La mia esperienza mi porta a pensare che un modulo di quattro ore (in assenza di testimonianze) o

di sei ore con testimonianze, sia più che sufficiente.

Rispetto alle tecniche animative da utilizzare mi limito a proporre le più semplici: divisione in

piccoli gruppi di quattro ragazzi/e, utilizzo di strumenti come le interviste, l’articolo di giornale, il

taze-bao (Wikipedia dice che è una trascrizione scorretta in italiano dell’originale Dazibao… vedete

un po’ voi).

Le aule di giovani in servizio civile sono generalmente aule complesse: abbiamo a che fare con

gruppi di età e percorsi formativi estremamente differenti, dove la motivazione individuale è

variegata e frammentata e l’identità di gruppo è ancora in definizione.

Dobbiamo fare i conti, quando definiamo il patto formativo, con il grosso ostacolo rappresentato

dall’obbligatorietà (pena espulsione) di partecipazione all’intero percorso formativo…, trattiamo

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argomenti lontani dal loro sentire, dobbiamo convincerli che stanno partecipando a un importante

esperienza di cittadinanza attiva durante la quale difenderanno la patria….

E loro generalmente sono lì perché cercano occupazione, hanno bisogno di denaro, vogliono fare

un’esperienza di volontariato….

Normalmente hanno già maturato la vaga percezione di fare un lavoro sottopagato e le nostre

argomentazioni formative si prestano a interpretazioni.. maliziose (“Ci staranno prendendo in

giuro?”).

Per cui, d’abitudine, non propongo tecniche animative troppo pesanti, che mettano i ragazzi e le

ragazze troppo in gioco: non dimentichiamoci che le loro ultime esperienze formative sono

generalmente le aule universitarie..: già il giochino della carta d’identità per presentarsi al gruppo,

può essere sconvolgente...

Nella mia agenda troverete anche azioni per l’approfondimento della conoscenza del gruppo.

Queste azioni generalmente non hanno nulla a che vedere con l’argomento poi trattato nel modulo,

ma servono a far interagire il gruppo e a farci conoscere i ragazzi maggiormente.

Credo sia importante che il formatore sia in grado di trasmettere agli Operatori Locali di progetto

e/o ai responsabili di progetto informazioni importanti rilevate durante la formazione (difficoltà

relazionali, capacità comunicative, l’identificazioni di possibili leadership, particolari competenze

trasversali non rilevate in fase di selezione…).

Se anche questo non fosse possibile, l’azione introduttiva “scalderà” il gruppo e lo preparerà ai

successivi lavori di gruppo.

Chiaramente se il modulo ha una durata limitata (inferiore alle quattro ore) o segue nella stessa

giornata ad altro modulo, saltate tranquillamente le azioni introduttive.

Concludendo, ritengo estremamente importante che questo modulo sia somministrato non oltre i

primi quindici giorni dall’avvio del servizio: certo, le Linee Guida ci dicono che lo possiamo fare

entro il quinto mese.

Ma con ragazzi che, a quel punto, hanno già costruito con fin troppa chiarezza il loro vocabolario di

significati in relazione al servizio civile, si tratterebbe di un attività abbastanza inutile.

4. L’Agenda Formativa

Nell’agenda i tempi di conduzione indicati sono relativi a una durata di sei ore; se riducete la durata

tagliate i tempi di conseguenza

1. INTRODUZIONE (5’): “Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale:

evoluzione storica, affinità e differenze tra le due realtà”

Il conduttore introduce, molto brevemente, il tema del modulo ai partecipanti.

2. BREVE PRESENTAZIONE DEI PARTECIPANTI (15’): nome, età, città di provenienza,

cui si può aggiungere, per cercare di far conoscere meglio i partecipanti tra loro, un

‘hobby’, ‘un cantante preferito’, ‘la squadra del cuore’, ecc. cercando sempre di evitare che

la presentazione sia troppo dispersiva. Il conduttore potrà nuovamente riportare ciascun nome su

un post-it, su un cartellone, su dei foglietti di carta, ecc. per averli eventualmente a disposizione

per la creazione/la variazione dei gruppi di lavoro.

Se il conduttore è lo stesso dei moduli precedenti (quindi conosce già alcuni dei dati sopra

richiesti) la presentazione riguarderà aspetti non toccati in precedenza (musica preferita, ultimo

spettacolo teatrale, ultimo lavoro, hobby…)

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N.B.: è fondamentale che il conduttore sappia concludere tutte le attività iniziali di ice-breaking

con una condivisione del senso e del valore dell’attività stessa e con una discussione in gruppo

delle reazioni provocate. Senza questa ripresa finale dei significati i giochi vengono vissuti come

attività ludiche prive di senso e, quindi, perdono efficacia nella creazione del gruppo.

3. LAVORO DI GRUPPO (1h20’).

I partecipanti vengono divisi in gruppi di 4 persone.

Il conduttore chiede ai gruppi di produrre un elaborato (ad esempio un cartellone) che contenga

risposte alle seguenti domande:

1. cosa vuol dire Obiezione di Coscienza?

2. che cos’è l’obiezione di coscienza al servizio militare?

3. conoscete qualche obiezione di coscienza che viene praticata oggi?

Il conduttore chiede a ogni gruppo di lavorare affinché le risposte alle domande proposte siano

condivise e “uniche”.

Ogni gruppo nominerà un portavoce che illustrerà le risposte date; in mancanza di condivisione i

sostenitori delle diverse risposte le illustreranno.

4. CONFERENZA (2h30’).

Al termine della plenaria in cui i gruppi illustrano le risposte date, il conduttore attraverso l’utilizzo

di slide illustra il percorso storico attraverso il quale un’azione di disobbedienza civile è diventata

parte integrante del sistema di difesa del nostro Paese.

Il conduttore potrà utilizzare alcune brevi testimonianze di obiettori, filmati, video, documenti,

ecc... oltre che testimonianze di singoli o movimenti che hanno contribuito alla nascita

dell’obiezione di coscienza in Italia

5. LAVORO DI GRUPPO (1h20’)

Il conduttore propone un gioco/un’attività finalizzata alla verifica delle competenze acquisite:

“Io oggi obietterei a..”.“ Si ricostruiscono i gruppi del lavoro di gruppo iniziale che elaboreranno

un manifesto/articolo di giornale/comunicato che avvia una campagna per legittimare l’obiezione di

coscienza a una o più leggi attuali ritenute ingiuste, indicando i metodi possibili di lotta per ottenere

tale diritto.

Ogni gruppo nominerà un portavoce che illustrerà il manifesto e le ragioni per cui è stata scelta

quella legge.

6. VALUTAZIONI DELLA GIORNATA FORMATIVA (30’).

Il gioco del Post It: ai partecipanti sono dati due post-it ciascuno.

Viene chiesto loro di scrivere sul primo post-it una cosa positiva e sul secondo una cosa negativa

della giornata formativa evitando di copiarsi tra loro.

Terminata la compilazione, che dovrà essere anonima, viene chiesto a ciascun partecipante di

incollare i due post-it su due parti differenti di una lavagna a fogli mobili o sul muro in modo che il

conduttore possa avere a disposizione da una parte tutti gli elementi che sono piaciuti e dall’altra

tutti gli elementi che non sono piaciuti al gruppo.

Il conduttore leggerà i vari post-it cercando di analizzare in plenaria gli elementi che emergeranno e

cercando di dare risposte agli interrogativi che dovessero sorgere. Al termine di questa disamina

viene chiesto a ciascun partecipanti di riportare i commenti inseriti nei post-it, positivi e negativi,

nella scheda di valutazione scritta.

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Materiali necessari:

Slides: “Dall’obiezione di coscienza al servizio civile”

Video, filmati, documenti;

Cartelloni;

Fogli di carta di vari formati;

Post It

Cancelleria;

Scotch.

5. Bibliografia

Aldo Capitini, L'obbiezione di coscienza in Italia, Editore Lacaita, Fasano di Puglia 1959

Coletti, L'obiezione di coscienza, Feltrinelli Editore, Milano 1973

Giorgio Giannini, L'obiezione di coscienza, Satyagraha Editrice, Torino 1985

Giorgio Giannini, L'obiezione di coscienza al servizio militare, Napoli 1987

Gomez de Ayala, L'obiezione di coscienza al servizio militare nei suoi aspetti giuridico

teologici, Giuffré, Milano 1966

O. Gregorio, L'obiezione di coscienza, Borla, Torino 1966

M. Mellini, Norme penali sull'obiezione di coscienza, Roma 1987

R. Petraglio, Obiezione di coscienza, Edizioni Dehoniane, Bologna 1984

Rodolfo Venditti, I reati contro il servizio militare e la disciplina militare, Giuffré, Milano

1968

Rodolfo Venditti, Le ragioni dell'obiezione di coscienza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986

Rodolfo Venditti, Obiezione di coscienza al servizio militare. profili giuridici e prospettive

legislative, Padova 1989

Pietro Pinna, La mia obbiezione di coscienza (scritti 1950-1993), Edizioni del Movimento

Nonviolento, 1994

Sergio Albesano, Storia dell'obiezione di coscienza in Italia, Santi Quaranta Editore, Torino

1995

Allegati relativi al capitolo 2:

Scheda “Date e nomi da ricordare”

Slide “Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale”

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