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F D SRANCO ALLA EGA

IL CONCETTO DI VALORE AGGIUNTONELLA DOTTRINA

ECONOMICO-AZIENDALE TEDESCA

Pubblicazioni dell’I.S.U. Università Cattolica

FRANCO DALLA SEGA

IL CONCETTO DI VALORE AGGIUNTONELLA DOTTRINA

ECONOMICO-AZIENDALE TEDESCA

Milano 2000

© 2000 I.S.U. Università Cattolica – Largo Gemelli, 1 – Milanohttp://editoriale.cjb.netISBN 88-8311-076-5

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INDICE

Presentazione ....................................................................................... 7di Gilberto Mazza

Introduzione.......................................................................................... 9

CAPITOLO IL’EVOLUZIONE DEGLI STUDI SUL BILANCIOD’ESERCIZIO

1. Da una visione statica a un’interpretazione dinamica delbilancio d’esercizio ................................................................... 131.1 L’interpretazione statica del bilancio di esercizio.............. 141.2 L’interpretazione dinamica del bilancio di esercizio ......... 151.3 Le nozioni statiche e dinamiche......................................... 20

2. Il concetto di reddito nel pensiero scientifico di EugenSchmalenbach ........................................................................... 222.1 Le nozioni affini di reddito ................................................ 222.2 Il reddito di esercizio nella Privatwirtschaft...................... 242.3 Il reddito di esercizio quale parte del reddito totale........... 252.4 Il reddito di esercizio come differenza tra capitale

iniziale e capitale finale ..................................................... 272.5 Il reddito di esercizio come differenza tra

“produzione” e “consumo” ................................................ 272.6 Le fonti del reddito di esercizio ......................................... 28

3. L’interpretazione di M. R. Lehmann ........................................ 293.1 Umzatz versus Absatz......................................................... 293.2 Il capitale............................................................................ 303.3 Il risultato di esercizio........................................................ 33

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4. L’economia dei valori di H. Nicklisch ..................................... 364.1 Le fasi della gestione aziendale ......................................... 384.2 Le grandezze economiche costituenti il Wertumlauf ......... 39

CAPITOLO IIL’ECONOMICITÀ SOCIALE DELL’IMPRESAE IL VALORE AGGIUNTO

1. Il valore aggiunto: possibili definizioni .................................... 432. Le diverse logiche di osservazione ........................................... 49

2.1 Aspetti macro-economici ................................................... 502.2 Aspetti economico-aziendali.............................................. 55

CAPITOLO IIILA DETERMINAZIONE DEL VALORE AGGIUNTO

1. Le metodologie di calcolo......................................................... 711.1 Il procedimento di calcolo del valore aggiunto.................. 721.2 La componente positiva del calcolo del valore ag-

giunto ................................................................................. 801.3 La componente negativa del calcolo del valore ag-

giunto ................................................................................. 831.4 Il valore aggiunto come risultato della differenza

tra la componente positiva e quella negativa ..................... 862. L’origine dei dati....................................................................... 89

2.1 Il calcolo del valore aggiunto in base alla contabili-tà industriale....................................................................... 89

2.2 Il calcolo del valore aggiunto in base alla contabili-tà generale .......................................................................... 91

2.3 Valore aggiunto lordo e valore aggiunto netto .................. 963. Il calcolo del valore aggiunto in alcuni settori.......................... 99

3.1 Il valore aggiunto nel settore commerciale ...................... 1003.2 Il valore aggiunto nel settore bancario............................. 106

4. Il significato informativo del valore aggiunto ........................ 1084.1 Nella produzione dell’impresa......................................... 1094.2 Nella dimensione della stessa .......................................... 1144.3 Quale indice di economicità e produttività ...................... 1174.4 Valore aggiunto e distribuzione del reddito..................... 118

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CAPITOLO IVVALORE AGGIUNTO E RENDICONTO “SOCIALE”

1. Significato di un rendiconto non soltanto economico............. 1252. Motivi per successive indagini................................................ 135

APPENDICE

1. Lo studio di un caso aziendale. La società XYZ..................... 1392. Lo studio di un caso aziendale. L’impresa Migros ................. 162

Riferimenti bibliografici ................................................................... 167

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PRESENTAZIONE

È comprensibile il compiacersi, di chi ha dedicato una vitaall’insegnamento, nel ritrovare alcuni suoi studenti che, dopo la lau-rea, siano andati a leggere alcuni dei libri segnalati alla loro atten-zione per approfondire conoscenze di dottrina, avendo deciso di per-correre il non facile sentiero della ‘ricerca’ quale conquisitio e, neltempo disputatio, indagando fenomeni attinenti la realtà di una certadisciplina. Franco Dalla Sega ha operato questa scelta, conseguendocosì il Dottorato di ricerca in Economia Aziendale, trascorrendo an-che un biennio all’Università di Monaco di Baviera.

L’argomento oggetto di questa pubblicazione trova radici neglistudi sul valore condotti attorno a questa ‘entità’ nell’ambitodell’economia delle imprese, soprattutto in quel tessuto di rigorosadottrina mitteleuropea, spesse volte soverchiata da una letteraturad’Oltreoceano improntata (salvo ben conosciute e ben significativeeccezioni) da un diffuso e convinto pragmatismo.

Non posso non ricordare (mi si perdoni) un lavoro che ho pubbli-cato nell’ormai lontano 1969 sullo studio del valore nelle disciplineeconomiche di azienda (in generale) attingendo da molte fonti delladottrina di lingua tedesca, fonti alle quali è riandato il nostro Autore,arrivando a risultati ottenuti con acume, attraverso un filtro affattopersonale.

Se l’entità-valore è già di per sé di non facile ‘quantificazione’ (visi interpongono inevitabili giudizi di qualità), delineare delle aree diincremento per motivate applicazioni è un problema che presenta ul-teriori difficoltà. Si annoti – pur marginalmente – come la grandezzadel ‘valore aggiunto’ sia divenuta oggetto di rilievo persinonell’ambito delle Amministrazioni pubbliche che, a livello europeo,hanno ritenuto di applicare un’imposta per sostituire quella‘sull’entrata’ palesatasi non equa poiché ‘a cascata’ (introducendo

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però un’imposta sostanzialmente ‘a catena’ dove l’ultimo anello – ilconsumatore finale – subisce il peso maggiore della stessa catena).

Il saggio di Franco Dalla Sega merita un apprezzamento per leanalisi che ha saputo condurre, svolgendole con rigore di metodo econ la consueta chiarezza di linguaggio.

Nella convinzione che queste pagine saranno motivo di interessan-te lettura per chi si occupa di discipline economico-aziendali, mi au-guro che l’Autore altre ne aggiunga con l’abituale suo impegno di la-voro.

Gilberto MazzaOrdinario di Economia aziendale

Università Cattolica - Milano

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INTRODUZIONE

La disciplina ragionieristica si è evoluta in primo luogo nel campodelle tecniche contabili e, in seguito, nello studio delle operazioniaziendali oggetto di misura di quelle tecniche, considerando quantitàmonetarie denominate valori di conto o valori di negoziazione.

Il presente lavoro costituisce una “tappa” del percorso di studio delvalore nell’economia d’azienda intrapreso da chi scrive, che trovaorigine nei primi anni universitari e che si è arricchito di premesse si-stematiche in approfondimenti successivi. Grazie anche a un periododi studio svolto in occasione del dottorato di ricerca presso la LudwigMaximilians Universität di Monaco di Baviera, ci si è avvicinati alpensiero di alcuni Autori di lingua tedesca che, nella prima metà delXX secolo, pur non ignorando la funzione economico-privatadell’impresa attuata a fini di lucro dall’imprenditore, hanno considera-to la stessa sostanzialmente come uno strumento di produzione nellasocietà.

L’economicità sociale (Wirtschaftlichkeit) del Betrieb e non la suaredditività rappresenta per tali Autori il principio di convenienza eco-nomica in nome del quale l’impresa dovrebbe essere gestita e giudica-ta. L’obiettivo per l’impresa è costituito dal raggiungimentodell’economicità rappresentata non tanto da massimi livelli di profittoo di redditività del capitale, ma da riduzioni nei costi unitari di produ-zione in modo da rendere possibile il contemporaneo accrescimentodella produzione, della remunerazione della forza lavoro e la diminu-zione dei prezzi di vendita. L’economicità così definita è condizionenecessaria e sufficiente per il conseguimento di una congrua redditivi-tà, mentre non è detto valga l’affermazione inversa. Il reddito del Be-trieb dovrebbe esprimere l’efficienza dello stesso rispettoall’economia collettiva e non all’economia privata dell’imprenditore;costi e prodotti del Betrieb andrebbero quindi misurati sulla base del

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loro valore “economico-sociale” anziché in base ai prezzi negoziatiche determinano a loro volta i costi e i ricavi.

Dato che l’economicità sociale del Betrieb costituisce per tali Au-tori il principio di convenienza economica, il risultato d’esercizio do-vrebbe essere determinato a sua volta sulla base di principî e criteri divalutazione ispirati alla Wirtschaftlichkeit. Il risultato d’esercizio do-vrebbe esprimere il “plusvalore” (Mehrwert) che scaturisce dal con-fronto tra la ricchezza consumata dalla collettività e quella prodotta edestinata alla collettività stessa. Si intravedono in questo concetto lecaratteristiche fondamentali del “valore aggiunto”, che può essere de-finito come la differenza tra quanto l’impresa ha prodotto nell’arco ditempo considerato e quanto ha consumato, ovvero utilizzato in terminidi beni e servizi apportati da terze economie; il rendiconto che nequantifica l’ammontare individua nel contempo anche la sua distribu-zione fra le categorie di aventi diritto. Il valore aggiunto costituiscealtresì “l’anello di congiunzione” tra la contabilità d’impresa e la con-tabilità economica nazionale e può pertanto assumere anche la funzio-ne di indicatore dell’efficacia macro del sistema-impresa.

La ricerca ha per oggetto l’analisi delle differenti concezioni di va-lore aggiunto formulate nella dottrina economico-aziendale tedesca,allo scopo di dimostrare come tale indicatore possa costituire una ri-sposta agli interrogativi di fondo collegati all’economicità sociale delBetrieb. Tale finalità richiede un rapporto evoluto tra impresa e socie-tà, che mette in risalto l’importanza e la responsabilità della prima neiconfronti della seconda. Alle imprese viene richiesto il perseguimentodi obiettivi economico-sociali, il cui raggiungimento non può essereevidenziato solamente prendendo in considerazione il reddito di eser-cizio. Di conseguenza vanno elaborati strumenti informativi idonei afornire risposte alle esigenze informative delle diverse classi di inte-resse partecipanti al processo economico.

Nel primo capitolo si presenta il pensiero di tre Autori con riferi-mento all’evoluzione del concetto di reddito nell’economiadell’impresa. Gli aspetti del pensiero di Schmalenbach, Lehmann eNicklisch che saranno oggetto di approfondimento riguardano sostan-zialmente l’evoluzione del concetto di reddito nel tentativo di dare ri-sposta agli interrogativi derivanti dalla concezione del finalismo

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“sociale” d’impresa: che cosa conviene produrre per realizzare il mas-simo di economicità sociale? Quanto, quando e come giova produrreallo stesso fine?

Il secondo e il terzo capitolo cercano di definire delle risposte ade-guate agli interrogativi ricordati. Sulla base soprattutto dei contributidi Lehmann e di Nicklisch si presentano le diverse concezioni di valo-re aggiunto elaborate dalla dottrina, che vanno inquadrate nellaWertschöpfungsdenken, intesa come la “creazione di valore nell’eco-nomia sociale”. Le diverse metodologie di determinazione e di rappre-sentazione del valore aggiunto trovano origine in procedimenti di cal-colo e fonti dei dati che variano a seconda del tipo di impresa, dei datia disposizione e degli aspetti gestionali che si intendono rappresentare.

Il significato informativo del valore aggiunto riflette le diverse pro-spettive di studio e di determinazione da cui lo stesso origina.Nell’ultimo capitolo si affronterà – in via sintetica – il problema dellacostruzione di modelli di contabilità “sociale”, nel tentativo di definireun articolato quali-quantitativo entro cui collocare le informazioni di-rette ai diversi soggetti che entrano in contatto con l’impresa. Il rendi-conto “sociale”, che si sviluppa dal calcolo del valore aggiunto, rap-presenta infatti, ad oggi, il modello più diffuso di contabilità “sociale”.

Da ultimo, nell’appendice si intendono rappresentare – avvalendosidi casi concreti – le modalità operative attraverso le quali è possibilequantificare il valore aggiunto.

Milano, giugno 2000

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CAPITOLO IL’EVOLUZIONE DEGLI STUDISUL BILANCIO D’ESERCIZIO

SOMMARIO: 1. Da una visione statica a un’interpretazione dinamica delbilancio d’esercizio. – 2. Il concetto di reddito nel pensiero scientifico diEugen Schmalenbach. – 3. L’interpretazione di M. R. Lehmann. – 4.L’economia dei valori di H. Nicklisch.

1. Da una visione statica a un’interpretazione dinamica del bi-lancio d’esercizio

La discussione sulla forma e sul contenuto dei bilancio d’eserciziosono di lunga tradizione nella dottrina tedesca. Tale processo viene ri-assunto con il termine di Bilanztheorien, ossia teorie del bilanciod’esercizio. In tale contesto è possibile evidenziare tre fasi evolutivedelle stesse1.

La prima fase trova inizio con il passaggio dal diciannovesimo alventesimo secolo con la costituzione delle prime Handelshochschulen;culmine di questa fase sono stati gli anni Venti in cui Schmalenbach ègiunto alla completa teorizzazione della dinamicità del bilancio2.Schmidt3 frattanto ha concepito la teoria dell’organischen Bilanz eRieger4 ha presentato la teoria del nominalen Bilanz.

Alla metà degli anni Trenta inizia la seconda fase evolutiva in cui ladottrina tenta di applicare le nozioni teoriche alla realtà aziendale. Ri-sultato di questo tentativo sono le pubblicazioni della Scuola diSchmalenbach (Schmalenbach-Vereinigung), aventi per oggetto i

1 COENENBERG, Jahresabschluß und Jahresabschlußanalyse, 14. Aufl., 1993,

pag. 627.2 SCHMALENBACH, Dynamische Bilanz, Leipzig, 1931.3 SCHMIDT, Die organische Tageswertbilanz, Leipzig, 1929.4 RIEGER, Einführung in die Privatwirtschaftslehre, Erlangen, 1928.

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principi contabili e gli aspetti contabili delle singole classi di valoredel bilancio d’esercizio.

La terza ed ultima fase evolutiva incomincia negli anni Sessantacon la ricerca di soluzioni di questioni attuali come la determinazionefiscale del reddito, la riforma della legislazione del bilancio delle so-cietà per azioni e, soprattutto, l’internazionalizzazione dei mercati equindi lo sforzo per individuare una normativa contabile unitaria perl’Europa.

1.1 L’interpretazione statica del bilancio di esercizioIl termine di “bilancio statico” è stato formulato da Schmalenbach

per differenziare tutte le interpretazioni statiche del bilancio dalla suainterpretazione dinamica. Schmalenbach intende quindi per bilanciostatico il bilancio che ha lo scopo di evidenziare uno stato (una situa-zione) dell’impresa, sia esso destinato a perdurare o temporaneo, avutoriguardo ad un certo istante temporale5.

Secondo la concezione statica del bilancio, compito fondamentaledel bilancio è la rappresentazione dello stato patrimoniale in un certoistante temporale, mentre il rendiconto reddituale ha soltantoun’importanza subordinata. Il reddito stesso viene determinato dallacomparazione dei patrimonio iniziale con quello finale e il rendicontoreddituale, in un primo momento, viene considerato un prospetto par-ticolare a sé stante. Solo con Schär e Nicklisch il rendiconto redditualeviene collegato con lo stato patrimoniale: Schär considera infatti ilrendiconto reddituale un conto secondario del conto del capitale pro-prio e quindi “spiega” i costi come riduzione dei capitale proprio e iricavi come aumento dei capitale proprio collegando in tal modo ilrendiconto reddituale con lo stato patrimoniale. Nicklisch invece in-dividua un collegamento tra il rendiconto reddituale e lo stato patri-moniale in quanto lo stato patrimoniale dà evidenza delle rimanenzedel patrimonio aziendale in essere alla chiusura dell’esercizio

5 SCHMALENBACH, Dynamische Bilanzen, 13. Aufl., überarbeitet von R. Bauer,

Köln, 1962, p. 45: “Wenn die Bilanz die Aufgabe hat, einen Zustand des Betriebeszu schildern, sei es ein dauernden oder vorübergehenden Zustand, so nennen wireine solche Bilanz eine statische Bilanz”.

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(Beständebilanz), mentre il rendiconto reddituale dà evidenza dei va-lori di periodo (Bilanz der Periodenwerte). In questo bilancio dei va-lori di periodo le rimanenze di beni e servizi consumate e la forza la-voro impiegata vengono considerati costi, mentre i ricavi che si con-trappongono a questi ultimi vengono rappresentati dal valore dellevendite dei beni prodotti nello stesso periodo.

Solo dopo un lungo periodo, durante il quale ha prevalso la dottrinadello Schmalenbach, un gruppo di studiosi tra cui Le Courte hanno ri-proposto e riformulato la teoria statica proponendo un sistema“totale”6 che comprende i vari aspetti del processo economico7. Per LeCourte il bilancio non evidenzia più il patrimonio ma il capitale, in-tendendo per capitale non solo la fonte di finanziamento ma anche ilcomplesso degli impieghi. In tal modo, il bilancio viene a svolgere unasorta di funzione “di controllo” dell’evoluzione del capitale e, conse-guentemente, è strettamente collegato con il rendiconto reddituale incui i costi vengono interpretati come deflusso di capitale ed i ricavicome afflusso di capitale. La differenza tra ricavi e costi se risultapositiva accresce il capitale (Kapitalzuwachs); se, invece, risulta ne-gativa decresce il capitale (Kapitalvernichtung). Secondo Le Courte ilcompito dei bilancio è quello di evidenziare la situazione finanziaria,la composizione del capitale e, infine, i flussi generati dalla gestioneeconomica.

1.2 L’interpretazione dinamica del bilancio di esercizioSe si attribuisce al bilancio di esercizio la funzione di rappresentare

i flussi economici che si sono manifestati durante un intervallo di tem-porale, si parla di bilancio dinamico e, giacché in tal modo vengono

6 La principale critica di Schmalenbach ai sostenitori della teoria statica era

quella di non tentare di definire un bilancio che soddisfacesse sia lo scopo di rappre-sentare la situazione patrimoniale che il risultato economico; cfr. SCHMALENBACH,Dynamische Bilanz, Leipzig, 1931, pag. 79 e segg.

7 La “totale Bilanzauffassung der Bilanztheorie” viene definita da Le Courte co-me “die alle Beziehungen der Bilanz erfaßt und formal wie materiell logisch inEiklang bringt, d.h. zu lückenlosem System zusammenfügt”; cfr. LE COURTE, Bi-lanztheorien, in: “Handwörterbuch der Betriebswirtschaft”, hrsg. von SEISCHAB undSCHWANTAG, 3. Aufl., 1956/62, pag. 1172.

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osservati i flussi che determinano il reddito d’esercizio dell’impresa, ilbilancio dinamico viene anche denominato “bilancio del reddito”(Erfolgsbilanz)8. Si tratta, tuttavia, di una dinamicità che potremochiamare “indiretta” in quanto la stessa deve essere intesa nel sensoche i flussi vengono evidenziati mediante la comparazione tra lo statoiniziale e lo stato finale del patrimonio.

L’interpretazione dinamica del bilancio, anche se era stata già in-trodotta da Schäffler e da von Millmowski alla fine del secolo scorso,ha trovato piena teorizzazione negli studi di Schmalenbach e riceveulteriori spunti di approfondimento nelle opere di Walb e Kosiol. Se-condo Schmalenbach scopo principale dei bilancio è il calcolo delreddito d’esercizio (“scopo dinamico”) anche se secondariamente puòassolvere “scopi statici” come evidenziare il valore del patrimonio.Ciò in quanto è più importante misurare periodicamente il risultatoottenuto piuttosto che il valore del patrimonio. Per l’impresa è fonda-mentale sapere se è caratterizzata da un andamento economico positi-vo e quindi dalla capacità di creare ricchezza, oppure se è caratterizza-ta da un andamento costante e stagnante o addirittura negativo. Inquest’ultima situazione anziché produrre ricchezza, l’impresa distrug-ge ricchezza. L’andamento positivo della gestione presupponel’esistenza di un plusvalore (Mehrwert), ossia di una differenza positi-va tra ricavi e costi. Scopo principale del bilancio d’esercizio non puòche essere il calcolo del reddito d’esercizio (Erfolg) ossia la sommaalgebrica dei costi (Aufwand) e dei ricavi (Ertrag). In tal modo, non èlo stato patrimoniale (Bilanz) che gioca il ruolo principale all’internodei bilancio d’esercizio (Jahresabschluß), bensì è il rendiconto reddi-tuale9.

Al fine del calcolo economico del reddito (Erfolgsrechnung)Schmalenbach distingue tra i componenti negativi e positivi di redditocome segue: costi (Aufwand), ricavi (Ertrag), spese (Ausgaben), in-troiti (Einnahmen). In particolare, spese ed introiti sono componenti

8 SCHMALENBACH, op.cit., Leipzig, 1931, pag. 80.9 SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1962, pag. 51: “Die Gewinn- und Verlustre-

chnung hat den Inhalt der Bilanz zu bestimmen und nicht die Bilanz den Inhalt derGewinn- und Verlustrechnung. Das ist der Sinn der Erfolgsbilanz, daß sie nichtHerrin, sondern die Dienerin des Abschlusses ist”.

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del calcolo dei reddito “totale”, ossia riguardante l’intera vitadell’impresa (Totalerfolgsrechnung), per cui il reddito totale risultadalla differenza tra tutte le spese e tutti gli introiti. Tale nozione diTotalerfolgsrechnung è interessante dal punto di vista teorico, ma èirrilevante per la realtà aziendale. È noto che l’impresa normalmente ècaratterizzata dal principio di perdurabilità e quindi la sua vita non siesaurisce entro un esercizio ma, di regola, si estende a più esercizi.Nella realtà quindi è necessario dividere la vita complessiva in periodiparziali al termine dei quali procedere al calcolo del reddito prodottodall’impresa. Diventa pertanto rilevante determinare correttamente icosti ed i ricavi di competenza del singolo periodo considerato. Pro-blema fondamentale diviene quindi l’evidenziazione delle possibilidifferenze tra spese/costi e tra introiti/ricavi (denominate da Schma-lenbach schwebende Kräfte), ossia distinguere costi e ricavi di compe-tenza da quelli che non sono ancora maturati o, al contrario, che sonogià maturati10.

Deve infatti essere chiaro che la spesa sostenuta nel periodo può es-sere considerata costo di competenza del periodo di cui si vuole de-terminare il reddito (come, ad esempio, il costo per salari e stipendi),costo di competenza del periodo successivo (materie prime in rima-nenza in attesa di essere economicamente impiegati nel processo pro-duttivo), costo del periodo precedente (canoni di locazione posticipa-ti). Similmente, gli introiti del periodo possono essere ricavi di compe-tenza del periodo oggetto di esame (vendite del periodo), ricavi dicompetenza del periodo successivo (acconti), ricavi di competenza delperiodo precedente (canoni di locazione riscossi posticipatamente).Occorre poi tener conto degli incrementi di immobilizzazioni per la-vori interni: i costi sostenuti internamente possono essere di pienacompetenza dell’esercizio in chiusura o di competenza dell’eserciziosuccessivo o di quello precedente; lo storno indistinto di costi, cherappresenta un ricavo, conseguente alla capitalizzazione (parziale ototale) degli stessi, può essere considerato di competenzadell’esercizio in corso, di quello successivo o, infine, di quello prece-dente.

10 “Die Bilanz ist mithin die Darstellung des Kräftespeichers der Unter-nehmung”, cfr. SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1962, pag. 74.

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Ne consegue che il rendiconto reddituale è la parte del bilanciod’esercizio che dà evidenza di tutti i costi e di tutti i ricavi di compe-tenza dell’esercizio mentre lo stato patrimoniale assume il compito di“mettere in conto” tutte le spese e gli introiti che non sono costi e ri-cavi di competenza dell’esercizio di cui si vuole calcolare il reddito.Queste classi di spesa ed introito rimangono iscritti nello stato patri-moniale fino a quando essi non sono diventati costi e ricavi di compe-tenza. Lo stato patrimoniale, anche se non necessario per il calcolo delreddito d’esercizio, è utile a stabilire una sorta di “collegamento eco-nomico” tra i vari esercizi.

1.2.1 L’evoluzione della teoria di Schmalenbach

Come detto in precedenza, la teoria del bilancio dinamico elaboratada Schmalenbach viene successivamente approfondita da due studiosidi matrice germanica: Walb e Kosiol.

Walb con la teoria Formaltheorie der dynamischen Bilanz sviluppaun sistema formato da due gruppi di conti:a) i conti del reddito (Konten der Leistungsreihe);b) i conti dei valori numerari (Konten der Zahlungsreihe)11.

I primi si riferiscono ai flussi dei costi e dei ricavi e sono compresinel rendiconto reddituale, mentre i secondi si riferiscono ai flussi nu-merari delle spese e degli introiti e sono compresi nello stato patri-moniale. Per calcolare il risultato ottenuto dall’impresa è sufficientefare la differenza tra ricavi e costi oppure la differenza tra introiti espese.

Ciò tuttavia va bene fino a quando il risultato viene calcolato perl’intera vita dell’impresa (Totalerfolgsrechnung) ma, come ben sap-piamo, nella realtà aziendale è di fondamentale importanza calcolare ilrisultato periodicamente per poter controllare l’andamento economicodell’impresa. Occorre stabilire i costi ed i ricavi di competenzadell’esercizio e pertanto il risultato della differenza dei conti del reddi-to sarà diverso dal risultato ottenuto dalla differenza dei conti dei va-lori numerari. Infatti quest’ultimo sarà in parte reddito di competenzadell’esercizio in corso, in parte reddito di competenza dell’esercizio

11 WALB, Finanzwirtschaftliche Bilanz, 3. Aufl., Wiesbaden, 1966.

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precedente ed in parte di reddito di competenza dell’esercizio succes-sivo. Tale problema “di competenza” viene risolto dal Walb con laZurückverrechnung (risconti attivi e passivi) per le componenti direddito di competenza dell’esercizio successivo e con la Nachverre-chnung (ratei attivi e passivi) per le componenti di competenzadell’esercizio precedente.

Un ulteriore sviluppo della visione dinamica del bilancio vieneproposta da Kosiol che elabora uno schema più semplice riassumendolo teoria di Schmalenbach e la teoria di Walb. Scopo principale dellasua teoria è di evidenziare lo stretto collegamento delle categorie nu-merarie di spesa ed di introito con il calcolo del reddito d’esercizio,utilizzando tali categorie per interpretare tutto il bilancio di esercizio.Per questa ragione la teoria di Kosiol viene anche denominata dynami-sche pagatorische Bilanztheorie.

Kosiol, a differenza di Walb, non opera con due tipi di categorie diconti perché ritiene che lo stato patrimoniale non sia solo uno strumen-to per collegare economicamente i vari esercizi nei quali si svolgel’unitaria gestione dell’impresa ma sia esso stesso uno strumento dinatura numeraria per il calcolo del reddito d’esercizio12. Utilizzandounicamente le classi di valori numerari, Kosiol ha dovuto procedere adun ampliamento delle nozioni di spesa ed introito o, più correttamente,dei valori numerari in uscita (Barausgaben) ed in entrata(Bareinnehemen). Sono state pertanto aggiunte altre due categorie divalori numerari al fine della corretta determinazione del reddito diesercizio (Verrechnungseinnahmen/Verrechnungsausgaben).

Un interessante contributo viene poi apportato da Käfer13 che, con lasua zukunftsorientierten Bilanz, si oppone fortemente alla teoria staticadel bilancio alla luce dell’importanza del principio della perdurabilitàfutura quale elemento per osservare l’impresa nel suo futuro operare.

12 KOSIOL, Bilanz und Bilanztheorie, in: “Handwörterbuch der Sozialwissen-

schaften”, hrsg. von BECKERRATH, Stuttgart, 1959, pag. 228: “der ursprünglicheInhalt der Bilanz besteht nicht in den Bestandsgrößen, sondern in unsaldierten Ein-nahmen und Ausgaben selbst. Die Bilanz ist nicht nur Hilfsmittel der Erfolgsre-chnung, die unabgerechnete Bestände an die nächste Periode witergibt, sondernselbst eine pagatorische Erfolgsrechnung”.

13 KÄFER, Bilanz der Zukunftsrechnung, Zürich, 1962.

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Da quanto fin qui affermato emerge con sufficiente chiarezza che ladisputa nella dottrina economico-aziendale tedesca in ordine al bilan-cio di esercizio si basa soprattutto sulla forma e sul contenuto dellostesso e sui principi contabili, avendo già, direttamente od indiretta-mente, individuato le finalità dello strumento informativo: determina-zione del patrimonio (teoria statica del bilancio) oppure determinazio-ne del reddito di esercizio (teoria dinamica del bilancio). Solo più re-centemente si è scoperto che la determinazione del reddito, ossia lamisurazione del grado di raggiungimento dell’obiettivo perseguito, ola determinazione del patrimonio, ossia valutazione del patrimonio inrimanenza atto al perseguimento di obiettivi futuri, sono obiettivi oscopi subordinati ed acquistano significato solo se esiste un obiettivo(finalità) superiore.

1.3 Le nozioni statiche e dinamicheLo stato patrimoniale quale fondo di valori rappresenta la visione

statica del bilancio, il rendiconto reddituale comprende i valori flussoed è pertanto espressione della visione dinamica. È interessante osser-vare come i fenomeni statici e dinamici si differenzino sostanzialmen-te per il grado di astrazione con cui vengono considerati: infatti per ifenomeni statici si ignora totalmente il fatto che gli stessi si manife-stano nel tempo. In tal modo, i fenomeni dinamici, denominatinell’ambito economico-aziendale come “valori flusso” (costi sostenutie ricavi conseguiti durante il periodo amministrativo) sono osservabilie misurabili solo entro un determinato intervallo temporale, mentre ifenomeni statici, denominati valori fondo (complesso delle attività edelle passività patrimoniali), sono considerabili slegati dal decorsotemporale e quindi misurabili in un determinato temporale anche in-finitamente piccolo. Per questa ragione la visione statica e la visionedinamica sono due modi di osservare l’economia a sé stante e non co-ordinabili; la visione statica fa parte di quella dinamica, come si è cer-cato di evidenziare nella figura che segue.

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FIGURA 1.1: LA VISIONE STATICA QUALE PARTE DELLA VISIONE DINAMICA

Visione dinamica

Visione statica

Ad una tale conclusione si perviene se si considera che i fenomenistatici sono anche fenomeni dinamici, con la possibilità di astrarre talevisione e slegarla dal percorso temporale. Le definizioni di statica edinamica esposte riprendono in parte quelle proprie della meccanica:infatti, la meccanica definisce la dinamica come teoria del moto e lastatica come teoria della quiete. Il moto, tuttavia, non è solo pensabileall’interno di un intervallo temporale, la quiete anche in un determina-to momento temporale (cfr. figura 1.2)14.

FIGURA 1.2: IL CAMPO DI VALIDITÀ DELLE NOZIONI STATICHE E DINAMICHE

Campo di validità delle nozioni statiche

Campo di validità delle nozioni dinamiche

14 LEHMANN, Allgemeine Betriebswirtschaftslehre, Leipzig, 1928, pag. 73: “Der

Vollständigkeit wegen sei darauf hingewiesen, da der Gedankeinhalt der hier en-twickelten Begriffe der Statik und Dynamik genau dem entspricht, der in der Me-chanik vorhanden ist. Denn hier definiert man die Dynamik als die Lehre von Bewe-gung, die Statik als die Lehre von der Ruhe”.

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2. Il concetto di reddito nel pensiero scientifico di EugenSchmalenbach

Schmalenbach sostiene che lo scopo principale del bilancio è il cal-colo del reddito (Erfolgsrechnung), perciò egli sottolinea l’importanzadell’aspetto dinamico del bilancio e quindi del rendiconto reddituale.Schmalenbach però ha sempre sostenuto lo scopo unitario del bilanciodi esercizio (teoria monistica) a differenza della teoria dualistica cuiapparteneva Schmidt che persegue il calcolo del patrimonio e delreddito con scopi diversi (sia dinamici che statici)15. Molti Autori han-no forse mal interpretato il pensiero dello Schmalenbach sostenendoche egli avesse teorizzato che l’unico scopo del bilancio fosse quellodinamico (ossia la determinazione del reddito di esercizio). In realtà,la proposta di dinamicità del bilancio costituisce la forma ideale per unbilancio che persegua tale scopo, benché allo stesso possano essere at-tribuite anche altre finalità. Un bilancio così redatto può infatti assol-vere anche a compiti statici purché gli stessi vengano interpretati inun’ottica dinamica, ossia dal punto di vista della dinamica del reddi-to16.

2.1 Le nozioni affini di redditoSchmalenbach individua anzitutto alcune nozioni affini di reddito

richiamando gli studi in ordine alle diverse nozioni di reddito compiutida Bauckner17, evidenziandone gli aspetti più controversi. In particola-re, la Konsumtionsfondstheorie considera il reddito solo dal punto divista del consumo e quindi essa non risulta atta a definire in manieracompleta la nozione di reddito di esercizio; la Periodizitätstheorieconsidera unicamente la periodicità dei ricavi come caratteristica ulti-ma del reddito; la Quellentheorie considera solo la fonte del redditoma non perviene ad una definizione positiva. Anche la Ertragskate-gorie è troppo riduttiva giacché definisce il reddito unicamente come

15 SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1931, pagg. 79-86.16 Cfr. la prefazione di SCHMALENBACH all’opera Dynamische Bilanz, Leipzig,

1931.17 BAUCKNER, Der privatwirtschaftlicher Einkommensbegriff, Mühldorf a. Inn,

1921.

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provento (Ertrag). L’unica nozione di reddito accettabile risulterebbequindi essere la Reinvermögenszugangstheorie, anche se non indaga inmaniera compiuta le fonti del reddito. Essa infatti definisce comereddito tutti gli elementi che accrescono il patrimonio iniziale e chepossono essere consumati senza diminuire il patrimonio iniziale(Stammvermögen). Ciò impone però di assumere l’ipotesi del-l’invariabilità del valore del patrimonio benché il valore stesso sia dinatura variabile. In tal modo il capitale finale calcolato come sommaalgebrica del capitale iniziale, del reddito prodotto, del reddito consu-mato non rappresenterebbe il capitale finale effettivo in quanto nonviene considerata la variabilità del valore del capitale iniziale e quindinon è idoneo ad evidenziare il capitale finale ed il reddito.

Se le nozioni di reddito affini studiate da Bauckner non risultavanoappaganti sotto molteplici aspetti anche la nozione fiscale del redditonon soddisfaceva Schmalenbach. Le definizioni di Strutz18 e di Fui-sting19 di reddito fiscale sono formulate infatti in modo tale da rispetta-re la normativa fiscale ma non evidenziano il reddito d’esercizio veroe proprio. Aspetto tuttavia interessate è la distinzione fatta da Fui-

18 STRUTZ, Die Einkommenssteuer, in “Handbuch des Reichssteuergesetzes”,

Berlin, 1924, pag. 51: “Der Überschuß der dem einzelnen von der Gesamtheit –soweit sie nicht in Geld bestehen, in solchem nach ihrem Werte in Rechnung zustellenden – ihm in einer bestimmten Periode aus dauernden Quellen der Gewin-nung von Mittel zur Bedürfnisbefriedigung zufließenden Reinerträge und Nutzungennach Abzug des Gesamtbetrages der – soweit sie nicht in Geld bestehen, ebenfalls insolches unzurechnenden – innerhalb derselben Perioden bei solchen Ertragsquellendurch Zurückbleiben ihrer Reinerträge hinter den Werbekosten erlittenen Verlustenund der Dritten auf Grund besonderer Rechtstitel zu gewährenden periodischen unddaher aus den periodisch wiederkehrender Einnahmen zu bestreitenden Sa-chgüterleistungen verbleibt und daher von ihm ohne Verminderung des Geldwertesseines bei Beginn der Periode vorhanden gewesenen Vermögen verbraucht werdenkann, soweit er nicht verbraucht wird mithin dieses Vermögen vermehrt”.

19 FUISTING, Die preußischen direkten Steuern, 4. Bd., “Grundzüge der Steuer-lehre”, Berlin, 1902, pag. 110: “Die Gesamtheit der Sachgüter, welche in einer be-stimmten Periode (Jahr) dem einzelnen als Erträge dauernder Quellen der Güterer-zeugung zur Bestreitung der persönlichen Bedürfnisse für sich und für die auf denBezug ihres Lebenunterhalts von ihm gesetzlich angewiesenen Person (Familie) zurVerfügung stehen”.

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sting20 tra reddito ed aumento del valore del patrimonio aziendale(Vermögenszuwachs): infatti non tutte le variazioni del valore del pa-trimonio sono dovute al reddito di esercizio ma anche a cambiamentistrutturali dell’impresa e a eventi congiunturali. Ne consegue una no-zione restrittiva di reddito (Betriebsgewinn).

Un’ultima nozione di reddito affine che viene presa in considera-zione da Schmalenbach è quella di reddito “ripartibile” tra i portatoridel capitale di rischio e le riserve (aktienrechtlicher Gewinn). E’forseuna nozione di reddito “giuridica” (Juristen Gewinn) che ha scarso ri-lievo da un punto di vista economico-aziendale. Il reddito prodotto du-rante l’esercizio ed il reddito distribuibile sono dunque due nozionidistinte e Schmalenbach sottolinea che la nozione di reddito di eserci-zio ricercata non può che essere quella di reddito prodottodall’impresa e non già quella di reddito distribuibile21.

2.2 Il reddito di esercizio nella PrivatwirtschaftIl pensiero scientifico di Schmalenbach rifugge dal presupposto che

l’unico scopo di un’impresa sia la produzione di reddito. Egli infattiinterpreta l’impresa non tanto come strumento per il conseguimentodel profitto dell’imprenditore quanto quale organismo del sistemaeconomico che adempie la funzione sociale di produrre beni e servizi22,distinguendo nettamente il reddito che si basa sull’interesse privato (loscopo di lucro) e quello che si basa sull’interesse pubblico(partecipazione alla produttività del sistema economico). Il reddito che

20 FUISTING, op. cit., pag. 171: “Hiernach berühren auch die nicht als unmittel-bare Folge des Betriebes erscheinenden Änderungen in den Werten des Anlagekapi-tals nur das Vermögen. Dies gilt sowohl für Verlust als auch für Zuwachs an Wertendes Anlagenkapitals. Der Verlust darf als Minderung des Ertrages nur soweit inBetracht kommen, als die Vermögenssubstanz infolge von bestimmungsmäßigerVerwendung der Anlagen im Betriebe eine Wertminderung erfahren hat; dies ge-schieht mittels der Abschreibungen. Der Zuwachs muß dagegen bei Berechnung desErtrages ganz unberücksichtigt bleiben”.

21 SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1931, pag. 90: “Gewinn bleibt für uns dasErzielte, nicht das Verteilbare”.

22 SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1931, pag. 94: “An sich interessiert der Be-triebswirtschaftler der Richtung, der der Verfasser angehört, der wirtschaftlicheBetrieb nur als ein Organ der Gemeinwirtschaft”.

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si basa sull’interesse proprio dell’economia privata (Privatwirtschaft)risulterebbe quindi essere un reddito manipolato – tra l’altro – dallacostituzione di riserve occulte (stille Reserven), conseguente ad unapolitica di stabilizzazione del reddito e di costanza dei dividendi messain atto da parte degli amministratori in funzione soprattutto degli inte-ressi degli azionisti, dato che questi ultimi non sono legati in manierastretta alla società e quindi sono portati ad assumere un atteggiamentoopportunistico23. Al contrario, il calcolo del reddito di esercizio deveavere forma e contenuto tale da permettere di rappresentare nel modopiù corretto possibile la capacità dell’impresa di raggiungere gli obiet-tivi di economicità24.

2.3 Il reddito di esercizio quale parte del reddito totaleEsistono imprese che sono state costituite per compiere un unico

affare oppure per perseguire determinati obiettivi di breve termine,mentre ci sono imprese che sono state costituite con un’ottica di piùlungo termine.

Mentre per i primi due casi è sufficiente calcolare il reddito prodot-to alla conclusione dell’affare od al raggiungimento dell’obiettivoprefissato (Totalgewinn), per le imprese che sono destinate a perdurareper più esercizi si rende necessario calcolare il reddito già durante lavita aziendale. È di fondamentale importanza infatti avere a disposi-zione risultati intermedi al fine di studiare il grado di raggiungimentodegli obiettivi prefissati nonché al fine di studiare le componenti chehanno concorso alla formazione del reddito. Pertanto, calcolare ilreddito periodicamente serve a garantire un’efficiente ed efficace di-

23 Schmalenbach utilizza la metafora del raccoglitore dei frutti di bosco per indi-

care gli azionisti opportunisti, mentre paragona il comportamento corretto a quellodel contadino nei confronti della “sua” mucca: “behandeln sie das Unternehmen wieder Bauer sein Kuh, so wäre alles in Ordnung; aber sie behandeln es wie der strei-fenden Beerensucher einen Wald; sie nehmen alles weg, das Reife und das Unreife;denn wer die späteren Früchte erntet, weiß man nicht”; cfr. SCHMALENBACH, op.cit., Leipzig, 1931, pag. 91.

24 SCHMALENBACH, op.cit., Leipzig, 1931, pag. 93: “Die Gewinnrechnung mußso gestaltet werden, daß sich aus ihr eine möglichst richtige und möglichst eindrin-gende Vorstellung der Wirtschaftlichkeit der Unternehmung ergebe”.

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rezione dell’impresa ed a compiere interventi diretti e tempestivi talida permettere un andamento economico positivo. Tali verifiche inter-medie avvengono periodicamente allo scadere del periodo ammini-strativo e ciò permette di comparare i risultati ottenuti in esercizi pre-cedenti o di altre imprese. Essendo il reddito di esercizio il redditoprodotto durante un periodo amministrativo esso rappresenta una partedel reddito totale per la cui determinazione è sufficiente effettuare lasomma algebrica tra tutti gli introiti conseguiti e tutte le spese sostenu-te durante la vita dell’impresa. Nella periodica determinazione delreddito di periodo si impone invece il rispetto del principio della com-petenza, ossia va tenuto conto di tutti i costi e di tutti i ricavi di com-petenza dell’esercizio. Occorre inoltre tener conto di eventuali erroricommessi in precedenti esercizi che impongono, ad esempio, di in-crementare le quote ordinarie di ammortamento dei cespiti strumentalinel caso in cui la durata economica residua sia stata congetturata inmaniera non corretta. Ne consegue che il reddito di esercizio risultamolto spesso inferiore rispetto a quello effettivamente prodotto.Schmalenbach, per evitare tale mancata corrispondenza, propone dicostituire un conto speciale, denominabile conto del reddito aperiodico(aperiodisches Erfolgskonto), e di trasferire in esso tutti i costi e tutti iricavi dovuti a tali integrazioni/rettifiche relativamente a fatti gestio-nali e valutazioni rispettivamente verificatisi ed operate in precedentiesercizi. Inoltre, al fine di coprire tali costi che, forse impropriamentepotremo denominare come “straordinari”, si dovrebbe costituire unfondo di riserva da alimentare sia da accantonamenti sia da ricavi“straordinari”.

Se si inserisce tale conto nel sistema di rilevazioni, risulta non esse-re più valida l’uguaglianza tra la somma dei redditi dei diversi esercizie il reddito totale. Alla somma dei redditi va aggiunto l’aperiodischesErfolgskonto, ottenendo la seguente uguaglianza:

redditi d’esercizio + conto del reddito “aperiodico” = reddito totale

27

2.4 Il reddito di esercizio come differenza tra capitale iniziale ecapitale finale

Il calcolo della differenza del capitale (Kapitaldifferenzrechnung)individua il reddito di esercizio come differenza tra il patrimonio fina-le ed iniziale, aggiungendo i conferimenti di capitale(Kapitaleinlagen) e detraendone le relative riduzioni (Kapitalentnah-me).

Questa modalità di calcolo del reddito di esercizio, che potremochiamare “differenziale”, non viene tuttavia accolta da Schmalenbachin quanto si basa sul presupposto che il valore del capitale rimanga in-variato durante il periodo. Egli infatti intende il capitale aziendalequale complesso di beni patrimoniali il cui valore può essere calcolato,o meglio, stimato, solo avuto riguardo alla sua interezza e non già at-traverso la sommatoria dei valori dei singoli elementi25. E’noto infatticome il valore del complesso patrimoniale debba rappresentare la ca-pacità di produrre reddito in futuro e come quindi esso sia pari allasomma del valore attuale dei redditi futuri più il valore finale conse-guibile in sede di liquidazione dell’impresa.

Occorre a questo punto osservare che se si redigesse un Conto eco-nomico (Gewinn und Verlustrechnung) ed uno Stato patrimoniale èpossibile pervenire alla determinazione del reddito dell’esercizio attra-verso il confronto tra il patrimonio netto al tempo tn ed il patrimonionetto al tempo tn+1. Emerge quindi con evidenza come il reddito ottenu-to dal calcolo del reddito (Erfolgsrechnung) coincida con quello otte-nibile mediante il calcolo del capitale (Kapitalrechnung) el’interdipendenza tra tali due modalità di calcolo del reddito.

2.5 Il reddito di esercizio come differenza tra “produzione” e“consumo”

Schmalenbach critica la terminologia utilizzata per descrivere lecomponenti del reddito, ossia i ricavi (Ertrag) e costi (Kosten); a suoavviso infatti i termini “produzione” (Leistung) e “consumo”(Aufwand) sono più idonei a rappresentare l’aspetto economico dellagestione, che consiste nell’ottenimento di una produzione a fronte del

25 SCHMALENBACH, Finanzierungen, Leipzig, 1922, pag. 5 e segg.

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consumo dei fattori produttivi ed in un forte rapporto dell’impresa conl’ambiente esterno. Con tali precisazioni è pertanto possibile interpre-tare più compiutamente la nozione di reddito propria di Schmalenbachossia valore della produzione al netto del valore del consumo26. Comein precedenza rilevato, occorre tuttavia precisarsi che il valore dellaproduzione non è pari al valore degli introiti e che il valore dei con-sumo non è uguale alle spese. Schmalenbach osserva infatti che il“consumo” del periodo può essere spesa di competenza dell’esercizioin corso; spesa di competenza dell’esercizio successivo o spesa dicompetenza dell’esercizio precedente e che, corrispondentemente, la“produzione” ottenuta nell’esercizio può essere rappresentata da in-troiti di competenza dell’esercizio in corso, oppure di competenzadell’esercizio successivo o, ancora, di quello precedente. Ciò nonimplica che introiti e spese non siano corretti strumenti di misurazionedella produzione e del consumo.

2.6 Le fonti del reddito di esercizioLe fonti del reddito di esercizio possono essere distinte in fonti in-

terne e fonti esterne. Le prime sono riconducibili alla gestionedell’impresa; le seconde all’andamento del mercato e del sistema eco-nomico. Più in particolare, Schmalenbach intende per fonte interna direddito la gestione dell’impresa in generale (Betriebsgebarung), ossiail modo efficiente di organizzare, amministrare e produrre all’internodell’unità impresa; per fonti esterne di reddito egli intende invece levariazioni strutturali del sistema economico, le congiunture, i trendstagionali e la moda. Le prime sono esogene all’impresa, non influen-zabili dalla stessa e conseguono allo sviluppo tecnologico; le congiun-ture si riferiscono ai cicli economici che evidenziano un andamentoaltalenante; i trend stagionali sono collegati al semplice decorso deltempo: alcune produzioni possono essere infatti realizzate solo in de-terminati periodi dell’anno, mentre altre possono essere commercializ-

26 SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1931, pag. 114: “Gewinn ist der Wert der

Leistung vermindert um den Wert der Aufwendungen, beide gemessen an Ausgabenund Einnahmen”.

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zate solo in altri. La moda, come noto, dipende dai gusti dei consuma-tori.

3. L’interpretazione di M. R. Lehmann

Lehmann ritiene poco chiare le definizioni dei concetti fondamen-tali dell’economia aziendale formulate dalla dottrina tedesca, che nonha saputo analizzare ed interpretare in modo accurato le connessioniesistenti tra i diversi elementi costituenti la stessa. Egli è quindi allaricerca di un sistema unitario, logico e ben definito sia in termini dielementi costitutivi sia in termini di costruzione sistematica27.

Ora, pur riprendendo i concetti di “statica” e “dinamica” del siste-ma dei valori di bilancio, Lehmann constata che relazioni logiche traconcetti dinamici e statici si possono manifestare soltanto attraversol’analisi della dinamica temporale28. Definisce pertanto Bezugsdauer iltempo necessario per l’esaurirsi dell’attività economica, Umsatzdaueril periodo in cui si svolgono le operazioni economiche, Umsatzge-schwindigkeit come “reciproco” della Umsatzdauer e, infine, Nutzung-sdauer del capitale e della forza lavoro il periodo durante il quale ilsoggetto economico dispone di una certa quantità di capitale e di forzalavoro per le trasformazioni economiche (Umsatz).

3.1 Umzatz versus AbsatzIl sistema unitario formulato da Lehmann si basa su tre elementi:

Umsatz, Kapital, Erfolg.La prima è una grandezza dinamica in quanto legata a concetto di

intervallo temporale che non deve essere confusa con l’Absatz.L’Umsatz è infatti l’insieme di operazioni economiche poste in esserenell’arco temporale considerato; l’Absatz rappresenta il fatturatocomplessivo. Per la corretta misurazione dell’Umsatz occorre procede-re all’analisi del contributo delle singole operazioni economiche.Lehmann distingue quest’ultime in Mengenumsatz, operazioni eco-nomiche che sono caratterizzate da un aspetto fisico-materiale (come,

27 LEHMANN, Allgemeine Betreibswirtschaftslehre, Leipzig, 1928, pag. 70.28 “Gewirtschaftet werden kann nur in der Zeit”; cfr. LEHMANN, op. cit., pag. 86.

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ad esempio, il consumo di materie prime, il numero di ore di lavoro,etc.) ed in Wertumsatz29, operazioni economiche caratterizzate da unaspetto di valore (mezzi di pagamento, fatturato, etc.). Tra le molte-plici categorie di Umsatz che vengono prese in considerazione daLehmann, ne spiccano due in particolare: Umsatzkosten e Umsatzer-trag che rappresentano rispettivamente l’insieme dei costi sostenuti edei ricavi conseguiti nello stesso periodo di riferimento. La loro som-ma algebrica dà evidenza del risultato ottenuto dall’impresa in un datoperiodo. Tale eccedenza di valore (Wertűberschuß) viene denominataUmsatzerfolg la cui rilevazione è compito del rendiconto reddituale.Se tale eccedenza è positiva, saremo in presenza di un utile(Umsatzgewinn), mentre di una perdita (Umstzverlust) in caso contra-rio.

3.2 Il capitaleLa nozione di capital (Kapital) è invece caratterizzata dalla sua na-

tura statica. Il capitale si riferisce ad un certo momento temporale rap-presentato dalla data di chiusura dell’esercizio (Bilanzstichtag).Lehmann definisce il capitale come forza (quasi in termini matematicie fisici) da cui deriva il risultato di esercizio (Umsatzerfolg).

Il capitale in senso stretto, ossia il capitale aziendale, pur essendocostituito da vari elementi, non viene interpretato come somma di sin-goli elementi, ma come totalità unitaria in quanto espressione dei va-lori (Inbegriff der Werte). Il valore del capitale non coincide quindicon la somma dei singoli valori attribuiti agli elementi costituenti lo

29 Il valore che viene attribuito a un bene dipende dalla valutazione soggettiva

della capacità di soddisfare un determinato bisogno. Questa valutazione è diversa dapersona a persona, da cui il concetto di “valore soggettivo”. Nella moderna econo-mia lo scambio avviene sul mercato, in presenza di domanda e offerta. In tal modola valutazione soggettiva subisce una “oggettivazione”, attraverso la definizione diun prezzo di negoziazione. Questo prezzo può essere anche definito valore oggetti-vo. È questo il valore a cui si riferisce Lehmann nell’ambito dell’economia azienda-le; cfr. LEHMANN, op. cit., pag. 78 e segg

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stesso ma, al contrario, solo dal valore totale del capitale si può deriva-re il valore dei singoli30.

Lehmann denomina il capitale impiegato come Produktionskapitaloppure konkretes Produktionskapital, grandezza strettamente legataall’Umsatz in quanto partecipe al processo delle operazioni economi-che (Umsatzprozeß). La grandezza astratta che si ottiene dalla diffe-renza degli elementi attivi e passivi costituenti il Produktionskapitalviene definita abstraktes Produktionskapital che, assieme alla forzalavoro, è causa delle operazioni economiche. L’abstraktes Produk-tionskapital viene interpretato come espressione della “forza oggetti-va” che con la forza lavoro è causa delle operazioni economiche(Umsatzprozeß). Tale grandezza rappresenta il capitale che viene mes-so a disposizione dall’unità finanziaria all’unità produttiva ed è perciòanche denominato capitale finanziario (Finanzkapital) ed è oggetto divariazioni in aumento oppure in diminuzione a seconda del risultatodel processo economico. Il capitale finanziario è costituito dal capitaleproprio e dal capitale di terzi. Il capitale di terzi comprende, comenoto, sia i debiti di finanziamento (Finanzschulden) sia i debiti difunzionamento (Geshäftesschulden). Nell’interpretazione di Lehmann,tuttavia, il capitale finanziario è costituito solo dal capitale proprio edai debiti di finanziamento31. Così come il patrimonio è formato daelementi attivi e da elementi passivi, anche il capitale finanziario ècomposto da elementi attivi e da elementi passivi: la quota di capitalesottoscritto ma non ancora versato costituisce, ad esempio, una com-ponente negativa del capitale finanziario.

Per capire meglio la struttura del Produktionskapital è utile osser-vare lo schema seguente che evidenzia la distinzione tra konkretemProduktionskapital e abstraktem Produktionskapital e la composizio-ne del Finanzkapital.

30 LEHMANN, op. cit., pag. 102 e segg., dove osserva che questo modo di conside-

rare il capitale è sostanzialmente diverso da quello proprio della Schätzungstheoriedi Schmalenbach; cfr. SCHMALENBACH, Finanzierungen, pag. 5 e segg.

31 LEHMANN, op. cit., pag. 107.

32

FIGURA 3.1: LA STRUTTURA DEL PRODUKTIONSKAPITAL

KonkretesProduktionskapital

(Vermögen)passiv

Passives Kapital(Finanzforderungen)

Eigenkapital

(Vermögen) aktiv AbstraktesProduktionskapital

(Finanzkapital)

Finanzkapital Finanzschulden

Benché sia nell’ambito dell’Umsatz sia nell’ambito del capitale sisia parlato di un risultato di esercizio esso assume una connotazioneben diversa, in quanto nel primo è una grandezza dinamica, mentre nelsecondo è una grandezza statica. Lehmann è inoltre dell’opinione cheesista un sistema statico composto da costi, ricavi e risultato di eser-cizio (di natura statica) che si contrappone al sistema dinamicodell’Umsatz.

I costi che potremmo definire “statici” (statische Kosten) vengonodefiniti come rapporto tra l’insieme dei costi sostenuti (Umsatzkosten)per la produzione di un certo bene in un determinato intervallo tempo-rale ed la quantità di beni e prodotti venduti (Gűtermengenumsatz). Ilrisultato di tale rapporto rappresenta il costo di produzione(Kostenpreis) per unità di prodotto32.

I ricavi “statici” (statischer Ertrag) vengono definiti come rapportotra l’insieme dei ricavi ottenuti (Umsatzertrag) in un determinato in-tervallo di tempo e la quantità di beni e prodotti venduti(Gűtermengenumsatz). Il risultato di tale rapporto rappresenta il prez-zo di vendita (Ertragspreis) per unità di prodotto.

È utile osservare da ultimo come sia possibile definire un rapportosia per determinare il costo di produzione sia per determinare il prezzodi vendita ma che non sia possibile definire un rapporto corrisponden-te per il risultato di esercizio. Infatti, il risultato di esercizio “statico” èuna grandezza astratta e viene determinata dalla differenza tra il costo“statico”, il costo di produzione, ed il ricavo “statico”, il prezzo di

32 Lehmann definisce tale costo come Objektkosten, dato che si riferisce proprio a

un oggetto: “welche Objektkosten genannt werden können, da es Größen sind, wel-che sich auf Mengeneinheiten von Objekten (Einheitskosten) oder auf einzelne indi-viduelle Objekte (Stückkosten) beziehen”; LEHMANN, op. cit., pag. 115.

33

vendita33. Il risultato “statico” viene denominato da Lehmann Objek-tserfolg.

Il risultato statico si riferisce ad un singolo bene e quindi il risultatod’esercizio di un determinato intervallo temporale corrisponde allasomma dei risultati dei singoli beni prodotti e venduti in questo inter-vallo34. Tale somma è un elemento del patrimonio e, di conseguenza, ilpatrimonio aumenta o diminuisce a seconda del “segno” del risultatodi esercizio. Ma la variazione del patrimonio comporta anche una va-riazione del capitale finanziario e, quindi, a seconda del “segno” delrisultato di esercizio si creerà o si consumerà capitale finanziario.

3.3 Il risultato di esercizioL’ultimo elemento da considerare al fine di individuare il pensiero

di Lehmann è costituito dal risultato di esercizio (Erfolg), differenzatra due grandezze dinamiche (Umsatz) o tra due grandezze statiche(Kapital). Lehmann sembra dare preferenza ad una nozione di risultatodi esercizio di tipo dinamico in quanto più vicino ad una nozione direddito risultante dalla gestione dell’azienda. Occorre a tal propositoosservare come Lehmann abbia ben presente che, essendo il risultatoeconomico la risultante tra i ricavi e i costi, tale grandezza possa avere“contenuti” diversi a seconda della nozione di costo e di ricavo che siaccoglie. In particolare, facendo riferimento a Streller35, che accoglieuna nozione di costo tale da far eguagliare il risultato economicodell’esercizio al reddito dell’imprenditore (Unternehmergewinn),Lehmann fa propria tale nozione definendo il risultato di esercizio (alivello aziendale e non a livello di intero sistema economico, come in-vece proposto da Streller), come risultato economico-produttivo puro(reiner Produktionserfolg). Tuttavia, la nozione di Unternehmergwinn

33 “Dieser Objektserfolg, d.h. der an bestimmten Objekten erzielte Erfolg

(Objektsgewinn bzw. Objektsverlust) ist schließlich nichts anders als die Differenzzwischen dem Objektsertrag und den Objektskosten, bzw. dem Ertragspreis und demKostenpreis bestimmter Objekte”; LEHMANN, op. cit., pag. 117.

34 Affinché tale affermazione sia valida, è necessario che il volume di produzionecorrisponda al volume dei beni venduti.

35 STRELLER, Zur Lehre vom Unternehmergewinn, in “Schmollers Jahrbuch”, 52.Jahrg., 1926.

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rappresenta una sola parte del reddito di pertinenza dell’imprenditorein quanto lo stesso si compone di retribuzione per il lavoro prestato,interessi sul capitale proprio investito, profitto per il rischio assunto erisultato economico di propria competenza.

Dalla nozione di reiner Produktionserfolg, Lehmann fa derivare al-cune nozioni secondarie avuto riguardo ai ricavi ed ai costi. I primivengono definiti in termini di prezzi applicati ai beni prodotti e ven-duti, mentre i costi vengono suddivisi come segue:– materie prime;– ammortamenti;– costo del personale;– interessi passivi;– costi per servizi;– costi sociali (imposte, tasse, oneri sociali, etc.);– costi per rischi speciali.

Dalla differenza tra i ricavi e l’insieme dei predetti costi scaturisceil reiner Produktionserfolg; se, invece, facciamo riferimento a singolecategorie di costi, si ottengono significativi risultati intermedi. Comeevidenziato analiticamente nello schema seguente Lehmann individuatali risultati come segue:– Kapitalertrag, è pari alla somma tra il risultato di esercizio e gli

interessi passivi sul capitale preso a prestito;– Arbeitsertrag, è pari alla somma tra il risultato di esercizio ed il

costo del personale. Nicklisch36, come si vedrà successivamente,considera tale grandezza come il vero e proprio risultato economicoaziendale, ed assume rilevanza per la definizione della politica dipartecipazione agli utili;

– Materialertrag, è pari alla somma tra il risultato di esercizio ed ilcosto delle materie prime;

– Anlagenertrag, è pari alla somma tra il risultato di esercizio e gliammortamenti;

– Sozialbertrag, è pari alla somma tra il risultato di esercizio e glioneri sociali.

36 NICKLISCH, Die Betriebswirtschaft, Stuttgart, 1929, pag. 185 e segg.

35

FIGURA 3.2: LA NOZIONE DI BASE DEL RISULTATO DI ESERCIZIO

ED I DIVERSI RISULTATI INTERMEDI

Ricavi– costo delle materie prime + reiner Produktionserfolg = Materialertrag– ammortamenti + reiner Produktionserfolg = Anlagenertrag– costo del personale + reiner Produktionserfolg = Arbeitsertrag– interessi passivi + reiner Produktionserfolg = Kapitalertrag– costo dei servizi di terzi– costi sociali + reiner Produktionserfolg = Sozialertrag– costo per rischi= reiner Produktionserfolg

Lehmann distingue tra Produktionserfolg e Finanzerfolg. Il primorappresenta il risultato dell’impresa in quanto unità economico-produttiva volta al conseguimento di redditi distribuibili alle diverseclassi di interessi partecipanti – a vario titolo – al processo produttivodell’impresa ed è pari al Produktionskapitalertrag, ossia alla sommatra il reiner Produktionserfolg e gli interessi passivi pagati perl’utilizzo del capitale di terzi37. La nozione di Finanzerfolg indica in-vece il risultato dell’impresa quale unità economico-finanziaria voltaalla remunerazione del capitale impiegato; il rendimento del capitaleinvestito viene quindi “scisso” in rendimento del capitale proprio e inrendimento offerto dall’intero capitale impiegato (finanziato da capita-le proprio e da capitale di terzi).

I ricavi (Finanzertrag) rappresentati dal Kapitalertrag sono con-trapposti ai costi (Finanzkosten), ossia gli interessi passivi e i costirelativi all’utilizzo del capitale di terzi. Dalla differenza scaturisce ilFinanzerfolg, la remunerazione del capitale proprio, che corrispondeall’Unterhemergewinn, dato che costituisce l’obiettivo primario perse-guito dall’imprenditore.

Per Lehmann appare essere molto importante evidenziare gli strettilegami sussistenti tra il Finanzerfolg, risultato conseguito dall’impresain quanto unità economico-finanziaria, ed il Produktionserfolg, risulta-

37 Il Produktionskapitalertrag indica la remunerazione del Produktionskapital,

ossia il capitale produttivo impiegato. Il Produktionskapitalertrag viene denominatoda Lehmann Produktionserfolg; cfr. LEHMANN, op. cit., pag. 152.

36

to conseguito dall’impresa in quanto unità economico-produttiva. Inparticolare il rendiconto reddituale può essere rappresentato come se-gue:

FIGURA 3.3: IL RENDICONTO REDDITUALE SECONDO LEHMANN

Produktionskosten

Finanzkosten Produktionsertrag

Finanzerfolg

FIGURA 3.4: LA SCOMPOSIZIONE DEL RENDICONTO REDDITUALE

NELL’OTTICA DI LEHMANN

Produktionskosten

Produzionsertrag

Finanzkosten

Finanzertrag

Produktionserfolg

Finanzerfolg

4. L’economia dei valori di H. Nicklisch

Il pensiero di Nicklisch è fondato sul presupposto che l’aziendacostituisce il “ponte” tra i bisogni umani e la loro soddisfazione. Ilrapporto tra bisogno e bene, che viene definito da Nicklish Beziehung-sproblem, consegue all’attribuzione di un valore soggettivo ad un beneda parte degli individui in dipendenza della sua idoneità a soddisfareun determinato bisogno. Tale idoneità non rappresenta il valore stesso,ma ne costituisce una caratteristica di base. È quindi il valore soggetti-vo e non quello oggettivo (ossia del bene in se stesso) che rilevanell’ambito economico-aziendale. Tutte i problemi si incorporano inquello più generale: das Wertproblem. L’Economia Aziendale èquindi un un’economia dei valori caratterizzata da relazioni di tipocircolare (Wertumlauf) a livello di singola impresa e a livello dei rap-

37

porti che vengono ad instaurarsi tra questa, le altre imprese, il sistemaeconomico in generale38.

Il Wertumlauf consiste in un circolo della produzione (Umlauf derLeistungswerte) ed in un circolo finanziario (Finanzumlauf): il circolofinanziario si riferisce al capitale conferito necessario per il funziona-mento dell’impresa cui si contrappone, astrattamente, il circolo dellaproduzione. Tale proposizione può essere meglio interpretata facendoriferimento ad un sistema economico semplificato, rappresentato nellafigura 4.1 che segue, costituito da una famiglia (cerchio I) e daun’impresa di produzione (cerchio II). Si ipotizzi che i componenti diquest’ultima prestino la propria attività nell’impresa. Nel punto 1 ifamiliari acquistano beni e li valutano avuto riguardo alla idoneitàdegli stessi a soddisfare i propri bisogni ed al ripristino della forza perlavorare. Quest’ultima viene valutata nel punto 2 costituendo un con-trovalore (Ausgabengegenwert) dei beni acquistati nel precedentepunto 1. Nel punto 3 l’impresa acquista i fattori produttivi perl’attuazione del prescelto processo produttivo. Tra il punto 3 ed ilpunto 4 si attua il processo produttivo di trasformazione tecnico-economica. Nel punto 4 avviene la collocazione dei prodotti finiti ac-quistati dalla famiglia: il valore dei beni prodotti dall’impresa nelpunto 4 costituisce la contropartita del valore dell’acquisto dei fattoriproduttivi di cui al punto 3. I punti da 7 a 10 rappresenta il flusso mo-netario; in particolare il punto 7 evidenzia la spesa per l’acquisto deibeni da parte della famiglia, mentre il punto 8 i ricavi dell’impresa afronte della vendita dei prodotti ottenuti mediante l’acquisto dellematerie prime di cui al punto 9. Il punto 10 costituisce il compensoalla famiglia per l’attività svolta nell’impresa. È interessante notarecome per l’impresa i valori nel punto 4 e 8 e nel punto 3 e 9 coincido-no, mentre per la famiglia i valori nel punto 1 e 7 coincidono 2 e 10.

38 H. NICKLISCH, Die Betriebswirtschaft, Stuttgart, 1930, pag. 163 e segg.

38

FIGURA 4.1: UMLAUF DER LEISTUNGSWERTE39

4.1 Le fasi della gestione aziendaleSecondo Nicklisch la gestione aziendale (Betriebsprozeß) si divide

nelle seguenti fasi: acquisizione dei fattori produttivi (Beschaffung),trasformazione tecnico-economica (Erzeugung), collocamento sulmercato (Absatz), distribuzione del reddito.

Le fasi dell’acquisizione, della trasformazione e del collocamentosul mercato vengono coordinate dall’amministrazione al fini di conse-guire un reddito. La fase della realizzazione del reddito assume unruolo equivalente a quella della distribuzione dello stesso. Il collega-mento tra tali due fasi viene stabilito attraverso l’ “altezza” del reddito.La naturale interdipendenza tra entrambe le fasi dà evidenzadell’esistenza di alcune problematiche quali il giusto salario (der ge-rechte Lohn) che dipende dal rapporto tra il risultato ottenuto e la pre-stazione offerta dal lavoratore, oppure la partecipazione della forza la-voro e del capitale al risultato conseguito. Si deve inoltre considerareil rapporto tra il reddito prodotto ed il reddito distribuibile, giacchénon è detto che tutto il reddito debba necessariamente essere distribui-to ai portato di capitale.

39 Cfr. NICKLISCH, op. cit., pag. 105.

39

Nell’ottica di Nicklisch, la distribuzione del reddito rappresenta, inparte la contropartita per il lavoro prestato dai dipendenti edall’imprenditore medesimo e, in parte, il compenso per l’utilizzo delcapitale proprio (Unternehmerkapital)40. Ne consegue che la “politicadei dividendi” deve essere coerente con la politica dei salari, con leesigenze di autopotenziamento (autofinanziamento) dell’impresa e conle attese dei portatori di capitale di rischio. Le imposte e gli oneri fi-nanziari sul capitale di terzi restano invece escluse giacché vengonoconsiderate contropartita di prestazioni di terze economie e, quindi,non hanno partecipato alla formazione del reddito.

4.2 Le grandezze economiche costituenti il WertumlaufAcquisito il concetto di Wertumlauf si può notare che nel suo

svolgimento corrispondono grandezze costituenti il flusso monetario oquello economico e che, congiuntamente, concorrono alla formazionedel reddito. È di tutta evidenza come l’impresa si procuri sul mercato ifattori produttivi necessari per la trasformazione tecnico-economicadelle materie prime impiegate nel processo produttivo(Werterzeugung) sostenendo delle spese (Ausgaben). Tale spesa rap-presenta quanto deve essere recuperato con il collocamento sul merca-to dei prodotti finiti (Einnahmen). I fattori produttivi acquisitidall’impresa possono essere a fecondità semplice oppure a feconditàripetuta. Occorre notare che il consumo dei beni a fecondità semplice(Verbrauch) costituisce il soddisfacimento di un bisogno solo se lostesso rappresenta l’assorbimento del valore di un prodotto finito. Neconsegue che, ad esempio, l’impiego di materie prime e di prodottisemilavorati non è consumo giacché le stesse non sono prodotti finiti.Infatti il loro valore non viene assorbito ma viene incrementato attra-verso la trasformazione tecnico-economica. Tale impiego viene de-nominato da Nicklish Vorverbrauch, cioè “preconsumo”. L’utilizzo(Gebrauch) di impianti o di strumenti (fattori produttivi a feconditàripetuta) costituisce invece la compartecipazione degli stessi alla for-

40 Nicklisch distingue tra rechnungsmä igen Unternehmerkapital, che è il patri-

monio netto contabile dell’impresa e wirklichen Unternehmerkapital, che coincidesostanzialmente con il concetto di capitale economico.

40

mazione del valore dei beni prodotti. Il risultato dell’impiego di tutti ifattori produttivi è la produzione vera e propria il cui valore è costitui-to dal valore di tutti i valori dei fattori produttivi utilizzati necessariper il suo ottenimento (Produktionswert o Aufwandswert). Tale valoreè tuttavia diverso dal valore prodotto (erzeugter Wert) in quanto noncomprende il valore apportato dall’impresa stessa (Betriebsleistung),valore che sarà determinato dal mercato al momento del disimpiego.La Betriebsleistung indica quindi il valore aggiunto prodottoall’interno dell’impresa escludendo tutti i valori di pertinenza di terzeeconomie (betriebsfremde Leistung). Nicklish distingue altresì tra va-lori che sono di competenza del periodo di riferimento(Periodenleistungen) e valori che non solo sono (periodenfremde Lei-stung). I valori dell’azienda saranno quindi costituiti dalle rimanenzedi valori di competenza del periodo precedente (Anfangsvermögen derPeriode), dai valori di terze economie del periodo (Zugänge aus frem-den Betrieben während del Periode) e, infine, dai valori dell’economiainterna del periodo (Zugänge aus eigener Leistung). I flussi in uscitasono costituiti dal collocamento sul mercato dei prodotti le cui rima-nenze sanno rinviate all’esercizio successivo.

Occorre a questo punto considerare la grandezza economica dei ri-cavi (Umsatz)41 che possono essere considerati come flussi economicicomprendenti l’impiego (Aufwand) e la produzione (Erzeugung) oppu-re come flusso monetario che comprende la spesa (Ausgaben) e gli in-troiti (Einnahmen). Nella prima accezione si pone enfasi sulla misu-razione del ricavo in termini di valore della produzione ed escludendoin tal modo l’utile (Gewinn) per cui diviene importante verificare lacompletezza del calcolo dell’impiego dei fattori produttivi, intendendocon tale espressione la verifica che non residuano impieghi (stillerAufwand) da finanziare con l’utile di esercizio. Nella seconda accezio-ne, al contrario, si parla di Umsatz der Zahlungsmittel che misura ilricavo in termini di mezzi di pagamento. E’chiaro che nelle due acce-

41 La nozione di Umsatz adottata da Nicklisch è sostanzialmente diversa da quella

di Lehmann. Quest’ultimo intende per Umsatz l’insieme delle operazioni economi-che messe in atto dall’impresa durante un periodo amministrativo ed utilizza inveceil termine Absatz per definire il fatturato (cioè l’Umsatz di Nicklisch).

41

zioni l’ “altezza” dell’Umsatz non può coincidere giacché il flussomonetario ha ritmi diversi rispetto al flusso economico.

La contropartita del valore prodotto all’interno dell’impresa vienedenominato da Nicklish Ertrag42: è una grandezza espressa in terminimonetari che ovviamente non corrisponde al valore dei ricavi conse-guiti dato che questi ultimi devono remunerare sia il valore apportatoda terze economie sia il valore prodotto dall’economia interna. Talegrandezza non corrisponde nemmeno con la Betriebsleistung calcolatain termini di Aufwandswert giacché la prima può essere maggiore ominore dell’Ertrag e quindi l’impresa rileverà un utile (Gewinn) oduna perdita (Verlust). Tale utile (perdita) è quindi nient’altro che unvalore residuo dell’Ertrag al termine del processo della Ertragsvertei-lung.

42 Come meglio si vedrà più avanti, Nicklisch assume una posizione critica nei

confronti di due studiosi del tempo, B. Skrodzki e K.E. Moessner, che in uno studioelaborato su incarico del Reichsverband der Deutschen Industrie, “Besteuerung, Er-trag und Arbeitslohn industrieller Unternehmungen im Jahre 1927” utilizzano iltermine Wertschöpfung in luogo di Ertrag. Nicklisch sostiene l’opinione che Ertragdescriva meglio la Betriebsleistung perché sottolinea l’aspetto della produzione divalore (ricchezza); cfr. NICKLISCH, op. cit., pag. 527 e segg.

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CAPITOLO IIL’ECONOMICITÀ SOCIALE

DELL’IMPRESA E IL VALORE AGGIUNTO

SOMMARIO: 1. Il valore aggiunto: possibili definizioni. – 2. Le diverselogiche di osservazione.

1. Il valore aggiunto: possibili definizioni

Per molti anni l’economia e la prassi aziendale germanica hannoattribuito scarsa attenzione al calcolo del valore aggiunto(Wertschöpfung); solo recentemente, con l’avvio degli studi sul cosid-detto bilancio sociale d’impresa (gesellschaftsbezogener Rechnung-slegung), tale grandezza ha cominciato ad essere oggetto di maggioreapprofondimento. Tale “lacuna” è forse da attribuirsi all’influenza chegli studi di Wilhelm Rieger1 in ordine alla Privatwirtschaftslehre han-no avuto sulla comunità scientifica. Tali studi hanno inquadratol’impresa intendendo quest’ultima solo come strumento per il conse-guimento del profitto, mentre successivamente hanno prevalso studiche hanno posto attenzione alla vita dell’impresa sia da un punto divista economico-aziendale sia da un punto di vista economico-politico, giacché l’impresa è uno degli elementi costitutivi un sistemaeconomico. Ne è esempio lo Schamlenbach, che ritiene di non poteraccettare il concetto economico-privato di profitto (privat-wirtschaftlicher Gewinnbegriff), sostenendo che il profitto debba esse-re considerato quale espressione dell’economicità sociale dell’impresa(der Gewinn als Ausdruck der Wirtschaftlichkeit)2. Il risultatod’esercizio dovrebbe pertanto rappresentare, secondo l’Autore, ilMehrwert (plusvalore) che scaturisce dal confronto tra la ricchezza

1 RIEGER, Einführung in die Privatwirtschaftslehre, Erlangen, 1928, pag. 32 e

segg.2 SCHMALENBACH, op. cit., Leipzig, 1931, pag.93.

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consumata dalla collettività e quella prodotta ed apportata dalla collet-tività medesima.

Nella dottrina economico-aziendale tedesca il valore aggiunto èstato interpretato3 come differenza tra la produzione lordadell’economia interna e la produzione apportata da terze economie.Per indicare tale grandezza si è utilizzato il termine Wertschöpfung odaltri equivalenti come, ad esempio, Werterhöhung, Wertzuwachs,Wertauftrieb e Mehrwert. Il termine Mehrwert sarebbe quello più cor-retto dato che, con il termine Wertschöpfung, si può intendere sia ilprocesso della creazione di valore all’interno dell’impresa sia il risul-tato del processo stesso. Mehrwert invece indica proprio il risultato delprocesso produttivo anche se potrebbe essere confuso con il Mehrwert(plusvalore) di Karl Marx, ossia il valore che viene prodotto dal lavo-ratore eccedente il valore del salario che gli garantisce il minimo es-senziale4. Per tale motivo la letteratura economico-aziendale tedescaha preferito utilizzare il termine Wertschöpfung5. Nella letteratura an-glosassone il fenomeno della Wertschöpfung viene descritto con iltermine value added, in quella francese valeur ajoutée e in quella ita-liana con il termine “valore aggiunto”.

Tale grandezza è stata oggetto di studio degli economisti attraversola costruzione dei primi modelli economici. Il pensiero corre al ta-bleau économique di Francois Quesnay6 in cui viene suddiviso traproduit brut e produit net. Successivamente è entrata nel campo distudio degli statistici (Nerschmann7, Colm8, Meerwarth9) al fine dellostudio dei cicli economici. Gli economisti aziendali si sono interessati

3 POHMER, Betriebswirtschaftliche Bedeutung und ermittlung der betrieblichen

Wertschöpfung, in ZfB, 1958, pag. 149.4 MARX, ENGELS, Werke:das Kapital, (1. Bd.), Berlin, 1972, pag. 226 e segg.5 Letteralmente il termine valore aggiunto nella lingua tedesca corrisponde a hin-

zugefügten Wert, che tuttavia non è appropriato sostituire al termine Wertschöpfung.6 QUESNAY, Tableau économique, avec son explication, ou extrait des économies

royales de Sully, Versailles, 1758.7 NERSCHMANN, Gewerbliche Produktionsstatistik, “Ergänzungsshefte zum

Deutschen Statistischen Zentralblatt”, Göttingen, 1916.8 COLM, Das Mehrwertverfahren in der Produktionsstatistik, in:

“Weltwirtschaftliches Archiv”, 1924, pagg. 204-217.9 MEERWARTH, Nationalökonomie und Statistik, Berlin-Leipzig, 1925.

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a tale grandezza solo successivamente; tra questi ricordiamo Nic-klisch, che negli anni Trenta ha determinato il Betriebsertrag e la suadistribuzione, e Lehmann, che negli anni Quaranta e Cinquanta haformulato in modo sistematico e completo il calcolo del valore aggiun-to. Nella prassi aziendale tale calcolo è stato introdotto solo durante glianni Settanta nell’ambito del bilancio sociale di cui è diventato partefondamentale.

Il calcolo del valore aggiunto impone di considerare l’impresaquale unità e di interpretare il reddito di esercizio quale remunerazionecomune per tutti i partecipanti al processo produttivo. Tali assunti so-no simili a quelli che Nicklisch ha posto a fondamento del propriopensiero, ossia che il risultato del processo economico dell’impresa èuguale al Gesamertrag10, che a sua volta rappresenta la remunerazionedel valore creato all’interno dell’impresa dalla Betriebsgemeinschaft11

(collettività aziendale) e che viene successivamente distribuito secon-do la Ertragsverteilung12 agli aventi diritto. Nicklisch aveva cioè giàintuito che l’impresa deve essere osservata come un’unità cui concor-rono tutti i titolari dei fattori produttivi. Per tali motivo i salari e glistipendi, il costo opportunità non sono da considerarsi tanto costiquanto, piuttosto, ricavi (Arbeitserträge e Kapitalerträge) che fannoparte del Betriebsetrag. Anche Lehmann intuisce l’importanza del cal-colo del valore aggiunto quale strumento “mediatore” tra i diversi inte-ressi che convergono nell’impresa, dato che tale calcolo evidenzia ilreddito prodotto e la sua distribuzione ai partner sociali13 in proporzio-ne alla prestazione apportata. Secondo Stöbe con il calcolo del valoreaggiunto viene annullata l’antinomia tra il profitto e la remunerazionedei fattori produttivi attraverso la definizione di un’unica grandezza

10 Il Gesamtertrag è la somma algebrica dei ricavi, della variazione delle rima-

nenze dei prodotti finiti e semilavorati e dei costi periodici. Cfr. NICKLISCH, op.cit.,Stuttgart, 1930, pagg. 516-527.

11 NICKLISCH, op.cit., Stuttgart, 1930, pagg. 294 e segg.12 NICKLISCH, Ertragsverteilungsprozeß, in: HdB, 2. Aufl., Bd. 1, § 1611 e segg.,

Leipzig, 1932.13 Lehmann definisce le classi di interesse all’interno dell’impresa Sozialpartner;

cfr. LEHMANN, Betriebswirtschaftslehre als Sozialwissenschaft, in: NA, Heft 1, pag.33 e segg.

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che misura il successo ottenuto che è in grado di unire tutte le diverseaspirazioni di coloro che partecipano al processo economico14.

Solo negli ultimi decenni del secolo è avvenuto un mutamento nelpensiero economico che ha lasciato spazio al concetto diWertschöfungsdenken: soprattutto le imprese di medie-grandi dimen-sioni si riconoscono quali strutture sociali in cui cooperano diversiSozialpartner che vengono remunerati dal reddito prodottodall’impresa. In tale ambito il calcolo del valore aggiunto è maggior-mente idoneo a rappresentare il successo ottenuto dall’impresa15. Na-sce pertanto un certo senso di appartenenza alla collettività che incen-tiva i partecipanti al processo economico ad incrementare il successodell’impresa perseguendo scopi comuni (Köhler utilizza l’espressionepluralistisch orientierte Wertschöpfungsveranstaltung16). Non è tutta-via da sottovalutare la difficoltà che comporta la distribuzione delreddito prodotto dall’impresa in quanto l’incremento della quota direddito a favore di uno specifico portatore d’interesse va a scapitodella quota di un altro portatore d’interesse.

Il valore aggiunto è una grandezza misurabile la cui quantificazioneviene resa possibile soltanto mediante l’equiparazione del prezzo e delvalore. La nozione di valore rappresenta anzitutto la relazione tra benie bisogni umani ed è, pertanto, un Beziehungsbegriff17. Nell’ambitodell’economia d’azienda è fondamentale lo scambio dei valori attri-buiti ai beni ed alle operazioni posti in essere dai soggetti economici.Tali valori per poter essere comunicati devono essere espressi in ter-mini quantitativo-monetari. Tale tipo di nozione di valore viene de-

14 STÖBE, Ergebnisbeteiligung der Produktionspartner auf der Grundlage der

betrieblichen Wertschöpfung, Nürnberg, 1953, pag. 87.15 WEISSER, Exkurs über die Möglichkeit der Messung wirtschaftlicher Erfolge,

unter: Wirtschaft, in: “Handbuch der Soziologie”, hrsg. von W. ZIEGENFUSS, Stutt-gart, 1956, pag. 970 e segg.

16 KÖHLER, Einkommensverteilung im Unternehmen, Düsseldorf, 1961, pag. 119e segg.

17 Come si ricorderà tale concezione è stata fatta propria da Nicklisch descriven-do il Beziehungsproblem, ossia la questione fondamentale da risolvere nell’ambitodell’economia aziendale. Egli ha inoltre sottolineato che il valore attribuito dagliindividui ai beni è di natura soggettiva e che tale valore assume rilevanza economi-ca.

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nominato da Pausenberger instrumentaler Wertbegriff18. La gran-dezza che consente di esprimere la valutazione soggettiva in terminiquantitativi è il prezzo. Nei sistemi economici di mercato il prezzoviene determinato dal mercato ossia dove si incontrano le valutazionisoggettive degli operatori economici offerenti e richiedenti. In altreparole si può affermare che il prezzo costituisce un’oggettivazione delvalore19. Secondo Wenke in questo caso di potrebbe parlare di valoreoggettivato (objektivierter Wert), termine già utilizzato dal Witt-mann20. Appare interessare osservare la posizione di Kroeber Riel chesostiene che Wittmann limiti l’adottabilità della nozione del valore alcampo filosofico giacché il valore non sarebbe quantificabile. In talmodo Wittmann negherebbe l’utilizzabilità della nozione di valorenell’ambito economico-aziendale21. E’poi da osservarsi che, in genera-le, il prezzo nelle moderne economie non è influenzato dal singolosoggetto né dalla singola impresa ed è quindi il mercato (ossial’insieme dei soggetti economici) a quantificare il valore di un bene.Soltanto con l’oggettivizzazione del valore di un bene nel suo prezzo,il calcolo del valore aggiunto acquista una qualche utilità. Infatti, conla distinzione tra Wertschöpfung e Preisschöpfung che è stata propostada Kink22, la Wertschöpfung perde la sua natura quantitativa. Ne con-segue che una valutazione dei beni che non si trasforma in un prezzofinirebbe di essere un puro atto emotivo (Wertgefühl) impossibile dacomunicarsi23. Per tale motivo elemento fondamentale nello studio enel calcolo del valore aggiunto aziendale è il prezzo. In un’economiadi mercato la determinazione di un prezzo non è tuttavia agevole giac-ché il mercato è caratterizzato da trasparenza ed informazione imper-fette e da limitazioni della libera concorrenza e quindi il prezzo non

18 PAUSENBERG, Wert und Bewertung, Stuttgart, 1962, pag. 25 e segg.19 PAUSENBERG, op. cit., pag. 14.20 WENKE, Theorie der Wertschöpfung und der Wertschöpfungsrechnung, Mainz,

1987, pag. 56. Cfr. anche WITTMAN, Der Wertbegriff in der Betriebswirtschaf-tslehre, Köln/Opladen, 1956, pag. 103.

21 KROEBER RIEL, Wertschöpfung, Wertschöpfungsrechnung, Wertschöpfung-sdenken, Berlin, 1963, pag. 25; WITTMAN, op. cit., pag. 103.

22 KINK, Wertschöpfungsprozeß und Verrechnungslehre, Zürich, 1955, pag. 42 esegg.

23 KROEBER RIEL, op. cit., pag. 17.

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rappresenta in modo assoluto il valore attribuito ad un certo bene. Insecondo luogo, il valore aggiunto prodotto all’interno di un impresacalcolato con i prezzi effettivamente applicati può essere influenzatoda politiche di prezzo finalizzate ad una economicità di gruppo per cuisi possono praticare dei prezzi maggiori oppure inferiori rispetto aquelli correnti di mercato, trasferendo ricchezza da un impresa delgruppo all’altra ed agendo così sul valore aggiunto creato all’internodelle imprese24.

Per delineare in maniera semplificata la dinamica del valore ag-giunto è possibile immaginare un sistema economico formato da im-prese industriali che producono dei beni ed imprese commerciali cheprocedono alla loro distribuzione. I beni collocati sul mercato vengonoacquistati dai consumatori. Il prezzo che questi ultimi pagano rappre-senta la remunerazione delle imprese commerciali e delle imprese in-dustriale. Ulteriormente il prezzo può essere scisso nella parte che re-munera la creazione di valore avvenuta all’interno dell’impresa stessa(Eigenleistung) ed nella parte che remunera i beni e servizi apportatida economie terze (Vorleistungen) che solo indirettamente hanno par-tecipato al processo economico. Quindi il valore aggiunto misura laricchezza complessiva prodotta dall’impresa al netto del costo sotenu-to per realizzarla.

In generale nella letteratura tedesca possiamo individuare tre no-zioni differenti di valore aggiunto (Wertschöpfung) a seconda delladefinizione del contenuto delle prestazioni di terze economie(Fremdleistungen).

La prima nozione è caratterizzata dal fatto che esclude dalle Vor-leistungen gli ammortamenti dei beni ad impiego pluriennale. Il valoreaggiunto calcolato in questo modo contiene delle Fremdleistungen (gliammortamenti), dato che i beni ad impiego pluriennale di regola nonvengono prodotti internamento all’impresa, ma acquistati da terzeeconomie. Per questa ragione questa nozione di valore aggiunto vienedenominata nella letteratura tedesca Bruttowertschöpfung (valore ag-giunto lordo). Se invece si includono gli ammortamenti nella categoriadelle Vorleistungen, allora si ottiene la Wertschöpfung zu Marktprei-

24 KROEBER RIEL, op.cit., pagg. 26 -31.

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sen (il valore aggiunto ai prezzi di mercato), denominato anche Net-towertschöpfung zu Marktpreisen (valore aggiunto netto ai prezzi dimercato). Questo valore rappresenta il reddito complessivo prodottodall’impresa ed esso verrà poi distribuito alle varie classi di interesse:la forza lavoro, i portatori di capitale, lo Stato. Lehmann25 denominaquanto distribuito alle classi di interesse rispettivamente Arbeiterträge(il reddito distribuito alla classe della forza lavoro), Kapitalerträge (ilreddito distribuito alla classe del capitale) e Gemeinerträge (il redditocorrisposto allo Stato che comprende sia le imposte dirette che indiret-te). La nozione di Nettowertschöpfung è la più usata dagli studiosi dieconomia aziendale ed in particolare da Lehmann e da Pohmer. Terzaed ultima nozione di valore aggiunto è quella utilizzata soprattuttonell’ambito dell’economia politica che viene denominataWertschöpfung zu Faktorkosten oppure Nettowertschöpfung zuFaktorkosten (valore aggiunto ai costi di fattore oppure valore aggiun-to netto ai costi di fattore). Mentre le prime due grandezze consideranolo Stato partecipante alla distribuzione del reddito prodotto all’internodell’impresa, questa nozione non ne tiene conto. Infatti lo Stato vieneconsiderato un settore autonomo a sé stante e dal valore aggiunto vie-ne detratto quanto deve essere corrisposto allo Stato a titolo di imposteindirette. Le imposte dirette invece vengono considerate parte del va-lore aggiunto che complessivamente viene distribuito sia alla classedella forza lavoro, come Bruttoarbeitsertrag, sia alla classe dei porta-tori di capitale come Bruttokapitalertrag, indicando con Bruttoertragil reddito distribuito al lordo delle imposte sul reddito26.

2. Le diverse logiche di osservazione

Dato che il valore aggiunto costituisce l’anello di congiunzione trale rilevazioni d’impresa e la contabilità economica nazionale, vengono

25 LEHMANN, Leistungsmessung durch Wertschöpfungsrechnung, Essen, 1954,

pag. 13 e segg.26

KROEBER RIEL, op. cit., pag. 22. Cfr. anche KRELLE, Volkswirtschaftliche Ge-samtrechnung, Berlin, 1959, pag. 85; KRAUS, Volkswirtschaftliche Gesamtre-chnung, Wiesbaden, 1961; HOFFMAN, Volkswirtschaftliche Gesamtrechnung, Heft11 der volkswirtschaftlichen Schriften, pag. 113 e segg.

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presentati di seguito gli aspetti macro-economici ed aziendali che necaratterizzano la definizione.

2.1 Aspetti macro-economiciIl primo contributo scientifico in tema di valore aggiunto è stato

quello di Nerschmann nel 191627. Nerschmann, che durante questo pe-riodo collabora presso l’Istituto Statistico Imperiale a Berlino, studial’incremento del valore della produzione dei singoli settori28. Nel suolavoro Nerschmann si basa soprattutto su pubblicazioni precedenti distudiosi anglosassoni che già qualche anno prima si erano occupati delproblema del valore aggiunto. Nerschmann, definendo le singole vocida osservare per determinare il valore aggiunto, si trova costretto atrattare anche questioni di economia aziendale, come per esempio lavalutazione delle rimanenze di prodotti finiti e semilavorati, la valuta-zione del consumo delle materie prime, l’autoconsumo dei prodottiecc. Egli definisce il Mehrwert come somma algebrica del valore dellaproduzione annua più il valore del lavoro prestato presso economieterze, al netto del valore delle materie prime e del valore del lavoroapportato da terze economie29. È utile osservare che il termineMehrwert usato da Nerschmann è uguale al termine usato da KarlMarx. Tuttavia Nerschmann intende per Mehrwert il valore aggiunto enon il Mehrwert di Marx che si riferisce, come si è visto, al valoreprodotto dal lavoratore, eccedente il valore salariale ottenuto che gligarantisce il minimo essenziale.

27 NERSCHMANN, Gewerbliche Produktionsstatistik, Leipzig/Berlin, 1916, Erg.Heft zu Dt. Stat. Zentralblatt, Heft 8.

28 NERSCHMANN, op. cit., pag. 3: “Unter Produktion versteht man die durch men-schliche Arbeit und das Kapital hervorgerufene Werterhöhung der Güter. In logi-scher Folge hat daher eine Produktionsstatistik nicht etwa den Wert der Produkteals solche zu erfassen, sondern der den Produkten im Laufe des Produktionsprozes-ses durch denselben beigebrachten Mehrwert, die Werterhöhung ist herauszu-schälen und nur diese kann als Maßstab für die Bedeutung und Wichtigkeit der ein-zelnen Industrien und Industriezweigen gelten.”

29 NERSCHMANN, op. cit., pag. 9: “wenn man von dem Gesamtjahreproduktion-swert einschließlich dem Wert für geleistete fremde Hilfsarbeit den Wert für das ve-rarbeitete Material einschließlich Wert der empfangenen fremden Hilfsarbeitabzieht …”

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Per il calcolo del valore aggiunto Nerschmann esclude dalle Vor-leistungen i salari e gli stipendi, le imposte, l’assicurazione, gli inte-ressi passivi, il combustibile ed altri elementi. In particolare anche perquanto riguarda gli ammortamenti Nerschmann si adegua agli studiosianglosassoni. In tal modo, detrae dal valore della produzione, a titolodi ammortamento, tutti i prodotti semilavorati e finiti che sono statiimpiegati nella produzione (come per esempio attrezzi ed utensili) manon invece gli impianti ed altri simili beni ad impiego pluriennale. Percapire meglio questa incongruenza si deve tenere presente che nellaprassi economica di allora il concetto di ammortamento non era defini-to in modo chiaro ed uniforme. Nelle società di capitali le quote diammortamento venivano stabilite dall’assemblea dei soci in base al ri-sultato d’esercizio. Quindi si può affermare che Nerschmann intendeper Mehrwert il valore del processo di trasformazione della materiaprima in prodotto finito30.

In modo più critico il valore aggiunto è stato studiato da Meerwarthnelle sue opere Nationalökonomie und Statistik (1925) e Einleitung indie Wirtschaftsstatistik (Jena 1920). Come Nerschmann, ancheMeerwarth si basa sugli studi anglosassoni, avvicinandosi anche allaprassi olandese. In Olanda, a partire dal 1916, si elaboravano dellestatistiche per determinare il valore aggiunto dei singoli settori. Diver-samente dalla prassi anglosassone, oltre al consumo delle materie pri-me si detraevano dal valore della produzione anche le quote di ammor-tamento dei beni ad impiego pluriennale. Dato che però in realtà lequote di ammortamento applicate dai diversi settori e dalle singoleimprese divergevano non di poco, si tentò di stabilire delle quote uni-formi (ad esempio il 4 % per gli edifici oppure il 10 % per gli impian-ti). La preferenza di Meerwarth va per la prassi olandese piuttosto cheper quella anglosassone per la maggior coerenza della prima nelle mo-dalità di determinazione del valore aggiunto31.

30 SCHÄFER, Vom Mehrwert zur Wertschöpfung, in: “Zeitschrift für Betrieb-

swirtschaft”, 1951, pag. 451.31 MEERWARTH, Nationalökonomie und Statistik, Berlin/Leipzig, 1925, pag. 231

e segg.

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Oltre a Nerschmann e Meerwarth anche Colm studia la questionedel valore aggiunto32. Innanzitutto Colm critica la concezione che laremunerazione monetaria (salari, stipendi, interessi passivi) ottenutaper la partecipazione al processo produttivo rispecchi la prestazioneapportata (sia essa la forza lavoro prestata oppure il capitale apporta-to). Secondo Colm tale concezione è troppo riduttiva, perché si limitaa considerare solo l’aspetto monetario e tralascia il valore “culturale”non misurabile in termini monetari. Quindi il valore aggiunto eviden-ziato dalle diverse statistiche si esauriva all’interno del processo mo-netario, dato che i valori risultanti dalle statistiche riflettevano prezzirealizzati sui mercati33. Secondo Colm l’unico significato attribuibilealla determinazione del valore aggiunto è quello di evidenziarel’importo monetario che remunera le varie prestazioni dei soggettipartecipanti al processo produttivo. Il metodo di determinazione delvalore aggiunto proposto da Colm si caratterizza sostanzialmente perdue elementi. In primo luogo Colm sostiene che si può considerare laproduzione solo in quanto ha generato del reddito. Reddito che si rea-lizza solo nella fase di collocamento dei prodotti finiti sul mercato at-tuando il disinvestimento ed il recupero delle somme in precedenzaimpiegate. Per questo motivo Colm esclude le rimanenze finali dalcalcolo del valore aggiunto e considera soltanto la quantità di prodottivenduti, salvo nel caso in cui le rimanenze costituiscano garanzie pergli affidamenti ottenuti. Seguendo tale procedura Colm evita il pro-blema della valutazione delle rimanenze finali. In secondo luogo Colmelenca tutte le classi di interesse partecipanti al processo produttivo,tra le quali viene ripartito quanto ricavato dalle vendite. Colm indivi-dua in tal modo sei classi, tra cui le economie terze (fornitori dellematerie prime, fornitori dei macchinari, banche, assicurazioni, ecc.), iproprietari dello stabilimento e degli uffici, lo Stato, gli azionisti e i

32 COLM, Das “Mehrwert” – Verfahren in der Produktionsstatistik, in:

“Weltwirtschaftliches Archiv”, 1924, pag. 204 e segg.33 COLM, op. cit., pag. 207: “Man würde ja die der wirtschaftlichen Marktlage

und der Konjunktur unterworfenen Geldgrößen in Verbindung bringen mit einemgeldmäßig gar niht erfaßbaren kulturellen Maßstab. Die ‘Werte’ in der Produktion-sstatistik sind realisierte Preise – ihre Bedeutung erschöpft sich innerhalb des gel-wirtschaftlichen Prozesses …”. Cfr. anche SCHÄFER, op. cit., pag. 454 e segg.

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partecipanti al capitale sociale, operai e dipendenti e, infine, le diverseclassi professionali. Tale schema di distribuzione non segue forse unalogica sistematica, sviluppata solo successivamente da altri studiosi. Èimportante tuttavia evidenziare la particolare soluzione cui è prevenu-to Colm per quanto riguarda le quote di ammortamento. Se si osservabene la classe delle economie terze, si nota che essa include anche ifornitori di macchinari. Infatti Colm è contrario all’ammortamento perquote costanti, in quanto tale metodo non tiene conto della manuten-zione e delle migliorie apportate su tali beni. Egli propone così diconsiderare ai fini del calcolo del valore aggiunto soltanto le spese ef-fettivamente sostenute durante l’anno per la manutenzione, per lemigliorie e per gli acquisti34.

Ghertschuk, studioso contemporaneo di Colm, è sostanzialmented’accordo con il metodo proposto da Colm. Anche Ghertschuk35 pro-pone di detrarre le spese sostenute durante l’anno per la manutenzionee per le migliorie. Egli critica invece l’inserimento delle spese sostenu-te per l’acquisto di macchinari nuovi al posto delle quote di ammorta-mento. Infatti egli osserva che tali spese nel caso in cui non fosserostate capitalizzate e successivamente ammortizzate, avrebbero incisofortemente sul risultato dell’esercizio in cui sono sostenute. Tali spese,secondo Ghertschuk, sono di competenza di più esercizi e quindi non ècorretto imputarle ad un unico esercizio. Ghertschuk rifiuta anche laproposta di Colm di limitarsi a considerare soltanto il fatturato comegrandezza di partenza sottolineando la necessità di includere anche lerimanenze finali, paragonandole all’investimento in macchinari nuovie proponendo di valutarle al costo di produzione36.

Anche se nell’applicazione statistica alcune nozioni vengono de-finite in modo differente dai vari studiosi, fatto dovuto alle diversetecniche di rilevazione e dei dati disponibili, in generale si può affer-

34 COLM, op. cit., pagg. 211-215.35 GHERTSCHUCK, Die Ermittlung der Werterhöhung in der Produktionsstatistik,

in: “Weltwirtschaftliches Archiv”, 1928, pag. 225 e segg.36 COLM, prendendo spunto dalla critica di Ghertschuk, revisiona la sua teoria ac-

cettando sostanzialmente le modifiche proposte dal secondo; cfr. COLM, Bemerkun-gen zu dem Aufsatz von Ghertschuk, in: “Weltwirtschaftliches Archiv”, 1928, pag.236 e segg.; SCHÄFER, op. cit., pag. 456 e segg.

54

mare che nell’economia politica il valore aggiunto è definito in modosostanzialmente uniforme. Il valore aggiunto di un’impresa, di un set-tore, di una nazione è uguale al reddito prodotto. Il valore aggiuntoviene calcolato (cfr. figura 2.1) partendo dal valore lordo della produ-zione (Bruttoproduktionswert) che è pari al fatturato incrementato delvalore delle variazioni delle rimanenze e delle immobilizzazioni inter-ne. Da questo valore lordo si detraggono i consumo dei fattori produt-tivi apportati da terze economie (Vorleistungen) e si ottiene il valoreaggiunto lordo (Bruttowertschöopfung). Se si detraggono anche gliammortamenti e le imposte indirette si ottiene il valore aggiunto netto(Nettowertschöpfung) o valore aggiunte al costo dei fattori(Wertschöfung zu Faktorkosten)37. Tale grandezza comprende i salari egli stipendi, gli interessi passivi, i profitti distribuiti e non distribuiti ele imposte dirette38.

FIGURA 2.1: LA NOZIONE DI VALORE AGGIUNTO PROPRIA DELL’ECONOMIA POLITICA

Valore lordo della produzione

– consumi di fattori produttivi appor-

tati da terze economie

Valore aggiunto lordo

– ammortamenti

– imposte indirette

Valore aggiunto/valore aggiunto netto Salari e stipendi

Interessi passivi

Profitto distribuito e non distribuito

Imposte dirette

37 KROEBER RIEL, op. cit., pag. 22 e segg.38 STOBBE, Volkswirtschaftslehre I: Volkswirtschaftliches Rechnungswesen, Ber-

lin/Heidelberg/New York, 1976, pag. 17 e segg.; WEBER, Wertschöpfungsrechnung,Stuttgart, 1980, pag. 5 e segg.

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2.2 Aspetti economico-aziendaliGli studi sul valore aggiunto sviluppati nell’ambito macro-

economico sono stati la base per gli studi successivi elaboratinell’ambito economico-aziendale. L’importanza del valore aggiuntonell’ambito dell’economia aziendale è emersa solo recentemente.All’inizio del Ventesimo secolo Nicklisch introduce in dottrina unanozione simile al valore aggiunto denominata Betriebsertrag. Neglianni Trenta Lehmann, come osserva egli stesso, si rende conto che lanozione di valore aggiunto, conosciuta da Rathenau durante le Repa-rationsverhandlungen del primo dopoguerra, può essere utilizzata an-che nella contabilità aziendale. E’stato Lehmann attraverso numerosiarticoli e monografie ad attirare l’attenzione della dottrina economico-aziendale tedesca sulla questione del valore aggiunto. Durante gli anniCinquanta e Settanta, anche a seguito dell’evoluzione degli studi sulreddito d’esercizio, molti studiosi aziendali si sono dedicati allo studiodel valore aggiunto, considerato “nozione sorella” del profitto(Schwesterbegriff des Gewinns39). Tuttavia solo dagli anni Settanta inpoi lo studio dottrinale è stato applicato anche alla prassi aziendale,come risposta all’esigenza di redigere bilanci sociali. E’proprio questol’ambito in cui la nozione di valore aggiunto trova attuale applicazionee di cui è diventata punto cruciale irrinunciabile.

2.2.1. Il Betriebertrag di Nicklisch

Heinrich Nicklisch è fondamentalmente il primo studioso delladottrina tedesca che propone alla fine degli anni Venti una nozione dirisultato che si avvicina alla nozione della Wertschöpfung e che vienedenominata Betriebsertrag. Questo suo studio ha avuto tuttavia pocarisonanza e solo con Lehmann il valore aggiunto ha ottenutol’accreditamento da parte della dottrina economico-aziendale tedesca.Nonostante ciò, Nicklisch viene considerato assieme a Lehmann ilVater der Wertschöpfung (padre del calcolo del valore aggiunto) inquanto è stato in grado di sensibilizzare la comunità scientifica al co-siddetto Wertproblem e quindi al Wertschöpfungsdenken. Si è vistoche egli concepisce l’economia dell’azienda come un’economia dei

39 SCHÄFER, op. cit., pag. 457.

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valori e definisce quale problema fondamentale dell’economia azien-dale il Beziehungsproblem40, elemento fondamentale di tutti gli svi-luppi dottrinali successivi.

Il sistema elaborato da Nicklisch si divide principalmente in duefasi: la fase dell’Einkommenserzeugung che comprende l’acquisizionedei fattori produttivi, la trasformazione tecnico-economica ed il collo-camento sul mercato, e la fase dell’Einkommensverteilung in cui vienedistribuito il reddito prodotto. Nel processo produttivo confluisconotutti i fattori di produzione cioè sia i beni e i servizi acquistati pressoeconomie terze e la “prestazione” dell’impresa stessa(Betriebsleistung). Per Nicklisch (come successivamente anche perLehmann) è fondamentale distinguere tra valore apportato da econo-mie terze sotto forma di beni e servizi acquistati, denominato be-tribsfremde Leistung, e valore creato all’interno dell’impresa, denomi-nato Betribsleistung. Inoltre, Nicklisch distingue tra valore di compe-tenza del periodo, che viene denominato Periodenleistungen e valorenon di competenza che viene denominato periodenlefremde Leistung.Il valore creatosi all’interno di un’impresa è costituito dal valore ap-portato da economie terze (Zugänge aus fremden Betrieben währendder Periode), dalle rimanenze di valore del periodo precedente(Anfangsvermögen der Periode) ed infine dal valore creatodall’impresa durante il periodo (Zugönge aus eigener Leistung)41. Sullabase di queste ipotesi il valore prodotto all’interno dell’impresa vienedenominato da Nicklisch Betriebsertrag: egli sostiene infatti che il ri-sultato della gestione aziendale è il Betriebsertrag e non il Gewinn an-che se gli studiosi di economia aziendale tendono a misurare la capaci-tà di produrre ricchezza di un’impresa con il calcolo dell’utile di eser-cizio. Tale capacità però dipende dalla Betriebsleistrung che ha comecontropartita il Betriebsertrag e non il Gewinn. L’utile quindi ènient’altro che un valore residuo del Betriebsertrag alla fine del pro-cesso della Ertragsverteilung che distribuisce la ricchezza prodottaall’interno dell’impresa42.

40 Cfr. NICKLISCH, Die Betriebswirtschaft, Stuttgart, 1930, pag. 163.41 Cfr. NICKLISCH, op. cit., pag. 500 e segg.42 Cfr. NICKLISCH, op. cit., pag. 535.

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È interessante osservare che Nicklisch conosce il termineWertschöpfung e che non lo sceglie appositamente, criticando altresì,il suo utilizzo nella ricerca effettuata pochi anni prima da Skrodzki eMoessner. In tale ricerca elaborata su incarico del Reichsverband derDeutschen Industrie ed intitolata “Besteuerung, Ertrag un Arbeitslohnindustrieller Unternehmungen im Jahre 1927” viene utilizzato il ter-mine Wertschöpfung al posto di Ertrag. Nicklisch critica fortementequesto fatto sostenendo l’opinione che il termine Ertrag ed in partico-lare il termine Betriebsertrag descriva meglio la Betriebsleistung inquanto sottolinea l’aspetto della produzione di valore (ricchezza)43.

Il Betriebsertrag si determina detraendo dai ricavi conseguiti i costisostenuti per l’acquisto delle materie prime ed ausiliarie, le quote diammortamento e di accantonamento44, i costi sostenuti per beni e ser-vizi acquistati da economie terze ed, infine, gli interessi passivi45 perremunerare il capitale di terzi. Ne segue che il Betriebsertrag è lagrandezza residuo che verrà distribuita tra gli aventi diritto che sono idipendenti e gli imprenditori proprietari dell’impresa. Con il Betrieb-sertrag infatti viene pagata la prestazione lavorativa del personale e, inparticolare, gli stipendi (Unternehmerlohn) degli imprenditori proprie-tari che hanno partecipato al processo produttivo. Tale posizione vienesottolineata fortemente e viene ribadita più volte da Nicklisch perl’importanza che egli attribuisce alla determinazione del reinem Ge-winn46. Il Vorstand (comitato di gestione) e l’Aufsichtsrat (consiglio disorveglianza) stabiliscono il costo opportunità che rappresenta la re-munerazione minima dell’Unternehmerkapital. Riconosciuto il costodel capitale agli aventi diritto, il residuo del Betriebsertrag viene di-

43 Cfr. NICKLISCH, op. cit., pagg. 527-528.44 Nicklisch osserva che gli ammortamenti e gli accantonamenti sono spesso

degli strumenti utilizzati dal redattore di bilancio per creare riserve occulte (stilleReserven).

45 Dato che Nicklisch considera gli interessi passivi un costo per l’impresa e nonparte del valore da distribuire, la sua nozione di Betriebsertrag viene consideratadalla dottrina quale limitazione del concetto di Wertschöpfung.

46 Nicklisch afferma (op. cit., pag. 526 e segg.) che il reine Gewinn richiede a suavolta che l’Aufwandswert della produzione venga calcolato in modo “pieno”, inmodo cioè da comprendere anche la remunerazione per la prestazione degli im-prenditori proprietari.

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stribuito agli aventi diritto (portatori del capitale ed eventualmenteportatori di lavoro). Nulla tuttavia dice Nicklisch sulle modalità di ri-partizione del Gewinn.

La figura che segue ripropone in modo schematico il concetto diBetriebsertrag sviluppato da Nicklisch.

FIGURA 2.2: IL CONCETTO DEL BETRIEBSERTRAG

Ricavi– costi per materie prime ed ausiliarie– costi per beni e servizi di economie

terze– ammortamenti ed accantonamenti– interessi passivi su capitale di terziBetriebsertrag: Salari, stipendi e Unternehmerlohn

Costo opportunità

Gewinn

2.2.2.La definizione del valore aggiunto da parte di Lehmann

Max Rudolf Lehmann afferma di aver sentito usare il termineWertschöpfung47 durante la primavera dei 1921 quando era occupatopresso il Reichswirtschaftsministerium (ministero dell’economia). Inquel periodo Lehmann verifica, assieme ad un gruppo di studiosi, idati sul valore aggiunto orario dei lavoratori, dati elaborati da WaltherRathenau e poi utilizzati nell’ambito delle Reparationsverhandlungen(negoziazione per le riparazioni di guerra). Soltanto a distanza diquindici anni Lehmann scopre in sede di una causa giudiziaria – quale

47 LEHMANN, Leistungsmessung durch Wertschöpfungsrechnung, Essen, 1954,

pagg. 102-103: “Mir selbst ist der Begriff erstmalig im Frühjahr 1921 entgegenge-treten, als ich damals im Reichswirtschaftsministerium tätig war. Damals hättenämlich Walter Rathenau zwecks Vorbereitungen der s. Z. bevorstehenden Repara-tionsverhandlungen die Behauptung aufgestellt, die ‘Wertschöpfung je Arbeitsstun-de’ der Werktätigen betrüge in Deutschland schätzungsweise 50 Pfennige, und dieseBehauptung oder Annahme mußte im Ministerium auf ihre Haltbarkeit hin nachge-prüft werden, eine Nachprüfung, an der ich beteiligt war”.

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consulente di parte – la possibilità di applicare tale concetto anche inambito aziendale48. Negli anni quaranta e cinquanta egli sviluppa ilconcetto del valore aggiunto in un’ottica aziendale: per questo motivoMax Rudolf Lehmann viene considerato dagli aziendalisti tedeschi chesi sono occupati di valore aggiunto come “il padre” dellaWertschöpfungsrechnung49.

La sua pubblicazione, frutto di accurati studi e riferimento fonda-mentale per tutti coloro che si accingono a studiare l’applicazione deivalore aggiunto nell’ambito economico aziendale, si intitola Leistung-smessung durch Wertschöpfungsrechnung (Essen 1954). Tale studio èfortemente influenzato dall’esperienza storica, il dopoguerra dellaprima e seconda guerra mondiale, periodo in cui si recuperano leperdite subite durante la guerra. Ciò significa ricostruire, produrre, or-ganizzare, e soprattutto – sul piano economico – aumentare la produt-tività Infatti Lehmann, osservando lo sviluppo industriale, si rendeconto della necessità di strumenti idonei a studiare il potenziamentodella prestazione (Leistungssteigerung) sia delle singole imprese chedel settore industriale nel suo complesso. Egli sente l’esigenza di svi-luppare strumenti capaci di evidenziare e di misurare le prestazioniproduttive (Leistungen). Prestazione che può essere analizzata a livelloindividuale della singola impresa (individuelle Leistung) oppure a li-vello generale dell’insieme delle imprese (generelle Leistung). Laprestazione individuale presenta caratteristiche differenti da settore asettore, da impresa a impresa, mentre la prestazione generale individuacaratteristiche comuni ai settori e alle imprese tali da permettere con-siderazioni più ampie e più importanti. Per questa ragione Lehmannritiene la prestazione generale di maggiore importanza e conseguen-

48 LEHMANN, op. cit., pag. 103: “Obgleich mich nun die Benutzung des

Wertschöpfungsbegriffes auf wirtschaftspolitischer Ebene stark beeindruckt hatte, sohat es doch verhältnismäßig lange gedauert, bis ich zu der Erkenntnis gelangt bin,daß sich von ihm aus eine betriebswirtschaftliche Rechnungsweise entwickeln ließe,die wertvolle Ergebnisse zu liefern vermag. Denn erst in den Jahren 1935-1937 istes zu dieser Auswertung des Wertschöpfungsgedanken fü betriebswirtschaftlicheZwecke gekommen, und zwar gelegentlich eines Rechtsstreits, an dem ich als Par-teigutachter beteiligt war”.

49 Confrontasi WEBER, op. cit. (Stuttgart 1980), KROEBER RIEL, op. cit. (Berlin1963) e SCHÄFER, op. cit (in: ZfB 8/1951), pag. 449 e seguenti.

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temente concentra i suoi studi su di essa50. La grandezza che misuratale prestazione viene denominata da Lehmann Wertschöpfung. Egliintende per Wertschöpfung il contributo delle singole imprese al reddi-to totale di una nazione oppure al prodotto nazionale51. Lehmann pren-de questa definizione dall’economia politica aggiungendo alcune os-servazioni. In primo luogo la Wertschöpfung è caratterizzata da dueaspetti: l’aspetto dei beni (Gütereinkommens-Seite) e l’aspetto mone-tario (Geldeinkommens-Seite). Ciò significa che la Wertschöpfung puòessere intesa sia come produzione di beni che come reddito monetariorealizzato. In secondo luogo, mentre il Geldeinkommnen può essereconsiderato solo in termini di valore (oppure usando espressamente iltermine di Lehmann: in termini di Wertgroße), il Gütereinkommenpuò essere considerato sia in termini fisici (il bene stesso) che in ter-mini di valore (valore attribuito alla produzione dei beni). Nell’ambitodella Wertschöpfung sia il Geldeinkommen che il Gütereinkommenvengono considerati in termini di valore (Wertgröße) affinché sia vali-da l’uguaglianza:

Wertschöpfung = erzeugtes Gütereinkommen =erzeugtes Geldeinkommen52

È del tutto corretto determinare la Wertschöpfung sulla base dellerisultanze contabili, dato che la contabilità stessa rappresenta un cor-retto sistema di valori53. In terzo luogo, anche se vale tale uguaglianza,i due aspetti devono essere trattati in modo separato. Per quanto ri-guarda la Gütereinkommens-Seite si può osservare che tutte le imprese

50 LEHMANN, op. cit., pag. 10: “Die generelle Betriebsleistung im angedeuten

Sinne und die Methoden ihrer rechnerischen Erfassung und ihres statistischen Ver-gleichs sind es deshalb, denen ich selbst besonders große praktische Bedeutungbeilege, und die den Gegenstand des vorliegenden Buches bilden …”.

51 LEHMANN, op. cit., pag. 11: “stellt die Wertschöpfung nichts anderes dar alsden Anteil, den die Betriebe zum Gesamteinkommen der Volks- oder Gesam-twirtschaft oder zu deren Sozialprodukt beitragen”.

52 LEHMANN, op. cit., pag. 11.53 LEHMANN, op. cit., pag. 12: “Damit hängt es zusammen, daß sich die

Wertschöpfung im Rahmen der Buchhaltung ermitteln läßt, die ja (in Bezug auf ihresystematischen Bücher) ein reines Wertrechnungs – System darstellt”.

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parte di un sistema economico sono inserite gradualmente in esso. Nesegue che ogni impresa da un lato partecipa positivamente alla produ-zione di beni (positive Einkommenserzeugung), ma dall’altro lato essaconsuma beni prodotti da terze economie (negative Einkommenser-zeugung). Quindi la Gütereinkommens-Seite è rappresentata da duecomponenti: dalla componente positiva che è il fatturato (Roherträge)e dalla componente negativa che è rappresentata dai costi per il con-sumo di beni prodotti da economie terze (Vorleistungskosten). Ciòpermette di definire la seguente uguaglianza:

erzeugtes Gütereinkommen = Roherträge – Vorleistungskosten54

La Geldeinkommens-Seite invece rappresenta il controvaloreastratto dell’erzeugten Gütereinkommens” e conseguentemente èuguale alla differenza soprariportata. In questa sede si deve inoltre os-servare che la Wertschöpfung in quanto erzeugtes Geideinkommentorna a profitto delle parti sociali (Sozialpartner) che sono collegatecon l’impresa. Le parti sociali sono il personale (Belegschaft), inclusol’imprenditore e i funzionari, la mano pubblica (Staat), e i conferenti ilcapitale (Kapitalgeber). Ne segue che la Wertschöpfung si scomponein tre parti che per gli interlocutori sociali rappresentano i rispettiviredditi. Abbiamo quindi l’Arbeitsertrag per remunerare il personale, ilGemeinertrag per remunerare la “mano pubblica” ed infine il Kapita-lertrag per remunerare il capitale proprio ed il capitale di terzi.

Per la Geldeinkommens-Seite si può pertanto definire la seguenteuguaglianza:

erzeugtes Geldeinkommen = Arbeitserträge + Gemeinerträge+ Kapitalerträge55

L’utilità dei risultati del calcolo del valore aggiunto dipende total-mente dalla definizione corretta delle tre classi: Roherträge, Vorlei-

54 LEHMANN, op. cit., pag. 12.55 LEHMANN, op. cit., pag. 13.

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stungskosten e Wertschöpfung. Per quanto riguarda il Rohertrag56

Lehmann intende il fatturato, corretto sia dalle variazioni delle rima-nenze dei prodotti finiti e semilavorati, che dagli incrementi di im-mobilizzazioni interne. Schematicamente:

Roherträge (fatturato)– Vorleistungskosten (consumo di beni

prodotti da economie terze)Wertschöpfung in quanto erzeugtesGutereinkommenWertschöpfung in quanto erzeugtesGeldeinkommen

ArbeisertagGemeinertragKapitalertrag

Con Vorleistungen Lehmann intende i costi sostenuti per le materieprime (Stoffkosten), gli ammortamenti (Abschreibungen), i costi soste-nuti per prestazioni di servizi apportati da economie terze (Fremd- undAußendienstkosten) e costi per rischi specifici (Wagniskosten). Inquesta sede è interessante osservare che Lehmann, già alla fine deglianni venti, aveva determinato delle classi di costi simili per calcolare ilreinen Produktionserfolg. Allora ne aveva individuate sette, qui invecene ritroviamo solo quattro; se a queste si aggiungono anchel’Arbeitsertrag, il Gemeinertrag e il Kapitalertrag, si ritrovano tutte esette le classi57.

56 Weber propone di sostituire il termine Rohertrag con il valore lordo della pro-

duzione. Cfr. WEBER. Op. cit., pag. 6: “Um Verwechselungen zu vermeiden, sollteman daher den Lehmann’schen Begriff des Rohertrages ersetzen: entweder durchden aktienrechtlichen Begriff der Gesamtleistung (aber damit würde man den Inten-tionen Lehmanns nicht voll gerechtet werden, weil er – wie noch darzulegen seinwird – der Wertschöpfungsrechnung alle betriebsfremden Elemente fernhalten will)oder noch besser durch den in den Volkswirtschaftslehre und Wirtschaftsstatistiküblichen Begriff des Bruttoproduktionswert”.

57 Lehmann individua sette categorie di costi:a) Materie prime;b) Ammortamenti;c) Costi del personale;

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La Wertschöpfung è a sua volta ripartita in Arbeitsertrag, Gemei-nertrag e Kapitalertrag. Per Arbeitsertrag Lehmann intende i salari estipendi e in più contributi sociali previsti dalla legge oppure su basevolontaria, per Gemeinertrag egli intende imposte e tasse. Il Kapita-lertrag viene disaggregato da Lehmann in interessi passivi che remu-nerano il capitale di terzi e in “rendita” che remunera il capitale pro-prio investito nell’impresa. La figura 2.3 nella pagina seguente ripro-pone in modo schematico il calcolo del valore aggiunto come è statoproposto da Lehmann.

Confrontando la nozione di Wertschöpfung di Lehmann con quelladi Nicklisch si può osservare che quella di Lehmann si differenzia daquella di Nicklisch in quanto include anche gli interessi passivi deicapitale di terzi e le imposte. Si può pertanto affermare che la nozionedi Lehmann è più completa che quella di Nicklisch.

2.2.4 Il valore aggiunto secondo Pohmer

Dieter Pohmer intende per Wertschöpfung la grandezza che rappre-senta il contributo da parte delle imprese alla creazione del redditonazionale. Questo in base alla concezione che il Wertumlauf della sin-gola impresa si inserisce nel Wertumlauf che sussiste tra le impreseall’interno di un sistema economico. Ciò significa che un’impresa ac-quista beni e servizi da imprese terze, li trasforma e li immette sulmercato, dove vengono acquistati da altre imprese e quindi ancora unavolta elaborati ed immessi sul mercato fintanto che vengono acquistatidal consumatore finale58. Pohmer precisa che il suo concetto di valore

d) Interessi passivi;e) Costi per servizi prestati da terzi;f) Costi sociali (imposte, contributi sociali, ecc.);g) Costi per rischi particolari.Se dai Roherträge vengono detratti tutti i costi sopra citati, si ottiene il reinen

Produktionserfolg. Se invece viene tralasciata l’una o l’altra categoria di costo otte-niamo diversi risultati, quali per esempio il Kapitalertrag, l’Arbeitsertrag, ecc. Cfr.LEHMANN, Allgemeine Betriebswirtschaftslehre, Leipzig, 1928, pag. 147 e segg.

58 POHMER, KROENLEIN, Betriebliche Wertschöpfung, in: “Handwörterbuch desRechnungswesen”, hrsg. von E. KOSIOL, Stuttgart, 1970, § 1913 e segg. Cfr. ancheWEBER, op.cit. e Pohmer, Betriebswirtschaftliche Bedeutung und Ermittlung der

64

aggiunto si differenzia da quello di Lehmann, in quanto Lehmann cal-cola il valore aggiunto in base ai costi e ricavi (kalkulatorische Re-chnung), mentre egli lo calcola in base agli introiti e spese(pagatorische Rechnung)59.

FIGURA 2.3: SCHEMA DI CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO DEFINITO DA LEHMANN

Roherträge:

+ fatturato ROHERTRÄGE+ variazione delle rimanenze di prodotti fini e semi-

lavorati+ incrementi di immobilizzazioni interne

Vorleistungen:

– materie prime– ammortamenti– costi sostenuti per lavori e servizi apportati da

economie terzeVORLEISTUNGEN

– costi per rischi particolari individuati da determi-nate polizze di assicurazione

Wertschöpfung WERTSCHÖPFUNG

Arbeitsertrag:

Salari e stipendi ARBEITSERTRAGContributi sociali

Gemeinerertrag: GEMEINERERTRAG

Imposte e tasseKapitalertrag:Interessi passivi per il capitale di terzi KAPITALERTRAGRendita del capitale proprio

betrieblichen Wertschöpfung, in: “Zeitschrift für Betriebswirtschaft”, 1958, pag. 148e segg.

59 POHMER, KROENLEIN, op. cit., § 1915.

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Pohmer definisce innanzitutto la nozione di valore aggiunto riguar-dante la vita totale di un’impresa (Totalperiode) che comprende il pe-riodo dalla costituzione dell’impresa stessa fino alla sua liquidazione.Il valore aggiunto aziendale (betriebliche Wertschöpfung) può esseredeterminato secondo due modalità. La prima, denominata Addition-smethode, permette di calcolare il valore aggiunto sommando i variredditi prodotti dall’impresa. La seconda, denominata Subtraktion-smethode, permette di calcolare il Nettoumsatz (che coincide con ilvalore aggiunto) detraendo dal fatturato le Vorleistungen, cioè leWertschöpfungen delle altre imprese. La betriebliche Wertschöpfungsi determina sommando all’utile realizzato (pagatorischer Erfolg) isalari e stipendi e i contributi sociali e gli interessi passivi, detraendogli interessi attivi e gli utili dovuti a partecipazioni. In via alternativa,la betriebliche Wertschöpfung, che è pari al Nettoumsatz, si determinadetraendo dall’Umsatz, che è pari a tutti gli introiti dell’intera vitadell’impresa al netto degli interessi attivi e degli utili dovuti alle par-tecipazioni, le Vorleistungen, che comprendono tutte le spese sostenu-te meno i salari e stipendi e contributi sociali e meno gli interessi pas-sivi, sempre relativi all’intera vita aziendale60.

La figura che segue rappresenta la Wertschöpfung in der Totalpe-riode secondo l’approccio di Pohmer.

FIGURA 2.4: IL VALORE AGGIUNTO TOTALE SECONDO POHMER

Introiti:Umsatz: – interessi attivi

– proventi da partecipazioniSpese sostenute:

– Vorleistungen: – salari, stipendi e contributi sociali– interessi passiviSalari, stipendi e| contributi socialiInteressi passivi

Nettoumsatz = Wertschöpfung Utile (Pagatorische Erfolg)Esclusi:– interessi passivi– proventi da partecipazioni

60 Pohmer, Kroenlein, op. cit., § 1916.

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Il valore aggiunto del periodo rappresenta il contributo periodico daparte della singola impresa alla creazione del reddito nazionale. Ciòsignifica che in primo luogo la somma di tutti i valori aggiunti perio-dici di un’impresa (Periodenwertschöpfungen) è uguale al valore ag-giunto totale (Totalwertschöpfung) della stessa impresa. In secondoluogo la somma dei valori aggiunti periodici di tutte le imprese di unperiodo è uguale al reddito nazionale di quel periodo61. Nel passaggiodal valore aggiunto totale a quello di periodo sorge il problema – ana-logo a quello tipico del bilancio di esercizio – della competenza“economica”. Ecco che allora i concetti di spesa, introito e risultatomonetario cambiano denominazione. Pohmer non parla più di Ein-nahme, Ausgabe und pagatorischer Erfolg ma utilizza i “nuovi” ter-mini Ertrag, Aufwand und Erfolg. Viene a cadere anche l’uguaglianzatra betriebliche Wertschöpfung e Nettoumsatz62. Per determinare la be-triebliche Wertschöpfung con il procedimento della Subtraktionsmet-hode si detraggono dall’Umsatz le spese sostenute per fattori produt-tivi impiegati nel processo produttivo. La grandezza così determinataviene denominata Bruttowertschöpfung. Dopo aver detratto gli am-mortamenti e gli accantonamenti ai fondi rischi, si ottiene il valoreaggiunto periodico (Periodenwertschöpfung), denominato anche Net-towertschöpfung. Il tutto trova rappresentazione nella figura 2.5.

61 Se si considerano anche i rapporti con l’estero, tale importo corrisponde al

prodotto interno lordo; cfr. POHMER, KROENLEIN, op. cit., § 1917.62 POHMER, KROENLEIN, op. cit., § 1917: “Der Nettoumsatz ist in der Perioden-

rechnung nicht mit der Wertschöpfung identisch, da die Periodisierung anders, undzwar weniger sinnvoll, weil zufällig, erfolgt; die Summe der Nettoumsätze aller Un-ternehmungen (in einer Volkswirtschaft) in einer Periode ergibt die Summe derKonsumausgaben der Haushaltungen”.

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FIGURA 2.5: IL VALORE AGGIUNTO SECONDO POHMER

Umsatz: Introiti (Ertragseinnahmen)– interessi attivi– proventi da partecipazioneSpese (Aufwandsausgaben)

– Vorleistungen: – salari, stipendi e contributi sociali– interessi passivi– ammortamenti ed accantonamenti

Bruttowertschöpfung– ammortamenti– accantonamenti

Salari, stipendi e contributi socialiInteressi passivi

Nettowertschöpfung Utile (Erfolg)Esclusi:– interessi attivi– proventi da partecipazione

Nel ragionamento finora sviluppato non è stata inclusa la “manopubblica”, che stabilisce dei rapporti con le imprese, al pari di ogni al-tro interlocutore sociale. Tali rapporti possono essere definiti rapportieconomici unilaterali. Si è in presenza della “mano pubblica” che agi-sce in senso stretto, incassando le imposte e concedendo sovvenzioni.Le imposte sono grandezze che incidono sull’utile d’esercizio e quindiinfluenzano anche il valore aggiunto. Se si detrae dalla Net-towertschöpfung, che viene denominata anche Nettowertschöpfung zuMarktpreisen (valore aggiunto netto a prezzi di mercato), la sommaalgebrica tra le sovvenzioni e le imposte e tasse si ottiene la Net-towertschöpfung zu Faktorkosten (valore aggiunto netto ai costi difattore)63. La figura che segue riproduce in modo schematico il concet-to di valore aggiunto tenendo conto anche della “mano pubblica”.

63 POHMER, KROENLEIN, op. cit., § 1918: “und wird – demselben Sprachge-

brauch folgend – betriebliche Nettowertschöpfung zu Marktpreisen genannt. Ziehtman hiervon die Differenz aus Unternehmersteuer und Subventionen ab, so erhältman die Nettowertschöpfung zu Faktorkosten, die man im allgemeinen anspricht,wenn ohne nähere Bezeichnung von der betrieblichen Wertschöpfung die Rede ist”.

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FIGURA 2.6: IL VALORE AGGIUNTO SECONDO POHMER

(COMPRESA LA “MANO PUBBLICA”)

Introiti (Ertragseinnahmen)Umsatz: – interessi attivi

– proventi da partecipazioneSpese (Aufwandsausgaben)

– Vorleistungen: – salari, stipendi e contributi sociali– interessi passivi– ammortamenti ed accantonamenti

Bruttowertschöpfung– ammortamenti– accantonamentiNettowertschöpfung zu Marketpreisen+/– saldo tra contributi, imposte e tasse

Salari, stipendi e contributi socialiInteressi passivi

Nettowertschöpfung zu Faktorenpreisen Utile (Erfolg)Esclusi:– interessi attivi– proventi da partecipazione

Se si paragona il concetto di valore aggiunto dell’economia politica(approccio macro) con quello aziendale – ed in particolare con quellodi Lehmann – si possono fare alcune osservazioni. Innanzitutto en-trambe le nozioni partono dalla stessa grandezza, il Rohertrag checoincide con il valore lordo della produzione (Bruttoproduktionswert).Le Vorleistungen costituiscono l’elemento differenziatore tra il model-lo dell’economia politica e quello di Lehmann, dato che questi vi in-clude anche gli ammortamenti. Al contrario la nozione di valore ag-giunto di Lehmann è più ampia di quella dell’economia politica, per-ché il primo comprende nel Gemeinertrag, elemento dellaWertschöpfung, sia le imposte dirette che indirette. Queste ultimenell’ambito dell’economia politica vengono detratte dal Nettoproduk-tionswert e quindi si ottiene il Nettoproduktionswert zu Faktorkosten64.

Le imposte dirette ed indirette possono essere trattate allo stessomodo: entrambe comprese nelle Vorleistungen oppure direttamente

64 Cfr. KROEBER RIEL, op. cit., pag. 20 e segg.; WEBER, op. cit., pagg. 10-11.

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nella Wertschöpfung. Questo perché la differenziazione in imposte di-rette ed indirette (in generale per imposte dirette si intendono impostededucibili, e per imposte indirette quelle non deducibili) nell’ambitodel calcolo del valore aggiunto aziendale non è giustificato65.

Quale di queste definizioni è quella giusta o, meglio, quale è quellaappropriata? Quella di Nicklisch che è la più rigida, oppure quella diLehmann che è la più ampia e di natura kalkulatorisch, oppure ancoraquella di Pohmer che è di natura pagatorisch, oppure una definizioneintermedia come quella proposta dall’economia politica? Non è pos-sibile esprimere alcuna preferenza netta giacché la definizione dovràessere scelta con riguardo agli obiettivi presenti e con riguardo agliscopi perseguiti.

La figura 2.7 nella pagina seguente propone una rappresentazionecomparata delle quattro principali definizioni di valore aggiunto esa-minate.

Nell’attuale dottrina economico-aziendale tedesca, tra i concetti divalore aggiunto considerati finora, sono ritenuti ancora validi quelli diLehmann e di Pohmer, mentre quello di Nicklisch non viene più so-stenuto, salvo rare eccezioni. Più precisamente i concetti di Lehmann edi Pohmer vengono considerati i più appropriati, anche se non semprevengono applicati in modo preciso per le difficoltà tecniche di calcolo.Infatti la Wertschöpfung non può essere calcolata immediatamenteutilizzando i dati del conto economico, ma richiede delle rielabora-zioni e aggregazioni dei valori di bilancio66.

65 WEBER, op. cit., pag. 11:”Eine Differenzierung nach direkten und indirekten

Steuern (worunter man in allgemeinen abwälzbare bzw. nichtabwälzbare Steuernversteht) ist im Rahmen der Wertschöpfung für betriebliche Zwecke nicht ge-rechtfertigt”.

66 POHMER, KROENLEIN, op. cit., § 1919; WEBER, op. cit., pag. 8.

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FIGURA 2.7: SCHEMA COMPARATIVO DELLE DIVERSE NOZIONI DI VALORE AGGIUNTO

Rohertrag,BruttoproduktionswertErtragseinnahmen– Consumo di materie

prime, beni e serviziapportati da terze eco-nomie

Bruttowertschöpfung pro-prio dell’economia politi-ca e di Pohmer

AmmortamentiInteressi passiviSalari, stipendi, contributiImposteUtili

– ammortamentiNettowertschöpfung diPohmerNettowertschöpfung zuMarketpreisen propriodell’economia politicaWertschöpfung diLehmann

Interessi passiviSalari, stipendi, contributiImposteUtili

– imposte indiretteNettowertschöpfung zuFaktorkosten

Interessi passiviSalari, stipendi, contributiUtili

– imposte dirette– interessi passivi su

capitali di terziBetriebsertrag(Wertschöpfung) di Nic-klisch

Salari, stipendi, contributiUtili

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CAPITOLO IIILA DETERMINAZIONE

DEL VALORE AGGIUNTO

SOMMARIO: 1. Le metodologie di calcolo. – 2. L’origine dei dati. – 3. Ilcalcolo del valore aggiunto in alcuni settori. – 4. Il significato informativodel valore aggiunto.

1. Le metodologie di calcolo

In questo capitolo si analizzano i diversi procedimenti e i diversimetodi per calcolare il valore aggiunto. Il valore aggiunto può esseredeterminato seguendo due procedimenti: il procedimento additivo(Additionsverfahren) ed il procedimento della sottrazione(Subtraktionsverfahren). Sia per il procedimento dell’addizione cheper il procedimento della sottrazione si possono utilizzare diversi me-todi di calcolo che si differenziano a secondo della definizione dellegrandezze di calcolo. Abbiamo il metodo che si basa sulla contabilitàindustriale (kalkulatorische Rechnung), il metodo della contabilità ge-nerale (pagatorische Rechnung), il metodo dei flussi monetari(Einzahlungs-Auszahlungsrechnung) ed il metodo dei flussi finanziari(Einnahmen-Ausgabenrechnung). È interessante osservare che nellaletteratura della Wertschöpfungsrechnung quasi tutti gli studiosi svi-luppano il metodo che si basa sulla contabilità industriale(kalkulatorische Rechnung) oppure quello della contabilità generale(pagatorische Rechnung). Gli altri due metodi, quello dei flussi mone-tari (Einzahlungs-Auszahlungsrechnung) e quello dei flussi finanziari(Einnahmen-Ausgabenrechnung), vengono soltanto accennati comemetodi possibili per calcolare il valore aggiunto. La scelta del metododa seguire dipende sostanzialmente dagli scopi che vengono perseguiticon il calcolo dei valore aggiunto. Infatti se si vuole calcolare il valoreaggiunto della gestione caratteristica, si deve utilizzare il kalkulatori-sche Rechnung, mentre se si vuole calcolare il valore aggiunto sia

72

della gestione caratteristica che della gestione accessoria, si deve uti-lizzare il pagatorische Rechnung. Presentando i vari procedimenti emetodi del calcolo del valore aggiunto si evidenziano anche le pro-blematiche che si riscontrano nell’ambito di tale calcolo, illustrandopossibili soluzioni che permettono di risolvere alcune difficoltà sia dicontenuto sostanziale che di contenuto formale. Nella parte conclusivasi procederà all’approfondimento del calcolo dei valore aggiunto indiversi settori: quello industriale, commerciale e bancario.

1.1 Il procedimento di calcolo del valore aggiuntoIl valore aggiunto di un’impresa si può determinare in due modi: in

primo luogo il valore aggiunto può essere definito e determinato “persottrazione”1, sarà pertanto uguale al risultato della differenza tra ilvalore della produzione lorda e il valore delle Vorleistungen2. Questoprocedimento viene denominato il procedimento della sottrazione(Subtraktionsverfahren). In secondo luogo il valore aggiunto può esse-re definito e determinato per addizione, e quindi corrispondere allasomma dell’ Arbeitsertrag (reddito distribuito sotto forma di stipendi,salari e contributi sociali), del Kapitalertrag (reddito distribuito sottoforma di interessi passivi per il capitale di terzi ed in forma di costoopportunità per remunerare il capitale proprio) e del Gemeinertrag(reddito distribuito alla “mano pubblica”). Questo procedimento vienedenominato il procedimento dell’addizione (Additionsverfahren). Datoche il risultato del primo procedimento corrisponde al risultato del se-condo, questi due procedimenti non costituiscono alternative, ma sono

1 WEBER, Betriebliche Wertschöpfung, in: “Handwörtebuch des Rechnung-

swesens”, Stuttgart, 1981, § 1788: “Die Wertschöpfung kann – wie sie schon ausden Definitionen ergibt – auf zweifache Weise ermittelt werden: subtraktiv, indemman nach Lehmann (1954) vom Rohertrag bzw. Bruttoproduktionswert ausgeht unddie Vorleistungen abzieht; additiv, indem man nach Lehmann (1954) die Arbeits-,Kapital- und Gemein’erträge’ zusammenzählt”.

2 Le Vorleistungen corrispondono al valore di tutti i beni e servizi apportati daterze economie.

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da considerarsi complementari3. Essi possono però essere interpretatiin modo diverso in base al loro contenuto oggettivo4. Il primo proce-dimento, quello della sottrazione (Subtraktionsverfahren) rappresentala fase della creazione del valore aggiunto e per questo motivo vieneanche denominato il “calcolo della creazione del valore aggiunto”(Wertschöpfungsentstchungsrechnung). Il secondo procedimento,quello additivo, rappresenta la distribuzione dei valore aggiunto fra levarie classi aventi diritto. Per questo motivo tale procedimento vieneanche denominato il “calcolo della distribuzione del valore aggiunto”(Wertschöpfungsverwendungsrechnung).

La figura che segue presenta in modo schematico entrambi i pro-cedimenti per calcolare il valore aggiunto.

FIGURA 1.1: I DUE PROCEDIMENTI PER CALCOLARE IL VALORE AGGIUNTO

Procedimento per sottrazione Procedimento per addizioneValore della produzione lorda + salari, stipendi, contributi sociali

(Arbeitsertrag)+ interessi passivi, costo opportunità

(Kapitalertrag)+ imposte (Gemeinertrag)

– beni/servizi apportati da economieterze

Valore aggiunto Valore aggiunto

Per calcolare il valore aggiunto secondo i due procedimenti visti sipossono utilizzare diversi metodologie di calcolo che sono il metodoche si basa sulla contabilità industriale (kalkulatorische Rechnung), ilmetodo della contabilità generale (pagatorische Rechnung), il metododei flussi monetari (Einzahlungs-Auszahlungsrechnung) ed il metodo

3 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1981, § 1788; Weber, op. cit., Stuttgart, 1980, pag.

21; WEDELL, Die Wertschöpfung als Maßgröße für die Leistungskraft eine Unter-nehmens, in: “Der Betrieb”, 1976, pag. 205 e segg.

4 WEBER, op. cit., Stuttgart, pag. 21: “Gelegentlicht versucht man eine sachliche

inhaltliche Deutung der beiden Bererchnungsmethode, indem man die Subtraktion-srechnung als Wertschöpfungsentstehungsrechnung, die Additionsrechnung alsWertschöpfungsverwendungsrechnung interpretiert …”.

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dei flussi finanziari (Einnahmen-Ausgabenrechnung). Il kalkulatori-sche Rechnung viene proposto da Lehmann5, che applica il calcolo delvalore aggiunto alla gestione caratteristica di un’impresa industriale.L’Autore limita lo studio dei calcolo del valore aggiunto all’attività diproduzione vera e propria dell’impresa (das Produktionswirtschafli-che), dato che l’impresa creatrice dei valore aggiunto per eccellenza èl’impresa industriale. Per questa ragione egli esclude dal calcolo delvalore aggiunto, oltre a tutti gli elementi che sono estranei all’impresa(betriebsfremd), anche tutti gli elementi che sono componenti dellagestione straordinaria (außerordentlich) ed in particolare tutti gli ele-menti della gestione finanziaria (das Finanzwirtschaftliche) come purei rapporti creditizi (das Kreditwirtschaftliche) con i fornitori ed iclienti.

Pohmer6 invece propone di calcolare il valore aggiunto secondo ilmetodo della contabilità generale (pagatorische Rechnung), dato chela connessione con i flussi di pagamento permette di rappresentare inmodo sufficientemente preciso la creazione del valore aggiunto e lasua successiva distribuzione. Egli sostiene tuttavia che il calcolo deivalore aggiunto non può essere posto in essere basandosi sul bilanciocivilistico e sul bilancio fiscale (handelsrechtliche und steuerrechtli-che Jahresabschlüsse), né in modo immediato, né facendo dei rag-gruppamenti diversi, dato che lo schema strutturale del bilanciod’esercizio e del bilancio “fiscale” segue degli obiettivi diversi daquelli perseguiti dal calcolo del valore aggiunto. Inoltre alcune postedel bilancio contengono sia elementi rilevanti per il calcolo del valoreaggiunto, sia elementi irrilevanti per il calcolo dello stesso7. Il proble-ma più rilevante nell’ambito del metodo della contabilità generale, cheha dato luogo ad ampie discussioni nella dottrina tedesca, è costituito

5 LEHMANN, Leistungsmessung durch Wertschöpfungsrechnung, Essen, 1954,

pag. 17 e segg.6 POHMER, KROENLEIN, op. cit., Stuttgart, 1970, § 1913; POHMER, Betrieb-

swirtschaftliche Bedeutung und ermittelung der betrieblichen Wertschöpfung, in:“Zeitschrift für Betriebswirtschaft”, 1958, pag. 148 e segg.

7 POHMER, KROENLEIN, op. cit., Stuttgart, 1970, § 1919: “Deshalb ist einewertschöpfungsgerechte Periodisierung nicht gesichert; zudem sind in einigenSammelposten wertschöpfungsrelevante und -irrelevante Teile gemischt enthalten”.

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dal trattamento delle quote di ammortamento. Nella prassi aziendale icalcoli di valore aggiunto (Wertschöpfungsrechnung) pubblicati daparte delle imprese si basano quasi tutti sul bilancio d’esercizio ed inparticolare sul rendiconto reddituale. Questo fatto è positivo, indipen-dentemente dalle critiche di Pohmer, dato che la stretta dipendenza trail rendiconto reddituale e il calcolo del valore aggiunto permette anchea soggetti esterni all’impresa di verificare facilmente il calcolo delvalore aggiunto elaborato dalle imprese8.

Accanto ai metodi presentati sinora sussistono altri metodi idonei adeterminare il valore aggiunto. Essi sono il metodo dei flussi monetari(Einzahlungs- Auszahlungsrechnung) ed il metodo dei flussi finanziari(Einnahmen-Ausgabenrechnung). È interessante osservare, come si èanticipato, che nella letteratura della Wertschöpfungsrechnung quasitutti gli studiosi seguono il kalkulatorische Rechnung oppure il paga-torische Rechnung. Utilizzando il metodo dei flussi monetari(Einzahlungs-Auszahlungsrechnung) che tiene conto delle variazionimonetarie, si determina il valore aggiunto realizzato sul mercato (dieam Markt realisierte Wertschöpfung) che corrisponde alla realisiertenWertschöpfung di Lehmann. Lehmann distingue tra valore aggiuntoprodotto (erzeugte Wertschöpfung) e valore aggiunto realizzato(realisierte Wertschöpfung)9. Il valore aggiunto prodotto tiene contodel volume di produzione effettuata durante l’esercizio e non del vo-lume di vendita. Se invece si tiene conto delle variazioni delle rima-nenze dei prodotti finiti e semilavorati, allora si dovrà parlare di valoreaggiunto realizzato10. Se le rimanenze sono aumentate, allora il valoreaggiunto prodotto sarà maggiore del valore aggiunto realizzato e ciòrichiede all’impresa un maggiore impiego di capitali. Se le rimanenzesono diminuite, allora il valore aggiunto prodotto sarà minore del va-

8 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 22: “Dies ist unabhängig davon, ob mansich der Beurteilung Pohmers über die Eignung des Jahresabschlusses für diesenZweck anschließt oder nicht, zu begrüßen”.

9 LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 79 e segg.10 LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 80: “Außer mit dem Begriff der erzeugten

Wertschöpfung muß nämlich für manche Zwecke auch mit dem Begriff der realisier-ten Wertschöpfung gearbeitet werden, wie gesagt werden soll. Diese Notwendigkeitliegt stets dann vor, wenn in einer Rechnungsperiode Veränderungen an denErezeugnisbeständen auftreten”.

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lore aggiunto realizzato e quindi si avrà un disinvestimento di capita-li11. La differenza tra valore aggiunto realizzato e valore aggiunto pro-dotto aggiunto prodotto corrisponde alla variazione delle rimanenze.Lehmann descrive il rapporto tra valore aggiunto realizzato e valoreaggiunto prodotto con la seguente uguaglianza:

valore aggiunto realizzato = valore aggiunto prodotto (+/-) variazione delle rimanenze

Scarsa attenzione viene dedicata dalla dottrina anche al metodo deiflussi finanziari (Einnahmen-Ausgabenrechnung), che determina ilvalore aggiunto di un’impresa in base alla posizione di liquidità dellastessa (liquiditätswirksame Wertschöpfung)12. Tale metodo, come glialtri, si basa sul modulo monetario, dato che l’unità di conto utilizzataè la moneta. La scelta del metodo da seguire dipende sostanzialmentedagli scopi che vengono perseguiti con il calcolo del valore aggiunto.Ciò che emerge con evidenza è che, se si vuole calcolare il valore ag-giunto della gestione caratteristica, si deve utilizzare il metodo dellakalkulatorische Rechnung), che si basa sostanzialmente sulle risultan-ze della contabilità industriale. Tale metodo, se confrontato con gli al-tri, prescinde dai flussi dei pagamenti e conseguentemente non è faciletrarre delle informazioni sulla posizione di liquidità dell’impresa.Inoltre le risultanze della contabilità industriale non sono a disposizio-ne di soggetti estranei all’impresa che in tal modo non sono in gradodi verificare e ricostruire il calcolo del valore aggiunto elaboratodall’impresa. Pertanto, se si vuole calcolare il valore aggiunto sia dellagestione caratteristica che della gestione accessoria, si può escludere apriori il metodo della contabilità industriale, dato che non offre suffi-

11 LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 80: “Denn bei einer Zuhnahme der Er-

zeugnisbestände liegt eine Einkommenserzeugung vor, die in der Höhe dieser Zu-nahme nicht realisiert ist und von dem Betrieb bzw. der Unternehmung selbst durchzusätzlichen Kapitaleinsatz aufgenommen werden muß. Bei Abnahme der Erzeugni-sbestände hat man es mit dem Fall zu tun, daß in der in Betracht kommenden Re-chnungsperiode das realisierte Einkommen um so viel größer ist als das erzeugteEinkommen, bzw. als die Abnahme der Erzeugnisbestände entsprechend eine Frei-setzung von Kapital erfolgt”.

12 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 23.

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cienti informazioni sulla gestione accessoria. Dato che le società dicapitali rendono pubblici i rendiconti d’esercizio con i relativi allegati,un analista dei bilancio, esterno all’impresa, potrà utilizzare soltanto ilmetodo della contabilità generale (pagatorische Rechnung) per de-terminare il valore aggiunto13.

Nell’ambito del calcolo del valore aggiunto il valore della produ-zione lorda (Bruttoproduktionswert), le prestazioni di terze economie(Vorleistungen) e il valore aggiunto (Wertschöpfung) possono assume-re dimensioni diverse a seconda delle grandezze contabili considerate.Lehmann e Pohmer, per esempio, escludono dal calcolo del valoreaggiunto sia gli elementi estranei all’impresa (betriebsfremd) che glielementi estranei al periodo (periodenfremd). La prassi aziendale, in-vece, include nel calcolo del valore aggiunto quasi sempre sia gli ele-menti che sono estranei all’impresa (betriebsfremd) che gli elementiestranei al periodo (periodenfremd). Sussiste inoltre il problema dellequote di ammortamento, le quali vengono considerate da alcuni stu-diosi della dottrina aziendale elemento delle Vorleistungen (Lehmann,Reichmann, Lange, ecc.) e da altri invece elemento positivo dellaWertschöpfung (Beier, Scheibe Lange). Secondo Nicklisch il valoreaggiunto è uguale alla somma dei salari e stipendi più gli utili, mentresecondo la prassi generale anche gli interessi passivi sono compresinel valore aggiunto. Questi sono alcuni esempi di come possono varia-re le tre classi dei calcolo del valore aggiunto a seconda delle grandez-ze contabili considerate. Quale di questi esempi è quello da seguire?Nessuno e tutti. Infatti non si può dire a priori se un esempio è sbaglia-to oppure migliore dell’altro, dato che tutti presentano dei profili divalidità. Le varie proposte sono state concepite affinché fossero idoneea raggiungere determinati obiettivi prestabiliti. Gli studiosi erano e so-no ben consapevoli delle difficoltà legate al tentativo di una definizio-ne uniforme. Quindi per evitare la maggior parte dei problemi di defi-nizione l’unica soluzione possibile è quella di elaborare un concetto divalore aggiunto graduato14. Nei paragrafi seguenti si considerano le di-verse definizioni della componente positiva del calcolo del valore ag-

13 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 23-24; WEBER, op. cit., Stuttgart, 1981,§ 1788 e segg.

14 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 13 e segg.

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giunto, il valore della produzione lorda, la componente negativa delcalcolo del valore aggiunto, le Vorleistungen (beni e servizi apportatida terze economie) ed il valore aggiunto in quanto differenza tra lacomponente positiva e la componente negativa. Inoltre si richiamano iprincipi fondamentali validi per la determinazione del valore aggiunto.

Pare utile, infine, evidenziare alcuni principi da seguire nel tentati-vo della definizione delle varie componenti del valore aggiunto ogget-to di successiva analisi. In primo luogo va osservato il principiodell’adeguatezza allo scopo (Grundsatz der Zweckentsprechung)15. Ciòsignifica che le definizioni delle componenti devono rappresentare ilvalore aggiunto in modo adeguato allo scopo perseguito dal calcolodello stesso. Infatti le componenti possono essere definite sia con unalogica riferita all’oggetto (wirtschafstobjektbezogen) sia al soggetto(wirtschaftssubjektbezogen). Definire le componenti secondo la primalogica di oggetti significa distinguere le definizioni delle componentiin base a grandezze economiche. Per esempio, delimitando il concettodi Vorleistungen secondo tale logica, si possono individuare quattrodiverse definizioni di differente ampiezza. La definizione più ristrettaricomprende nelle Vorleistungen soltanto i costi delle materie prime.La definizione meno ristretta comprende oltre i costi delle materieprime anche i costi delle materie ausiliarie. La definizione ampia delleVorleistungen comprende oltre i costi delle materie prime ed ausiliarieanche i costi dei servizi prestati da terze economie. La definizione piùampia delle Vorleistungen comprende, oltre ai costi delle materie pri-me ed ausiliarie, dei servizi prestati da terzi anche le quote di ammor-tamento. Definire invece le componenti secondo una orientata al sog-getto significa differenziare le definizioni delle componenti in base aisoggetti stessi. Per esempio, nel delineare le componenti delle Vorlei-stungen secondo tale logica, si possono individuare tre diverse defini-zioni delle Vorleistungen di differente ampiezza. La definizione piùristretta comprende solo i costi dei beni acquistati dalle imprese indu-striali, mentre la definizione più ampia comprende oltre ai costi di tali

15 REICHMANN, LANGE, Kapitalflußrechnung und Wertschöpfungsrechnung als

Ergänzungsrechnungen des jahresabschlußes im Rahmen einer gesellschaftsbezo-genen Rechnungslegung, in: “Zeitschrift für Betriebswirtschaft”, 1980, pag. 518 esegg.

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beni anche i costi dei beni e dei servizi apportati da qualsiasi impresaterza. In quest’ultimo caso il valore aggiunto è costituito dal risultatoeconomico dell’esercizio e dal valore della forza lavoro, dei servizi edel capitale16.

In secondo luogo va osservato il principio dell’obiettività(Grundsatz der Objektivierung). Dato che il calcolo del valore aggiun-to può essere considerato come uno strumento integrativo di informa-zione del bilancio d’esercizio, allora la sua determinazione dovrebbeessere uniformata ai principi e criteri che stanno alla base della reda-zione di tale documento. In particolare il rendiconto reddituale assumela funzione di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazioneeconomica dell’impresa. Ciò significa che deve riflettere fedelmente ifatti di gestione dell’impresa e che il comportamento dei redattore delbilancio deve essere conforme alle disposizioni delle norme previstedal legislatore, adottando una soggettività razionale negli spazi di di-screzionalità lasciati dallo stesso. Ne segue che il rendiconto redditua-le rappresenta in modo “obiettivo” il risultato economico raggiuntodall’impresa e quindi permette di intuire – tendenzialmente – la futuraevoluzione dei risultati economici della stessa. Se questo principio di“oggettivazione” è valido per la rappresentazione della creazione delrisultato economico (Einkommenserzeugung), sarà altrettanto validoper la sua distribuzione (Einkommensverteilung). La rappresentazioneobiettiva17 della distribuzione del risultato economico raggiunto, chepermette di intuire – tendenzialmente – l’evoluzione della dinamicadella distribuzione dei risultati economici futuri, costituisce un prin-cipio valido nell’ambito del calcolo del valore aggiunto in quantostrumento integrativo di informazione del rendiconto d’esercizio18.Piena validità mantiene anche il principio della competenza

16 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag.26.17 REICHMANN, LANGE, op. cit., pag. 527: “in objektivierter Form zu ermitteln,

also ein Zweck, der auch für die Wertschöpfungsrechnung als Informationsinstru-ment über realisierte Einkommensverteilung und damit – tendenziell – auch überkünftige (Um-) Verteilungsspielräume grundlegend ist”.

18 REICHMANN, LANGE, op. cit., pag. 527: “Es erscheint also nicht sinnvoll, dieWertschöpfungsgröße als ‘von Verwendungsfolge losgelöste periodische Er-folgsgröße’ anzusehen”. Cfr. anche WEDELL, op. cit., pagg. 205-213.

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(Grundsatz der Periodisierung). Competenza intesa come postulatotradizionale degli studi ragionieristici, che incorpora sia la dimensioneeconomica che quella temporale in senso stretto.

L’analisi del comportamento della prassi permette di affermare chequesta imposta il calcolo del valore aggiunto sostanzialmente ai prin-cipi contabili del bilancio d’esercizio, in particolare il principiodell’obiettività e della competenza. Nell’elaborazione della Wert-schöpfungsrechnung i dati di base sono infatti quelli del bilanciod’esercizio, nella fattispecie quelli del Conto economico. Tale orien-tamento, anche se è fortemente criticato da alcuni studiosi19, comportacomunque dei vantaggi importanti, quali la ricostruibilità dei dati daparte di terzi estranei all’impresa e la comparabilità – nel tempo enello spazio – della Wertschöpfungsrechnung. I sostenitori dei postu-lati dell’obiettività e della competenza sono ben consapevoli dei limitidel bilancio d’esercizio e dei conseguenti limiti del calcolo del valoreaggiunto da questo derivato; non possono essere dimenticati tuttavia ivantaggi dovuti ad una redazione uniforme che si basa sui principi ge-neralmente accettati e seguiti dalla prassi aziendale20.

1.2 La componente positiva del calcolo del valore aggiuntoLa componente positiva dei calcolo dei valore aggiunto è rappre-

sentata dal valore della produzione lorda (Bruttoproduktionswert), seci si limita ad osservare la gestione caratteristica dell’impresa ed inparticolare di un’impresa industriale. Se invece si vuole calcolare ilvalore aggiunto dell’intera attività di un’impresa, cioè della gestionecaratteristica e della gestione accessoria, allora la componente positivaè rappresentata dalla somma del valore della produzione lorda(Bruttoproduktionswert) e dei ricavi della gestione accessoria21. Kroe-

19 Cfr. SCHEIBE LANGE, Wertschöpfung und Verteilung des Unternehmen-

seinkommen, in: “Zeitschrift für Betriebswirtschaft”, Heft 7, 1978; BEIER,SCHLOSSAREK, Wertschöpfungs- und Finanzierungsrechnung, in: Der Betrieb, Heft24, 1980.

20 REICHMANN, LANGE, op. cit., pag. 528; GOETZKE, Zur Kritik an der einzel-wirtschaftlichen Wertschöpfungsrechnung, in: “Zeitschrift der Betriebswirtschaft”,Heft 5, 1979.

21 Lehmann esclude i betriebsfremde Erträge dal calcolo del valore aggiunto.

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ber – Riel denomina la componente positiva dei calcolo del valoreaggiunto Bruttoertrag (ricavo lordo) e la definisce come valore di tuttii beni che sono stati oggetto dell’attività economica dell’impresa e chesono stati immessi sul mercato22. Secondo Kroeber – Riel il presuppo-sto fondamentale per il calcolo del valore aggiunto è l’uguaglianza traprezzo e valore. Tale uguaglianza si basa sulla valorizzazione dei beneda parte del mercato sotto forma del prezzo. Infatti solo dopol’attribuzione del prezzo da parte del mercato è possibile calcolare ilvalore aggiunto realizzato dall’impresa. Per questo motivol’interpretazione rigorosa del calcolo del valore aggiunto considerasolo il ricavo realizzato23 (realisierter Ertrag) in quanto è caratterizza-to dalla valutazione oggettiva da parte del mercato24.Di regola però ilprocesso economico di molte grandi aziende è caratterizzato da unaforte articolazione ed accumulazione in fasi intermedie, che dannocome risultato dei beni semilavorati non ancora finiti, ma che potreb-bero essere immessi sul mercato. In questo caso è sicuramente soste-nibile includere tali beni nel Bruttoertrag. Il problema che rimane è laloro valutazione. Kroeber Riel propone di valutare questi beni “giàmaturi” al presunto valore di realizzo desumibile dall’andamento deimercati. Egli è ben consapevole delle difficoltà connesse alla valuta-zione delle condizioni di mercato. Infatti tale valore di stima deve ba-sarsi su prezzi di vendita oggettivamente presumibili e non su sempli-ce apprezzamento soggettivo25. L’utilizzo del prezzo desumibile

22 KROEBER RIEL, Wertschöpfung, Werschöpfungsrechnung, Werschöpfungsden-

ken unter besonder Berücksichtigung des Handels, Berlin, 1963, pag. 64: “DerBruttoertrag beinhaltet das Wertgesamt aller Güter, die Objekt des betrieblichenLeistens waren und die der gesamtwirtschaftlichen Güterbereitstellung hinzugefügtwurden”.

23 Cfr. LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 80: “Außer mit dem Begriff der er-zeugten Wertschöpfung muß nähmlich für manche Zwecke auch mit dem Begriff derrealisierten Wertschöpfung gearbeitet werden, wie gesagt werden soll. DieseNotwendigkeit liegt stets dann vor, wenn in einer Rechnungsperiode Veränderungenan den Erzeugnisbeständen auftreten”.

24 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 64 e segg.25 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 65: “Keinesfalls sollte die

Wertschöpfungsrechnung eine Bewertung mit ‘kalkulatorischen Werten’ durchfüh-

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dall’andamento dei mercati in luogo del costo di acquisto oppure delcosto di produzione è un criterio potenzialmente valido per il calcolodel valore aggiunto, non è però altrettanto valido per il redditod’esercizio, perché in questo caso verrebbe rappresentato un utile nonancora realizzato ma solo “sperato”, contravvenendo al postulato dellaprudenza. Per distinguere tra la parte del Bruttoertrag che è formatadai prezzi di mercato realizzati e la parte del Bruttoertrag che è forma-ta dai presunti prezzi desumibili dall’andamento dei mercati, e perevitare un’interpretazione erronea dell’ammontare del valore aggiunto,Kroeber Riel propone di evidenziare nel calcolo del valore aggiunto laparte risultante da procedimenti di stima come valore aggiunto nonrealizzato (nichtrealisierte Wertschöpfung). Anche l’incremento diimmobilizzazioni eseguite in economia all’interno dell’impresa secon-do Kroeber Riel non si deve valutare al costo di produzione(fabbricazione), ma al valore di mercato, in quanto nell’ambito delcalcolo del valore aggiunto non si fa la distinzione tra consumatore fi-nale terzo e consumatore finale impresa26. Keller27 invece per calcolareil valore aggiunto parte dal rendiconto reddituale del bilanciod’esercizio. La Gesamtleistung (prestazione totale), che rappresenta lacomponente positiva della Wertschöpfungsrechnung, comprende so-stanzialmente i ricavi della vendita, le variazioni delle rimanenze deiprodotti finiti e semilavorati e l’incremento di immobilizzazioni inter-ne. Secondo Keller punto debole della grandezza Gesamtleistung è chenon vengono utilizzati criteri di valutazione uniformi. Infatti il ricavodi vendita è rappresentato dai prezzi di mercato, mentre le rimanenzedi prodotti finiti e semilavorati e incremento di immobilizzazioni in-terne vengono valutate al costo d’acquisto oppure al costo di produ-zione. Inoltre la Gesamtleistung non tiene conto della mancata riscos-sione di crediti, né della riscossione di crediti ritenuti inesigibili. Kel-ler inoltre ritiene possibile includere nella Gesamtleistung anche laposta “altri ricavi e proventi” (sonstige Erträge), come per esempio gliaffitti attivi, i ricavi dovuti a servizi accessori offerti dall’impresa,

ren, die ohne Verbindung zu den tatsächlichen oder voraussichtlichen Verkaufsprei-sen festgestellt werden”.

26 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pagg. 68-69.27 KELLER, Betriebliche Wertschöpfung, in: “Der Betrieb”, 1973, pagg. 289-291.

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ecc., perché ciò permetterebbe di prendere in considerazione anche lagestione accessoria. Quest’ultima considerazione è stata fortementecriticata da Hild28, sostenendo che il calcolo del valore aggiunto si de-ve limitare a rappresentare la gestione caratteristica (betriebstypischeLeistung), escludendo così a priori i ricavi e proventi dovuti alla ge-stione accessoria. Secondo Hild tali ricavi e proventi sono da conside-rare “posizioni neutrali” (neutrale Posten), come gli elementi estraneiall’impresa (betriebsfremd) oppure gli elementi estranei al periodo(periodenfremd).

1.3 La componente negativa del calcolo del valore aggiuntoPiù problematica ancora della definizione della componente positi-

va, sia essa rappresentata dal valore della produzione lorda per consi-derare la gestione caratteristica oppure dalla Gesamtleistung per con-siderare la gestione caratteristica ed accessoria, è la definizione dellacomponente negativa. La componente negativa è rappresentata dalleVorleistungen, cioè dalle prestazioni e dai beni apportati da terze eco-nomie. Tale termine viene sostanzialmente utilizzato come concettopiù generale29, con funzione di raccogliere e di raggruppare una serie difattispecie. Le materie prime ed ausiliarie sono da considerare sicura-mente facenti parte delle Vorleistungen, dato che esse vengono appor-tate da terze economie. Anche i macchinari generalmente provengonoda terze economie (se non vengono prodotti all’interno dell’impresa)quindi teoricamente anche essi sono da considerare delle Vorleistun-gen. Ma a differenza delle materie prime ed ausiliarie i macchinari in-vece di essere consumati vengono utilizzati. Essi sono beni destinatiall’utilizzo durevole (Gebrauchsgüter) e quindi si differenziano dallematerie prime ed ausiliarie in quanto queste sono invece beni destinatiad essere consumati nel breve periodo (Verbrauchsgüter).Per questomotivo è possibile considerare il contributo dei beni ad impiego plu-riennale direttamente come elemento del valore aggiunto(Wertschöpfung) anziché elemento delle Vorleistungen. Kroeber Riel

28 HILD, Betriebliche Wertschöpfung, in: “Der Betrieb”, 1973, pagg. 981-982.29 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 25: “sondern im allgemeinen nur als

Oberbegriff oder Sammelbegriff für eine Reihe von Einzeltatbeständen gebraucht”.

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preferisce usare il termine Fremdleistung anziché il termine Vorlei-stung per descrivere la componente negativa, dato che esprime megliola caratteristica degli elementi da considerare: di essere apportati daterze economie30. Le Fremdleistungen derivano dall’impiego e dalconsumo di beni e servizi apportati da terze economie. Esse sono cor-relate direttamente con i ricavi che formano il valore della produzionelorda (Gesamtleistung), e quindi si devono escludere tutti i costi chesono “neutrali”. Vengono definiti “neutrali” gli elementi di costo, i cuirispettivi elementi di ricavo non sono stati considerati in sede di de-terminazione del valore della produzione lorda. Le Vorleistungen rap-presentano una parte degli elementi di costo che sono stati sostenutiper la realizzazione della produzione, ed in particolare la parte che èstata apportata da terze economie31. Secondo Kroeber Riel esse sonocomposte dalle quote di ammortamento, dal consumo di benidell’attivo circolante e dal consumo di servizi prestati da terze eco-nomie. Le Vorleistungen invece non comprendono salari e stipendi,interessi passivi per capitale di terzi ed imposte. Nell’ambito del calco-lo del valore aggiunto questi elementi vengono considerati dei ricavianziché dei costi. Infatti essi rappresentano assieme al risultato eco-nomico dell’esercizio il valore aggiunto creato dall’impresa32. Le quotedi ammortamento vengono considerate da Kroeber Riel facenti partedelle Fremdleistungen, dato che rappresentano le quote consumate dibeni ad impiego pluriennale, beni che sono stati apportati da terzeeconomie33. Secondo Kroeber Riel le quote di ammortamento compre-se nei costi d’esercizio sono spesso oggetto di modifica dato che sonoquote stabilite in base alla politica aziendale, tenendo conto anche

30 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 70: “finden wir auch den Ausdruck

‘Fremdleistungen’; durch den zweiten Ausdruck wird das Wesen der Vorleistungenbesonders plastisch hervorgehoben”.

31 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 71: “Die Vorleistungen sind ein Teildieses Umsatzaufwandes, und zwar der teil, der sich aus dem Verbrauch von Frem-dleistungen herleitet …”.

32 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pagg. 71-73.33 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 76: “Die von den Dritten be-

schafften (gekauften oder gepachteten) und im Leistungsprozeß eingesetzten abnutz-baren Anlagegüter sind Fremdleistungen, die durch das betribliche Leisten im Laufeder Zeit ‘verbraucht’ werden”.

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della normativa fiscale. In sede di Wertschöpfung esse devono esserecorrette in modo tale da rappresentare l’effettivo utilizzo dei beni adimpiego pluriennale. Un altro elemento, che viene considerato in par-ticolare modo, è l’affitto di beni di capitale. Kroeber Riel propone disuddividere l’affitto in due parti: una prima parte che rappresenta laremunerazione per l’utilizzo del bene ed una seconda parte che rappre-senta l’insieme degli elementi di costo relativi a tale bene34. L’insiemedegli elementi di costo è costituito dalle quote di ammortamento perl’utilizzo dei bene, i costi di manutenzione e di riparazione, le imposteecc. Secondo Kroeber Riel la quota costituita dalla remunerazione perl’utilizzo è un elemento del valore aggiunto, mentre la quota costituitadall’insieme degli elementi di costo si deve considerare elemento delleFremdleistungen. Anche secondo Keller35 l’elemento fondamentaledelle Vorleistungen è costituito dalle materie prime ed ausiliarie. Egliinclude inoltre nelle Vorleistungen anche gli oneri diversi (sonstigeAufwände) che comprende i costi sostenuti per le riparazioni, perl’amministrazione, per la vendita, per la pubblicità, ecc. Per quanto ri-guarda le quote di ammortamento, come già Kroeber Riel, anche Kel-ler sostiene che le quote debbano rispecchiare l’effettivo utilizzo deibeni ad impiego pluriennale. Di conseguenza richiede che le quote diammortamento contenute nel rendiconto d’esercizio debbano esseremodificate.La componente negativa della Wertschöpfung, secondo ladefinizione di Keller, comprende pertanto i costi per le materie primeed ausiliarie, le quote di ammortamento e gli oneri diversi di gestionee considera sia la gestione caratteristica che la gestione accessoria.L’approccio di Keller viene criticato da Hild36, dato che questi ritieneche non tutti i costi compresi negli oneri diversi di gestione (sonstigeAufwände) possano essere considerati elementi delle Vorleistungen.

34 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 78, cfr. anche LEHMANN, op. cit.,

Essen, 1954, pag. 34.35 KELLER, op. cit., pagg. 289-291.36 HILD, op. cit., pagg. 981-982.

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1.4 Il valore aggiunto come risultato della differenza tra lacomponente positiva e quella negativa

Finora sono state considerate le due componenti del calcolo delvalore aggiunto, quella positiva, che è costituita dal valore della pro-duzione lorda (Gesamtleistung), e quella negativa, che è costituitadalle Vorleistungen oppure dalle Fremdleistungen, mettendo in evi-denza le difficoltà che si riscontrano nel tentativo di definirle. Terza edultima grandezza da studiare è il valore aggiunto stesso, che deriva daun complesso procedimento di calcolo e che dipende principalmentedalle scelte effettuate nel definirne le componenti positive e negative.In linea generale, la finalità perseguita dall’impresa è il conseguimentodi un risultato positivo d’esercizio, misurato dall’utile d’esercizio. Seperò si tiene conto che l’impresa non è formata solo dal soggetto eco-nomico, ma anche da altri soggetti interessati, allora è necessario an-dare oltre il concetto di utile d’esercizio. Si è detto che il risultato diun’impresa può essere meglio misurato dal valore aggiunto, dato cherappresenta la sommatoria dei redditi che vengono ripartiti tra tutticoloro che hanno partecipato all’attività dell’impresa.

In particolare, da quando Nicklisch ha introdotto il concetto di Be-triebsertrag, che è una grandezza simile alla Wertschöpfung, la dottri-na aziendale tedesca ha accettato la nozione del valore aggiunto comestrumento e grandezza efficace per misurare il “successo” diun’impresa. Il valore aggiunto comprende: Arbeitsertrag (reddito di-stribuito alla forza lavoro); Kapitalertrag (remunerazione dei capita-le); Gemeinertrag (reddito distribuito alla “mano pubblica”). È inte-ressante osservare che questi tre elementi vengono denominati Erträge(ricavi) anche se si tratta principalmente di elementi di costo perl’impresa (Aufwände). Questo fatto è dovuto alla filosofia che sta allabase del concetto di valore aggiunto e che – come si è visto – nelladottrina tedesca viene denominata Wertschöpfungsdenken. Alla basedi tale atteggiamento vi è la considerazione che l’impresa opera comeunità e il reddito prodotto diviene la remunerazione comune per tuttele classi di interesse partecipanti al processo produttivo.

Gli Arbeitserträge sono costituiti dai salari e stipendi, provvigioni,dalle partecipazioni agli utili da parte dei personale, dai premi, ecc. Ècompreso in questa classe anche il cosiddetto Untemehmerlohn, che

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rappresenta la remunerazione per le attività non remunerate dei pro-prietari e dei loro famigliari. Solo l’inclusione dell’Unternehmerlohnnelle componenti dell’Arbeitserträge permette una rappresentazionecompleta della forza lavoro partecipante alla formazione del reddito37.In generale anche i contributi sociali sono compresi negli Arbeitser-träge. Va rilevata una posizione dottrinaria38 che contesta l’inclusionedei contributi per i fondi pensione (Pensionsrückstellungen) negli Ar-beitserträge. Tali contributi sarebbero da comprendere nella quota di-stribuita all’impresa stessa anziché in quella distribuita al personale,dato che tali accantonamenti provocano un processo di autofinanzia-mento per l’impresa (limitato nel tempo). Comunque questa afferma-zione è valida fintanto che si calcola un valore aggiunto di tipo“finanziario”; perde invece validità se si calcola il valore aggiunto inbase ai costi e ricavi di competenza del periodo39.

I Gemeinerträge comprendono tutte le imposte e contributi ricono-sciute alla “mano pubblica”. Le imposte dirette ed indirette possonoessere trattate allo stesso modo, dato che la differenziazione in impo-ste dirette ed indirette (in generale per imposte dirette si intendonoimposte deducibili, e per imposte indirette quelle non deducibili)nell’ambito del calcolo del valore aggiunto aziendale non è giustifica-to, dato che la deducibilità di un’imposta non dipende tanto dal generedi imposta ma dalla situazione in cui un’impresa si trova40. In tale clas-se sono da considerare i contributi ottenuti dalla “mano pubblica”.Questi possono essere inseriti nel calcolo del valore aggiunto in due

37 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 82: “Erst die Einbeziehung des

Unternehmenlohnes in die Arbeitserträge macht es erreichbar, eine Vorstellung vomAnteil (genauer formuliert: vom formalen Anteil) der leistungen aller Arbeitendenan der Leistung des Betriebes zu bekommen”.

38 Cfr. SCHEIBE LANGE, op. cit., Heft 7; BEIER, SCHLOSSAREK, op. cit., Heft 33.39 WYSOCKI, Sozialbilanzen, Stuttgart/New York, 1981, pag. 109: “Dieser

Einwand ist berechtigt, wenn man, wie Beier und Scheibe-Lange eine finanz- undzahlungsorientierte Wertschöpfungsrechnung aufstellen möchte; sie ist nicht bere-chtigt, wenn die Wertschöpfungsrechnung auf der Grundlage der periodenbezoge-genen Aufwendungen augestellt werden soll”.

40 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 11.

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modi: o si aggiungono alla componente positiva della Gesamtleistungoppure si detraggono dalla somma delle Gemeinerträge41.

Ultimo elemento del valore aggiunto è costituito dai Kapitaler-träge. Essi vengono definiti da Kroeber Riel grandezza residua che siottiene come risultato della differenza tra il valore aggiunto, gli Ar-beitserträge ed i Gemeinerträge. L’unico elemento noto dei Kapitaler-träge sono gli interessi passivi come remunerazione del capitale diterzi. La parte rimanente dei Kapitaterträge – denominata da KroeberRiel profitto (Gewinn)42 – può essere distinta in rendita del capitaleproprio (Eigenkapitalertrag) e profitto residuo (Gewinnrest). Il profit-to residuo viene denominato anche Untemehrnergewinn im engerenSinn (profitto dell’imprenditore in senso stretto) e rappresenta il pre-mio per il rischio di sopportato dall’imprenditore (Risikoprämie). Diregola la rendita del capitale proprio non viene stabilita attraverso lanegoziazione di un tasso di interesse, in quanto la remunerazione delcapitale proprio avviene in base agli utili conseguiti. Si potrebbe ipo-teticamente fissare anche un tasso di interesse per la remunerazionedel capitale proprio, al fine di evidenziare la ripartizione dell’utile inrendita dei capitale proprio ed utile residuo.

L’utile residuo, premio per il rischio d’impresa, spesso viene inter-pretato nel senso “schumpeteriano” di rendita che premial’imprenditore innovatore, in grado di introdurre un’innovazione chegli fornisce per un determinato tempo una posizione privilegiata dimercato43. In conclusione emerge una volta di più che le tre compo-nenti della Wertschöpfung, Arbeitsertrag, Gemeinertrag e Kapitaler-trag sono interdipendenti. Ne segue che se il valore aggiunto rimanedella stessa dimensione, l’aumento di una sua componente comporta ildiminuire di una oppure di entrambe le altre componenti. Varia quindila proporzione della distribuzione dei valore aggiunto e non il valoreaggiunto stesso.

41 POHMER, op. cit., 1958, Heft 3.42 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 86.43 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 87: “er wird auch als besonders

Leistungsentgelt für den Unternehmer – etwa im Sinne Schumpeters – interpretiert”.

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2. L’origine dei dati

Si presentano di seguito i metodi di calcolo del valore aggiunto se-condo la kalkulatorische Rechunung e la pagatorische Rechnung.L’impresa considerata svolge un’attività di tipo preminentemente in-dustriale.

2.1 Il calcolo del valore aggiunto in base alla contabilità indu-striale

Nella determinazione del valore aggiunto secondo il procedimentodella sottrazione44, si parte dal valore della produzione lorda(Bruttoproduktionswert), che corrisponde alla somma del fatturato divendita, delle variazioni delle rimanenze e degli incrementi delle im-mobilizzazioni eseguite in economia. Da questo valore della produ-zione lorda vengono innanzitutto detratti i costi delle materie prime edausiliarie. Si ottiene così il “valore aggiunto I”, denominato “valoreaggiunto sulle materie prime ed ausiliarie” (Wertschöpfung über denMaterialwert hinaus). Se si detraggono i costi dei servizi prestati daterze economie, si quantifica il “valore aggiunto II”, denominato“valore aggiunto sulle materie prime ed ausiliarie e sui servizi”(Wertschöpfung über den Materialwert und Dienstleistungswert hi-naus). Dopo aver detratto gli ammortamenti e si ottiene il “valore ag-giunto III” che rappresenta il “valore aggiunto sulle materie prime edausiliarie, sui servizi e sugli ammortamenti” (Wertschöpfung über denMaterialwert, Dienstleistungswert und den Maschinennutzungswerthinaus). Il “valore aggiunto III” coincide con la nozione di valore ag-giunto proposta da Lehmann.

Il procedimento dell’addizione mette in evidenza la distribuzionedel valore aggiunto nel modo seguente:

imposte e contributi dovuti alla “mano pubblica” (Gemeinertrag); salari, stipendi e contributi sociali dovuti al personale

(Arbeitsertrag); interessi passivi per il capitale di terzi (Kapitalertrag); risultato d’esercizio (Betriebsergebnis).

44 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 27 e segg.

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Il metodo della contabilità industriale (kalkulatorische Rechnung) èin grado di evidenziare il valore aggiunto della gestione caratteristicaed in particolare – nel nostro caso – il valore aggiunto creatodall’attività industriale. Non risulta quindi possibile, con tale metodo,tenere conto anche della gestione accessoria, dato che si escludonotutti gli elementi che sono estranei alla gestione caratteristica(betriebsfremd)45.

La figura che segue presenta un’esemplificazione del calcolo delvalore aggiunto secondo la kalkulatorische Rechnung, evidenziandosia la fase della creazione dei valore aggiunto (Entstehungsrechnung)che quella sua distribuzione (Verteilungsrechnung)46.

FIGURA 2.1: SCHEMA DI CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO

SECONDO IL METODO DELLA CONTABILITÀ ANALITICA

Fatturato delle vendite 20.000+ variazione delle rimanenze 400+ incremento delle immobilizza-

zioni eseguite in economia100

Valore della produzione lorda 20.500– materie prime ed ausiliarie 10.000Valore aggiunto I 10.500– servizi prestati da economie terze 500Valore aggiunto II 10.000– ammortamenti 1.000Valore aggiunto III 9.000Gemeinertrag 1.900Arbeitsertrag 6.500Kapitalertrag 100Risultato dell’esercizio 500 Valore aggiunto III 9.000

Il fatturato di vendita della nostra impresa ammonta a 20.000 DM,

a cui si aggiungono 400 DM di variazione delle rimanenze e 100 DM

45 Cfr. LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pagg. 17-22. 46 L’esempio è tratto da WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 28.

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di incrementi delle immobilizzazioni eseguite in economia. Si ottieneil valore della produzione lorda che è pari a 20.500 DM. Dal valoredella produzione lorda si detraggono i costi per le materie prime edausiliarie (10.000 DM) e si configura il “valore aggiunto I” che è paria 10.500 DM. Successivamente si detraggono i costi dei servizi pre-stati da terze economie che ammontano a 500 DM e si ottiene il“valore aggiunto II” (10.000 DM). Dopo aver detratto gli ammorta-menti (1.000 DM) si arriva al “valore aggiunto III” che ammonta a 9.000 DM. Questo è il valore aggiunto che successivamente viene di-stribuito tra la “mano pubblica”, il personale, i finanziatori el’impresa. Alla “mano pubblica”, come si è visto, viene distribuito ilGemeinertrag, alla forza lavoro l’Arbeitsertrag, ai finanziatori il Kapi-talertrag. L’ammontare residuo rimane all’impresa.

2.2 Il calcolo del valore aggiunto in base alla contabilità gene-rale

Mentre il calcolo dei valore aggiunto secondo il metodo della con-tabilità industriale limita il valore aggiunto alla gestione caratteristica,quello della contabilità generale (pagatorische Aufwands- und Ertrag-srechnung) permette di calcolare il valore aggiunto dell’intera gestio-ne, ossia della gestione caratteristica e della gestione accessoria. Ap-plicando tale metodo è possibile evidenziare distintamente il valoreaggiunto generato dalla gestione caratteristica e dalla gestione acces-soria, anche se tale distinzione non è immediata e richiede una certacomplessità nei calcoli. La rappresentazione distinta comporta una ri-gorosa separazione di tutti gli elementi sia di costo che di ricavo tra glielementi dell’attività industriale e gli elementi dell’attività commercia-le. Ancora una volta l’impresa considerata è un’impresa industriale, lacui attività non si limita alla sola produzione di beni e servizi, ma siestende alla commercializzazione degli stessi.

Per determinare il valore aggiunto della gestione complessiva se-condo il procedimento della sottrazione (cfr. figura 2.2) si deve inprimo luogo determinare la componente positiva (Gesamtleistung) delcalcolo del valore aggiunto. La componente positiva (Gesamtleistung)

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è costituita principalmente dal fatturato di vendita (Umsatzerlöse),dalle variazioni delle rimanenze (Bestandsveränderungen) e dagli in-crementi delle immobilizzazioni eseguite in economia (aktivierte Ei-genleistungen). A ciò vanno aggiunti i proventi da partecipazioni(Gewinnbeteiligungen), gli interessi attivi (aktive Zinsen) e gli altriproventi finanziari (sonstige Zinsen und Erträge), le rivalutazioni dipartecipazioni e di titoli (Wertberichtigung), le plusvalenze da aliena-zione di immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie (Erträgeaus Abgang von Gegenständen), le sopravvenienze attive e gli altri ri-cavi e proventi (sonstige Erträge).

FIGURA 2.2: SCHEMA DI CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO

SECONDO IL METODO DELLA CONTABILITÀ GENERALE

Fatturato di vendita+ variazione delle rimanenze+ incremento delle immobilizzazioni eseguite in economiaGesamtleistung+ altri ricavi e proventiUnternehmensleistung– Vorleistrung:Materie prime ed ausiliarieAccantonamento svalutazione creditiAccantonamenti per rischi ed oneri futuriOneri diversi di gestioneValore aggiunto prima delle quote di ammortamentoAmmortamento immobilizzazioni materiali ed immaterialiSvalutazioni attività finanziarieMinusvalenze da alienazioneSopravvenienze passiveValore aggiunto dopo la detrazione delle quote di ammortamento

Per le plusvalenze e le sopravvenienze attive è utile fare

un’osservazione particolare. Di regola, dal calcolo del valore aggiuntovengono esclusi elementi estranei al periodo (periodenfremd) e quinditeoricamente dovrebbero esserne escluse sia le plusvalenze che le so-pravvenienze attive. Invece non si procede alla loro eliminazione, dato

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che in qualche modo provvedono a “correggere”47 le quote di ammor-tamento degli esercizi precedenti, rivelatesi – ex post – non congrue.Sono da includere inoltre nella componente positiva sia i proventi do-vuti allo storno di accantonamenti a fronte di svalutazioni forfetariedei crediti (Herabsetzung der Pauschalwertberichtigung) che i pro-venti dovuti allo storno (i.e. utilizzo) di fondi diversi, come per esem-pio i fondi (Auflösung der Pensionsrückstellungen) e il fondo per ga-ranzie e collaudi (Rückstellung für Garantieverpflichtungen)48.Lasomma delle varie componenti considerate fornisce l’ammontare dellaUnternehmensleistung, che rappresenta la componente positiva com-plessiva dei calcolo del valore aggiunto.

La componente negativa (Vorleistungen oppure Fremdleistungen)del comprende i costi delle materie prime ed ausiliarie (Roh-, Hifs-,Betriebsstoffe), le quote di ammortamento delle immobilizzazionimateriali ed immateriali (Abschreibungen), gli accantonamenti forfe-tari per la svalutazione dei crediti (Einstellung in die Pauschalwertbe-riehtigung zu Forderungen), gli accantonamenti a fondi diversi(Einstellungen in Sonderposten mit Rücklageanteil), le svalutazioni dipartecipazioni e di titoli (Wertberichtigungen), le minusvalenze daalienazione di immobilizzazioni materiali ed immateriali e finanziarie(Verluste aus Abgang von Gegenständen), le sopravvenienze passive(Wertminderung) e gli oneri diversi di gestione (sonstige Aufwände).Il valore aggiunto dell’impresa può essere calcolato in unica soluzionedalla differenza tra la componente positiva complessiva(Unternehmensleistung) e la componente negativa (Vorleistung), op-pure può essere calcolato gradualmente come indicato nella figura chesegue, differenziando le Vorleistungen in Vorleistungen außerAbschreibungen (esclusi gli ammortamenti) ed in Vorleistungen ausAbschreibungen (inclusi gli di ammortamenti), per rappresentare inmodo separato il valore aggiunto lordo (Bruttowertschöpfung) dal va-lore aggiunto netto (Nettowertschöpfung)49.

L’utilizzo del metodo illustrato (pagatorische Aufwands- und Er-tragsrechnung) permette di distinguere tra valore aggiunto creato dalla

47 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 30. 48 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 30. 49 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 33.

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gestione ordinaria, che comprende sia l’attività industriale che quellacommerciale, e valore aggiunto creato dalla gestione straordinaria efinanziaria, senza porre in essere calcoli aggiuntivi. Innanzitutto si cal-cola l’ammontare della Gesamtleistung che comprende il fatturato divendita (Umsatzerlöse), le variazioni delle rimanenze(Bestandsveränderungen) e gli incrementi delle immobilizzazioni ese-guite in economia (aktivierte Eigenleistungen). Detraendo dalla Ge-samtleistung i sostenuti per le materie prime ed ausiliarie ed i costisostenuti per beni e servizi apportati da economie terze si ottiene il“valore aggiunto A/I” che corrisponde al valore aggiunto lordo dellagestione ordinaria dell’impresa (Bruttowertschöpfung industriellerTätigkeit und Handelstätigkeit). Detraendo inoltre le quote di ammor-tamento delle immobilizzazioni materiali ed immateriali(Abschreibungen) si ottiene il “valore aggiunto A/II” che è uguale alvalore aggiunto netto della gestione ordinaria dell’impresa(Nettowertschöpfung aus industrieller Tätigkeit und Handelstätigkeit).Parallelamente si può procedere per gli elementi della gestione finan-ziaria e straordinaria, facendo la somma algebrica di tutte le compo-nenti positive: i proventi da partecipazioni (Gewinnbeteiligungen), gliinteressi attivi (aktive Zinsen) e gli altri proventi finanziari (sonstigeZinsen und Erträge), le rivalutazioni di partecipazioni e di titoli(Wertberichtigung), le plusvalenze da alienazione di immobilizzazionimateriali, immateriali e finanziarie (Erträge aus Abgang von Gegen-stände), e le sopravvenienze attive (Wertberichtigung) (il ripristino delvalore di immobilizzazioni), i proventi dovuti allo storno di accanto-namenti fatti per la svalutazione crediti (Herabsetzung der Pauschal-wertberichtigung) ed proventi dovuti allo storno di fondi diversi, comeper esempio il fondo delle indennità pensionistiche (Auflösung derPensionsrückstellungen) e il fondo per garanzie e collaudi (Rück-stellungen für Garantieverpflichtungen) ed infine gli altri ricavi e pro-venti (sonstige Erträge) e di tutte le componenti negative (gli accanto-namenti fatti per la svalutazione dei crediti (Einstellung in die Pau-schalwertberichtigung zu Forderungen), gli accantonamenti ai fondiin diversi (Einstellungen in Sonderposten mit Rücklageanteil), le

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FIGURA 2.3: SCHEMA DI CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO IN BASE ALLA

DISTINZIONE TRA GESTIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA SEGUENDO IL METODO

DELLA CONTABILITÀ GENERALE

Fatturato delle vendite Proventi da partecipazioni+ variazione delle rimanenze + interessi attivi+ incrementi delle immobilizzazioni

interne+ altri proventi finanziari

Gesamtleistung + plusvalenze da alienazione e soprav-venienze attive

– materie prime ed ausiliarie + proventi da storno di accantonamenti– beni e servizi di terze economie + altri ricavi e proventiValore aggiunto A/I (valore aggiunto

lordo della gestione ordinaria)– svalutazioni di partecipazioni e titoli

– ammortamenti – accantonamenti a fondi rischi edoneri

– minusvalenze da alienazione e so-pravvenienze passive

– oneri diversi di gestioneValore aggiunto A/II (valore aggiuntonetto della gestione ordinaria)

Valore aggiunto B (valore aggiuntodella gestione straordinaria e finan-ziaria)

Salari, stipendi e contributi socialiValore aggiunto complessivo(A/II + B)

+ interessi passivi ed oneri finanziarisimili

+ imposte+ risultato di esercizio

svalutazioni di partecipazioni e di titoli (Wertberichtigungen), le mi-nusvalenze da alienazione di immobilizzazioni materiali, immateriali efinanziarie (Verluste aus Abgang von Gegenständen), e le sopravve-nienze passive (Wertminderung) ed oneri diversi di gestione (sonstigeAufwände). Il risultato della somma algebrica delle componenti positi-ve e negative della gestione “non ordinaria” (aus nichtindustriellerTätigkeit und Nichthandelstätigkeit) è uguale al “valore aggiunto B”che viene denominato anche valore aggiunto della gestione non ordi-naria (Wertschöpfung aus nichtindustrieller Tätigkeit und Nichthan-delstätigkeit). Se si somma il “valore aggiunto A/II” ed il “valore ag-

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giunto B” si ottiene la grandezza del valore aggiunto complessivo(Gesamtwertschöpfung) che è composto dai costi del personale e dairelativi contributi sociali, dagli oneri finanziari, dalle imposte sulreddito e dal risultato economico di esercizio.

La figura 2-3 sintetizza lo schema di calcolo del valore aggiunto inbase alla distinzione gestione ordinaria/gestione straordinaria50.

2.3 Valore aggiunto lordo e valore aggiunto nettoLa questione trattata in questo paragrafo rileva soprattutto al fine

del calcolo del valore aggiunto da indicare nel rendiconto “sociale”dell’impresa51. Sia la dottrina aziendale che la prassi aziendale conside-rano la Wertschöpfungsrechnung uno degli strumenti più importantinell’ambito della redazione e interpretazione del bilancio sociale(gesellschaftsbezogener Berichterstattung)52. Molto discusse sono tut-tavia le modalità di calcolo del valore aggiunto, ed in particolare se ilcalcolo del valore aggiunto debba rappresentare il valore aggiunto lor-do (Bruttowertschöpfung) oppure il valore aggiunto netto(Nettowertschöpfung). Questa questione controversa può essere risoltaprendendo spunto dagli scopi perseguiti dal calcolo del valore aggiun-to in quanto strumento di informazione integrante il bilanciod’esercizio. Nell’ambito della gesellschaftsbezogenen Berichterstat-tung il calcolo del valore aggiunto assume la funzione di evidenziarela distribuzione del reddito realizzato fra i diversi stakeholders chepartecipano alla “coalizione-impresa”. Oltre ad evidenziare la distri-buzione del reddito realizzato, il calcolo del valore aggiunto permetteanche di dare delle indicazioni “di massima” sull’evoluzione della di-namica della futura distribuzione. Ne segue che anche il calcolo dellacreazione del valore aggiunto mediante il procedimento della sottra-zione (Entstehungsrechnung) deve tenere conto dell’aspetto distributi-vo, dato che il calcolo della creazione del valore aggiunto rappresenta

50 WEBER, op.cit., Stuttgart 1980, pag. 36. 51 Cfr. Capitolo IV. 52 REICHMANN, LANGE, op. cit., 1981, pag. 949.

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i rapporti economici e finanziari dell’impresa con l’ambiente, ed inparticolare con i clienti e con i fornitori53.

Se si considera il calcolo del valore aggiunto uno strumento di in-formazione integrante il bilancio d’esercizio, che dà informazioni sullacreazione e sulla distribuzione del reddito realizzato dell’impresa sirende necessario basare il calcolo del valore aggiunto sull’utile di bi-lancio54. Inoltre l’obiettivo fondamentale del bilancio d’esercizio è larappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale,reddituale e finanziaria dell’impresa, che costituisce un obiettivo vali-do anche per il calcolo del valore aggiunto, dato che è – come si è piùvolte ricordato – uno strumento di informazione integrante il bilanciod’esercizio. Ciò significa che nell’ambito della Wertschöpfungsre-chnung devono essere rispettati i principi dell’obiettività (Grundsatzder Objektivierung) e della competenza (Grundsatz der Periodisie-rung).

Contrariamente alla prassi generale, alcuni studiosi sostengono chele quote di ammortamento delle immobilizzazioni materiali ed imma-teriali non sono da includere nelle Vorleistungen in quanto parte stessadel valore aggiunto e, in particolare, del Kapitalertrag55. Secondo taleinterpretazione il procedimento di calcolo sarebbe corretto giacché lequote di ammortamento sono influenzate dalla politica aziendale e daesigenze di carattere fiscale. Si rendere quindi necessario calcolare ilvalore aggiunto lordo (Bruttowertschöpfungsrechnung), anziché calco-lare il valore aggiunto netto. Le immobilizzazioni materiali ed imma-teriali vengono generalmente apportate da terze economie, salvo il ca-so delle costruzioni in economia, e quindi, come si è visto, costitui-scono elementi delle Vorleistungen e non della Wertschöpfung.Un’ulteriore questione che potrebbe essere discussa è quella relativaall’imputazione del costo dell’immobilizzazione, ossia se imputarlo inun’unica soluzione nell’esercizio, in cui si è verificata la manifesta-zione numeraria, oppure se imputarlo periodicamente agli esercizi per

53 REICHMANN, LANGE, op. cit., 1981, pag. 949. 54 REICHMANN, LANGE, op. cit., 1981, pag. 949: “so folgt daraus zwangsläufig,

daß sie der Einkommens- und der Gewinnkonzeption des handelrechtliche Jahre-sabschlusses folgen muß”.

55 SCHEIBE LANGE, op. cit., 1981, pag. 951.

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tutta la durata economica attraverso il calcolo delle quote di ammor-tamento. Le immobilizzazioni sono di natura durevole quindi destinatea servire per più processi produttivi. Ne segue che secondo il principiodella competenza le quote di ammortamento rappresentano il costo daimputare al risultato dei singoli esercizi nei quali i beni daranno lapropria utilità. A sfavore del calcolo del valore aggiunto lordo potreb-be giocare la circostanza che non viene messa in dubbio l’inclusionedei canoni di leasing ed i canoni di affitto per immobilizzazioni mate-riali ed immateriali nelle Vorleistungen. Pertanto, o si escludono sia lequote di ammortamento sia i canoni di leasing e di affitto, oppure nonsi escludono né le prime né le seconde perché altrimenti la compara-bilità tra due imprese, in cui la prima, ad esempio, ha acquistatol’immobile mentre la seconda lo utilizza in regime di locazione, vienemeno. Anche la giustificazione che le quote di ammortamento sonocalcolate in base a considerazioni di politica aziendale e di politica fi-scale, non è valida al fine di escludere il calcolo del valore aggiuntonetto. Infatti anche se la discrezionalità dei redattori del bilanciod’esercizio fosse più limitata a causa di norme e principi di valutazio-ne maggiormente rigorosi, ci sarebbero sempre degli errori di valuta-zione, perché è impossibile conoscere a priori l’effettiva durata eco-nomica dei beni ad impiego pluriennale. Inoltre il valore massimo daassumere come base per il calcolo delle quote di ammortamento è rap-presentato dal costo di acquisto oppure dal costo di produzione. Seall’inizio le quote di ammortamento sono state troppo elevate, essedevono essere corrette nei periodi successivi. Conseguentemente nonsi è in presenza di una riduzione del reddito da distribuire, ma di unospostamento temporale nella distribuzione del reddito. Quindi, datoche le quote di ammortamento si riferiscono ad immobilizzazioni ma-teriali ed immateriali, che generalmente sono state apportate da eco-nomie terze, esse devono essere considerate delle Vorleistungen. Inol-tre dato che per il principio di competenza l’imputazione dei costo diacquisto di un bene ad impiego pluriennale ad un unico esercizio nonpuò essere sostenuto, e dato che la maggiorazione delle quote di am-mortamento in base a politiche aziendali e fiscali non comporta unariduzione del reddito da distribuire, ma uno spostamento temporaledella sua distribuzione, ne segue che il calcolo del valore aggiunto lor-

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do come strumento di informazione integrante il bilancio d’esercizionell’ambito dei bilancio sociale (gesellschaftsbezogene Berichterstat-tung) non può essere sostenuto56.

3. Il calcolo del valore aggiunto in alcuni settori

Quasi tutte le definizioni del valore aggiunto finora analizzate si ri-feriscono ad un’impresa industriale. Infatti secondo la concezione tra-dizionale (Lehmann) l’impresa produttrice del valore aggiunto per ec-cellenza è l’impresa industriale. Fintantoché la nozione del valore ag-giunto (Wertschöpfung) viene definito come differenza tra il valoredella produzione lorda (Bruttoproduktionswert) ed il costo per i beni eservizi apportati da terze economie (Vorleistungen), allora la nozionedel valore aggiunto è valida per tutti i settori: settore industriale, setto-re commerciale, settore bancario. Se però si tenta di definire più anali-ticamente del valore della produzione lorda (Bruttoproduktionswert) edelle Vorleistungen dei vari settori, si scopre che ciascun settore eco-nomico, ed in particolare quello commerciale e bancario, richiedonouna nozione specifica di valore aggiunto non applicabile ad altri setto-ri57.

Così, ad esempio, il valore della produzione lorda nel settore com-merciale potrebbe essere costituito semplicemente dal fatturato, senzache sussista la necessità, come per un’impresa industriale, di modifi-carlo per tener conto delle variazioni delle rimanenze e le Vorleistun-gen potrebbero essere rappresentate dagli acquisti delle merci destina-te alla rivendita. Di conseguenza, il valore aggiunto sarebbe ugualeall’utile commerciale lordo (Handelsspanne) cosa che, tuttavia, non ècorretta come si vedrà nel prosieguo. Il settore commerciale richiedepertanto una nozione specifica di valore aggiunto (handelsspezifischeWertschöpfungsbegriff) che tenga conto delle caratteristichedell’attività commerciale.

Considerazioni analoghe possono essere svolte avuto riguardo alsettore bancario. La componente positiva del calcolo del valore ag-giunto di un’impresa bancaria potrebbe essere costituita dagli interessi

56 REICHMANN, LANGE, op. cit., 1981, pag. 949; GOETZKE, op. cit., Heft 5, 1979. 57 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 13-20.

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corrisposti dalla clientela, così come le Vorleistungen potrebbero esse-re uguali agli interessi riconosciuti sui fondi presi a prestito. Di conse-guenza, il valore aggiunto di un’impresa bancaria coinciderebbe con ilmargine di interesse (Zinsspanne).

3.1 Il valore aggiunto nel settore commercialeKrober Riel sottolinea che l’attività commerciale a parità di tutte le

altre attività economiche possiede la caratteristica di creare valore ag-giunto in quanto (sia il commercio all’ingrosso sia il commercio aldettaglio) assolve la funzione distributiva in un sistema economico.Anche se i risultati della gestione non si possono misurare in base adun trasformazione tecnico-economica dei beni, come succede – alcontrario – nell’ambito di un’impresa industriale, dato che i beni ac-quistati e venduti da un’impresa commerciale non subiscono alcun ti-po di trasformazione, né a livello quantitativo né a livello qualitativo.Ciò comporta che la considerazione della nozione del valore aggiuntoin termini fisici nell’ottica della Gütereinkommen-Seite è impossibilenell’ambito dell’attività commerciale58. Inoltre, anche il processo eco-nomico di un’impresa commerciale a parità di tutti gli altri processieconomici delle imprese è caratterizzato dalla partecipazione dei lavo-ratori, del capitale e dello Stato59.

In un sistema di economia di mercato, la componente del prezzopagato dal consumatore finale, che remunera la funzione distributivadel settore commerciale, viene denominata valore aggiunto economi-co-politico del commercio (volkswirtschaftliche Wertschöpfung desHandels)60. In particolare Kroeber Riel osserva che il valore aggiunto

58 Cfr. LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 10 e segg. 59 KROEBER RIEL, op.cit., Berlin, 1963, pag. 43: “Die Wertschöpfung als betrie-

bliche Leistungsgröße unterstreicht demgegenüber, daß der Betriebsprozeß desHandels genauso wie der Betriebsprozeß aller anderen wirtschaftlichen Betriebe einLeistungsprozeß ist, zu dem sich die Wirkungskräfte Arbeit, Kapital und Staat verei-nen (…) In der Literatur finden wir diese Wirkung als ‘wertschöpfenden Karakter’der Handelstätigkeit, als ‘Werterzeugung’ oder Wertbildung bezeichnet”.

60 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 44: “In marktwirtschaftlicheWirtschaftssystemen werden dem gegenüber gründsatzlich alle vom Endpreis eines

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dell’attività commerciale non coincide con l’utile commerciale lordo(Handelsspanne). Infatti l’utile commerciale lordo è uguale al risultatodella differenza tra il prezzo di vendita ed il prezzo di acquisto dellemerci, che un’impresa commerciale ha venduto in un esercizio61.L’utile commerciale lordo quindi comprende sia la remunerazionedella prestazione dell’impresa commerciale stessa (valore aggiunto)sia la remunerazione dei beni consumati e servizi utilizzati apportatida economie terze, escluse le merci (Fremdleistungen)62.

Da queste definizioni seguono una serie di rapporti tra l’utile com-merciale lordo ed il valore aggiunto, che sono rappresentate dalla figuraseguente elaborata sulla base delle osservazioni di Krober Riel. Se sitiene presente che l’utile lordo è uguale al valore delle vendite dellemerci al netto del costo degli acquisti delle merci, e che l’utile commer-ciale è uguale alla somma tra valore aggiunto e Fremdleistungen, allorasi può dedurre che il valore aggiunto è uguale all’utile commerciale lor-do diminuito delle Fremdleistungen oppure che è uguale al valore dellevendite delle merci diminuito del valore degli acquisti e delle Fremdlei-stungen. Il valore della vendita delle merci di conseguenza corrispondealla somma tra il valore aggiunto, il valore dell’acquisto delle merci e leFremdleistungen oppure corrisponde alla somma tra utile commercialelordo ed il valore degli acquisti di merci. Queste relazioni tra il valoreaggiunto e l’utile commerciale lordo (cfr. figura 3.1) dimostrano chenon è corretto né sostenere che l’utile commerciale lordo rappresenta laremunerazione della prestazione dell’impresa commerciale né equipara-re l’utile commerciale lordo al valore aggiunto63.

Gutes dem Handel zugeflossenen Preisteile als volkswirtschaftliche Wertschöpfungdes Handels anerkannt”.

61 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 46: “Die handelsspanne als Betri-ebsspanne ist die Differenz zwischen den Einkaufspreis und den Verkaufspreis derWaren, die ein Betrieb in einer Peiode umsetzt”.

62 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 46: “Die handelsspanne entstehtaus den Vergütungen für die Eigenleistungen (Wertschöpfung) des handelsbetriebesun aus den Vergütungen für die im Rahmen des betreiblichen Leistungsprozessesaußer den Waren sonst noch in Anspruch genommenen Fremdleistungen”.

63 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 47: “Es ist demzufolge mißver-ständlich, wenn die Handelsspanne als Entgelt für die Eigenleistung eines Handel-sbetriebes hingestellt und mit der betrieblichen Wertschöpfung gleichgesetzt wird”.

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FIGURA 3.1: I RAPPORTI TRA VALORE AGGIUNTO ED UTILE COMMERCIALE LORDO

Utile commerciale lordo Valore della vendita delle merci– valore dell’acquisto delle merci

Utile commerciale lordo Valore aggiunto+ Fremdleistungen

Valore aggiunto Utile commerciale lordo– Fremdleistungen

Valore aggiunto Valore della vendita delle merci– Valore dell’acquisto delle merci– Fremdleistungen

Valore della vendita delle merci Valore aggiunto+ Valore dell’acquisto delle merci+ Fremdleistungen

Valore della vendita delle merci Utile commerciale lordo+ Valore dell’acquisto delle merci

La mancanza di un’interpretazione univoca – secondo Kroeber Riel

– è dovuta sostanzialmente a due ordini di motivi.In primo luogo l’utile commerciale lordo è una grandezza simile al

valore aggiunto, dato che l’unica differenza è costituita dalla diversanozione accolta delle Fremdleistungen. La definizione della Frem-dleistungen dell’utile commerciale lordo è più ristretta di quella delvalore aggiunto, dato che comprende solo il valore dell’acquisto dellemerci, mentre la definizione delle Fremdleistungen del valore aggiun-to è più ampia di quella dell’utile commerciale, dato che comprendeoltre al valore dell’acquisto delle merci il valore di tutti gli altri beni eservizi apportati da economie terze.

In secondo luogo la confusione dei due concetti è dovuta alla man-cata distinzione tra il valore aggiunto “istituzionale” (institutionelleWertschöpfung) ed il valore aggiunto “funzionale” (funktionelleWertschöpfung)64. Il valore aggiunto “istituzionale” misura il valoreaggiunto creato di una singola istituzione “impresa” come, ad esem-pio, il valore aggiunto di un’impresa commerciale all’ingrosso oppure,il valore aggiunto di un’impresa commerciale al dettaglio. Il valoreaggiunto “funzionale”, al contrario, misura il valore aggiunto creato

64 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 48.

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dall’attività distributiva, ossia dall’insieme delle imprese operantinella distribuzione commerciale. Il rapporto tra il valore aggiunto“istituzionale” ed il valore aggiunto “funzionale” viene spiegato dalseguente esempio65 (rappresentato nella figura 3.2). Si ipotizzi che ilprezzo finale di un bene ammonti a 20, di cui 10 è rappresentato dalvalore aggiunto funzionale dell’industria (funktionale Erzeugung-swertschöpfung) e le rimanenti 10 il valore aggiunto funzionale delcommercio (funktionale Vertriebswertschöpfung). Il valore aggiunto“istituzionale” si distribuisce invece direttamente all’istituzionedell’impresa industriale, all’istituzione dell’impresa commercialeall’ingrosso ed all’istituzione dell’impresa commerciale al dettaglio esi distribuisce indirettamente alle economie terze delle Vorleistungendell’impresa industriale, dell’impresa commerciale all’ingrosso edell’impresa commerciale al dettaglio.

FIGURA 3.2: IL RAPPORTO TRA IL VALORE AGGIUNTO “FUNZIONALE”ED IL VALORE AGGIUNTO “ISTITUZIONALE”

Valore aggiunto“funzionale”

Prezzo del bene Valore aggiunto“istituzionale”

20Valore aggiunto dell’attività

industriale14 Valore aggiunto dell’impresa

industriale10 Vorleistungen dell’impresa

industrialeValore aggiunto dell’attività

commerciale9

7,5 Valore aggiunto dell’impresacommerciale all’ingrosso

6 Vorleistungen dell’impresacommerciale all’ingrosso

2 Valore aggiunto dell’impresacommerciale al dettaglio

0 Vorleistungen dell’impresa aldettaglio

65 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 50.

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Il valore aggiunto “istituzionale “ dell’impresa industriale, produt-trice del bene, si ottiene dal valore aggiunto “funzionale”dell’industriale (funktionale Wertschöpfung des Erzeugungsbereiches)e da una parte del valore aggiunto “funzionale” del commercio(funktionale Wertschöpfung des Handels). Il valore aggiunto“istituzionale” dell’impresa industriale è uguale a 6 ed è quindi infe-riore alla somma del valore aggiunto “funzionale” dell’impresa e dellaparte del valore aggiunto “funzionale” del commercio attribuitaall’impresa industriale, che è pari a 11. Ciò in quanto l’impresa indu-striale ha consumato le Vorleistungen di terze economie perl’ammontare di 5. Anche il valore aggiunto “istituzionale”dell’impresa commerciale all’ingrosso (1,5) ed il valore aggiunto“istituzionale” dell’impresa commerciale al dettaglio (4) si ottienediminuendo la parte del valore aggiunto funzionale che spetta rispetti-vamente all’impresa commerciale all’ingrosso ed all’impresa com-merciale al dettaglio, per il valore delle rispettive Vorleistungen di ter-ze economie (rispettivamente 1,5 per l’impresa all’ingrosso e 2 perl’impresa al dettaglio)66.

Sulla base delle considerazione svolte si può affermare che il calco-lo del valore aggiunto effettuato nell’ambito della prassi aziendalecommerciale misura il valore aggiunto “istituzionale” di un’impresacommerciale. Inoltre è stata evidenziata la differenza tra l’utile com-merciale lordo ed il valore aggiunto.

Uno schema semplice di calcolo del valore aggiunto di un’impresacommerciale secondo quanto fino ad ora evidenziato è rappresentatonella figura che segue67.

66 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pag. 51. 67 KROEBER RIEL, op. cit., Berlin, 1963, pagg. 90-91.

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FIGURA 3.3: SCHEMA DI CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO

DI UN’IMPRESA COMMERCIALE

Fatturato Bruttoertrag– sconti concessi– svalutazione dei crediti verso clientiValore d’acquisto delle merci al nettodegli sconti ottenuti

Vorleistungen

– rimanenti Vorleistungen:Spese per trasportiSpese per telefonoEtc.

– quote di ammortamentoValore aggiunto Arbeitsertrag: salari, stipendi e contri-

buti sociali, UnternehmerlohnGemeinerertrag: imposteKapitalertrag: interessi passivi, affitti,risultato d’esercizio

La componente positiva (Bruttoertrag) di un’impresa commerciale

è costituita sostanzialmente dal fatturato al netto degli sconti concessie delle svalutazioni per rischi su crediti. La componente negativa,Vorleistungen, è invece costituita dal valore degli acquisti al nettodegli sconti ottenuti, dai rimanenti beni e servizi apportati da terzeeconomie (trasporti, energia elettrica, etc.). Il valore aggiunto si ottie-ne quale differenza tra la componente positiva e la componente nega-tiva ed è costituito da tre componenti già note, ossia la remunerazionedel personale (Arbeitsertrg e Unternehmerlohn), il Gemeinerertrag(imposte e tasse) e interessi passivi, affitti68 e risultato di esercizio(Kapitalertrag).

68 L’affitto, secondo Kroeber Riel, op. cit., Berlin, 1963, pagg. 70-79, è da divi-

dere in due parti: una componente misura la remunerazione per l’utilizzo del benecapitale e concorre alla formazione del valore aggiunto, un’altra che misural’insieme dei costi da sostenere per il bene capitale (ammortamenti, spese di manu-tenzione, ecc.).

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3.2 Il valore aggiunto nel settore bancarioPohmer e Kroenlein hanno evidenziato che il concetto di valore

aggiunto è un concetto valido per ogni tipo di impresa69. Tuttavia, neltentativo di definire più accuratamente i contenuti della componentepositiva (Bruttoproduktionswert) e della componente negativa(Vorleistungen) ai fini del calcolo del valore aggiunto dei vari settorieconomici, ci si è via via resi conti che ciascun settore economico – edin particolare quello commerciale e bancario – richiede una nozionespecifica di valore aggiunto (spezifischen Wertschöpfungsbegriff), nonapplicabile agli altri settori70. Così, come nel precedente paragrafo si èfatto riferimento ad una nozione specifica di valore aggiuntonell’ambito di un’impresa commerciale (handelsspezifischerWertschöpfungbegriff) si cercherà di seguito di pervenire ad una no-zione di valore aggiunto maggiormente rappresentativa della tipicacombinazione bancario-creditizia (bankspezifischer Wertschöpfungbe-griff).

Anche nel settore bancario i procedimenti generali di determinazio-ne del valore aggiunto “per sottrazione” e per “addizione” evidenzianola propria utilità. Secondo il primo procedimento il valore aggiunto sidetermina effettuando la differenza tra i proventi tipici le Vorleistun-gen. In base al secondo procedimento il valore aggiunto si determinasommando tutti i redditi creati all’interno dell’impresa e procedendopoi all’evidenziazione alla ripartizione dello stesso.

Gli interessi attivi, che l’impresa consegue a fronte dell’eserciziodell’attività creditizia, ed i proventi dagli investimenti finanziari costi-tuiscono la quota più significativa dei ricavi della stessa. Tali interessie proventi sono tuttavia già inclusi nel valore aggiunto delle impreseche li hanno corrisposti; essi sono infatti componenti del Kapitaler-trag di tali imprese. Al fine di evitare una duplicazione essi sarebberodunque da escludere dal calcolo del valore aggiunto dell’impresa ban-

69 POHMER, KROENLEIN, op. cit., Stuttgart, 1970, § 1919: “die betriebliche

Wertschöpfung (zu Faktorkosten) ist im allgemeinen das angemessene Kriterium zurBeurteilung einer Unternehmung”; cfr. anche GÖCKELER, Die Wertschöpfung derKreditinstitut, Berlin, 1975, pag. 11 e segg.

70 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 13-20.

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caria71. Operando in tal modo, tuttavia, il valore della produzione lordadelle imprese bancarie si ridimensionerebbe a tal punto che nonavrebbe più alcuna utilità la misurazione del valore aggiunto. Per taleragione è necessario considerare interessi attivi e proventi da investi-menti finanziari non già componenti del Kapitalertrag bensì delleVorleistungen delle imprese che li hanno corrisposti. Per inciso, occor-re ricordare come un altro elemento caratteristico dell’attività crediti-zia sia costituito dalla prestazione di servizi “gratuiti” privi di unaspecifica remunerazione. Tali servizi troveranno copertura nei ricavitipici giacché non esiste alcuna correlazione diretta con specifici ele-menti di ricavo.

Alla luce di quanto sopra, Göckeler72 individua una “convenzione”particolare per il calcolare il valore aggiunto nell’ambito delle impresebancarie costituita dal considerare quale remunerazione dell’attivitàbancaria la differenza tra gli interessi attivi (sui finanziamenti erogati)e gli interessi passivi (sui depositi)73. Il risultato di tale differenza de-nominata Zinsdifferenz assieme agli altri proventi e ricavi costituisce ilfatturato (Umsatz) di un’impresa bancaria74. Il calcolo di tale differenzanon è tuttavia così agevole come ad una prima analisi potrebbe appari-re. Infatti, oltre agli interessi passivi, la banca richiede anche la corre-sponsione di una serie di provvigioni correlate spesso agli interessipassivi. Per quanto riguarda invece i proventi da partecipazione occor-re distinguere investimenti che potremmo chiamare “strategici” daquelli “speculativi”. Nel primo caso gli utili corrisposti alla banca so-no da escludere dal calcolo della Zinsdifferenz per evitare una dupli-cazione di valore, giacché gli stessi saranno computati nel valore ag-giunto delle imprese eroganti75. Tutte le altre componenti positive e

71 POHMER, KROENLEIN, op. cit., Stuttgart, 1970, § 1919. 72 GÖCKELER, op. cit., Berlin, 1975, pag. 12 e segg. 73 GÖCKELER, op. cit., Berlin, 1975, pag. 19: “Aufgrund dieser Tatbestände wur-

de für die Ermittlung der Wertschöpfung der Kreditinstitute die Konvention getrof-fen, daß die Differenz zwischen den Ertragszinsen (bzw. weiter: Vermögenserträge)und Aufwandszinsen als unterstelltes Dienstleistungsentgelt behandelt wird”.

74 GÖCKELER, op. cit., Berlin, 1975, pag. 20. 75 GÖCKELER, op. cit., Berlin, 1975, pag. 22: “Wir stellen die Erträge aus Beteili-

gungen nicht in die Zinsdifferezrechnung ein, sondern behandeln sie in voller Höheals verteiltes, in der ausschüttenden Unternehmung erwirtschaftetes Einkommen”.

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negative di reddito, non connesse agli interessi e ai proventi da parte-cipazione, possono essere considerati e trattati come illustrato nel pa-ragrafo dedicato alla misurazione del valore aggiunto nelle impreseindustriali. Uno schema semplificato del calcolo della creazione divalore aggiunto (Entstehungsrechnung) e della distribuzione del valo-re aggiunto (Verteilungsrechunung) viene proposto nella figura chesegue76.

FIGURA 3.4: SCHEMA DI CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO DI UN’IMPRESA BANCARIA

Interessi attivi Valore della produzione lorda+ utili da partecipazioni “speculative”– interessi passiviZinsdifferenz+ provvigioni e proventi similari+ proventi da attività non bancarie– beni e servizi apportati da terze eco-

nomie (Vorleistungen):Vorleistungen

Canoni di locazioneSpese telefonicheEtc.Valore aggiunto lordo– quote di ammortamentoValore aggiunto netto Arbeitsertrag: salari, stipendi, contributi

sociali e UnternehmerlohnGemeinertrag: imposteKapitalertrag: dividendi, risultatod’esercizio

4. Il significato informativo del valore aggiunto

Nei paragrafi che seguono si rappresentano alcune modalità di uti-lizzo del valore aggiunto in ambito aziendale, con particolare riferi-mento alla sua capacità segnaletica.

76 GÖCKELER, op. cit., Berlin, 1975, pagg. 101-102.

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4.1 Nella produzione dell’impresaAi fini della comparabilità nel tempo, la produzione di un’impresa

industriale può essere misurata sostanzialmente sulla base delle qualitàdi beni e servizi prodotti oppure in base al valore della produzionerealizzata77. In particolare, la produzione industriale può essere misura-ta in base alla quantità prodotta soltanto se si tratta di un’impresa in-dustriale monoprodotto. Anche in questo caso, tuttavia, la qualità co-me strumento di misurazione della produzione risulta essere poco ap-pagante sotto molteplici aspetti. Infatti la riduzione della quantità ri-spetto all’esercizio precedente potrebbe essere ricondotta a diversifattori: diminuzione della produzione in generale, miglioramentoqualitativo del prodotto, partecipazione a più stadi della produzione,combinazione dei suddetti fattori. Di conseguenza la quantità è unostrumento valido di misurazione della produzione di un’impresa mo-noprodotto soltanto nel caso in cui il livello qualitativo dei prodotto ela partecipazione ai diversi stadi della produzione del prodotto rimanecostante. Se cambia il livello qualitativo dei prodotto, l’unico strumen-to possibile per la misurazione della produzione che garantisce lacomparabilità nel tempo, è il valore della produzione. Infatti la quanti-tà prodotta deve essere moltiplicata o per il prezzo di vendita o per icosti di produzione, ottenendo così il valore della produzione lorda(Bruttoproduktionswert). Dal momento però che si utilizza il valorecome strumento di misurazione della produzione si riscontrano pro-blemi di misurazione (wertspezifische Meßprobleme)78. Per esempio,se si misura il valore il valore della produzione in base al prezzo divendita, un aumento del valore della produzione di un esercizio rispet-to all’esercizio precedente potrebbe essere ricondotto ad un sempliceaumento del prezzo finale, ad un aumento del prezzo finale dovuto amiglioramenti qualitativi del prodotto, oppure ad un aumento dellaquantità prodotta. Per tale ragione, si dovrebbero eliminare le varia-zioni dovute all’aumento del prezzo finale per ottenere il valore realedella produzione realizzata. Weber denomina tali problemi di misura-

77 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 40-43. 78 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 41: “Sobald man nun allerdings Werte

als Maßgröße verwendet, treten Probleme auf, die bei der Verwendung von Mengenals Maßgrößen unbekannt sind”.

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zione preisspezifische Meßprobleme, ossia problemi di misurazionerelativi al prezzo79. Invece, se per esempio, il valore dela produzioneviene misurato in base ai costi di produzione, l’aumento del valoredella produzione potrebbe dipendere da un semplice aumento dei costidei fattori produttivi, da un aumento dei costi dei fattori produttivi do-vuto ad un miglioramento qualitativo dei fattori stessi, dalla diminu-zione dell’efficienza produttiva, oppure da un aumento della quantitàprodotta. Per questa ragione si dovrebbero eliminare le variazioni do-vute al semplice aumento dei prezzi dei fattori produttivi sia quelledovute alla variazione dell’efficienza produttiva. Weber denomina taliproblemi di misurazione kostenspezifische Meßprobleme80.

Nel caso in cui, invece, cambiasse la quota di partecipazione diun’impresa monoprodotto ai diversi stadi della produzione, non è piùsufficiente calcolare il valore della produzione lorda. Infatti, una va-riazione della quota di partecipazione agli stadi della produzione nonnecessariamente comporta una variazione del prezzo finale oppure unavariazione dei costi di produzione. La variazione della quota di parte-cipazione dà invece luogo ad un cambiamento della struttura dei costi.In tal modo, un aumento della quota di partecipazione agli stadi dellaproduzione comporterebbe una riduzione dei costi sostenuti per i benied i servizi apportati da economie terze e contestualmente un aumentodei costi da sostenere per la produzione in economia81. Per misurare laproduzione di un’impresa è necessario pertanto calcolare il valoredella produzione netta. Ciò significa che si devono detrarre i costi so-stenuti per i beni ed i servizi apportati da economie terze(Vorleistungen) dal valore della produzione lorda, ottenendo così ilvalore della produzione netta (Nettoproduktionswert) che rappresentauno strumento appropriato di misurazione della produzione in caso divariazione della quota di partecipazione ai diversi stadi della produ-zione da parte di un’impresa monoprodotto. Se le Vorleistungen sonocostituite dai costi sostenuti per le materie prime ed ausiliarie, il valoredella produzione netta sarebbe uguale al valore aggiunto lordo propo-

79 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 41. 80 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 42. 81 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 42.

111

sto (Bruttowertschöpfung) da Pohmer82. Il valore della produzionenetta può essere calcolato soltanto mediante il calcolo del valore ag-giunto e basandosi in particolare sulle risultanze della contabilità in-dustriale.

Infine, se si vuole misurare la produzione di un’impresa pluripro-dotto, l’unica soluzione possibile è quella di misurarla in base al valo-re della produzione. In conseguenza delle considerazioni finora svoltesi deve utilizzare il valore della produzione lorda oppure il valore dellaproduzione netta. Il valore della produzione lorda è sufficiente fino aquando varia soltanto il livello qualitativo dei prodotti, se però cam-biano le quote di partecipazione agli stadi della produzione dei diversiprodotti, allora è necessario misurare la produzione in base al valoredella produzione netta. Ciò significa che è indispensabile effettuare ilcalcolo del valore aggiunto83.

La misurazione della capacità produttiva ottimale e della capacitàproduttiva effettiva di un’impresa industriale può essere effettuata inbase a caratteristiche orientate all’input, ossia ai fattori produttivi, op-pure in base a caratteristiche orientate all’output, il risultato della pro-duzione. Le caratteristiche orientate all’output sono rappresentate dallaquantità prodotta, dal valore della produzione lorda e dal valore dellaproduzione netta (oppure valore aggiunto lordo) che viene determinatocon l’aiuto dei calcolo dei valore aggiunto. Come si ricorderà, laquantità prodotta può essere utilizzata soltanto per un’impresa indu-striale monoprodotto con un livello qualitativo dei prodotto costante econ una costante partecipazione alla produzione. In una tale impresa lacapacità ottimale della produzione viene rappresentata dalla quantitàmassima di prodotti ottenibili, mentre la capacità effettiva della pro-duzione viene rappresentata dalla quantità effettivamente prodotta84.

Si deve invece utilizzare il valore della produzione lorda nel caso incui l’oggetto di analisi sia un’impresa industriale monoprodotto conuna quota costante di partecipazione alla produzione, ma con delle va-riazioni nel livello qualitativo dei prodotto, oppure nel caso diun’impresa industriale pluriprodotto indipendentemente dalla varia-

82 POHMER, KROENLEIN, op. cit., Stuttgart, 1970, § 1913 e segg. 83 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 42-43. 84 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 42-43.

112

zione del livello qualitativo dei prodotto, ma con una costante quota dipartecipazione al processo produttivo. Utilizzando il valore della pro-duzione lorda per misurare la capacità della produzione ottimale ed ef-fettiva, devono essere eliminate le variazioni di valore dovute alsemplice aumento del prezzo finale, nel caso in cui il valore della pro-duzione lorda sia stato calcolato in base ai prezzi finali, oppure le va-riazioni dovute al semplice aumento dei prezzi dei fattori produttivi,nel caso in cui il valore della produzione lorda sia stato calcolato inbase ai costi della produzione, così come devono essere eliminate an-che le variazioni del valore dovute al cambiamento dell’efficienzadella produzione. La capacità ottimale della produzione sarebbe allorarappresentata dal valore massimo reale (depurato) della produzionelorda, mentre la capacità effettiva della produzione dal valore effettivoreale (depurato) della produzione lorda85.

Invece il valore della produzione netta (il valore aggiunto lordo)deve essere determinato nel caso in cui cambino le quote di partecipa-zione al processo produttivo sia di un’impresa industriale monoprodot-to sia di un’impresa industriale pluriprodotto. Anche in questo casodevono essere eliminate le variazioni del valore dovute al sempliceaumento del prezzo finale, nel caso in cui il valore della produzionenetta sia stato calcolato in base ai prezzi finali, oppure le variazionidovute al semplice aumento dei prezzi dei fattori produttivi, nel casoin cui il valore della produzione netta sia stato calcolato in base aicosti della produzione, così come devono essere eliminate anche levariazioni di valore dovute al cambiamento dell’efficienza della pro-duzione. La capacità ottimale della produzione sarebbe così rappresen-tata dal valore massimo reale (depurato) della produzione netta (dalvalore aggiunto massimo reale), mentre la capacità effettiva della pro-duzione dal valore effettivo reale (depurato) della produzione netta(dal valore aggiunto effettivo reale). Le caratteristiche orientateall’input invece sono rappresentate dal consumo delle materie primeed ausiliarie in base alla quantità oppure in base al valore, dalle oremacchine, dalle.quote di ammortamento degli impianti produttivi,dalle ore di lavoro, dai salari e dagli stipendi. Alcune delle caratteristi-

85 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 43.

113

che sopraindicate sono espresse in termini di quantità, altri invece intermini di valore. Le caratteristiche espresse in termini di quantità so-no soltanto utilizzabili fino a quando viene consumato un unico fattoreproduttivo. Di conseguenza la capacità ottimale della produzione e lacapacità effettiva della produzione possono essere rappresentate ri-spettivamente dal consumo massimo oppure effettivo della materiaprima, dal numero massimo oppure effettivo delle ore macchine e dalnumero massimo oppure effettivo delle ore di lavoro.

Se invece nel processo produttivo vengono impiegati una pluralitàdi fattori produttivi, è necessario utilizzare le caratteristiche espressein termini di valore. Di conseguenza, la capacità ottimale della produ-zione e la capacità effettiva della produzione possono essere rappre-sentate rispettivamente dal consumo massimo oppure effettivo dellematerie prime ed ausiliarie, dalle quote massime oppure effettive diammortamento e dai salari e stipendi massimi oppure effettivi. Tutta-via, è impossibile differenziare tra le effettive quote di ammortamentoe le massime quote di ammortamento se le quote di ammortamento sicalcolano in base alla durata economica del bene ad impiego plurien-nale e non invece in base alla possibilità di utilizzo (Nutzungs-möglichkeit) e in base all’effettivo utilizzo (Nutzungsabhängigkeit)86. Èquindi necessario orientarsi all’output della produzione per determina-re le rispettive quote di ammortamento. Ne consegue che sarebbe piùsemplice misurare la capacità ottimale della produzione e la capacitàeffettiva della produzione orientandosi direttamente sull’output dellaproduzione.

Similmente, è impossibile differenziare tra il massimo salario e sti-pendio e l’effettivo salario e stipendio. Infatti tale differenziazione sa-rà soltanto possibile nel momento in cui il salario e lo stipendio ver-ranno determinati in base alla prestazione (Leistungesabhängigkeit).Anche in questo caso, è necessario orientarsi all’output della produ-zione per determinare i salari e gli stipendi in base alle prestazionierogate. Ne consegue che occorre orientarsi direttamente all’outputdella produzione per misurare la capacità massima e la capacità effet-tiva della produzione. Ulteriormente, sia le caratteristiche orientate

86 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 45.

114

all’input espresse in termini di quantità che quelle espresse in terminidi valore sarebbero in grado di misurare la capacità massima e la ca-pacità effettiva della produzione soltanto rispetto ad un unico fattoreproduttivo. Una tale misurazione potrebbe essere sufficiente soltantonel caso in cui la misurazione che tiene conto di un fattore produttivorisultasse rappresentativa di tutte le altre misurazioni effettuate avutoriguardo agli altri fattori impiegati nel processo produttivo87.

In conseguenza alle considerazioni fatte risulta che è più semplicemisurare la capacità massima della produzione e la capacità effettivadella produzione orientandosi direttamente all’output della produzionestessa.

4.2 Nella dimensione della stessaLa dimensione di un’impresa industriale può essere espressa attra-

verso la sua capacità produttiva. Di conseguenza per misurarel’aumento o la diminuzione della dimensione di un’impresa industrialesi può fare riferimento alle caratteristiche orientate all’input, cioèorientate ai fattori produttivi, e alle caratteristiche orientate all’output,cioè orientate al risultato della produzione. In considerazione della lo-ro applicazione generalmente valgono le osservazioni fatte nel para-grafo precedente. La dimensione di un’impresa industriale può quindiessere rappresentata dalla quantità massima di produzione. È un para-metro facilmente calcolabile che tuttavia viene raramente utilizzatoanche perché permette di evidenziare soltanto la crescita della dimen-sione orizzontale e non anche la crescita della dimensione verticaledell’impresa. Per dimensione orizzontale si intende la numerosità dellecombinazioni economiche per prodotto e per mercato. In questo ambi-to si usa, come noto, anche correntemente il termine, “diversificazionedei prodotti e dei mercati”. Per dimensione verticale si intende invecel’ampiezza delle fasi del processo di produzione economica svoltedall’impresa. In proposito si usa anche il termine di “integrazione ver-

87 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 45: “Auf eine solche Größe könnte man

sich lediglich dann beschränken, wenn sie rapräsentativ für die anderen Größenwäre, d.h. wenn der Einsatz des abgebildeten Faktors mit dem Einsatz der anderenFaktoren jeweils fest gekoppelt wäre …”.

115

ticale” che può avvenire a monte oppure a valle. In molti casi vieneutilizzato il valore massimo reale della produzione lorda (maximalerrealer Bruttoproduktionswert). Tale valore permette di evidenziare siala crescita della dimensione orizzontale sia la crescita della dimensio-ne verticale, dato che tiene anche conto delle variazioni del livelloqualitativo del prodotto.

Misurando la dimensione di un’impresa industriale in base alle ca-ratteristiche orientate all’input si potrebbe utilizzare in luogo del valo-re massimo reale della produzione lorda il valore massimo dei consu-mo delle materie prime ed ausiliarie, oppure il valore massimo dellequote di ammortamento o dei salari e degli stipendi. Per definire sia ladimensione orizzontale che la dimensione verticale di un’impresa in-dustriale, tenendo conto di tutti gli aspetti come per esempio una va-riazione qualitativa dei prodotto oppure una variazione della quota dipartecipazione al processo produttivo, è comunque necessario deter-minare il valore massimo e reale della produzione netta (il valore ag-giunto massimo reale lordo) attraverso il calcolo del valore aggiunto.Al contrario, misurando la dimensione sia orizzontale che verticale diun’impresa industriale in base alle caratteristiche orientate all’input sipotrebbe utilizzare in luogo del valore massimo reale della produzionenetta (il valore aggiunto massimo reale lordo) il valore massimo dellequote di ammortamento oppure il valore massimo dei salari e stipendi.Rimangono valide le osservazioni fatte relativamente all’uso di carat-teristiche orientate all’input: è più semplice ricorrere direttamente allecaratteristiche orientate all’output88.

Come detto in precedenza, la dimensione dell’impresa si può di-stinguere in una dimensione orizzontale ed in dimensione verticale.Entrambi i fenomeni non sono agevolmente misurabili quantitativa-mente. Infatti, secondo Weber è impossibile dire se la dimensioneorizzontale di un’impresa in un determinato momento è più rilevanterispetto a quella verticale; soltanto infatti attraverso una comparazionenel tempo oppure nello spazio è possibile considerare separatamentetali due dimensioni. In ogni caso se si vuole considerare la dimensioneverticale è necessario calcolare il parametro del valore della produzio-

88 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 46-47.

116

ne netta (il valore aggiunto lordo) attraverso il calcolo del valore ag-giunto, dato che soltanto tale grandezza evidenzia la prestazione pro-pria dell’impresa89. La dimensione di un’impresa può essere misurataanche facendo riferimento ad altri parametri. Così per esempio Weberindica il valore dell’insieme delle immobilizzazioni materiali ed im-materiali, oppure il numero dei lavoratori. Queste grandezze non sonovalori flusso ma valori fondo. Di conseguenza non è necessario diffe-renziare i valori in valori massimi ed in valori effettivi90. Generalmentela dimensione di un’impresa industriale può essere misurata utilizzan-do diverse grandezze, come per esempio il numero dei lavoratori, isalari e gli stipendi, il patrimonio, il fatturato, il valore aggiunto oppu-re l’utile d’esercizio. La preferenza all’uno o all’altro di tali parametriè funzionale allo scopo perseguito dalla misurazione della dimensione.Weber critica fortemente l’utilizzo del fatturato come strumento di mi-surazione della dimensione di un’impresa dato che sostiene che offreun’indicazione poco affidabile della stessa, benché sia di facile de-terminazione. Ne conseguirebbe una preferenza per il valore aggiun-to91.

Le considerazioni fatte finora valgono anche avuto riguardo allamisurazione della dimensione di settori economici. Ciò si evince inparticolare modo nel caso in cui si paragonano due settori economici“contigui” come, per esempio, l’industria tessile e l’industriadell’abbigliamento. È impossibile infatti comparare le due industriecon riferimento al fatturato o alla produzione lorda, dato che nel valoredella produzione lorda dell’impresa dell’abbigliamento è compresoparte del valore della produzione dell’impresa tessile. Sole se si sot-traggono le Vorleistungen (beni e servizi apportati da terze economie)si ottiene uno strumento valido per comparare i singoli settori econo-mici92.

89 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 47. 90 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 48. 91 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 40: “Am besten geeignet wäre freilich die

Wertschöpfung …”. 92 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 51.

117

4.3 Quale indice di economicità e produttivitàL’economicità viene espressa attraverso il rapporto tra una gran-

dezza orientata all’input ed una grandezza orientata all’output.L’economicità può essere distinta in un’economicità generale ed inun’economicità parziale. L’economicità generale è costituita dal rap-porto tra la somma di tutti i fattori produttivi impiegati (l’input com-plessivo) il risultato complessivo (l’output complessivo).L’economicità parziale è costituita dal rapporto tra l’input complessi-vo ed il risultato ottenuto, oppure dal rapporto tra i fattori produttiviimpiegati e l’output complessivo, oppure ancora dal rapporto tra i fat-tori produttivi impiegati ed il risultato ottenuto. Nell’ambito del calco-lo del valore aggiunto assume particolare importanza la produttivitàdei lavoro, denominata da Lehmann Arbeitsergiebigkeit, e la produt-tività del capitale, Kapitalergiebigkeit93.

Lehmann definisce l’Arbeitsergiebigkeit come il rapporto tra il va-lore aggiunto e la componente lavoro. La componente lavoro può es-sere espressa dal numero dei lavoratori, dalle ore di lavoro oppure daisalari e stipendi. Sia Lehmann che Weber osservano che utilizzando ilnumero dei lavoratori oppure le ore di lavoro per deeterminare la pro-duttività del lavoro si ottiene un risultato poco espressivo, dato che siail numero dei lavoratori sia le ore di lavoro non tengono conto dellastruttura del personale presente nelle diverse imprese. L’unica possi-bilità per ottenere un risultato espressivo è l’utilizzo dei salari e sti-pendi come componente lavoro, dato che i salari e gli stipendi rispec-chiano sia le qualità differenti richieste dalle varie mansioni sia la di-versa l’intensità tra le varie prestazioni. Quindi la produttività dei la-voro viene determinata dal seguente rapporto:

produttività del lavoro = valore aggiunto / (salari + stipendi)

La produttività del capitale viene definita da Lehmann come il rap-

porto tra il valore aggiunto e il capitale. Lehmann specifica che iltermine capitale indica in questa sede l’insieme delle immobilizzazioni

93 LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 25 e segg.

118

utilizzate per la produzione (Produktionswirtschaftliche). Di conse-guenza Lehmann esclude tutte le immobilizzazioni finanziarie94. We-ber invece specifica che oltre alle immobilizzazioni si possono utiliz-zare anche le ore macchina oppure le quote di ammortamento. Infattisecondo Weber utilizzando le immobilizzazioni per determinare laproduttività del capitale non viene evidenziato l’utilizzo effettivo delleimmobilizzazioni che invece viene evidenziato nel caso si utilizzasse-ro le ore macchina oppure le quote di ammortamento, calcolate in baseall’effettivo utilizzo delle immobilizzazioni95.

La produttività dei capitale viene determinata pertanto dal se-guente rapporto:

produttività del capitale = valore aggiunto / capitale

Lehmann definisce i rapporti sopra evidenziati “valore aggiunto

relativo” (relative Wertschöpfung), dato che entrambi mettono in rap-porto il valore aggiunto prodotto all’interno di un’impresa con due idue fattori produttivi fondamentali: lavoro e capitale.

4.4 Valore aggiunto e distribuzione del redditoGià Nicklisch aveva considerato il valore aggiunto o, più precisa-

mente il Betriebsertrag, la grandezza maggiormente rappresentativadel reddito da distribuire tra i lavoratori ed i proprietari. Il Betriebser-trag è costituito dai salari e dagli stipendi e dalla remunerazione delcapitale proprio. La ragione per cui Nicklisch limita la distribuzionedel reddito soltanto alla classe lavorativa e alla classe proprietaria enon include nella distribuzione anche la classe dei portatori di capitaledi credito non trova spiegazione. I lavoratori e i proprietari che lavora-no nell’impresa costituiscono l’unità impresa (Betreibsgemeinschaft)96.Il Betriebsertrag si ottiene detraendo dai ricavi i costi per le materieprime ed ausiliarie, le quote di ammortamento, i beni ed i servizi ap-

94 LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pag. 51 e segg. 95 WEBER, op. cit., pagg. 55-57. 96 NICKLISCH, op. cit., Stuttgart, 1929, pag. 298.

119

portati da economie terze e gli interessi passivi. Dal Betriebsertrag sidetraggono poi i salari e gli stipendi e l’Unternehmerlohn cioè un sa-lario figurativo che pertiene ai proprietari per la forza lavoro prestata.Il residuo verrà quindi distribuito sia ai proprietari per la remunerazio-ne dei capitale proprio sia alla classe lavorativa in base alla loro pro-duttività. Nicklisch, tuttavia, non spiega come si dovrebbe misurare laproduttività del lavoro.

Lehmann invece non considera il valore aggiunto una grandezza dadistribuire tra la classe dei lavoratori e la classe proprietaria, ma so-stiene che potrebbe essere utilizzata come base per determinare unapolitica di partecipazione agli utili di entrambe le classi. AncheLehmann, tuttavia, non spiega precisamente come si dovrebbe deter-minare la giusta proporzione della partecipazione agli utili. L’unicaconsiderazione che fa, è quella di correlare positivamente tale propor-zione alla produttività dei lavoro (Arbeitsergiebigkeit)97.

Quanto sopra secondo Weber dimostra che non è il valore aggiunto(come è stato al contrario proposto da Nicklisch) la grandezza da con-siderare nel caso di una partecipazione al risultato economico diun’impresa, ma che si deve considerare soltanto l’utile. Nella miglioredelle ipotesi il valore aggiunto potrebbe essere utilizzato per determi-nare le congrue proporzioni di distribuzione, come già aveva propostoLehmann. Secondo Weber la politica della partecipazione al risultatosi dovrebbe basare unicamente sull’utile d’esercizio, ed in particolaresulla somma dei dividendi distribuiti per remunerare il capitale pro-prio98, favorendo in tal modo una forma di partecipazione dei prestatoridi lavoro al capitale di rischio99. Indipendentemente dall’utilità del va-lore aggiunto come strumento di determinazione della politica di par-tecipazione agli utili, il calcolo del valore aggiunto è generalmente

97 LEHMANN, op. cit., Essen, 1954, pagg. 90-99. 98 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 60: “orientiert man sich naheliegen-

derweise an dem für Eigentümer ausgeschütteten Gewinn, also an der Dividend-summe”.

99 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 61: “Am besten erscheint es freilich, eineErgebnisbeteiligung über eine Eigenkapitalbeteiligung der Arbeitnehmer, also beieiner Aktiengesellschaft durch die Ausgabe von Belegschaftsaktien, herbeizufüh-ren”.

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utilizzato per rappresentare la distribuzione del reddito prodottodall’impresa. Questo calcolo dei valore aggiunto generalmente si basasul rendiconto reddituale e quindi utilizzando quello che in precedenzaè stato denominato metodo della contabilità generale. Se invece il cal-colo del valore aggiunto è stato fatto in base alla contabilità analiticae, di conseguenza, si tiene conto solo della gestione caratteristica, allo-ra deve essere integrato con la gestione accessoria100.

Per rappresentare la distribuzione dei redditi si aggiunge al proce-dimento della sottrazione, che viene anche denominato calcolo dellacreazione dei valore aggiunto (Entstehungsrechnung), il procedimentoadditivo, che viene anche denominato calcolo della distribuzione delvalore aggiunto (Verteilungsrechnung). Questa distinzione dei dueprocedimenti potrebbe portare a ritenere che i due procedimenti sianodei metodi differenti, di cui il primo determina il valore aggiunto ed ilsecondo lo ripartisce. Questo però non corrisponde alla realtà: i dueprocedimenti – come si è visto – sono complementari.

Nell’ambito della distribuzione del valore aggiunto le parti interes-sati sono le seguenti:– lo Stato, la cui parte comprende le imposte;– il personale, la cui parte comprende i salari e stipendi ed i contributi

sociali;– il capitale di terzi, la cui remunerazione e rappresentata dagli inte-

ressi passivi– il capitale proprio, la cui remunerazione e rappresentata dai divi-

dendi;– l’impresa stessa, la cui parte è rappresentata dagli accantonamenti

fatti ai diversi fondi di accantonamento ed alle riserve.In ordine a quanto sopra, Weber101 osserva quanto segue. In primo

luogo riprende uno studio fatto da Albach102 che distingue la distribu-zione del valore aggiunto in distribuzione primaria ed in distribuzionesecondaria. La distribuzione primaria esclude lo Stato dalle partiaventi diritto e quindi le imposte non sono rappresentate come una

100 WEDELL, op. cit., 1976, pagg. 212 e segg.101

WEBER, op. cit., Suttgart, 1980, pagg. 63-64.102 ALBACH, Die Verteilung des Unternehmenseinkommen, in: “Zeitschrift für

Betriebswirtschaft”, 1978, pagg. 626-631.

121

quota dei valore aggiunto a sé stante. Infatti gli altri elementi dei valo-re aggiunto (la parte spettante al personale, la parte spettante ai finan-ziatori) includono già le rispettive imposte. Quindi nella distribuzioneprimaria sono esposti gli importi lordi che contengono ancora le ri-spettive imposte dovute allo Stato. La distribuzione secondaria invececonsidera lo Stato parte avente diritto e quindi viene evidenziataesplicitamente. Ne segue che gli importi di tutte le altre parti sonorappresentati al netto delle imposte. In secondo luogo Weber sostieneche non è corretto che la parte formata dagli accantonamenti vengaidealmente distribuita all’impresa. Infatti secondo Weber gli accanto-namenti farebbero parte della quota da distribuirsi ai titolari dei capita-le proprio, dato che accantonare comporta ridurre gli utili ripartibili aiportatori del capitale di rischio.

4.4.1 Valore aggiunto e determinazione delle imposte

In Germania fino al 1967 l’imposta sulle entrate (Umsatzsteuer)veniva calcolata in base al fatturato lordo (Bruttoumsatz). Dopo il1967 il sistema fiscale tedesco si è adeguato agli altri sistemi fiscalieuropei attraverso l’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto(Mehrwertsteuer).

Weber103 osserva che l’imposta sulle entrate si può basare sia sulfatturato lordo di vendita (Bruttoverkaufsumsatz) sia sul fatturato netto(Nettoumsatz) che è uguale alla differenza tra il fatturato delle vendite(Verkaufsumsatz) ed il fatturato degli acquisti (Einkaufsumsatz). Ilfatturato lordo è di facile determinazione mentre il fatturato netto è piùdifficile da determinare sia per l’Erario sia per i contribuenti, dato cheesso viene coincide con il calcolo del valore aggiunto. Quindi dal fat-turato lordo si devono detrarre i beni ed i servizi apportati da econo-mie terze (Vorleistungen) che sono uguali al fatturato degli acquisti.Weber critica l’utilizzo del fatturato lordo quale grandezza base perdeterminare l’imposta sulle entrate, dato che avvantaggia le imprese didimensioni verticali maggiori rispetto ad imprese di dimensioni verti-cali minori. Ne segue imposta sulle entrate calcolata in base al fattura-to lordo influenza in modo negativo la capacità concorrenziale di

103 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pagg. 66-70.

122

un’impresa. Secondo Weber è pertanto opportuno utilizzare il fatturatonetto, anche se più difficile da determinare104.

Infatti nel 1967 in Germania si è passati dal sistema dell’impostasulle entrate (Umsatzsteuer) che si basava sul fatturato lordo ad un si-stema simile a quello dell’imposta sulle entrate che si basa però sulvalore aggiunto. Per motivi di applicazione pratica il legislatore tede-sco non ha stabilito l’obbligo di calcolare il valore aggiunto come dif-ferenza tra Verkaufsumsatz e Vorleistungen (Einkaufsumsatz), ma hapreferito continuare con il sistema dell’imposta sulle entrate che si ba-sa sul fatturato, con la possibilità di detrarre le ritenute d’acconto(Vorsteuerabzug), ottenendo il medesimo risultato105.

4.4.2 Valore aggiunto e sovvenzioni pubbliche

Per garantire una distribuzione equa e corretta delle sovvenzionieconomiche pubbliche è necessario valutare le singole imprese poten-ziali beneficiarie delle stesse non solo in base a criteri aziendali, maanche in base a criteri economico generali. Si devono quindi conside-rare una pluralità di aspetti come, ad esempio, la possibilità di svilup-po, la possibilità di rimanere sul mercato, l’importanza dell’impresaquale fonte di lavoro, l’importanza dell’impresa come contribuente, lapossibilità di sinergie con imprese già presenti sul territorio, ecc. Aciascuno di questi aspetti corrisponde un parametro; per esempio al fi-ne di misurare l’importanza dell’impresa come datore di lavoro si pos-sono utilizzare il numero dei dipendenti oppure la somma dei salaripagati dall’impresa. Taluni dei parametri che possono essere utilizzatifanno variamente riferimento al valore aggiunto prodotto dall’impresa;

104 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 66: “Daher ist der Nettoumsatz wegen

seiner Wettbewerbsneutralität dem Bruttoeinsatz als Bemessungsgrundlage vorzu-ziehen”.

105 WEBER, op. cit., Stuttgart, 1980, pag. 6: “der Gesetzgeber hat nun jedochnicht eine solche Wertschöpfungsrechnung vorgeschrieben, sondern aus praktischenGründen das System der Besteuerung des Bruttoumsatzes im Sinne der Verkaufsu-msätze mit der Möglichkeit des Vorsteuerabzugs gewählt”. Weber propone inoltre(pag. 69) di utilizzare il valore aggiunto come misura dell’imponibile per la Gewer-beertragssteuer (imposta sul reddito d’impresa) che per la Lohnsummesteuer(imposta sui salari).

123

ne consegue che il valore aggiunto può essere ritenuto una grandezzarilevante per determinare quali imprese possono beneficiare dei prov-vedimenti agevolativi e quali no.

Un esempio dell’importanza del calcolo del valore aggiuntonell’ambito delle politiche di sovvenzione economica è stato il Berlin-förderungsgesetz (BerlinFG), provvedimento con cui il legislatoredella Repubblica Federale Tedesca ha voluto contribuire allo sviluppodell’industria di Berlino Ovest. Tale legge prevedeva agevolazioni fi-scali in base alla cosiddetta Berliner Wertschöpfung (valore aggiuntodi Berlino) prodotta dalle imprese site sul territorio. Per BerlinerWertschöpfung si intendeva il valore aggiunto calcolato come diffe-renza tra il fatturato e le Vorleistungen. Tra le particolarità, i costidelle materie prime e ausiliarie apportate da imprese terze situateanch’esse nel territorio di Berlino Ovest venivano comprese nel valoreaggiunto a valori inferiori a quelli negoziati. Questo comportava che leimprese che si approvvigionavano presso fornitori di Berlino Ovesterano ulteriormente avvantaggiate, dato che l’inserimento di tali costia valori inferiori provocava un incremento del valore aggiunto prodot-to.

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CAPITOLO IVVALORE AGGIUNTO

E RENDICONTO “SOCIALE”

SOMMARIO: 1. Significato di un rendiconto non soltanto economico. –2. Motivi per successive indagini.

1. Significato di un rendiconto non soltanto economico

In questo capitolo si intende delineare in via sintetica la problema-tica del bilancio1 sociale d’impresa, avendo principalmente riguardo alprincipio secondo il quale l’azienda svolge un ruolo, sociale appunto,all’interno della ricerca delle migliori condizioni di sviluppo economi-co indispensabili per la sua perdurabilità nel tempo. Tutto ciò unita-mente a quanto già definito nelle pagine precedenti, dove all’impresaviene riconosciuto il ruolo di produttore/distributore di ricchezza e lasua “più completa” performance di tipo economico trova un adeguatoapprezzamento nel valore aggiunto che essa produce.

Ci si deve allora anzitutto interrogare sulle cause che hanno prodot-to detto mutamento in ordine ai possibili obiettivi perseguibilidall’azienda, istituto “destinato a perdurare, che vive vita interrotta,ricreandosi incessantemente nei suoi elementi costitutivi, sempre tra-scendendo gli interessi attuali degli individui e dei gruppi umani checoncorrono al suo svolgimento” (Zappa). Almeno due sembrano esse-re i fattori individuabili:– da un lato gli effetti prodotti dalla progressiva crescita delle di-

mensioni delle aziende intese nel senso di rilevante entità di capita-

1 Con questo termine (e con il sinonimo “rendiconto sociale”) non si intende

tanto fare riferimento a un documento che accoglie dati e indicatori bilancianti, cosìcome richiamato dalla tecnica contabile, quanto piuttosto evidenziare la natura di undocumento di sintesi da redigere periodicamente, formato in base a regole e proce-dure che devono essere rispettate nella redazione dello stesso.

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le investito nell’attività corrente, di elevato volume di produzio-ne/vendita, di valore aggiunto prodotto, di numero di addetti maanche, e forse soprattutto, sempre più in termini di complessità or-ganizzativa e gestionale, di rischi assunti dal soggetto economico, ecosì via. Se sono ovvi i benefici conseguenti allo sviluppo econo-mico (ad esempio in termini di infrastrutture a disposizione dellacollettività) lo sono pure le conseguenze di mutate condizionid’ambiente (sfavorevoli andamenti economici complessivi; con-giuntura economica “al ribasso”; depressione dei consumi e degliinvestimenti) e d’impresa (crisi finanziaria, crisi reddituale, crisipatrimoniale) in termini di livello di occupazione – e più in genera-le – in termini di benessere sociale;

– dall’altro l’agire congiunto dell’intermediazione finanziaria (a talproposito si parla sempre più spesso di “finanziarizzazionedell’economia”) e del processo di scissione tra proprietà e control-lo, tale per cui il soggetto economico d’azienda si trova a gestire avario titolo ingenti quantità di pubblico risparmio.Il richiamo a questi due elementi fa emergere quindi in tutta la sua

importanza la responsabilità etica dell’impresa o meglio l’esistenza diun problema di “giustizia economica” a livello di singola impresa.Non è detto però che la singola entità economica decida di risponderein maniera adeguata alle “attese di socialità” manifestate dall’ambienteeconomico circostante, dai partecipanti al capitale di rischio ed in ge-nerale dagli stakeholders (ossia i detentori di interesse nei confrontidell’impresa stessa). Quest’ultima affermazione merita forse qualchechiarimento, in quanto parlare di ruolo sociale dell’impresa implical’accettazione di considerare l’azienda un sistema aperto al centro diinteressi di una varietà di interlocutori: azionisti, dipendenti, clienti,fornitori, enti finanziatori, amministrazione finanziaria, forze sindaca-li, e così via.

Ma un flusso di informazioni da e verso l’impresa non è forse unprimo strumento di coesione sociale? una attesa di socialità da soddi-sfare nel miglior modo possibile? Più in particolare si vuole affermareche anche non in presenza di public companies aventi azioni o titoli didebito (obbligazioni) trattati in mercati regolamentati, per gli interessiesterni diventa indispensabile avere a disposizione un flusso periodico,

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standardizzato, neutrale, non meramente consuntivo di informazioniattraverso il quale indagare lo “stato di salute” dell’impresa: attitudineall’economica perdurabilità sul mercato; condizioni di gestione; pianidi sviluppo ed investimento; prospettive economiche e finanziarie; li-vello di prezzi, costi, efficienza; etc.

Tralasciando di entrare nel merito di un’analisi approfondita delleattese di conoscenza espresse dalle classi di interesse interneall’azienda (gruppo di controllo; portatori di capitale di maggioranza edi minoranza; clienti e fornitori; parti sociali; etc) né tantomeno ten-tando di riassumere la tematica dell’informazione esterna d’impresa, larinnovata disciplina sui conti annuali e consolidati delle imprese, purin presenza di un innegabile miglioramento dell’informativa “di bi-lancio” in termini di chiarezza espositiva ed analiticità degli elementipatrimoniali e reddituali, può non sempre essere lo strumento – e forsetecnicamente non lo potrà mai essere – atto a rispondere alla totalitàdelle esigenze di informazione sociale avanzate da più parti (nelle di-scipline economico-aziendali e tra gli operatori aziendali sono peraltronoti i “limiti” connaturati allo stesso).

Sarebbe sbagliato però anche ritenere che, pur esistendo nel sistemadi valori di bilancio dati “sociali” (ad esempio l’informazione contenu-ta nella Nota integrativa relativa al numero medio dei dipendenti ri-partito per categoria), quest’ultimo abbia tra i suoi scopi anche la de-terminazione delle conseguenze sociali dell’attività d’impresa. Infatticiò non sarebbe possibile in quanto da un lato esistono le esigenze dideterminazione delle grandezze “reddito” e “patrimonio” mentredall’altro vi sono le diverse e variegate esigenze conoscitive degli sta-keholders circa l’impatto sociale dell’attività dell’impresa.

Ecco allora che, a fronte dei limiti dell’informazione sociale conte-nuta nel bilancio di esercizio, è stato individuato (a partire dagli anni’70) nel bilancio sociale d’impresa lo strumento, autonomo e separatodal bilancio di esercizio, con il quale dare evidenza alle scelte e valu-tazioni del soggetto economico in ordine alla utilizzazione e distribu-zione delle risorse disponibili. Più in particolare – tenendo conto dellanecessità di differenziare questo tipo di documento in relazione allediverse tipologie di impresa – è possibile illustrare brevemente alcuniscopi con esso perseguibili:

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– esprimere la valutazione del soggetto economico del grado di effi-cacia delle iniziative e delle attività sociali intraprese dall’azienda;

– illustrare le strategie sociali verso gli stakeholders, soprattutto inun’ottica di miglioramento delle pubbliche relazioni (numerosiesempi in tal senso si hanno in quelle imprese nordamericane e neiPaesi europei anglosassoni che hanno una forte incidenzasull’ambiente naturale);

– essere strumento di miglioramento delle relazioni industriali e/o diconcertazione (è il caso della legislazione francese);

– illustrazione della politica di dividendo adottata, ovverosia le mo-dalità di ripartizione della nuova ricchezza prodotta (valore aggiun-to aziendale);

– essere strumento di dialogo con uno specifico interlocutore(comunità locale, personale dipendente,...) anche a scopo di“difesa” (anche preventiva) rispetto a critiche od accuse di enti edassociazioni;

– evidenziazione dell’entità dei diversi componenti del “budget socia-le aziendale” suddivisi per singola area di intervento (“piani socia-li”) e quindi del contributo al benessere della collettività con laquale l’azienda entra quotidianamente in contatto;

– permettere una valutazione globale dell’impresa attraverso conside-razioni qualitative dell’intera attività aziendale.L’obiettivo essenziale del bilancio sociale può essere pertanto sin-

tetizzato in: “fornire informazioni che dal punto di vista esterno per-mettano di giudicare sui risultati sociali dell’impresa e dal punto divista interno di fornire le informazioni necessarie alla definizionedelle strategie sociali dell’impresa al fine di assumere decisioni, con-trollarle e valutarle”2.

È evidente poi che le valutazioni contenute in questo tipo di docu-mento non sarebbero esclusivamente di tipo “economico”; al contrarioesse dovrebbero essere di tipo “non market oriented” con le quali èpossibile il passaggio da una nozione di “costo/ricavo di competenzadell’esercizio” ad una di “beneficio conseguito dalla collettività in se-guito al sostenimento di costi da parte dell’azienda”. Questa precisa-

2 REY, Developpements récent de la comptabilité, Paris, 1979, pag. 315, citato daMATACENA, Impresa e ambiente – Il “bilancio sociale”, Bologna, 1984, pag. 111.

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zione chiarisce il fatto che il rendiconto sociale non è un bilancio insenso tecnico, ovverosia un documento costituito da due prospetti nu-merico/quantitativi a struttura obbligatoria (Stato patrimoniale e Contoeconomico) e da una Nota integrativa ad illustrazione ed integrazionedei primi due dal contenuto minimo. Parimenti non può e non deveesistere un corpus di disposizioni legali (Codice civile), di norme dicarattere fiscale e di principi contabili che vincoli minuziosamente lasua redazione.

Appare pertanto chiaro, da un punto di vista economico-aziendale,che di bilancio il documento in esame ha solamente il nome. Difficil-mente infatti si potrebbe analizzare un “attivo sociale” finanziato dacapitale di terzi e da capitale proprio ed utilizzare indicatori di bilancioper valutare la congruità del saggio di redditività che trova come notodimostrazione nel rendiconto reddituale: questa impossibilità derivacome detto in precedenza – oltre che da una differente origine dei datiin essi contenuti – dai diversi scopi astrattamente raggiungibili me-diante un tale documento a loro volta frutto dei convincimenti sociali,politici, culturali, economici predominanti nella singola azienda enella collettività di riferimento. Ci si può quindi interrogare in ordinealla “forma”, o meglio alla “struttura” con la quale illustrare tutte levariabili che contribuiscono a delineare i rapporti intercorrenti tral’impresa e le diverse componenti socio-ambientali:– si potrebbe trattare di una serie di informazioni, tabelle e grafici

contenute in una relazione dal contenuto minimo strutturato o me-no;

– si potrebbe trattare di una serie articolata di indicatori (quozienti edindici) eventualmente brevemente commentati (è il caso della realtàfrancese in cui esso si concretizza in una serie di indicatori attinential personale);

– si potrebbe trattare di un documento “preventivo/consuntivo/analisidegli scostamenti” in relazione ad ogni singolo “piano sociale” at-tuato;

– si potrebbe trattare infine di un “inventario” di alcuni fatti e situa-zioni avente per oggetto un determinato arco temporale.Un altro punto particolarmente importante – che verrà peraltro so-

lamente accennato – è costituito dal carattere volontario o meno che il

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documento in esame deve avere: l’esperienza di un bilancio socialed’impresa obbligatorio come in Francia – “quando l’effettivodell’azienda è almeno di 300 salariati” (L. 12/7/1977) – è risultatocomunque deludente in quanto detta previsione non è stata accompa-gnata da una serie di adeguati controlli.

Nonostante l’assenza di un obbligo legale cogente gli esempi diaziende che ritengono un bilancio sociale d’impresa (ma per quantodetto sarebbe più corretto parlare di “rendiconto sociale”) un docu-mento sempre più indispensabile non sono pochi.

A partire dalla seconda metà degli anni Settanta in Germania unnumero crescente di imprese ha cominciato a integrare la relazionedegli amministratori al bilancio di esercizio (Geschäftsbericht) con ilprospetto del calcolo del valore aggiunto. Il passo immediatamentesuccessivo è stato quello di redigere un bilancio sociale vero e proprio(gesellschaftsbezogene Berichterstattung). Per rispondere a tal esigen-za si sono sviluppati sistemi di determinazioni quantitative(Leistungsrechnungen) che costituiscono veri e propri modelli di con-tabilità sociale, in grado di monitorare il perseguimento degli obiettiviprefissati, di evidenziare il grado di raggiungimento di tali obiettivi edi fungere quale strumento di controllo.

Nell’ambiente tedesco, il concetto di bilancio sociale e la sua ne-cessità devono essere analizzati con riferimento all’evoluzione eco-nomica, sociale e tecnologica degli ultimi decenni, nel corso dei qualiil rapporto tra economia e società ha subito continue evoluzioni. Sipensi, per esempio, ai problemi collegati all’inquinamento e al degra-do ambientale, alla sicurezza sociale, alla vivibilità del posto di lavoro,ecc. Tutti problemi che mettono in evidenza le mutue interrelazioni traimprese e ambiente (in senso lato) e quindi la responsabilità politico-sociale delle imprese stesse3.

3 WELBERGEN, Unternehmensziele und Sozialbilanz, in: “Zeitschrift für Betrieb-

swirtschaft”, 1978, pag. 611: “Ich bin der Meinung, daß eine Unternehmungspolitik,die die sozialen Belange der Gemeinschaft außer acht läßt und einseitig auf das Er-reichen ökonomischer Ziele ausgerichtet ist zum Scheitern verurteilt ist”.

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Welbergen4, con riferimento agli interessi convergenti nell’impresa,utilizza la metafora del “quadrilatero magico” della politica economi-ca. Secondo l’Autore, la situazione dell’economista, che deve prenderedelle decisioni e deve valutare i possibili effetti delle stesse avuto ri-guardo ai quattro obiettivi perseguiti (aumento dell’occupazione, cre-scita economica, stabilità dei prezzi ed equilibrio nei rapporti con este-ro) è simile alla situazione in cui si trova l’imprenditore che deve con-durre l’impresa e deve valutare le possibili conseguenze delle sue de-cisioni nei confronti delle classi di interesse. Il “quadrilatero magico”aziendale è rappresentato dagli interessi del personale, dei consumato-ri, degli azionisti e dello Stato. Per aumentarne la credibilità, Welber-gen propone che il bilancio sociale debba essere “collegato” con il bi-lancio d’esercizio, permettendo tra l’altro in questo modol’attestazione da parte del revisore aziendale5.

Anche sulla base della teoria della coalizione (Koalitionstheorie),secondo alcuni Autori6 il bilancio sociale ha la funzione di informare ivari soggetti che sono coinvolti “positivamente” e “negativamente”dall’attività di impresa. La teoria della coalizione considera l’impresacome uno strumento in grado di realizzare gli obiettivi di tutti i sog-getti che vi partecipano. Quindi l’impresa assume secondo questa con-cezione la forma di una coalizione composta da tutte le persone chesono in diretti rapporti con l’impresa. Essi sono il management, i di-pendenti, gli azionisti, i finanziatori, i fornitori, i clienti e l’erario. Gliobiettivi perseguiti dai diversi soggetti (escluso l’Erario) possono es-sere di natura economica e non economica, il perseguimento di taliobiettivi da parte dell’impresa rappresenta il prezzo che deve esserepagato per il mantenimento della coalizione. Quindi una coalizionerimane in vita solo se vengono realizzati gli obietti definiti. Per essere

4 WELBERGEN, op.cit., pag. 613: “halte ich es für durchaus angebracht, eine Pa-rallele zum magischen Viereck der Wirtschaftspolitik zu ziehen …”.

5 WELBERGEN, op.cit., pag. 614, dove porta ad esempio la relazione di gestionedella Shell AG del 1975, integrata con il bilancio sociale.

6 SCHILDBACH, Analyse des betrieblichen Rechnungswesens aus der Sicht derUnternehmungsbeteiligung dargestellt am Beispiel der Aktiengesellschaft, Wiesba-den, 1975, pagg. 15-25; COENENBERG, Jahresabschlußanalyse. Betriebswirtschaftli-che, handels- und steuerrechtliche Grundlagen, 14. Aufl., Landsberg am Lech,1993, pag. 645 e segg.

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in grado di decidere se rimanere nella coalizione oppure parteciparealla coalizione, i partner attuali e quelli potenziali hanno bisogno diinformazioni circa il raggiungimento degli obiettivi pretesi. I soggettiinteressati al bilancio sociale sono quindi numerosi, sicuramente più diquelli interessati al bilancio d’esercizio. Solo un bilancio “particolare”che tiene conto sia dei fatti economici che non economici è in grado disoddisfare le esigenze informative delle varie classi di interesse. È im-portante osservare che la realizzazione di uno strumento simile richie-de necessariamente un compromesso tra le varie parti della coalizione.Compromesso (Interessenregelung)7 che mette in equilibrio le diverserichieste divergenti di informazione e che permette in questo modo diottenere uno strumento in grado di evidenziare le responsabilità assun-te dall’impresa.

In Germania, il primo tentativo di elaborare una procedura unifor-me del calcolo del valore aggiunto è stato fatto nel 1975 da un gruppodi studiosi riunito su incarico dell’associazione dell’industria chimica,noto come Arbeitskreis “Das Unternehmen in der Gesellschaft” desBetriebswirtschaftlichen Ausschusses im Verband der Chemischen In-dustrie. I risultati di tale gruppo di lavoro sono stati pubblicati nellarivista Der Betrieb8, con ampia risonanza soprattutto nella prassi. Dueanni dopo, nel 1977, un altro gruppo di studiosi, denominato Ar-beitskreis “Sozialbilanz-Praxis”9 in collaborazione con diverse impre-se come BASF, Bertelsmann, Deutsche Shell, Pieroth, Rank Xeroxecc., hanno fissato delle “linee guida” (Empfehlungen) che tendono,per quanto possibile, a uniformare i modelli di bilancio mediante una“griglia” concettuale di base. Le indicazioni di massima, fornite dalgruppo di studio, riguardano due aspetti di fondo:– confrontabilità dei diversi bilanci, ottenibile con l’unificazione di,

“griglie” espositive, da parte di un numero crescente di imprese;

7 REICHMANN, LANGE, op. cit., pag. 518 e segg.8 Diskussionsbeitrag des Arbeitskreises ‘Das Unternehmen in der Gesellschaft’,

in: “Der Betrieb”, 1975, pag. 161 e segg.9 I risultati di tale gruppo di lavoro hanno trovato pubblicazione in “Der Betri-

eb”, 1978, pagg. 1141-1144, Sozial -Bilanz heute (Empfehlungen des Arbeitskreises“Sozialbilanz-Praxis” zur aktuellen Gestaltung gesellschaftsbezogener Unter-nehmensrechnung).

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– definizione di un quadro generale entro cui le informazioni relativealla vita dell’azienda possano essere collocate.Gli scopi della contabilità “sociale” vengono rispettivamente indi-

viduati nella:– esplicitazione di obiettivi e politiche aziendali, esposizione siste-

matica delle prestazioni fornite dalle aziende e dei loro effetti, an-che al fine di migliorare gli strumenti di pianificazione;

– informazione diretta ai diversi gruppi di interesse che entrano incontatto con l’azienda circa l’entità e lo sviluppo delle prestazioni edelle relative spese, con una descrizione e una quantificazione deglieffetti di tali prestazioni;

– presentazione periodica di dati verificabili, riguardanti la respon-sabilità sociale dell’impresa, ai fini del controllo dei risultati rispet-to agli obiettivi dell’azienda e alle aspettative formulatedall’esterno.Le linee generali del contenuto e della presentazione del bilancio

sociale sono fondate sulla distinzione in tre elementi distinti (die dreiElemente der Sozial-Bilanz):a) il rapporto sociale (Sozialbericht), che è la descrizione degli scopi e

delle prestazioni aziendali e dell’output realizzato con le attivitàsociali;

b) il calcolo del valore aggiunto (Wertschöpfungsrechnung), doveviene misurata la ricchezza prodotta dall’impresa in un determinatoperiodo. Sul valore aggiunto e sulle sue modalità di determinazionesi rimanda a quanto affermato nei capitoli precedenti. Va ricordatoche attraverso il calcolo del valore aggiunto è possibile analizzare ilproblema della distribuzione della ricchezza prodotta dall’azienda;

c) la contabilità sociale (Sozialrechnung), che contiene l’esposizionequantitativa delle spese sociali, ed è suddivisa in sei classi di desti-natari delle prestazioni dell’impresa (dipendenti, azionisti, stato,collettività, ambiente naturale, altre imprese).Le critiche espresse dalla dottrina10 al modello Sozial-Bilanz Praxis

mettono in evidenza che i bilanci ispirati alle indicazioni

10 FEUERBACH, Die Unternehmensleistung im Geschäftsbericht der Hoechst AG,in Zeitschrift für Betriebswirtschaft”, 1978, pag. 619 e segg., in particolare la nota11; SCHEIBE LANGE, op. cit., pag. 631 e segg.; ALBACH, Die Verteilung des Unter-

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dell’Arbeitskreis riflettono un’interpretazione decisamente prudenzialedelle proposte avanzate in sede scientifica rispetto alla quantificazionedegli effetti sociali del comportamento aziendale. Si è optato perl’indicazione di alcuni indicatori dei “benefici” sociali piuttosto cheper un calcolo economico dei benefici stessi. Emerge dal modello ilrifiuto di una articolazione maggiore da un punto di vista concettuale,che avrebbe rischiato di ridurre le capacità di adattamento delle impre-se alle sempre nuove condizioni ambientali. pubblico in generale.

Del tutto particolare – e degna, ad avviso di chi scrive, di autonomaevidenza – è la posizione dottrinaria di Wysocki11 con riferimento albilancio sociale e al valore aggiunto. Egli ritiene che laWertschöpfungsrechnung sia sicuramente uno strumento utile da inse-rire nel bilancio sociale, ma critica la procedura di calcolo seguitadalla prassi aziendale. Infatti, secondo Wysocki, una Wertschöpfung-srechnung che si basa sostanzialmente sul rendiconto reddituale hapoco senso, perché non aggiunge nuove significative informazioni aquelle già contenute in tale prospetto. I rendiconti che formano il ren-diconto sociale (gesellschaftsbezogenen Berichterstattung) possonoessere basati su grandezze orientate all’input piuttosto che all’output.La differenza tra le due modalità dipende dalla rilevazione dei beneficie dei costi sociali: se tali costi e benefici vengono rilevati direttamentepresso i soggetti che sono interessati dall’attività dell’impresa,l’approccio è orientato all’output; se la rilevazione dei costi e dei be-nefici avviene all’interno dell’impresa stessa, l’approccio è orientatoall’input. La preferenza dell’Autore è per una modalità di calcolo delvalore aggiunto orientato all’input; in tal modo la Wertschöpfungsre-chnung può fungere da “anello di congiunzione”12 tra la contabilitàaziendale e la contabilità nazionale.

nehmenseinkommen, in: “Zeitschrift für Betriebswirtschaft”, 1978, pagg. 626-631;REICHMANN, LANGE, op. cit., pag. 523 e segg.; CHMIELEWIZC, Arbeitnehmerinteres-sen und Kapitalismuskritik in der Betriebswirtschaftslehre, Hamburg, 1975, pag. 97e segg.; WEDELL, op. cit., pagg. 202-213.

11 WYSOCKI, Sozialbilanzen – Inhalt und Formen gesellschaftsbezogener Be-richterstattung, Stuttgart/New York, 1981, pag. 104 e segg.

12 WYSOCKI, op. cit., pag. 105.

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2. Motivi per successive indagini

Lo studio del valore nell’economia d’azienda – e del valore aggiun-to nella fattispecie – attraverso il pensiero di alcuni studiosi tedeschiha avvicinato chi scrive in via graduale al tema dell’impresa sociale ealle difficoltà connesse con la determinazione quantitativa del risultatoattribuibile a tale entità.

Sorgono – a questo punto – numerosi problemi derivanti dalla ac-cezione in cui l’impresa può essere inquadrata e dalle connesse diffi-coltà della stessa di “rendere conto” dei propri risultati, dato chel’obiettivo principale è costituito dal raggiungimento dell’economicitàda intendersi nel senso di Wirtschaftlichkeit. La profonda evoluzionedel ruolo svolto dalle aziende (siano esse profit oriented o non profitoriented) negli ultimi decenni, ha comportato, come detto, il ricono-scimento di una dimensione sociale del finalismo aziendale, che si af-fianca e si integra con i profili economico-finanziari e competitividella gestione. La collettività esprime infatti, in modo sempre più in-tenso, bisogni e attese che incidono sulla crescita del sistema azienda-le, sulla stessa concezione di sviluppo e sulla sua sostenibilità. Cresci-ta e sviluppo devono essere compatibili con i bisogni e le atteseespresse dalla collettività, poiché il consenso e la legittimazione socia-le favoriscono il raggiungimento e l’implementazione di vantaggireddituali e competitivi. Le modificazioni intervenute nel finalismoaziendale, la crescente consapevolezza del ruolo che le aziende assol-vono in campo sociale, la reciproca funzionalità tra ruolo sociale eruolo economico delle aziende hanno sviluppato un rinnovato interes-se da parte della dottrina e della prassi alla comunicazione “sociale”,elemento da non trascurare allorché si voglia definire compiutamenteil contenuto dell’informativa aziendale. Fino a qualche decennio ad-dietro si riteneva sufficiente comunicare esclusivamente i dati relativiall’andamento economico-finanziario della gestione, giacché questeerano le prevalenti informazioni richieste da quanti avevano interessinelle aziende. Oggi, invece, si è allargato il numero di soggetti cheesprimono attese nei confronti dei risultati prodotti dalle aziende, sì daindividuare l’esistenza di un interesse generale che si manifesta, nonsolo come somma delle aspettative dei soggetti che con le stesse intrat-tengono rapporti diretti, ma anche come interesse di tutta la collettivi-

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tà. Le aziende, pertanto, devono adottare una politica di comunicazio-ne ampia, diffusa e trasparente rivolta alle varie classi di stakeholdersin grado di soddisfare una domanda crescente di informazioni che ri-guarda, da un lato i risultati reddituali e competitivi della gestione e,dall’altro, gli effetti sociali prodotti dallo svolgimento dell’attività (leconseguenze sull’occupazione, sul prodotto interno lordo, sulla qualitàdella vita, sul benessere sociale, sull’ambiente fisico-naturale, ecc.). Imodelli di rendiconto degli effetti sociali dell’attività aziendale sonostati, in questi ultimi anni, oggetto di un’ampia riflessione che ha con-sentito di individuare nuovi schemi di rappresentazione dei risultatiraggiunti nonché di affinare il significato informativo di quelli esi-stenti. In particolare, il bilancio sociale ha suscitato in un primo mo-mento notevole interesse nella dottrina economico-aziendale cui, però,hanno fatto seguito effetti spesso limitati e sperimentazioni assai ete-rogenee. Nonostante i differenti impulsi che il bilancio sociale ha subi-to negli ultimi anni, la materia appare quindi ancora non chiaramentedefinita e permangono aree di incertezza riguardo alla forma espositi-va dei dati e dei valori, al contenuto informativo, alle funzioni svolteda questo strumento informativo.

Le riflessioni sviluppate nelle pagine precedenti sono un punto diarrivo e, contemporaneamente, costituiscono anche motivi per nuoveindagini e ricerche che si auspica di poter effettuare sul tema. In parti-colare:– il valore aggiunto rappresenta sicuramente un indicatore

dell’economicità sociale del Betrieb. Il livello di profitto, comune-mente inteso, non può esprimere in modo valido il grado di effi-cienza dell’impresa sociale. Ne consegue che il sistema di rileva-zioni contabili basato sul metodo della partita doppia non dovrebbeavere più come obiettivo primario la determinazione del reddito diesercizio, bensì quello della determinazione del valore aggiunto edella sua distribuzione;

– la realizzazione di tale sistema di rilevazione non si esaurisce sicu-ramente nella diversa “titolazione” di conti, ma richiede soprattuttouna diversa modalità di interpretare il capitale di impresa, unamentalità operativa e atteggiamenti manageriali che superino i li-miti legati alla concezione “privatistica” dell’impresa;

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– sempre più numerose e importanti sono le aziende che destinano almercato – e quindi allo scambio – la loro produzione ma per finali-tà ben diverse dal profitto; la loro “logica” economica è quindi bendiversa da quella della tipica impresa industriale. In questa classe diaziende la produzione non è infatti strumentale al profitto, ma adaltre finalità quali, per esempio, dare lavoro a persone che per ra-gioni diverse non riescono a inserirsi in un normale circuito pro-duttivo oppure offrire beni e servizi che né lo Stato né le impreseproducono e la cui mancanza lascerebbe insoddisfatta una domandaproveniente in genere da ceti economicamente deboli;

– il rendiconto sociale – in particolare il conto economico a valoreaggiunto – è sostanzialmente in grado di rappresentare la natura di“sistema aperto” dell’impresa, allargando lo spettro di informazionisulla stessa e migliorando il grado e il livello di informazione rica-vabile dal bilancio di esercizio.

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APPENDICE

1. Lo studio di un caso aziendale. La società XYZ

Si analizzerà di seguito un esempio pratico di calcolo del valoreaggiunto facendo riferimento ad un’impresa austriaca operante nelsettore delle cave di pietra. La sua forma giuridica è una GmbH & CoKG, cioè una società accomanadataria i cui accomandanti sono i socidella società in nome collettivo (& Co), mentre l’accomandatario èrappresentato dalla società a responsabilità limitata (GmbH).

Il calcolo del valore aggiunto è stato effettuato separatamente per lagestione caratteristica dell’impresa (cava di pietra), per la gestionestraordinaria e per la gestione finanziaria. I dati utilizzati sono quellirelativi all’esercizio del 1994 e relativi all’esercizio del 1993, mentrele percentuali sono calcolate con riferimento ai ricavi complessividella gestione caratteristica.

I ricavi complessivi della gestione caratteristica dell’impresa XYZammontano a 19.068.556,40 ATS (scellino austriaco) nel 1994 ed a18.879.536,90 nel 1993, come si può desumere dalla tabella sottori-portata.

Si è data indicazione separata degli incrementi di immobilizzazioniper lavori interni e si sono esclusi dai ricavi complessivi della gestionecaratteristica, perché l’impresa XYZ stessa non ha proceduto alla lorocapitalizzazione.

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TABELLA 1.1: IL CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO

DELLA GESTIONE CARATTERISTICA

Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%Ricavi:Erlöse Schotter 6.709.382,04 35,186% 8,882.678,92 47,049%Erlöse Vordergrundsteine 2.629.367,37 13,789% 482.335,29 2,555%Erlöse Pflastersteine 1.587.965,57 8,328% 1.221.441,77 6,470%Erlöse Mauersteine 1.407.714,90 7,382% 1.021.365,50 5,410%Erlöse Frachten 2.808.371,45 14,728% 3.375.365,07 17,878%Erlöse Export 3.406.422,74 17,864% 3.437.088,76 18,205%Verschiedene Erlöse 553.743,51 2,904% 493.391,06 2,613%sonstige betriebliche Erträge 47.974,86 0,252% 6.075,04 0,032%Überzahlungen von Kunden 11.240,50 0,007% 560,96 0,003%Skontoaufwand -10.087,76 -0,053% -12.760,22 -0,068%somma I 19.142.095,18 100,386% 18.907.542,15 100,148%Erlöse Sprengstoffe 35.592,73 0,187% 5.907,93 0,031%Erlöse Treibstoffe 4.768,49 0,025% 4.886,82 0,026%somma II 19.182.456,40 100,597% 18.918.336,90 100,206%Bestandveränderung -113.900,00 -0,597% -38.800,00 -0,206%Risultato della gestione caratteristica. 19.068.556,40 100,000% 18.879.536,90 100,000%Aktivierte Eigenleistungen 293.973,57 1,542% 71.648,33 0,380%somma III (risultato totale) 19.362.529,97 101,542% 18.951,185,23 100,380%

Vorleistungen:Kies, Sand 324.473,57 1,702% 1.603.302,25 8,492%Kalk, Gips, ecc 295,59 0,002% 0,00 0,000%Betonkies 5.761,93 0,030% 1.194,924,57 6,329%Frostkoffer 483.239,83 2,534% 510.867,10 2,706%Pflaster- u. Wasserbausteine 2.038.164,28 10,689% 1.092.951,39 5,789%Betonrohre 393,57 0,002% 0,00 0,000%Kunstoffrohre 10.664,33 0,056% 0,00 0,000%Schächte 2.341,45 0,012% 0,00 0,0000%Fertigbeton fremd 89.621,88 0,470% 0,00 0,000%Baustahlgitter 9.506,30 0,050% 0,00 0,000%Stahl- u. Alufertigwaren 43.191,80 0,227% 0,00 0,000%Kantholz u. Dielen 190,83 0,001% 0,00 0,000%Bretter 3.035,90 0,016% 0,00 0,000%sonstiges Bauholz 84.488,33 0,443% 66.150,00 0,350%Drahtstifte, Drähte 4.019,18 0,021% 5.498,33 0,029%Subunternehmer Planung 46.520,00 0,244% 0,00 0,000%Sonstiges Kleineisenzeug 8.463,44 0,044% 5.544,96 0,029%Warenbezugskosten 21.446,43 0,112% 8.907,01 0,047%Sonstige Fremdarbeiten 455.444,51 2,388% 43.588,00 0,231%Transporte Fremd 130.140,85 0,682% 175.623,96 0,930%Reinigungsmaterial 4.750,00 0,025% 5.071,67 0,027%Elektromaterial 178,05 0,001% 482,55 0,003%

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Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%Ersatzteile Geräte 561.588,35 2,945% 435.186,49 2,305%Reparaturmaterial 193.262,08 1,014% 141.433,72 0,749%Fremdreparaturen 195.770,71 1,027% 85.899,33 0,455%Schweißmaterial 13.192,37 0,069% 3.368,00 0,018%Werkzeug 40.404,18 0,212% 10.886,88 0,058%Fette, Öle 111.312,97 0,584% 52.960,46 0,281%Gas, Sauerstoff 21.196,69 0,111% 18.299,13 0,097%Instandhaltung Gebäude 49.454,85 0,259% 86.551,84 0,458%Instandh. Grundstückeinrichtug 69.375,00 0,364% 6.900,00 0,037%Instandhaltung B+G 40.600,56 0,213% 29.598,36 0,157%Instandhaltung LKW 615.554,92 3,228% 462.449,90 2,449%Haftpflichtversicherung C/K2 82.321,50 0,432% 52.872,80 0,280%Sonstige Versicherungen 15.084,10 0,079% 11.348,80 0,060%Versicherungen KFZ 161.036,60 0,845% 138.927,20 0,736%Telefon, Funk 97.687,10 0,512% 82.466,14 0,437%Postgebühren 10.604,50 0,056% 7.546,00 0,040%Strom 60.051,37 0,315% 31.985,16 0,169%Gas, Wasser 2.855,00 0,015% 1.100,00 0,006%Heizmaterial 18.532,63 0,097% 40.277,49 0,213%Reifen 247.912,00 1,300% 237.279,32 1,257%Benzin 6.630,31 0,035% 11.400,82 0,060%PKW Pajero 198.094,38 1,039% 163.761,39 0,867%PKW Mercedes 192.259,59 1,008% 206.814,50 1,095%PKW Subaru 17.500,38 0,092% 15.615,60 0,083%Broaufwand 329.862,28 1,730% 1 235.212,08 1,246%EDV Kosten 16.242,50 0,085% 0,00 0,000%Werbung 91.251,30 0,479% 40.271,06 0,213%Rechts- u. Beratungskosten 32.561,00 0,171% 56.576,00 0,300%Sonstiger Aufwand 119.200,90 0,625% 372.170,04 1,971%Kultivierungsaufwand 0,00 0,000% 112.500,00 0,596%Deponiegebühren 17.782,27 0,093% 2.545,00 0,013%somma I 7.395.514,44 38,784% 7.867.115,30 41,670%Differenza I 11.673.041,96 61,216% 11.012.421,60 58,330%

Sprengmittel 332.432,84 1,743% 312.293,17 1,654%Diesel 1.154.533,55 6,055% 1.117.060,24 5,917%somma II 1.486.966,39 7,798% 1.429.353,41 7,571%Differenza II 10.186.075,57 53,418% 9.583.068,19 50,759%

Miete:Fremdgeräte u. Fremdpersonal 53.501,84 0,281% 1.300,00 0,007%Pacht Steinbruch 1.238.969,80 6,497% 979.466,16 5,188%Gerätemieten 99.462,50 0,522% 0,00 0,000%Fremdmieten 0,00 0,000% 4.000,00 0,021%somma III 1.391.934,14 7,300% 984.766,16 5,216%Differenza III 8.794.141,43 46,119% 8.598.302,03 45,543%

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Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%

GWG (GeringWertige Wirtschaftsgüter) 21.122,77 0,111% 4.403,00 0,023%Kleingeräte, Kleingerüste) 29.074,68 0,152% 16.890,34 0,089%somma IV 50.197,45 0,263% 21.293,34 0,113%Differenza IV 8.743.943,98 45,855% 8.577.008,69 45,430%

somma Vorleistungen 10.324.612,42 54,145% 10.302.528,21 54,570%

valore aggiunto lordo della gestionecaratteristica

8.743.943,98 45,855% 8.577.008,69 44,980%

Abschreibungen 1.843.748,23 9,669% 1.987.442,07 10,423%

valore aggiunto netto della gestionecaratteristica

6.900.195,75 36,186% 6.589.566,62 34,557%

Si sono inoltre rappresentati in modo separato i ricavi conseguitidel carburante (Treibstoff) e dell’esplosivo (Sprengstoff), perché nonsono ricavi tipici.

Le Vorleistungen invece comprendono tutti i beni ed i servizi ap-portati da economie terze. In particolare si può notare che ho rappre-sentato separatamente oltre ai costi per il carburante e per gli esplosivianche i costi per l’affitto di beni strumentali, di personale e della cavaed i costi sostenuti per l’acquisto di beni strumentali denominati ge-ringwertige Wirtschaftsgüter (GWG).

Nell’ambito del calcolo del valore aggiunto l’affitto assume unaposizione particolare. Infatti se l’affitto viene considerato un’attivitàimprenditoriale, allora l’affitto è da considerare una Vorleistung perl’impresa che lo paga, mentre per l’impresa che lo consegue una com-ponente dei ricavi.

Se invece l’affitto non viene considerato un’attività imprenditorialee quindi esso viene considerato una componente del valore aggiunto,allora l’affitto viene rappresentato come elemento del Kapitalertragdell’impresa che lo paga, mentre l’affitto è da eliminare dal calcolo delvalore aggiunto dell’impresa che lo consegue. Gli studiosi di econo-mia-aziendale che preferiscono rappresentare l’affitto come una com-ponente del Kapitalertrag propongono inoltre di dividere l’affitto indue parti: la prima parte che corrisponde all’affitto vero e proprio delbene di capitale e che fa parte dei Kapitalertrag, e la seconda parte in-

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vece che corrisponde ai costi relativi al bene di capitale preso in affit-to, come per esempio la manutenzione, l’ammortamento ecc., e che faparte delle Vorleistungen.

Comunque in generale e soprattutto nella pratica aziendale prevalel’interpretazione dell’affitto come attività imprenditoriale e di conse-guenza esso viene considerato un elemento della Vorleistung.

Infine è importante osservare anche la categoria dei geringwertigenWirtschaftsgüter, che sono beni strumentali il cui costo di acquisto èinferiore a 5.000 ATS. Il legislatore prevede la possibilità di inserirlinel bilancio senza doverli capitalizzare. Se ne è data una distinta indi-cazione perché anche se vengono trattati come dei costi di competenzadi un unico esercizio, essi comunque sono dei beni strumentali cheverranno utilizzati per più esercizi.

Per calcolare il valore aggiunto lordo della gestione caratteristica sideve detrarre dal valore dei ricavi complessivi la somma delle Vorlei-stungen. Si ottiene cosi il valore aggiunto lordo del 1994 che è ugualea 8.743.943,98 ATS che corrisponde al 45,9% dei ricavi complessividella gestione caratteristica, ed il valore aggiunto lordo del 1993 che èuguale a 8.577.008,69 ATS che corrisponde al 45% dei ricavi com-plessivi della gestione caratteristica. Se si detrae dal valore aggiuntolordo le quote di ammortamento si ottiene il valore aggiunto netto cheper l’esercizio 1994 è uguale a 6.900.195,75 ATS e che corrisponde al36,2% dei ricavi complessivi della gestione caratteristica, mentre ilvalore aggiunto netto dell’esercizio 1993 è uguale a 6.589.566,62 ATSe corrisponde al 34,6% dei ricavi complessivi della gestione caratte-ristica. Si può notare che il valore aggiunto lordo e netto dei due eser-cizi non divergono di molto: 1% fino 1,5%.

In questa sede però si deve osservare che l’impresa XYZ paga unnotevole affitto per la cava di pietra. Infatti l’affitto corrisponde nel1994 al 6,5% dei ricavi complessi e nel 1993 al 5,2% dei ricavi com-plessivi. Se invece la cava fosse di proprietà dell’impresa XYZ, allorasia il valore aggiunto lordo che il valore aggiunto netto sarebbero sicu-ramente maggiori. Precisamente il valore aggiunto lordo dei 1994 sa-rebbe uguale a 9.982.913,78 ATS e corrisponderebbe al 52,4% dei ri-cavi complessivi, mentre nel 1993 il valore aggiunto lordo sarebbeuguale a 9.536.474,95 ATS e corrisponderebbe al 50% dei ricavi

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complessivi. La dimensione del valore aggiunto netto invece dipende-rebbe dalla dimensione della quota di ammortamento calcolata per lacava di pietra che però difficilmente assumerebbe la stessa dimensionedell’affitto pagato.

La tabella seguente propone la gestione straordinaria dell’impresaXYZ che comprende i ricavi e le perdite dovute alla vendita di mac-chinari, ed i danni subiti e i risarcimenti ottenuti dalle assicurazioni.Comunque tutte le componenti ed il valore aggiunto conseguente sonominimi, dato che non corrispondono neanche al 1% dei ricavi com-plessivi della gestione caratteristica.

TABELLA 1.2: IL CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO DELLA GESTIONE STRAORDINARIA

Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%ricavi:Erlöse Abgang des AV 0,00 0,000% 100.638,00 0,528%Versicherungsentschädigungen 0,00 0,000% 9.005,00 0,047%somma ricavi straordinari 0,00 0,000% 109.643,00 0,575%

costi:Verlust Abgang des AV 4.649,00 0,024% 0,00 0,000%Schadensfälle 11.881,00 0,062% 2.820,00 0,015%somma costi straordinari 16.530,00 0,087% 2.820,00 0,015%

valore aggiunto della gestione straor-dinaria

-16.530,00 -0,087% 106.823,00 0,560%

La tabella sottoriportata invece rappresenta la gestione finanziariadell’impresa XYZ. In particolare si può notare una posizione che as-sume una notevole dimensione: l’utilizzo del fondo per la coltivazionedell’ambiente. L’impresa XYZ ha costituito un fondo che serve a fi-nanziare la coltivazione di piante nelle aree della cava già sfruttate. Ladimensione normale della spesa per la coltivazione ammonta attornoalle 120.000 ATS (0,6 % dei ricavi complessivi della gestione caratte-ristica) come si può vedere dal rendiconto reddituale del 1993, e nonattorno 1.350.000 ATS (7% dei ricavi complessivi della gestione ca-ratteristica). Quindi il fondo si ritiene possa essere stato utilizzato percoprire una perdita permettendo così di evidenziare un risultatod’esercizio positivo.

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TABELLA 1.3: IL CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO DELLA GESTIONE FINANZIARIA

Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%ricavi:Angleichung Deckungskapital 29.616,00 0,155% 41.468,00 0,217%

0,003%Bankzinsen 26.126,70 0,137% 15.698,30 0,082%Zinsen von Kunden 199,71 0,001% 0,00 0,000%Erträge Wertpapiere 4.396,00 0,023% 9.985,00 0,052%Erträge aus Abgang Wp 0,00 0,000% 645,00 0,003%Ertrag aus Kursdifferenz 0,00 0,000% 13.142,54 0,069%Pauschalwertberichtigung(Ertrag aus Herabsetzung)

34.057,00 0,179% 14.263,00 0,075%

Aufl. Investitionsbeitrag 15.779,00 0,083% 0,00 0,000%Aufl. Rücklage 100.638,00 0,528% 0,00 0,000%Benutzung Kultivierungsfond 1.350.000,00 7,080% 0,00 0,000%somma ricavi finanziari 1.560.812,41 8,185% 95.201,84 0,499%

costi:Verlust aus Kursdifferenz 9.338,29 0,049% 0,00 0,000%Zuweisung Invest. 201.159,00 1,055% 462.697,00 2,426%Zuweisung Rücklage 0,00 0,000% 100.638,00 0,528%somma costi finanziari 210.497,29 1,104% 563.335,00 2,954%

valore aggiunto della gestione finan-ziaria

1.350.315,12 7,081% -468.133,16 -2,455%

La tabella seguente invece rappresenta il valore aggiunto comples-sivo creato dall’impresa XYZ nell’esercizio 1994 e nell’esercizio1993, che sarà anche il valore che è stato distribuito alle varie classi diinteresse che hanno partecipato alla sua formazione. Il valore aggiuntocomplessivo si ottiene facendo la somma algebrica del valore aggiuntonetto della gestione caratteristica, del valore aggiunto della gestionestraordinaria e del valore aggiunto della gestione finanziaria.

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TABELLA 1.4: IL CALCOLO DEL VALORE AGGIUNTO DELLA GESTIONE COMPLESSIVA

Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%valore aggiunto netto della gestionecaratteristica

6.900.195,75 36,186% 6.589.566,62 34,557%

valore aggiunto della gestione straor-dinaria

-16.530,00 -0,087% 106.823,00 0,560%

valore aggiunto della gestione finan-ziaria

1.350.315,12 7,081% -468.133,16 -2,455%

valore aggiunto complessivo 8.233.980,87 43,181% 6.228.256,46 32,662%

Infine la tabella sottoriportata rappresenta la distribuzione del valo-re aggiunto complessivo dell’impresa XYZ. L’Arbeitsertrag com-prende i salari, gli stipendi, la remunerazione della GmbH per l’attivitàdirettiva, i contributi sociali previsti dalla legge e quelli volontari edinfine il trattamento di fine rapporto.

In particolare si può osservare che l’azienda non disponeva di unfondo sufficiente per il trattamento di fine rapporto. Infatti l’impresaha utilizzato il fondo solo per 93.925 ATS, mentre i rimanenti 476.232ATS gravano completamente sull’esercizio.

Il Kapitalertrag comprende la remunerazione del capitale di terzi ela remunerazione del capitale proprio. La remunerazione del capitaleproprio comprende anche la remunerazione della GmbH perl’assunzione della responsabilità illimitata (Haftungsvergütung).

Per quanto riguarda il Gemeinertrag si può notare che la Gewerbe-steuer è stata abolita nel 1994 ed è stata sostituita dalla Komunal-steuer. Inoltre si è rappresentato in modo separato il contributo pagatoal comune, dato che non è un’imposta vera e propria. Il contributo pa-gato al comune è dovuto all’utilizzo da parte dei camion dell’impresadi una strada comunale che attraversa tutto il paese e che è l’unicastrada di accesso alla cava. Il continuo passare dei camion deterioratale strada e di conseguenza il comune ha costretto l’impresa a parte-cipare alla manutenzione di tale strada attraverso il pagamento di uncontributo. Di conseguenza si è preferito rappresentare le imposte co-muni in modo separato dall’imposta pagata al comune per permetterela comparabilità nello spazio (fra imprese).

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Infine l’importo residuo, denominato Betriebsertrag, rimaneall’impresa stessa e corrisponde all’utile d’esercizio.

TABELLA 1.5: LA DISTRIBUZIONE DEL VALORE AGGIUNTO DELL’IMPRESA XYZ

Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%Arbeitsertrag:Lohn:Lohnkosten KV A/K3 1.609.855,73 8,442% 1.078.245,63 5,655%Lohnkosten über KV 670.411,28 3,516% 370.481,25 1,943%Lohnkostenprämien 31.300,00 0,164% 86.900,00 0,456%Überstundenzuschlag 197.592,56 1,036% 79.554,67 0,417%Aushilfslöhne 0,00 0,000% 6.200,00 0,033%Nichtleistungslöhne 420.860,08 2,207% 313.276,55 1,643%Urlaubszuschlag 33.143,00 0,174% 152.964,00 0,802%Krankenentgelt 789,67 0,004% 12.588,90 0,066%Weihnachtsgeld 207.519,53 1,088% 134.949,25 0,708%somma salari 3.171.471,85 16,632% 2.235.160,25 11,722%Gehälter:Fremdlöhne u. -gehälter 558.097,51 2,927% 10.036,00 0,053%Geschäftsführungsvergütung 710.738,92 3,727% 0,00 0,000%Gehälter 703.311,25 3,688% 667.089,62 3,498%Überstunden 44.213,20 0,232% 39.587,13 0,208%Nichtleistungsgehälter 136.659,33 0,717% 214.418,88 1,124%Weihnachtsgeld 61.000,00 0,320% 80.560,00 0,422%Urlaubsgeld 61.000,00 0,320% 80.560,00 0,422%somma stipendi 2.275.020,21 11,931% 1.092.251,63 5,728%Aufwendung für Abfertigung:Abfertigung 0,00 0,000% 476.232,00 2,497%Angleichung 8.001,00 0,042% -93.925,00 -0,493%somma 8.001,00 0,042% 382.307,00 2,005%Sozialabgaben (gesetzlich):Arbeitgeberanteil Arbeiter 746.536,40 3,915% 473.949,99 2,486%Arbeitgeberanteil Gehälter 184.423,53 0,967% 192.375,63 1,009%Sozialversicherung Unternehm. 0,00 0,000% 76.123,44 0,399%DB Arbeiter 143.753,73 0,754% 94.068,29 0,493%DZ Arbeiter 10.224,23 0,054% 6.687,92 0,035%DB Angestellter 45.279,27 0,237% 48.699,71 0,255%DZ Angestellter 3.219,77 0,017% 3.463,08 0,018%somma contributi sociali 1.133.435,93 5,944% 895.368,06 4,696%sonstige Sozialabgaben:freiwilliger Sozialaufwand 164.528,95 0,863% 142.743,56 0,749%Arbeitskleidung 39.417,97 0,207% 22.097,91 0,116%Reisekosten 5.585,90 0,029% 32.922,58 0,173%Schulung, Fortbildung 16.922,00 0,089% 8.100,00 0,042%

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Descrizione 1994 in Ats 0% 1993 in ATS 0%Betriebsveranstaltungen 0,00 0,000% 6.000,00 0,031%somma contributi sociali volontari 226.454,82 1,188% 211.864,05 1,111%An- und Rückreise D/K3A 40.609,76 0,213% 8.805,80 0,046%Km-Gelder 4.427,50 0,023% 516,00 0,003%somma Arbeitsertrag 6.859.421,07 35,972% 4.826.272,79 25,310%

Kapitalertrag:Fremdkapital:Bankzinsen 24.920,59 1,127% 256.428,53 1,345%Bankspesen 23.052,50 0,121% 31,416,66 0,165%Verzugszinsen 4.854,00 0,025% 204,00 0,001%Zinsen Schuldwechsel 13.843,75 0,073% 17.131,00 0,090%somma Fremdkapital 256.670,84 1,346% 305.180,19 1,600%Eigenkapital:Gesellschafterzinsen 33.531,00 0,176% 20.000,00 0,105%Haftungsvergütung GmbH 50.000,00 0,262% 50.000,00 0,262%somma Eigenkapital 83.531,00 0,438% 70.000,00 0,367%somma Kapitalertrag 340.201,84 1,784% 375.180,19 1,968%

Gemeinertrag:Komunalsteuer 126.025,00 0,661% 61.576,00 0,323%Straßenverkehrsbeitrag 204.660,00 1,073% 229.680,00 1,204%sonstige Steuern 0,00 0,000% 26.300,00 0,138%Gebühren u. Ablagen 92.598,38 0,486% 146.065,07 0,766%Grundsteuer 486,00 0,003% 607,50 0,003%Gemeindeabgaben 8.374,00 0,044% 8.166,00 0,043%Landschaftsschutzabgabe 157.681,93 0,827% 103.599,25 0,543%Gebühren u. Abgaben 48.372,00 0,254% 28.924,00 0,152%Gewerbesteuer 0,00 0,000% 106.100,00 0,556%Somma 638.197,31 3,347% 711.017,82 3,729%Straßenerh. Gmd Mellau 266.435,24 1,397% 229.310,22 1,203%somma Gemeinertrag 904.632,55 4,744% 940.328,04 4,931%

Betriebsertrag:Bilanzgewinn 129.725,41 0,680% 86.475,44 0,453%

valore aggiunto distribuito 8.233.980,87 43,181% 6.228.256,46 32,662%

Il valore aggiunto risulta da un complesso procedimento di calcoloe la sua quantificazione dipende principalmente dalle definizioniaddottate della componente positiva e negativa. Il valore aggiuntocomprende l’Arbeitsertrag (reddito distribuito al personale), ilKapitalertrag (remunerazione del capitale) ed il Gemeinertrag(reddito distribuito alla “mano pubblica”) ed il Betriebsertrag (reddito

149

che rimane all’impresa). L’Arbeitsertrag comprende i salari, glistipendi, i contributi sociali previsti dalla legge e quelli volontari ed iltrattamento di fine rapporto. Esso ammonta a 6.859.421,07 ATS erappresenta la quota più alta di valore aggiunto distribuito,precisamente il 83,3%. Il Fremdkapitalertrag invece comprende laremunerazione del capitale di terzi ed ammonta a 256.670,84 ATS cheè pari al 3,1% del valore aggiunto distribuito. L’Eigenkapitalertragcomprende la remunerazione del capitale proprio e la remunerazionedella GmbH per l’assunzione della responsabilità illimitata(Haftungsvergütung). Esso ammonta a 83.531,00 ATS, che corrispon-de al 1% del valore aggiunto distribuito.

GRAFICO 1.1: LA DISTRIBUZIONE DEL VALORE AGGIUNTO

DELL’IMPRESA XYZ DELL’ESERCIZIO 1994

83,30%

3,10% 11,00%1,60%

1,00%

Arbeitsertrag

Fremdkapitalertrag

Eigenkapitalertrag

Gemeinertrag

Betriebsertrag

I seguenti prospetti presentano il bilanci d’esercizio della GmbH edella GmbH & Co KG Tutti i prospetti sottoriportati sono stati utiliz-zati per il calcolo del valore aggiunto.

150

FIGURA 1.1: LO STATO PATRIMONIALE DELLA GMBH AL 31.12.1994

AKTIVAA. UmlaufvermögenI. Forderungen1. Forderungen gegen UnternehmenForderungen gegen beteiligte 291.600,00UnternehmenKontokorrentkonto XYZ Gmbh & Co 56.815,00Verrechnungskonto Gmbh 68.993,00 417.408,00

2.sonstige ForderungenFinanzamt 30.000,00sonstige Forderungen 13.860,00 43.860,00

Summe AKTIVA 461.268,00PASSIVAA. Eigenkapital

I. Nennkapital1. StammkapitalStammkapital 500.000,00

2.Nicht eingeforderte ausstehendeEinlagenAusstehende Einlagen -250.000,000

II. BilanzgewinnGewinnvortrag 49.000,0Bilanzgewinn 48.415,00 97.415,00

B. Rückstellunegn1. SteuerrückstellungenKörperschaftsteuer 1993 21.000,0Körperschaftsteuer 1994 10.000,00 31.000,00

C. Verbindlichkeiten1. sonstige VerbindlichkeitenVerrechnung DB 2.925,00Verrechnung DZ 208,00Verrechnung Personalabgaben 12.899,00Verrechnung Gebietskrankenkasse 21.560,00Gehaltsverrechnungskonto 42.216,00sonstige Verbindlichkeiten 3.045,00 82.853,00

Summe PASSIVA 461.268,00

151

FIGURA 1.2: IL RENDICONTO REDDITUALE DELLA GMBH DELL’ESERCIZIO 1994

1. sonstige betriebliche Erträgea. übrigeGeschäftsfuhrungsvergütung 710.738,92

2. Betriebsleistung 710.738,92

3. Personalaufwanda. GehälterGesellschaftergehalt 452.034,94Nichtleistungsgehälter 19.451,32Wwihnachtsgelder 57.750,00Urlaubsgelder 29.250,00 558.486,26

b. gesetzlich vorgeschriebeneSozialgabenArbeitgeberanteil 108.579,66DB Angestellte 25.132,00DZ Angestellte 1.787,00Lohnsummensteuer 16.754,00 152.252,66

4. Erträge aus BeteriligungenGesellschafterzinsen 23.415,00Haftungsvergütung 50.000,00 73.415,00

5. Zwischensumme aus 4 bis 4(Finanzerfolg)

73.415,00

6. Ergebnis der gewöhnliche 73.415,00Geschäftstätigkeit

7. Steuern vom Einkommen und vom ErtragKörperschaftsteuer 25.000,00

8. Jahresabschluß 48.415,00

9. Bilanzgewinn 48.415,00

152

FIGURA 1.3: LO STATO PATRIMONIALE DELLA GMBH & CO KG AL 31.12.94

AKTIVA

A. AnlagevermögenI. Immaterielle Vermögensgegenstände1. Software 2,00

II. Sachanlagen1. bebaute Grundstücke 26.176,002. Maschinen 2.857.594,003. Werkzeuge, Betriebsausstattung 1.557.472,00 4.441.242,00

III. Finanzanlagen1. Wertpapiere 61.230,00

B. UmlaufvermögenI. Vorräte1. Betriebsstoffe 23.195,002. fertige Erzeugnisse 818.900,00 842.095,00

II. Forderungen1. Foredrungen aus Lieferungen 1.185.436,212. sonstige Forderungen 3.645.811,077 4.831.247,98

III. Kassenbestand 771.512,36

C. Rechnungsabgrenzungsposten1. Transitorische Posten 11.340,00

Summe AKTIVA 10.958.669,34PASSIVA

A.Eigenkapital 1.000.000,00I. Kommanditkapital1. Einlagen Kommandatisten

B. Bedingt steuerfreie RücklagenI. sonstige unversteuerte Rücklagen I.1. Investionsfreibeträge gemäß § 10 1.552.279,00EStGb. Rücklage gemäß § 12 Abs. 7 EStG 0,00 1.552.279,00

C. Kontokorrentkonto der Gesellschafter1. Kontokorrentkonti der Gesellschafter 281.991,48

D. Rückstellungen

153

1. Rückstellungen für Abfertigungen 75.184,002. Steuerrückstellungen 17.422,003. sonstige Rückstellungen 487.000,00 579.626,00

E.Verbindlichkeiten1. Verbindlichkeiten gegenüber Banken 2.719.170,002. Verbindlichkeiten aus Lieferungen 3.630.466,393. sonstige Verbindlichkeiten 11.180.677,91 7.530.314,30

F. Rechnungsabgrenzungsposten 14.458,00

Summe PASSIVA 10.958.669,34

FIGURA 1.4: IL RENDICONTO REDDITUALE DELLA GMHH & CO KGDELL’ESERCIZIO 1994

1.Umsatzerlöse 19.092.879,82

2. sonstige Erlösea. Erträge aus dem Abgang vom 0,00Anlagevermögen.b. übrige 119.192,58 119.192,58

3. Betriebsleistung 19.212.072,40

4. Materialaufwand, Aufwendungenfür bezogene Leistungen 5.444.846,91

5. Personlaufwanda. Löhne 3.171.471,85b. Gehälter 2.275.020,21e. Aufwendungen für Abfertigungen 8.001,00d. gesetzlich vorgeschriebene 1.259.460,93Sozialabgabene. sonstige Sozialaufwendungen 226.454,82 6.940.408,81

6.Abschreibumgen auf immaterielleVermögens-Gegenstände und Sachanlagena. Planmäßige Abschreibungen 1.864.871,00

7. sonstige betriebliche Aufwendungena. Steuern 778.607,55b.übrige 3.732.443,79 4.511.051,34

8.Betriebsergebnis 450.894,34

154

9.Zinserträge, Wertpapiererträge 30.722,41

10. Erträge aus dem Abgang von Finanzaniagen 0,00

11. Zinsen und ähnliche Aufwendungen 267.149,34

12. Finanzerfolg -236.426,93

13. Ergebnis der gewöhnlichen Geschäftstätigkeit 214.467,41

14. Steuern vom Einkommen und vom Ertrag 0,00

15. Jahresüberschuß 214.467,41

16. Auflösung unversteuerter Rücklagena. sonstige unversteuerte Rückjlagen 116.417,00

17.Zuweisung zu unversteuertenRücklagena. sonstige unversteuerte Rückjlagen 201.159,00

18. Bilanzgewinn 129.725,41

FIGURA 1.5: PROSPETTO DI RAPPRESENTAZIONE DETTAGLIATA DELLE POSIZIONI

DELLO STATO PATRIMONIALE DELLA GMBH & CO KG AL 31.12.1994

Erläuterungen der AKTIVA 1994 in ATS 1993 in ATS

AnlagevermögenImmateriale VermögensgegenständeSoftware 2,00 2,00

2,00 2,00

SachanlagenGebäude 26.176,00 16.242,00

26.176,00 16.242,00

MaschinenMaschinen 2.791.873,00 3.168.122,00sonstige Geräte 65.721,00 0,00

2.957.594,00 3.168.122,00

(continua)

155

(segue)

Werkzeuge, BetreibsausstattungWerkzeuge 14.999,00 25.120,00Funkanlage, Telefon 35.273,00 49.234,00Büro-Container 205.590,00Büroeinrichtung 9.996,00 6.143,00Büromaschinen 3.123,00 4.369,00EDV 95.384,00 49.311,00PKW 37.383,00 21.701,00Fahrzeuge 800.078,00 1.271.868,00Klein LKW 92.000,00Anhänger 263.646,00 351.528.00

1.557.472,00 1.779.274,00

FinanzanlagenBeteiligungen 1.904,00 1.904,00Wertpapiere 59.326,00 60.035,00

61.230,00 61.939,00

UmlaufvermögenBetriebsstoffeTreibstoffe 11.795,00 7.532,00sonstige Betriebsstoffe 11.400,00 4.730,00

23.195,00 12.262,00

fertige ErzeugnisseWarenvorräte 818.900,00 932.800,00

818.900,00 932.800,00

ForderungenForderungen aus Lieferungen

Forderungen aus Lieferungen 1.185.436,21 1.758.375,43Pauschalwertberichtigung 0,00 -34.057,00

1.185.436,21 1.724.318,43

sonstige ForderungenVerrechnung Umsatzsteuer 46.401,00Finanzamt 46.568,54sonstige Forderungen 25.770,80 324.936,22Gewerbesteuer-Aktivierung 104.800,00 104,80Rückkaufswert Lebensversicherung 58.354,00 180.450,00Lohnvorschuß 20.193,00 20.000,00Forderungen aus EFZG-GKK 34.439,33 1.584,00signore XYZ 3.287.459,10 2.632.833,95Durchlaufskonto 21.826,00 24.381,00

3.645.811,77 3.302.385,17

(continua)

156

(segue)

KassenbestandKassa 60.621,25 34.420,80Bank X 290.340,69 476.570,89

Sparbuch 33.289,20 1.014.588,44Bank Z 387.251,22 1.130.915,46

771.512,36 2.656.495,59

Rechnungsabgrenzungspostenaktive Abgrenzung 11.340,00

11.340,00

Erläuterungen PASSIVA 1994 in ATS 1993 in ATS

EigenkapitalKommanditkapital 1.000.000,00 1.000.000,00bedingt steuerfreie RücklagenInvestitionsbeitrag 1990 0,00 274.881,00Investitionsbeitrag 1991 570.109,00 570.109,00Investitionsbeitrag 1992 318.314,00 334.093,00Investitionsbeitrag 1993 462.697,00 462.697,00Investitionsbeitrag 1994 201.159,00

1.552.279,00 1.641.780,00

Rücklage gemäß § 12 Abs. 7 EStG 0,00 100.638,000,00 100.638,00

Kontokorrenti der Gesellschafter 281.991,48 -31.762,28

RückstellungenRückstellungen für Abfertigungen 75.184,00 67.183,00Abfertigungsrücklage 75.184,00 67.183,00

SteuerrückstellungenRückstellung für GewSt 17.442,00 38.925,00

17.442,00 38.925,00

sonstige RückstellungenRückstellung für Kultivicrung 447.000,00 1.797.000,00Rückstellung für Rechtsberatung 40.000,00 40.000,00

487.000,00 1.837.000,00

VerbindlichkeitenVerbindlichkeiten gegenüber Banken 2.719.170,00 2.746.258,00

2.719.170,00 2.746.258,00(continua)

157

(segue)

Verbindlichkeiten aus Lieferungen 3.630.466,39 4.679.361,323.630.466,39 4.679.361,32

sonstige Verbindlichkeitenverschieden Verbindlichkeiten 85.780,38 255.957,37Finanzamt 0,00 40.940,00Finanzamt 0,00 32.423,00Dienstgeberbeitrag 14.855,00 13.308,00Verrechnung DZ 1.063,00 946,00Verrechnung Umsatzsteuer 0,00 810,46Verrechnung Straßenverkehrsabgabe 19.140,00 19.140,00sonstige Verbindlichkeiten 9.970,00 6.130,00Verrechnung Gebietskrankenkasse 130.946,53 112.242,52Lohnverrechnungskonto 173.855,00 142.908,00Verrechnung Urlaubskasse 87.184,00 66.608,00Gehaltsverrechnungskonto 248.434,00 519.979,00Verrechnung Personalabgaben 48.857,00 270.000,00 63.538,00Darlehen XYZ Gmbh 291.600,00 270.000,00Verrechnung Gmbh 68.993,00 0,00

1.180.677,91 1.544.930,35

RechnungsabgrenzungspostenZinszuschuß 609,68Zinszuschuß 14.458,56 28.917,12

14.458,56 29.526,80

FIGURA 1.6: PROSPETTO DI RAPPRESENTAZIONE DETTAGLIATA DELLE POSIZIONI

DELLO STATO PATRIMONIALE DELLA GMHH & CO KG DELL’ESERCIZIO 1994

Erläuterungen der Gewinn-und Verlustrechnung

1994 in ATS 1993 in ATS

UmsatzerlöseErlöse Schotter 6.709.382,04 8.882.678,92Erlöse Vordergrundsteine 2.629.367,37 482.335,29Erlöse Pflastersteine 1.587.965,57 1.221.441,77Erlöse Mauersteine 1.407.714,90 1.021.365,50Erlöse Frachten 2.808.371,45 3.375.365,07Erlöse Export 3.406.422,74 3.437.088,76verschiedene Erlöse 553.743,51 493.391,06Skontoaufwand -10.087,76 -12.760,22

19.092.879,82 18.900.906,15

Erlös Anlagenverkauf 0,00 70.640,000,00 70.640,00

(continua)

158

(segue)

ÜbrigeErlöse Sprengstoffe 35.592,73 5.907,93Erlöse Triebstoffe 4.768,49 4.886,82sonstige betriebliche Erträge 47.974,86 6.075,04Überzahlungen von Kunden 1.240,50 560,96Versicherungsentschädigungen 0,00 9.005,00Angleichung Lebensversicherung 29.616,00 41.468,00

119.192,58 67.903,75

Betriebsicistung 19.212.072,40 19.039.449,90

MaterialaufwandBestandveränderung 113.900,00 38.800,00Kies, Sand 324.473,57 1.603.302,25Kalk, Gips, ecc 295,59 0,00Betonkies 5,761,93 1.194.924,57Frostkoffer 483.239,83 510.867,10Pflaster- u. Wasserbausteine 2.038.164,28 1.092.951,39Betonrohre 393,57 0,00Kunstoffrohre 10.664,33 0,00Schächte 2.341,45 0,00Fertigbeton fremd 89.621,88 0,00Baustahlgitter 9.506,30 0,00StahL- u. Alufertigwaren 43.191,80 0,00KanthoLz u. Dielen 190,83 0,00Bretter 3.035,90 0,00sonstiges Bauholz 84.488,33 66.150,00Drahtstifte, Drähte 4.019,18 5.498,33Subunternehmer Planung 46.520,00 0,00Sonstiges Kleincisenzeug 8.463,44 5.544,96Warenbezugskosten 21.446,43 8.907,01Sonstige Fremdarbeiten 455.444,51 43.588,00Kleingeräte, Kleingerüste 29.074,68 16.890,34Transporte Fremd 130.140,85 175.623,96Sprengmittel 332.432,84 312.293,17Diesel 1.154.533,55 1.117.060,24Fremdgeräte u. Fremdpersonal 53.501,84 1.300,00

5.444.846,91 6.193.701,32

(continua)

159

(segue)

PersonalaufwandLöhneLohnkosten KV A/K3 1.609.855,73 1.078.245,63Lohnkosten über KV 670.411,28 370.481,25Lohnkostenprämien 31.300,00 86.900,00Überstundenzuschlag 197.592,56 79.554,67Aushilfslöhne 0,00 6.200,00Nichtleistungslöhne 420.860,08 3 13.276,55Urlaubszuschlag 33.143,00 152.964,00Krankenentgelt 789,67 12.588,90Weihnachtsgeld 207.519,53 134.949,25

3.171.471,85 2.235.160,25

Gehälter:Fremdlöhne u. -gehälter 558.097,51 10.036,00Geschäftsführungsvergütung 710.738,92 0,00Gehälter 703.311,25 667.089,62Überstunden 44.213,20 39.587,13Nichtleistungsgehälter 136.659,33 214.418,88Weihnachtsgeld 61.000,00 80.560,00Urlaubsgeld 61.000,00 80.560,00

2.275.020,21 1.092.251,63

Aufwendung fúr Abfertigung:Abfertigung 0,00 476.232,00Angleichung 8.001,00 -93.925,00

8.001,00 382.307,00

Sozialabgaben (gesetzlich):Arbeitgeberanted Arbeiter 746.536,40 473.949,99Arbeitgeberanteil Gehälter 184.423,53 192.375,63Sozialversicherung Unternehm. 0,00 76.123,44DB Arbeiter 143.753,73 94.068,29DZ Arbeiter 10.224,23 6.687,92DB Angestellter 45.278,27 48.699,71DZ Angestellter 3.219,77 3.463,08Kornunalsteuer 126.025,00 61.576,00

1.259.460,93 956.944,06

sonstige Sozialabgaben:freiwilliger Sozialaufwand 164.528,95 142.743,56Arbeitskieidung 39.417,97 22.097,91Reisekosten 5.585,90 32.922,58Schulung, Fortbildung 16.922,00 8.100,00Betriebsveranstaltungen 0,00 6.000,00

226.454,82 211.864,05

(continua)

160

(segue)

Abschreibungenplanmäßige Abschreibungen 1.843.748,23 1.987.442,07GWG 21.122,77 4.403,00

1.864.871,00 1.991.845,07

sonstige betriebliche AufwendungenSteuernStraßenverkehrsbeitrag 204,660,00 229.680,00sonstige Steuern 0,00 26.300,00Gebühren u. Ablagen 92.598,38 146.065,07Grundsteuer 486,00 607,50Gemeindeabgaben 8.374,00 8.166,00Landschaftsschutzabgabe 157.681,93 103.599,25Gebühren u. Abgaben 48.372,00 28.924,00Gewerbesteuer 0,00 106.100,00Straßenerh. Gmd Mellau 266.435,24 229.310,22

778.607,55 772.652,04

ÚbrigeReinigungsmaterial 4.750,00 5.071,67Elektromaterial 178,05 482,55Ersatzteile Geräte 561.588,35 435.186,49Reparaturmaterial 193.262,08 141.433,72Fremdreparaturen 195.770,71 85.899,33Schweißmaterial 13.192,37 3.368,00Werkzeug 40.404,18 10.886,88Fette, Öle 111.312,97 52.960,46Gas, Sauerstoff 21.196,69 18.299,13Instandhaltung Gebäude 49.454,85 86.551,84Instandh. Grundstückeinrichtug 69.375,00 6.900,00Instandhaltung B+G 40.600,56 29.598,36Instandhaltung LKW 615.554,92 462.449,90Haftpflichtversicherung C/K2 82.321,50 52.872,80Sonstige Versicherungen An- und Rúckreise 15.084,10 11.348,80Versicherungen KFZ 161.036,60 138.927,20An- und Rückreise D/K3A 40.609,76 8.805,80Krn-Gelder 4.427,50 516,00Pacht Steinbruch 1.238.969,80 979.466,16Gerätemieten 99.462,50 0,00Fremdmieten 0,00 4.000,00Telefon, Funk 97.687,10 82.466,14Postgebühren 10.604,50 7.546,00Strom 60.051,37 31.985,16Gas, Wasser 2.855,00 1.100,00Heizmaterial 18.532,63 40.277,49Reifen 247.912,00 237.279,32Benzin 6.630,31 11.400,82(continua)

161

(segue)

PKW Pajero 198.094,38 163.761,39PKW Mercedes 192.259,59 206.814,50PKW Subaru 17.500,38 15.615,60Büroaufwand 329.862,28 235.212,08EDV Kosten 16.242,50 0,00Werbung 91.251,30 40.271,06Rechts- u. Beratungskosten 32.561,00 56.576,00Sonstiger Aufwand 119.200,90 372.170,04Bankspesen 23.052,50 31.416,66Kursdifferenzen 9.338,29 -13.142,54Pauschalwertberichtigung -34.057,00 -14.263,00Kultivierungsaufwand -1.350.000,00 112.500,00Schadensfälle 11.881,00 2.820,00Buchwerte abgegangener Sach. 29.589,00 2,00Erlös Anlagenverkauf -24.940,00 -30.000,00Deponiegebühren 17.782,27 2.545,00Haftungsvergütung Gmbh 50.000,00 50.000,00

3.732.443,79 4.179.378,81

Betreibsergebnis 450.894,34 1.023.345,67

Zinserträge, Wertpapiererträge 26.126,70 15.698,30Bankzinsen 199,71 0,00Zinsen von Kunden 4.396,00 9.985,00Erträge Wertpapiere 30.722,41 25.683,30

Erträge aus dem Abgangvon FinanzanlagenVerkauf Wertpapiere 0,00 645,00

0,00 645,00

Zinsen und ähnliche Aufwände 214.920,59 256.428,53Bankzinsen 33.531,00 20.000,00GesellschafterzinsenVerzugszinsen 4.854,00 204,00Zinsen Schuldwechsel 13.843,75 17.131,00

267.149,34 293.763,53

Finanzerfolg -236.426,93 -267.435,23

Ergebnis der gewöhnlichen 214.467,41 755.910,44Geschäftstätigkeit

(continua)

162

(segue)

Steuern vom Einkommen u. ErtragGewerbesteuer 0,00 106.100,00

0,00 106.100,00

Jahresüberschuß 21.446.741,00 649.810,44

Auflösung unverst.RücklagenAufl. Investitionsfreibetrag 15.779,00 0,00Aufl. Rücklage gem § 12 100.638,00 0,00

116.417,00 0,00

Zuweisung zu unverst. RücklagenZuw. Investitionsfreibetrag 201.159,00 462.697,00Zuw. Rücklage gem § 12 0,00 100.638,00

201.159,00 563.335,00

Bilanzgewinn 129.725,41 86.475,44

2. Lo studio di un caso aziendale. L’impresa Migros

Il secondo caso di concreto calcolo del valore aggiunto ha per og-getto l’impresa svizzera Migros nell’ambito della redazione del bilan-cio sociale. La Federazione delle Cooperative Migros è un colosso checomprende una banca (Banca Migros), una compagnia di distribuzionedi prodotti petroliferi (Migrol), una società specializzata in organizza-zione di viaggi (Hotelplan), una società di informatica (M-Informatic),una compagnia di assicurazioni (Secura), una casa editrice (Ex Libris)ed altre ancora, più una serie di imprese di produzione che spazianodalle conserve alimentari ai biscotti. Il fatto più straordinario di questaimpresa di distribuzione è che probabilmente non ha eguali per qualitàe quantità dell’offerta di servizi primari e secondari, diretti ed indiretti,che abbiano come obiettivo primari la salvaguardia dell’ambiente e lasalvaguardia delle esigenze del consumatore.

I dati sono quelli relativi all’esercizio del 1994 e relativiall’esercizio del 1993. Innanzitutto si può osservare che Migros hacalcolato il valore aggiunto (Nettowertschöpfungsrechnung) dellagestione complessiva detraendo dall’Unternehmungsleistung (risultatocomplessivo dell’impresa) le Vorleistungen (beni e servizi apportati daeconomie terze) e le Abschreibungen (quote di ammortamento). Il va-lore aggiunto netto quindi corrisponde a 4.057 milioni di franchi sviz-

163

zeri per l’esercizio del 1994, mentre per quanto riguarda l’esercizio del1993 il valore aggiunto netto ammonta a 3.924 milioni di franchi sviz-zeri.

La Wertschöpfungsverwendungsrechnung invece rappresenta la di-stribuzione del valore aggiunto netto fra le varie classi di interesseaventi diritto che sono il personale, la “mano pubblica”, i titolari delcapitale di terzi, la società ed infine l’impresa Migros stessa. Al perso-nale è stato distribuito il 84,3 % dei valore aggiunto netto, mentre alla“mano pubblica” è stato distribuito il 2,7 %. La parte che è stata di-stribuito alla società e che riguarda impieghi a scopo sociale, culturaleed ambientale, è uguale al 2,6 % del valore aggiunto netto, mentre laremunerazione del capitale di terzi ammonta a 2,1 % del valore ag-giunto netto. Infine l’importo che rimane all’impresa Migros è ugualeal 8,3 % del valore aggiunto netto.

WERTSCHÖPFUNGSRECHNUNG DER MIGROS-GEMEINSCHAFT 1994IN DEN VORLEISTUNGEN SIND ALLE VON DRITTEN BEZOGENEN GÜTER UND

DIENSTLEISTUNGEN SOWIE AUFWENDUNGEN WIE MIETZINSEN, ENERGIE USW.ENTHALTEN.

A) Enstehung in Mio Fr. 1994 1993

Unternehmungsieistung 16.127 15.463- Vorleistungen 11.4361 10.963- Abschreibungen 634 576Nettowertschöpfung 4.057 3.924

B) Verteilung in % 1994 1993

an Mitarbeiter 84,3 84,0an öffentliche Hand 2,7 3,1an Gescllschaft 2,6 2,1an Kreditgeber 2,1 1,8an Unternehmung 8,3 8,4

Die Nettowertschöpfung zeigt den von der M-Gemeinschaft in einem Jahr geschaf-fenen Wertzuwachs. Im abgelaufenen Berichtsiahr beträgt die Nettowertschöpfung25,2 % der Unternehmungsleistung.

164

VERWENDUNG DER WERTSCHÖPFUNG

MitarbeiterDie nominelle Erhöhung beträgt Fr. 124,9 Mio, was einem prozentualen Zu-

wachs von 3,8 % entspricht. Diese Zunahme ergibt sich einerseits durch die an alleMitarbeiterinnen und Mitarbeiter gewährten generellen und auch leistungsbezoge-nen Lohnerhöhungen und andererseits durch die Zunahme der Personaleinheiteninfolge Expansion. Die Mitarbeiter partecipieren an der Wertschöpfung mit einemum 0,3 % höheren Anteil zum Vorjahr.

Öffentliche HandDer Anteil der öffentlichen Hand sinkt um 0,4 % Punkte, da die Steuerleistungen

für die Staats- und Gemeindesteuern wie auch für die Bundessteuern aufgrund dersteuerbaren Erträge rückläufig sind.

GeselschaftDie zuwendungen für kulturelle, soziale und wirtschaftspolitische Zwecke von

nominell Fr. 107,0 Mio oder 2,6 % der Wertschöpfung vermindert sich gegenüberdem Vorjahr um 0, 1 % Punkte. Die Ausgaben überschreiten nach wie vor den statu-tarischen Sollaufwand.

KreditgeberDer Anteil an die Kreditgeber erhöht sich um 0,3 % Punkte, bedingt durch die

Erhöhung des Fremdkapitals und die damit verbundene Zunahme des Netto-Finanzaufwandes.

UnternehmungObwohl im Zusammenhang mit der Ausland-Expansion höhere Kosten zu verzei-

chnen sind, kann der in der Unternehmung verbleibende Anteil aufgrund deserwirtschafteten Ergebnisses auf 8,3% gehalten werden.

165

GRAFICO 2.1: LA DISTRIBUZIONE DEL VALORE AGGIUNTO NETTO DELL’IMPRESA

MIGROS DELL’ESERCIZIO 1994

84%

3%3%

8%

2%

capitale di terzi

MIGROS

personale

Stato

società

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