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ANNO 1

Marzo 2012

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diare X cosicché a fine anno sia chiaro che i soldi in cassa sono €-$.

In questo modo, però, A formalizza una rassegnazione per il non credere più nel ricevimento di X. La radiazione, cioè la rimozione dal bilancio di voci che non sussistono, in teoria non implica la rimozione del debito. Ma general-mente ne compromette la riscossione.Bella situazione! Il Consiglio d'Istituto ha votato contro la radiazione. Grazie al cielo negli anni l’amministrazione del Lussana non ha mai toccato X, essendo nella nostra cassa solo teoricamente, come hanno fatto invece diverse altre scu-ole, che ora sono in rosso e che ora ricevono finanzia-menti essendo più bisognose. Apro una piccola parentesi: questo non è un attacco poli-tico a Profumo o alla Gelmini. Nei nostri bilanci la situazi-one risale a Berlinguer e De Mauro, e probabilmente non è nemmeno colpa loro, però fa pensare. E' assurdo che in un paese sviluppato, quale l'Italia, la scuola che rappresenta il futuro venga così preoccu-pantemente trascurata. Questi fatti si uniscono ad un fiume di situazioni disastrose, che percorre il nostro paese da Nord a Sud. Qui si parla di 82000 €, che sono

relativamente pochi, ma tutti sappiamo dei pesanti tagli che l'istruzione ha ricevuto nel tempo. Concludo con una citazione della mia mamma: “ho la netta sensazione che la scuola italiana stia lentamente morendo con un paletto arrugginito nel petto, che la fa urlare di dolore, ma nessuno muove un dito per aiutarla”. Edoardo Marcarini e Michele Zatelli

Cari lettori questo articolo è noioso. L'Italia taglia, lo sappiamo bene, i fondi alla scuola pub-blica hanno raggiunto livelli ridicoli. Porto alla vostra at-tenzione un curioso episodio che riguarda da vicino il nostro super liceo. Il Lussana ha a bilancio 82000 € di fatto inesistenti.

Questi soldi erano stati promessi dal Ministero della Pub-blica Istruzione (MIUR) e dal Ministero del Tesoro (MEF) per coprire spese come IRPEF, tasse rimozione rifiuti, supplenze brevi, compensi esami di stato, IRAP ed altro. Tuttavia il MEF, che al momento non disponeva del de-naro promesso, ha chiesto all'Istituto di anticiparlo, utiliz-zando il Fondo di Cassa della scuola. Recentemente però i Ministeri, tramite i revisori dei conti, hanno con-sigliato di radiarli, non essendo in grado di pagarli. Ora spiego la faccenda per i comuni mortali (anch'io ho fatto una fatica immane per capire la questione). L'istituto, che chiameremo A, ha dei soldi, che chia-meremo €. Il ministero, B, promette ad A altri soldi, X, per sostenere spese sopracitate, ma non ha liquidità nell’immediato, quindi chiede ad A di anticipare X con parte di €, che chiameremo $.Quanti soldi possiede A? €-$+X In teoria $=X (la quota anticipata è uguale alla

quota promessa), ma al momento in realtà $=82000 e X=0Il consiglio d’istituto, quando dovrà approvare un bilancio (comprensivo di entrate e uscite), considererà a bilancio X=$. Quindi lo stato darà meno soldi ad A, o comunque darà priorità ad altre scuole, perché risulta che ne possegga più di quanto è realmente. B tramite dei revisori dei conti, C, consiglia ad A di ra-

I conti tornano, i fondi no

E Editoriale

LUSSANA LUSSURIA - I L GIORNALINO DEL LICEO LUSSANA NUMERO II

Carissimi lussaniani siamo tornati!

So che non aspettavate altro che l'uscita del giornalino della scuola, e allora noi vi abbia-

mo subito accontetato. E all'ingresso di un periodo scolastico da incubi, quello del ''O là

va o la spacca'' per intenderci noi vorremmo distrarvi un attimo con articoli , che fidatevi si

leggono anche da soli. Per iniziare, una riflessione, o meglio una dimostrazione di come

la scuola, la nostra in particolare,i soldi li abbia, ma di come sia lo Stato a gestirli in modo

al quanto pessimo. E qui, beh direi che un momentino fermarci a pensare dovremmo. Sopratutto su quanto la burocra-

zia del nostro Paese non sia estremamente ridicola, e di come alla fine a rimetterci siamo sempre noi, giovani in parti-

colare. In aggiunta, sempre per rimanere in tema Lussana, un articolo su quanto non sia stancante farsi ogni mattina 4

piani di scale e su quanto le classi, e qui non c'è edificio e piano che tenga, non ti facciano sentire in piena estate, no-

nostante in corridoio si ritorna a temperature fredde, freddissime. Ed ancora: un articolo che cerca di chiarire le posizio-

ni di scienza e religione in merito a determinati argomenti, una lista di come la scuola dovrebbe realmente comportarsi,

ed ancora: un appasionante racconto su come la guerra cambi radicalmente e drammaticamente la vita di giovani sol-

dati, un articolo molto curioso ed esilarante sulla neve e ciò che comporta, e per concludere un articolo sui boskettari.

Ma chi diamine sono sti boskettari?! E qui vorrei soffermarmi un istante. Ancora per riflettere e capire cosa c'è al di là

del nostro del naso. I boskettari sono persone che vivono in mezzo al totale degrado nei paesi dell'est. Il merito, o me-

glio la colpa, è delle dittature comuniste che fino a qualche anno fa imperversavano e in questi paesi e che adesso li

hanno abbandonati a loro stessi. E come accade sempre, e sempre accadrà, a rimetterci è la povera gente che non ci

colpa un fico secco. Quasi sicuramente i boskettari non li avete mai sentiti nominare, perchè vivono nelle fogne, per

strada e di turisti che ne fan testimonianza ce ne sono gran pochi e di paesi che denunciano questi problemi non ce ne

sono oggi e mai ce ne saranno. Cerchiamo anche noi di non discriminare nel nostro piccolo quelle comunità di stranieri

che ci appaiono diverse e ''strane'' ma piuttosto agiamo, difendiamoli e non emarginiamoli più di quanto non lo facciano

da soli per paura e timore. Come dice il buon Dio ''non facciamoci indurre in tentazione e liberiamoci dal male'', perchè

fidatevi, vivere in pace e serenitò conviene a tutti. Buona lettura. Daniele Mayer

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E Editoriale

LUSSANA LUSSURIA - I L GIORNALINO DEL LICEO LUSSANA NUMERO II

nostra attenzione sul legame tra gli editori dei giornali e il mondo im-prenditoriale e politico, condannan-do soprattutto quello che per loro è lo scambio “finanziamenti pubblici-libertà di stampa”: per avere l’assegno da Roma, questo il loro ragionamento, è infatti necessario che ci siano almeno due onorevoli ad inoltrarne la richiesta in parla-mento; ma in questo modo il giorna-le si legherebbe al gruppo parla-mentare dei due deputati. Per ren-dere l’idea è come se Lussuria chie-desse un finanziamento alla scuola tramite i rappresentanti d’istituto: saremmo costretti a non parlare de-gli oscuri disegni di Dal Canto per la conquista dell’istituto, della corruzio-ne di Bright, che viene pagato 2 pa-nini alla settimana per nascondere a sua volta le misteriose trame di Za-telli (Yasser per ora sembra pulito). Più tardi, raccogliendo le impressio-

Il bilancio non è po-sitivo, non può es-serlo. Non basta la nascita del nuovo e sconvolgente

“Lussuria” per far risorgere l’informazione libera in Italia: queste (più o meno) le parole dei giornalisti del Fatto Quotidiano Vecchi e Galeazzi, nell’intervento tenuto nel più prestigioso liceo della bergamasca. I due reporter hanno fin da subito annullato la distan-za con noi studenti, chiedendo la nostra opinione sulla salute della carta stam-pata nel Bel Paese, sulla figura del gior-nalista, sulla scelta della loro testata di non ricevere alcun finanziamento pub-blico, a differenza della quasi totalità dei quotidiani nazionali e provinciali. E le risposte degli studenti non si sono fatte aspettare: si è prodotta anzi una buona discussione animata dalle più brillanti menti dell’istituto (in effetti mi sembra che in quel momento fossi in bagno…). Vecchi&Galeazzi hanno richiamato la

E al quarto piano?

Il fatto quotidiano al Lussana ni sulla conferenza, un ragazzo di 5°X ha notato: “in effetti chiedendo l’appoggio del senatore Richard Theiner (movimento per l’autonomia del süd tirol n.d.r) il “Fatto” si legherebbe ai politici dell’alto Adige” “Cosa intendi dire: vorresti che Travaglio appoggiasse l’autonomia dell’Alto Adi-ge?”“Ma no! Intendo dire che c’è un modo per chiedere il finanziamento pubblico senza rimanere legati ad una sfera politi-ca o ad un cartello economico! Insomma, lo stato è pur il garante della libertà di stampa: non è assurdo rifiutare un contri-buto statale per non perderla? La loro è solo pubblicità: in pratica fanno più soldi senza ricevere il finanziamento”Mah chis-sà cosa avrà voluto dire…comunque la conferenza si è conclusa con una sorpre-sa: i due giornalisti hanno avuto la prima copia di Lussuria e ne sono rimasti davve-ro colpiti! Hanno fatto domande sul sito internet, commentato gli articoli e fatto gli auguri per i prossimi numeri: speriamo di non deluderli.

Luca Rosafalco

7:50, secondo edificio. Prendi le scale,

fino al secondo piano sei esattamente

come tutti gli altri, assonnato, un po’

affaticato, ma subito si rende evidente

la differenza. Tu prosegui, vai al quarto.

Non badi agli sguardi di compassione e

pietà che ti lanciano coloro che si fer-

mano al secondo, cerchi compagni di

sventura. Avvertendo la fatica di uno

che ha appena scalato l’Everest, tiri un

sospiro di sollievo, convinto d’essere

arrivato. Ma ecco il grande inganno, il

terzo piano. Sconosciuto l’architetto

che vi progettò dei laboratori

(pressoché inutilizzati dagli anni ‘80),

probabilmente si trattava del fortunato

vincitore di una laurea in architettura

della Lego.Fatichi a prendere fiato dal

momento che hai perso il polmone de-

stro tra il secondo e terzo piano, ma

prosegui. Arrivi in cima più stanco del

giorno prima, credi sia solo

un’impressione, ti sbagli. I tecnici di

laboratorio annoiati, grazie alle loro

conoscenze di fisica, aggiungono un

gradino tutti i giorni.Esiste però un a-

scensore, i più furbi si procurano stam-

pelle per usufruirne indisturbati. Altri,

sentendosi in colpa, sentendo di fare

un torto agli infortunati, si mettono in

pace la coscienza rompendosi una

gamba (secondo Google meno dolo-

roso di un piede). Esistono però peri-

colosi fuorilegge che si arrischiano a

prendere l’ascensore senza autoriz-

zazione, chi ne è invece in possesso

si sente parte di un’élite.Il giorno in

cui sei in ritardo, hai una cartella che

nemmeno l’incredibile Hulk sarebbe

in grado d’alzare e il dizionario in ma-

no, vedi davanti a te le porte

dell’ascensore (o del paradiso) che si

aprono; lanci uno sguardo degno del

gatto con gli stivali al professore ap-

pena entrato, che con un sorriso sor-

nione ti dice “Questi giovani! Io alla

vostra età scalavo il K2 senza ossige-

no e su un piede solo!”. Ti avvii quindi

a prendere le scale, quando la ripro-

duzione random dell’ipod fa partire

“Stairway to heaven”, oltre al danno

la beffa.Arrivi finalmente in cima, apri

la porta della classe e ti assale una

folata d’aria direttamente dal deserto

del Sahara.L’ultimo piano di questo

edificio infatti gode di temperature

uniche al mondo, che saranno ogget-

to di studio per risolvere il problema

del riscaldamento globale. Tutto ciò

grazie al duro lavoro dei nostri nuovi

bidelli, Lucifero e lo scoiattolo della

Vigorsol. Uno regola le temperature

dei caloriferi, l’altro soffia gelo dalle

finestre, arriviamo dunque ad avere

temperature massime di 50° e minime

di -45°.Vai in bagno, cercando tempe-

rature più ottimali per un essere viven-

te. Se sei un ragazzo il tuo unico pro-

blema è che manchi la carta igienica,

mentre se sei una ragazza devi assicu-

rarti che le persiane delle finestre siano

abbassate, a meno che tu non voglia

dare spettacolo alle classi che si affac-

ciano proprio di fronte a te.Dopo le

scosse di terremoto avvertite qualche

settimana fa ho riflettuto sulle diverse

morti che mi potrebbero colpire mentre

sono a scuola, escludendo il suicidio

dopo la verifica di matematica. Prendia-

mo il caso di un forte terremoto, noi del

quarto piano non saremmo certo i primi

a morire, questo ingrato primato spette-

rebbe a quelli del piano terra, ma di

certo non avremmo scampo. C’è il ri-

schio che i laboratori sottostanti esplo-

dano, che cada un asteroide, in ogni

caso non avremmo scampo. Unico ca-

so in cui saremmo favoriti sarebbe

un’alluvione, così che la nostra vista

sulla stazione si tramuti in una vista-

lago. Ma siamo sicuri che i tetti non

cederebbero?

Greta Panza

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quantitativi ed oggettivi, ciò in cui la scienza figlia di Galileo è maestra. Ad esempio, si può calcolare che, se la Terra

fosse qualche decina di chilometri più vicina o più lontana dal Sole, la vita non sarebbe possibile (ce ne parla Bill Bryson in Breve

storia di quasi tutto). Ma, come osserva Shoenborn in un’intervista del lontano 1905,

«l’intelligenza umana va oltre il misurabile e l’enumerabile»: arriva anche alle «grandi ques-

tioni metafisiche», alle «domande di senso». «Cosa ci facciamo qui?» È in questo ambito

che la scienza moderna si muove con estrema

difficoltà.

Però, non è rimasta immobile. Negli ultimi due decenni, una nuova ipotesi le ha fatto compiere un ulteriore passo avanti verso il Creatore – o, per rimanere laici, verso l’origine dell’universo. Prima, risolto il problema della creazione con l’ormai assimilata teoria del Big Bang, sorgeva subito la domanda bruciante: «chi, o che cosa ha causato questo Big Bang?». Ma ora, una nuova, accattivante ipotesi prevede che prima della grande esplosione ci sia stato un altro uni-verso, andato incontro ad una grande implosione. E così accadrebbe all’infinito: raggiunta la massima espansione, il nostro universo conoscerebbe una compressione, fino a

che tutta la materia non fosse concentrata in un solo punto.

Benissimo, ma questo traguardo è l’ultimo? Con la teoria

A chi sta assistendo alla rivoluzione in medicina delle cellule staminali, alle scoperte incessanti nella fisica subnucleare, ai prodigi delle biotecnologie e dei nanomateriali, desidere-remmo porre qui la domanda che, sin dagli albori della società, ha tormentato noi uomini, esseri razionali e

pensanti. Qual è il motivo della nostra esistenza?

È una domanda di fronte a cui gli scienziati di oggi si trovano spiazzati, più sicuramente che quelli dei secoli passati e dei filosofi. I pensatori precedenti Cartesio hanno risolto elegantemente i propri dubbi rifugiandosi nella religione. Ma la scienza di oggi è laica e umile, annaspa di fronte alla domanda ancestrale: «perché esistiamo?», riconosce che potrebbe andare oltre i suoi scopi dare una risposta soddisfacente. Una risposta che, a patto di rimanere

laica, con buona probabilità non sarà mai in grado di fornire.

Essa non ha incontrato problemi nello scoprire e spiegare tutti i “segreti” del nostro universo, cioè al suo interno, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Esistono le stringhe che compongono i quark così come una teoria sull’e-sistenza di più universi paralleli. Biotecnologi ed esperti di nanomateriali sono in grado di manipolare ogni sfaccettatura della vita e di plasmare oggettini straordinari. Per la scienza è semplice rispondere a domande quali «perché proprio la Terra ospita la vita?» «Perché c’è la vita?» «Siamo soli nell’universo?». Le risposte sono il frutto dell’analisi di dati

Questo capodanno l’ho passato in un paese straniero, in una nazione che non è famosa per essere meta di turisti ma da cui provengono molte delle no-stre badanti. La nazione in questione è la Romania e la città Baia Mare. È uno stato molto povero, dove la fine della dittatura di Ceaușescu, avvenuta il 25 dicem-bre 1989, ha aggravato la situazione: in particolare è aumentato esponenzial-mente il numero dei bambini che na-scono e vivono per stra-da, detti boskettari. Durante il nostro soggiorno con padre Albano, il prete somasco che ha iniziato un progetto di aiuto alle famiglie e a i bambini rumeni in difficoltà, siamo andati alla stazione di Baia Mare a salutare i boskettari.Alla vista di padre Albano sono accorsi tutti, quando si sono accorti di noi “nuovi” ci hanno scrutato e qualcuno più intra-prendente di altri si è avvicinato, ci ha stretto la mano e si è presentato. L’entusiasmo provocato dalla nostra visita trapelava dagli enormi sorrisi e dal saltellarci intorno. Prima che ce ne andassimo ci hanno invitato a “casa” loro. Gli abbiamo quindi promesso che saremmo tornati la sera. Dopo cena siamo saliti tutti sul furgone di padre Albano per raggiungere i pressi dell' “abitazione” dei boskettari. Parcheggia-ta l'automobile abbiamo fatto un picco-lo pezzo a piedi. Sul lato sinistro, a

pochi metri dal marciapiede, passa la linea ferroviaria; sul lato opposto è pre-sente un vecchio edificio mai finito di costruire. Tutt'intorno a noi c'era buio, nessun lampione illumina la stra-da e sotto i nostri piedi sentivamo il fango delle pozzanghere. Dopo qual-che metro abbiamo raggiunto la casa. Varcata la soglia, dove dovrebbe es-serci la porta, davanti a noi c'era solo un corridoio buio da cui si diramavano le altre stanze. Un odore acre di “pipi” invadeva le nostre narici e nell’orecchio risuonava lo stillicidio delle gocce d’acqua che si mescolavano con l'uri-na, gli escrementi e i rifiuti presenti sul pavimento. Uno dei “proprietari” di ca-sa, avendoci visto, ci aprì la porta. Da-vanti a noi c'era una stanza, non più grande di una normale cucina, arredata con materiali di riciclo. I boskettari ave-vano messo una porta, chiuso la fine-stra, e lasciato un piccolo buco per la canna fumaria della loro stufetta e una piccola luce a led, tutto il re-sto era occupato da materassi e coper-te. Ci vivevano in otto. Gli altri, quando avevano i soldi per pagare l’affitto, dor-mivano nei vagoni. L'affitto????Purtroppo sì: di norma non potrebbero stare nei vagoni ma se hanno i soldi pagano i poliziotti che, intascati gli spic-cioli, se ne vanno e fanno finta di nien-te. In caso contrario, vengono “sfrattati” e sono quindi costretti a dormire per

strada, dove d’inverno si possono rag-

giungere i -20°C.Questo perché a Baia

Mare Ceaușescu non ha fatto costruire una rete di riscaldamento sotterraneo su modello di quella russo. A Bucarest, inve-ce, i boskettari scendono nei sotterranei dove i loro “letti” sono costruiti vicini ai tubi molto caldi. Appena siamo entra-ti nella stanzetta un odore forte e pene-trante ci aveva respinto. Era colla. La col-la non è altro che un solvente che viene messo in un sacchetto e poi inspirato. E’ una droga tanto economica quanto “pesante”. La sua assunzione provoca una sensazione di ovattamento, cioè non fa sentire né il freddo né fame. Le conse-guenze sono devastanti: durante l’inverno alcuni ragazzi muoiano di freddo senza che se ne accorgano. Nel migliore dei casi, gli vengono amputate una o due gambe. Se sei un boskettaro entri a con-tatto con la colla da piccolissimo, an-zi: ancora prima di nascere. Questi ragaz-zi iniziano a ispirare già a 5-6 anni e le conseguenze sono blocco della crescita a livello fisico, forti ritardi mentali permanen-ti a livello neurologico. Entrati nella “casetta” abbiamo distribuito una fetta di panettone e un bicchiere di tè caldo, fatto un gioco ed infine, con un nodo alla gola, abbiamo salutato i nostri amici boskettari. Anonimo

Romania, Baia Mare

ATTUALITÀ LUSSURIA - I L GIORNALINO DEL LICEO LUSSANA NUMERO II

La scienza e la metafisica sono in grado di rispondere a domande esistenziali?

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ATTUALITÀ LUSSURIA - I L GIORNALINO DEL LICEO LUSSANA NUMERO II

Era il 2004 quando Joey Paulk decise di entrare nelle Forze Armate America-ne , pensando che gli sarebbe stato utile per ottenere un lavoro nelle Forze dell’Ordine. Aveva finito l’”high school” da un anno. Nel 2007 venne mandato in missione nell’est dell’Afghanistan. Per le strade polverose e sotto il sole cuocente di un giorno come un altro, il suo convoglio beccò una mina che uccise i suoi com-pagni all’istante. Joey si trovò a venti piedi di distanza ricoperto di fiamme. Mentre la sua pel-le bruciava per via della benzina con cui era venuto a contatto, un insolita domanda lo preoccupò: “Avrò ancora i capelli?” . “Si” rispose un altro soldato accorso per soccorrerlo “il tuo elmetto li ha salvati”. Joey allora pensò: “ Magari gli ustionati non sono così male, magarimi riconoscerò” Ma non fu così. Il soldato Paulk si sve-gliò dopo tre settimane di coma in un ospedale del Texas con accanto la fidanzata e la madre. Il suo corpo non era più lo stesso: le dita erano state amputate, il labbro inferiore era letteralmente attaccato al mento, un orecchio era sparito, la pal-pebra sinistra si era piegata mostrando

un lembo di carne, aveva ustioni su tutto il corpo. Dopo iniziò la fase peg-giore: quella che i medici chiamano “lo shock del riconoscimento” o “la prova dello specchio”. Quando Joey si guar-dò allo specchio si disse :”Questo è quello che sono io adesso”. Ma Joey non è l’unico che ha provato l’inferno delle mine da strada: dal 2001 al 2012 sono circa 900 i soldati americani che sono stati sfigurati nei territori iraqueni o afgani. Lo stato a-mericano per loro non prevede un pro-gramma di “ricostruzione faccia-le” ,infatti, gli ospedali possono segui-re i soldati solo per garantirne la so-pravvivenza non il benessere psico-fisico. Ma dal 2001 le cose sono cam-biate: nel 2006 è nato un centro di

ricovero per ustionati che prende il nome di Operation

Mend (Operazione di Guarigione, acro-

nimo: OM) . Esso è finanziato dall’University of California of Los

Angleles (UCLA) ed il suo fondatore è un certo dott. Ronald Katz. Questa iniziativa nasce dalla collabo-razione sia di pubblico che di privato e

insieme al Center of The Intrepid (un cen-tro di riabilitazione per ustionati) e Il Fisher Houses per le famiglie dei soldati è uno dei rari esempi di assistenza gratuita per i veterani di guerra. Nel 2009 Joey Paulk, dopo aver riacquisito le forze con 30 interventi in 18 mesi, lasciò l’Esercito Americano e l’ospedale Texano per ritornare nella sua città natale: Vista, nei pressi di San Diego. Non era più l’uomo che aveva lasciato quella città due anni prima. Il dottor Ivan Renz, capo dell’unità speciale di Ustioni a Brook e considerato da Paulk il suo salvatore dis-se: “C’è un punto in cui arrivi al limite e ti chiedi: sarò anestetizzato ancora una vol-ta?”. Paulk si rivolge all’Operation mend nel 2008, molto scettico e pieno di dubbi sulla possibilità di un miglioramento. Non riusci-va a mangiare un hamburger, ne tantome-no a nominare il proprio nome. Sarebbero riusciti a risolvere tutto ciò? Oggi Joey Paulk riesce a mettersi i calzini da solo e ad allacciarsi le scarpe, inviare messaggi e guidare. Tuttavia ci sono ancora momenti spiace-voli in cui è costretto a nascondersi dal mondo ma almeno quest’ultimo gli ha dato una possibilità per ritornare ciò che era, ma che in fondo, non sarà mai più. Fedrica Zanello

La prova dello specchio

della serie infinita di universi ciclici la scienza ha risposto

alla domanda «perché esistiamo»?

Il problema sta proprio nell’infinità. Il pensiero orientale pot-rebbe accettare una concezione del tempo e dell’universo ciclica e ripetitiva all’infinito. Ma non è così per quello occi-dentale, che continua a sentire l’eco storico della visione cristiana di un tempo lineare, con un inizio e una fine, e che potrebbe non sentirsi soddisfatto di questo lodevole tra-guardo scientifico, riaprire daccapo la voragine dell’in-certezza, obiettando: «e da dove viene questo ciclo in-finito? Chi o che cosa lo ha stabilito?». Nulla vieta di pen-sare la linea vitale di questi universi ciclici non come una retta, che non ha né inizio né fine, o come una circonfer-enza, ma come una semiretta, con un’origine che noi non

potremo mai rintracciare, un “primo” universo che ha dovuto essere creato perché il ciclo di implosioni ed esplo-sioni potesse iniziare. E allora, perché non pensare che esso possa avere anche una fine? In quest’ottica, la teoria degli universi infiniti non sarebbe più soddisfacente, dal punto di vista esistenziale, di quella tradizionale, con un

unico universo, il Big Bang e un’infinita espansione.

Ma non si tratta di fughe nella metafisica? Ha davvero senso spingersi, forzare la nostra scienza a domande tanto affascinanti, quanto insolubili? In fondo, meta-fisica sig-nifica «oltre la fisica», oltre gli scopi della fisica: oltre gli scopi della scienza. Questa descrive l’universo, ma non ne

può indicarne i motivi, la cause finali o efficienti.

Sì, per il momento siamo costretti ad ammettere che la

nostra conoscenza non può giungere alla “causa prima” dell’esistenza dell’universo. Se lo hanno riconosciuto uomini come Voltaire e persino il grande Einstein, la cui geniale teo-ria della relatività è ancora saldamente in piedi, forse dovremmo riconoscerlo anche noi. (Voltaire, pur ateo, sug-gerisce di porre un fermo, il comodo Dio creatore, alle fughe metafisiche dell’uomo: «rimaniamo con i piedi per terra, c’è ancora tanto di cui occuparci». Einstein invece sentenziò: «La religione senza la scienza è zoppa, ma la scienza senza la religione è cieca». Un giudizio che ricade anche sull’etica

della scienza e della tecnologia.)

Eppure, non mancano ancora oggi pensatori bramosi di giun-gere a soddisfare anche le domande metafisiche, che non rinunciano a vedere una possibilità per la scienza di eliminare persino i dubbi esistenziali. Se Stephen Hawking, autore di Dal Big Bang ai buchi neri (1988), riuscirà a trovare la rispo-sta alla domanda del perché noi e l’universo esistiamo, allora «decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giac-

ché conosceremmo la mente di Dio».

Possiamo passare il testimone agli scienziati e ai filosofi dei millenni a venire. E chissà che, se veramente un giorno l’uomo arriverà a conoscere il pensiero di Dio, lui non ce lo farà sapere di persona. Se non sarà così, allora potremo fe-licemente concludere che non esiste né il Creatore né il suo pensiero, e che l’universo è un bellissimo, infinito ciclo di es-plosioni e implosioni. Simone Onorati 4 F

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CULTURA E RECENSIONI LUSSURIA - I L GIORNALINO DEL LICEO LUSSANA NUMERO II

1. La scuola peggiore è quella che si limita a individuare ca-pacità e meriti evidenti. La scuola migliore è quella che sco-pre capacità e meriti lì dove sembrava che non ce ne fossero. 2. La scuola peggiore è quella che esclama: meno male, ne abbiamo bocciati sette, finalmente abbiamo una bella classet-ta. La scuola migliore è quella che dice: che bella classe, non ne abbiamo perso nemmeno uno. 3. La scuola peggiore è quella che dice: qui si parla solo se interrogati. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara a fare domande. 4. La scuola peggiore è quella che dice: c’è chi è nato per zappare e c’è chi è nato per studiare. La scuola migliore è quella che dimostra: questo è un concetto veramente stupido. 5. La scuola peggiore è quella che preferisce il facile al diffici-le. La scuola migliore è quella che alla noia del facile oppone la passione del difficile. 6. La scuola peggiore è quella che dice: ho insegnato mate-matica io? Sì. La sai la matematica tu? No. 3, vai a posto. La scuola migliore è quella che dice: mettiamoci comodi e

Scuola migliore e scuola peggiore. vediamo dove abbiamo sbagliato 7. La scuola peggiore è quella che dice: tutto quello che impari deve quadrare con l’unica vera religione, quella che ti insegno io. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara solo a usare la testa. 8. La scuola peggiore rispedisce in strada chi doveva essere tolto dalla strada e dalle camorre. La scuola migliore va in stra-da a riprendersi chi le è stato tolto. 9. La scuola peggiore dice: ah com’era bello quando i professo-ri erano rispettati, facevano lezione in santa pace, promuoveva-no il figlio del dottore e bocciavano il figlio dell’operaio. La scuola migliore se li ricorda bene, quei tempi, e lavora perché non tornino più. 10. La scuola peggiore è quella in cui essere assenti è meglio che essere presenti. La scuola migliore è quella in cui essere

presenti è meglio che essere assenti.

Da “Vieni via con me” del 29 novembre 2010 Adelaide Fabbi

E’ più difficile oggi portare avanti la lotta Per Non Dimenticare oppure lo è stato durante i primi anni? Sicuramente nel primo periodo. E’ stato difficile smontare la ‘’montatura’’ che ha causato un ritardo dell’inchiesta.Anche oggi ci sono delle difficoltà,ma non mi sento solo. Come si presenta Cinisi oggi,c’è stato un cambio di mentalità? Non tutto è rimasto come prima. E’ chiaro che la cultura dominante di Cinisi è mafiosa.Qualcosa è cambiato,ma abbiamo dovuto aspettare tantissimi anni.La folla rappresentata nel film ‘’I cento passi’’ è reale,non è finzione cinematografica. Al funerale di Peppino erano presenti in molti,ma provenivano da altre zone.C’era poca gente del mio paese. La stessa cosa si è ripetuta dopo 26 anni durante il funerale di mia madre. Una scelta importante che abbiamo fatto è aprire la Casa Memoria dove ha vissuto Peppino. Il fatto che il luogo viene visitato da moltissima gente proveniente da fuori ha influito positivamente. Ha reso possibile un cambiamen-to. Affinchè avvenga un cambio di mentalità la memoria ormai non basta più,c’è necessità di dimostrare qualcosa di concreto. Durante questi anni di attesa,prima che riaprissero il caso,ha sempre creduto oppure ci sono stati dei momenti di crollo di fiducia nelle Istituzioni? Noi abbiamo avuto fiducia,ma il problema è che sono state le Istituzioni che non hanno avuto fiducia in noi.Abbiamo seguito dettagliatamente tutta la vicenda giudiziaria e rifiutato l’ottica della vendetta personale che non avrebbe porta-to alcun vantaggio. All’interno delle Istituzioni certe persone ci hanno aiutato,mentre ci sono stati anche coloro che hanno depistato le indagini. Ho avuto più di un momento di sconforto soprattutto quando ho notato che i depistatori hanno fatto una splendida carrie-ra. Il caso è stato riaperto in base al viaggio che aveva fatto mio padre negli Stati Uniti per tentare di salvare il figlio dopo aver sapu-to che Badalamenti aveva deciso la condanna a morte. Si parla tanto e si prendono in giro i giovani con la parola legalità. Io credo che la legalità in questo paese non esista. Ho avuto più di un momento di crollo di fiducia,ma poi mi sono ripreso perché non biso-gna rassegnarsi. La rassegnazione è peggio dell’indifferenza. Le persone rassegnate mi fanno paura perché non vogliono la verità e quando manca questo bisogno non si fa altro che spalancare la porta alla mafia.Il nostro dovere morale è quello di aprire gli oc-chi,di stare attenti… prima che sia troppo tardi. Lei come ha vissuto,come ha accompagnato il fratello durante il suo percorso? Cosa l’ha spinta a ribellarsi al potere mafioso? Ero diverso da Peppino, non avevo il suo coraggio.La differenza di età rendeva complicato il nostro modo di comunicare. Non condividevo il metodo di ‘’scontro diretto’’ con la mafia perché avevo paura e ritenevo che fosse uno scontro perdente. La no-stra vita famigliare non era tranquilla e spesso attribuivo a lui la colpa. Non era sicuramente colpa sua,credo che bisognava appog-giarlo molto di più. Tentavo di mantenere un buon rapporto con nostro padre per cercare di rendere meno traumatica la rottura che Peppino aveva operato all’interno della famiglia.Dopo la morte di nostro padre ho chiesto a Peppino di smettere ma lui ha continua-to portandosi appresso il rischio che l’ha condotto alla morte. In futuro continuerà la sua lotta sempre più intensamente? Continuerò,ma non posso garantire più intensamente considerato che ho una certa età. Non mi tirerò mai indietro finchè le forze me lo permetteranno. Credo che in questo momento sia importante la mia testimonianza. Oggi vale la pena di raccontare la storia di Peppino perché è una storia di impegno civile e culturale molto educativa per le nuove generazioni. Cosa possiamo fare nel nostro piccolo per contrastare il fenomeno mafioso e seguire il messaggio di Peppino ? Quello che stiamo facendo noi in questo momento. Dobbiamo legarci alla realtà attuale cercando di sfruttare il meglio che abbiamo. Non man-cano Associazioni che ci possono aiutare e ci possono far crescere. Dobbiamo iniziare a stabilire questo tipo di contatti e portare avanti un lavoro di memoria,di ricerca e di analisi. Sopprattutto dobbiamo avere chiaro il concetto di legalità altrimenti non possiamo andare avanti. Don Lorenzo Milani diceva che l’obbedienza non è sempre una virtù. Brecht diceva “Sventurata la società che ha bisogno di eroi”. Tutti vorremmo non averne bisogno, ma tutti dobbiamo ringraziare un eroe: Peppino Impastato. Daria Pavlova

INTERVISTA A GIOVANNI IMPASTATO ’Quando l’ingiustizia diventa legge,resistere è un obbligo’’. E’ proprio la frase di Bertold Brecht il titolo

dell’incontro con Giovanni Impastato a cui hanno partecipato alcuni studenti del Lussana. Il fratello di Peppino Impastato,durante l’incontro,ha risposto in modo approfondito a ogni domanda che gli è stata da noi proposta.

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Sembra talco ma non è

TERZA PAGINA LUSSURIA - I L GIORNALINO DEL LICEO LUSSANA NUMERO II

...serve a darti l'allegria. E allora che cos'è? Zucche-ro? Farina? Per me è la ci-polla. È la neve, cari Lussuriosi Lussanini. La neve, il simbolo dell'inver-no per eccellenza. Perché se è vero che una rondine non fa prima-vera, è altrettanto vero che un fiocco di neve fa inverno, almeno dalle nostre parti. Dalle nostre parti, certo, che se vai in Finlandia la neve la trovi pure a marzo (chiedete a Kinai Anouk se non mi credete). Ma noi siamo in Italia,a Bergamo (per chi non lo sapesse), e qui la neve ci sta solo d'inverno. Oltre-tutto quest'anno è arrivata pure un po' in ritardo, che si è svegliata tardi, c'era traffico, le si è bucata una gomma... vabbé, le solite corbellerie di serie Z. Però alla fine le si perdona tutto, alla neve, che quando arriva porta tanta gioia nei nostri cuori, esclamazioni colorite sulle bocche di molti e a qual-cuno pure qualche giorno di ferie (Roma docet). E così il 31 gennaio, poco prima dell'intervallo, mentre nella classe fluttuano gli insegnamenti di Nietzsche, guardi fuori dalla finestra

e... QUESTA É SPARTA NEVE! Eh, ma tanto non attacca, non fatevi illusio-ni. Certo, non attacca, è solo che poi

non smette più e dai che maga-ri chiudono le scuole. E no, la

situazione non è così critica, la-sciamo decidere ai singoli co-muni, e per qualche giorno al

prefetto non smettono più di fi-schiare le orecchie. Dai, almeno i licea-

li tanto bravi e diligenti ti buttano lì una battaglia di palle di neve il giorno suc-cessivo, che ci sta sempre bene. Però il weekend a sciare non me lo toglie nes-suno. Soprattutto dopo lo spettacolo delle gare di sci di gennaio, dove c'era più neve bianca sul tavolo di un consu-matore di sostanze felici che sulle piste da sci. Sì, figata, tutti a sciare! Sì, ma io non so sciare... Eh, manco io. E allora che facciamo? Sbobbiamo! Che? Sbob-biamo,usiamo il bob. Perciò la domenica decidi di andare in quel di Berbenno, tra le montagne in alta collina, dove si sbob-ba di un bene che non sto neanche a dirtelo, guarda. E mentre cammini, gui-dato dal tuo berbennese di fiducia, verso le salite più sbobbose, pensi. Che non so voi, ma a me tutto 'sto paesaggio bianco di neve fa pensare un sacco. E pensi. Che il bob si chiama bob, ok, ma perché meenchia si chiama così? Cioè, chi l'ha deciso? Che poi il bob discende dalla slitta, ma perché allora non usiamo le slitte? Ma noi siam qua per sbobbare,

alle origini del bob magari ci pensiamo un'altra volta, ok? Però non siamo ancora arrivati, e allora i pensieri continuano a va-gare. La neve mi fa venire in mente Frost. Già, Frost. E non sto parlando di Jack Frost, la creatura mitologica anglosassone che ha il compito di far nevicare. No, sto parlando di Emma Frost, ex cattivona degli X-Men e grandissima gnocca di fama uni-versale (o meglio multiversale).Siamo arri-vati, inizia lo sbobbamento. Le discese col bob presentano due punti fondamentali: partire insieme al bob e fermarsi insieme al bob. Già, perché il bob non se ne sta mica buono. Se non lo tieni d'occhio, lui parte da solo e finisce che ti fai tutta la discesa di corsa nel tentativo di fermarlo, che non è bello. Inoltre è importante fermarsi insieme, perché se hai qualche problemino e cadi, lui mica si ferma. Prosegue per gli affari suoi, e ti fa sapere di raggiungerlo a casa quando hai finito, che non c'aveva voglia di aspettarti. Aggiungo anche che è inutile sperare di sbobbare senza coprirsi di neve, perché puoi essere pure Iron Man con tutta l'armatura, ma la neve è più brava di te, e te la ritrovi pure nel coolo. Forse qualcuno di voi si chiederà il senso di questoarticolo.. Bene, se lo trovate fatemelo sapere, che io qui c'ho il cubo da compagnia che mi avreb-be picchiato se non avessi scritto qualcosa.

Alessandro Almagioni

LA POSTA DEL CUORE Caro Martin, il mio nome è Luke Skywalker, sono un Cavaliere Jedi originario di Tatooine, un villaggio in una galassia lontana lontana. Forse ti ricorderai di me per episodi come "Una nuova speranza", "L'Impero colpisce ancora" o "Il ritorno dello Jedi". Ma torniamo a noi, ti scrivo perchè mi trovo in una situazione pessima, sono tormentato da un continuo conflitto interiore che non mi dà pace. Come forse hai letto ne "La Gazzetta dell'Impero" l'Imperatore Lord Sidius è stato sconfitto dall'unione del lato chiaro e di quello oscuro della Forza: io e mio padre Dart Fener. Scoprire che egli era mio padre mi rese furioso ai tempi in cui il povero Ian Solo era ibernato, e scoprire poi in lui tanta pietas e bontà mi ha confuso, specialmente dopo la sua morte. Il vero colpo però è stato un altro: la Principessa Leila. Dal primo istante in cui la vidi non mi rimase più un filo di voce, mi s'intorpidì la lingua, una fiamma di passione mi si propagò nelle membra, le orecchie mi rimbombarono e mi si annebbiò la vista. Ero innamorato perso di lei, al punto di litigare con il mio amico Ian per lei. Finchè ho scoperto che era mia sorella. Una sorta di complesso di Edipo mi ha travolto e ora non so che fare. Il grande maestro Yoda mi ha consigliato di rivolgermi a te. Ti prego, illumina questo oscuro terrore che mi invade!

Luke98

Caro Luca Camminatore nei cieli, mi ricordo di te e delle tue incredibili imprese che ci hanno salvato dal malvagio imperatore Lord Sidius e per questo ti ringrazio, anche se le spade laser di Darth Maul sono molto più fighe delle tue. Mi ricordo anche di Yoda, il grande maestro, e capisco perchè ti ha consigliato di rivolgerti a me, dato che l'ultima volta mi ha chiesto aiuto perchè le donne scappavano davanti al suo colorino verde pisello così gli ho consigliato di eliminare Shrek e rapire Fiona. Tornando a te e al tuo problema' con Leila ti consiglierei di ingaggiare una lotta all'ultimo sangue con Ian per vedere chi è il più forte e chi potrebbe proteggerla meglio, oppure di parlare con lei di questa tua infatuazione in modo di lasciare a lei l'ardua scelta. So che non sarà facile, ma ricordati sempre di non passare al lato oscuro. Che la forza sia con te.

Martin

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Direttore Vicedirettore Daniele Mayer - 3 E Michele Zatelli - 4 A Segretaria Illustratori Impaginatori Yasmine Tahar - 3 C Marco Belluschi - 5 N Martin Manzoni - 3A Bianca Botturi - 3 D Michele Zatelli - 4 A Caporedattori Daria Pavlova - 2 E Edoardo Marcarini - 4 N Adelaide Fabbi - 3 D Federica Zanello - 3 B Naima Fidow - 1 I Martin Manzoni - 3 A

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Bright Howardson - 4 N

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