UNA FINESTRA SULLA BIBLIOTECA DI MONTEVERGINE
L'Eremo dell'Incoronata nette note di possesso degli esemplari
dell'abbazìa di MonteVergine
Parte prima
(di Anna Battaglia)
N el lavoro di catalogaziene dei fondi librari o mano- scritti si
riscontrano spes-
so numerose annotazioni; in mol- ti casi si tratta dei cosiddetti
ex libris o note di possesso, che per- mettono di far luce su chi
ha pos- seduto o si è servito di un partico- lare libro o
documento. Il compito del bibliotecario o dell'archivista non è
solo quello di descrivere at- traverso gli inventar! o la scheda
catalografica i vari esemplari (ope- razioni queste, non certo
sottovalutabìli!) o dare disposizioni circa il loro uso o restauro,
ma è anche di studio e di ricerca.
Approfondire le vicende con- nesse al libro o al documento vuoi
dire fornire strumenti di conoscen- za della nostra storia,
cultura, an- che se legati ad un particolare aspetto o ambiente o
momento storico.
Tra gli ex libris è particolarmen- te ricorrente quello
formulato
come Eremi Sancii Mariae Coronatae o ...S.si Eremi S; R. Ordinis
Camaìduìensis Montis Coronae od ancora Sacrae (sic!) Eremi Sanctae
Mariae Coronatae, che ha lasciato ampie tracce sui volumi dei
secoli XVI - XVII, in un tipo di scrittura che è ipotizzabile
ascrivere allo stesso periodo o ad un periodo immediatamente
suc-
cessivo alla data di stampa. Esso indica l'antica appartenenza di
tali esemplari al monastero camaldo- lese dell'Incoronata di
Sant'Ange- lo a Scala, che sorgeva in una pic- cola valle della
catena del Partenio, detta Ghiaia.
Ivi giunsero Giulio da Nardo, futuro beato, e Giovanni da Figuera
di nazionalità spagnola intorno al 1557. Giovanni Advo- gario nel
suo manoscritto intitola- to Fondazioni degli Eremi di Mon- te
Corona del secolo XVIII presen- te nel monastero dei Camaldoli in
Arezzo, con segnatura "Camal- doli", Archivio, CM, 629, facendo
riferimento ai due nobili giovani, dice che: «...abitavano in una
picciola casuccia, poco lontana dalla chiesa della B.ma Vergine, le
di cui vestigie et raccinate mu- raglie oggi si vedono, poste nella
bocca dì detta valle nella punta della montagna in una precipito-
sa balza, che per essere come un promontorio o collicello di detta
montagna, li paesani la chiama- no il Castelluccio... Il buon esem-
pio di questi solitarj uomini trasse maggiormente devozione di que-
sto sacro luogo...». I due si distin- sero talmente nella loro vita
eremitica al che i signori di San- t'Angelo a Scala, marchesi Cara-
fa, gli fecero erigere una chiesa solida ed ampia. In essa fu
posta, come dono della città di Noia, una bellissima statua di
legno della Madonna ornata con una corona regia, la cosiddetta
Vergine Inco- ronata, la cui denominazione si estese
successivamente a tutto l'eremo che nel 1577 fu affidato alla
congregazione camaldolese degli eremiti di Monte Corona, seguaci
della regola di San Bene- detto, per volontà del papa
GregorioXIll.
Il monastero dell'Incoronata
IL SANTUARIO DI MONTEVERGINE
s'ingrandì notevolmente con i ca- maldolesi; alla fine del Seicento
era per importanza al secondo po- sto dopo la casa madre dei Ca-
maldoli in Toscana ed ospitava all'incirca trentacinque
eremiti.
Attualmente di quel ricco e magnifico complesso ne restano solo i
ruderi poiché, ancor prima delie soppressioni del governo
napoleonico, era già stato demo- lito e reso inutilizzabile,
essendo stato rifugio del colonnello borbo- nico Michele Pezza,
noto come fra' Diavolo. La platea del regio agrimensore Biase Zizza
del 1701, custodita nell'archivio sto- rico diocesano "Benedetto
XIII" della città di Benevento, ci permet- te di ricostruire
l'esatta ubicazione dei vari corpi di fabbrica. Succes- sivamente
lo scrittore Giovanni Zigarelli nel suo Viaggio storico artistico
al reale Santuario di Montevergine. del 1860 alla p. 336 fa una
descrizione molto mi- nuta dell'eremo che era «... chiu- so da mura
e due porte vi davano l'ingresso: l'interno per istituzione
mostravasi sparso di celle con do- mestici oratori], provveduti di
pic- coli giardini, ed in distanza dilun- gava vari uffici del
romitorio: quivi ia sala delle adunanze, una buo- na
biblioteca...».
Negli eremi camaldolesi infatti erano ammessi lo studio ed i mez-
zi per coltivarlo ; ognuno aveva la sua libreria, come si può
desume- re dalla Regola di san Benedetto con le Costituzioni degli
eremiti di san Romuaido dell'ordine camal- c/o/esedel 1595.
L'addetto alla bi- blioteca o librario aveva un ruolo molto
importante, essendo consi- derato come secondo responsa- bile delle
cose contenute nell'ere- mo ed in particolare doveva ave- re
massima cura della biblioteca, ponendo i libri in ordine a
secon-
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da delle materie, assicurandosi sul loro stato ed integrità. Anzi
il religioso era obbligato a redigere un catalogo od indice nel
quale annotare il nominativo degli ere- miti che adoperavano i
libri poi- ché in quei piccoli centri si con- duceva davvero una
vita molto studiosa.
Anche presso l'eremo di San- t'Angelo a Scala si coltivavano
gli
studi non solo sacri. Il padre Luca Ispano, su- periore maggiore
della Congregazione dell'In- coronata al tempo dei fondatori, come
ci rife- riscono gli Annali Ca- maldolesi fu l'autore della famosa
Romual- dina. la storia della fa- miglia eremitica dall'or- dine di
Monte Corona, che fu pubblicata pres- so l'eremo Veneto di Rua nel
1587, dove aveva sede una delle tante tipografie camal- dolesi.
Diverse sono le edizioni dei secoli XVI - XVII presenti attual-
mente tra i fondi della biblioteca di Monte-
vergine provenienti dal monaste- ro dell'Incoronata, come ci
attestano gli ex librìs. Sono volu- mi che trattano di patristica,
filo- sofia, liturgia, oratoria sacra: tra di essi spiccano quelli
relativi alla storia di Montevergine e del suo fondatore, come
l'opera di Felice Renda intitolata Vita et obitus...
GuiìielmiVercellensis... del 1581.
IL SANTUARIO DI MONTEVERGINE
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Una finestra sulla biblioteca di Montevergine
L'eremo dell'Incoronata nelle note di possesso degli esemplari
dell'abbazia di Montevergine Parte seconda - (di Anna
Battaglia)
20
La scrittura del seco- lo XVI - XVII con la quale sono for- mulate
le note di
possesso ha permesso un riscontro sul primo inven- tario della
biblioteca pre- sente nell'archivio dell'ab- bazia, contenuto nella
bu- sta contrassegnata con il n. 260. Alla fine si legge il nome
del compilatore Ur- bano de Martino, convali- dato da diversi
testimoni all'epoca del decano D. Matteo Galdieri. Da esso si
evince l'esistenza di tali testi nell'abbazia sin dal lontano 1694,
anche se non viene specificata la presenza di ex libris; non si
tratta infatti di un lavo- ro scientifico, ma di un solo elenco dei
nomi degli autori con il titolo appros- simativo delle opere sud-
divise per materia. Le stes- se sono presenti, con de- scrizione
più particolareg- giata, anche negli inventa- ri successivi del
1763.
Il perché tali volumi sia- no pervenuti a Montever- gine ed
esattamente quan- do, restano comunque in- terrogativi a cui è
difficile dare una risposta; si potreb- be supporre forse portati
dal beato Giulio. Luca Ispa-
IL SANTUARIO DI MONTEVERGINE
SALVIANI, EPISCOPI MASSJLIENSIS
MA XI MI TuirmcnlTi Imnilic. P A C I A N 1 Hnci I oi.rafi.Jc
pnuinina i SVLTICI I &IUR ber* htl£,u l,bn jul
R O M A E . M D I . X I V . Apud ?iuluro Muruuiim , Aldi F.
IN AED1BV5 POPVtl ROMANI.
Cum priuilcgio Pii l i l i . Pone Max.
no ci riferisce nella sua ope- ra, molto attendibile poiché
contemporanea ai fatti acca- duti, che mentre Giovanni da Figuera
passò subito tra i camaldolesi di Monte Co- rona, l'eremita di
Nardo, decise di andar via subito da quel luogo e dì recarsi a
Montevergine, dove era già noto. I verginiani nel terri- torio di
Sant' Angelo a Sca- la avevano il priorato di- pendente di San
Giacomo ed erano dunque a cono- scenza di tutto ciò che vi
accadeva. D'altronde il be- ato Giulio, trasferitosi a Montevergine
dopo circa ventidue anni dalla fonda- zione dell'Incoronata vi
si
recava spesso a lodare il Si- gnore, data la vicinanza ed ivi
veniva accolto in qualsi- asi momento dai padri camaldolesi i quali
gli forni- vano tutto, oltre al vitto ed all'alloggio, anche il
vestia- rio. Egli non volle mai ag- gregarsi agli eremiti dì Mon-
te Corona per motivi che non ci sono noti, anche Luca Ispano non ce
li chia- risce. Nel libro quarto del capitolo Vili della sua ope-
ra Romualdine alla pagina 173 si può leggere l'espres- sione
«Julius vero inde recede- re maluit» (Giulio in verità preferì
allontanarsi da quel luogo) senza altra spiega- zione che non ci
viene for- nita nemmeno da coloro che hanno scritto successi-
vamente. 11 motivo del com- portamento dell'eremi- ta di Nardo è
intuibile forse nel fatto che, insieme a Gio- vanni, egli aveva
pensato, per continuare l'opera in- trapresa all'eremo dell'Inco-
ronata, dì affidarsi ai cas- sinesi. Il papa Gregorio XIII, ,
informato dal cardinale Carafa, ritenne invece op- portuno chiamare
gli eremi- ti di Monte Corona poiché gli sembravano più adatti in
quanto abitanti di luoghi deserti e dunque abituati a *•
vita solitària sotto obbedien- za. Questa decisione con- vinse
tutti : si pensò che il papa avesse avuto un'ispi- razione divina
ed anche Giulio sì uniformò a tale volere, come tutti i vergi-
niani e lo si desume dagli atti capitolari del 1593 (bu- sta 176,
cc. 266-268). E casi il futuro beato decise di tra- sferirsi a
Montevergine, dove era possibile concilia- re lo spirito eremitico
e la necessità di svolgere un vero e proprio apostolato tra i
fedeli.
-
PHILQSOPHICVM
Esempio di frontespizio con la nota di possesso dell'Eremo
dell'Incoronata.
e sacerdotale per la sua grande humiltà, che però fu chiamato fra e
non don Giulio...»
Ma il beato non fu il so- lo religioso in quegli anni a spostarsi ;
negli elenchi manoscritti del P. Giovan- ni Mongelli relativi alla
famiglia di Montevergine degli anni 1594-1600, altri camaldolesi
risultano esse- re monaci verginiani come Rodolfo e Girolamo Peru-
gino. Quest'ultimo fu aba- te di Montevergine dal 1594 al 1599 e
collaborò con il commissario aposto- lico Giovanni Leonardi
nell'opera dì riforma della congregazione verginiana, da cui
scaturirono le nuo- ve Costituzioni , promul- gate da Clemente Vili
nel 1599. Questi aveva consta- tato che i verginiani si era- no
allontanati non poco dall'osservanza della rego- la di San
Benedetto; in seguito alle varie visite a Montevergine, che misero
in luce il cattivo stato del- la congregazione, vi fu un progetto
di unione dei camaldolesi con i vergi- niani. In un incartamento
contenuto nella busta n. 199 è rimasto un abbozzo
IL SANTUARIO DI MONTEVERGINE
di Capitulationi che avreb- bero dovuto regolare la stessa unione.
Ivi si può leggere alla e. 6 verso «... che lo... abbate
generale... un triennio habbia a cre- arsi dalla parte de li Padri
Camaldolesi. L'altro trien- nio dalla parte delli Padri di Monte
vergine... che l'una congregazione godi immunità, dignità e privi-
legi dell'altra.... che li pa- dri di Montevergine por- tino
l'abito totalmente conform'a quello che di presente usano li
camaldo- lensi tanto nelle provincie della congreg.ne Camaldo-
lense come nella provincia di Montevergine la quale per l'avvenire
debba chia- marsi la provincia di Na- poli dell'ordine Camaldo-
lense...». Tali norme diven- tano man mano più parti- colareggiate
interessando- si anche allo studio «...che nel ricevere gli
novitii, non se ne ricevono se non per- fetti in grammatica attale
se possono subito dare al studio della logica e nel
resto......
Nonostante sia rimasto solo un tentativo, poiché l'unione non si
consolidò mai effettivamente, tut to ciò ci fa comprendere che i
rapporti con i camaldo- lesi furono intensi e parti- colari, il che
spiegherebbe la presenza a Montever- gine degli esemplari pro-
venienti dall'Incoronata.
I contatti si protrassero nel corso dei secoli, come ci dimostra la
documentazio- ne archivistica, (inventario sec. XV-XX, busta n. 5,
8). Con le soppressioni del 1807
buona parte della bibliote- ca dell'Incoronata fu inca- merata
ufficialmente dal monastero di Montever- gine, ma successivamente
nel 1838 ci fu una vertenza poiché i camaldolesi richie- devano la
restituzione del- la libreria del soppresso eremo. In data 21
agosto 1838 (busta 261) il superio- re maggiore D. Parisio Ma- ria,
a nome di tutta la comu- nità camaldolese, scrive al- l'Intendente
di Principato Ultra e per conoscenza an- che all'abate, affermando
che «... nell'anno 1806 es- sendo stato soppresso l'eremo dell'
Incoronata di Sant'Angelo a Scala, fu nel- la stessa epoca
consegnata la libreria di detto eremo al real Monistero di Monte-
vergine. Essendo poi stata repristinata la congregazio- ne
camaldolese hanno pen- sato riaquistare (sic!) detta libreria. Ne
danno avanza- ta supplica a sua Eccellenza il Ministro
dell'Ecclesiastico, iì quale ha dato gli ordini opportuni e
favorevoli a tal uopo. Intanto siccome il monistero di Montevergine
nel ricevere la libreria per mano del demanio cacciò fuori un
ricevo unito all'in- ventario perciò è necessario far ricerca di
detti ricevi ed inventario...». Alla richiesta ci fu la risposta
dell'11 no- vembre 1838 indirizzata al- l'abate Raimondo Morales al
Visitatore Generale dei Camaldolesi, priore del S.mo Salvatore di
Napoli: «... in tempo dell'occupazio- ne militare furono dati po-
chi libri a questo Monaste- ro, pure non si sa donde
erano pervenuti e rimasero in modo confusi nella mas- sa degli
altri libri di questa biblioteca, che non potreb- bero più
riconoscersi, ancho perché tutti i libri antichi e nuovi, hanno
ricevuto in seguito una novella liga- tura. Qualunque fosse sta- ta
la provenienza di tali li- bri, essi furono donati a questo
monistero, ne si sa- rebbero ad altro titolo rice- vuti; e formando
una parte della nostra biblioteca, non si può ne da me, ne da chi-
chesia estrarne neppure un foglio, senza incorrere in gravissime
censure pronun- ziate dalla Santa Sede con appositi Brevi
Apostolici...».
L'abate allude soprattut- to alla bolla di Clemente XII relativa
alla scomunica Latae SentenHae riservata a sé ed ai suoi successori
prò tempore contro coloro che avessero ardito estrarre li- bri
dalla biblioteca. Succes- sivamente ci fu un rescrit- to di
Clemente XIII in fa- vore dei soli lettori della congregazione di
Monte- vergine. Ma, comunque si- ano andate le cose e per- ché, nel
passato e poi suc- cessivamente, rimane il fatto che le opere
prove- nienti dal monastero del- l'Incoronata attualmente
arricchiscono il già vasto ed importante patrimonio della
biblioteca di Monte- vergine e se talvolta si ri- scontrerà nella
lettura la nota di possesso di riferi- mento, il fatto ci farà
forse riflettere su tutte le vicen- de collegate che fanno parte
della nostra vicina storia locale.
SANTUARIO DI MONTEVERGINE