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Esotiche o già normalità?
DonnE in posizioni Di carriEra
Convegno a Merano17 novembre 2010
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contenuti del convegno“Donne in posizioni di carriera – Esotiche o già normalità?”, mercoledì, 17 novembre 2010, ore 9.00-13.10, Ospedale di Merano, Sala conferenze, 3. piano, edifico Reha
a cura diComitato per le pari opportunità e la valorizzazione delle differenze di genere dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige
segreteriaVia Karl-Wolf, 46 – 39012 Merano – Tel: 0473 /264884
in collaborazione con le relatriciDott.ssa Barbara PoggioMag.a Elisabeth Stögerer-SchwarzMag.a Maria Moser-Simmillcon la giornalistaSusanne Pitro
Dirigenza del progettoUlrike Lösch, Comitato per le pari opportunità e la valorizzazione delle differenze di genere, Merano
TraduzioneDott.ssa Cristina Algranati, Trento
controllo testiDott.ssa Flavia BasiliDr.ssa Ruth Happacher
Graficafuoricittà graphics
@2011 tutti i diritti riservati
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DonnE E carriEra 4
Ruth Happacher
carriEra Tra uomini E DonnE 6
Come superare la disparità?
Barbara Poggio
il soffiTTo Di crisTallo 12
Donne e funzioni dirigenziali: desiderio e realtà
Elisabeth Stögerer-Schwarz
DonnE in posizioni DirigEnziali 16
Una realtà dal comune o una normalità?
Maria Moser-Simmill
a proposiTo Di pErcorriTrici E Di pErsonE abiTuDinariE 24
Susanne Pitr0
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per questo motivo sarebbe utile cercare altre parole:
• avere successo
• dare voce al proprio talento
• potersi realizzare
ma anche:
• affermarsi
• essere in grado di dare indicazioni agli altri
• non (dover) tenere più conto di
È soprattutto quest’ultimo aspetto del “fare carriera” che viene spesso criticato.
In particolare le donne rifiutano tale comportamento e con ciò anche la carriera
stessa.
Ma la carriera è necessariamente connessa a questi aspetti negativi? Se si guar-
da in giro, si trovano esempi positivi di uomini e di donne, che pur progredendo
professionalmente non rinunciano a quelle caratteristiche che contraddistin-
guono le persone di qualità.
Naturalmente la carriera significa anche maggiori responsabilità: ciò può risul-
tare spesso faticoso e scomodo, perchè non ogni decisione godrà del consenso
da parte di tutti/e: è necessario avere coraggio. Chi ha però un obiettivo chiaro
troverà questo coraggio e la forza necessaria a perseverare. Ogni donna (come
anche ogni uomo) deve riuscire a scoprire il proprio scopo e capire cosa vuole
ottenere dalla propria vita. Bisogna sapersi ascoltare, cercare esempi positivi e
trovare, tra le numerose possibilità che, fortunatamente l’odierna società ci of-
fre, quella giusta/ quelle giuste. Il risultato compenserà la fatica.
Con il convegno sul tema “donna e carriera“, i cui risultati sono riassunti nel pre-
sente volume, il Comitato ha voluto creare una base di discussione. Vuole essere
di stimolo per le donne della nostra Azienda, affinchè siano facilitate a fare car-
riera.
Come si evince dai diversi contributi, gli ostacoli lungo questo percorso non si
trovano solo dentro di noi, ma in gran parte anche all’esterno. Vanno perciò mi-
gliorati gli ordinamenti legislativi, ma soprattutto sono le resistenze dentro la
nostra mente che devono essere superate.
DonnE E carriErala carriera non è un concetto neutro: ciascuna/o di noi attribu-isce ad esso, a seconda delle circostanze, aspetti positivi o negativi.
ruth HappacherPresidente del Comitato
per le pari opportunità e la valorizzazione delle
differenze di genere dell’Azienda Sanitaria
dell’Alto Adige
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È chiaro che questi processi richiedono tempo, dobbiamo, però, metterli in
moto. Tutti/e noi possiamo dare ogni giorno il nostro piccolo contributo al cam-
biamento secondo il proverbio: la goccia scava la pietra.
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Le organizzazioni lavorative sono contesti caratterizzati da molte diversità. Una
delle più rilevanti è sicuramente quella di genere. Con il termine “genere” mi
riferisco non alle differenze biologiche tra donne e uomini, ma alle differenze
socio-culturali che – sulla base di corpi diversamente sessuati – vengono pro-
gressivamente costruite nel corso della vita e riprodotte nelle pratiche e nelle
interazioni quotidiane, dando luogo a situazioni di asimmetria in diversi ambiti.
Nonostante la presenza delle donne nel mondo del lavoro sia progressivamen-
te aumentata negli ultimi decenni, continuano tuttavia a permanere diverse
asimmetrie. Tra queste richiamerei in particolare la persistenza di fenomeni di
discriminazione (nei processi di selezione, nei livelli retributivi... ), di segregazio-
ne orizzontale e verticale, ma anche l’emergere di nuove disuguaglianze legate
ad esempio alla diffusione di forme di lavoro atipico e di condizioni di precarie-
tà, che vedono un’incidenza maggiore nella componente femminile. Anche lad-
dove vengono adottate misure mirate a supportare la presenza femminile nel
mercato del lavoro, favorendo la conciliazione tra vita lavorativa e vita familia-
re, si rileva l’emergere di fenomeni di riproduzione delle disuguaglianze, perché
molto spesso gli strumenti di conciliazione (come ad esempio il part-time) sono
visti come alternativi alla carriera professionale.
L’asimmetria di genere nel mercato del lavoro ha dei costi rilevanti per la so-
cietà. In primo luogo dal punto di vista dell’equità, in quanto lede il principio di
parità tra donne e uomini, alla base dei moderni regimi democratici. In seconda
istanza dal punto di vista dell’opportunità, in quanto riduce i vantaggi derivanti
dal confronto e dalla collaborazione tra persone portatrici di diverse istanze e
specificità, che dovrebbe rappresentare un obiettivo imprescindibile soprattut-
to in contesti in cui l’attenzione alla diversificazione dei bisogni dell’utenza è
un fine organizzativo. Infine, va richiamato l’argomento dell’utilità, in quanto
l’asimmetria genera una perdita di efficacia, privando il sistema del contributo
di una parte consistente delle sue risorse.
Per spiegare l’esistenza e il permanere delle asimmetrie di genere, sono state
adottate molteplici chiavi di lettura, che hanno concentrato la loro attenzione
su diversi aspetti. Alcuni approcci hanno evidenziato l’esistenza di differenze
funzionali tra uomini e donne, partendo dal presupposto che la differenza fi-
sica tra uomini e donne si riflette in una differenza funzionale, che li rende cioè
adatti a svolgere ruoli e compiti diversi. Altre spiegazioni sottolineano invece
carriEra Tra uomini E DonnE
come superare la disparità?
barbara poggioRicercatrice Università degli
Studi di Trento
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occupanTi pEr sETTorE Economico E sEsso (Provincia autonoma di Bolzano, 2008)
34,1% Industria
57,1% Servizi
8,8% Agricoltura
84,7% Servizi 5,6%
Agricoltura
9,7% Industria
Fonte: astat 2009
maschi = 134.800
femmine = 100.500
i vincoli socio-strutturali che ostacolano la possibilità di sviluppo professionale
e di carriera delle donne. Ci sono poi letture che si sono concentrate sull’impatto
della socializzazione primaria sulla costruzione di diversi tratti di personalità
tra uomini e donne, come l’assertività rispetto alla relazionalità, che godono poi
di diversi riconoscimenti nei contesti lavorativi. I contributi più recenti si sono
invece concentrati sugli aspetti culturali, guardando al genere come ad un co-
strutto culturale e relazionale, qualcosa che viene costruito attraverso intera-
zioni sociali situate all’interno di specifici contesti organizzativi. Porsi in questa
prospettiva significa focalizzare l’attenzione sui sistemi di significato (simboli,
valori, norme, discorsi, narrazioni, ecc.) utilizzati dai membri delle organizzazio-
ni non solo per interpretare, ma anche per produrre e riprodurre le differenze tra
uomini e donne. Il focus si sposta dunque alle interazioni e alle pratiche sociali
che hanno luogo nelle organizzazioni. Il genere non viene visto come qualcosa
di esterno alle organizzazioni, ma piuttosto come qualcosa che si produce nelle
organizzazioni stesse, attraverso i modelli di gestione organizzativa, tramite le
relazioni tra i membri dell’organizzazione.
Questi diversi modi di interpretare le asimmetrie di genere hanno implicazio-
ni dirette sulle soluzioni adottate per contrastarle. Se infatti il problema è vi-
MeDIA ANNUA – CoMPoSIzIoNe PeRCeNtUAle
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sto come legato all’esistenza di un gap femminile rispetto al modello maschile,
dovuto al diverso investimento familiare delle donne, la risposta sarà quella di
equipaggiare le donne, puntando ad una sorta di omologazione rispetto agli uo-
mini, prevalentemente attraverso iniziative di carattere formativo per rinforzare
le conoscenze o le competenze di cui sembrano essere scarsamente attrezzate.
Se l’interpretazione si concentra sui fattori strutturali, gli interventi punteranno
invece a ridefinire gli equilibri numerici tra donne e uomini nei luoghi decisio-
nali (ad esempio attraverso le quote) o a supportarle nella gestione dei carichi e
delle responsabilità di cura, al fine di promuovere non tanto la parità formale,
ma piuttosto condizioni di pari opportunità. Se la chiave di lettura dominante
è quella della socializzazione primaria, le soluzioni saranno invece mirate alla
valorizzazione della differenza, o meglio della diversity, attraverso una accurata
gestione organizzativa che sappia mettere a frutto le diverse specificità (a volte
però con il rischio di consolidare vecchie disuguaglianze, o di crearne di nuove).
l’ultima opzione, più complessa, ma anche più efficace, è invece quella di agire
Valori assoluTi
posizione funzionale maschi femmine rapporto di lavoro
3 266 660 9164 458 766 1.2125 202 443 6426 140 343 4787 571 3.430 3.9598 63 50 1119 e più (b) 709 499 1.127
Totale 2.409 6.191 8.445
DisTribuzionE pErcEnTualE
3 28,7 71,3 98,94 37,4 62,6 99,05 31,3 68,7 99,56 29,0 71,0 99,07 14,3 85,7 99,08 55,8 44,2 98,29 e più (b) 58,7 41,3 93,3
Totale 28,0 72,0 98,2
(a) Esclusi gli assunti con contratto di diritto privato ed i supplenti
(b) Sono compresi anche i dipendenti dei livelli dirigenziali ed i medici
Fonte: astat
DipEnDEnTi pubblici DEll’aziEnDa saniTaria (a) pEr qualifica funzionalE E sEsso (2008)
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sulla leva culturale, intervenendo sulle pratiche di genere, ovvero sui modi in
cui il genere viene costantemente riprodotto, da donne e uomini, nella quoti-
dianità del lavoro, nelle regole informali delle interazioni organizzative.
Tra le azioni che possono rivelarsi di maggiore efficacia per incidere su-
gli orientamenti culturali si possono segnalare in particolare:
• la realizzazione di percorsi formativi finalizzati non tanto a potenziare le
competenze delle donne, quanto piuttosto a favorire una maggiore con-
sapevolezza dei modelli culturali dominanti ed una loro ridefinizione da
parte dei diversi attori organizzativi;
• l’adozione di interventi mirati a promuovere una ridefinizione dei model-
li di organizzazione dei tempi, che riconosca cittadinanza ad altri ambiti
vitali sia per le donne che per gli uomini, favorendo una più efficace con-
ciliazione tra vita personale e lavorativa (flessibilità oraria, servizi time-
saving, congedi di cura);
• lo sviluppo di interventi organizzativi mirati a modificare pratiche che
hanno implicazioni discriminanti all’interno dei contesti di lavoro (rivede-
re i sistemi di reclutamento, favorendo criteri di merito anziché di affilia-
zione, così come i modelli premianti basati sulla disponibilità di tempo a
favore di modelli più basati sul conseguimento degli obiettivi);
occupanTi parT-TimE pEr sEsso (Provonica autonoma di Bolzano, 1998-2008) – Percentuale sugli occupanti
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
23,1 23,926,8
28,9 28,5
32,8 34,436,2 35,9
37,7 37,2
5,04,14,14,03,23,03,23,0 2,92,54,8
maschi
femmine
Fonte: astat 2009
AMMINIStRAzIoNI Dipendenti a tempo parziale (b) Unità di lavoro a tempo pieno (c)
Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale
azienda sanitaria 73 2.840 2.913 2.384 5.123 7.507
DipEnDEnTi a TEmpo parzialE E uniTà Di laVoro a TEmpo piEno pEr sEsso nEllE amminisTrazioni locali (a) – (2008)
Situazione al 31.12.
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• la progettazione di strumenti e politiche di conciliazione non destinati in
via prioritaria alle donne, con il rischio di riprodurre le tradizionali aspetta-
tive ed asimmetrie di ruolo, ma anche, e magari soprattutto, agli uomini, in
modo tale da sfidare e mettere in discussione i modelli dominanti;
• lo sviluppo di dispositivi mirati a mettere in luce l’impatto di genere di scelte
organizzative e politiche, come ad esempio il gender budgeting e il gender
auditing, che consentono di misurare le ricadute di genere, in termini eco-
nomici ed organizzativi, dei comportamenti gestionali, e l’analisi dei costi di
non parità, che permette di mettere in evidenza i costi effettivi di politiche
gestionali poco sensibili alla questione delle differenze di genere;
• la promozione di azioni di sensibilizzazione mirate a scardinare le tradi-
zionali attribuzioni di ruolo sia a livello organizzativo che sociale, come ad
esempio le campagne pubblicitarie per incentivare l’utilizzo dei congedi
parentali da parte dei padri, favorendo così una ridefinizione dei ruoli e del-
le aspettative di genere, sia nelle famiglie che nelle organizzazioni.
Visto il forte radicamento dei modelli culturali di genere nell’agire organizza-
tivo, si tratta certamente di interventi ambiziosi, di non facile realizzazione e
spesso osteggiati da significative resistenze, ma che rappresentano certamente
la strada maestra per apportare effettivi e duraturi cambiamenti nelle pratiche
di genere delle organizzazioni.
Riferimenti bibliograficiGherardi S., Poggio B. Donna per fortuna, uomo per destino, Etas, Milano, 2003Poggio B., Murgia A., De Bon M. Interventi organizzativi e politiche di genere, Carocci, Roma, 2010
notaUlteriori materiali sono disponibili sul sito www.unitn.it/gelso
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“penso che il maggiore ostacolo
sia ancora nelle teste delle persone che associano
i compiti dirigenziali al sesso maschile.”
Britta Venturino, direttrice dell’Ufficio legale
del Comprensorio sanitario di Merano
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il soffiTTo Di crisTalloDonne e funzioni dirigenziali: desiderio e realtà
la buona notizia: Negli ultimi anni le donne hanno guadagnato moltissimo
terreno ed i maggiori successi di parità sono stati raggiunti nel settore della
formazione.
Ma vi sono anche notizie meno buone: le ragazze e le giovani donne continuano
a concentrarsi in pochi settori professionali tradizionalmente molto femminili,
sia nell’apprendistato che nello studio.
E nonostante il fatto che le ragazze abbiano maggiore successo scolastico ed
universitario e che le donne rappresentino il maggior numero di studenti/stu-
dentesse universitari/e, nelle posizioni al vertice sono ancora molto rare – in tut-
ti i settori: politica, economia, nelle scienze.
Ci sono quindi donne con una buona ed ottima formazione, ma ai vertici diri-
genziali sono presenti in dosi omeopatiche.
nonostante i successi di parità - proprio a livello legislativo - sono pre-
senti ancora molti concetti stereotipati nelle nostre menti per ciò che
riguarda il comportamento conforme al genere:
• È consolidata una suddivisione tradizionale del lavoro (familiare) secondo cui
è la donna che si occupa della famiglia ed è quindi responsabile della cura
della prole, dei parenti malati ed anziani. Il problema della conciliazione è
quasi esclusivamente delle donne e non è suddiviso tra i due genitori.
• Mentre lo stipendio delle donne è solo “uno stipendio aggiuntivo” per la fami-
glia, agli uomini viene ancora riconosciuto il ruolo di curare il sostentamen-
to della famiglia. I ragazzi programmano la loro carriera professionale più a
lungo termine, perché partono dal presupposto di lavorare per tutta la vita. Le
ragazze prendono già in considerazione delle fasi in cui si dedicheranno alla
famiglia, quindi fin dall’inizio prevedono di rinunciare alla carriera professio-
nale per la famiglia / la prole.
• i modelli comportamentali vengono appresi e rafforzati con l’educazione:
nella loro educazione i maschi vengono stimolati a rischiare ed ad essere am-
biziosi, mentre nelle ragazze viene lodata la diligenza e la riservatezza. Questi
modelli vengono mantenuti anche nell’età adulta.
• Inoltre vengono attribuite al genere qualità personali: agli uomini vengono
ad esempio attribuite delle forti qualità di leadership, mentre le donne vengo-
Elisabeth stögerer-schwarz Dipartimento donne e pari
opportunità regione Tirolo (A)
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no associate soprattutto alle competenze assistenziali e di cura, i cosiddetti
“soft skills“.
conclusioni
Devono cambiare i concetti nella mente delle persone ed il modo di rapportarsi
gli uni agli altri. Per fare questo è necessario rompere gli stereotipi consolidati.
Gli stereotipi di genere sono considerati come uno dei fattori chiave che sbarra
la via alle donne. Le aziende sprecano risorse umane se valutano le persone in
base al loro genere e non in base alle loro prestazioni.
Anche la commissione Europea fornisce delle indicazioni strategiche per in-
serire più donne negli organi decisionali.
La diseguaglianza di trattamento tra donne e uomini costituisce una violazio-
ne dei diritti umani. Inoltre, per il settore economico, questa discriminazione ha
come conseguenza l’impossibilità di sfruttare appieno il proprio potenziale e la
perdita di preziose competenze. La promozione della parità tra uomini e donne
è vantaggiosa sia per l’economia, che per le singole imprese.
Le donne sono importanti “Stakeholder” ovvero centri di interesse di un’impresa
come clienti, collaboratrici, fornitrici ed in quanto tali devono essere rese par-
tecipi delle decisioni e quindi partecipare alla direzione dell’impresa, visto che
è nei vertici dirigenziali che vengono prese le importanti decisioni strategiche,
economiche e relative al personale, di fondamentale importanza per il futuro
dell’impresa.
la diversità nella composizione degli organi decisionali, cioè soprattutto la vi-
sibile presenza, in maniera rilevante, di donne, è un importante fattore di suc-
cesso.
campi D’azionE pEr i cambiamEnTi
strumenti per aumentare la percentuale femminile:
1. quote rosa (soprattutto in politica): previste per legge o auto-imposte,
le quote sono molto utili per raggiungere un cambiamento veloce. Le quote
non sono eleganti, ma efficienti; però come unico strumento non garanti-
scono il successo. Vanno accompagnate da altre misure. È altresì necessaria
una tradizione politica di tipo paritaria e che sia radicata nella rispettiva
società.
2. “codici di corporate governance“ sono misure di autoregolazione vo-
lontarie per le imprese in generale ed obbligatorie per le imprese quotate in
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borsa nei rispettivi paesi. Se non è possibile ottemperare alle singole clauso-
le del codice (ad esempio quota rosa), va motivato.
3. regolamentazioni legislative:
• Leggi sulla parità di trattamento
• Nel diritto societario: la Norvegia ha inserito nel diritto societario una
quota rosa per il consiglio d’amministrazione ed ha attuato questa nor-
ma in modo coerente.
ulteriori provvedimenti:
• Programmi di mentoring;
• Permettere alle donne pari accesso alla formazione all’interno dell’azienda;
• Non svantaggiare la carriera di donne e di uomini con compiti assistenziali /
rendere possibile incarichi dirigenziali in regime di part-time;
• Sostenere l’orientamento verso la carriera delle donne e facilitare le pari op-
portunità nella progressione professionale: programmazione della carriera
professionale, modelli funzionali/ modelli di ruolo, coaching;
• Procedure di selezione delle posizioni dirigenziali trasparenti e bandi neu-
trali rispetto al genere;
• Rendere visibili le prestazioni / le competenze delle donne ad esempio con-
ferendo onorificenze, fare pubblicità, lobbying;
• Istituire banche dati;
• Porre l’attenzione nella nomina e nell’affiancamento dell’incarico di compo-
nenti delle commissioni ad una equilibrata partecipazione di donne e uomi-
ni;
• Programmi di sostegno alle donne;
• “Empowerment” delle donne.
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“oggi è diventato sicuramente più difficile per le donne raggiungere
una posizione dirigenziale rispetto a quanto lo era
10 o 20 anni fa.” Agnes Mayr,
primaria dell’Ospedale di Brunico
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A prima vista l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige è un azienda con una forte pre-
senza femminile. Nel settore amministrativo, assistenziale ed anche nei servizi
medici la dominante presenza femminile è evidente. Complessivamente quasi
tre terzi degli impiegati sono donne. Bisogna dare una seconda occhiata ovvero
leggere le statistiche, per vedere come le funzioni dirigenziali e decisionali siano
distribuite in modo “diseguale” tra donne e uomini: più del 60% delle posizio-
ni dirigenziali nell’azienda sono occupate da uomini, meno del 40% da donne.
Questo squilibrio tra i sessi cresce con l’aumentare del livello professionale e
della gerarchia delle posizioni. (vedi tabella sottostante)
DonnE in posizioni DirigEnzialiuna realtà fuori dal comune o una normalità?
Donne in posizioni dirigenziali nell’azienda sanitaria (dati dell’azienda, 2009)
dirigente sanitario/a di strutture complesse
dirigente sanitario/a di strutture semplici
coordinatrici / coordinatori
direttrici / direttori di ripartizione
114
115
12
10
35
9
Donne
uomini
172 62
pErsonalE DirigEnzialE suDDiViso pEr sEsso nEl sETTorE DElla saniTà
Le strutture complesse nel settore medico sono dirette per meno del 10% da
donne. Qui si vede in modo evidente come la gerarchia dei gruppi professionali
e la suddivisione storica tra i compiti di uomini e donne, si siano riprodotte nel-
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le categorie professionali (personale medico = uomini, personale assistenziale =
donne). Dagli anni 80 questa suddivisione sta subendo forti cambiamenti. Nel
frattempo la percentuale di donne che si laureano nelle discipline mediche è tra
il 50 ed il 70%. Ma nelle posizioni dirigenziali, al vertice dell’Azienda sanitaria, e
nell’amministrazione la presenza femminile diventa rara, ovvero le donne rap-
presentano ancora un’eccezione.
Sussistono quindi ottime ragioni per analizzare i motivi e le cause alla base di
questi dati statistici. Perché non è una “normalità” che le donne siano rappre-
sentate in modo corrispondente alla loro percentuale numerica ed alla loro
qualificazione professionale anche nelle posizioni dirigenziali? I tentativi per
spiegare questo fenomeno e le giustificazioni sono numerose e molto diverse
tra loro. Resistono con tenacia i pregiudizi che cercano di giustificare questo
“squilibrio” come “normale” o “naturale”.
moTiVi pEr la DispariTà Di gEnErE a liVEllo Diri-gEnzialE: prEgiuDizi o rEalTà?
1. “Le donne non sono interessate ai compiti dirigenziali o dispongono di
minori presupposti professionali o personali rispetto agli uomini”, questo è
uno dei tentativi di spiegazione e giustificazione preferiti.
2. Lo squilibrio è cresciuto storicamente e cambierà in modo quasi automati-
co, nella misura in cui le donne si affermeranno nel settore medico.
3. Nella carriera professionale femminile la creazione di una famiglia e le dif-
ficoltà a conciliare la famiglia ed il lavoro fungono da criteri “knock-out” nel
tentativo di accedere a compiti dirigenziali.
4. “I compiti dirigenziale sono connotati al maschile” – Le funzioni dirigenziali
sono collegate quasi istintivamente al sesso “maschile” e sussistono delle
“barriere d‘accesso” (formali o informali) nei bandi, nei concorsi o al mo-
mento della nomina per mantenere questo stato “naturale”.
Questi pregiudizi e queste supposizioni sono stati studiati e valutati nell’ambi-
to di una ricerca sul tema “carriera delle donne nell’azienda sanitaria”.
Circa 250 dirigenti donne dell’Azienda sanitaria sono state intervistate tramite
questionari ed interviste personali per rilevare informazioni sulla motivazio-
ne per la propria carriera dirigenziale, sulle esperienze vissute nello svolgere i
compiti dirigenziali e sugli ostacoli che hanno incontrato nell’azienda in quanto
donne.
maria moser-simmillConsulente di organizzazio-ne e di gender, Linz (A)
18
nEl corso DEl conVEgno i primi risulTaTi sono sTaTi oggETTo Di DiscussionE:
le donne vogliono partecipare allo sviluppo e si sentono responsabili.
Quali sono state le motivazioni delle donne intervistate ad assumere una po-
sizione dirigenziale? Le più citate sono state: il desiderio di partecipare mag-
giormente e di influire sullo sviluppo dell’azienda, inoltre, il piacere di condurre
collaboratrici e collaboratori e di lavorare in team ed infine la disponibilità ad
assumersi maggiori responsabilità. Un ruolo minore hanno avuto le considera-
zioni di natura economica o le intenzioni di fare carriera ovvero il miglioramen-
to dello status sociale che consegue ad una posizione dirigenziale (“desiderio di
carriera”). Da altre indagini si sà che queste ultime motivazioni hanno un ruolo
molto più importante per gli uomini per spingerli a candidarsi per una posizione
dirigenziale.
le donne contribuiscono da sole al loro “empowerment”.
Contrariamente ai preconcetti dominanti, le dirigenti intervistate si sono pre-
parate sia personalmente che professionalmente al loro compito dirigenziale,
hanno avuto esperienze pratiche sufficienti e nella fase iniziale hanno ricevuto
sostegno dalle colleghe e dai colleghi. Hanno acquisito la necessaria qualifica-
zione per i compiti dirigenziali tramite corsi di management e la possibilità di
fare adeguate esperienze nella fase iniziale, lavorando in modo auto-respon-
sabile ed autonomo e costruendosi in questo modo la necessaria sicurezza e
competenza professionale. Le donne hanno goduto sostanzialmente in misura
minore del sostegno mirato da parte dei superiori o delle reti sociali dominate
dagli uomini, rispetto a quanto accade nel caso di dirigenti uomini.
Per adempiere ai loro compiti dirigenziali e per rispondere alle esigenze che la
loro posizione richiede, le donne intervistate puntano molto sulla formazione e
sullo scambio (informale) con gli altri dirigenti e con colleghe e colleghi. Alcune
dirigenti si rammaricano dell’assenza di un periodo di inserimento al lavoro e
della carenza di riconoscimento o, detto in altre parole, dei pregiudizi dei diri-
genti e colleghi uomini. Il “dover dimostrare come donna in una posizione diri-
genziale di valere il doppio”, non è ancora un fenomeno del passato nemmeno
nell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige.
le dirigenti hanno formulato vari punti di partenza e suggerimenti su
come organizzare nel modo migliore e più efficiente i compiti manage-
riali. alcuni vengono citati in seguito come esempio:
• “Maggiore sostegno da parte del management, ad esempio grazie ad una
migliore politica di informazione sull’orientamento strategico, la parteci-
19
pazione agli accordi sugli obiettivi da raggiungere, un appoggio al raggiun-
gimento degli obiettivi ed un miglioramento della qualità”, renderebbero i
compiti dirigenziali più facili. “Compiti ed obiettivi ben definiti, una migliore
collaborazione tra le persone di contatto interno, come ad esempio la dire-
zione medica, maggiore flessibilità nella pianificazione dell’impiego delle ri-
sorse”, sono elementi ulteriori che renderebbero più semplici i compiti delle
dirigenti.
• A prima vista questi suggerimenti non sono specifici rispetto al genere, bensì
indicano un potenziale di ottimizzazione dei processi organizzativi. Nell’a-
nalisi del comportamento dirigenziale femminile si osserva spesso che “le
donne reagiscono in modo più sensibile e con concrete proposte di miglio-
ramento ai difetti del sistema”, risultato che trova riscontro anche nel son-
daggio sulle dirigenti nell’Azienda sanitaria. Le donne interpretano il loro
compito manageriale ed il loro ruolo di guida tendenzialmente (senza vo-
ler generalizzare!) in modo più concreto, sono più orientate all’obiettivo ed
all’efficienza e meno allo status rispetto agli uomini. Per assolvere meglio
i compiti manageriali, le donne puntano di più rispetto agli uomini a stru-
menti di supporto come il coaching personale, la supervisione e lo scambio
con colleghe e colleghi in circoli di qualità.
un/a buon/a DirigEnTE Ha qualiTà Di lEaDErsHip
Le “qualità” fondamentali che determinano un/a buon/a dirigente nell’Azienda
sanitaria vengono definite, sulla base dell’esperienza personale come dirigente
o anche grazie all’esperienza di collaborazione, in modo molto univoco e citan-
do le classiche qualità di leadership come le ”competenze sociali e comunica-
tive”, “essere in grado di voler promuovere, motivare, appoggiare collaboratrici
e collaboratori”, “saper imporre le proprie idee ed essere orientati ad uno scopo
(avere una visione), “essere in grado di gestire conflitti e di prendere decisioni”,
inoltre “fungere da esempio ed essere autentici”.
Molte delle donne intervistate lavorano quali dirigenti da più di 10 anni. Alcune
di esse si sono inserite in settori che erano di dominio prettamente maschile. I
settori in cui le donne erano una rarità sono soprattutto il settore medico, la di-
rezione di strutture complesse ed il management amministrativo. “Più norma-
le” si riteneva la posizione dirigenziale nei settori tradizionalmente dominati da
donne come quello assistenziale. Le funzioni delle coordinatrici/ dei coordina-
tori assistenziali vengono definite come “estremamente impegnative e piene
di sfide”, ma sono meno remunerative dal punto di vista economico rispetto ad
altre funzioni dirigenziali.
20
la percezione nei riguardi del proprio ruolo “fuori dal comune” può essere de-
scritta come contraddittoria. È evidente che le donne intervistate ritengono in-
differente il fatto di vivere il proprio ruolo dirigenziale come uomo o come don-
na. Al contempo, però, in molti casi si vedono confrontate con una percezione
ed una cultura dirigenziale che ha/aveva caratteristiche paternalistiche e che
praticamente nega al genere femminile la competenza di svolgere un incarico
dirigenziale in quanto tale (le poche dirigenti venivano accettate come eccezio-
ne alla regola).
Che questa interpretazione del ruolo dirigenziale e questa prassi culturale siano
sempre meno efficienti ai fini della professionalizzazione dell’organizzazione
e non corrispondano alle esigenze di un moderno management delle aziende
sanitarie, è un’altra questione.
lo sviluppo demografico ed il numeroso accesso delle donne nel settore medico,
rendono più realistica la previsione, che le donne occuperanno, in futuro, mag-
giori posizioni dirigenziali. Ciò però non avverrà in modo “automatico”. Dipen-
derà da come l’organizzazione in toto sarà in grado di sviluppare in modo mira-
to il potenziale delle donne per i compiti dirigenziali e di sfruttarlo, smantellan-
do i meccanismi di esclusione culturali e storici. Se in futuro non dovesse essere
possibile sfruttare questo potenziale, si renderanno carenti le risorse qualificate
dotate di personalità dirigenziali.
“Quali sono i motivi, quali sono le barriere principali che determinano la bassa
percentuale di donne all’interno del gruppo dirigenziale dell’Azienda sanitaria e
quali provvedimenti potrebbero essere attuati, dal punto di vista delle dirigenti,
per aumentare la percentuale di donne in posizioni dirigenziali?”
Nelle interviste e nei questionari abbiamo chiesto alle donne di evidenziare al-
tre cause e di segnalare soprattutto gli ostacoli.
la grafica presentata alla fine del testo mostra in modo chiaro i risultati: una
grande parte delle intervistate ritiene in modo assoluto che le donne soddisfi-
no i presupposti per occupare una posizione dirigenziale. Anche la mancanza
di autostima o il minore riconoscimento da parte dei colleghi viene considerata
come una causa da meno della metà delle intervistate. Però circa la metà ritie-
ne che, in fase di concorso, gli uomini vengano privilegiati più spesso. La stessa
percentuale ritiene che le donne siano meno interessate a funzioni dirigenzia-
li rispetto agli uomini. Una percentuale molto alta (circa il 70-75% delle donne
intervistate) concorda con l’affermazione, che le donne siano meno motivate e
sostenute a candidarsi per un incarico dirigenziale, ovvero che gli uomini abbia-
no maggiori possibilità di qualificarsi per posizioni dirigenziali. Se da un lato la
maggior parte delle intervistate non mette in dubbio l’autostima generale delle
donne, il fatto che, dall’altro, una grande parte delle intervistate creda che “le
donne si sentano meno capaci rispetto agli uomini a svolgere compiti dirigen-
ziali” nelle interviste viene motivato con “una maggiore tendenza delle donne
al perfezionismo”, una minore “facilità a gestire i conflitti” ed un minore interes-
se alle “competizioni maschili”.
21
l’insoddisfacente conciliabilità tra vita familiare e attività professionale
rappresenta l’impedimento maggiore alla carriera femminile nell’azienda
L’impedimento maggiore ad una carriera dirigenziale, è visto nella responsabi-
lità per gli impegni familiari: il 90% delle intervistate ritengono che questo sia il
motivo fondamentale, cioè rappresenti la barriera e la limitazione primaria per
le donne nel concorrere a posizioni dirigenziali.
I motivi dello squilibrio tra i sessi a livello dirigenziale sono certamente di natu-
ra complessa e comprendono una serie di fattori che si influenzano negativa-
mente l’uno con l’altro. Ma quelli sembrano essere le barriere strutturali – come
“l’impossibilità di conciliare la vita familiare con la carriera professionale” - e la
connotazione della “funzione direttiva” come maschile e come una normalità
nella concezione del ruolo maschile.
Da un lato mancano esempi positivi di questo ruolo per le donne, i presupposti
istituzionali e le condizioni (come la possibilità di raggiungere una work-life-
balance nell’ambito della suddivisione del lavoro tra donne e uomini), dall’altro
le donne si danno priorità di vita differenti (i progetti di vita femminile mirano
maggiormente alla qualità della vita e all’equilibrio, che non al “potere ed alla
carriera”).
credere in se stessa e nelle proprie capacità
Come le barriere citate sono, però, numerosi anche i consigli e gli spunti positivi,
da parte delle dirigenti intervistate, alle giovani colleghe qualificate ed avviate
verso una posizione dirigenziale. Tra questi vi sono l’esortazione ad “una con-
tinua formazione e alla frequenza di corsi manageriali”, lo sviluppo di “reti e di
contatti utili alla carriera”, “l’avere maggiore fiducia nelle proprie competenze
e rendere maggiormente noto il proprio rendimento”, il perseguire in modo mi-
rato il proprio obiettivo e “l’abbandonare gli usuali ed acquisiti schemi compor-
tamentali femminili”, “il mostrare coraggio nell’affrontare nuove sfide”, “il darsi
anche la possibilità di fallire”, “il non dover compiacere tutti puntando, a volte,
anche sul confronto”.
Accanto all’empowerment individuale, l’appoggio reciproco ed il credere nelle
proprie capacità, saranno, però, necessarie anche una serie di misure istituzio-
nali.
punti di partenza per un programma diretto ad aumentare la percentua-
le di donne in posizioni dirigenziali:
Se in futuro si vuole sfruttare maggiormente il potenziale delle donne qualifi-
cate dell’azienda per svolgere compiti dirigenziali, sarebbe utile adottare una
serie di misure:
22
da un lato bisogna facilitare di più la conciliazione tra impegno famigliare ed
impegno professionale per le donne e per gli uomini; ciò comporta non solo l’of-
ferta di strumenti istituzionali, ma anche un cambiamento di cultura per quel
che riguarda la suddivisione del lavoro tra i sessi (come l’incoraggiamento al
congedo parentale per i padri, esempi di lavori dirigenziali part-time o contratti
di lavoro ripartito tra il personale dirigenziale ed altro ancora).
Dall’altro è necessario sviluppare strategie per il sostegno delle giovani leve diri-
genziali (femminili) ed implementare programmi adeguati (come l’incoraggia-
mento, da parte dei superiori, a sviluppare il proprio potenziale, programmi di
mentoring, coaching, training manageriale ed empowerment per rafforzare la
fiducia nelle proprie competenze).
Questi provvedimenti e programmi necessitano anche di un’organizzazione
che sostenga attivamente questo processo ed acquisisca competenze, strada
facendo, al fine di portare ad un cambiamento culturale dei concetti di ruolo, ad
una rottura del legame tra sesso e competenze dirigenziali ed ad un pari ricono-
scimento delle prestazioni delle donne nell’organizzazione.
23
motivi per la minore percentuale di donne in posizioni dirigenzialiArea medica
motivi per la minore percentuale di donne in posizioni dirigenzialiArea infermieristica
sono meno interessate
sono meno interessate
non hanno presupposti necessari
non hanno presupposti necessari
ricevono meno appoggio a candidarsi
ricevono meno appoggio a candidarsi
godono di meno riconoscimento come dirigenti
godono di meno riconoscimento come dirigenti
godono meno possibilità nel qualifi-carsi per una posizione dirigenziale
godono meno possibilità nel qualifi-carsi per una posizione dirigenziale
sono limitate a causa dei loro compiti in famiglia
sono limitate a causa dei loro compiti in famiglia
nelle procedure di reclutamento gli uomini sono privilegiati
nelle procedure di reclutamento gli uomini sono privilegiati
le donne si sentono meno competenti per i compiti dirigenziali
le donne si sentono meno competenti per i compiti dirigenziali
le donne hanno meno autostima
le donne hanno meno autostima
è molto vero
è molto vero
è abbastanza vero
è abbastanza vero
è per niente vero
è per niente vero
5
2
8
10
13
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3
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3
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3
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0
14
32
20
Fonte: Interviste delle Dirigenti nell’area infermieristica
Fonte: Interviste delle Dirigenti nell’area medica
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quanto fuori dal comune sono le dirigenti all’interno dell’azienda sanita-
ria dell’alto adige, come vivono il loro ruolo e quali ostacoli devono supe-
rare? Due dirigenti, due esperte e la vice-presidente del comitato per le
pari opportunità discutono, nel corso del convegno autunnale 2010, con il
pubblico del tema provocatorio “donne e attività dirigenziali“.
Nell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige le donne in posizioni dirigenziali sono
una rarità o rappresentano ormai la normalità? Questo quesito centrale è sta-
to chiarito velocemente e chiaramente, durante il convegno autunnale, grazie
ad una ricognizione virtuale tra i piani dirigenziali dell’azienda, presentata da
Agnes Mayr, primaria del laboratorio di patologia clinica di Brunico. Dalla sede
centrale in via Cassa di Risparmio a Bolzano fino alla Direzione sanitaria e tec-
nico-amministrativa nei singoli comprensori sanitari, dalle posizioni di prima-
rio fino alla direzione tecnico-assistenziale, le colleghe che occupano posizioni
di vertice all’interno dell’Azienda sanitaria, si possono contare facilmente sulle
dita delle mani, e ciò nonostante una grandissima presenza femminile all’inter-
no dell’azienda.
Questo non significa che non vi siano donne in posizione dirigenziale all’inter-
no dell’Azienda sanitaria, come mostra il crescente numero di direttrici d’ufficio
e l’alto numero di coordinatrici tecnico-assistenziali. Salendo, però, nella ge-
rarchia interna all’azienda e con l’aumentare del riconoscimento legato ad un
compito dirigenziale di 2° livello, aumenta la percentuale del personale maschi-
le. Inoltre, come sottolineato dalla primaria Agnes Mayr, non è un caso che le
poche posizioni dirigenziali al vertice, detenute da donne, siano spesso in settori
marginali come la medicina legale o il servizio dipendenze e non in veri e propri
dipartimenti come chirurgia o medicina interna.
osTacoli E ausili alla scalaTa
Come può un tale ordine mantenersi ancora nel 2010? Quali ostacoli frenano le
molte donne qualificate e motivate all’interno dell’azienda nella loro scalata a
posizioni dirigenziali al vertice? Dopo aver lungamente ponderato questi que-
siti, Britta Venturino, direttrice dell’Ufficio legale del Comprensorio sanitario di
a proposiTo Di pErcorriTrici E Di pErsonE abiTuDinariE
susanne pitroGiornalista
25
Merano, ha tratto le sue conclusioni: “Pen-
so che il maggiore ostacolo sia ancora
nella testa delle persone che associano
i compiti dirigenziali al sesso maschi-
le.“
Questa valutazione è stata ampia-
mente condivisa dai/delle partecipati
al convegno. L’eredità del patriarca-
to è difficile da superare, soprattutto
in un paese maschilista come l’Italia e
continua ad influenzare anche le regole del
gioco nell’Azienda sanitaria, ritiene Flavia Basili,
vice-presidente del Comitato per le pari opportunità e
anch’essa direttrice d’ufficio. “Non ci sono ostilità nei riguardi delle donne, ma
la norma è rappresentata dall’uomo.“ Così si continua a promuovere i lavoratori
e le lavoratrici che svolgono un numero possibilmente alto di ore e si prediligono
gli uomini perché devono “sostenere la famiglia“.
Oltre che da vecchi modelli di ruolo, gli uomini traggono vantaggio nella loro
scalata al vertice anche da un’antica tradizione, ovvero l’arte di crearsi una rete
di rapporti. Sia durante la caccia all’alce, sia nella “cantina nella roccia”, gli uomi-
ni, grazie all’arte lungamente praticata di curare i contatti in modo informale,
hanno i loro candidati per le posizioni dirigenziali già in pole-position, quando
le donne hanno appena saputo della posizione, ha detto la direttrice del Diparti-
mento donne e pari opportunità dell’Amministrazione regionale del Tirolo.
Il suo consiglio alle donne con ambizioni di carriera? Concedere più tempo alle
“attività cerimoniali“. Considerando gli attuali rapporti di potere negli organi
dirigenziali, le donne non devono limitare i loro incontri alle reti tra donne. “Se
si vuole avanzare bisogna avere alleati forti e tra questi devono esserci anche
uomini potenti.“
Le donne possono quindi raggiungere il potere solo se seguono le regole ma-
schili? la consulente di organizzazione Maria Moser-Simmill pensa di no. Ha
consigliato alle donne presenti di fare luce sui meccanismi di potere informale
e di richiedere concreti strumenti per superarli – che si tratti di quote, standard
univoci per una cultura dirigenziale moderna o strumenti atti a garantire proce-
dure di reclutamento trasparenti. “Fate sapere come stanno le cose e determi-
nate voi, come volete che vadano”, questo è il suo appello.
È necessario avere un buon appoggio già solo per il fatto che la concorrenza per
le posizioni al vertice sta diventando sempre più accanita. “Oggi è diventato
sicuramente più difficile per le donne raggiungere una posizione dirigenziale,
rispetto a quanto lo era ai miei tempi“, ha dichiarato la primaria Agnes Mayr che
lavora in posizione dirigenziale da vent’anni. Allora, ai tempi in cui le dottoresse
“una donna
da sola non può
cambiare la cultura.
È destinata a fallire.”
Elisabeth Stögerer-Schwarz,
direttrice del Dipartimento donne
e pari opportunità dell’Amministrazione
regionale del Tirolo.
26venivano chiamate nelle lettere dall’ordine ancora “caro collega“, questa deci-
sione richiedeva più coraggio, ma la concorrenza ai concorsi era molto minore
rispetto ad oggi, dove le donne devono imporsi nei confronti di un grande nume-
ro di concorrenti uomini – e spesso falliscono.
bisogna farsi lE ossa
le donne che sono riuscite ad affrontare con successo il difficile percorso al ver-
tice sanno il fatto loro, dice Agnes Mayr, facendo, però, anche riferimento all’im-
maginario comune, che associa ancora i compiti dirigenziali all’uomo. “Ho l’im-
pressione che quando una donna ha raggiunto una posizione e la svolge bene,
non venga più trattata come una persona fuori dalla norma, ma venga ricono-
sciuta e stimata da colleghe e colleghi, da collaboratrici e collaboratori.”
Chiaramente queste donne in posizioni dirigenziali devono farsi le ossa, so-
prattutto nei primi anni. Lo hanno affermato in modo univoco le partecipanti
alla tavola rotonda. Questo vale soprattutto per le dirigenti che entrano per la
prima volta in un ambito prettamente maschile. “Queste precorritrici hanno un
compito incredibilmente difficile”, ha detto elisabeth Stögerer-Schwarz, dato
che vengono osservate dal pubblico e diventano un simbolo per il genere fem-
minile. Ma, soprattutto, da sole tra gli uomini non hanno la possibilità di intro-
durre cambiamenti. “Una donna da sola non può cambiare la cultura”, dichiara
Stögerer-Schwarz “è destinata a fallire”. Secondo il parere dell’esperta di parità,
attiva da anni, solo al raggiungimento di una quantità rilevante pari ad un terzo,
possono agire ed influire altre qualità, sia nelle donne che negli uomini.
una quEsTionE Di sTilE
Ma le dirigenti hanno veramente uno stile diverso rispetto ai dirigenti? Da cosa
è caratterizzato uno stile dirigenziale femminile, viene accettato dalle collabo-
ratrici e dai collaboratori? Riguardo a questa tematica si è accesa una vivace
discussione tra i / le partecipanti alla tavola rotonda ed il pubblico. Una primaria
tra il pubblico ha dichiarato di “aver lavorato, sofferto ed imparato per vent’an-
ni“ a causa di questo problema, ottenendo l’applauso spontaneo del pubblico
quasi esclusivamente femminile.
La collega Agnes Mayr, dal canto suo, ha vissuto l’esperienza che le tipiche qua-
lità dirigenziali, come la risolutezza e la capacità di imporsi, vengono attribuite
automaticamente agli uomini. Se un uomo le possiede, viene considerato un
buon capo. Se le possiede una donna, viene subito considerata “autoritaria o si-
mile ad un mezzo uomo“, dice Mayr.
27Nelle organizzazioni in cui si è imposta una concezione moderna di direzione
questa categorizzazione delle qualità dirigenziali tipicamente maschili e tipi-
camente femminili diventa sempre meno importante la consulente di organiz-
zazione Maria Moser-Simmill. Dato che “i / le buoni/e dirigenti, oggi, devono
possederle entrambe“.
Prima o poi sarà quindi effettivamente indifferente se un incarico dirigenziale
sarà svolto da una donna o da un uomo. Oggi sembra che esistano ancora col-
laboratori per i quali il solo fatto di avere una donna come capo rappresenti un
problema. Così è da interpretare il contributo di una dirigente di recente nomi-
na, che seduta tra il pubblico chiedeva “se ci sono coaching grazie ai quali i col-
laboratori imparino a non sentirsi offesi nell’avere una donna come dirigente.“
La risposta al quesito è giunta da uno dei pochi uomini che hanno partecipato
al convegno. “La questione degli uomini e degli occhiali di genere richiede un
po’ di tempo”, ha detto citando la propria esperienza. “L’immagine nella testa
degli uomini deve cambiare lentamente“, ha detto, “vi preghiamo di avere un po’
di pazienza con gli uomini, dato che quando improvvisamente viene nominata
una donna come superiore non riusciamo ad abituarci subito all’idea.“
La via migliore per accompagnare questo processo di adattamento,
sarà di rendere normale questa posizione oggi ancora fuori
dal comune. Le donne hanno aspettato un tempo dav-
vero abbastanza lungo per poter occupare la sedia
di dirigente.
“non ci sono
ostilità nei riguardi
delle donne all’interno
dell’azienda sanitaria,
ma la norma
è rappresentata
dall’uomo.”
Flavia Basili, vice-presidente
del Comitato per le pari opportunità
e la valutazione delle differenze di genere
dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige.
28
“i buoni dirigenti al giorno d’oggi
devono possedere sia qualità dirigenziali tipicamente femminili
sia tipicamente maschili.”
Maria Moser-Simmill, consulente di organizzazione
e di gender, Linz
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