Transcript of 10.00 Capitolo 48 e poiché i miei servi sono privati della loro volontà e vestiti della mia, non...
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- Capitolo 48
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- e poich i miei servi sono privati della loro volont e vestiti
della mia, non sentono pena afflittiva, ma sono sazi, sentendo Me
presente per grazia nelle loro anime. Ti ho detto che solo la
volont d pena all'uomo;
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- Quelli che non hanno Me, non possono saziarsi, anche se
possedessero il mondo; poich le cose del mondo sono minori
dell'uomo, essendo fatte per l'uomo, non l'uomo per esse; e perci
egli non pu esser saziato da loro.
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- Io solo, lo posso saziare. Questi miserabili, posti in tanta
cecit, sempre si affannano, mai si saziano, e desiderano quello che
non possono avere, perch non li dimandano a me, che li posso
saziare.
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- Tu sai che l'amore d pena alla creatura quando ella perde
quella cosa a cui si congiunta con l'affetto.
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- Essi con l'amore si sono conformati alla terra in modi diversi;
perci sono diventati terra.
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- Vi chi fa una tale conformit con la ricchezza, chi con lo
stato, chi coi figlioli; chi perde me per servire alle creature,
chi fa del suo corpo un animale bruto e immondo; e cos, in diversi
stati, appetiscono e si pascono di terra.
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- Vorrebbero che questi beni fossero stabili, ma non lo sono,
anzi passano come il vento; perch, o vengono loro meno per via
della morte, oppure mia disposizione, che siano privati di quello
che amano.
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- Privati che ne sono, sostengono pena intollerabile, e tanto il
dolore della perdita, quanto fu l'amore disordinato con cui li
possedettero.
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- Se li avessero tenuti come cosa prestata, e non come cosa loro,
li avrebbero lasciati senza pena.
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- Hanno pena, perch non hanno quello che desiderano, n il mondo
pu saziarli. Non essendo saziati, provano pena.
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- Continuamente si rode, e prima uccide s, cio l'anima sua, che
il suo nemico. Il primo morto lui stesso, che si uccide col
coltello dell'odio.
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- Quanta pena sostiene l'avaro, che per avarizia riduce
all'estremo le sue necessit! che per avarizia riduce all'estremo le
sue necessit! Quanto tormento ha l'invidioso, che sempre si rode
nel suo cuore, e non gli lascia prendere diletto del bene del suo
prossimo! che sempre si rode nel suo cuore, e non gli lascia
prendere diletto del bene del suo prossimo!
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- Hanno preso la croce del demonio, gustano la caparra
dell'inferno in questa vita e vivono come infermi di tante malattie
diverse, se non si correggono, e ricevono poi morte eterna. Da
tutte quante le cose, che i peccatori amano sensitivamente,
traggono pena con molti timori disordinati.
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- Costoro vengono feriti dalle spine delle molte tribolazioni,
tormentando se stessi con la propria volont disordinata.
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- la loro anima e il loro corpo passano tra pene e tormenti senza
merito alcuno, perch non sopportano le fatiche della vita con
pazienza, ma con impazienza, avendo posseduto e acquistano l'oro e
le delizie del mondo con amore disordinato.
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- Restano cos privi della grazia e dell'affetto della carit. Sono
divenuti come alberi di morte; perci tutte le loro operazioni sono
morte.
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- Vanno con pena per il fiume annegandovi, e giungono all'acqua
morta, passando con odio per la porta del demonio e ricevendo
l'eterna dannazione.
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- Hai veduto ora come essi s'ingannano, e con quanta pena vanno
all'inferno, facendosi martiri del demonio.
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- E' la nuvola dell'amor proprio, posta sopra la pupilla del lume
della fede.
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- Hai pure veduto come le tribolazioni del mondo, da qualunque
lato vengano, nuocciono corporalmente ai miei servi, che sono
perseguitati dal mondo, ma non spiritualmente, perch si sono
conformati alla mia volont; perci sono contenti di sostenere pena
per me.
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- Invece i servi del mondo sono percossi dentro e fuori; in modo
particolare sono colpiti internamente dal timore di perdere quello
che posseggono, e dal desiderio di quello che amano e non possono
avere.
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- Non sarebbe sufficiente la tua lingua a narrare tutte le altre
fatiche, che seguono a queste due, che sono le principali.
Comprendi, dunque, come in questa stessa vita hanno miglior partito
i giusti che i peccatori.
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