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Le lettere per questarubrica vanno inviatealla redazione di

TOSCANA OGGIVia dei Pucci, 250122 Firenze

email: [email protected]

Si raccomanda di non superare le trenta righedattiloscritte.

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aro direttore, la trasmissione tv Parla con me, condot-ta dalla Sig.ra Dandini, ha saputo raggiungere qual-

che giorno fa punte inattese di pesante sgradevolezza.Mi riferisco alle rancide sguaiataggini scagliate control’on.Binetti ed in generale contro il sentire religioso dimolti. Commuove che la Signora Dandini e soci si bat-tano eroicamente per la libertà di pensiero ed espressio-ne. Ma tale eroismo appare alquanto dubbio, alla lucedei pesanti dileggi riservati a chi, come l’on. Binetti, osapensare liberamente e liberamente esprimersi. Che direpoi delle indecorose parodie del «Padre nostro» e dellaConfessione sacramentale, inscenata da gente assai po-co illuminata? S’illudono, costoro, che noi siamo di-sposti a «porgere l’altra guancia» sempre e comunque,ma ricevere schiaffi soprattutto da certe mani ci ripugnaprofondamente. Non siamo l’«Armata Brancaleone»che qualcuno ci ritiene e non siamo neanche tanto po-chi. Ne prendano buona nota anche i responsabili delletrasmissioni tv. Mi auguro vorrà gentilmente conceder-mi un po’ di spazio.

Ciro Rossiindirizzo email

C ccolo accontentato, caro Rossi. Le abbiamo dato lo spaziorichiesto. Lo facciamo volentieri, così come vorremmo far-

lo con tutti coloro che ci scrivono, anche se non sempre, permotivi proprio di spazio, è possibile accontentarli. Detto que-sto, sono d’accordo con lei che spesso la libertà di espressionela si invoca per sé e la si nega agli altri. Ho già avuto anchemodo di dire, la scorsa settimana: ben vengano i parlamenta-ri che dicono di aver votato secondo coscienza e non secondogli ordini di partito. Per quanto riguarda il «porgere l’altraguancia», potrei citarle una battuta del compianto direttoreAlberto Migone quando diceva che «di guance ne abbiamosolo due». E non era certo un bellicoso, anzi: era un mite. Macosì dicendo intendeva che ci sono cose di fronte alla quali èanche giusto reagire. E di fronte a certe trasmissioni ci si puògiustamente indignare, senza però invocare se siamo pochi otanti e facendo attenzione che non sono solo queste le tra-smissioni e le mani che ci danno gli «schiaffi». Pensi, adesempio, a che «ceffoni» prendiamo dall’appena iniziato Grande fratello o dall’Isola dei famosi in arrivo verrà....Per non parlare di certa pubblicità (ha presente la RenaultScenic che fa «posto a tutte le famiglie»?), ma anche di tantogiornalismo, televisivo e non.

E

Occupazioni, una rispostatroppo ingenua

cusatemi per la franchezza, ma la ri-sposta data alla lettera sul rito delle

occupazioni nel numero di Toscana Og-gi del 25 ottobre mi pare un tantino in-genua. Il cosiddetto rito delle occupa-zioni è iniziato da decenni e si è prolun-gato nel tempo fino a qualche anno fa ,puntualmente nello stesso periodo: daqualche anno si tratta solo di episodiisolati. Quando, prima del 2004/2005,il rito era effettivamente diffuso in tuttaItalia nello stesso periodo(novembre-di-cembre), i presidi tutti erano coinvolti inquello che viene definito un fallimentoda mancanza di dialogo: la verità era chenessuno fra gli studenti promotori (po-chi) accettava il dialogo e tutti gli altri siattenevano alle decisioni di pochi, quasisempre collegati a partiti e movimentiesterni alla scuola.Tutti o almeno la stragrande maggioran-za dei presidi si sono sempre attivati perrisolvere la questione della protesta indimensione pedagogica, chiedendol’aiuto delle famiglie tramite riunioni,assemblee, consigli di istituto e convoca-zione degli organi gestionali della scuo-la; non si è mai ottenuto nulla per lamancanza di coraggio di tutti coloro cheavrebbero dovuto affrontare il proble-ma.Pensate alle tremende responsabilità diun preside che si trova di fronte ad unascuola ingestibile, incontrollabile, occu-pata giorno e notte, danneggiata nellestrutture. A quei tempi si è cercato di in-sistere sul tasto della legalità che oggisembra tanto di moda, facendo osserva-re che la maggior parte degli atti si confi-guravano come reati (lesione del dirittoaltrui di avere lezioni regolari, interru-zione di servizio pubblico etc.). Gli organi di controllo sono sempre statiavvertiti, forse non da tutti, ma da moltipresidi; senza esito. A quei tempi io conil collegio dei professori ho anche tem-pestato di lettere i ministri in carica perprotestare e far presente che in situazio-ne simile lo svolgimento dei compiti divigilanza su persone e strutture era difatto impedito, senza contare che pote-vano accadere chissà quali incidenti. Idirigenti sopra di noi erano chiaramenteimpotenti e qualche volta facevano an-che osservazioni poco simpatiche sulfallimento del dialogo. Eravamo stati la-sciati soli dalle istituzioni che non vole-vano affrontare il problema.Ora che invece tutto si può considerareconcluso, ora che non c’è più interesse anascondere la testa nella sabbia, non sa-rebbe male tentare un approfondimen-

Sto del tema, che consentirebbe di capiremeglio un aspetto caratterizzante la sto-ria nostra negli ultimi trent’anni.Perdonatemi un tantino di coinvolgi-mento emotivo; mi auguro che, nono-stante ciò, il senso del mio discorso siachiaro.

Franco Sabatini

omprendiamo il «coinvolgimento emoti-vo» di un ex preside, che ha vissuto sulla

sua pelle queste vicende. Sappiamo bene chei problemi sono complessi e che non si puòmai generalizzare. E che le poche righe diuna risposta possono suonare «ingenue» oquantomeno sbrigative. Ma ribadiamoquanto abbiamo già scritto. Certo, i tempi incui tutte le scuole superiori «occupavano» –e anche per lunghi periodi – è per fortunatramontato. E, in confronto, quello che è av-venuto quest’anno, soprattutto in città comeFirenze, è sembrata una cosa quasi da nulla.Ma ora come allora è intollerabile far fintadi niente. Parlare di «fallimento» – lo so –può urtare le suscettibilità degli educatori.Ma è un’esperienza che ogni educatore, ge-nitori compresi, sa di dover mettere in conto,prima o poi. Se una minoranza di studentioccupa e una maggioranza subisce o ne ap-profitta per fare vacanza, questo deve inter-pellare i genitori, gli insegnanti, i dirigentiscolastici, prima ancora di tutti i possibili ri-svolti organizzativi e disciplinari (che comelei giustamente ricordava, ci sono pure). Leiche è stato preside in una scuola superiore diSan Giovanni Valdarno sa bene che ci sonoinsegnanti che con gli allievi si limitano adavere un rapporto puramente didattico (ed ègià qualcosa, intendiamoci) e altri – specietra coloro che hanno più ore nelle classi –che invece riescono a guadagnarsi autorità euna forte influenza. Sanno ascoltare i giova-ni e anche aiutarli, in qualche modo, nelleloro scelte. Se invece il dialogo tra corpo do-cente e allievi si chiude anche gestire al me-glio un’occupazione diventa un’impresa ar-dua.

La «lezione»di Giuliano VassalliQuesto intervento vuol essere un omag-gio ad un grande italiano. Lo so, nonperché l’ho letto sui giornali, ma per unacoincidenza la sua vita si è incrociatacon la mia. All’inizio del 2004 feci pre-sente a Giuliano Vassalli due questioniche per me rappresentano due errori

C

della classe dirigente toscana: sulla fami-glia e sul voto amministrativo agli im-migrati. Siccome ho sempre pensato cheè giusto affrontare le questioni che sipresentano con la massima competen-za, inviai al prof. Giuliano la documen-tazione riguardo al nuovo Statuto dellaRegione Toscana.Pensai che il partigiano socialista, uomodelle istituzioni e validissimo espertogiuridico, potesse dare un giudizio nonideologico e non di parte alle due que-stioni che a me sembravano (e sembra-no) due enormi errori della classe politi-ca toscana. Tutta, di destra e di sinistra:non a caso lo Statuto passò in ConsiglioRegionale dopo una Commissione bi-partisan, guidata da Piero Pizzi, espo-nente di Forza Italia. Il Presidente emeri-to della Corte Costituzionale in un in-tervento su Toscana Oggi dell’11 feb-braio 2004, in merito all’art. 4 dello Sta-tuto sulla famiglia, ricordava l’importan-za degli articoli 29 e 30 dellaCostituzione e del codice civile e conclu-deva: «Ora, di fronte a questo complessodi disposizioni non si vede come unaRegione possa regolare la materia condisposizioni ulteriori». In particolare,per quanto riguarda il riconoscimentodelle unioni di fatto, l’ex senatore af-fermò che «tale riconoscimento nonspetta alla Regione in nessun modo perla semplice ragione che l’art. 117 dellaCostituzione stabilisce che lo Stato ha“legislazione esclusiva” su alcune mate-rie. Tra queste c’è l’“ordinamento civile”nel quale rientra senza ombra di dubbiotutta la materia della famiglia, così comevi rientrerebbe, ove esistesse, la materiadelle diverse forme di convivenza fami-liare».Ma sul banco degli imputati c’era anchel’art. 4 sul diritto di voto amministrativoagli immigrati. Il costituzionalista anchequi fu netto: «Bisogna che la Regione To-scana rinunci a provvedere in modo au-tonomo a questa innovazione e attendala preannunciata innovazione della legi-slazione statale».È un grande onore aver avuto la possibi-lità di parlare con questo grande uomo.Una volta mi disse: «Ma che laico, e lai-co… io sono battezzato, io sono battez-zato!».Gli risposi che ero contento che mi con-fidasse questa sua realtà di figlio di Dio.Come socialista era in grande compa-gnia (Bobbio, Pertini, Giugni, ecc…),come uomo in ricerca dell’Assoluto ave-va anche altri compagni di strada, umil-mente anche il sottoscritto e diversi altrimilioni di persone nel mondo.

Fabio PapiniLivorno

Primariesenza preferenze

e differenze – di sostanza,non soltanto di assetti

formali – tra i due maggioripartiti italiani sembranoassolutamente evidenti. Da unaparte c’è un «popolo» (che tienea definirsi così) radunatointorno a una «guida», allaquale spetta indicare (e digiorno in giorno ridisegnare) lestrade da percorrere. In unpartito fatto così non c’è nessunbisogno d’un gruppo che dirigain forza d’una designazionericevuta «dal basso»; servepiuttosto (e deve bastare)qualcuno che – interpretandogl’indirizzi di chi ha convocatoil «popolo» e lo guida – coordiniil movimento di tutti verso lemete che di volta in voltavengono prefissate. Un similepartito, per poter vivere inarmonia col proprio patrimoniogenetico, ha bisogno di operarein un sistema istituzionale al cuivertice sia collocato un Governoche agisca sotto la guida, persua natura autorevole, d’un«primus supra pares» (comequalcuno si provò a dire qualchegiorno fa). L’altro, invece,dovrebb’esser un partito –diciamo così – «tradizionale»:con programmi elaborati divolta in volta all’esito didiscussioni e decisioni aperte edocumentate, e con dirigentiscelti attraverso procedimentielettorali assolutamente dipubblico dominio. Quest’ultimo profilo costitutivo èstato messo in questi giorni allaprova sotto gli occhi di tuttiattraverso il ricorso, non già aconciliaboli fatti in ville opalazzi appartati, maconvocando alle urne, nonsolamente i tesserati ma tutti icittadini che fossero statiinteressati alla gestione di quelpartito, per eleggere i delegati aiprossimi Congressi regionali e aquello nazionale e addiritturaper designare la personaincaricata di dirigere il partitocome segretario politico. Certo,non si può dire che fosse unanovità di poco conto; perchéc’era anche il rischio (mortale)che la gente, malgrado tuttaquesta messa in scena, restassetranquillamente a casa sua.Non è andata così. Il popolo(che qualche volta sembra tantodistratto nel considerare lapropria sovranità solennementescritta nella Costituzione) èandato a votare molto di più delprevisto; tant’è vero che da piùparti le schede preparate nonson bastate e se n’è dovutestampar dell’altre in fretta efuria. Tutto risolto, allora? Quasi.Certamente moltissimo è statofatto ed è giusto riconoscerlo:soprattutto è apparso chiaro chela gente non è affatto distrattané svogliata; anzi, è disposta afarsi interpellare e a risponderea tono alle domande. Ilproblema vero è quello di saperleformular bene queste domande,di dare – davvero, non per mododi dire – la parola al Popolosovrano. Fuor di metafora, anche questavolta una cosa è mancata perchéla festa fossa davvero piena: cheai cittadini, ai quali sisottoponevano lunghe liste dicandidati ai congressi regionalie a quello nazionale, fossericonosciuto (non concesso) ildiritto (si sarebbe tentati diaggiungere: «naturale») diesprimere (da buoni «sovrani»)le proprie preferenze. Non è laprima volta che succede così;che il diritto di scegliere chidev’esser eletto vien riservato ai«quadri» di partito. Non ègiusto, però. E lo sanno tutti;ma nessuno ha la pazienza dirammentarsene. Peccato.

Umberto Santarelli

L

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TOSCANA OGGI1 novembre 2009

Questo numero del settimanale è statochiuso in tipografia alle ore 20 di mercoledì28 ottobre e consegnatoalle Poste Firenze CMPaccettazione stampe di Castello alle ore 16 di giovedì 29 ottobredell’anno 2009

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LETTEREin redazionerisponde Claudio Turrini

Gli «schiaffi» e i «ceffoni» che prendiamo dalla tv

L’INTERVENTO ........

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