“L’ Così il Biciplan resta · delle nuove piste, per le quali nel bilancio comu-nale è...

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GENTE VENETA n. 28, 17 luglio 20151414

“L’

Allo stato attuale zero finanziamenti e poca pianificazione:

Così il Biciplan resta

Si chiama “controsenso ciclabile” (contresens cyclable in fran-cese, contraflow cycling in inglese); ma nel linguaggio dei co-dici viene definito “senso unico eccetto bici”: è la possibilità dipercorrere le strade a senso unico, in bici, in direzione apposta aquella consentita ai veicoli a motore. Oppure, detta diversa-mente, si tratta di strade a doppio senso di marcia con una dire-zione consentita a tutti e quella opposta solo alle biciclette.In Europa le strade di questo tipo sono assai diffuse e sono ca-ratterizzate da una segnaletica che, sotto il divieto di accesso,indica che le biciclette sono esenti. A chi pensa che sia perico-loso, la Fiab (Federazione italiana Amici della Bicicletta) opponele statistiche che dimostrano esattamente il contrario: in stradedi quel tipo l'incidentalità diminuisce.Anche in Italia le norme consentono una soluzione di questotipo, che di fatto favorisce i ciclisti perché permette loro di ac-corciare le distanze dei loro spostamenti (i sensi unici obbliganoa percorsi più lunghi). Si può anzi dire che il controsenso cicla-bile costituisce un importante completamento, quasi gratuito,della rete ciclabile cittadina. Si trovano strade a “senso unicoeccetto bici” a Piacenza, Lodi, Bolzano, Reggio Emilia, Ferrara,Torino. Possono essere istituite in strade con limite 30 km/h o

inserite in Ztl e una larghezza di almeno 4,25 metri.E a Mestre? E' stato istituito un senso unico di questo tipo in viaComelico, a Carpenedo. Molti altri se ne potrebbero creare, adesempio nelle strade del rione Piave (dove c'è già la zona 30km/h); o in via Bonaiuti (dopo il ponticello di via Olimpia); o invia Felisati, dove i ciclisti già ora si prendono questa libertà.Come l'acqua, si sa, scelgono la via più breve. Perché non asse-condare, attraverso le norme esistenti, questa tendenza, in tuttasicurezza?

Più spazio al “controsenso ciclabile”A Mestre un solo caso permesso, in via Comelico

è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare”, direbbe Gi-no Bartali, indimenticato campione del ciclismo, sevedesse in che strada senza uscita è finito il pianodelle piste ciclabili. Sia chiaro: da rifare non è ilBiciplan; né la critica vale per le piste già realiz-zate, che hanno comunque lanciato Mestre nell'o-limpo delle città più a misura di ciclista. No, quel-lo che non va oggi è la partita del finanziamentodelle nuove piste, per le quali nel bilancio comu-nale è scritta la cifra di zero euro virgola zero. Enon va neanche il modo in cui viene governata lapartita della ciclabilità, per la quale non c'è più u-na testa al lavoro, un piano organico da persegui-re, ma mille interessi locali e di parte da soddisfa-re.

Una città più sostenibile. Mentre il neo sindacoLuigi Brugnaro e il nuovo assessore alla Mobilità

Renato Boraso prendono le misuredel compito che li attende, tiriamo lefila del lavoro fatto finora per chi pre-ferisce i pedali della bici a quelli del-l'automobile. Per indicare in che dire-zione occorre indirizzare il manubriose si vuole creare una città ancora piùsostenibile, pulita, dal traffico menocongestionato, semplicemente perchépiù cittadini trovano conveniente, sa-no, veloce, sicuro lasciare l'auto in ga-rage e montare in sella alla bici.

Un fascio di dorsali. E' per perse-guire questi obiettivi che nel 2005 la giunta Cac-ciari, mentre era assessore alla Mobilità EnricoMingardi, ha licenziato il Biciplan. La logica eraquella di individuare sedici itinerari ciclabili com-pleti, senza interruzioni, per collegare in modo ra-zionale i quartieri più periferici al centro città, eper attraversare il centro senza essere travolti dal-

Sono duegli imperatividel Biciplan:semprein sellae mai in strada

le auto. Quasi un fascio di dorsali, indispensabilepunto di partenza per qualsiasi azione futura. Dueimperativi: sempre in sella, mai in strada.

Risorse assicurate (inpassato). E siccomenon si può realizzareniente senza le dovuterisorse e le necessarieresponsabilità, per dareruote al Biciplan era sta-to previsto che i proven-ti delle strisce blu fosse-ro destinati al progetto eche a occuparsi di pro-gettazione e appalti fos-se non più (solo) l'asses-sorato ai Lavori pubbli-ci, non sempre in pos-sesso delle opportunecompetenze, ma un ap-

posito ufficio facente capo ad Asm.Con alti e bassi, con qualche cambio di sigle (da

Asm ad Avm, da Avm a Insula) questa strategia è

rimasta in piedi fino all'altroieri. Cioè fino a quan-do le disastrate casse di Ca' Farsetti hanno spintoil commissario prefettizio Vittorio Zappalorto a

spostare con un colpo di penna gli in-troiti delle strisce blu, semplicemen-te, nel calderone delle casse comuna-li. Così oggi il completamento del Bi-ciplan non è più finanziato “in auto-matico”: di volta in volta il Comunedovrà deliberare nuovi cantieri e c'èda aspettarsi che, se non ci sarà unaforte volontà politica, non accadrà contanta frequenza.

Addio pianificazione. Ma c'è un al-tro ostacolo che ha tagliato la strada alBiciplan. A fissarlo sul terreno è stato

l'assessore alla mobilità della precedente giuntaOrsoni, Ugo Bergamo. Il quale, dalla sua, ha il me-rito di aver messo molti più fondi di prima a di-sposizione della ciclabilità, due milioni di euro cir-ca all'anno. Ma ha istituito un nuovo criterio “de-mocratico” nello stabilire le priorità nella realizza-zione di nuovi tratti di piste ciclabili, chiedendo

Il commissarioZappalortoha sottrattogli introiti dellestrisce blual Biciplan

L’agenda dei lavori: completareil Biciplan e altre opere necessarie

Ci sono anche interventi migliorativi a costo zero o quasi ovevano essere 16 gli

itinerari previsti dalBiciplan. Ad oggi so-

lo 6 sono stati completati,altri 8 sono stati realizzatisolo parzialmente, 2 invecenon sono stati mai iniziati.

E' il caso dell'itinerario n.10, tra Forte Carpenedo epiazzale Cialdini; e del n. 8tra Zelarino e il Candiani,passando per parco Ponci. Il14, dal quartiere S. Teodoroal cimitero, è rimasto mon-co, anche se sarebbe statoun comodo asse alternativoa viale S. Marco, per rag-giungere il parco di S. Giu-liano.

La giunta Orsoni ha por-tato a casa, oltre alla pista divia Gatta (si veda il box),quella di via Trieste, moltofrequentata (ma contestatadai negozianti, perché im-pedisce la sosta alle auto); lepiste del Lido e di Pellestri-na; alcuni interventi a Fava-ro; il prolungamento dellaciclabile del Terraglio

D

Sono al palo la pista su viaZanotto e la passerella sulfiume Marzenego, che pureera stata indicata come unapriorità dalla Municipalitàdi Mestre; la pista ciclabiledi via Altinia, importanteanche perché servirebbel'accesso al sempre più fre-quentato bosco di Mestre; la

pista sull'ex tracciato ferro-viario della Valsugana; iltracciato tra Chirignago eZelarino, sulla direttrice divia Martiri di Marzabotto;gli assi tra Favaro e Cam-palto e tra Favaro e Tessera.

Per qualche interventomigliorativo servirebbedavvero molto poco. Comeper la messa in sicurezza diviale Ancona, dove la pistaè ancora tracciata a terra; oper il collegamento tra ilparcheggio scambiatore divia S. Maria dei Battuti e larotonda Garibaldi, su unterreno di proprietà comu-nale.

Qualche cantiere nel 2015è ancora in corso, frutto divecchi finanziamenti o dicontributi regionali, statalio di altri enti. È il caso del-l'ultimo tratto della pista sulPonte della Libertà (chemanca ancora di collega-mento con la città di Mestre)e dell'ippovia Campalto-Forte Bazzera.

Aiutare chi pedalaDiritto di pedalata (rispettosa)e di parcheggio (sicuro)In bici anche nelle zone pedonaliIn bici nelle zone pedonali: bisogna sapereche, per il codice della strada, non è un'in-frazione. Le norme dicono, infatti, che le bi-ciclette possono circolare nelle zone pedo-nali se non è esplicitamente proibito. A Me-stre questo divieto esiste in piazza Ferrettoe in via Poerio: questo vuol dire, spieganogli Amici della Bicicletta, che altrove i ci-clisti possono continuare a pedalare, natu-ralmente a passo d'uomo.

Ufficio Biciclette senza soldiL'Ufficio Biciclette, presso l'assessorato al-la Mobilità, esiste ancora, ma è come se gliavessero... bucato le ruote. La struttura pen-sata per promuovere la ciclabilità è infattiancora in piedi, ma senza più finanzia-menti. Un tempo poteva utilizzare parte deiproventi derivanti dalle multe.

Via i pedoni dalle ciclabiliCi sono i ciclisti indisciplinati, certo. Manon tutti i ciclisti sono indisciplinati. Ci so-no i pedoni corretti. Ma non tutti i pedonisono corretti. Se è ovvio pretendere che unciclista non corra sui marciapiedi e che diala precedenza ai pedoni sulle strisce, do-vrebbe essere altrettanto ovvio vigilare sul

fatto che i pedoni non camminino sulle pi-ste ciclabili. Costringono infatti i ciclisti arallentare o fermarsi e creano situazioni dipericolo. Se anche i vigili - propongono gliAmici della Bicicletta - educassero i pedo-ni sul rispetto di questa semplice regola...

Portabiciclette: i buoni e i cattiviUn buon portabiciclette non deve rischiaredi danneggiare i raggi delle ruote e soprat-tutto deve consentire di legare telaio e ruo-ta anteriore a un elemento di acciaio ina-movibile. Questo significa che buona par-te dei portabiciclette installati a Mestre so-no inadatti. Si salvano gli archetti presential parco di S. Giuliano, i “modelli Verona”di corso del Popolo e riviera Magellano,quelli a forma di J rovesciata presenti difianco al Centro Le Barche e in altre zonedella città, gli altri modelli made in Mestrepresenti sempre di fianco al Centro Le Bar-che (ma anche montati al rovescio, e perciòinutilizzabili, davanti alla sede Ulss di viaCappuccina). Non si può piangere sui furtidi bici, ma lasciare portabiciclette inadatti,per lo più a spirale: occorre sostituirli pro-gressivamente. Altrimenti è molto megliolegare il proprio mezzo a un palo o a unacancellata...

Il ponte sul Marzenego