Post on 17-Feb-2019
GIRO DI VITE ALTRAFFICO NELLA ZTL pag. 3
IL RAGAZZO DELCORECOM ACCANTO pag. 4
ZAOTTO,ZASETTE, ZASEI pag. 12
mensile di informazione in distribuzione gratuita
n. 81
A LAVARELA TESTAALL’ASINOSI PERDETEMPOE SAPONE!
Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio
Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Raffello Betti, Luca Cialini, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Carmine Goderecci, Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone, Leonardo Persia, Sergio Scacchia, Zapoj Tovaris
Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressionedi chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazionené l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche soloparziale, sia degli articoli che delle foto.
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Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. Gabriele
Organo Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930
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SOMM
ARIO 3 Giro di vite
4 Il ragazzo del Corecom accanto 6 La Storia infinita di oncologia 8 Alteo un anno dopo 10 Il riordino della Tercas 11 Sarah Bernhardt e l’altra luce di una diva 11 Il teramano Carmine Verni 12 Zaotto, Zasette, Zasei 14 Liliana Merlo, nel decennale della sua morte 16 Il centro storico e la SS 80 18 Il Folk 20 Viva l’accorpamento 21 Onan il Barbaro 22 Gli angeli di Oncologia 23 L’Italiano regionale 24 Prossima fermata: il Paradiso 25 Archeologia subacquea in Adriatico 26 Primavera d’inverno 28 Teknoelettronica: le novità in campo 29 Vendemmia 30 Teramo calcio
Ormai è diventato un ritornello, quello
dell’Amministrazione Comunale “sul giro
di vite al traffico” nella Ztl. Ritornello al
punto tale che ormai non ci crede più nessuno.
Non ci si crede più perché tanti sono gli episodi
che costringono a farlo. Il nostro periodico si
è occupato più volte di questo argomento,
suggerendo, tra l’altro soluzioni adottate in
città che hanno avuto a cuore il problema e
che lo hanno risolto più che egregiamente. Ma
tant’è! Evidentemente lo Staff di “Teramani”
non ha mai trovato considerazione in chi è
deputato ad amministrarci. E francamente non
ne capiamo il motivo. O forse lo capiamo fin
troppo bene. A tale proposito devo ricordare
un episodio in cui una Associazione Culturale
a noi strettamente legata che non ha fini di
lucro e che ha un curriculum difficilmente
riscontrabile in altre, organizzò per conto
del Comune, un evento presso la Sala San
Carlo del Museo Archeologico. Si trattò di un
concerto di musiche dell’antica Roma tenuto
dai Synaulia (un gruppo che realizzò tra l’altro
le musiche del film “Il Gladiatore” e di altri e
che venne a Teramo con un semplice rimborso
delle spese, solo per l’amicizia che ci lega allo
stesso e che se lo avessero chiamato loro
avrebbero dissestato le finanze del Comune)
e di una cena con i cibi consumati all’epoca.
Bene, ci furono forti resistenze al fatto che sul
materiale promozionale dell’Evento (quello
sì che fu un EVENTO e non quelli spacciati
per tali) comparisse il nome del nostro
periodico. Oppure quando lo stesso Comune
respinse una nostra richiesta di collaborazione
nell’organizzazione di un Convegno, giunto
alla sua settima Edizione, che godeva del
Patrocinio del Ministero della Gioventù e
addirittura dell’Alto Patronato del Presidente
della Repubblica, con relativa Medaglia che
testimoniava la qualità dell’iniziativa.
La motivazione ufficiale dell’ultima ora fu che
non si trovava la richiesta da noi regolarmente
protocollata ma della quale avevamo dato
personalmente copia all’Assessore del Comune.
Allora teniamoci questa Ztl raffazzonata
che chiunque può violare a tutte le ore del
giorno e della notte. Dove il nostro Duomo è
costantemente circondato da un corollario di
auto in “divieto di sosta con rimozione”. Dove i
camion scorrazzano liberamente al di fuori degli
orari consentiti. Dove gli stessi sono liberi di
abbattere fisicamente la nostra memoria. Dove i
Supermercati sostituiscono le piccole botteghe
di vicinato e dove le panchine istallate vengono
rimpiazzate dai bidoni della spazzatura.
Contenti voi… n
3diZapoj Tovaris
l’Editorialen. 81
Giro di vite al traffico nella Ztl...ma la vite si è “spanata” e non fa più presa.
L’intervista4n.81
Il ragazzo del Corecom accanto
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
ATTUAL
ITÀ
Il presidente Corecom Abruzzo, il teramano Filippo Lucci, mostra la
sua meditata soddisfazione quando snocciola i dati del milione e
mezzo di euro di economia che gli Abruzzesi si sono ritrovati con le
conciliazioni verso le compagnie telefoniche che spesso abusano del-
la nostra pazienza. Il presidente nazionale dei Corecom si toglie pure un
sassolino dalle scarpe quando addossa le colpe degli attuali problemi del
digitale terrestre a Passera e alla Rai; fa una tiratina d’orecchie a qualche
editore sia per la qualità di alcune trasmissioni che per la gestione dei
contratti ai propri giornalisti. In linea con la Spending review anche lui
ha abbattuto la sua scure sui costi. L’idea del satellite per portare l’Adsl
nell’entroterra la perora con fervore. Chiodi gli riferì un giorno che il Core-
co era stato abolito: “C’è una emme in più, presidente” gli fece notare
timido l’uomo con la faccia da perenne ragazzo.
Presidente Lucci, partiamo dal vostro piatto forte: le concilia-zioni, cosa sono?“Sono vere e proprie richieste di aiuto per risolvere controversie e
problematiche con gli operatori della telefonia. Dall’insediamento della
mia presidenza nel 2009, il Corecom Abruzzo ha infatti lavorato al
potenziamento dell’attività di conciliazione che viene svolta dal Comitato
regionale per le comunicazioni in modo totalmente gratuito per mediare
e risolvere le controversie dei cittadini, ad esempio nei casi di bollette
esagerate, distacchi di linea ingiustificati, attivazione di servizi mai richie-
sti o problematiche legate alla linea Adsl. Il Corecom Abruzzo – al quale
si sono rivolti per avere informazioni in questo settore oltre 10.000 citta-
dini negli ultimi due anni – è riuscito ad abbattere i tempi di attesa per i
procedimenti conciliativi, passando dai 12 mesi necessari nel 2009 per
istruire e discutere le udienze ai 30 giorni attuali e riuscendo a smaltire
insieme alle nuove istanze anche quelle arretrate”.
Messo così, sembra un successo.“ E lo è. Nell’85% dei casi le richieste si sono risolte positivamente por-
tando all’annullamento di bollette contestate o non dovute per un valore
di 1 milione di euro, con ulteriori 500mila euro di indennizzi accordati
alle famiglie danneggiate. In totale sono stati quindi un milione e mezzo
di euro i soldi risparmiati dalle famiglie abruzzesi grazie ai tentativi di
conciliazione presentati e discussi, in modo totalmente gratuito, davanti
al Corecom Abruzzo. Il ristoro medio è stato di 400 euro a famiglia e il
grado di soddisfazione dell’utente sfiora il 95%: da un sondaggio svolto
con mille utenti; Telecom Italia ci indica trai i miglior Corecom italiani per
le conciliazioni.
E’ arrivata pure la videoconferenza per tagliare tempi e danaro.“Sì. A partire dal 1° ottobre 2011, le udienze di conciliazione si svolgo-
no anche in videoconferenza direttamente nella sede pescarese del
Comitato, in modo da facilitare l’iter agli utenti delle province di Pescara
e Chieti. La problematica, che spesso scoraggiava gli utenti portandoli
addirittura ad abbandonare, è stata rilevata grazie al questionario.
Altra novità è quella che riguarda il nuovo indirizzo di posta elettronica
certificata della autorità (corecom@pec.crabruzzo.it) che permette agli
utenti di inviare on-line i formulari per l’attivazione della procedura di
conciliazione senza dover sostenere le spese di spedizione postale”.
E se non dovesse bastare la conciliazione?“Dal 1 maggio 2011 il Corecom Abruzzo, tra le prime Regioni italiane, ha
ricevuto dall’Agcom una nuova delega in materia che gli attribuisce il
potere di definire la controversia, diventando quindi “giudice terzo” tra
i cittadini e le compagnie telefoniche, laddove sia fallito il tentativo di
conciliazione. In questo modo andiamo ad alleggerire anche la giustizia
ordinaria, risparmiando, così tempo e denaro”.
E si è tolto anche qualche bella soddisfazione al Corecom. Non è vero?“Diciamo di sì. Su tutto la mia elezione nell’ottobre del 2011 a presidente
nazionale: 16 regioni hanno sostenuto la mia candidatura e mi hanno
votato. Quest’incarico porta l’Abruzzo al centro di rapporti importanti.
La mia è una presidenza che in questo periodo sta lavorando molto per
la liquidazione di oltre 100 mln di euro per il sistema delle televisione
locali che ha comportato uno stop a tali erogazioni a causa di un’errata
interpretazione da parte del Ministero dello sviluppo economico di una
sentenza del Consiglio di Stato che ha fatto slittare l’approvazione delle
graduatorie: un fatto che sta comportando parecchi disagi. Mi sono
Filippo Lucci tra conciliazioni, digitale terrestre e banda larga.Dal 2011 è Presidente Nazionale dei Comitati per le Comunicazioni.
5personalmente impegnato nella soluzione di
questi problemi, ciò significa che nel mese
di Ottobre riusciremo a sbloccare questa
situazione garantendo al sistema delle tv locali
queste somme importanti per la loro soprav-
vivenza, garantendo i livelli occupazionali e
anche la qualità
dell’informazione”.
A che punto è il digitale terrestre?“E’ una nota dolente. Malgrado il Corecom non
ha avuto da parte del Ministero, del Governo
e dell’Agcom, una delega al digitale terrestre
ci siamo accorti ad un certo punto esistevano
problemi di comunicazione per gli utenti e
siamo dunque intervenuti per spirito di
responsabilità. Così ci siamo fatti carico di
sviluppare una serie di iniziative sul territorio
che hanno aiutato lo switch off tutelando
soprattutto le fasce più deboli verso questa
rivoluzione, che oggi per la verità ancora non
si completa. In realtà si riscontrano parecchi
problemi”.
Di chi la responsabilità?“Lo voglio dire in maniera chiara: la respon-
sabilità piena è del Ministero dello sviluppo
economico e della Rai. Il primo perché ha
assegnato in alcune regioni le frequenze
addirittura qualche ora dopo il passaggio al
digitale, in ritardo su tutto: sul master plan,
sull’lcn (la numerazione dei canali) e sulle
frequenze. La Rai perché non garantisce sul
territorio una copertura totale per un servizio
pubblico che viene pagato dalle famiglie
attraverso il canone.
Quali sono invece i problemi tecnici? “Da noi c’è un problema molto fastidioso:
quello delle interruzioni saltuarie dell’imma-
gine per alcuni secondi. I motivi sono due: il
segnale del digitale è molto pulito e chiaro,
ciò significa che basta anche una situazione
atmosferica difficile, o un’antenna legger-
mente spostata o di vecchia generazione, per
far sì che ci siano difficoltà. L’altro motivo è
quello delle interferenze con altri regioni e con
i Paesi del Mediterraneo. Ad esempio, dalle
Marche arrivano segnali forti che danneggiano
i nostri ripetitori interni, noi stiamo cercando
di ovviare al problema facendo abbassare
il segnale o il ripetitore stesso che magari è
più alto del solito. Non vogliamo sfuggire alle
nostre responsabilità, ma il Ministero, Agcom
e Rai, si devono far carico di questo tema con
urgenza”.
Com’è l’azione di monitoraggio televisi-vo in Abruzzo?“Stiamo monitorando le emittenti televisi-
ve, ciò che mandano in onda, vigiliamo sui
contenuti e soprattutto sul rispetto delle
regole e sui codici di autoregolamentazione
sui minori, sui cartomanti, sulle immagini
violente in televisioni e sulla par condicio.
Abbiamo pertanto installato due centraline:
una a Pescara, l’altra all’Aquila, che registra-
no 24 ore su 24 tutte le trasmissioni delle
Tv private della nostra regione a costo zero,
perché abbiamo utilizzato fondi Agcom. Dopo
aver fatto un‘opera di sensibilizzazione verso
il sistema delle emittenti, ricordando le regole,
abbiamo voluto far comprendere che la quali-
tà paga sempre. Stiamo dunque provvedendo
a fare per la prima volta delle segnalazioni e
quindi scatteranno le prime multe ad alcune
emittenti abruzzesi.
Noi siamo riusciti a trovare migliaia di euro per
il passaggio al digitale terrestre, per le emit-
tenti circa 1 mln di euro per la pubblicità lungo
il periodo dello switch off. Abbiamo individuato
risorse, ora devono tornare indietro qualità e
rispetto delle regole, perché se non avviene
questo, il nostro compito è di segnalare e
sanzionare. Abbiamo fatto anche un altro
invito: quello di garantire il livello occupaziona-
le di tecnici e di giornalisti che devono essere
pagati con contratti che esistono”.
Anche voi vi siete sintonizzati sulla Spending review?“Abbiamo cercato di ridurre al più possibile le
spese, già nel 2010 abbiamo chiuso la sede a
Pescara che ci costava tantissimo, abbiamo
riportato il personale nell’alveo delle strutture
del Consiglio regionale: il personale di Pescara
non aveva nemmeno un computer su cui lavo-
rare. Abbiamo effettuato il taglio delle inden-
nità del presidente e dei componenti: l’intero
comitato del Corecom costa agli Abruzzesi 50
mila euro lordi annui, poco se consideriamo il
milione e mezzo di euro di economia che tor-
na nelle tasche dei cittadini. Mi piace dire che
per tanti anni siamo stati considerati un ente
inutile, un carrozzone della politica, oggi siamo
tra quegli enti pubblici che funziona, che dà
risposte in tempi rapidi e che risparmia. Noi
avevamo la possibilità di utilizzare un’auto blu
con autista, ma l’abbiamo fatto per qualche
settimana, poi abbiamo deciso di rinunciarci.
Quando sono arrivato al Corecom avevo 29
anni, partecipare ad un un convegno con l’au-
to blu sinceramente mi metteva fortemente in
imbarazzo, lo ritenevo uno schiaffo alla gente
abruzzese che lavora”.
A questo punto sono curioso di sapere come è scaturita la sua nomina.“Le racconto un aneddoto: durante la cam-
pagna elettorale espressi ai due candidati
presidenti, Chiodi e Costantini, la volontà di
diventare presidente del Corecom. Chiodi mi
rispose: guarda che il Coreco è abolito ormai
da anni, quindi Filippo ti stai sbagliando. Guar-
di, dissi io, che c’è una emme in più, parliamo
del Corecom, il Comitato Regionale per la Co-
municazione. Chiodi non lo conosceva, ma mi
disse che se avesse vinto avrebbe avuto
il piacere di far attenzionare la domanda.
Stessa risposta ricevetti da Costantini che oggi
apprezza molto il nostro lavoro: mi ha chiese
addirittura di restare a fine mandato se ci
fossero le condizioni”.
Quali sono le iniziative future?“A fine anno e nei primi mesi 2013 coinvol-
geremo alcuni ragazzi con problemi di salute
nella realizzazione di un tg: sono molto
soddisfatto di quest’idea perché c’è tanto
coinvolgimento. Inoltre stiamo finendo di
tracciare la mappatura di siti di informazione
on line , anche per fare un po’ di chiarezza in
questo settore. Avvieremo una campagna di
sensibilizzazione nelle scuole verso il
mondo di internet nelle 4 province, con la
collaborazione dell’università teramana.
Presenteremo a dicembre il primo bilancio
sociale di un ente pubblico e poi una ricerca
in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia
sulla rappresentazione dei minori all’interno
dei Tg nazionali e locali. Bisogna ripensare
i palinsesti: nel primo pomeriggio durante
l’intrattenimento leggero in uno spazio dedi-
cato alle famiglie e ai bambini vanno in onda
immagini, racconti e situazioni, che sono a
dir poco imbarazzanti e violenti. Mi ricordo
Misseri che mimava lo strangolamento della
nipote con la fune, alle 14.50 del pomeriggio
tra vallette e ballerine”.
Adsl: un capitolo spesso pieno di ombre in Abruzzo.“L’adsl è il presente dello sviluppo delle nostre
aziende e passa attraverso la velocità di colle-
gamento col resto del mondo. Ci sono risorse
già disponibili, c’è un percorso con la Regione
però siamo in ritardo come il resto del paese,
potremmo diventare invece un’eccellenza
adottando un mix di soluzioni. La Regione
deve investire senza accavallarsi con i privati,
perché è pacifico che alle compagnie telefo-
niche interessi il mercato andando a investire
in zone affollate: ora l’Abruzzo dovrà invece in-
vestire laddove non va nessuno, a Crognaleto
a Montorio, lì l’Adsl non gliela porterà nessuno.
Lì invece ci vuole il satellite: siamo riusciti con
la società Eutelsat a fare una sperimentazione
con 4 collegamenti gratuiti in 4 comuni (Bi-
senti, Crognaleto, Montefino e Carpineto della
Nora). Dove non arriva la fibra ottica s’investa
in questa tecnologia, Chiodi ha dato ampia
disponibilità”. n
n.81
Sanità teramana6n.81
La storia infinita di oncologia
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
ATTUAL
ITÀ
Oncologia come il pulcino Pio. Due
tormentoni che hanno monopolizzato
l’attenzione dei Teramani per quasi tutta
questa bollente estate ormai alle spalle.
Il mondo politico, e non solo, si è spaccato sulla
chiusura estiva del reparto dell’ospedale Mazzini
di Teramo. Da una parte il centrosinistra, dall’al-
tra la Asl con i suoi dirigenti e il Pdl con Chiodi e
Venturoni, il ministro della salute ombra Ecco la
cronistoria della vicenda:
Martedì 21 Agosto - Pancotti denuncia -
Amedeo Pancotti, direttore dell’Unità operativa di Oncologia al Mazzini
di Teramo, da due anni senza un giorno di ferie, denuncia che Oncologia
a Teramo si sta “smantellando, frammentando, smembrando” per una
precisa una volontà politica. “Fino a due anni fa il dipartimento preve-
deva radioterapia, chirurgia oncologica e day hospital aziendali, con una
nutrita attività scientifica, insomma il fiore all’occhiello della nostra Asl,
riconosciuto anche fuori regione, con il 300% di aumento dei pazienti, un
baluardo contro la mobilità passiva. Ora – prosegue Pancotti - i pazienti
sono costretti a trasferirsi da un reparto all’altro, senza badare al criterio
della continuità assistenziale. In questo modo tra l’oncologo e il malato
viene a mancare il patto di affidamento, capita che altrove domandino
al paziente: allora come stai?, e la risposta non può che essere dura, del
tipo vai all’altro paese”. La Regione Abruzzo è tra le poche che non pre-
vede dipartimenti oncologici, Chieti e Pescara sono in regime di deroga
e “Teramo niente”.Il segretario Pd Robert Verrocchio chiede al manager
Varrassi “di riattivare il dipartimento e di rispondere ufficialmente se on-
cologia riaprirà e se verrà messo in condizione di funzionare: non si può
risparmiare sui malati oncologici, pensare di farlo è vergognoso”
Venerdì 24 Agosto - blitz di Varrassi - Blitz del direttore generale
Asl, Giustino Varrassi, nell’atrio dell’ospedale Mazzini prima della con-
ferenza stampa indetta dal Pd sui mali della sanità. “Una vera e propria
intimidazione, tipica di questo potere arrogante” rivendica il consigliere
comunale Alberto Melarangelo. Fuori un paziente protesta vibratamente
contro perché i visitatori di oncologia sono stati confinati in una sorta
di ripostiglio e senza un po’ di refrigerio: “Ci hanno tolto pure il frigo”
dichiara Gabriele Ciarelli.
Lunedì 27 Agosto - Andate a senologia! - Varrassi interviene: “I più
colpiti in questa diatriba sono proprio i pazienti”. Sull’accorpamento di
Oncologia dice: “E’ fuori luogo in quanto esso non arreca danno alcuno
ai nove pazienti che sono egregiamente assistiti nei reparti di pertinenza,
sono cioè ricoverati in Medicina o in Chirurgia, specialità corrispondenti
alla patologia specifica tumorale da cui sono affetti”. La Asl di Teramo si
sofferma anche sui pazienti che sarebbero stati mal indirizzati all’interno
del Mazzini: “La paziente sarebbe invece dovuta essere indirizzata da
Oncologia a Senologia dove c’è la presa in carico totale della paziente,
l’approccio interdisciplinare alla patologia ma prima di tutto alla persona,
macchinari diagnostici dedicati e èquipe di alto livello”. Varrassi chiude
ricordando gli attestati di stima relativi ad Oncologia che gli giungono per
i servizi erogati da Giulianova e Sant’Omero.
Lunedì 27 Agosto – Mascitelli e il sistema omertoso - Il senatore Alfonso Mascitelli (Idv)
esprime perplessità sulla riconferma dl manager
Varrassi: “Se venisse mandato a casa verrebbe
scoperchiato un sistema omertoso, fatto di
favori e clientelismi, che la destra teramana
che fa capo a Chiodi e Venturoni, in questo
momento, non può assolutamente permettersi”.
Sul percorso senologico, poi, indica solo una
data, il 3 maggio 2013, il giorno che la Asl gli ha
indicato per una visita: “Un presunto manager
che dichiara che mille donne gli devono la vita
per aver mandato in giro un camper-ambulatorio
significa che dalla farsa siamo passati alla tragedia”. Mascitelli chiude
così: Su una cosa soltanto sono d’accordo con Varrassi; il problema non
è lui, pluri indagato per peculato d’uso e abuso d’ufficio, ma il problema
vero è la gestione commissariale della sanità abruzzese che è stata
privata da qualsiasi forma di controllo legittimo”.
Martedì 28 Agosto - La repica di Varrassi - Varrassi è a dir poco
infuriato: “Gli ospedali teramani sono tra i migliori in Italia e chi li denigra
sono da considerarsi terroristi perché giocano sui servizi sanitari offerti
ai pazienti”. Su Oncologia riafferma il suo parere, cioè quello che a
Sant’Omero c’è una bacheca piena di “complimenti per il reparto”, a
Giulianova pure, mentre a Teramo le denunce di accorpamento “sono
fuori luogo in quanto non arreca nessun disturbo ai 9 pazienti assistiti nei
reparti di pertinenza: da 10 anni si fa ciò e se ne ricordano solo ora i miei
detrattori, questa è malafede”.
Mercoledì 31 Agosto – La toccante lettera di Marco - Nella
vicenda s’inserisce la lettera di Marco Borgatti, un malato di tumore che
però ce l’ha fatta e questo grazie a questo reparto. Ringrazia i medici
e il personale sanitario “dallo spessore morale ed umano incredibile”.
Elenca tutto ciò di cui c’è più bisogno: “Camere singole per avere i
familiari al fianco, garantire un migliore accesso alle cure, potenziare
Pancotti contro tutti.La cronistoria estiva della polemica sulla chiusura estiva del reparto di Oncologia al Mazzini di Teramo.
7l’ausilio psicologico e aumentare lo staff
medico perché ridotto all’osso”. Smentisce la
teoria che con gli accorpamenti le cure siano
garantite lo stesso. Borgatti infine si rivolge
ai dirigenti dicendo di ragionare con testa e
cuore: “Riaprite il reparto, lottate con i malati,
per i malati; la riconoscenza e la gratitudine
non fanno né diventare ricchi né garantiscono
incarichi ai vertici amministrativi, ma rendono
gli uomini tali”.
Sabato 1 Settembre - Il PD ha paura di perdere - Scende in campo Lanfranco Ventu-
roni: “La chiusura estiva si compie da 20 anni.
E’ vergognoso come si strumentalizzi il caso.
Il fatto è che loro hanno paura di perdere le
elezioni dal momento che stiamo ottenendo
buoni risultati con la sanità mentre negli anni il
centrosinistra ha avuto una gestione scellera-
ta: Oncologia da una vita che si accorpa e non
ha il suo dipartimento a Teramo perché la sub
commissaria Baraldi stabilì che al Mazzini ve
ne fossero 10. Pescara e Chieti lo posseggono
perché in regime di deroga. Inoltre il reparto
non è stato chiuso, anche perché in genere il
paziente va curato in day hospital (al massimo
in hospice) o in Medicina o altro: nel reparto si
va per la chemioterapia, sono rari gli esempi
in Italia in cui c’è anche la degenza”. Pur
tuttavia del caso se ne occuperà il Parla-
mento: l’onorevole Ginoble presenterà entro
la settimana un’interrogazione appunto su
Oncologia. Notevole successo sta riscuotendo
la petizione che si può firmare sul web in
difesa del reparto di Oncologia. Dopo la lettera
di Marco, ora è la volta di una mamma, la cui
figlia è stata curata ottimamente dallo staff dei
dottori Pancotti e D’Ugo .
Domenica 2 Settembre – Chiodi annun-cia la riapertura - Ci pensa il governatore
Gianni Chiodi a (forse) porre la parola fine
alla tormentata vicenda della chiusura di
Oncologia. Dalle pagine di Facebook, annuncia
che il reparto verrà riaperto il 10 Settembre,
aggiungendo, e non senza un lieve accento
polemico, “come ogni anno da diversi anni”.
Conclude il suo post chiedendosi: “Ma cosa
ci sarà mai dietro questa strumentalizzazio-
ne”. “Le famiglie vengono allarmate apposta,
questo e’ veramente indegno” aveva scritto.
Ad onor del vero ipotizza altre forme di
interesse che stanno pressando su Oncologia:
“A chi giova far credere che si stia pensando
a chiudere il reparto di oncologia di Teramo?
A chi giova far credere che un accorpamento
di reparti estivo (per poter consentire le ferie
obbligatorie), che peraltro avviene ogni anno,
si traduca in un rischio di chiusura? Io, qualche
sospetto comincio ad averlo. Interessi politici?
Solo in parte”.
Lunedì 3 Settembre – Venturoni chiede il dibattito pubblico - Il Pd si domanda cosa
ci sia dietro lo smantellamento degli ospedali
teramani da parte del Pdl: “Quello cui stiamo
assistendo è un film purtroppo già visto all’o-
spedale di Atri”. Frattanto Lanfranco Venturoni
continua a chiedere un dibattito pubblico
all’interno del sanità day promosso dal Pd:
“Oncologia non è stata chiusa – dichiara – ha
funzionato come day hospital come accade in
quasi tutti gli ospedali italiani”.
Martedì 4 Settembre – Parla Antelli - E’ l’ora del direttore sanitario della Asl di
Teramo, Camillo Antelli. Si è sentito obbligato
ad intervenire per “tutelare la professionalità
dei colleghi oncologi sottratti alla vecchia,
singolare e personalistica organizzazione di
Pancotti”. Antelli allega le lettere pervenute
alla Asl in cui sono riportate le manifestazio-
ni di riconoscimento per l’opera svolta dagli
ospedali di Sant’Omero e Giulianova. Accusa
Pancotti di aver sollevato “un falso proble-
ma. Far dipendere Oncologia da Medicina
dunque è stata la ratio più ovvia perchè ha 4
medici e pensare che S.Omero e Giulianova
assieme ne hanno 3 e svolgono un ottimo
lavoro, riconosciuto da tutti. Su questa deli-
cata vicenda si sia creato un allarme sociale
che si è riverberato sui “più deboli”. I pazienti
possano essere curati benissimo in regime di
day hospital, in degenza vanno solo le com-
plicazioni”. A questo punto ammette che a
Teramo manca solo l’hospice (in costruzione
a breve) “che tutela il paziente oncologico
negli ultimi giorni di vita separandolo dal
resto dei malati”.
Giovedì 6 Settembre – Annunciata la Sanita day - Vincenzo Cipolletti (Sel) ricorda
come la scelta di preferire alcuni reparti a
danno di altri sia “preminentemente politica”:
“Se ne trovano alcuni di veramente lussuosi”.
Ricorda che la prassi degli accorpamenti, che
solo una volta ha riguardato Oncologia, “sta
diventando sempre più selvaggia”.
Domenica 9 Settembre – Riapertura caos – Invece secondo Antelli una riapertura
senza alcun problema “con sei medici e non
quattro” e polemizza per la mancata presenza
del primario Pancotti. Invece una “situazione
caotica” per Sel che denuncia la mancanza del
personale infermieristico “che è stato sostitu-
ito da personale proveniente da altri reparti”.
Per Marco Borgatti (Sel) l’intenzione della Asl
era quella di chiudere il reparto di degenza
anche perché “il personale infermieristico
interno di Oncologia solo in parte è in ferie”. Il
segretario provinciale Pd Robert Verrocchio ri-
badisce che esisteva la volontà di chiusura del
reparto “che poi è stato riaperto solo grazie
alle prese di posizione nostre e dei partiti del
centrosinistra, perché nessuna data era stata
ufficialmente fissata per la fine del periodo di
ferie. La dimostrazione è il caos totale che c’è
stato oggi alla riapertura del reparto. Le nostre
non erano e non sono strumentalizzazioni ma
denunce di fatti”.
Martedì 11 Settembre – “Verrocchio ignorante” – Si alzano i toni della polemica.
Camillo Antelli dà dell’”ignorante” al coordina-
tore Pd Verrocchio “nel senso – precisa - che
ignora gli atti aziendali”. E continua: “Com’è
possibile immaginare che l’Azienda volesse
chiudere Oncologia dopo averla inserita nelle
Uoc previste dal nostro Atto Aziendale e dopo
aver verificato positivamente e confermato
l’incarico di direzione della stessa al dottor
Amedeo Pancotti?”. Per il futuro Antelli invita
sia Verrocchio che il Sel Borgatti a documen-
tarsi prima di “sparlare”. Non si fa attendere
la risposta di Verrocchio: “Dispiace che un
direttore sanitario butti in polemica un argo-
mento così delicato; a me risulta che non era
prevista alcuna data di riapertura del reparto
di degenza, i malati sono stati smistati senza
alcun criterio specifico nei vari reparti dell’o-
spedale. A me risulta che la nostra Asl non ha
il Dipartimento di Oncologia, pur previsto dal
Piano Sanitario Regionale tuttora vigente che
è legge. A me risulta che i malati oncologici in
provincia di Teramo non hanno un percorso
preferenziale per la prenotazione dei loro
esami diagnostici. A me risultano queste cose,
che sono fatti”.
Continua… n
n.81
Appena un anno fa Teramo perdeva uno dei suoi artisti più schivi e
autentici, uno di coloro che traggono anche la più minuscola par-
ticella della propria arte da se stessi, dal proprio essere uomini,
e che appunto per questo vivono la propria vocazione così come
vivono ogni altra esperienza della vita. Con discrezione, persino con pu-
dicizia, nel silenzio di uno studio o di uno spazio aperto. Alteo Tarantelli
è stato uno dei non molti maestri-artigiani della teramanità pittorica del
secondo Novecento. La sua arte era nata in lui, e si era sviluppata in
molteplici forme, con la stessa spontaneità di una pianta da frutto. Sen-
za aver frequentato scuole d’arte o conseguito titoli di studio dedicati,
era considerato da molti, come lo è tutt’ora, un “maestro” di statura
artistica, e prima di tutto umana, fuori del comune. Dire di lui e della sua
vita, è capire il perché di questo suo estremo intimismo espressivo. Per
Alteo l’arte, pure saldamente al centro di tutti i suoi desideri e propositi,
non è mai stata un mestiere o peggio una professione. Delle occupa-
zioni ufficiali ho già detto: in parte amministrative, in parte sindacali, in
parte editoriali e tecnico-grafiche. Aspetti a loro modo importanti per
comprendere l’uomo, ma fermatisi ai quali il lavorìo interiore rimane
inaccessibile.
Teramo culturaleCUL
TURA Una cosa in particolare colpisce nei suoi quadri: il tono antilirico, la totale
assenza di estetismi, di retoriche ammiccanti, di sbavature poetiche. Tutto
è asciutto, privo di voluttà che arrestino lo sguardo alla superficie delle
cose. Relitti sull’aia, oggetti d’uso comune deformi e confusi nella penom-
bra, appaiono come delle inquietanti nature morte dell’animo. Alberi, un
olio del 1960, è talmente materico nella sua suprema ruvidezza cromatica
da apparire direttamente scolpito nel legno. Dalla natura si passa alla
materia, e dalla materia alla natura dell’essere umano, senza soluzioni
di continuità. Demolizioni, così come i ritratti di sedie ormai vecchie e
usurate, denotano la sua costante attenzione per l’inutilità di tutto ciò che
è funzionale a qualcosa che si svolge, e non può che svolgersi, nel tempo
finito dell’esistenza umana. Le apparizioni antropomorfe, quasi per con-
trappasso, si manifestano invece sempre altamente vitali, come nel caso
di Due sorelle, opera degli anni Settanta, nelle quali le figure appaiono vi-
cine e nello stesso tempo distanti, avvolte in una penombra ventosa che
le trasforma quasi in candele viventi, con l’intreccio apparente dei capelli,
o forse dei copricapi fluttuanti. La pluralità di registri espressivi è tuttavia
molto forte, e si pensi a come trapassa da tipo a tipo di esperienza visiva
la dimensione della natura vegetale in un quadro come Memoria di un
paesaggio italiano, del 1975/76, dove l’essenzialità del gesto pittorico è
altamente metafisica, piuttosto che in lavori come Paesaggio, o come il
meraviglioso Pianura, o come Campagna di Chieti del 1980, dove l’erba
alta e le foglie si manifestano in modo più percettivo. Ma in ogni caso
lo sguardo del pittore resta vigile, vibrante, mai puramente contempla-
tivo. La dimensione idealistico-platonica dell’arte come “copia”, come
imitazione del vero, come reduplicazione, viene soppiantata ovunque da
una completamente differente, a mezzo tra astrattismo e ultra-impres-
sionismo, in tutto e per tutto propria della temperie e della sensibilità
postmoderne.
Sarebbe bello, oltre che altamente opportuno, proporre presto o tardi
una nuova personale del pittore, simile a quella che gli venne dedicata a
Bellante poche settimane prima della scomparsa. Ma è inutile nascon-
derselo: allestire in una città di provincia una mostra di un artista locale
da poco scomparso può non essere impresa delle più semplici e naturali,
specie quando questo artista non ha raggiunto quel grado di notorietà e
di popolarità che sono di solito il passepartout conclamante per operatori
e fruitori. Non che l’opera di Alteo non abbia ricevuto gli imprimatur di
8diSilvioPaolini Merlo dimmitutto@teramani.info
n.81
Alteo un anno dopoA un anno dalla morte un primo bilancio del lavoro creativo di un artista artigiano che rischia di scontare la propria autenticità
Due sorelle - anni ‘70
Pianura - anni ‘80
9
rito da rassegne di qualche rispetto, quali
il Premio Michetti o il Premio Patini, o la
collezione di arte contemporanea dell’Archivio
di Arte Abruzzese di Nocciano, così come da
osservatori non precisamente anonimi quali
Venanzo Crocetti, Giuseppe Rosato, Mauro
Leang, Giammario Sgattoni e simili. Ma per la
sua figura, come per altre di simile notevolis-
sima levatura artistica, questo non è bastato a
sfondare il recinto dell’apprezzamento e della
stima, ovvero a favorire operazioni non solo di
commemorazione – francamente stucchevoli
quanto inutili – ma di inserimento entro un cir-
cuito che dal locale prosegua verso il globale.
E qui qualche riflessione di supporto non sarà
superfluo aggiungerla: che cosa si intende,
solitamente, quando si afferma che un artista è
importante? Spesso questa espressione equi-
vale al dire che un artista è “grande”, o, nella
sua iperbole, “grandissimo”. Orbene, a cosa
fa riferimento questo genere di “grandezza”,
e in che termini si misura? Sulla base di valori
oggettivi? Sulla base, ad esempio, della qualità
dei risultati? Sulla base di questa o quella
abilità in particolare? La risposta a queste do-
mande è: no. I valori cosiddetti oggettivi in arte
non esistono, e quando esistono si rivelano del
tutto convenzionali. La tecnica, ad esempio,
ogni possibile tecnica, è sempre un fatto
personale e soggettivo nell’artista autentico. E
Alteo, che di tecnica ne possedeva in misura
impressionante, ne è un esempio evidentis-
simo. Non esiste, da Baumgarten, che già nel
Settecento estendeva la “filosofia dell’arte”
all’intera esperienza sensibile dell’uomo, a tutti
i filosofi esteti dell’Otto e Novecento, un unico
criterio per stabilire cosa è “bello” e cosa non
lo è. Ma dunque, se nella sfera artistica ogni
criterio va applicato caso per caso senza mai
potersi esaurire in leggi di tipo universale e
necessario, cosa significa “grande” quando ci
si riferisce a un artista? A mio avviso non c’è
dubbio: s’intende l’estensione spazio-tempo-
rale della sua notorietà tra il pubblico. Che è
poi come dire la misura di una data visibilità,
la quantità dei singoli individui che, per lo più
senza conoscerne nulla, hanno appreso di
preferenza il nome e la qualifica generica di
un certo autore rispetto ad altri. Che essi lo
adorino piuttosto che apprezzarlo, che ne
abbiano interiorizzato l’essenza o solo sentito
parlare qualche volta, è relativo. Dunque il
valore artistico non esiste? Certo che sì, ma
si tratta di un valore che non è oggettivo né
misurabile, e che non dipende dal chiacchieric-
cio mondano o erudito che può conseguirne: e
questo valore è l’eticità dell’artista. L’autentici-
tà che è in lui, e di lui.
La prima e più persistente delle difficoltà
che si incontrano in casi come quello di
Alteo è perciò la ridotta notorietà, lo status di
pressoché totale estraneità alle logiche oggi
imperanti della spettacolarità mediatica, del
globalismo mass-mediologico, dell’incensa-
mento mercatistico, delle leggi di domanda
e offerta. Quanto questo genere di pruderie
agisca potentemente in alcuni operatori delle
migliori strutture espositive cittadine, ridotte di
fatto a feudalesche riserve di caccia personali,
mi è già capitato di rilevarlo altrove, ma credo
giovi ripeterlo anche in questa occasione. È
davvero un peccato che in un sistema muse-
ale quale è quello teramano, che ha tutte le
prerogative per assurgere a configurarsi come
una sorta di museo diffuso, permangano e
perseverino certe incomprensibili resistenze.
Oltre alla Pinacoteca civica, che ha ospitato un
evento di notevole prestigio come la mostra
della collezione Matricardi sulle ceramiche
castellane, o il Museo archeologico, attentis-
simo al nostro patrimonio storico, artistico ed
etno-antropologico, o le sale espositive del
Comune, dell’Archivio di Stato e della nuova
sede di Teramo Nostra, capita che in talaltri
di questi spazi, dal nome biblico, raffinati e
modernissimi, che si dicono aperti all’inter-
scambio tra esperienze diverse, si alternano
illustri anonimi per via amicale, degni di luoghi
esclusivi quali la Casa natale di Raffaello a
Urbino ma purtroppo senza la benché minima
pertinenza con l’arte abruzzese passata e
presente, oppure teramani capitati nell’occhio
del ciclone mediatico, magari solo perché
transitati su qualche palco nazionale al fianco
di soloni della cinematografia corrente, ma con
all’attivo qualche cortometraggio e poco altro.
Più di recente nomi griffati della pop art come
Mark Kostabi, visti e stravisti tanto al di fuori
che entro l’Abruzzo, e per l’esattezza tra Palaz-
zo Nanni a Campo di Giove e la galleria Trifoglio
di Chieti, giusto quest’estate. Per questa nuova
progenie di manager artistici la storia del
territorio, con tutti i suoi più degni protagonisti,
si misura sulla base del “basta che”: basta che
se ne sappia qualcosa fuori delle mura citta-
dine, che qualche paginone patinato di rivista
ne abbia già parlato, che Rai o Mediaset ne
abbiano dato notizia, magari per qualche ora o
per qualche minuto, che insomma si sia sicuri
di fare “tendenza”, di inserirsi in una corrente
dalla quale sia già possibile venire trascinati,
risospinti, guidati. Ebbene, lungi dall’essere un
modello valido ed efficace di promozione del
territorio, questo è al contrario il più tipico e
sterile dei provincialismi. Per promuovere la
cultura di un territorio, e in un territorio, non
c’è che un sistema,
il più antico ed
efficace ma – ahimé
– laborioso tra tutti:
c’è da studiare, da
conoscere, da capire
e approfondire. Per
costoro la scoperta,
il lungimirante
lavoro svolto in ogni
epoca da storici,
galleristi e mecenati,
o meglio il capire
nel profondo l’opera
d’arte e saperne
riconoscere la genu-
inità, semplicemen-
te non ha senso. Ciò che conta sono i numeri,
l’autorevolezza vera o presunta di quanti
hanno già detto, avallato, stabilito per tale,
incensato e celebrato.
Non credo perciò, e lo dico con una certa
amarezza, che per l’opera di Alteo le cose
andranno diversamente, se non altro nel futuro
più immediato. Capire artisti di questo genere,
che hanno sempre lavorato in primis per loro
stessi, in risposta a un’esigenza profonda e
inestirpabile, con quella selvaggia urgenza
poetica tipica di un’altra straordinaria artista
spontanea attiva nel nostro territorio, forse in
parte più fortunata, che è Annunziata Scipione,
è notevolmente più difficoltoso. E tuttavia, se
l’artista appare e disappare nel tempo come
tutte le manifestazioni della natura, l’opera
d’arte vive di percorsi suoi propri, simili a pla-
cide correnti carsiche che ora si inabissano e
poi, quando più sembrano smarrite, riaffiorano
e tornano a risplendere. La propria dimensio-
ne originaria è sempre viva, sempre in dive-
nire, e, almeno sotto questo aspetto, non ha
bisogno di intermediari tra sé e il mondo. n
n.81
Relitti sull’aia - anni ‘60 -’70, particolare
Modella - 1965
Banca Tercas10n.81
Il riordino della Tercas
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
ATTUAL
ITÀ
Con il piano di ristrutturazione approvata la fase uno in Tercas, accorpati alcuni uffici , niente esuberi e qualche prepensionamento. Si torna ad assumere.
La Tercas, che fino a poco tempo fa doveva essere sbranata dai
lupi del Nord, cioè dai grandi gruppi bancari che annettono e
disfanno, sta invece per conoscere ora il suo riscatto dosto-
evskijano, con tanto di autonomia e forse qualche assunzione.
Come Raskolnikov (vedi crac Di Mario), l’omicida di San Pietroburgo
che cerca nel riscatto di risollevare la sua coscienza macchiata di
sangue, così la Tercas con il dg Dario Pilla cerca un nuovo sbocco alla
Ostpolitik teramana, iniziata con Caripe e bloccata all’improvviso da
vicende che hanno avuto un puparo accertato (nominale): il vecchio
direttore generale Antonio Di Matteo. In Corso San Giorgio è partita
la fase uno, che inevitabilmente farà da apripista alla due e alla tre.
E’ stato infatti distribuito all’azienda il nuovo Piano di ristrutturazione
che riguarderà l’organizzazione della direzione generale, una ma-
novra adottata a seguito dai rilievi mossi dagli uomini di Bankitalia,
un nuovo modello organizzativo con nuove nomine che riscrive i
processi della banca, seguendo i crismi dell’efficientamento, perché
si migliorino i costi e perché si forniscano servizi migliori alla rete
distributiva e commerciale.
È stata una manovra a saldo zero, cioè senza ripercussioni sul perso-
nale, nemmeno in termini economici, che provvederà ad accorpare
alcuni uffici fin troppo monocratici, cioè con pochissimi addetti: dai
40 iniziali si passerà a circa 20 del Piano, una soluzione soft quindi
che però potrà permettere anche quelle assunzioni di forze fresche
previste e annunciate da tempo, semplificando al contempo l’anima
della Tercas. Ora è più facile lavorare, nuovi criteri sono stati aggiunti,
una fase che per il momento interesserà Corso San Giorgio ma che
inevitabilmente si riverbererà positivamente in un secondo tempo
anche su Caripe. Il concetto è di una consequenzialità disarmante: se
il Piano funziona in Tercas, marcerà anche in Caripe. Si sono dunque
accorpati gli sportelli, con una riorganizzazione che ha voluto evitare
sovraesposizioni (a Montesilvano, solo per fare un esempio, ce
n’erano due soli 200 metri di distanza tra Banca Caripe e Tercas) e si
sono tagliati filiali nelle Marche e nell’Emilia Romagna: via la logica
dei doppioni quindi. Sì alla responsabilità da acquisire maggiormente
con un lavorio sulla rete che dovrà farsi sentire.
Un Piano che ha voluto pure rivedere l’assetto commerciale, distri-
butivo e territoriale: la famosa filiera corta che il direttore generale
ha sempre prospettato sin dal giorno del suo insediamento, con
l’apertura di nuovi cantieri di lavoro, per una ripresa che tanti prono-
sticano per questa banca… “bella”. In Tercas non si parla di esuberi e
se ci sarà qualcuno che lascerà l’istituto lo farà attraverso la mobilità
concordata costellata soprattutto dalla pax sindacale ottenuta con
il placet di quasi tutte le sigle. Ma in cima ad alcuni sindacalisti c’è
senza dubbio la ricapitalizzazione del gruppo “capire se l’aumento
di capitale di circa 60 milioni di euro potrà essere sufficiente o se
ne occorrerà ancora un altro”. Perché a questo punto in gioco c’è
l’autonomia del gruppo: “Difatti se i soci si opporranno alla manovra
c’è da attendersi la discesa di qualche gruppo del Nord, e addio
autonomia”.
Claudio Bellini di Fiba Cisl resta comunque ottimista e ricorda come
nell’incontro avuto tempo fa con il commissario Sora abbia ricevuto
espressamente dichiarazioni favorevoli e la sicurezza che tutti remi-
no nello stesso senso: “Ora tocca al commissario dichiarare se c’è
bisogno ancora di un’altra ricapitalizzazione, e soprattutto di quale
entità, e individuare
la quantità reale dei
crediti ammalorati;
verso Novembre,
immagino, si avrà un
quadro più chiaro”.
Il trend dell’istituto
di credito è positivo,
rassicura Bellini, “il
clima è buono e a
livello strutturale
la banca funziona”.
Fino a poco tempo fa il management Tercas sprizzava ottimismo per
via degli ottimi risultati della semestrale e da uno stato patrimoniale
“che non si discute”, ma soprattutto dalla raccolta che superava gli
impieghi (anche di 2 mln di euro al giorno), assieme all’individuazione
degli step successivi posti in agenda come le cartolarizzazioni dei
crediti in bonis in atto (per 200 mln di euro). Una cartolarizzazione
che sta andando avanti che per la verità non dovrebbe raggiungere
queste cifre. Circa i prepensionamenti il segretario generale di Fiba
Cisl Abruzzo annota che ci sono due strade: già oggi 35 unità posseg-
gono i requisiti necessari e, poi, in vista del ricambio generazionale
c’è il fondo di solidarietà interno che garantisce 5 anni di contributi
che potrà incentivare all’esodo altre 30 unità.Certo il commissaria-
mento ha fatto storcere la bocca a molti, “soprattutto – prosegue
Bellini - dopo aver ricevuto l’ok da parte di Bankitalia circa l’acquisi-
zione di Caripe per 225 milioni di euro e ritrovarsi poi il commissa-
riamento da parte dello stesso Palazzo Koch che aveva dato il suo
assenso alla manovra”.
Sul capitolo assunzioni lo stesso direttore generale Dario Pilla aveva
espresso poco tempo fa che si stavano valutando alcune logiche
perché fosse favorito il ricambio generazionale: “Stiamo consideran-
do delle sostituzioni limitate per periodi di maternità – aggiunse - o
per altri tipi di valutazioni”. Il dg assicurò pure la voglia di espansione
che non aveva mai abbandonato Corso San Giorgio. n
Sarah Bernhardt (1844-1923) nasce a Parigi in Fau-
bourg St-Honoré, da una modista ebrea di origine
olandese e da uno studente in giurisprudenza.
A sedici anni è ammessa al Conservatorio di
Parigi grazie alla raccomandazione di un amante della
madre, il duca di Morny, e all’uscita ottiene una scrittu-
ra alla Commédie Francaise.
Vi esordisce nel 1862 senza troppo distinguersi per
la sua bravura, ma continua la sua carriera di attrice
diventando dieci anni più tardi la leggenda vivente del teatro mondiale.
La sua casa è ridondante di decori, libri, quadri, ninnoli, cimeli della sua
vita di attrice. Frai i suoi oggetti preferiti ci sono i gioielli di scena, che
n.81
11L’oggetto del desiderioPRE
ZIOSITÀ
Sarah Bernhardt e l’altra luce di una diva
diCarmine Goderecci di Oro e Argento
spesso indossa anche al di fuori dei teatri.
Sarah Bernhardt possedeva un importante collezione di gioielli di scena,
oggi dispersa e non più documentabile se non per qualche pezzo spo-
radico, tra cui un diadema a forma di gigli in perle, realizzato apposita-
mente per lei da Lalique intorno al 1890.
Il gioiello più esemplificativo del gusto di Sarah Bernhrdt è tuttavia il
bracciale di serpente disegnato per lei nel 1988 da Alphonse Mucha e
realizzato da Georges Fouquet,uno dei grandi gioiellieri di Parigi.
Quando Mucha si mette all’opera per disegnarlo, cer-
tamente ha in mente la figura alta e slanciata di Sarah
Bernhardt, i suoi capelli folti e ribelli, raccolti intorno a
un viso forte e imperioso. Mucha infonde in quel brac-
ciale l’essenza dello stile del nuovo secolo,caricandolo
di quella drammaticità tanto consona al personaggio
dell’attrice.
Per Mucha, giovane artista che vuole affermarsi,
Sarah Bernhardt non è solo committente ideale, ma
anche la musa ispiratrice di quel gioiello affascinante,
esemplificazione massina dell’Art Nouveau con le
sue curve sinuose, gli opali, gli smalti e i suoi rimandi
a tipologie di ornamenti nati in terre lontane come
l’india e l’antica grecia.
Il bracciale, che si snoda per tutta la lunghezza del
braccio e scende sotto forma di anello a legarsi al
dito, è di una bellezza ambigua, sensuale e allo stesso tempo evocativa
di morte e peccato, che attrae e contemporaneamente ripugna, inaffer-
rabile come la vita. n
Il teramano Carmine Verni è stato nominato a settem-
bre alla Fiera Sana di Bologna campione del mondo
della pizza biologica. Primo tra 20 finalisti accorsi da
tutto il pianeta, il proprietario della pizzeria “La tana di
Lucifero” ha sbaragliato la concorrenza presentando una
pizza che ha sintetizzato nei suoi componenti la summa
alimentare italiana in questo settore, dalla mozzarella
di bufala senza lattosio, al radicchio trevigiano, dal
prosciutto di Parma biologico, alla mousse di ricotta
di pecora con pere da far leccare i baffi, il tutto in un
impasto di kamut, che ha esaltato l’ottima digeribilità.
Il consenso dei 5 giurati internazionali è stato unanime,
fino alla premiazione tra decine di tv che è stata con-
dotta martedì 11 dal direttore del Worl Wide americano,
manager di Kamut. La filosofia del ristoratore teramano, che è anche
istruttore e ora, dopo il mondiale vinto, consulente al Nip (Nazionale Ita-
liana Pizzaioli), è quella di cucinare alimenti a km zero: la spesa la fa tra i
contadini di sua conoscenza, oppure a volte al mercato cittadino di Piazza
Verdi, “scegliendo sempre i prodotti più genuini”. “Per la farina – aggiunge
Verni – mi reco nei mulini del posto: punto molto alla territorialità del
prodotto, come cerco di fare della qualità il mio target principale”. Ora
prossima tappa, il campionato mondiale della pizza in calendario a Rimini
a Febbraio. Il nome della sua pizzeria “La Tana di Lucifero” è da ricondurre
al suo passato da fan del Teramo basket in veste di fondatore del famoso
gruppo ultrà “Inferno Biancorosso”. La pallacanestro in città è scomparsa,
il gruppo pure, però lui continua a vincere. Come tutti i bravi ragazzi di
questo Paese ringrazia la mamma Marina. Ma non per
chissà cosa, per i soliti stereotipi accumulati in questi
secoli dai maschi italici e mammoni, bensì per il know
how che ha saputo trasferirgli sin da piccolo, per tutte
quelle conoscenze culinarie che ha saputo trasfonder-
gli, per i sapori inconfondibili della nostra terra, per quel
tesoro immane di una cucina slow food che lo stesso
Petrini ha riconosciuto come una delle più importanti
nel panorama nazionale. Il day after di Carmine Verni è
stato di fuoco, in linea con il nome della sua pizzeria
di Via Campana. Dopo che la notizia è stata diffusa c’è
stato un viavai di amici, parenti, semplici curiosi, tutti
a chiedere la pizza mundial, quella che ha sbaragliato
tutti nella finale di Bologna. n
Il Teramano Carmine Verni è campione mondiale di pizza biologica
Record in cittàdalla Redazione
La mamma dei cretini è sempre incinta. Ma qui tratteremo di figli unici,
tanto è deficiente il soggetto. Guaglione, un sostantivo nato a Napoli e
di qui trasmigrato. L’etimologia incerta, una questione non irrilevante.
Con boria e saccenza, scomodiamo il greco kallos, kallion (bellino,
grazioso). Chi l’ha detto mai che il guaglione debba essere grazioso?! Ancora
con il greco, ma dal lemma Gala (latte). Non ce lo vedo proprio un ragazzo di
strada a poppare per la via. A pesca nel latino, con gàneone, cioè un cliente
assiduo di bettole, di bordelli, un ubriacone. Forse sì, ma non convince. Me-
glio con le parisien “garçon”. Se Parigi starnuta la Francia ha il raffreddore,
ma qualcuno a Marsiglia ha sentito l’eco di un “vuaiú” (voyou), che incredibil-
mente sa tanto di teramano. La faccio finita qui ad allanguanirvi, decidendo
per un etimo che potrebbe reggere un approfondimento di qualità, meno
dozzinale delle righe appena scorse. “Galio (genet. -onis)”, giovane mozzo,
servo sulle galee. Tolto ciò che galleggia, a rimanere è “il servo”. Guaglione
da noi si traduce con “Zaotto”. Lo sveltone di turno, quello che si crede più
furbo degli altri, sempre pronto a dare fregature. Chi vuoi che se ne accorga,
è così fregno! Lo zaotto, che a decrescere diventa zasette, zasei... te lo ritrovi
spesso fra i piedi e ci inciampi tuo malgrado. Apoftegmi, enunciazioni di
sentenze definitive sciocche quanto l’acqua bagnata.
Giovanni Mosca, con il suo “Ricordi di scuola” e un elastico, continua a
ridicolizzare i presunti psicopompi da operetta, che arginano i fermenti
degli studenti. A rileggerlo non farebbe male, “La conquista della quinta C”,
Furbetti12n.81
Zaotto,zasette,zasei...
SATIRA
diMimmoAttanasii dimmitutto@teramani.info
scritto nel 1939, quando un grande scrittore faceva uso di sostantivi esatti:
«L’augurio è quello che ogni genitore ed ogni insegnante possano individuare
il “moscone” che fornisca loro l’opportuna autorevolezza nei confronti del
figlio o dell’alunno». Se nella squola imperversano gli squali (Teramani n. 77), nel
mondo del lavoro quali mostri riemergono? Ecco una conversazione inter-
cettata da un orecchio fisico all’interno di un ufficio aperto al pubblico. I fatti
sono realmente accaduti tranne quelli che non fanno comodo sentirsi dire:
“Avete visto mica passare di qua un antropologo? C’ho qui uno al telefono
che gli vuole chiedere una cosa...” “No, no, no! Ieri sera ce n’ho passata un
bel po’ di quella medicina per terra... non credo che ce ne siano ancora in
giro di... com’è che si chiama, antropofago?!” Tu non hai valori. Tutta la tua
vita è cinismo, nichilismo, sarcasmo e orgasmo. ‘mbè, in Francia con uno
slogan così vincerei le elezioni! (Harry a pezzi, Woody Allen)
Da un ventennio, ce le puoi vincere pure in Italia, le elezioni. I politici, che
zaotti! Mi ritorna in mente di un racconto breve, scritto su un soggetto
riguardante lo spionaggio industriale o qualcosa di simile. Figuriamoci, non
ricordo neanche l’autore di questa storia di fantasia. Una multinazionale nel
campo dell’informatica, un giorno allestì per i propri dipendenti l’accesso a
un account di posta elettronica.
Lo fece però attraverso un dilettante. L’ingenuo dispose per ogni email
di ciascun impiegato che l’accesso potesse avvenire con una password
corrispondente al proprio cognome, per poi essere sostituita in seguito. Non
tutti la cambiarono. Si creò un viavai esilarante. Scherzi e motteggi inoffensivi
schizzavano come bit fra i lavoratori. La multinazionale aveva dei vertici poco
avvezzi al digitale, tanto che questi conservarono il proprio cognome come
password. E i ficcanaso scoprirono gli intrallazzi imbarazzanti e forse pure
al limite della legalità e della sobrietà istituzionale. Il presidente dell’azienda
spediva i propri messaggi a un commercialista di fiducia di un Governante,
mentre quest’ultimo negava pubblicamente il coinvolgimento dei suoi
fiduciari in triangolazioni politiche poco virtuose. Messaggi che si incrociava-
no sotto tanti occhi indiscreti. Molti i documenti riservati veicolati illegittima-
mente fra attori impropri e inopportuni. Politici di serie B e professionisti di
provincia, finiti nelle mani di dipendenti. In uno, si trattava disinvoltamente
di licenziamenti in tronco di tutti i lavoratori, a causa di mancanze econo-
miche di un management improvvisato e gaudente. La questione finì su un
quotidiano. I ficcanasi, denunciati. I ladri, liberi come le stelle. Grazie al cielo,
nessuno fu licenziato. A quel punto, che morisse Sansone con tutti i Filistei!
“Cerco di adattarmi a tutti per salvarne a ogni costo alcuni”. (1Cor 9, 1 -22) n
La determinazione, l’attenzione, l’idea di creare un prodotto di qualità non erano solo delle promesse. Oggi tutto questo è re-altà. Non siamo “rimasti alla finestra”, ma in questi anni abbiamo cercato di più, abbiamo sviluppato nuovi progetti, perché, la nostra crescita, l’abbiamo affidata ad una qualità sempre mag-giore. Abbiamo migliorato la nostra produzione, il grado di ef-ficienza nella realizzazione dei nostri infissi, e la soddisfazione dei nostri clienti, sempre maggiori, è la conferma che abbiamo sempre operato con professionalità e serietà. Il privato, l’impresa di costruzione, i nostri rivenditori costantemente accompagnati nell’evoluzione del nostro mondo affinché non smettessero di parlare di noi... bene naturalmente!
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La Ricorrenza14n.81
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
EVENTI
Cosa c’è più di magico che rivedere un vecchio filmato del 1976 in
quello spicchio bohemien proprio al centro di Teramo che era lo
Svarietto dove un cigno bianco-seppia roteava con le mani eteree
danzando plasticamente sullo sfondo di mille violini? È prerogativa
della grandezza recare grande felicità con piccoli doni, disse uno che sus-
surrava ai cavalli. E Liliana Merlo di felicità ne ha dispensata tanta lungo la
sua vita. Se ne andò in un venerdì dell’Ottobre di dieci anni fa, e assieme
a lei morirono tante cose. Ad esempio la
danza in Abruzzo. Nasceva il 16 Settembre
del 1925 in uno dei rioni più poveri di Buenos
Aires ma la sua vita fu così talmente ricca e
feconda che dopo la sua dipartita da questa
terra-Teramo, l’Espresso la accomunò per
grandezza alla poetessa Giannina Milli, come
le due donne che più hanno dato lustro a
questa città ormai senza più identità. La dan-
za in Abruzzo morì assieme a lei. In vita era
solita affermare che “il movimento è innato in
ogni essere vivente, forma parte della natura
stessa, l’universo tutto non è altro che un ar-
monico movimento senza sosta e senza fine”.
Lei era il centro di quell’universo, il suo big
bang. “La danza deve essere una pittura viva
…un mezzo col quale esprimere un’idea, uno
stato d’animo una gioia, un dolore”. La dol-
cezza del suo accento argentino non mitigava
il suo forte carattere. Dopo la sua prolifica
e pluripremiata vita da ballerina, diede vita
a numerose scuole di danza a Teramo ed in
regione, la prima in Via Gramsci nel 1970. Se-
guirà più di 200 allievi ogni anno, e si sarebbe
tolta belle soddisfazioni sfornando ballerini
come Annino Di Giacinto e Arturo Nori che
verranno ammessi alla Scuola del Teatro dell’Opera di Roma. Tutto ciò
dopo un passato di premi e concorsi vinti, tutti prestigiosi. Per compren-
dere meglio come nel suo mestiere conservasse davvero il fuoco sacro
della passione, è sufficiente rivedersi un’intervista degli anni ’80 quando
nel bel mezzo delle domande, lei che nella sua scuola non finiva mai di
osservare le sue ragazze, se ne uscì con un “Teresa sei troppo al centro”
riprendendo in un attimo come nulla fosse accaduto il filo del discorso.
Liliana Maria Antonietta Dolores Merlo ha sempre temuto l’involgarimen-
to della donna: “L’uomo – disse - è un bambino che gioca, la felicità esiste
finché quest’illusione rimane salda dentro di noi”. Morì in un giorno
d’autunno e la stampa locale la osannò. Era il 17 Ottobre del 2002.
Ora a distanza di dieci anni l’Aisacs “L.Merlo” presenta “Liliana Merlo e
le pioniere della nuova danza italiana”, una manifestazione promossa
d’intesa con la cattedra di Storia della Danza e del Mimo dell’Università
di Torino che si divide in due fasi: una mostra documentaria dallo stesso
titolo che si terrà martedì 16 Ottobre 2012, presso l’Archivio di Stato di
Teramo (Sede di S. Agostino, inaugurazione ore 17,30) e un convegno na-
zionale di studi che si terrà presso la Facoltà di Scienze della Comunica-
zione dell’Università degli Studi di Teramo nei giorni 17 e 18 ottobre 2012
e che ha per titolo «Le pioniere della nuova danza italiana».
Gli obiettivi fondamentali della manifestazione sono tre: inserire il lavoro
della Scuola di Liliana Merlo a Teramo, e per conseguenza l’attività artisti-
ca teramana del secondo Dopoguerra, in un contesto di tipo nazionale,
attraverso un approfondito lavoro di ricostruzione storica collettivo;
modificare la visione finora prevalente della Merlo, identificata tutt’ora
in modo alquanto riduttivo e univoco con l’immagine di un’insegnante
di danza classica; e favorire il fiorire di una nuova serie di studi storici e
critici che riabilitino la lunga fase che precede l’ingresso ufficiale in Italia
della danza moderna degli anni Ottanta, ponendo attenzione specie ai
primi centri didattici e ai relativi laboratori
coreografici operanti in ambito privato.
Il convegno si ripropone di prediligere quella
fase del percorso storico della danza italiana
nel Novecento che si è sviluppata tra gli
anni Venti e gli anni Settanta, rivolgendo una
particolare attenzione alle figure – quasi in
ogni caso donne – che hanno tentato, con
maggiore o minore fortuna, di proporre
nuove tecniche e di elaborare metodi di
insegnamento e stili coreici alternativi a quelli
codificati dalla tradizione accademica, per
quanto spesso senza mettere in discussione
di quest’ultima l’utilità formativa. L’obiettivo
è quello di iniziare a porre le basi per un
differente e più comprensivo bilancio del No-
vecento coreutico e coreografico italiano, che
tenga conto anche del lavoro svolto fuori dai
grandi teatri e dai maggiori festival nazionali.
Per via della contestualizzazione che verrà
data alla Scuola di Danza di Teramo diretta
da Liliana Merlo dal 1959 al 2002, la mani-
festazione avrà rilevanza allo stesso tempo
nazionale e internazionale comprendendo
quasi tutti i maggiori studiosi di arte coreu-
tica, italiani quanto stranieri, storici e critici
Il big bang della danza a Teramo. Una vita spesa a rincorrere bellezza e piroette
Liliana Merlo, nel decennale della sua morte
Liliana Merlo posa in calzamaglia nel 1965
15
della disciplina, tra i quali il professor Alberto
Testa, tra i padri riconosciuti della storia della
danza in Italia, e tra i più noti studiosi della
disciplina a livello internazionale, nonché
il professor Enrique Honorio Destaville, già
docente di Storia della Musica e della Danza
nell’Istituto Superiore d’Arte del Teatro Colón
di Buenos Aires.
Cronoprogramma
1) Inaugurazione Mostra
Martedì 16 ottobre 2012, Archivio di Stato
di Teramo, Sede di S. Agostino, ore 17:30
2) Presentazione Libro “Ritratto di Liliana Merlo”
come sopra, ore 18:00
3) Convegno Nazionale Mercoledì 17 ottobre 2012, Aula Tesi della
Facoltà di Scienze della Comunicazione,
Università degli Studi di Teramo,
ore 9:00/13:30 (prima sessione),
ore 15:00/19:00 (seconda sessione)
Giovedì 18 ottobre 2012, come sopra,
ore 9:00/13:00 (terza e ultima sessione)
4) Intitolazione piazza Venerdì 19 ottobre 2012, luogo e orario da
definire.
Le pioniere della nuova danza italianaLe autrici, i centri di formazione, le compagnie
Convegno Nazionale di Studio
indetto nel decennale della scomparsa
di Liliana Merlo
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Università degli Studi di Teramo
17-18 ottobre 2012
Moderatori
Paola Besutti
(Musicologia applicata - UniTe),
Fabrizio Deriu
(Comunicazione teatrale - UniTe),
Alessandro Pontremoli
(Storia della Danza e del Mimo - UniTo).
MERCOLEDÌ 17 OTTOBRE 2012
INDIRIZZI DI SALUTO (ORE 9:00)
• PRIMA SESSIONE (ORE 9:30 / 13:30)
Bilancio del Novecento coreutico italiano
1) Alessandro Pontremoli (Università di Torino)
Danzatrici moderne a Torino
(contestualizzazione della “scuola torinese”
nel quadro dei primi centri di inseminazio-
ne della danza moderna in Italia)
2) Elena Cervellati (Università di Bologna)
La danza vista da Spoleto:
il “Festival dei due mondi” nella
Donazione Vittoria Ottolenghi
3) Leonetta Bentivoglio
Le radici del teatrodanza italiano:
dalla danza futurista alla nascita
di Sosta Palmizi
(teoria e pratica dei linguaggi intercodice in
Italia prima del Sosta Palmizi, dal manifesto
della danza futurista di Marinetti del 1917
e le realizzazioni di Giannina Censi, Enrico
Prampolini e Fortunato Depero in poi)
4) Elisa Vaccarino
Le rotture estetiche neogenerazionali
della danza italiana negli anni Ottanta e
i mix antidisciplinari della non danza dal
2000 a oggi – titolo precisato dall’autrice
(possibili proiezioni da dvd)
- dibattito eventuale -
• SECONDA SESSIONE (15:00 / 19:00)
L’apertura al nuovo e l’Accademia Nazio-
nale di Danza
1) Concetta Lo Iacono (Università Roma Tre)
Il giardino delle ninfe. Jia Ruskaja e il
Giardino dei Cesari sull’Aventino
+ slides e clips in PowerPoint
2) Marialisa Monna (Accademia Naz. di Danza)
Giuliana Penzi e l’Accademia “delle
fanciulle in fiore”
(Il ruolo di Giuliana Penzi nella ristruttura-
zione dell’Accademia Nazionale e la “linea
Jooss-Cébron”; l’Anid e il rapporto fra
l’Accademia Nazionale di Danza e le scuole
“abilitate”; rapporto fra la Penzi e la Merlo)
3) Noretta Nori (AirDanza)
L’attenzione alle danze popolari in LM
(in quanto componente non decorativa
e funzionale come per il balletto otto-
centesco, bensì autonoma rigenerativa
e trasfigurante) e suoi risvolti sul piano
della didattica della danza
4) Patrizia Veroli (AirDanza)
Lo spettacolo del corpo durante il fasci-
smo (Jia Ruskaja, Angiola Sartorio, Giannina
Censi, Rita Sacchetto, etc.) + proiezioni
video da dvd
- dibattito eventuale -
• TERZA SESSIONE
(MATTINATA SEGUENTE, ORE 9:00 / 13:00)
Le prime compagnie autonome e il TBT di
Liliana Merlo
1) Alberto Testa
I “Balletti di Susanna Egri” a Torino e la
Scuola di Elsa Piperno a Roma
2) Rita Maria Fabris (Università di Siena)
Le prime compagnie di danza contem-
poranea dalla fine degli anni Sessanta
al Sosta Palmizi (Sagna, Della Libera,
Giavotto, Cerroni, Latour, etc.)
3) Maria Cristina Esposito (AirDanza)
Il ruolo pionieristico di Liliana Merlo e
di Giovanni Carloni nella divulgazione
della danza moderna in Abruzzo
4) Luciano Paesani (Università “D’Annunzio”)
Il teatro moderno e d’avanguardia in
Italia e sue interazioni con il teatro di
danza del Novecento (con riferimento
in particolare al teatro di rottura italia-
no degli anni Sessanta)
5) Silvio Paolini Merlo
Il Teatro del Balletto di Teramo di Liliana
Merlo: storia e vicissitudini di un esperi-
mento impedito
mostra documentaria sul tema
Liliana Merlo e le Pioniere della Nuova Danza ItalianaLe autrici, i centri di formazione, le compagnie
La mostra verrà strutturata in Tre Parti o Sezio-
ni successive, procedenti l’una dall’altra.
Ad ogni parte corrisponde un settore. n
n.81
Giannina Censi in un’aerodanza futurista nel 1933
Degrado cittadino16n.81
Via Nazario Sauro e via Cesare Battisti
ATTUAL
ITÀ
Un percorso di guerra per pedoni e residenti
Con efficace metafora sono ribattezzate le “SS 80” perchè sop-
portano, per l’attraversamento della città, il flusso obbligato di
traffico dalla circonvallazione Ragusa verso Piazza Garibaldi.
Queste vie, non avendo i requisiti tecnici per tale tipo di traffico,
sono ora degradate e diventate terra di nessuno.
Le regole del traffico, della sosta e della circolazione sono un “fai da
te”. Gli automobilisti decidono casualmente (in alcuni tratti a destra ed
in altri a sinistra) anche la sede della propria sosta vietata costringen-
do i veicoli in transito ad affrontare autentiche “chicane” pericolosissi-
me in prossimità degli incroci.
In Via Nazario Sauro oltre l’incrocio con via Duca d’Aosta, per il
restringimento della via e malgrado il divieto di sosta con rimozione
forzata su ambedue i lati, le auto in sosta rendono lo spazio residuo
impraticabile al traffico ed ai pedoni al punto che i pluviali in ghisa de-
gli edifici appaiono tutti tranciati; al n° civico 13 ci è stato fatto notare
che l’impatto sul pluviale di ignoti automobilisti è stato così violento
da disinnestarlo fino a 10mt di altezza con fuoruscita di acqua piovana
e danneggiamento della facciata.
Nelle vie Nazario Sauro e Cesare Battisti le mezzerie residue per la
circolazione (il cui manto stradale è indebolito anche dalle opere di
urbanizzazione) mostrano gravi cedimenti e le sbrigative manutenzioni
(antiestetiche toppe di catrame) per inutilità, appaiono ai contribuenti
puro zelo di facciata. L’inclinazione o la subsidenza delle carreggiate
provocano ulteriori danni da deflusso irregolare, da ristagno e spruzzi
delle acque piovane, con allagamenti nelle case/locali privati.
I pedoni, costretti a soste ed a zig zag per recuperare spazio e sicurez-
za tra le auto in sosta vietata, sono sfiorati dagli specchietti laterali di
auto/furgoni in transito.
Per le famiglie che accompagnano a scuola i bambini, per i disabili,
per le carrozzine, per gli anziani, per i residenti e avventori (che per
non essere falciati devono sporgere il busto prima di immettersi sulle
vie) le due strade, spesso percorse a velocità irresponsabile, sono ad
altissimo rischio di grave incidente stradale.
Tutto ciò malgrado in alcuni tratti due strisce bianche (quella di marcia
è ormai cancellata) disegnate sui lati della carreggiata richiamino i
cartelli di divieto di sosta con rimozione forzata!!!
La Polizia Municipale è spesso indisponibile o intempestiva perché
occupata in altre mansioni, il carro attrezzi è forse inesistente o forse
inutilizzabile per ridottissimi spazi di manovra; nei rari interventi possi-
bili e solo per la dissuasione di poche multe i parcheggiatori abusivi si
dissolvono salvo materializzarsi subito dopo secondo un istinto tipico
di zone ove le regole civiche non si affermano mai perché evidente-
mente trasmesse male ed assorbite di conseguenza con difficoltà.
L’apertura di nuovi esercizi commerciali che per il Comune si traduce
in entrate è impensabile.
Quanto sopra a beneficio di pochi parcheggiatori abusivi ed indisci-
plinati ed in danno di centinaia di pedoni, di residenti, di veicoli in
transito…ma chi può avere interesse a privilegiare questa minoranza
che contravviene?
E…il governo della città??? Nessuno transita per queste vie??? Nep-
pure con le bici municipali??? Nessuno è capace di proporre soluzioni
sia pure provvisorie e neppure tanto difficili da pensare??? Nessuno
ha coscienza dei pericoli, dei danni e delle potenziali vertenze???
Al solito l’apparato burocratico ripete all’unisono…”non abbiamo i
soldi, non è questo l’ufficio o l’assessorato competente…bisogna
predisporre una richiesta scritta”….e così via cantando! n
daI residenti del Centro Storico dimmitutto@teramani.info
64021 Giulianova (Te) c.so Garibaldi, 6564100 Teramo (Te) via Vincenzo Irelli, 31 - c/o Obiettivo CasaTel: 085 8001111 - 085 8007651 Fax: 085 8025783clienti@juliaservizi.191.it - www.juliaservizi.it
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Torniamo sulle strade della musica per parlare
di un genere che tutti, almeno una volta,
abbiamo ascoltato, che sia italiano o irlande-
se…il Folk o Folk Rock. Il termine folk significa appunto “popolo”, la
musica del popolo, il Folk non ha una data o un luogo ben preciso, anche
se spesso si riconduce questo genere alle musiche tipiche anglo-sassoni
o di matrice irlandesi, scozzesi e della Cornovaglia, riconducibili al
Bluegrass o al Hillibilly d’entroterra. In realtà la musica Folk prende piede
quando svariati artisti mescolarono vari generi di appartenenza e amal-
gamarono il tutto con le radici musicali popolari della loro terra. Di fatti il
genere Folk esplode più rapidamente in Usa e Canada rispetto all’Europa
dove dobbiamo aspettare gli anni ’70. Il primo gruppo pubblicizzato che
portò la chiara musica Folk furono i The Almanac Singers, che incisero
alcune registrazioni sul finire degli anni ’30, fautori di questo gruppo,
furono Pete Seeger e Lee Hayes, che nel 1947 fondarono assieme ad altri
musicisti i The Weavers, che rimangono comunque legati alle tradizionali
canzoni popolari. Da ricordare assolutamente i Fairport Convention. Al
loro evento si aggiunsero ben presto svariati artisti che proposero il Folk,
ma sicuramente di grande impatto mediatico e artistico possiamo indub-
biamente citare Bob Dylan, che per primo svestì i panni Folk classici per
vestire quelli del Folk Rock dando vita al Folk tradizionale con elementi
Rock.Bob Dylan dunque portò alla massa la musica Folk e poi quella Folk
Rock, dando al genere una grande spinta mediatica e di massa. Cronolo-
gicamente stiamo parlando della metà anni ’60, il massimo splendore di
questo genere lo abbiamo agli inizi degli anni ’70.
Accanto a Bob Dylan troviamo lo scozzese Donovan Phillips Leitch in arte
Donovan, anch’esso portò la musica Folk e poi Folk Rock con elementi
scozzesi. In seguito al successo mondiale uscì dai confini irlandesi il Folk
Celtico, e da parte italiana il Folk Italiano, questo ultimo diede vita ad un
vero e proprio movimento di grandi artisti che ancora oggi compongono
grandi canzoni.
Parliamo di una BandFairport ConventionCasca proprio bene parlare di una band che ha portato per molto tempo
la bandiera Folk Rock, anche se mediaticamente furono soppiantati dal
colosso Bob Dylan e Donovan. I Fairport Convention sono saliti sui palchi
sul finire degli anni ’60, spinti dalla voglia di portare il genere Folk alla luce
più di quanto stavano facendo i loro
colleghi. La band venne formata
da Simon Nicol (voce e chitarra),
Richard Thompson (chitarra solista),
Ashley Hutchings (basso) e Shan
Frater (batteria), con un susseguirsi
poi di musicisti che presero svariati
posti. Principalmente la mente fu (ed
è tuttora) Simon Nicol. I primi passi
sonori della band sono come cover
band di principali rock songs, ma ben presto Nicol e compagni decidono
di esplorare la musica folk tipica inglese e mescolarla alla musica rock.
Non ostante il passo della musica folk alla chitarra elettrica fu per mano di
Bob Dylan, la band ne prese spunto per crearsi una nuova identità.
Il primo album esce nel 1969 che porta il nome della band stessa con
cui la band denota una chiara appartenenza sonora ai vari Dylan e co.
Nel ’69 esce “What We Did on Our Holidays”, l’album ottiene ottimi
consensi sia di pubblico che di critica, con due cover di grande impatto
soprattutto “A Sailor’s Life “ con cui sperimentano folk rock psichedelico.
La band continua a cambiare forma, si alternano infatti tanti musicisti al
suo interno, e Nicol rimane comunque la mente principale.
Ma è il 1970 a consacrare la band al grande pubblico con un album
indubbiamente al di là delle aspettative, esce di fatti “Liege & Lief”, ma a
causa dei continui cambi di formazione gli eventi live iniziano a ridursi.
La band continua la sua corsa anche se a bocconi, forse l’evento più
eclatante lo hanno all’arrivo della cantante Sandy Denny, che con la sua
straordinaria voce cambia l’aspetto della band dando linfa vitale persa
nel corso del tempo e dei tanti cambi di line-up. Dopo lo scioglimento
avvenuto nel 1979, la band ritorna nel 1985 ancora oggi in attività…
buon ascolto! n
Parliamo di MusicaMU
SICA
18 cosmychaos@gmail.com
n.81
diLucaCialini
Il Folk
Spending review20n.81
Viva l’accorpamento
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
ATTUAL
ITÀ
Petruzio un bel giorno del 2013 si svegliò e trovò auto targate Aq mentre si organizzavano pullman per pagare il bollo oltre Gran Sasso
Per chi, dopo un lungo sonno, si dovesse ridestare in un bel
giorno dell’anno domini, che ne so, mettiamo anche il 2013, che
poi è il prossimo anno, po-
trebbe non trovare più lo
stesso mondo. Una stiracchiata
d’ossa un po’ più prolungata del
solito, sapete com’è: mesi e mesi
di sonno rattrappirebbero anche
uno snodato come Roberto Bol-
le, un’abbondante colazione e, al
momento del caffè e quotidiano,
già la prima succosa novità.
Shoccante, direi. Pretuzio (nome
di fantasia ma attinente alla vi-
cenda più di quanto si pensi) cerca affannosamente la pagina in cui al
solito c’è la foto del sindaco che sulla bici compie o inaugura qualcosa:
sfoglia, sfoglia, ma nel Centro del 1° Agosto del 2013 non v’è traccia di
nessun bike sharing, di rotonde trapezoidali o di auto blu che dovrà es-
sere tolta prima possibile. Mmmh… Cronaca dell’Aquila, di Pescara e
poi…e poi lo sport, ancora Pescara e Lanciano che si stanno entrambe
preparando a Roccaraso per il campionato di B e i programmi Tv.
“Santi numi che fine hanno fatto Catarra e Brucchi?” Si chiede
perplesso. Si rituffa sul quotidiano e con uno sforzo non indifferente
nota una figura quasi microscopica, un francobollo perlopiù, collocato
in fondo alla pagina della Provincia dell’Aquila. E sotto kilometriche
notizie marsicane, aquilane, sulmonesi, ecco qualcosa che attira la
sua attenzione: “L’ex presidente della Provincia, Valter Catarra, ritrova
i suoi amici assessori nel bar ristorante Irgine di Notaresco”. “Boh,
perché ex, si domanda”, sicuramente un refuso, i giornalisti del resto
sono quello che sono. A fianco un boxino ancor più piccolo che annun-
cia trionfalmente la tappa unica teramana di “Attacca l’asino show”
con un Campana trionfale in una foto di repertorio che lo ritrae con
Capossela o Caposella che dir si vuole: ma come si scriverà mai ‘sto
nome del cavolo!? Farà prima a non invitarlo più.
Teramo finisce qui! Niente più Varrassi che va in palestra con l’auto
blu o con i 365 giorni per farsi una Tac al Mazzini di Teramo. A questo
punto perché non farsi un bel giro per il corso?
“Toh, ancora l’Audi 6, l’auto blu del sindaco Maurizio Brucchi, ma non
aveva detto che se la toglieva? Ma che ci fa nella targa quel’Aq al po-
sto di Te? Ma non mi dire che se l’è tolta veramente, non ci credo!”. La
giornata è afosa, il negozio di Mazzitti è ancora sfitto e Tigre ha piazza-
to il 44esimo supermarket al posto di Oviesse con l’affitto scontato. Da
lontano si avvicina la sagoma inconfondibile di Marcello Olivieri che si
sta recando dal Prefetto per l’ennesimo esposto contro un’affissione
abusiva: “Mannaggia ‘sto pedaggio com’è aumentato – va blaterando -
mi tocca fare un esposto anche a Toto e alla sua Autostrada dei Parchi
del cavolo”.
Petruzio se ne va perplesso: “Boh, pedaggio? Ma che a Largo San
Matteo hanno piazzato un casello? Mi ricordo che ce n’era uno scuro
e brutto come la morte ma davanti al Grand’Italia, e basta”. Dopo
mesi e mesi di sonno la mente non è più elastica come un tempo e la
memoria fa fatica a rimettere a posto tutti i vari elementi del puzzle.
Oggi è giorno di bollo. In Piazza Martiri riaperta al traffico, perché le te-
lecamere non sono mai arrivate e i varchi cadono a pezzi, un pullman
organizzato porterà all’Aquila una ventina di Teramani per pagare la
tediosa tassa.
L’odore di pane e frittata penetra le narici di Petruzio, dopo due anni
di Monti non ci sono i soldi nemmeno per un Capri all’autogrill (per la
verità nemmeno prima con quello che costavano!). Si aggiunge un ti-
zio, un po’ sfigato per la verità, che chiede di aggiungersi alla comitiva
perché deve fare un versamento Inps. “Gli dico che da qui sono cento
metri”. Lui gli risponde: “Qual-
che anno fa, scemo”. Poco più
in là, Petruzio incontra il solito
crocicchio stanco dei suoi
colleghi giornalisti che fanno la
colletta per la benzina ( il car
pooling di catarrana memoria)
perché devono seguire la
conferenza stampa all’Aquila.
“Poveretti”, pensò. “Raccon-
tano il mondo ma non hanno
nulla tra le mani”.
C’è un altro tizio tutto trafelato
che è appena sceso dal pullman dell’Arpa proveniente da Martinsi-
curo, che deve beccare la coincidenza per recarsi a Castel Di Sangro
perché consegni l’elenco telefonico della provincia: “L’anno scorso
– dice sconsolato - arrivavo al massimo a Pietracamela e in giornata
stavo già a casa. Assieme al tizio, Petruzio scorse una cinesina che
da quanto aveva intuito viveva con lui e doveva recarsi in questura
dell’Aquila per rinnovare il permesso di soggiorno.
Gli disse: “Ehi, che bisogno c’è di arrivare fin su, la questura è a soli
500 metri, lungo quel viale alberato dopo la cagata pazzesca dell’i-
pogeo”. Petruzio non afferrò appieno il senso della risposta ma da
quel poco che percepì gli sembrò che avesse detto qualcosa come
una specie di accorpamento, che lì per lì pensò che volesse fare cose
zozze con l’asiatica, che tra l’altro non era nemmeno male. E allora
Petruzio pensò prima di sprofondare di nuovo nel suo stato letargico:
“Viva l’accorpamento, come diceva quel tizio di Martinsicuro”. n
21Rimembranze
diMimmoAttanasi dimmitutto@teramani.info
SATIRA
“EOnan, sapendo che quella progenie non sarebbe sua,
quando s’accostava alla moglie del suo fratello, faceva in
modo d’impedire il concepimento, per non dar progenie al
fratello.” (Genesi 38:9)
Credere agli occhi e non alle orecchie. Questa una regola. Una delle
tante raccolte fra gli avanzi di bancone, in un bar di notte. Come quello
metropolitano del signor buongiorno-buonasera, già raccontato da
Maurizio Di Biagio.
Non commettere atti che non siano puri cioè non disperdere il seme.
Io, forse, ho confuso il piacere e l’amore, ma non ho creato dolore.
(Il testamento di Tito, Fabrizio De Andrè)
In tanti hanno fatto confusioni d’amore. Il fatto quotidiano è che qual-
cuno ci prova sempre a imbucarsi, il messaggero che non porta pene
e la repubblica delle cose di tutti, di tutti quelli che si stirano il collo per
farsi notare fra i giganti. Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è esse-
n.81
re normale... Neanche fosse il direttore del New York Times. Stop reli-
ving the past! (Stop a pensare al passato). Ma una sbirciatina a ciò che
fu scritto in tempi non sospetti bisogna darla, non prima però di avere
assunto un doveroso comportamento rispettoso, che ingiunge noi (sic!)
lettori a non mandare affanculo il cultore e l’autore di quell’anacroni-
smo dannoso che è l’apologetica di se
stessi. “Adesso che siamo universal-
mente riconosciuti come il più letto,
più informato, più credibile e più serio
periodico”. E poi ancora giù legnate da
moralista ai “puritani falsi”, colpevoli
di aver “tratto conclusioni assurde”.
Chi ha letto tra le righe ha sbagliato,
chi ha tratto conclusioni ha sbagliato,
chi ha pensato di capire non ha capito.
Tutti cretini, i lettori. Ma stavolta, dopo
la rimozione forzata dell’auto di Datta,
una mia amica albanese, ho fatto le mie
scale tre alla volta, mi son steso su un
divano ho chiuso un poco gli occhi e
con dolcezza è partita la mia mano” (Disperato erotico stomp, Lucio Dalla).
Non bene pro toto libertas venditur auro (“La libertà non si vende per
tutto l’oro del mondo”), da una favola di Esopo dove si narra di un lupo
che preferisce essere libero e morire di fame. Un capretto che stava
sopra il tetto di una stalla, come vide un lupo che passava per di là,
prese a ingiuriarlo e a ridicolizzarlo. Allora il lupo gli disse: “Amico bello,
è il luogo dove stai che mi insulta, non tu”. n
Onan il barbaro
Reportage22n.81
Gli angeli di Oncologia
dallaRedazione dimmitutto@teramani.info
ATTUAL
ITÀ
I medici a Oncologia stretti tra la morte giornaliera e il burnout “siamo in pochi”, dicono
Il bene fa fatica a cresce silenziosamente
come erba che non fa rumore. Davanti
al portale chiaro e di vetro del reparto di
Oncologia, che divide la sofferenza dal
reale mondo, pacifico e scostante, siede un
informatore medico in là con l’età che sta ri-
verso ingobbito sul suo tablet con la pensione
che fugge via. Il perseverante ticchettio dei
colpi dei martelli dei muratori dà un senso di
quotidianità alla mattinata che si stende tra
un tg nelle camerate e un trillo d’aiuto.
Davanti nell’enorme vetrata dell’atrio sfila il
miracolo economico degli anni ’70: i capanno-
ni della Villeroy&Boch sventrati come orche
durante una caccia in Giappone. Il Lotto zero
accanto è solo una scia di asfalto scuro che si
è aggiunto solo di recente nell’immaginario
collettivo.
All’ospedale Mazzini è diffusa la parola stru-
mentalizzazione quando provi a parlare di On-
cologia con qualsiasi medico del nosocomio:
tutti l’hanno in bocca, c’è chi la pronuncia
apertamente come fa una dottoressa in
ghingheri e occhialini che scende in ascen-
sore, c’è chi invece la tiene per sé e ti getta
un’occhiata perplessa. Il reparto al V piano,
diviso con una medicina interna che come
la New York di Lize Minnelli “never sleeps”, è
tinteggiato di un celeste paradisiaco e tappez-
zato di biglietti di riconoscenza (“non trovo
le parole per dirvi tutto ciò che avete fatto
per me” è il testo scritto con una bic su di un
pezzo di carta a righe). Il nervoso formicolio di
infermieri fa presagire che anche oggi è una
giornata particolare. Mancano i medici nel
reparto più nell’occhio del ciclone degli ultimi
tempi. Sono in sette: due in day hospital, tre
in degenza, uno però è stato trasferito, uno
è fuori sede per tre mesi, una in maternità, e
forse uno si sta per sposare, anzi lo farà quasi
sicuramente. I conti però non tornano.
Il numero è insufficiente anche perché il
loro lavoro dovrà essere distribuito in altri
reparti: Pronto soccorso o in Medicina che
sia. “Ogni volta che muore qualcuno mi lascia
un vuoto indicibile” racconta un medico
che ti scruta negli occhi e al tempo stesso
vorrebbe dissacrare il momento, che ne so,
forse lanciando una battuta. Per entrare nel
reparto si deve digitare un pin, lo formulano
anche le solite due infermiere corpose che
trascinano il cassettone del pranzo del brodo
e della fettina che sotto tutte le latitudini, non
si sa perché,hanno lo stesso odore pene-
trante e nauseabondo di malattia. Il dolore è
dipinto sui volti ma è la dignità che li solca.
Una ragazza in scarpe Adidas bianche e blu
riferisce a suo padre, nemmeno tanta a bassa
voce, della sua malattia e degli esami da
sostenere: cerca una risposta, un consenso,
che non arriva.
L’accorpamento per i medici del reparto è una
prassi consolidata, ovvia come il 31 di Dicem-
bre e il trenino a Mezzanotte. Solo l’anno
scorso non è stato fatto, ma il malato viene
seguito lo stesso, appoggiato in altri reparti,
con visite itineranti e con la solita professio-
nalità.
Il 10 settembre il reparto diOncologia è stato
riaperto, ma manca però la Pet: un tempo
c’era quella mobile ad Atri che poi è andata
a finire a Pescara e i tempi per gli altri esami
diagnostici potrebbero essere accorciati di
molto, soprattutto per tac e risonanza ma-
gnetica. Gli esempi sono illuminanti: a Foligno
bisogna attendere solo una settimana per
una Pet. Sono 40 i pazienti che frequentano
giornalmente il day hopital che è distaccato
nell’altro braccio del V piano. In degenza ne
sono invece 12, a volte 15 - 16. Nel reparto
entra un altro cassettone su 4 rotelle girevoli
ma questa volta al posto del solito brodo
e fettina ci sono le siringhe “Terumo” che
per assonanza mi fa venire in mente per un
attimo la nostra cara città che scompare
per sempre: la vita è colma di morte, nasce
assieme a noi e ci vive accanto.
I dottori del reparto chiedono a gran voce di
implementare l’Ado, l’Assistenza Domicialiare
Oncologica, una scelta per venir incontro alle
esigenze del paziente a casa sua. Il lavoro nel
reparto non è semplice: molti medici di tanto
in tanto sono colpiti dal burnout, in pratica un
processo stressogeno che colpisce le perso-
ne che esercitano professioni d’aiuto, e non è
facile scrollarsi di dosso i dolenti casi umani
che s’incontrano tutti i giorni. Racconta un
dottore: “Mi è capitato di piangere assieme ai
genitori che avevano perso il loro bambino o
di farmi una risonanza magnetica assieme ad
una paziente perché aveva paura”.
Non ce la fa più: rinserra le spalle, afferra la
sua penna al volo, ed esce dal suo studio con
passo svelto e affrettato col groppo in gola.
Nemmeno saluta. n
L’influsso del dialetto sulla lingua italiana è così forte, al
punto che potremo dire che nelle singole regioni d’Italia
si parla non l’italiano ma l’italiano regionale, ossia un
italiano in cui ogni regione ha trasformato parole, regole
di fonetica e costrutti propri del dialetto.
In genere bastano l’accento o l’inflessione per distinguere gli
italiani regionali tra loro.
I veneti pronunciano pochissimo le consonanti doppie (benede-
ta al posto di benedetta), mentre nel Sud si raddoppiano quelle
semplici (subbito invece di subito).
I Toscani aspirano molto la c (la hameriera invece della camerie-
ra); altre volte le danno il suono di sc (diesci invece di dieci).
Gli italiani regionali non differiscono nella fonetica, ma anche
nella sintassi.
Note linguistiche
a cura diMaria Gabriella Di Flaviano dimmitutto@teramani.info
CULTUR
A Il passato remoto largamente usato in Toscana e nel meridione
è stato soppiantato nel Nord dal passato prossimo. Nella coniu-
gazione dei verbi i Toscani usano spesso la forma impersonale
(noi si lesse questo libro, anziché noi leggemmo questo libro).
Talvolta qualche parola che appartiene ad una varietà regionale
entra a far parte del lessico della lingua italiana.
Prendiamo ad esempio, campiello, parola tipicamente venezia-
na, che indica la piaz-
zetta dove confluisco-
no le calli, o trenette,
parola genovese che
designa un partico-
lare tipo di pasta da
mangiare condita con
il pesto, o la sicilianis-
sima cassata.
E’ interessante
notare come certe
espressioni dialettali sono addirittura parole latine: i venezia-
ni chiamano la nebbia caligo (che in latino significa appunto
caligine, foschia) o ai milanesi che dicono noster per nostro. La
diffusione di termini dialettali al di fuori dei confini della regione
dipende dalla politica di divulgazione dei mass media (importan-
te è stato il ruolo del cinema), dall’emigrazione che ha favorito i
grandi scambi di cultura interregionali e dal turismo. n
L’Italiano Regionale
23n.81
Il mare cerca di rubare la scena al cielo con
la spuma delle onde e il blu profondo delle
acque. Al riparo di un pino ammiro in alto
il volo dei gabbiani. Dio certamente pro-
tegge questo mare, la sua splendida pineta
ed le nuvole rade che si distendono sulla linea
dell’orizzonte rendendo i colori bellissimi.
Anche il bikini della bella tedesca che
passeggia sulla battigia è colorato come non
mai. La ragazza appare radiosa. I capelli sono
leggermente mossi dalla brezza.
Dei pescatori rammendano le reti.
Danno l’impressione di essere cuori lontani
dallo spirito del mondo, abituati alle silenziose
solitudini marine, agli orizzonti vasti che
dilatano l’anima. Uomini abituati alle pazienti
attese nel cercare il frutto della pesca, alle
prudenti mosse nel difendersi dalle burrasche.
C’è anche un uomo alto e magro con un
grosso gozzo e una età indefinita.
Il suo buffo cappello scamosciato, bianco
color torrone di foggia potrebbe sembrare
più adatto ad una passeggiata nel cuore del
Tirolo che per coprirsi dal sole sulla spiaggia
della torre del Cerrano. Mingherlino com’è,
quasi scompare tra le pieghe multicolore del
pareo di un’autentica matrona, una donna
gigantesca che potrebbe essere la sua metà e
mezza del cielo.
Hanno il naso all’insù forse per cercare di
scorgere un Fratino, vero simbolo naturalisti-
co delle spiagge adriatiche.
Un piccolo uccello così importante da giusti-
ficare un periodico censimento da parte del
WWF Abruzzo e dei ricercatori della stazione
Ornitologica Abruzzese.
Si prospettano tempi duri nel futuro di una
specie che vive in uno degli ambienti più
compromessi dal cemento. E’ noto, infatti,
che il litorale abruzzese ha circa l’89% della
sua lunghezza complessiva, del tutto urba-
nizzato.
Servirebbe una vera e propria rivoluzione
nella gestione della costa perché si realizzi un
riequilibrio del territorio a favore della natura.
Pensate che per il Fratino, in continua ricerca
di luoghi puliti, la maggiore densità di coppie
per chilometro lineare di spiaggia, è stata
riscontrata in due siti, la Torre di Cerrano,
appunto, nella nostra provincia e il tratto
di spiaggia davanti alla stazione di Tollo in
provincia di Chieti.
Il lembo di terra protetta tra la torre e il centro
di Pineto e, a sud, il territorio di Silvi, non ha
mai rinunciato ai ritmi lenti, immerso tra pini
d’Aleppo e macchia mediterranea, tra colline
di uliveti e campi coltivati.
Questo mare è custode generoso di tesori
dal gusto leggendario, preziosi doni di
origini greche, splendidi resti e relitti. Sotto
queste acque si trovano le rovine sommerse
dell’antico porto di Hatria esistente dal VII
secolo a.C. ancora funzionante nel XIII secolo
e sprofondato per un terremoto nei primi anni
del 1600.
Un tesoro di archeologia subacquea che
meriterebbe l’attenzione del mondo intero,
testimonianza di come l’Adriatico sia stato da
sempre crocevia di importanti commerci e
culture profondamente diverse.
Le acque fanno da habitat a specie marine
In giroLUO
GHI24
diSergioScacchia mens2000@gmail.com
n.81
Millenari resti storici e presenze animali popolanoil tratto di costa denominato “Terre del Cerrano” in un autentico spettacolo della natura raccontato per voi
Prossima fermata: il Paradiso
25
di notevole pregio biologico tanto da far
nascere una sorta di osservatorio della fauna,
nei recessi più reconditi della monumentale
torre. Ci sono pesci di tanti tipi, cicale di mare,
granchi e alghe che colorano vivacemente un
paesaggio marino dalle tinte paragonabili ad
un dipinto ad olio. Esemplari di delfi ni nuota-
no a largo nelle zone più profonde, avvistati
dalle lancette dei pescatori.
La parte terrestre dell’oasi è habitat naturale
per uccelli migratori e avifauna stanziale, alla
ricerca costante di nutrimento e tranquillità
per i loro piccoli.
Tra le piante crescono spontanee erbe aro-
matiche dai profumi arabeggianti e importanti
fi oriture di “Rotulea Rollii”, nome scientifi co
dello zafferanetto delle spiagge che da queste
parti si credeva una essenza ormai estinta.
Sulla battigia il vecchio lupo di mare dal
viso appassito dal sole, la pipa in boc-
ca che sembra la pubblicità del “tonno
Nostromo”, è intento a rammendare le reti.
Mi guarda, stranito, poi sorride. Per lui il
mare è solo lavoro. n
n.81
ArcheologiaSubacqueain Adriatico
Si è svolta a Torre Cerrano a fi ne agosto
una interessante giornata dedicata
all’Archeologia Subacquea con la parte-
cipazione della professoressa Rita Auriemma
docente all’Università del Salento e conosciuta
anche oltre Italia per le sue ricerche e studi dei
reperti archeologici nelle profondità marine.
Una delle peculiarità dell’Area protetta del
Cerrano è la presenza nel fondo delle acque,
dei resti di un antico porto esistente dal VII
secolo a.C. ancora funzionante nel XII° secolo
e sprofondato per un terremoto nei primi anni
del seicento.
La colonia romana di Hatria, l’attuale Atri,
imbarcava da lì i propri oli, vini e spezie che
trasportava per commercio in tutti gli angoli
del Mediterraneo.
Si dice che Hatria abbia dato il nome al nostro
mare, Hatriaticum, oggi Adriatico.
Ed è dei porti antichi dell’Adriatico che la
Auriemma ha parlato.
Il titolo dell’intervento, molto apprezzato, è
stato signifi cativo:
“Archeologia Subacquea in Adriatico, rot-
te, navi e approdi nel mare dell’intimità”.
L’incontro è servito a capire le connessioni
con la più ampia rete di collegamenti esi-
stente nei tempi antichi con il resto del mare
Adriatico.
Una finestra che dà su un muro.
Piante secche. La panoramica
ascendente, foriera di viaggi
verticali, cioè interiori, su un uomo
steso a letto e circondato di oggetti tec-
nologici. Una stanza con due computer.
Davanti alla finestra, l’uomo del letto
bacia una donna: l’immagine sparisce e
resta il muro. L’inizio, piano, con i segni
della sconfitta e la tensione palpabile
di un riscatto imminente e possibile,
contiene già le tematiche del film. La
metafora del muro collocato di fronte,
l’amore perduto, un’esistenza appassita
che tuttavia può di nuovo essere appas-
sionata (espressa dai movimenti, lenti ma
visibili, di quella macchina in salita su un
corpo disteso e non assopito), gli interni
collegati all’esterno grazie alla tecnologia.
Anche lo stile, ondivago, deprivato di rac-
cordi e, come si vedrà, senza gerarchie
dei personaggi, c’è tutto sin dall’inizio.
Questa prima sequenza abbatte chia-
ramente il discrimine temporale a cui il
film rinuncia, in cambio di una narrazione
sospesa e mono tono. A parte la sparizione d’amore, barattata col
muro, e chiaramente riferita al passato perché quello stesso muro
apre (nel presente) il racconto, scopriremo che le piante sfiorite si
riferiscono a un periodo, un paio d’anni prima, di uno dei tre pro-
tagonisti, Amir (Amr Waked), progettista di software, arrestato per
attività sovversive e sottoposto, bendato, a torture sulle quali non ci
si sofferma più di tanto. Squarcio sugli uffici della Sicurezza statale,
presieduto dal funzionario Adel (Salah Al Hanafy): un labirinto di
porte che conduce ai luoghi di tortura. Un anziano, costretto a bere
liquidi e ingurgitare cibi, senza che possa far uso del bagno, costitu-
isce la pars pro toto dei sovversivi oppressi. All’esterno, la madre di
Amir cerca il figlio, arrestato senza che evidentemente ne sia stata
cine-festivalCIN
EMA
data comunicazione ai familiari, e raccoglie qualche informazione in
un clima di segretezza e umiliazione che dice molto, senza apparen-
temente dir nulla, sulla vita in Egitto sotto Mubarak. Al ritorno di lui a
casa, le condoglianze dei vicini: la madre è morta.
Ellittico ed economo, Winter of Discontent (El sheita elli fat), pur con il ricorso a didascalie cronologiche. Senza strepiti, povero di
spruzzate docu. Scelta sorprendente se si pensa al precedente film
di Ibrahim El Batout, Ein Shams (titolo internazionale: Eye of the Sun), ibridato con numerose immagini di repertorio, e considerati
pure i trascorsi del regista come videoreporter nelle zone calde della
storia. Anche Amir, con il quale l’autore probabilmente s’identifica,
è stato in Bosnia. L’opera si concentra quindi sugli interni domestici
«magri», perlustra quelle case oppressive dove in quei giorni non
era possibile restare, come riferito, con straordinaria eloquenza, da
un «giovane» sessantenne capitato davanti all’obiettivo dell’entu-
siasmante Tahrir di Stefano Savona.
Questo film è l’assoluto opposto del bel-
lissimo documentario italiano, anche se,
come quello, girato a caldo, con la piazza
del Cairo gremita di gente e il dittatore
ancora in scena.
Adesso tutto (o quasi) resta fuoricam-
po. Voci dalla finestra, esterni di notte,
corali ma non troppo, una sola immagine
autentica della ormai celeberrima piazza
Tahrir. Dall’alto, strapiena: commovente
pezzo di storia. Il prosciugamento dei
caratteri e del contesto rischia però
di delocalizzare, se non banalizzare,
la vicenda: una storia di oppressi e
oppressori riferibile a qualsiasi dittatura
del mondo. Oltretutto, quelle solitudini,
quegli interni tristi con computer come
quasi esclusivi interlocutori, omologhe-
rebbe l’inverno dello scontento arabo
all’inferno anaffettivo occidentale. Una
scelta voluta? Per dire di infelicità e
tirannie global(i)? «Sapevamo di essere
protagonisti di qualcosa di unico, la Ri-
voluzione in Egitto. E sapevamo che non
saremmo stati capaci di spiegare tutto:
per questo si è scelto di tenerci lontani dalla piazza, attenendoci a
raccontare, in interni, storie personali».
Sterzata verso il winter che precede la Primavera, allora. Oppres-
sione, dolore, sconforto, separazione dei corpi. «La nostra vita è
stata spezzata, hanno abbattuto fede e amore per la vita. Abbiamo
paura dei nostri figli, al punto da rinunciare al loro concepimento».
Lo dirà Farah (Farah Youssef), la ragazza che bacia(va) Amir, terzo
punto di vista della vicenda, dopo l’ex fidanzato e il funzionario
cattivo. La paura l’ha resa giornalista di regime, allontanandola
dall’uomo. Ma, durante la diretta sui fatti iniziati il 25 gennaio
2011, ritrova un sussulto di dignità. Dinanzi a una finta telefonata
26
Primavera d’inverno
diLeonardoPersia dimmitutto@teramani.info
n.81
Da Venezia 69, il primo film fictionsulla Rivoluzione d’Egitto
27esterna (proveniente in realtà dallo stesso
studio) tendente a gettare fango sui mani-
festanti e ad esaltare il lavoro della polizia,
chiede all’interlocutore, che riferisce di
trovarsi in piazza tra la folla, come mai
non s’ode rumore o voce alcuna. Scandalo
e costernazione dei colleghi. La macchina
da presa panoramica lentamente indietro,
mentre lei, con lo sguardo, procede rav-
veduta davanti allo specchio: immagine-
coscienza. Scatto in avanti che è per la
donna anche un ritorno ai giorni (probabil-
mente) indignati con Amir.
Qui il film si fa teorico. Il discorso di
cui sopra viene rivolto allo spettatore.
Diegeticamente, la giornalista sta invece
parlando a una telecamera, per inserire
clandestinamente la testimonianza in
qualche anfratto tecnologico. Le riprese
di un collega sono prima occultate (nello
sguardo in macchina della donna), poi
svelate (l’entrata in campo dell’operatore).
La rivoluzione d’Egitto è passata attra-
verso Internet, sms, telefoni satellitari,
tutto l’apparato moderno che il regista
oppone a quello studio televisivo cialtrone,
mistificatorio e spoglio. Più tardi, in piazza,
spetta invece alla parola non più a distan-
za smascherare gli atti vandalici, l’assalto
al museo orchestrato dal Potere. Quel
Potere, si dice, che, senza batter ciglio,
non esiterebbe a bruciare l’intero Paese,
se volesse. Al dispositivo cinematografico,
equiparato alla telecamera testimone
d’accusa, viene insomma riattribuito il
valore di medium moderno, strumento
di verità. Procedere indietro per andare
avanti. Amir e (è) il cinema. Sarà lui infatti
a diffondere on line il messaggio di Farah.
Decisione che lo riavvicina alla ragazza, e
all’aguzzino di stato Adel, accesso infero
alla rinascita. «Le storie personali del film
non potevano che parlare di oppressioni,
torture, con uomini fatti a pezzi, in un
n.81
meccanismo che, nella sua crudeltà, ha
però reso possibile questa rivoluzione».
Come nelle fiabe, perciò, il dominio
dell’Orco e del sortilegio (le piante violate)
provoca la segregazione di eroi e fanciulle.
Dall’oscurità decadente immediatamente
connaturata al lento risveglio, si passa al
chiarore del mare, riservato, nelle immagi-
ni finali, a vittime e carnefici. Immancabile
resoconto, sui titoli di coda, del numero
delle vittime e nessuna conclusione
«forte». L’Inverno/Inferno non è ancora un
Paradiso. Soltanto una prima-vera, il prelu-
dio a un possibile riscatto. «Il popolo farà
la scelta giusta, dategli tempo: il pulcino
nascerà e potrà crescere e volare». n
P arte un’altra stagione per la Teknoelettronica Teramo del Presi-
dente Gianni Tanzi Roster attrazione giovanile ed esperienza in
alcuni elementi chiave, sono gli ingredienti che i dirigenti bianco-
rossi hanno mescolato per ottenere la squadra che parteciperà
al campionato di Prima Divisione Nazionale. Eh si, la serie A Elite non c’è
più: la Federazione ha deciso in estate di inglobare le squadre di Elite a
quelle di A1 in un unico campionato diviso in tre gironi orizzontali. Cosa
vuol dire orizzontali? Vuol dire che, ad esempio, il CUS Palermo non si ri-
troverà a giocare la regular season con il Bozen (Bolzano), costringendo
quindi società e squadre a trasferte epiche che in tempo di crisi non ci
si può permettere. Il girone A è stato quindi assegnato alle squadre del
Nord, il girone B a quelle romagnole e marchigiane più Sassari, il girone
C vede la partecipazione delle squadre del centro-sud tra cui, appunto,
la Teknoelettronica. La squadra del tecnico Marcello Fonti (riconfermato)
se la vedrà con le altre due compagini abruzzesi, ovvero Chieti e Città S.
Angelo, ritrova Fasano , Conversano e Noci e da il benvenuto a Putigna-
no, Lazio, Fondi, Gaeta e Palermo.
Le prime due squadre di ogni girone e le migliori due terze della regular
season (che si disputerà dal 22 settembre al 30 marzo), parteciperanno
al playoff scudetto. Le ultime due classificate retrocederanno diretta-
mente in A2. Per quanto concerne la Coppa Italia si giocherà una Final
Four al termine del girone andata tra le prime classificate di ogni girone,
più la migliore seconda tra i tre gironi. Altra novità sono gli stranieri: se
ne può mandare in campo solo uno. La Teknoelettronica è stata capace
di seminare negli anni scorsi, lavorando tanto sui giovani teramani ed
ora ha la fortuna di poter contare, per la nuova stagione, su un roster
giovane ma pronto per la serie A.
In porta è stato riconfermato Matteo Di Marcello e Filippo Di Giandome-
nico (ha già vestito la maglia azzurra) è pronto a sostituirlo nel ruolo di
ala destra., la Tekno può contare su Andrea Leodori e su Luca Cantucci.
RiccardoDi Giulio, Alessandro Murri e Marco Almonti sono invece i gio-
vani terzini destri a disposizione di Fonti, mentre il nuovo capitano Paolo
Di Marcello (Andrea Di Marcello è andato a Prato) e Federico Marano
sono i centrali.. nel ruolo di pivot la Tekno può contare sull’esperienza di
Roberto Conigliaro e Francesco Angeletti, oltre al giovane Massimo Di
Giambattista. Vuk Milosevic, montenegrino è invece lo straniero scelto
dallo staff biancorosso per la nuova stagione: terzino sinistro, ha solo
25 anni, ma già tanta esperienza. Simone Arduini e Adriano Valeri sono
gli altri due terzini sinistri del roster. In chiusura, come alla sinistra, c’è il
riconfermato e “sicilianissimo” Vito Vaccaro, oltre a Davide Barbuti.
Dal punto di vista politico, invece, c’è molto fermento in giro visto che,
da qui a poco, ci saranno le elezioni per la scelta del nuovo Presidente
e quindi la formazione del nuovo Consiglio Federale che governerà per i
prossimi 4 anni. n
Pallamano28n.81
SPORT Teknoelettronica
Le novità in campo
dallaRedazione dimitutto@teramani.info
Anche quest’anno i vigneti della provincia di Teramo hanno
subito le conseguenze della siccità. L’andamento climatico
di un’estate che ha portato alte temperature e pochissime
piogge fa infatti annunciare una vendemmia generalmente in
calo del 15% rispetto all’anno 2011. Lo fa sapere la Coldiretti Teramo
sulla base di un primo resoconto da parte delle cantine locali
evidenziando che la diminuzione della resa è però accompagnata
da un buon livello qualitativo delle uve: «la qualità delle uve appare
buona grazie soprattutto alle ultime piogge che hanno consentito
di raccogliere grappoli ricchi e dalla gradazione equilibrata - ha
dichiarato Flaviano di Giampietro enologo dell’omonima azienda di
Giulianova – ma si registra un calo quantitativo rispetto allo scorso
anno di circa il 15%», opinione condivisa anche da Giovanni Faraone
dell’omonima azienda di Giulianova, Maria Luisa Pompili della
cantina Frontenac di Martinsicuro, Caterina Cornacchia della cantina
29
VendemmiaColdiretti informa
diRaffaelloBetti Direttore Coldiretti Teramo
ECONOM
IA Barone Cornacchia di Torano che si dichiarano soddisfatti della qua-
lità e che evidenziano la stessa percentuale di flessione quantitativa
rispetto allo scorso anno.
«I terreni hanno sofferto molto nei mesi estivi, mentre i grappoli
esposti al repentino e drastico calo delle temperature dei giorni
scorsi hanno subito danneggiamenti – ha spiegato Giuliano Tavoletti
della cantina Tavo-
letti Lidia e Amato di
Controguerra – e se
alcune uve sono mi-
gliori rispetto all’anno
scorso, la riduzione
nella quantità è
stata di circa il 15%».
Uniche eccezioni al
trend generale la
Cantina Colonnella
che fa registrare lo
stesso andamento
dello scorso anno, mentre la cantina Edda Marozzi di Martinsicuro,
più penalizzata dalle condizioni climatiche, ha stimato una flessione
maggiore rispetto alle altre e che si attesta intorno al 20%.
Dopo le piogge che hanno dato un po’ di sollievo ai vigneti affaticati
da un’estate da record gli agricoltori tornano così tra i filari per rac-
cogliere i vitigni a bacca rossa e portare avanti la vendemmia con
la speranza che una buona escursione tra il giorno e la notte porti a
completamento la maturazione delle uve. n
n.81
Produzione contenuta,ma di buona qualità
S i volta decisamente pagina. Una categoria di differenza
sembra poco, appena un gradino più in alto. La serie D è
la massima espressione del dilettantismo che sa molto di
professionismo quanto a contenuti tecnici e organizzativi,
almeno per tante blasonate Società che ne fanno parte. Una diversa
qualificazione giuridica dei calciatori e per altri aspetti di non poco
conto, di fatto aumenta il divario tra le due categorie. Nei dilettanti il
calciatore è
un collabo-
ratore della
società non
ben definito
ed anche
l’aspetto
economico
contribuisce
a tenere
vago il
rapporto,
mentre nei
professionisti
lo stesso è un dipendete della Società con
tutte le garanzie contrattuali e contributive
di un qualsiasi altro lavoratore.
La netta connotazione che il calciatore
assume nei professionisti ha come conse-
guenza un aggravio di spesa per la società
titolare delle prestazioni per effetto degli
oneri contributivi che gravano sulla stessa.
C’è poi da considerare che la Federazione
chiede garanzie e adempimenti non riscon-
trabili nei dilettanti.
Terminata la rincorsa, dopo quattro lunghi
anni il Teramo si presenta ai nastri di parten-
za con le carte in regola per fare un buon
campionato in Seconda Divisione con l’obiettivo minimo di conser-
vare la categoria. Si sa che l’appetito vien mangiando, per cui se si
dovesse presentare l’occasione e se le cose dovessero andar bene,
come si spera, i play-off potrebbero rappresentare un secondo obiet-
tivo niente male. Per i buon gustai del calcio la cavalcata vincente
nell’ultimo campionato di Serie D è stata una perla da incorniciare
e resterà nella storia del calcio teramano come una delle migliori
stagioni sportive biancorosse.
Bel giuoco e grande autorevolezza in campo con qualità tecniche
invidiabili è difficile rivederli quest’anno. Il futuro immediato sarà di-
verso, per obiettivi e scelte della società legate ad una parsimoniosa
gestione, senza eccessi e improntata ad un sano bilancio che più in
là potrebbe riservare sorprese positive. La Società ha scelto la linea
giovane per mantenere l’equilibrio tra il campo e la partita doppia dei
propri conti. I nuovi orizzonti del calcio vanno verso questa direzione
e forti sono le raccomandazioni degli organi federali nel propinare
incentivi affinchè si affermi definitivamente un “modus operandi”
nella gestione delle società sportive
con i giusti equilibri senza ricorrere
ad artifizi che inevitabilmente, nel
tempo, si ripercuotono negativamen-
te sull’attività della stessa.
Il riconfermato vertice dello staff
tecnico (Cappellacci e Di Giuseppe)
è chiamato ad attuare la linea che
la Società ha scelto, non per stupire
come nelle passate stagioni, ma per
dare consistenza ad un progetto
positivo e lungimirante. L’organico
attuale, giovane e con elementi
esperti in grado di assicurare la giu-
sta maturità, è sicuramente in grado
di assicurare risultati
che dovrà condurre la
barca biancorossa al
traguardo di fine sta-
gione. Al riconfermato
asso centrale di difesa
(Serraiocco, Ferrani,
Speranza) unitamente
al laterale Chovet, ai
centrocampisti Valentini
e Petrella, e all’ariete
Bucchi, si aggiungono i nuovi
arrivati Coletti, Bellucci, De
Stefano, Di Paolantonio,
Scipioni e tanti altri. L’ottimo
gruppo dovrà vedersela con
agguerrite formazioni incluse
nel girone B nazionale dove
regna grande equilibrio. Si dovrà lottare dal primo all’ultimo minuto
di ciascuna gara ed ogni mattone sarà utile per costruire il muro
che dovrà separare la zona tranquilla della classifica da quella della
retrocessione. L’inizio è duro e non sempre si riesce ad esprimere
il vero valore. Conforta la tenuta e il buon carattere della squadra
anche in assenza del risultato positivo. Anche se non è la macchina
da goal della passata stagione, quella di quest’anno sembra essere
squadra equilibrata che non subisce l’avversario, se non a tratti, per
riproporsi a sua volta con forza e determinazione.
Se non emerge perentoriamente nei confronti dell’avversario, nem-
meno si fa mettere sotto nettamente. Come inizio sembra essere
una buona garanzia e quando l’assetto della squadra avrà raggiunto
il livello ottimale, risultati e classifica saranno sicuramente migliori. n
Calcio30n.81
diAntonio Parnanzone dimitutto@teramani.info
SPORT Teramo
Calcio
duemiladodici|duemilatredicidirettore artistico Ugo Pagliai
Teramo Teatro Comunale
Regione AbruzzoProvincia di Teramo
Città di TeramoFondazione Tercas
Camera di Commercio di Teramo
Inizio campagna abbonamentilunedì 24 settembre 2012
Per informazioni: Ente Morale Societàdella Musica e del Teatro “Primo Riccitelli”via Nazario Sauro, 27 • 64100 Teramotel. 0861/243777 • fax 0861/254265info@primoriccitelli.itvendita on-line su www.primoriccitelli.it
Teatro ComunaleVia Rozzi, 3 • 64100 Teramotel. 0861/246773 • fax 0861/241520
Martedì 30 ottobre ore 21 (Turno A)Mercoledì 31 ottobre ore 17 (Turno C)Mercoledì 31 ottobre ore 21 (Turno B)
Ercole Palmieri per Ghione Produzionie Goldenart Production
Michele PlacidoRE LEAR
di William Shakespeareregia di Michele Placidoe Francesco Manetti
Martedì 27 novembre ore 21 (Turno A)Mercoledì 28 novembre ore 17 (Turno C)Mercoledì 28 novembre ore 21 (Turno B)
Teatro Stabile di Calabria / Teatro Quirino
Geppy GleijesesMarianella BargilliMISERIA E NOBILTÀ
di Eduardo Scarpettaregia di Geppy Gleijeses
Martedì 4 dicembre ore 21 (Turno A)Mercoledì 5 dicembre ore 21 (Turno B)Giovedì 6 dicembre ore 17 (Turno C)
Chi è di Scena Srl
Vincenzo SalemmeIL DIAVOLO CUSTODE
di Vincenzo Salemmeregia di Vincenzo Salemme
Giovedì 10 gennaio ore 21 (Turno A)Venerdì 11 gennaio ore 17 (Turno C)Venerdì 11 gennaio ore 21 (Turno B)
Casanova Multimedia
Luca BarbareschiIL DISCORSO DEL REdi David Seidlerregia di Luca Barbareschi
Martedì 29 gennaio ore 21 (Turno A)Mercoledì 30 gennaio ore 17 (Turno C)Mercoledì 30 gennaio ore 21 (Turno B)
Teatro Stabile del Veneto
Ugo Pagliai • Paola GassmanWORDSTAR(S)di Vitaliano Trevisan regia di Giuseppe Marini
Lunedì 18 febbraio ore 21 (Turno A)Martedì 19 febbraio ore 17 (Turno C)Martedì 19 febbraio ore 21 (Turno B)
Artù
Antonio Catania, Gianluca RamazzottiMiriam MesturinoSE DEVI DIRE UNA BUGIADILLA ANCORA PIU’ GROSSA
con la partecipazione straordinaria diRaffaele Pisu e con Nini Salerno
di Ray Cooneyregia di Gianluca Guidi
Mercoledì 13 marzo ore 21 (Turno A)Giovedì 14 marzo ore 17 (Turno C)Giovedì 14 marzo ore 21 (Turno B)
Agidi srl
Angela FinocchiaroMichele Di MauroOPEN DAY
di Walter Fontanaregia di Ruggero Cara
Martedì 26 marzo ore 21 (Turno A)Mercoledì 27 marzo ore 17 (Turno C)Mercoledì 27 marzo ore 21 (Turno B)
Cardellino srl
Silvio OrlandoIL NIPOTE DI RAMEAU
di Denis Diderotregia di Silvio Orlando