Il corbezzolo pianta del Risorgimento italiano Mille piante per mille garibaldini
Anno 9, Secondo Numero Maggio 2011
Ist i tuto don Lorenzo Milani Liceo Linguistico, Musicale, delle Scienze Umane e delle Scienze Umane con opzione economico-sociale
Per l‟occasione delle celebrazioni dei
150 anni dell’Unità d’Italia, il comitato
appositamente costituitosi, l‟ANFOR
(Associazione Nazionale Forestali) e la
regione Puglia hanno pro-
mosso l‟iniziativa “Mille
corbezzoli per mille Garibal-
dini”. Obiettivo del proget-
to la diffusione di questo
alberello in giardini pubbli-
ci e spazi verdi urbani as-
sociando ad ogni pianta il
nome di un Garibaldino
dei Mille che partirono da
Quarto, per liberare la
nostra Italia Meridionale
dalla tirannide. Undici i siti
scelti in provincia di Bari e
tra questi il giardino del
Liceo Don Milani. La mani-
festazione di piantumazio-
ne, alla presenza del Sinda-
co, del Dirigente scolasti-
co e di altre autorità si è
svolta mercoledì 20 aprile
presso il sito scelto.
Ma come mai la scelta è
caduta proprio sul corbez-
zolo. Questo alberello nel Risorgimen-
to per i suoi tre colori portati con-
temporaneamente – il verde delle fo-
glie, il bianco dei fiori e il rosso dei
frutti proprio come la bandiera del
nascente Stato italiano – divenne il
simbolo della lotta di indipendenza.
In autunno i cespugli del sempreverde
corbezzolo, carichi di bianchi fiori e di
frutti rossi, spiccano nei boschi del cen-
tro-sud. Gli antichi lo associarono alla
dea Carna, protettrice del benessere
fisico: con un rametto di corbezzolo tra
le mani, la dea scacciava gli spiriti mali-
gni. Un corbezzolo compare anche nello
stemma della città di Madrid. I romani
consigliavano moderazione nel consumo
delle corbezzole. Non a caso il nome
latino della pianta è Arbutus unedo, da
unum edo, ne mangio uno. Le corbezzo-
le, che ricordano un po' una fragola ma
sono tondeggianti, sono piccole, con la
buccia rugosa e la polpa morbida e
giallognola, ricca di semini. Si raccolgo-
no quando sono belle rosse e morbide
al tatto. Hanno allora sapore dolce e
acidulo e si prestano alla
preparazione di marmellate
e bevande, oltre che alla
conservazione sotto spirito.
Sotto il profilo botanico il
Corbezzolo è un un picco-
lo albero appartenente alla
famiglia delle Ericaceae, diffu-
so nei paesi del Mediterra-
neo occidentale. Il poeta
Giovanni Pascoli dedicò al
corbezzolo una poesia. In
essa si fa riferimento al pas-
so dell'Eneide in cui Pallante,
ucciso da Turno, era stato
adagiato su rami di corbez-
zolo; il poeta vide nei colori
di questa pianta una prefigu-
razione della bandiera nazio-
nale e considerò Pallante il
primo martire della causa
nazionale.
Recita l'ode di Pascoli:
O verde albero italico, il tuo maggio
è nella bruma: s‟anche tutto muora,
tu il giovanile gonfalon selvaggio
spieghi alla bora.
E allora, corbezzoli! Buon corbezzolo
a tutti noi.
Prof. Nicola Tedesco
Cerimonia “Mille corbezzoli per mille garibaldini”: il Sindaco di Acquaviva
delle Fonti con gli studenti del “Don Milani” mette a dimora alcuni piante
di corbezzolo. 20 aprile 2011
PAGINA 2 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
Il corbezzolo 1
Risorgimento rosa 2
Lettera ad una professoressa 3
Giornata della memoria 4
Io leggo perché ... 5
Beati noi che studiamo il latino 6
Lettera a Maria Stella Gelmini 7
Io non ci sto agli stereotipi 8
Facebook: buono, brutto o cattivo 9
Quando i muri parlano 9
La vera storia di Don Clemente 10
Scomparse 11
Ti consiglio di non sprecare l‟acqua 11
Lettera di commiato alla vita da liceale
12
Fumetti in lingua 6-7-8
Sommar io:
La Redazione A.s. 2010/2011
Docenti: Fabio Caruso, Adriana Cassone,
Mariella Nardulli
Studenti: Pamela Palmirotta, Alessia
Gurabardhi, Greta Ciccarone, Paola
Nerilli, Giovanni Palattella, Marino
Caporusso, Lucia Lomuscio, Selene
Alberto, Giovanni D‟Elia, Alessio Giorgio,
Annalisa Petrera, Ester Pappalardo, Paola
Valentino, Maria Teresa D‟Ippolito,
Giovanna Franco, Gianluca Ferrulli, Rosita
Giove, Lucia Valentino, Nadia Andriola,
Maria Laura Giove, Dalila Tigri, Antonella
Lamanna, classi 4° AP, 1°A Scienze Umane
Inoltre hanno collaborato:
prof.ssa Giuditta Occhiogrosso, prof.ssa
Annamaria Dimaggio, prof.ssa Laura Nitti,
prof.ssa Annamaria Impemba, prof.
Nicola Tedesco.
Risorgimento rosa Siamo stati abituati a pen-
sare alle rivoluzioni come
a qualcosa di prettamente
appartenente alla dimen-
sione maschile. E in un‟e-
poca di conflitti qual è
stata quella del Risorgi-
mento, la donna era rele-
gata nel focolare domesti-
co, senza prender parte
alle rivolte in atto in que-
gli anni. Unico diversivo
per alcune, era quello di
cucire le famose “camicie
rosse” dei garibaldini. E
se è vero che, come ha
affermato Virginia Woolf
che “dietro un grande
uomo c‟è sempre una
grande donna”, non pos-
siamo dimenticare Anita,
l‟emblema per eccellenza
della donna del tempo, e
compagna dell‟”eroe dei
due mondi” Giuseppe
Garibaldi, che con corag-
gio e determinazione l‟ha
sempre seguito e sostenu-
to durante le eroiche
gesta.
Purtroppo le testimonian-
ze storiche non hanno
messo in luce molte altre
donne patriote; con orgo-
glio meridionale, possiamo
annoverare, invece, due
figure di straordinario rilie-
vo per la realizzazione del
progetto che mirava ad
un‟Italia unita e indipen-
dente.
La prima, Laura Battista, di
origini lucane, fin dalla più
tenera età si era fatta nota-
re per il suo animo liberale
e la sua raffinata prepara-
zione culturale, tanto da
fregiarsi dell‟appellativo di
“Leopardi in gonnella” per
la qualità delle composizio-
ni liriche e del fortunato
dramma storico ispirato
alle vicende di un giacobino
di Minervino Murge, fauto-
re della rivolta che scoppiò
a Napoli nel 1794.
Oltre la poetessa, ricordia-
mo le vicissitudini della
gentildonna pugliese Anto-
nietta De Pace, d‟estrazio-
ne sociale medio - alta, che
sin da giovanissima si schie-
rò contro il totalitarismo
dei Borbone. Prodezza e
audacia certamente non le
mancavano sicché, trave-
stita da uomo, prese par-
te ai moti del 1848. Colla-
borò con il comitato na-
poletano della “Giovine
Italia” ed istituì un circolo
femminile. Dovette sop-
portare la vergogna di un
processo e della galera
per le sue idee rivoluzio-
narie ma, non appena
ebbe riacquistato la liber-
tà, abbracciò la causa della
battaglia politica tanto che
nel settembre del 1860
entrò vittoriosa con Gari-
baldi a Napoli, avvolta nei
colori della bandiera na-
zionale. Per i suoi meriti
le furono affidati la gestio-
ne dell‟Ospedale del Gesù
ed un vitalizio “per i danni
e le sofferenze subite per
causa della libertà”.
Lucia Lomuscio 3^ D L
Sommario
Cara Professoressa,
forse non terrà conto di queste parole,
frasi abbozzate da alunne che hanno solo
voglia di far sentire la loro voce, dopo aver
riflettuto con molta attenzione su quanto
scritto da alcuni ragazzi della scuola di Bar-
biana, esperienza educativa avviata negli
anni „50 dal priore don Lorenzo Milani.
Il loro libro Lettera ad una professoressa
sembra quasi un canto di fede nella scuola,
nonostante le umiliazioni e le sconfitte
subite da questi stessi ragazzi.
E‟ in questa ottica che noi abbiamo letto il
libro ed ora ci accingiamo a scriverle questa
lettera.
Barbiana era una scuola particolare: studio
duro 10 ore al giorno per tutti i giorni,
compreso la domenica, le feste e l‟estate.
Non vi erano voti, né pagelle, né rischio di
bocciare o ripetere.
Era una scuola esigente, dai vasti interessi
dove si indicava un obiettivo alto: studiare
per uscire insieme dai problemi.
Uno dei ragazzi di questa scuola scriveva
nel libro “Ma se si perde loro, la scuola non
è più scuola. E‟ un ospedale che cura i sani
e respinge i malati”.
Oggi, a distanza di anni, la scuola è vera-
mente cambiata?
Continua ad essere un “ospedale che cura i
sani e respinge i malati” o un ospedale che
cura i malati e rende più forti i sani? Non
sembra spesso un parcheggio utile per per-
dere del tempo, un obbligo che bisogna
adempiere, perché imposto dallo Stato?
In realtà noi alunni siamo disorientati tra
ciò che apprendiamo nella scuola e ciò che
apprendiamo attraverso i mass-media.
Forse sarebbe necessario avvicinarsi mag-
giormente al nostro mondo degli alunni, un
mondo che risulta ogni giorno sempre più
tecnologico.
Le lezioni dovrebbero essere coinvolgenti
ed i ragazzi esserne il centro propulsore.
Non si può chiedere a noi alunni di essere
insegnanti, siamo semplicemente studenti,
ognuno diverso dall‟altro. Noi abbiamo
bisogno di parole di incoraggiamento e non
di uno sguardo pietrificante come quello
di Medusa.
Si dovrebbe andare a scuola per la voglia di
apprendere e per sete di conoscenza, pro-
prio ciò che spingeva Ulisse a continui ed
interminabili viaggi.
Quanti alunni, invece, studiano solo per
ottenere un buon voto, senza capire fino in
fondo le materie che studiano?
A cosa serve avere la sufficienza e poi non
saper niente?
Si pensa semplicemente al voto, ai debiti e
alla pagella di fine anno.
Si è chiesta perché? La risposta è semplice:
ci sentiamo in ogni momento giudicati.
Sarebbe divertente per noi mettere i voti
anche a lei, professoressa, e magari bocciar-
la come ha fatto con i suoi alunni: il sogno
di una vita.
I voti sembrano solo una punizione da subi-
re, numeri che spesso fanno soffrire.
Si è terrorizzati dal giudizio finale. Per molti
è appagante essere promossi a pieni voti e
mostrare la tanta sospirata pagella ai com-
pagni che hanno avuto qualche ”misera
sufficienza”, quella sufficienza, per cui un
alunno bocciato venderebbe l‟anima. I boc-
ciati si possono dividere in due categorie:
nella prima ci sono quelli che, demoralizza-
ti, studiano, ottenendo nient‟altro che la
disapprovazione di tutti, poi ci sono quelli,
a cui un‟ulteriore bocciatura provoca aper-
ta ribellione ed l‟assurda convinzione che
studiare sia inutile e che sia ormai troppo
tardi per recuperare.
Bisogna, invece, essere tenaci e scegliere di
frequentare una scuola, consapevoli delle
materie che si studiano e non perché non si
sappia dove andare o per seguire scelte dei
propri genitori. Bisogna prefiggersi degli
obiettivi e affrontare le difficoltà con buona
volontà.
La scuola deve essere formativa, non selet-
tiva e, qualora esistano disuguaglianze cultu-
rali tra ragazzi di provenienze sociali diver-
se, tocca alla scuola sanarle e non scacciare
per la strada, prima del tempo, i ragazzi in
difficoltà.
Una delle difficoltà più frequentemente
incontrate è quella di imbattersi in metodi
diversi, non solo passando da una disciplina
all‟altra, ma da un docente ad un altro della
stessa disciplina. Un buon metodo di studio
aiuta ad affrontare i vari argomenti con
semplicità.
Alcune materie possono essere anche inte-
ressanti, ma forse lo stesso insegnante può
renderle “antipatiche”. Molti non riescono
a capire ciò che studiano e finiscono per
non studiare affatto.
In realtà, professoressa, lei dovrebbe amare
il suo mestiere, provare piacere nello stare
con i loro ragazzi ed esserne la guida per
una crescita sana corretta, senza alcun tipo
di distinzione.
Si può affermare che oggi non esiste più
nessuna forma di discriminazione verso
alunni poveri e ricchi, ma per quanto ri-
guarda le cosiddette “preferenze” la situa-
zione forse non è molto cambiata. Lei, co-
me molti altri professori, forse preferisce i
ragazzi che la riempiono di moine, di com-
plimenti e di sorriseti falsi. Certo gli alunni
cercano sempre qualche scorciatoia, ma si
dovrebbero impedire questi imbrogli e
insegnare loro a difendere la propria digni-
tà .
Il motto da scrivere dovrebbero essere:
“Diventa uomo di valore, non di successo”:
è per questo che gli insegnanti meritano di
essere pagati, non per insegnare ciò che è
inutile.
La cultura è l‟unica arma che noi giovani
abbiamo per non essere ingannati dal siste-
ma, per essere in grado di dire “no” alle
ingiustizie e difendere la democrazia attra-
verso forti ideali. Senza la cultura di molti, il
potere andrebbe nelle mani di pochi.
I continui tagli alla scuola pubblica portano
inevitabilmente ad un calo di qualità, per
non parlare delle classi formate da trenta
alunni.
Alla scuola viene dato poco spazio e vengo-
no tolte tante cose, fra cui soldi per miglio-
rarla e renderla competitiva rispetto ad
altre enti o istituzioni.
Cosa dovremmo apprendere con la ridu-
zione di ore scolastiche?
Nessuno più ha tempo. Le ore si riducono,
i programmi si ampliano e tutto procede
frettolosamente. Così gli argomenti, dopo
l‟interrogazione, vengono completamente
dimenticati o rimossi.
Sarebbe preferibile fare il tempo prolunga-
to, andare a scuola anche il pomeriggio, per
arricchire il proprio percorso di studi e
poter svolgere meno compiti a casa, anche
se questi sono utili per verificare la cono-
scenza degli argomenti.
Odiabile ci sembra l‟idea che si possa otte-
nere di parlar corretto solo da un libro di
grammatica: si dovrebbe imparare prima
l‟arte dello scrivere e dopo applicarvi le
regole.
Inoltre sarebbe meglio sostituire l‟ora di
religione con lezioni di educazione civica o
sessuale oppure arricchire il sapere con la
conoscenza delle varie e diverse religioni
presenti nel mondo. Insegnare la sola reli-
gione cattolica è inutile, perché già studiata
durante il percorso di catechesi.
Si dovrebbero dedicare poi almeno due
ore settimanali alla discussione politica a
alla lettura di argomenti di attualità. Come
sostenevano i ragazzi di Barbiana, dai 12 ai
15 anni si deve apprendere la parola, mentre
dai 15 ai 21 è il momento di usarla nei partiti
e nei sindacati ed ora come non mai la no-
stra società ha bisogno di rinnovamento.
La prego di riflettere su quanto scritto,
altrimenti sarà stato tutto inutile e questa
rimarrà soltanto…una lettera ad una pro-
fessoressa.
Ora siamo qui ad aspettare una risposta.
Abbiamo fiducia che arriverà.
classe I A Scienze Umane
Lettera ad una professoressa
PAGINA 3 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
1° giorno: Uffa, la prof.ssa di italiano ci
costringe a partecipare, chissà che
noia: bisognerà imparare a memoria il
copione! Quanto tempo perso! E poi
perché continuiamo a parlare di questa
Shoah?!
1° settimana: Le parti ci sono state
consegnate; Sono lunghe e piene di
parole difficili, ci sembrano veramente
troppo lontane dalle nostre capacità.
La prof ci appare un po‟ scoraggiata.
2° settimana: La prof.ssa ci ha chiamati
fuori dalla classe durante l‟ora di psico-
logia, che fortuna, dovevamo essere
interrogati!
Dopo esserci riuniti fuori, abbiamo
provato la parte ma siamo ancora lon-
tani da un risultato accettabile. Povera
prof!
3° settimana, giorno prima della rap-
presentazione: dopo varie prove, tutte
molto faticose, ci accorgiamo che man-
ca solo un giorno alla „‟nostra fine‟‟.
Siamo un po‟ nel panico. La prof lo è
più di noi!!
26 Gennaio, giorno del debutto: Ci
sono moltissime persone; Noi „‟attori‟‟
facciamo chiasso, siamo molto nervosi!
È arrivata l‟ora , siamo pronti, il sipario
si apre …
Iniziamo la rappresentazione, ci trema-
no le mani! Ma miracolosamente tutto
sembra andare a posto.
Incredibile! Soprattutto le nostre parti,
le leggiamo con le giuste inflessioni …
Non riusciamo a crederci ( ci sembra
che anche la professoressa sia sbalordi-
ta, era più spaventata di noi!).
Terminata la rappresentazione, ci ap-
plaudono, siamo davvero soddisfatti!
Domani sarà più facile davanti ai com-
pagni … o più difficile?
Giovedì: Anche questa volta è andata
bene. Abbiamo imparato a lavorare
insieme, ma anche a riflettere su cose
che tutti noi non conosciamo.
Gianluca Ferrulli, 1^ AS
26 gennaio 2011: Giornata della memoria
Diario di sette partecipanti “volontari‟‟
PAGINA 4 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
Drammatizzazione in occasione della
giornata della memoria. Auditorium “Don
Milani”. 27 gennaio 2011
Concerto orchestra di chitarre. Auditorium “Don Milani”. 3 marzo 2011
Girovagando per le classi, ad ogni pro-
fessore, abbiamo dato un foglio con
scritte due semplici domande :
IO LEGGO PERCHE‟ e IO NON LEG-
GO PERCHE‟ .
Ci sono state delle risposte abbastanza
semplici, ad esempio „‟ io leggo perché
mi piace‟‟ , „‟ io leggo perché in questo
modo sono sempre informata sull‟attualità
„‟ , „‟ io leggo perché è necessario un ag-
giornamento sulle tematiche oggetto di
insegnamento „‟ oppure „‟ io leggo perché
mi distraggo „‟ , „‟ io leggo perché mi piace
essere informata su tutto, ma anche per-
ché la lettura rappresenta il mio hobby e
la mia passione ‟‟ .
Altre, invece, ci hanno colpiti di più.
Eccole qui riportate :
IO LEGGO PERCHE’ ..
È importante essere informati e
consapevoli. Il momento politico
del paese è troppo tragico per
permettere alla “casta” di farla
franca anche grazie alla nostra
disinformazione e ignoranza .
È utile allenare la mente a rifugiarsi
in contesti astratti o reali, ma dif-
ferenti dal quotidiano.
È la cosa più bella al mondo, per-
ché apre la mente e fa viaggiare.
Grazie alla lettura continuo a „‟
viaggiare „‟ pur rimanendo ferma.
Ogni libro è un viaggio dove in-contro persone e conosco luoghi.
Scopro mondi meravigliosi in cui
proiettarmi e perché la mia mente
si dispone scegliendo le mie
preoccupazioni in situazioni di-
stensive.
Arricchisco la mia mente, scopro
nuove cose, ho modo di confron-
tarmi.
Ho sempre amato la lettura come
ulteriore strumento culturale ed
etico, rinnegando totalmente gli
stupidi strumenti elettronici oggi
molto diseducativi.
La lettura mi fa viaggiare con la
fantasia. Vivo mille altre vite.
Leggere significa scoprire sempre
un‟altra parte di se stessi.
Leggendo „‟ si cresce „‟ .
Voglio capire me stessa, gli altri, il
mondo .
Amo identificarmi nella vita dei
protagonisti e vivere le loro emo-
zioni e sentimenti.
È interessante conoscere e sapere
quello che succede all‟interno
dell‟Istituto e poi è bello vedere i
ragazzi che si cimentano nello scri-
vere articoli di diversi argomenti.
.. IO NON LEGGO PERCHE’
E‟ impossibile !
Ho sempre meno tempo !
Alle volte sono stanca .
Giovanna Franco 1^AS
Io leggo perché...
PAGINA 5 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
Presentazione del romanzo “Che giorno sarà”: Enrico Ruggeri incontra gli studenti del “Don Milani”.
Il nostro è un articolo di risposta per
coloro che, nella precedente edizione
del giornalino scolastico, hanno
sostenuto di essere fortunati ad aver
abolito il latino dalle loro discipline di
studio. Noi, alunne del Don Milani,
appartenenti al corso delle scienze
umane, studiamo, invece, 3 ore di
latino a settimana.
Le nostre lezioni non sono mai noiose
e le consideriamo altamente formative.
Adesso vi spieghiamo il perché:
Studiare una “lingua morta” o meglio
“storicamente definita” (non più
soggetta a trasformazioni), libera dalla
pressione psicologica di un approccio
solo “comunicativo” ai fattori linguistici
e consente un‟analisi più consapevole e
metodologicamente approfondita.
Favorisce, inoltre, l‟acquisizione di una
forma mentis scientifica. << Tradurre è
interpretare; interpretare è risolvere
problemi attraverso ipotesi e
confutazioni. L‟attività di traduzione è
un autentico lavoro scientifico>>.
Per tradurre , infatt i , occorre
considerare molte variabili, operare
confronti, formulare e verificare
ipotesi, scegliere le soluzioni più
ragionevoli, risolvere problemi, come
nel problem-solving che rimane la vera
didattica di qualunque disciplina.
Quale vantaggio per le nostre menti,
più abituate ad “assorbire” che a
ragionare!
Riflettere sul latino ci apre, poi, un
universo linguistico a noi sconosciuto:
circa il 50% di tutti i vocaboli italiani e
ben il 98% delle 60.000 parole del
nostro lessico-base sono esiti italiani o
hanno etimologia latina.
Che emozione scoprire che molti dei
v o c a b o l i c h e u t i l i z z i a m o
quotidianamente hanno origine latina:
“alba”=“bianco”, “agenda”=“le cose da
f are” , “a l i a s”=“det to anche” ,
“curriculum vitae”=“carriera della
vita” , “def icit”=“mancanza di
qualcosa”, “excursus”=“digressione
(parentesi storica)”, “idem”=“la
medesima cosa”, ”in itinere”=“durante
il percorso”, “rebus”=“rompicapo”,
“salve”=“sta bene (formula di saluto)”,
etc.
Dalla conoscenza del latino deriva un
incredibile arricchimento del lessico,
sempre più impoverito dalla frettolosa
comunicazione tramite SMS e
dall‟italiano “televisivo”.
Le poche parole in nostro possesso,
sono un limite per la comunicazione e
per la comprensione dei testi.
Studiare e tradurre il latino permette,
inoltre, un indispensabile confronto
cont rast ivo con l e st ru tture
morfosintattiche della nostra lingua
materna neolatina.
Quante volte l‟insegnante d‟italiano ci
ha ripreso per uno scorretto uso dei
costrutti subordinati o dell‟uso dei
congiuntivi? Lo studio del latino ci aiuta
a recuperare l a corre t tezza
morfosintattica.
Conoscere il latino e saper tradurre
non sono, comunque, il fine del nostro
studio ma solo un mezzo per poter
leggere in originale pagine di grandi
classici come Catullo, Orazio, Tacito,
Virgilio, Seneca, Agostino …
Quale fonte di humanitas nelle pagine
dei nostri “padri”!
Quanti conoscono l‟ “homo sum” di
Terenzio, quanti i messaggi di Seneca
sulla “perfettibilità” dell‟uomo o
sull‟uso efficace del tempo, in un‟epoca
di “frettoloso agire”ma di scarsa
riflessione su “cosa è giusto fare”?
Ci sorge un dubbio: hanno ridotto o
eliminato lo studio del latino perché le
nostre menti si “addormentino” e
“masse informi” possano essere
facilmente manipolate?
Non lo sappiamo, ma siamo orgogliosi
di appartenere alla STIRPE DEI
LATINISTI!
Valete!
4^ AP e 1^ AS
Beati noi che studiamo il latino!
PAGINA 6 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
PAGINA 7 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
A Maria Stella Gelmini
Ministro della Pubblica Istruzione
Roma
La sottoscritta, studentessa del Liceo
Statale “Don L. Milani” di Acquaviva
delle Fonti, Le scrive questa lettera per
riflettere e discutere su alcuni punti
della sua Riforma.
Si cominciò a parlare di Riforma dell‟U-
niversità ben due anni fa. L‟idea, alla
quale tutti sembravano d‟accordo, ave-
va come valori l‟autonomia, la respon-
sabilità, la valutazione ed il merito.
In realtà la Sua Riforma, approvata il 23
dicembre 2010, appare lesiva dell‟auto-
nomia degli Atenei, nonostante questo
principio sia stato espresso nella nostra
Costituzione (Art. 33, comma 6): “Le
Istituzioni di alta cultura, Università ed
Accademie hanno il diritto di darsi
ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti
dalle leggi dello Statuto”.
Per non parlare poi del taglio di 8 mi-
liardi e mezzo di euro alla scuola pub-
blica, di 1 miliardo e mezzo all‟Univer-
sità pubblica e dei 232 enti culturali e
di ricerca “definanziati”. A questi tagli
si aggiunge “ovviamente” il finanzia-
mento alle scuole private.
In tal modo come si può garantire la
formazione delle future generazioni?
Qui Le si pone la prima domanda, a cui
forse potrà dare quella risposta difficile
da trovare.
Si dovrebbe porre, inoltre, l‟attenzione
sulle numerosissime mobilitazioni stu-
dentesche, che lei ha ritenuto poco
valide, in quanto “hanno riproposto
vecchi slogan di chi vuole mantenere lo
status quo, essendo aprioristicamente
contro qualsiasi cambiamento”
In tal modo non ha preso minimamen-
te in considerazione gli ideali di migliaia
e migliaia di studenti che si sono river-
sati nelle piazze italiane per protestare
e tentare di farsi ascoltare. Oltre ad
urlare il loro NO alla sua Riforma, gli
studenti hanno parlato di una proposta
di rinnovamento, di “Altra Riforma”
per ottimizzare l‟apprendimento e ren-
dere gli studenti attivi protagonisti di
una società in continua evoluzione,
credendo e lottando per la realizzazio-
ne di valori quali l‟uguaglianza e la giu-
stizia sociale. Nella manifestazione il
principale slogan è stato” Giù le mani
dalla scuola pubblica e dal diritto allo
studio” .
La Sua Riforma ,in effetti, non è altro
che l‟ennesimo attacco alla Scuola pub-
blica, attraverso dei tagli che riducono
notevolmente l‟accesso alla conoscen-
za.
Come si può dar torto a quei ragazzi
che hanno urlato: ”Ci vogliono igno-
ranti, ci avranno ribelli”?
La sua risposta è stata una non risposta
agli studenti o ,forse, noi tutti dovrem-
mo trovarla in quell‟inno nazionale che
150 anni di storia non hanno cancella-
to, un vero e proprio invito a svegliar-
ci, un incitamento alla lotta per essere
ascoltati, consultati e coinvolti, in mo-
do da realizzare percorsi formativi che
permettano l‟effettivo esercizio dei
propri diritti.
Le si chiede, pertanto, di tenere in
maggior conto le esigenze specifiche
della scuola italiana, mettendo a dispo-
sizione le necessarie risorse umane e
finanziarie.
Confidando in un Suo cortese riscon-
tro in merito, Le porgo distinti saluti.
Rosita Giove I^ AS
Lettera a Maria Stella Gelmini
PAGINA 8 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
Io non ci sto agli stereotipi Siamo vittime di una dittatura mediatica
Vi siete mai chiesti qual é l‟immagine
delle donne che propone la televisione
italiana? Da trent‟anni siamo ingabbiate
in un modello unico di donna che non
ci appartiene, che intende il corpo
femminile come un fenomeno da circo,
trasmettendo un‟idea di donna
contraffatta che non rispecchia affatto
quella che è la realtà.
Il target di bellezza sempre più
ristretto prevede corpi gonfiati a
dismisura, volti cancellati e privati di
ogni espressione grazie all‟intervento di
lifting e botulino. Le nostre facce
rappresentano la nostra storia, il
nostro vissuto. Oggi abbiamo bisogno
di facce che raccontino delle storie, di
volti che non si nascondano dietro una
finta e perenne giovinezza. In un paese
realmente democratico la tv pubblica,
ma anche quella privata, dovrebbe
offrire ai ragazzi tutti gli elementi
necessari per crescere ed avere delle
alternative, ma questo non sarà
possibile finché avremo una televisione
che propone un modello unico di
donna, corpo-oggetto. Siamo vittime di
una dittatura mediatica in cui il corpo
della donna è stato fatto passare come
una merce di scambio e di questo
nell‟ormai lontano 1972, un grande
intellettuale italiano come Pierpaolo
Pasolini, se n‟era già accorto. In una
celebre intervista affermò: “Qui la
donna è considerata a tutti gli effetti un
essere inferiore, viene delegata a
incarichi di importanza minima come
per esempio informare dei programmi
della giornata”.
È ora di dire basta a questo uso
perverso del corpo femminile usato
come cornice di una televisione
sessista e maschilista. Questi corpi
televisivi non si muovono verso una
reale emancipazione e lasciano passare
un messaggio gravissimo: se non
appaiamo non esistiamo. Non solo la
tv, ma anche la pubblicità degrada
l‟immagine delle donne attraverso un
uso dei corpi utilizzati per promuovere
automobili, divani e tanti altri oggetti di
uso comune, un voyeurismo sottile che
ci colpisce tutte quante. Il corpo
femminile non va, però, demonizzato,
non basta “coprire” le donne. Il corpo
delle donne, anche scoperto non è
qualcosa di cui vergognarsi o da
censurare, semmai lo è la sua
mercificazione. Una comunicazione che
sta dalla parte delle donne dovrebbe
proporre modelli estetici che non
siano finti e irraggiungibili, ma che
tengano conto di ciò che noi siamo
veramente.
Un altro genere di comunicazione in
Italia oggi è possibile, grazie al lavoro
prezioso di donne a cui va riconosciuto
di aver risvegliato le coscienze da
tempo addormentate . Non va
dimenticato il costante impegno di
molte giovani blogger italiane, che da
un anno a questa parte hanno portato
avanti una protesta civile di denuncia
verso le aziende che non rispettano i
nostri corpi, ottenendo molto spesso il
ritiro di campagne pubblicitarie
offensive e lesive. Le battaglie, se
portate avanti da soli non servono,
perciò è importante essere sempre di
p i ù a c o m b a t t e r e p e r u n a
rappresentazione pluralista della donna
da parte dei media. A questo proposito
voglio segnalarvi alcuni dei blog che si
occupano di queste tematiche: Vita da
Streghe, Il Corpo delle Donne, un altro
genere d i comun i ca z ione , e
l‟associazione Pari o Dispare.
Chiedo a tutte voi un piccolo
contributo, segnalando allo IAP
( I s t i t u t o de l l ’ a u t o d i sc i p l i n a
pubblicitaria) le immagini delle
pubblicità che vi sembrino offendere la
vostra dignità di ragazze, donne e
madri, per un mondo e una televisione
finalmente libera dagli stereotipi.
Giove Maria Laura 5^ AS
PAGINA 9 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
: buono, brutto o cattivo?
Qualche giorno fa ho avuto una
discussione con mio padre perché
stavo curiosando sui profili dei miei
amici su Facebook. Lui ha sempre
sostenuto che l‟iscrizione a questo
social network fosse sbagliata,
addirittura pericolosa, in quanto al
centro delle polemiche mondiali vi è
proprio la questione: FACEBOOK
“miracolo della globalizzazione o
strumento di catalogazione della
popolazione mondiale?” Io, invece,
sono stata sempre a favore di questo
potente mezzo di comunicazione. Al
che, mio padre ha detto: ma cosa può
avere di così positivo questo social
network, tanto da aver influenzato
p r a t i c a m e n t e l a s t r a g r a n d e
maggioranza dei sistemi pubblicitari,
aziendali e delle relazioni pubbliche?
Abbiamo così, tentato di stilare
insieme una lista di aspetti positivi che
potrebbero – forse – controbilanciare
gli innumerevoli aspetti negativi che
tutti si affannano a cercare.
Facebook è un importante mezzo di
comunicazione e l‟hanno dimostrato
quei libici, tunisini ed egiziani che,
stanchi di essere sottomessi ad un
dittatore, si sono ribellati in massa: ha
permesso una straordinaria e precisa
organizzazione senza che il governo si
accorgesse di niente. Dopotutto, cosa
avrebbe potuto scatenare uno stupido
giocattolo per ragazzini adolescenti?
Ma in effetti, è così che è nato. Dalla
mente di un ragazzo universitario che
voleva guardare le foto delle ragazze
matricole ed eleggere la più carina. Ma
tanto ha avuto riscontro, anche tra i
più colti e pomposi professori di
Harvard, che l‟idea è passata sotto l‟ala
protettiva di un‟azienda di informatica,
pe r po i d i v e n t a r e un l o go
internazionale indipendente.
Qualche volta ho sentito dire che FB –
acronimo con cui è conosciuto – in
realtà è una specie di Grande Fratello
di orwelliana memoria, ovvero un
sistema mondiale di controllo e
catalogazione di tutti gli abitanti del
p ianeta. Ma qualcuno obietta
giustamente: ma come è possibile?
Mica tutta la popolazione mondiale è
iscritta. Certo! basta eliminare il “terzo
mondo”, coloro che non possono
nemmeno permettersi una fetta di
pane al giorno, ma anche gli
irremovibili nemici della tecnologia, i
bambini troppo piccoli e coloro che
ancora non credono nelle sue
potenzialità. Tutto il resto, ovvero la
maggior parte, ha un bel profilo
firmato Facebook sulla rete.
Che sia un male o un bene, nulla vieta
l‟apprezzamento obiettivo delle qualità
del social network. Ritrovare vecchi
amici perduti da tempo, comunicare
con persone lontane, scambiare idee,
opinioni , cultura, imparare una nuova
lingua tramite scambi interculturali
online. Si pensi al fenomeno
dell‟occidentalizzazione dei giovani
musulmani,che ormai iniziano a
prendere le distanze dalle idee troppo
integraliste dei loro genitori. Non sono
più accecati dalle loro credenze
religiose e radicali, molte volte
distruttive; questo perché si lasciano
ormai sempre di più influenzare dai
loro coetanei europei ed americani,
loro amici su Facebook.
Il fenomeno è troppo radicato nel
nostre vite per poterlo sradicare.
Evitare i pericoli comunque reali della
rete è compito nostro in quanto
dobbiamo essere coscienti di ciò che
vogliamo che sia o non sia. Fino a
prova contraria, è ancora l‟uomo a
comandare la macchina!
Nadia Andriola 5^ BL
Quando i muri parlano Prof.: “I cavalli si
distinguono per la loro cavallinità”.
Prof.: (riferito alla
alunna Buttiglione) “ Big bottle stai attenta!”.
Prof.: “Toglietevi
tutto!” Alunno: “Prof. , forse voleva dire togliete
tutto dal banco!”.
Prof.: “Lindo, non
dare corda. Se la vuoi dare per farli impiccare si”.
Prof.: “Sorvoliamo
un velo pietoso”.
Prof.: “Per fare la
neve a teatro usava-no i cattanfiocchi”.
Prof.: “I punti neri
hanno il diritto di esistere. Non sia-mo razzisti!”.
Prof.: “I Sofisti vende-
vano fumo” Alunno: “E a quanto lo vendevano che lo vado
a comprare”.
Prof.: “Platone conte-
sta la Retorica, cioè l’arte del parlare” Alunno: “Perché era
sordomuto?”
Prof.: “R., vieni all’in-
terrogazione?” Alunno: “Rifiuto l’of-ferta e vado avanti”.
Prof.: “Chi era
Mosè?” Alunno: “Quello…dell’acqua”
Prof: “Sé…. l’ idraulico!”
Prof.: “Chi era Tutanka-
mon?” Alunno: “Era un ragaz-zo….”
Prof.: “……Che come me, amava i Beatles e i Roooolling Stones”
Alunno: “Professore ma
da dove la prendiamo la concentrazione di ac-qua?”
Prof.: “E do rubinet l’ ama pigghiè!”
Alessia Gurabardhi
Pamela Palmirotta, 3^ BL
Chi conosce la vera storia della Gio-
conda? Immagino pochi di voi, quindi
mi permetto di dare una mia versione
della vicenda.
Molto tempo addietro (non specificato
l‟anno) il 15 aprile nacque il maestro
Leonardo Da Vinci da tutti conosciuto
come Clemente poiché il suo nome
originale corrispondeva a quello di un
suo cugino e ahimè, quando qualcuno
pronunciava quel nome, poverini, si
voltavano entrambi; ma tornando a
noi, Leonardo, detto Clemente, era
figlio illegittimo dello stimato Piero Da
Vinci e di una giovane contadina di
nome Caterina. Piero Da Vinci non era
ricco ma apparteneva al ceto dei mer-
canti; Caterina era una contadina a dir
poco analfabeta, una di quelle che “non
riusciva a fare la O col bicchiere”. No-
nostante il suo analfabetismo smodato
era molto brava nel disegnare (ecco da
chi Leonardo, detto Clemente ereditò
la passione per l‟arte). Un bel giorno
Piero e Caterina si incontrano in un
campo mentre la donna coglieva dei
fiori e l‟uomo passeggiava alla ricerca di
un po‟ di aria fresca: fu subito amore e
la stessa notte Caterina rimase incinta.
Non essendo sposati non poterono
partecipare a Battesimo, Comunione e
Cresima del loro pargolo. Nel 1462 i
quattro (compreso il nonno) si trasfe-
rirono a Firenze. Nel 1464 Leonardo,
andò a vivere presso la sua matrigna
con suo nonno e suo padre Piero che,
dopo aver constatato che il ragazzo
era figlio di Caterina, la lasciò poiché
non voleva far sapere in giro che era
stato amante di una contadina analfabe-
ta. Da sottolineare che lo stimato Pie-
ro era uno di quei signori che amavano
le donne in tutti i sensi e a causa di
questa “sventura” Leonardo, si ritrovò ad avere 12 bambini (fra fratelli e so-
relle) da crescere e accudire con i qua-
li, una volta morto Piero, ebbe proble-
mi per l‟eredità. Per fortuna la sua di-
savventura come bambinaia ebbe fine
quando compì 10 anni e decise di anda-
re a studiare come apprendista nella
bottega di un certo Andrea del Ver-
rocchio: un anziano artigiano che molti
conoscevano come lo Scienziato a cau-
sa della sua voglia matta di sottoporre
la sua bottega a esperimenti di ogni
genere. In tale “laboratorio” (come
veniva denominato) che era un‟officina
di nuovi talenti, si studiava l‟arte della
scultura, del disegno, dell‟architettura e
si apprendeva quella della carpenteria,
della meccanica e dell‟ingegneria. Il
nostro protagonista si diplomò con
una media molto bassa perché, come
pochi possono immaginare, il suo più
grande problema era quello della di-
scontinuità nello studio e perciò fu
mandato a casa per poter essere edu-
cato alla continuità. A guidarlo affinché
apprendesse un buon metodo furono il
nonno e lo zio grazie ai quali imparò a
scrivere con la sinistra e al rovescio.
Dopo il diploma Leonardo, detto Cle-
mente cominciò a darsi da fare per
trovare un lavoro degno della sua sa-
pienza e del suo intelletto. Girò per
tutta Italia per anni e diventò molto
famoso per la sua bravura ma, per un
bel po‟ di tempo non riuscì a trovare
un ingaggio. Una sera, mentre si trova-
va a Napoli incontrò un uomo che gli
promise un lavoro all‟altezza delle sue
capacità e Leonardo, detto Clemente,
dopo aver preso l‟indirizzo dello sco-
nosciuto, accettò senza sapere che
grazie a quell‟impiego avrebbe incon-
trato l‟amore della sua vita, la sua musa
ispiratrice, la sua donna-angelo. L‟indo-
mani, il giovane maestro si recò dove
l‟uomo gli aveva indicato e poco dopo
il suo arrivo gli si accostò una donna
sulla trentina, bellissima che gli chiese:”
E‟ lei che mio marito ha ingaggiato per
il ritratto?” Leonardo abbagliato da
tanta bellezza non seppe rispondere,
allora la donna ripeté la domanda e il
giovane annuì senza emettere suoni. Costei lo invitò ad entrare e gli chiese
come preferisse lavorare: a porte aper-
te al pubblico o intimamente; Clemen-
te optò per la seconda proposta per-
ché gli sembrava la più idonea: l‟uomo
aveva fatto precisare dalla moglie che
avrebbe voluto vedere il dipinto già
terminato. Durante i primi incontri,
che servivano al pittore per progettare
l‟opera d‟arte, la donna parlò molto di
sé anche se Leonardo non le aveva
mostrato interesse per la cosa; raccon-
tò la sua vita:” Non mi conosce ancora.
Sono Annalisa Monna Lisa Gherardini
conosciuta più come Elisabetta Gio-
conda, sono cresciuta in un convento
non molto lontano da qui e non appe-
na ho raggiunto la maggiore età sono
stata promessa moglie a quest‟uomo di
cui porto il cognome: Francesco Barto-
lomeo del Giocondo ma, in tutta confi-
denza, l‟ho sposato solo perché è un
ricco possidente; non lo amo come lui
crede. Sono la sua terza moglie; le pri-
me due hanno racimolato un po‟ di
denaro e se la sono svignata lasciando
a questa innocente donzella tutta la
fortuna […]”. Il giovane Clemente
mentre era preso dalla progettazione
del quadro ascoltava le parole della
donna e apprese che in realtà anche lei
di lì a poco sarebbe scappata con un
po‟ di denaro del marito in tasca e si
sarebbe rifatta una vita. Così disse:”
Signorina lei non mi lascia scelta, devo
assolutamente proporle la mia idea!
Una volta terminato il ritratto, suo
marito mi pagherà profumatamente
perché è roba di gran valore la mia, nel
frattempo lei rubi più soldi che può e
quando sarò tornato partiremo insie-
me!” e la giovane donna rispose: ”Ma
lei non sarà mica matto? Mi sta dicen-
do chiaramente che si è invaghito di
me!” Senza rispondere il giovane si
avvicinò al viso della donna e la baciò.
Ci volle giusto il tempo di terminare il
quadro perché i due condividessero a
pieno il loro amore e l‟idea di scappare
insieme. Nessuno ha mai saputo come
sia andata a finire davvero: alcuni cre-
dono che i due siano vissuti insieme
nella residenza francese di Leonardo, altri sostengono che per paura di una
condanna Annalisa Monna Lisa non
abbia mai lasciato suo marito e altri
ancora, quelli come me, credono che
comunque sia andata, del loro amore
non si è mai saputo nulla.
Questa è la mia versione dei fatti. E la
vostra? Qual è?
Selene Alberto 3^ DL
La vera storia di Don Clemente Seducente (Leonardo
Da Vinci) e Annalisa Monna Lisa
PAGINA 10 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
PAGINA 11 ANNO 9 , SECONDO NUME RO
Ti consiglio… di non sprecare l’acqua
Un gruppo di cinque amici durante
un‟estate decide di andare ad esplorare
un‟isola deserta. Recuperata una barca,
i cinque amici, tutti tra i 23 e i 26 anni,
si dirigono verso l‟isola, ma già al loro
arrivo uno di loro perde lo zaino con i
viveri.
Dopo un lungo viaggio tra i boschi du-
rato tutto il giorno i ragazzi arrivano
ad un punto dove notano qualcosa di
strano!
Da lontano sembrava una casa, ma
avvicinandosi ancora scoprirono che
era un castello abbandonato. I ragazzi,
non sapendo dove dormire, si rifugiano
nel castello. Il castello era disabitato,
ma in sottofondo si sentiva un‟eco;
alcuni dei ragazzi erano spaventati,
mentre altri non temevano niente e
nessuno. Ogni ragazzo si faceva avanti
con la propria torcia, ma arrivati in una
grande stanza con una minuscola fine-
stra ad uno dei ragazzi cade la torcia e
nonostante le ricerche non lo trovano
più. I ragazzi arrivati al secondo piano
si fermano in una stanza per poter
passare la notte lì; dopo aver mangiato
qualcosa, si mettono a dormire. Uno di
loro non prendendo sonno si alza ed
esce dalla stanza e va in giro alla sco-
perta del castello.
Al mattino, accecati dal sole i ragazzi si
svegliano e notano l‟assenza del loro
amico. Pensando che l‟amico sia andato
via volontariamente, si dirigono verso
la spiaggia dove, la barca ormai non
c‟era più, adesso sono ancora più con-
vinti che lui per paura sia ritornato a
casa. Continuando la loro esplorazione
dell‟isola sentono una voce che gli
chiede aiuto e, preoccupati ritornano a
rifugiarsi nel castello. Essendo tardi i
ragazzi si addormentano con, in sotto-
fondo, la voce che gli chiede aiuto. Al
risveglio c‟erano solo tre ragazzi, quin-
di durante la notte era scomparso un
altro ragazzo. I tre rimasti, ormai spa-
ventati, riconducono quella voce al
loro amico, e sono intenzionati a sco-
prire che fine hanno fatto i due amici e
la barca; infatti controllano tutto il ca-
stello e arrivati in biblioteca mettendo
la mano su una macchia di sangue si
apriva un passaggio tra i libri. I ragazzi
anche se spaventati seguono quel per-
corso che li porta in una camera vuota
dove si trovavano le ombre dei loro
amici con delle catene alle mani, ai
piedi e al collo. Per poter liberare i
loro due amici, loro devono uccidere
lo spirito di un fantasma che improvvi-
samente li compare davanti. I tre com-
battono con il fantasma che viene ucci-
so e il suo spirito può andare nell‟aldilà
mentre quello dei due ragazzi ritorna. I
cinque amici, dopo la terribile avventu-
ra, riprendono la barca, ricomparsa
sulla spiaggia insieme alla torcia, e ri-
tornano a casa.
Brina Marco, Vincenzo Falchi, Claudia
Lamaddalena, Geralda Tosku, 2^AL
Scomparse
Nel mondo, lo
spreco di acqua
è molto frequen-
te perché pochi
purtroppo sanno
che, pur essendo
una risorsa natu-
rale rinnovabile,
con il passare degli anni, l‟acqua è di-
ventata una risorsa esauribile, del tutto
assente in molte zone del mondo, non-
ché un bene universale ed economico
sempre più caro. Inoltre quella dolce
costituisce solo il 3% dell‟acqua pre-
sente sul nostro pianeta ed in più i 2/3
di essa sono intrappolati nel sottosuolo
o influenzati dal problema dell‟inquina-
mento.
Non a caso, alcune associazioni inter-
nazionali, come l‟ONU, si impegnano
da anni, a garantirne anche in futuro
l‟indispensabile uso, riducendone gli
sprechi. L‟ONU,appunto, ha dichiarato
il 2003 “anno internazionale dell‟acqua”
e il 22 marzo “giornata mondiale
dell‟acqua”. Sempre secondo l‟ONU
nel 2032 il 60% della popolazione mon-
diale potrebbe non avere abbastanza
risorse idriche per soddisfare i propri
bisogni. Imparare a risparmiare l‟acqua
è, quindi, sia un gesto di civiltà che di
convenienza economica.
COME NON SPRECARE QUESTO
BENE PREZIOSO?
Noi della I^B linguistico, dopo aver
affrontato in classe questo problema,
abbiamo qualche consiglio da suggerire:
È consigliabile, quando ci si lava i
denti o le mani, tenere il rubinet-
to aperto, solo se necessario.
Quando ci si fa la doccia si può
ridurre la quantità d‟acqua da uti-
lizzare oppure si possono adottare
docce a risparmio energetico, in
modo da ridurre il consumo di
oltre il 70%.
Quando si lava l‟auto è meglio
utilizzare un secchio pieno d‟ac-
qua, piuttosto che la pompa, per-
ché con essa si possono consuma-
re anche 150 litri d‟acqua.
Si può risparmiare acqua anche
chiudendo il rubinetto mentre ci si
massaggia la cute durante lo sham-
poo e durante il tempo che serve
per il balsamo (uno o due minuti).
Sono parecchi litri d‟acqua se si
pensa alla pressione del rubinetto
della vasca e non cambia assoluta-
mente nulla.
Nonostante il famoso divertimen-
to con i cosiddetti “gavettoni”,
sarebbe meglio evitarli il più possi-
bile data l‟elevata quantità d‟acqua
sprecata.
Questi sono solo dei piccoli consigli
riguardo agli sprechi che per noi ragaz-
zi sono inconsapevolmente diventati
abituali, ma che con un po‟ di respon-
sabilità e attenzione si possono elimi-
nare. Dalila Tigri
Antonella Lamanna
1^ BL
Via Roma, 193 70021 - Acquaviva delle Fonti (BA)
IS TITUTO DON MILANI
L IC EO LINGUIS TICO, MUS IC ALE, DELLE SC IE NZE UMANE E
DELLE SC IENZE UMANE C ON OPZIONE EC ONOMIC O-S OC IALE
Tel.: 080 759347 Fax: 080 761021
E-mail: [email protected]
Non esiste un vascello veloce come un
libro per portarci in terre lontane
Sì, così pare, i cinque temuti anni di liceo sono “en train de finir”. Ciò che è suc-
cesso rimarrà uno sbiadito ricordo quan-do tutto ciò sarà alla spalle. E nel mo-mento in cui scrivo, la speranza che tutto ciò termini al più presto è tanta, immen-sa. Così come la nostalgia che proverò quando davvero tutto sarà finito, quando mi ritroverò a leggere il voto dell'esame, a fare quiz d'ingresso, a cercare lavoro... Saranno stati gli anni più belli? Non so, forse dicono tutti così perché semplice-mente gli anni successivi sono solo peg-giori. Niente più voglia di cambiare il
mondo, forse col passare del tempo a malapena si riesce a cambiare se stessi. Sono questi gli anni che decidono ciò che ognuno di noi sarà. Avvocati, psicologi, dottori, interpreti, cassa integrati, disoc-cupati, sposati, divorziati, conviventi. Quanto più profondamente avremo vis-suto questi anni, più saremo sicuri di ciò cui siamo destinati e soprattutto, voglia-mo essere. Non mi va di pensare di avere un ruolo già assegnato, non mi va di pen-sare che già qualcuno abbia deciso al
posto mio ciò che io vorrò essere. Se non è chiedere troppo, vorrei decidere della mia vita. Così come ognuno di noi, che ogni mattina entra in quell'aula con-trassegnata da un numero oltre il quale non v'è nulla, se non le speranze e le ambizioni per il futuro. Lascio tante cose, probabilmente tante quante ne ho apprese e imparate. E non parlo di libri, interrogazioni o compiti in classe. Quelle sono ca…te. Parlo di per-sone, di sguardi, volti, forse incontrati più
volte, forse soltanto una. Parlo di profes-sori che fanno ogni anno richiesta di tra-sferimento per essere più vicini a casa. Parlo di alunni che insultano tra i denti il professore “proprio quel giorno che non avevo studiato”. Si, proprio quei giorni. Parlo di chi ho conosciuto, di chi è appe-na arrivato, di chi se n'è andato da qual-che tempo, di chi ho odiato e di chi mi ha odiato, di quelli a cui mi sono affezionato e di chi ogni tanto si ricorderà di me, di noi, che quest'anno siamo lì, nell'ultima
aula in fondo a destra. E' vero, un articolo dovrebbe essere il più oggettivo possibile, dovrebbe sempli-cemente ritrarre un evento, un episodio. Non siamo solo liceali, siamo la storia di ognuno di noi che in fondo ogni anno si
ripete in ogni quinta, ma sempre in un modo particolare, vorrei pensare unico.
Non saremo la nostra cronaca, saremo ciò che abbiamo provato e vissuto, tra litigi, risse sfiorate, abbracci, discorsi alle spalle e pareri schietti, amicizie o rappor-ti più profondi. Saremo chi avremo in-contrato, le esperienze che avremo fatto, le delusioni che abbiamo avuto, i sogni che continueremo a fare.
Vanni Palattella 5^ BL
Esther Pappalardo e Paola Valentino, 3 ^ AL
Lettera di “commiato” alla vita da liceale Saremo chi avremo incontrato
Visita il sito dell’Istituto Don Milani
www.donmilaniacquaviva.it
La redazione
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