Dottorato di ricerca in Storia e Analisi delle Culture Musicali 21 ciclo
LA CATALOGAZIONE DEI MANDOLINI
Tesi di dottorato di Bruno Terranova
Coordinatore del dottorato Tutor prof. Giovanni Giuriati prof. Franco Piperno
Definizione e descrizione sono attendibili soltanto se basate su una terminologia logica e coerente (Curt Sachs)
INTRODUZIONE 4
PARTE PRIMA 9
LA CATALOGAZIONE DEI BENI CULTURALI 10 LA DEFINIZIONE STRUMENTO MUSICALE DI LIUTERIA 17
PARTE SECONDA 20
IL MANDOLINO 21 Voci generali 39 Specificazioni geografiche 41 Specificazioni storiche 48 Voci stilistiche 50 LE ORIGINI DEL PROBLEMA TERMINOLOGICO 53
PARTE TERZA 61
LA CATALOGAZIONE INFORMATICA DEI MANDOLINI 62 REALIZZAZIONE DELLA SCHEDA 66 Livello 1 Strumento 67 Livello 2 - Cassa di risonanza 71 Livello 2 Manico 84 CONCLUSIONI 86 APPENDICE: GLI STRUMENTI DEL MUSEO NAZIONALE DEGLI STRUMENTI MUSICALI DI ROMA 90 BIBLIOGRAFIA 116
4
Introduzione
Il presente studio non intende proporsi come analisi organologica esaustiva e
completa di uno strumento solo apparentemente ben conosciuto e popolare come
il mandolino, ma vuole portare un contributo alla semplificazione terminologica e,
al tempo stesso, offrire un supporto a chi debba svolgere una catalogazione
museale specifica.
Per comprendere appieno il problema e le esigenze della catalogazione, non si
pu prescindere dall esame del contesto legislativo. La prima parte della ricerca
stata quindi dedicata allattuale collocazione degli strumenti musicali nella
normativa museale e il loro rapporto con la definizione di beni culturali. Gli
strumenti musicali si trovano attualmente privi di un indirizzo unico e chiaro per
le politiche di conservazione e catalogazione, e le indicazioni dellIstituto Centrale
per il Catalogo e la Documentazione (da ora in poi ICCD) non forniscono ancora
un modello di riferimento. Solo per la catalogazione degli organi liturgici si
finalmente adottato, ad ottobre 2008, il modello unico denominato SM-O (scheda
Strumenti Musicali Organi). Le prime richieste specifiche in tal senso furono
avanzate gi negli anni 70 dal Museo degli Strumenti Musicali di Roma: la
scheda OA (Opera dArte), ancora attualmente in uso per le collezioni di
strumenti musicali, non ne prevede la descrizione delle caratteristiche funzionali,
limitandosi quindi ad una descrizione estetica. Tale scheda ha comunque
lindubbio merito di consentire unidentificazione certa delloggetto catalogato. Di fianco alla necessit di stabilire e redigere un nuovo modello di scheda per
quelli che qui saranno definiti come strumenti musicali di liuteria, un altro e pi
basilare problema si presenter a chi dovr occuparsi della catalogazione dei
mandolini: la terminologia di riferimento.
Il mandolino a tuttoggi uno dei principali simboli dellitalianit; o meglio,
di una certa idea di italianit. La sua immagine di strumento popolare nasce e si
sviluppa nel XIX secolo, quando il mandolino ha gi una lunga storia alle spalle.
5
Le sue origini sono incerte, anche se gli attuali studi ne collocano al XVII sec. le
prime attestazioni certe1. Il problema terminologico si presenta subito dinanzi al
ricercatore: per il XVII sec. i termini mandola e mandolino sono infatti
intercambiabili, e il secondo non si riferisce ad una riduzione del primo. Per
questo periodo storico, entrambi i nomi indicano uno strumento simile al liuto (e
spesso confuso con questo) ma di pi piccola taglia, dotato generalmente di
cinque o sei cori di corde doppie in budello, pizzicate con le dita. Eppure, alla
parola mandolino, non questo lo strumento al quale si pensa: il pensiero corre
pi facilmente verso il modello pi comune, dotato di 4 cori di corde doppie in
metallo, pizzicate con il plettro. Le differenze tra i due strumenti sono sostanziali,
e riguardano la storia, la tecnica esecutiva, il processo costruttivo, la diffusione
geografica, il repertorio. Si tratta, in pratica, di due strumenti differenti il cui
unico tratto comune sembrerebbe essere il nome. Questa singolare situazione ha
avuto come esito la moltiplicazione degli attributi individuanti, basati su
distinzioni geografiche (si parla quindi di mandolino milanese, lombardo,
napoletano, romano, ecc.), storiche (barocco, classico, ecc.) o stilistiche (con
riferimento anche a singoli liutai capiscuola, come Luigi Embergher, la famiglia
Vinaccia, Raffaele Calace solo per citare i pi celebri). Una selva di definizioni a
volte ridondanti o poco indicative alle quali si sono aggiunte nei secoli numerose
varianti, con alterne fortune. Pi semplice, anche se non priva di ambiguit, si
rivela la terminologia relativa alle singole parti costitutive o accessorie.
Risalire ai modelli base, e al contempo ordinare per relazioni gerarchiche le
componenti dello strumento, consente di redigere una descrizione completa e
strutturata.
Tale metodologia di lavoro espressamente pensata per la sua applicazione
con sistemi informatici, in quanto lapplicazione di una terminologia il pi
possibile univoca e la strutturazione del processo di raccolta dei dati consentono
di adattare il livello di dettaglio al grado di competenza del catalogatore. Questi 1 Il termine mandola appare in Italia per la prima volta nella descrizione degli intermezzi composti
da Cristoforo Malvezzi per la commedia La Pellegrina di Girolamo Bargagli, la quale nel 1589
ebbe la sua prima recita in Firenze per le nozze del Granduca Ferdinando I de Medici con Cristina
di Lorena.
6
potr infatti contare su una serie di termini gi disponibili, corredati da descrizioni
dettagliate e da immagini esplicative, che lo guideranno nelle fasi della raccolta
dei dati, lasciando per al catalogatore esperto la libert di compilare anche campi
a testo libero e non vincolati.
Lurgenza di questo studio stata dettata dalla mia personale esperienza
allinterno del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma, istituzione
che si presenta come il pi ricco e significativo museo organologico italiano,
degno quindi del titolo di museo nazionale [MEUCCI 1996] e presso la quale
conservata una consistente raccolta di mandolini (74 conservati nel deposito privo
fino ad ora di un impianto di climatizzazione2, e 15 esposti nelle sale aperte al
pubblico), in condizioni di conservazione allarmanti. Nella realt,
il museo degli strumenti musicali, non stato mai fondato:
giuridicamente il suo status quello di Deposito di beni
appartenenti alla Soprintendenza per i beni artistici e storici di
Roma. N tanto meno esso Nazionale: era questo un ardente
desiderio della Prof.ssa Cervelli, materializzato sulle insegne
turistiche. Il desolante panorama culturale in cui inserito il
Museo, vede limpossibilit di restaurare gli strumenti sia nei
locali delle palazzine del Museo che in quelli dellIstituto
Centrale per il Restauro [comunicato stampa di Italia Nostra del
16/12/2002, riportato in COSTA 2006, pag. 28]
Nello stesso dossier, Italia Nostra riporta la seguente dichiarazione di Oscar
Muschiati:
2 Le temperature superano di frequente i 30 gradi durante il periodo estivo nelle sale al secondo
piano, con notevoli sbalzi di umidit. E la situazione ancora peggiore per gli strumenti conservati
nelle sale al piano terra. I lavori per la climatizzazione del secondo piano, avviati da tempo (ed
effettuati senza spostare gli strumenti, coperti solo con dei teli ed esposti quindi ai rischi di un
cantiere), sono stati finalmente conclusi.
7
N la situazione pu dirsi migliore nella gestione
dellimmenso patrimonio di strumenti musicali del nostro paese
per alcuni settori, anzi - strumenti a tastiera (clavicembali,
fortepiani ecc.), a fiato, ad arco, a percussione, della tradizione
popolare (zampogne, launeddas ecc.) non siamo nemmeno
all'anno zero. Non esistono infatti, a livello ufficiale, modelli di
scheda descrittiva, direttive sia pur minime che regolamentino
la conservazione, il restauro, la fruizione (quando essi siano
raccolti in museo). [IDEM, s.n.p.]
La posizione della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano,
dalla quale il Museo dipende, esplicita:
La prof.ssa Antonelli Carandini [ndr direttrice di Italia
Nostra] definisce la situazione del Museo Strumenti Musicali
disastrosa. Ci che non . Il Museo aperto al pubblico, con
orari lunghi [], ha unintensa attivit culturale [], il primo
piano sempre aperto [].
Il secondo argomento proposto dalla Antonelli Carandini
che il Museo non mai stato giuridicamente fondato in quanto il
suo status quello di Deposito e non Nazionale. Ci risulta
anche a me.
Il terzo argomento che vi limpossibilit di restaurare gli
Strumenti []. In realt nella palazzina Samoggia c un
magazzino adibito anche a Laboratorio di restauro dove lavora
infaticabilmente da anni un restauratore specializzato, Pietro
Patacchiola, che ha restaurato innumerevoli strumenti e li cura
con straordinaria attenzione. Il problema vero che questo unico
addetto a breve andr in pensione e non c chi possa sostituirlo
degnamente. [comunicazione del soprintendente Claudio Strinati
del 29/01/2003 in IDEM, pagg. 38-39]
8
Meraviglia non poco la convinzione che un unico restauratore (qualificato o
no) possa occuparsi del restauro di una collezione tanto varia quanto quella
romana. Dal 2004, inoltre, la seconda palazzina (che ospitava la camera per i
trattamenti antitarlo) stata affidata in project financing per il trasferimento del
Dipartimento per lo Spettacolo e lo Sport. Il Museo ha cos recentemente perso
anche la camera termobarica, qui ospitata.
Questa situazione rende necessario e urgente un intervento volto alla
conservazione del patrimonio culturale ivi custodito. Attraverso un percorso volto
a definire una terminologia e una metodologia di riferimento per lo studio e la
catalogazione dei mandolini, si pensato di offrire un contributo alla salvaguardia
e alla conoscenza del patrimonio conservato nel Museo romano.
9
PARTE PRIMA
La catalogazione degli strumenti musicali di liuteria
10
La catalogazione dei beni culturali
La pi recente definizione a termini di legge di beni culturali rintracciabile
nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (DL 22 Gennaio 2004, n.423) art.10,
comma 2, lettera d:
Le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che
rivestono un interesse particolarmente importante a causa del
loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura,
dellarte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze
dellidentit e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o
religiose.
La definizione proposta dalla Commissione Franceschini nel 1964 definisce
come beni culturali ogni bene che costituisca testimonianza materiale avente
valore di civilt 4 . Le due caratteristiche individuate con questa sintetica
definizione sono quindi la materialit del bene (e quindi i pensieri, le parole, le
riflessioni, ecc. si considereranno beni culturali solo se raccolti ed espressi in
libri, quadri, edifici, spartiti o altro, cio fissati e materializzati) e il suo valore di
testimonianza di civilt. Questultimo un concetto complesso (sicuramente
meno evidente del primo): non tutto quello che intendiamo come bene culturale
stato originariamente pensato come tale, n questa caratteristica sar sempre
storicamente condivisa. Questo valido soprattutto per il patrimonio
demoetnoantropologico, formato in larga parte da oggetti che per loro natura non
posseggono quel carattere di unicit caratteristico dei beni culturali per eccellenza,
le opere darte. Tali oggetti diventano beni culturali poich costituiscono
testimonianza di una civilt. 3 Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2004, n.45 e disponibile allindirizzo web:
http://www.governo.it/ GovernoInforma/Dossier/beni_culturali_paesaggistici/Codice2004.pdf 4 Commissione parlamentare mista per la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico,
artistico e paesaggistico, presidente on. Francesco Franceschini, istituita con L. 23/4/1964
Relazione finale: Per la salvezza dei beni culturali in Italia)
11
Gli strumenti musicali sono generalmente inseriti nella lista dei beni
demoetnoantropologici, e hanno come questi sofferto un lungo periodo di oblio
istituzionale. Questa tipologia lultima riconosciuta nel campo dei beni culturali,
e questo riconoscimento
il frutto di unevoluzione culturale relativamente recente
che ha preso atto dellimprtanza dei prodotti materiali delle
civilt []. In Italia [] linteresse, soprattutto negli ultimi
anni, si concentrato sulla raccolta e sullo studio delle
testimonianze materiali di culture e modi di vita in via di
scomparsa [] propri della nostra civilt. [BALDACCI 2004, pag.
129]
In realt, come vedremo pi in dettaglio in seguito, il posizionamento degli
strumenti musicali allinterno del variegato mondo dei beni culturali non cos
univoco: lattuale sistema di catalogazione ministeriale, ad esempio, applica a
questi il modello di scheda OA (opere e oggetti darte) e non la scheda BDM
(beni demoetnoantropologici materiali). Il dibattito su questo argomento ancora
aperto, come testimoniato anche dal recente seminario tenutosi a Cremona5.
A parte queste differenze, i prodotti dellarte liutaria rientrano senza dubbio
nella definizione di beni culturali in quanto appartenenti alla generica categoria
degli strumenti musicali e, oltre a testimoniare una specifica pratica costruttiva,
sono da sempre uno dei simboli della cultura musicale italiana. In quanto beni
culturali, gli strumenti musicali di liuteria hanno diritto alla loro tutela, come
sancito dallarticolo 9 della Costituzione: La Repubblica promuove lo sviluppo
5 Presentazione della scheda SMO (Strumenti Musicali Organi) - Verso la definizione delle
schede degli altri strumenti musicali, seminario tenuto a Cremona il 19 e 20 marzo 2009. Il
programma del seminario consultabile online allindirizzo web:
http://musicologia.unipv.it/organizzazione/conferenze/conf07-08/programma_mauri.pdf
Inoltre, il Centro Regionale per l'inventario, la catalogazione e la documentazione dei Beni
Culturali ed Ambientali della Regione Sicilia sta da tempo lavorando alla stesura di un modello
unico di scheda per gli strumenti musicali, basati sul modello BDM.
12
della cultura e della ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico
e artistico della nazione. I principi di tutela e conservazione sono quindi applicati
non solo al paesaggio ma anche alle testimonianze del passato. Per tutela si
intende
linsieme di azioni (prescrizioni, misure e interventi) che la
societ dispone al fine di garantire la conservazione e il pubblico
godimento di quei beni ritenuti tali da costituire il patrimonio
culturale della societ stessa. [CORTI 2003, pag.5]
La catalogazione dei beni culturali, in quanto rilevamento sistematico,
necessaria e preliminare a qualunque applicazione dei principi di conservazione e
di tutela; assume quindi precisi connotati di servizio in funzione della
conoscenza, protezione, e difesa del patrimonio [IDEM, pag.8].
LIstituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD, nato nel 1975
dallaccorpamento dellUfficio centrale per il catalogo e la documentazione, del
Gabinetto Fotografico Nazionale e della Aerofototeca) lorganismo statale
incaricato di stabilire i programmi comuni relativi alla catalogazione e alla
conservazione, in accordo con lIstituto centrale per il catalogo unico delle
biblioteche italiane, lIstituto per la patologia del libro e lIstituto centrale per il
restauro. In particolare, lICCD
esplica funzioni in materia di catalogazione e
documentazione dei beni culturali di interesse archeologico,
storico-artistico e ambientale e, fra le altre, in particolare: a)
elabora programmi di catalogazione generale dei beni
fissandone la metodologia; b) promuove e coordina lattivit
esecutiva di catalogazione e di documentazione e ne cura
lunificazione dei metodi; c) costituisce e gestisce il catalogo
generale dei beni di cui sopra; d) cura le pubblicazioni inerenti
alle attivit di cui alle lettere precedenti; e) cura i rapporti con
istituzioni straniere, pubbliche e private, e con organismi
13
internazionali interessati alla catalogazione e documentazione
dei beni culturali.6
Nellordinamento interno dellIstituto inoltre esplicito il riferimento alluso
delle nuove tecnologie per la gestione automatizzata dei dati7. In questottica,
lesperienza delle prime campagne di rilevamento e catalogazione degli anni 80
ha spinto lIstituto verso il completamento e razionalizzazione del sistema
informativo centrale del Ministero per i beni culturali e ambientali8.
Per razionalizzazione del sistema informativo centrale si intende
larmonizzazione del formato dei dati raccolti e ladozione di un software unico
per il loro trasferimento e la successiva conservazione.
La razionalizzazione (cos intesa) dellintero processo di raccolta dati e
catalogazione richiede un accurato studio preliminare sulla terminologia di
riferimento, per la definizione di thesauri specifici e condivisi per ogni ambito dei
beni culturali. Specifici, in quanto a termini uguali possono corrispondere (e
corrispondono spesso) oggetti o sezioni di oggetti differenti; condivisi, poich la
terminologia in uso soggetta a variazioni sia geografiche, sia storiche9 . La
definizione della terminologia di riferimento propedeutica allo studio
organologico cos come ad una campagna di catalogazione: la sua centralit e
imprescindibilit espressa con chiarezza nello schema proposto da Emsheimer e
Stockmann nel 1967. Tale struttura alla base del progetto del Manuale degli
strumenti musicali europei e prevede sei fasi per la realizzazione di uno studio
organologico completo10:
1. Terminologia (denominazione degli strumenti e delle
parti che li compongono)
6 D.P.R. del 3 dicembre 1975 N. 805, Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 27 gennaio 1976, n. 23 7 D.M. 20 luglio 1977, Ordinamento interno dellIstituto centrale per il catalogo e la
documentazione. 8 Legge n.145 del 10 febbraio 1992, Interventi organici di tutela e valorizzazione dei beni culturali 9 Per un esempio di studio in tal senso si veda GATTA 2000. 10 Riportato in GUIZZI 2002, pag. XXV (tratto da EMSHEIMER e STOCKMANN 1967).
14
2. Ergologia e tecnologia (il processo costruttivo)
3. Potenzialit musicali e tecnica esecutiva
4. Repertorio
5. Uso e ruolo sociale
6. Profilo storico e diffusione geografica
Daltra parte, lindagine organologica necessaria alla costruzione della
scheda catalografica specifica:
Nella ormai acquisita coscienza della significativit di ogni
attestazione delleredit trasmessaci, cio di ogni bene culturale,
non comunque possibile applicare i principi di conservazione e
tutela senza una preliminare indagine conoscitiva. [CORTI 2003,
pag. 8]
Ne consegue quindi che lindividuazione di una terminologia specifica e
condivisa (nel senso precedentemente descritto) risulta imprescindibile sia per la
realizzazione di un catalogo dei beni culturali (in quanto alla base della tutela), sia
per lo studio organologico.
La costruzione di tale riferimento terminologico richiede senza dubbio una
conoscenza profonda delloggetto di studio e del suo contesto: nel nostro caso,
questo richiede di chiarire e sciogliere una serie di dubbi sullattribuzione del
titolo di strumenti musicali di liuteria ad una categoria di strumenti eterogenea, e
in particolare del nome mandolino ad una famiglia di strumenti non ancora
interessata da studi sistematici e non ancora universalmente riconosciuta come
omogenea.
E inoltre indispensabile un costante riferimento al fine ultimo di tale studio,
cio la costruzione di un sistema di raccolta dati specifico per quelli che sono qui
identificati, appunto, come strumenti musicali di liuteria mandolino. Tale
sistema dovr avvalersi delle pi moderne tecnologie informatiche. Attraverso la
costruzione e luso di database informatici infatti possibile ottenere delle schede
catalografiche duttili e aperte, che permettano sia la descrizione delloggetto, sia
15
di ricavare una sorta di stratigrafia culturale, cio di ricollocare nei tempi e negli
spazi gli oggetti catalogati. Si possono creare basi di dati standardizzate e
interscambiabili per permettere la ricostituzione di collezioni disperse o avere un
quadro dinsieme che oltrepassi il singolo patrimonio museale.
La discussione sulla digitalizzazione dei beni culturali avviata da tempo11,
con lintento di produrre delle sorta di copie o duplicati su supporto elettronico da
far visitare su uno schermo. Questo primo risvolto ludico nasconde in realt dei
caratteri conservativi e di tutela nel senso pi proprio del termine, in quanto
consente la gestione ottimale delle esposizioni pur mantenendo visibile (anche se
virtualmente) tutto il patrimonio di un museo.
Il primo grande problema da affrontare per la progettazione di un database
riguarda la selezione delle tipologie di dati da inserire nelle schede catalografiche.
Questa selezione implica lesclusione di altri parametri che potrebbero essere utili
ai fini di una successiva suddivisione tipologica. Con questa finalit si proceder
ad una formalizzazione delle esigenze di ricerca e di studio di una fascia di utenza
specialistica, studiandone in seguito la risposta per individuarne i metodi di
lavoro, ottenendo cos una classificazione o graduatoria delle chiavi di ricerca,
delle quali tenere conto nella ridefinizione del modello12.
Una accurata selezione dei parametri deve essere affiancata da una altrettanto
oculata scelta del software da utilizzare: linformatica soffre infatti di una
obsolescenza immediata dei prodotti utilizzati, sia software che hardware. Lunica
soluzione possibile per mantenere inalterata la leggibilit e lutilizzabilit dei dati
raccolti anche nel medio e lungo periodo rappresentata dallutilizzo di prodotti
commerciali o open source gi disponibili sul mercato, i quali garantiscano sia
11 Si vedano in proposito CORTI 2003, pp. 67-110 e la relativa bibliografia, nonch BALDACCI, V.
2004, pp. 123-192. Per una trattazione pi esaustiva si vedano TRANT 2005; Archives & Museum
Informatics, atti del convegno Museums and the Web 2007, su
http://www.archimuse.com/mw2007/speakers/index.html; BALDACCI 1988; FLORIS E GIACOMELLI,
(a cura di) 1998; FINICELLI E SBRILLI 2002, 12 Si prenda ad esempio lindagine preventiva condotta in collaborazione dal Getty Art History
Information Program e Research in Information and Scholarship della Brown University: Object,
Image, Inquiry: The Art Historian at Work, Oxford 1995, Oxford University Press.
16
laggiornamento continuo, sia strumenti per il trasporto dei dati con importazione
ed esportazione dellarchivio in formati standard. Sar inoltre condizionante, nella
scelta del software di base, la possibilit di una pubblicazione online come
applicazione web dinamica. In questo modo sar possibile linterrogazione dei
dati, la costruzione di relazioni e il trasporto delle informazioni senza i limiti
imposti dallarchitettura classica di un sito web.
Superate le prime due difficolt, bisogner procedere alla realizzazione
effettiva del software di catalogazione e alla sua verifica attraverso una prima
campagna raccolta.
17
La definizione Strumento musicale di liuteria
La necessit di una definizione tipologica e terminologica il pi possibile
completa ed esaustiva, per quanto riguarda la liuteria, sentita ed espressa da pi
parti. Gli strumenti ad arco hanno da sempre beneficiato di una particolare
attenzione da parte sia del mondo accademico che di studiosi legati al
collezionismo o alla costruzione13 . Lo stesso non pu dirsi degli strumenti a
pizzico e a plettro; sono rintracciabili numerosi studi sulla chitarra14 (ma nulla di
numericamente paragonabile alla letteratura sul violino), ma poco spazio stato
finora dedicato ad altri strumenti meno celebri. E ancora molto
diffusa la tendenza a raccogliere in ununica tipologia i diversi
modelli di mandolino rintracciabili o, al contrario, ad esagerarne
la distinzione. Non raro imbattersi nellesito pi evidente di
questa confusione, ad esempio scorrendo le descrizioni degli
strumenti musicali conservati nei musei, o anche parlando con
commercianti, liutai o musicisti. A titolo di esempio, il National
Music Museum delluniversit del South Dakota , negli Stati
Uniti15, possiede alcuni pregevoli esemplari (tra i quali anche il
celeberrimo mandolino coristo di Antonio Stradivari, uno dei due
soli esemplari superstiti), definiti come mandolino genovese,
lombardo o senese, per poi ricorrere al pi semplice mandolin per
descrivere due strumenti tra loro estremamente diversi, un
Francesco Presbler, costruito a Milano nel 1680 (inventario NMM
3435) e un Antonio Vinaccia, napoletano, del 1772 (inventario
NMM 10006). Pu sembrare un problema marginale, ma la
comune attribuzione alla generica categoria mandolin produce
unidentificazione assolutamente errata dei due strumenti,
13 Si veda per questo la ricca bibliografia pubblicata nel volume di Boyden D. D., Monosoff, S.,
Schwarz, B. et al., Gli archi, Milano 1995, Ricordi, pagg. 270-284 14 Ad es.: RADOLE 1997, CHIESA 1990, TURNBULL1974 15 Il catalogo consultabile online allindirizzo web http://www.usd.edu/smm/
Figura 1 - mandolino milanese di P.A. Gavelli, Perugia 1690 (Victoria and Albert Museum, Londra)
18
differenti tra loro per epoca storica, origine, repertorio, tecnica costruttiva e
tecnica esecutiva.
Il catalogo del Victoria and Albert Museum di Londra riporta
la semplice denominazione mandolin per il notevole esemplare
in loro possesso, costruito da Pietro Antonio Gavelli nel 1690 a
Perugia (inv. n. 504-1868, fig.2), per poi definirlo pi
precisamente Milanese nella descrizione dettagliata. La stessa
tipologia di strumento viene a volte denominata Pandurina, e
attribuita allarea romana. Se ne pu vedere un pregevole
esemplare in un recente catalogo della casa daste Bloomsbury di
Roma16(fig.2). La pandurina inoltre associata alla famiglia dei
liuti.
Per ottenere una soddisfacente suddivisione delle famiglie
strumentali, necessario chiarirne caratteristiche distintive e
possibili varianti. Ma se per la definizione delle sottocategorie
necessaria lanalisi delle differenze, per la chiarificazione del
concetto di strumento musicale di liuteria invece necessario
definire e descrivere i tratti comuni alle diverse famiglie
organologiche che vogliamo raccogliere sotto questa definizione comune.
Con il termine liuteria ci si riferisce ad una quantit di tipologie di strumenti
molto varia in quanto a caratteristiche tecniche ed evoluzione storica; sar quindi
utile avviare lindagine partendo dalla definizione delle caratteristiche salienti
delle tipologie strumentali da sottoporre a catalogazione.
Si scelta lespressione strumenti musicali di liuteria in riferimento alla
definizione della categoria Liuti proposta da Curt Sachs:
Liuto. Si compone duna cassa e di un manico che espleta la
funzione vera e propria di un manico da impugnarsi e anche
quella di permettere che le corde proseguano oltre la cassa.
16 Il catalogo dellasta pubblicato allindirizzo web
http://roma.bloomsburyauctions.com/detail/ROMA-12/109.0
Figura 2 - Pandurina romana attribuita a G. Smorsone, Roma, prima met del XVIII sec.
19
Nella maggior parte dei casi le corde sono tastate. Se vengono
sfregate con un arco, allora lo strumento si dice liuto ad arco. La
cassa di un liuto era originariamente il guscio di un frutto e ha
preservata una forma a guscio, rotondeggiante o convessa, che a
volte era ricavata intagliandola tutta intera, altre volte era
composta di sottili liste come nel liuto moderno. Solo in uno
stadio recente, le casse vennero costruite basse e piatte e infine
trasformate in una cassa composita che conta una tavola, un
fondo e fasce di connessione, come nei nostri violini o chitarre.
[SACHS 1980, pag. 551]
Gli strumenti qui esaminati appartengono alla classe dei cordofoni. Secondo
Sachs, questa classe deve essere suddivisa in quattro tipi fondamentali: cetre, liuti,
lire, arpe. Gli strumenti oggetto del presente studio appartengono esclusivamente
alla famiglia dei liuti, tipologia che comprende al suo interno sia gli strumenti a
corde pizzicate che quelli a corde sfregate per mezzo di un arco. Constatata
lappartenenza comune alla famiglia dei liuti, si pu attribuire il termine di
liuteria alla relativa arte costruttiva.
Tale prima delimitazione riduce il campo dindagine ai soli strumenti dotati
di una o pi corde tese al di sopra di un manico e provvisti di una cassa di
risonanza.
Si scelto lutilizzo della definizione strumento musicale di liuteria in quanto
meno vago del pi comune liuto, termine con il quale pu definirsi sia linsieme
principale che una particolare tipologia di strumento 17 . Questa definizione
consente inoltre di collegare loggetto in analisi alla tecnica adottata per la sua
costruzione.
17 a questo proposito si vedano i dubbi espressi da MEUCCI 1993, pag 90
20
PARTE SECONDA
21
Il mandolino
Un lettore che scorra le pagine del catalogo di un museo, di una mostra, di
unasta o di una collezione di strumenti musicali, si imbatter immancabilmente in
una selva di definizioni quali mandolino piatto, a goccia, a guscio, napoletano,
romano, milanese, genovese, barocco, A-model, F-model, e rimarr
probabilmente sorpreso dallo scoprire che uno strumento napoletano pu essere in
realt fiorentino, o che un mandolino barocco porti allinterno unetichetta A.D.
1804. E possibile districarsi in questa sovrabbondante e falsamente dettagliata
distinzione? Come riunire in ununica categoria mandolino napoletano un
Vinaccia del 1770 e uno del 1920?
Al momento non esistono pubblicazioni specifiche, nonostante siano stati
scritti e pubblicati vari studi sul mandolino18. Da questi si partir per realizzare
una classificazione semplice ma il pi possibile completa e comprensiva, ad uso
principalmente dei catalogatori: non quindi organologi ma persone che
necessitano di precise informazioni per effettuare attribuzioni e redigere
descrizioni che permettano un sicuro riconoscimento e una chiara collocazione.
Allinterno della grande famiglia degli strumenti a pizzico, il mandolino
rappresenta, insieme alla chitarra moderna, lo strumento pi vicino alla cultura
popolare, sia per una oggettiva facilit esecutiva che per una economicit di
realizzazione.
Questa sua popolarit gli ha garantito unenorme fortuna a cavallo tra il XIX e
il XX sec., ma ne ha decretato lesclusione dallalveo degli strumenti nobili,
soprattutto dopo la rivitalizzazione, nella seconda met del 900, del liuto
rinascimentale e barocco, nonch della chitarra romantica. Lassociazione a
personaggi e situazioni stereotipate e tipiche dellimmagine popolare attribuitagli,
non ha fatto altro che peggiorare questa situazione, relegando di fatto questo
strumento ad un ruolo secondario nella storia musicale italiana. 18 Ad esempio: CAMPBELL 1980, COATES 1977, LUNDBERG 1996, MOREY 1993, ORLANDI 1999 ,
SPARKS 1995, TYLER e SPARKS 1996.
22
Il mandolino, insieme agli altri strumenti della sua famiglia (mandola,
mandoloncello, ecc.), ha rappresentato uno dei vertici dellarte costruttiva dei
liutai italiani, e tuttora alcuni di questi strumenti rappresentano il fiore
allocchiello di varie collezioni museali straniere19. Inoltre, negli ultimi anni si
assistito ad un lievitare delle presenze di mandolini italiani nelle aste
internazionali, soprattutto nei cataloghi di Sothebys e Bonhams, con quotazioni
considerevoli per i pezzi pi pregiati. Solo a titolo di esempio, nel 2004 stato
battuto per 24.000 sterline20 da Sothebys a Londra uno strumento, il mandolino
artistico mod.8 (fig.3), realizzato nel 1895 a Roma da Luigi Embergher: una
quotazione di certo non compatibile con una collocazione popolare!
Figura 3 - il mandolino artistico Embergher mod.8
Il crescente interesse internazionale non ha per suscitato che un limitato
risveglio dellattenzione in Italia: pochi sono in effetti gli studi e gli articoli
dedicati a questo strumento. Una maggiore attenzione riscontrabile nei
collezionisti, prima unicamente interessati alla liuteria darchi: gli strumenti a
19 Si vedano ad esempio le collezioni possedute da Victoria and Albert Museum di Londra,
Kunsthistorische Museum di Vienna, Metropolitan Museum di New York o Cit de la Musique a
Parigi. 20 Lesito della vendita visibile allindirizzo web
http://www.sothebys.com/app/live/lot/LotDetail.jsp?lot_id=4B5GB. La quotazione originale
(circa 5.000 sterline) stata ampiamente superata, indice di un profondo interesse da parte dei
collezionisti pi attenti.
23
plettro hanno infatti dimostrato una capacit di crescita notevole a dispetto di un
valore iniziale veramente basso, unito ad un innegabile valore artistico e
artigianale. Basti guardare i cataloghi delle aste21 degli ultimi dieci anni, o la
quantit e qualit degli strumenti esposti nelle mostre di liuteria prima
esclusivamente dedicate alla chitarra e agli archi22, per constatare uninnegabile
crescita delle stime, in particolare per gli autori maggiori (Embergher, De Santis,
Vinaccia, Fabbricatore, Calace, Presbler solo per citarne alcuni) o per le loro
scuole.
Tutto ci ha un importante risvolto per le collezioni museali italiane: la
maggior parte degli strumenti tuttora conservata nei depositi, poich i
mandolini sono in queste sedi ancora ritenuti meno interessanti di altre opere
esposte. Se sottoposti a lavori di restauro e recupero, non sempre questi si
dimostrano rispettosi delle caratteristiche dello strumento 23 . Le collezioni
qualitativamente e quantitativamente pi consistenti sono custodite in Italia, ma
pochi mandolini possono oggi essere osservati nelle teche dei nostri musei24.
Per quanto riguarda le nostre istituzioni museali, oltre al problema
dellaffidabilit dei restauri, riscontrabile una generale assenza di competenze
specifiche per la catalogazione e la collocazione di questi strumenti, carenza
dovuta in buona parte alla mancanza di una classificazione cronologica o stilistica
affidabile e condivisa.
21 Un grande interesse stato dimostrato in particolare da Sothebys e Bonhams in Inghilterra e da
Babuino e Rubinacci in Italia. 22 Ci si riferisce in particolare alle manifestazioni fieristiche Mondomusica di Cremona,
Musikmesse di Francoforte, nonch alle numerose mostre realizzate sia in Italia che allestero. 23 In molti casi si riscontrato luso di colle o vernici non adatte, o lapplicazione di tasti e piroli
non compatibili con la relativa collocazione storica. Il crescente valore di mercato rischia inoltre di
far lievitare il rischio di furto di strumenti o di loro parti facilmente rimovibili (etichette, ponticelli,
tastiere) 24 Solo al Museo nazionale degli strumenti musicali di Roma, a fronte di unesposizione di circa 15
strumenti (sistemati ed esposti in modo poco coerente con le caratteristiche degli strumenti) vi
sono 74 mandolini conservati nei depositi (elencati in appendice), e solo da poco tempo tenuti
sotto controllo e sottoposti a qualche intervento di restauro, purtroppo volto a ripristinarne luso
musicale.
24
Si gi posto laccento sullinadeguata suddivisione attuale, o meglio sulle
attuali categorie in cui viene distinta la famiglia dei mandolini. Queste soffrono di
una certa disomogeneit di fondo, derivando in parte da una classificazione
cronologica, in parte da criteri geografici o ancora da caratteristiche stilistiche:
questi tre ambiti (storico, geografico e stilistico) raggruppano effettivamente i
parametri fondamentali per la definizione di categorie utili alla classificazione e al
catalogo, ma vengono solitamente giustapposti in modo acritico, non essendo
chiaramente delineati nei loro confini.
Nel catalogo del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma,
pubblicato nel 1994 sotto la guida di Luisa Cervelli, in relazione ad un mandolino
settecentesco di Christian Nonnemacher si legge:
Il mandolino genovese era simile a quello napoletano, in
quanto aveva i piroli infissi dal retro nel cavigliere, aveva corde
metalliche e veniva suonato col plettro, ma anzich di 4, esso era
armato di 5 oppure [] di 6 corde doppie, ragione per cui aveva
il cavigliere pi lungo e la tastiera pi larga. [CERVELLI 1994,
pag.93]
Nelle stesse pagine impossibile rintracciare un qualunque aiuto al
chiarimento della definizione di mandolino napoletano. LAutore del testo si
riferisce probabilmente al coevo modello napoletano di scuola Vinaccia,
Fabricatore o Filano, gli autori principali del sec. XVIII, ma lattributo napoletano
viene subito dopo assegnato a strumenti moderni difficilmente riconducibili ad
una categoria stilistica unica25. Questultimo fatto indurrebbe a pensare ad una
concezione geografica del termine napoletano, al quale verrebbero riportati gli
strumenti dotati di quattro cori di corde doppie con piroli infissi dal retro nel
cavigliere 26 costruiti a Napoli a partire dal sec. XVIII. Questa sarebbe una
25 Ci si riferisce in particolare allo strumento definito come mandolino napoletano asimmetrico di
N. M. Calace (1904), del quale riprodotta anche una foto in CERVELLI 1994, pag.116 26 CERVELLI 1994, pag. 96
25
delimitazione del campo di applicazione di questa categoria assolutamente
condivisibile, ma escluderebbe gli strumenti che si rifanno al modello dei
napoletani, se realizzati al di fuori del capoluogo campano. Poco pi avanti per,
la stessa Cervelli definisce mandolini napoletani tre strumenti di Antonio Petroni,
liutaio romano del sec. XIX27.
Al contrario, il catalogo del Museum of Fine Arts di Boston riporta la
semplice dicitura mandolino senza distinguere le famiglie o i periodi28. Vengono
cos accostati strumenti estremamente diversi, come un mandolino Benedetto
Gualzatta costruito a Roma nel 1724, a sei cori (cinque doppi e uno singolo), con
corde in budello e piroli infissi lateralmente nel cavigliere (simile quindi al
modello cosiddetto lombardo o milanese) e uno strumento di Ezechiele Torricelli,
realizzato a Roma agli inizi del sec. XX, a quattro cori doppi con corde in metallo
e meccanica chiusa (assimilabile al modello napoletano moderno)29.
Lattributo (apparentemente) geografico di napoletano viene di norma
concesso a strumenti dotati di caratteristiche stilistiche e costruttive specifiche
(quattro cori di corde doppie in metallo, fondo a guscio, piano armonico spezzato,
una determinata tecnica di giunzione delle doghe agli zocchetti di fondo cassa e di
innesto, incatenatura specifica). Seguendo queste indicazioni, si considerer
(correttamente) napoletano questo strumento:
27 IDEM, ibidem. Uno degli strumenti (catalogato con il n.346) inoltre dotato di una meccanica a
raggiera che sostituisce i tradizionali piroli. 28 Gli strumenti presenti nella collezione vengono denominati nel catalogo a volte con litaliano
mandolino, altre con il francesce mandoline o linglese mandolin. Non c nessun apparente
riferimento alla distinzione proposta in TYLER e SPARKS 1989, i quali utilizzano proprio questi tre
termini dotandoli per di caratteristiche distintive ben definite. Questa incoerenza dimostrata
dallattribuzione del nome mandoline allo strumento di Torricelli. 29 Il catalogo pubblicato su internet allindirizzo www.mfa.org. Il museo possiede 8 strumenti
classificati come mandolino (tra i quali anche un notevole Vincenzo Vinaccia del 1771 e un
Giovanni Battista Fabricatore del 1790) e una mandola.
26
Figura 4 - Mandolino Del Perugia, Firenze 1907 (coll priv.)
Daltra parte, inutile definire una specifica categoria mandolino toscano
o fiorentino, in quanto il modello seguito da Del Perugia indubbiamente derivato
dalla tradizione napoletana, e pi precisamente dai Vinaccia, e non vi stato
inoltre un seguito tale da avere fondato una tradizione locale autonoma.
La definizione napoletano ha quindi valore stilistico e non geografico, e
questo sicuramente accettabile e condivisibile. La sua rilevanza storica deve
invece essere debitamente analizzata. Ma si pu dire lo stesso delle tipologie
milanese, genovese o senese o sono queste legate pi alla tradizione del luogo che
a differenze reali di modello? Quali caratteristiche spingono il catalogatore ad
attribuire il titolo di mantovano ad un mandolino di modello lombardo costruito a
Roma nel 1709?30 Alla luce di questi dubbi, di quale grado di definizione dovr
godere una determinata categoria per non essere troppo esclusiva n perdere di
interesse per troppa vaghezza?
Le categorie tipologiche prime accennate (napoletano, senese, milanese,
genovese) sono state tutte proposte nel celebre Real-Lexikon der
Musikinstrumente di Curt Sachs, e poi riportate in parte nel Systematik der
Musikinstrumente. Ein Versuch, di Sachs e Hornbostel (recentemente tradotto in
30 E il caso del mandolino (numero di catalogo 746) esposto nella sala XII del Museo Nazionale
degli Strumenti Musicali di Roma, vedi CERVELLI 1994, pag. 276.
27
italiano da Febo Guizzi in appendice al suo Gli strumenti della musica popolare
in Italia pubblicato da LIM nel 2002).
Nel dettaglio, Sachs propone le seguenti definizioni tipologiche31:
Mandola: [n.d.r. identificata con la Mandora o Bandora.
Vengono anche proposti i sinonimi Mandolle, Mandore,
Mandorina, Mandura (in provenzale), Mandwr (inglese, XVI
sec.)] Mandora, da Bandora. Indica due strumenti diversi: una
riduzione del liuto e un ingrossamento del mandolino. Come
piccolo liuto spesso con il cavigliere a coda, lo strumento che
circola verso il 1235 nei paesi di lingua provenzale, e che viene
rappresentato nelliconografia durante tutto il tardo medioevo.
Di regola era a quattro cori non a cinque cori come dalle
imprecise raffigurazioni di Virdung [n.d.r. Sebastian Virdung,
ca 1465 - ?, autore del pi antico trattato sugli strumenti
musicali, pubblicato a Basel nel 1511] con laccordatura
. La corda pi alta veniva solitamente
accordata tra fa3 e mi3 (accord corde avalle). Per primo
Praetorius e non Mersenne da anche due accordature a
cinque cori: e .
Lo strumento si chiamava, nella Germania degli inizi del XVI
sec., Quinterne, e pi tardi inizio del XVII sec.
Mandrichen, Mandrichen o Pandurina. Questa forma pi
piccola, introdotta gradualmente, indica comunque non una
nuova pi piccola mandola, ma piuttosto lo stesso vecchio
strumento che semplicemente, di fianco ai nuovi grandi liuti
bassi, tiorbe e chitarroni, appariva pi piccola di prima. La 31 Vista lassenza di una versione italiana del Real-Lexikon der Musikinstrumente, nonch la
notevole importanza per il presente studio, si riporta lintero testo originale in traduzione italiana.
Gli schemi di accordatura sono riportati fedelmente.
28
Pandurina si svilupp dal Mandoline nel corso del XVII sec.
Come la Pandurina e Mandolino si identificano nella lingua
parlata, anche il Mailnder Mandoline [n.d.r. mandolino
milanese] mostra ancora in maniera abbastanza chiara il suo
legame con la vecchia Mandola. Il significato di Mandola non
era univoco nel XVIII sec., a tal punto che agli autori di oggi
manca una chiara rappresentazione. Walther (1732) risale alle
fonti del XVII sec., a Praetorius e Furetire, senza per
aggiungere niente di proprio. Bonanni (1722) parla di un piccolo
strumento a quattro corde dal suono molto tagliente, riferendosi
chiaramente al Mandoline, che lui chiama Mandola, e un altro
con otto corde in acciaio, che si chiama, a Napoli, Pandurina;
gli altri scrittori dello stesso periodo perlopi tacciono. Da ci si
evince che lo strumento citato nel linguaggio parlato nella prima
met del 18 secolo non esisteva fuori dallItalia. Soltanto nel
1800 se ne trovano le prime notizie; nel 1790 la Mandora viene
descritta da Albrechtsberger come un piccolo liuto con 8 corde
di budello doppie accordate in
dove il pi alto dei 4 cori bassi era sostituibile, e nel 1806 il
viennese Molitor in particolare attesta queste caratteristiche. Gli
esemplari conservati mostrano due tipi distinti. Uno la
pandura napoletana di Bonanni ha 4 cori di metallo accordati
in , il piano spezzato, la cassa armonica profonda,
la cassetta e i piroli che sporgono da dietro come un mandolino
napoletano pi grosso, laltro la Mandora di Albrechtsberger e
di Molitor ha 5 o pi corde in budello accordate per quarte,
cos come il piano piatto, la cassa meno profonda, il cavigliere
ripiegato indietro con pomelli finali piramidali e piroli ai lati
della cassetta, caratteristiche tipiche del mandolino milanese. I
mandolini si erano successivamente sviluppati dalllantico
29
strumento Mandola, Mandora, Mandoer, Mandorichen o
Pandurina; il nome originale Mandola o Mandora indic da
allora le forme ingrandite di questi mandolini, sia quella del
milanese con corde in budello, che non sopravvisse allinizio del
19 secolo, che quella del napoletano ancora oggi costruito con
corde di metallo.
Mandoline [(anche mandolin, mandolino, bandoln,
bandolim, mandolina, mandolini, mandolyn)]: un discendente
pi piccolo della famiglia dei liuti, la cui tipica forma ha i
seguenti tratti distintivi: una cassa armonica in legno molto
inarcata, con piccole doghe, un piano armonico in legno
leggermente piegato verso la fine, con la buca aperta, per lo pi
ovale e pi dura, grazie a un intarsio immediatamente al di sotto
con funzione di protezione contro i graffi (il battipenna), una
tastiera corta con tasti in metallo fissati saldamente, un
cavigliere leggermente inclinato con piroli inseriti sul retro ed
infine 4 paia di corde in metallo accordate come il violino, che
sono condotte su un ponte basso fino a una protezione rinforzata
collocata oltre il piano armonico. Per suonare serve un plettro di
tartaruga, corno, osso di balena o corteccia a forma di uovo
(Penna), che serve nei cambi veloci a fare il tremolo con colpi
di sopra e di lato, poich le corte corde in metallo sono meno
ricche a livello di suono. Il precursore del Mandoline la
Pandurina o Mandola, dalla quale ha ereditato lo stesso nome
senza implicare nel frattempo, come gi stato illustrato sotto la
voce Mandola, un reale ridimensionamento. Ma nel passaggio
tra il milanese e il classico, cio il mandolino napoletano, non
pi possibile pizzicare al ponte. La forma finale definitiva del
1700 era gi nel 18 secolo un bene nazionale; nella penisola
appenninica effettivamente suonato ancora oggi con molta
arte, in tutte le stratificazioni popolari, e trova, tra i
professionisti, dei virtuosi che si lanciano nei pi difficili lavori
30
della letteratura per violino. Anche al di fuori dellItalia il
Mandoline ha trovato molti estimatori, gi dalla seconda met
del 18 secolo, senza per diventare da nessuna parte lo
strumento nazionale. Occasionalmente viene introdotto con
particolari fini localcoloristici [orig. Lokalkoloristichen] nelle
orchestre dopera e sinfoniche. Alle prime documentazioni
appartengono Almena di Arne (1764), Lamant jaloux di
Grtrys (1778), e il Don Giovanni di Mozart (1787), fino a
Otello del giovane Verdi (1887) e la VII sinfonia di Mahler
(1908).
Mandolinochitarra: una chitarra con cassa armonica a
guscio inarcato, ved. Chitarraliuto.
Mandolinezither: cetra ad arco costruita da J. Halswanter a
Monaco nella seconda met del 19 secolo con un contorno a
forma di bottiglia.
Mandolino fiorentino: dal piccolo corpo a guscio, come il
napoletano, con il manico pi lungo, cinque corde doppie in
. Un tipo pi piccolo a quattro corde
singole in sol3 do4 mi4 la4.
Mandolino genovese: come il napoletano ma con un
manico pi largo e cinque corde doppie accordate in
, oppure sei in
Mandolino milanese [(anche mandurina, o, pi raramente
mantolina)]: mandurina, i cui tratti distintivi sono una forma
triangolare pi stretta e una cassa armonica meno curva, dal
suono pi potente, un piano pi piatto, un cavigliere inclinato
con una pronunciata forma a coda, con piroli infissi lateralmente
e sei corde doppie in budello, singole a partire dal XVIII sec., in
che vengono pizzicate senza plettro.
31
Occasionalmente pu essere accordato con laccordatura da
chitarra e con corde rivestite in ottone. Questi segni distintivi
avvicinano il mandolino milanese alla vecchia mandola o
pandurina, da cui si distingue soltanto dal corpo leggermente
pi ampio e dal foro armonico aperto.
Mandolino napoletano [(anche mantolina)]: con quattro
corde doppie in acciaio, accordato in . Il
tipo di mandolino pi usato.
Mandolino padovano: con cinque corde doppie e un corpo
pi piccolo
Mandolino romano: come il napoletano ma con un manico
pi tondo e un ponte pi alto
Mandolino senese: con quattro corde in accordatura da
violino, o sei corde accordate come la chitarra
Mandolino siciliano: come il napoletano, ma con cori tripli
tranne che per i due bassi che restano doppi.
Mandoloncello: mandolino tenore, sinonimo di mandola.
Mandolone: arcimandola, un mandolino basso, italiano, del
XVIII sec., di lunghezza 90/100 cm, con 7 o 8 corde di metallo,
accordate in .
[SACHS 1913, pag. 251 e sgg.]
La classificazione proposta da Sachs (della quale si riportata la
traduzione integrale) risulta ad una prima lettura molto precisa e dettagliata, ma,
per chi abbia unesperienza museale o anche, pi semplicemente, agli occhi di un
collezionista, risulta inapplicabile e inutilmente complessa. Alcune definizioni
sono ormai obsolete: quella proposta per il mandolino romano non tiene affatto
conto delle innovazioni proposte alla fine del XIX sec. dai liutai romani Maldura,
De Santis e Embergher, i quali impongono un nuovo modello costruttivo,
distanziandosi dalla tradizione napoletana delle famiglie Vinaccia e Calace.
32
Queste innovazioni sono tuttora alla base delle distinzioni rintracciabili persino
nei cataloghi delle ditte costruttrici di tutto il mondo: i mandolini di nuova
costruzione (prodotti con sistemi industriali o artigianalmente) vengono di solito
suddivisi in napoletano (guscio pi rotondo, manico a sezione ovale, cavigliere
chiuso con meccaniche infisse dal basso) e romano (guscio con piega pi marcata
e profonda, manico a sezione triangolare, tastiera sovrapposta alla buca, cavigliere
aperto con meccaniche infisse lateralmente). Non si pu prescindere da questa
suddivisione, ormai globalmente accettata, parlando della produzione
contemporanea.
Questo solo un primo esempio della difficolt con le quali ci si scontra
nellapplicare la catalogazione proposta da Sachs. Ancora pi grave risulta la
quasi totale mancanza di riferimenti bibliografici per lidentificazione di strumenti
di dubbia definizione come il mandolino padovano, il senese o il fiorentino. Nel
caso del mandolino siciliano, la presenza dei cori tripli non cos storicamente
evidente da giustificare la definizione di una categoria autonoma.
Ma la confusione pi grave riguarda sicuramente le tre definizioni
fondamentali: Mandola, Mandoline e Mandolino napoletano. Non chiara la
differenziazione tra ponticello fisso o mobile, cos come non viene mai
evidenziata la distanza di origine tra i due strumenti; del mandolino napoletano
viene offerta una definizione incredibilmente sintetica e superficiale, che mal si
adatta allasserzione finale: Il tipo di mandolino pi usato.
La definizione dei termini di base non certo un problema di facile
soluzione. Un tentativo di chiarimento pi accorto e storicamente fondato
offerto dallopera di James Tyler e Paul Sparks, The Early Mandolin [TYLER e
SPARKS 1992] e da The Classical Mandolin di Paul Sparks [SPARKS 1995]
I due studiosi inglesi pongono gi dallintroduzione il problema della
definizione terminologica, e propongono una suddivisione storico/stilistica in
buona parte condivisibile:
Until recently, very little research had been done into the
historical background and repertory of the early mandolin. The
possibility that there might have been two main types of early
33
mandolin, each with its own design, tuning, playing technique,
and musical history seems not to have been considered. [] We
shall call the earlier type of mandolin, the MANDOLINO, since
this is the name most commonly used by its contemporary
players, makers and composers; and we shall call the later type,
the MANDOLINE, since, despite its southern Italian roots, its
own considerable repertory was developed mainly in France.
[TYLER e SPARKS 1992, pag. v]
Questa prima suddivisione ha come principale effetto quello di far
rientrare a pieno titolo nella famiglia dei mandolini tutti quegli strumenti spesso
identificati con il liuto discanto o soprano, o con la pandurina, termine
anacronistico e storicamente riscontrabile solo in Praetorius [1619], utilizzato
spesso (anche da Sachs) per descrivere strumenti appartenenti ad un diverso
periodo storico e con differenti accordatura e repertorio. Praetorius definisce cos
la Pandurina:
Pandurina: Mandrichen. Conosciuta anche come
Bandrichen, da altri come mandor o mandurinichen (in
quanto facile da maneggiare e suonare). E un liuto molto
piccolo con quattro corde accordate in: g d g d. [] E
molto usata in Francia, dove alcuni sono tanto esercitati da
potervi suonare courants, voltes, e altre simili danze e canzoni
francesi cos come passamezzi, fughe e fantasie sia con una
penna come sul cittern o possono anche suonare con un singolo
dito in modo rapido e preciso come se fossero usate tre o quattro
dita. A volte, qualcuno suona con due o pi dita, in accordo con
il proprio uso. [trad. propria, PRAETORIUS 1619, pag. 53,
riportato in TYLER e SPARKS 1992, pag. 8]
34
Paul Sparks [SPARKS 1995] aggiunge a queste prime due categorie
mandolino e mandoline una terza famiglia che chiamer propriamente mandolin,
identificando al suo interno diverse varianti geografiche e storiche.
Nonostante gli indubbi pregi di questa suddivisione soprattutto il suo
essere estremamente semplice e di rapida applicazione i termini usati per ogni
famiglia sono molto simili e di difficile utilizzo in campo museale, risultando
infine poco chiari ai fini di una descrizione rapida di uno strumento, sia per la
realizzazione di un catalogo che, soprattutto, dei cartigli informativi per il
pubblico. E arduo accettare il termine francese mandoline per la descrizione di un
mandolino napoletano Degrado del 1785 o di un Vinaccia del 1770. Infine,
utilizzare litaliano mandolino limitandone lapplicazione ad uno strumento
attualmente definito come pandurina o liuto soprano non facilita di certo il lavoro
del catalogatore: cos facendo si attribuisce il termine pi comune allo strumento
meno conosciuto e dal legame pi debole con la cultura musicale moderna,
mentre viene stabilita una paternit culturale francese ad uno degli strumenti pi
squisitamente italiani, nonch, in ultima istanza, un nome inglese (mandolin) alle
ultime evoluzioni di questo strumento, solo in parte e molto recentemente
avvenute in ambito anglosassone.
Tutte le descrizioni pubblicate su enciclopedie o testi di organologia
mostrano la necessit di distinguere i tipi di mandolino rintracciabili e ne
propongono un esame alle volte molto dettagliato e attento, dedicando ampio
spazio al problema delle tipologie (come nel caso del New Grove o del MGG), ma
una classificazione che voglia essere snella e rapida nellapplicazione, essendo
finalizzata ad un suo uso pratico sul campo, dovr basarsi sulla definizione di
modelli standard riconoscibili e su parametri che consentano un certo margine di
variabilit, necessario data la natura artigianale dellarte liutaria.
Su Wikipedia (www.wikipedia.com), ad esempio, sono disponibili pi
versioni. In lingua italiana, il mandolino viene presentato come
uno strumento musicale antichissimo che [] appartiene
alla famiglia degli strumenti cordofoni. Simile ad una mandola,
di cui costituisce una variet, ha trovato spazio nell'antico
35
Impero Romano [sic!] e tuttora trova largo uso soprattutto in
Italia e, pi specificatamente, a Roma e nel napoletano. Grazie
alla sua particolare cassa armonica, piriforme, emette un suono
melodioso e penetrante che lo rende uno strumento unico nel
suo genere. Oltre al mandolino classico, detto mandolino
Romano [sic!] (con quattro corde doppie omofone - la cui
accordatura, cio, , per ogni coppia, uguale sia come tono che
come ottava - in versione barocca oppure da concerto), ne
esistono altri tipi fra cui: il bandolim, il banjo-mandolino, il
mandolino napoletano, il mandolino catanese, il mandolino
milanese (di origini pi antiche, con cinque o sei corde doppie),
il mandolino genovese barocco ed il mandolino F-Style
utilizzato nella musica bluegrass. [www.wikipedia.it]
La definizione offerta in lingua inglese lo descrive come:
Uno strumento musicale a plettro, a pizzico o entrambi.
Discende dalla mandora. La forma pi comune, di origine
napoletana, presenta otto corde in quattro coppie (cori) pizzicate
con un plettro. Sono riscontrabili varianti a quattro corde (una
per coro), sei corde (una per coro) come per il modello milanese,
dodici corde (tre per coro), e sedici corde (quattro per coro). Ha
un corpo con tavola armonica a forma di goccia, o
essenzialmente ovale, con uno o pi fori armonici di varie
forme, aperti e non reticolati. [www.wikipedia.com ]
Queste due ultime descrizioni sono un ottimo esempio della difficolt di
fornire una definizione univoca di uno strumento che presenta varianti strutturali
importanti (provenienza geografica, tecniche costruttive ed esecutive, materiali e
accordatura) unanimemente comprese nel generico termine mandolino. Solo per
fare un esempio, nella prima definizione viene citato un mandolino classico,
detto mandolino Romano con quattro cori di corde doppie omofone, mentre il
36
napoletano viene retrocesso al ruolo di altro tipo, insieme al mandolino
catanese, il milanese, il genovese barocco e il f-Style americano. Del tipo
catanese, in particolare, non se ne trovato alcun riscontro32.
La seconda definizione, pi solida e dettagliata, si concentra
maggiormente sulla descrizione dello strumento, presentandone le possibili
incordature. Alcune di queste sono per secondarie, come il milanese a sei cori di
corde singole 33 o inusuali, come il sedici corde in quattro cori. Molto pi
importante il modello a undici (o dodici) corde in sei cori (cinque doppi e uno
singolo), anche questo solitamente indicato come mandolino milanese o
lombardo. Anche lultima asserzione (with a soundhole, or soundholes, of
varying shapes which are open and not latticed[www.wikipedia.com]) risulta
incomprensibile, essendo comunissima la presenza di rosoni intarsiati (in legno o
in carta pergamena) a chiudere il foro armonico. La presenza di pi fori armonici,
al contrario, abbastanza rara, riscontrabile soprattutto negli strumenti con fondo
piatto. Queste due definizioni sono evidentemente imprecise e insufficienti, ma la
loro diffusione globale e lenorme numero di utenti obbliga a tenerne conto.
La definizione pi sintetica e comprensiva viene offerta da James Tyler,
alla voce Mandolin [mandola, mandoline, mandolino] pubblicata nel New Grove
Dictionary of Music and Musician:
Any of several types of small, pear-shaped, fretted string
instruments plucked with a plectrum, quill or the fingers.
[TYLER e SPARKS 1996]
32 Il redattore della voce ha sicuramente alluso alla importante tradizione costruttiva catanese, la
quale ha sempre avuto come riferimento il modello napoletano, facendo per ampio ricorso a
metodi industriali di produzione, con il fine di abbattere i costi. Per citare alcuni dei nomi pi
importanti, possiamo ricordare Carmelo Catania e Giuseppe Puglisi Reale, dei quali si conservano
numerosi strumenti, tutti riconducibili al modello napoletano (quattro cori di corde doppie, cassa
piriforme, piano armonico spezzato) 33 Questo strumento stato costruito e venduto dalla ditta Monzino di Milano durante il XIX sec.
In seguito allaffermazione di questo modello, il termine milanese stato generalmente applicato
anche a strumenti pi antichi, prima indicati come lombardi.
37
La necessit di chiarire a quali strumenti in particolare ci si riferisca nella
stesura di una definizione generica qui evidente:
Although in modern Italian usage the term mandolino may
mean any type of mandolin, it is used here for the earlier gut-
strung instrument. Terminology is problematic from the
mandolino's earliest period: mandola is found in Italian
sources beginning in the 1580s and mandolino, the diminutive
of mandola, appears as early as 1634 [IDEM, ibid.]
Anche la voce Mandoline redatta da Kurt Reinhard per Die Musik in
Geschichte und Gegenwart (vol.8, pag. 1577) presenta il mandolino come
riduzione della pi antica mandola. Anche in questo caso, lautore pone subito
laccento sulla necessit di definirne le tipologie, e parla quindi di mandolino
milanese, lombardo, fiorentino, ecc. Con queste definizioni lautore fa uno
specifico riferimento alle categorie proposte da Sachs e Hornbostel [1914].
La grande quantit di specificazioni associate al termine mandolino rischia di
spingere il catalogatore verso una semplificazione eccessiva, in quanto non
sempre questi dotato della competenza necessaria per distinguere tipologie tra
loro molto simili; tale appiattimento gi riscontrabile in numerosi cataloghi
museali (si vedano in proposito gli esempi precedentemente esposti). La
complessit una risorsa storicamente motivata e musicalmente giustificabile, e
va organizzata senza eliminarne il carico di significato; la riduzione delle tipologie
sicuramente necessaria e auspicabile, ma lobiettivo di una maggiore chiarezza
va raggiunto prendendo lavvio dalla terminologia esistente, cercando di cogliere i
tratti distintivi per ogni tipologia rintracciabile in studi, cataloghi di musei o di
liutai. Ogni descrizione rintracciata costituita da una parte principale nella quale
viene indicato il modello fondamentale, e da una o due specificazioni accessorie.
Alla prima abbiamo dato il nome di voce generale. Accanto alla parte principale, e
successivamente ad una sua trattazione pi o meno approfondita, chiunque abbia
38
scritto del mandolino ha sentito la necessit di utilizzare un gruppo di
specificazioni molto ampio, organizzabili in attributi geografici, storici o stilistici.
39
Voci generali
Contengono le definizioni delle famiglie principali di strumenti, indicandone a
volte varianti e tipologie pi comuni. Dedicano la maggior parte del testo alla
definizione essenziale (classificazione, storia, bibliografia, ecc.). Nonostante
possano essere considerate di semplice stesura, proprio in queste voci che si
riscontrano le principali disomogeneit, soprattutto per il basso livello di
specializzazione del testo (ne sono un ottimo esempio i testi pubblicati in
Wikipedia). Queste discordanze testimoniano inoltre la diversa fortuna di cui
hanno goduto gli strumenti in oggetto nel corso della storia.
Mandola (o mandora): la prima voce che si incontra in
ordine alfabetico e contiene al suo interno, nella maggioranza
dei casi, lo studio delle origini degli strumenti di tutta la
famiglia. Il nome mandola quindi solitamente (e
correttamente) attribuito allo strumento pi antico, capostipite
dellintera famiglia. Ma lo stesso termine stato utilizzato
anche per descrivere la versione accresciuta del mandolino a 4
cori doppi. In questultimo caso, si pu trovare la distinzione
in tenore (con accordatura in do2-sol2-re3-la3) o ottava (in
sol1-re2-la2-mi3). Non quindi raro imbattersi in definizioni
che si riferiscono alluno o allaltro tipo di strumento.
Mandolino (con le varianti mandolin, mandoline o bandolim):
quando non meglio specificato, con questa voce ci si riferisce
allo strumento con 4 cori di corde doppie generalmente
indicato come napoletano. Con la variante bandolim ci si
riferisce principalmente allo strumento a 4 cori doppi con
fondo piatto.
Figura 5 - Mandola anonima, probabilmente napoletana., sec. XVIII Roma, Museo Nazionale degli Strumenti Musicali
40
Mandolone (per il XVIII sec. anche arcimandola,
successivamente utilizzato come sinonimo di liola,
mandocello, mandoloncello, a volte riferito anche al
mandolonbasso): il nome mandolone dagli organologi
generalmente utilizzato per indicare il grande strumento ad otto
cori doppi diffuso tra Roma e Napoli a met del XVIII sec., di
cui sono reperibili splendidi esemplari realizzati da Gaspar
Ferrari a Roma, dai Vinaccia e i Fabbricatore a Napoli. Nella
sua accezione pi recente (dal XIX sec.), il nome stato
utilizzato per indicare gli strumenti bassi in uso nelle orchestre
a plettro.
Figura 6 - Mandolone di Antonio Vinaccia, Napoli 1772 (Parigi, Cit de la Musique, E.663)
41
Specificazioni geografiche
In questo caso, viene specificata la provenienza storico-
geografica di uno specifico modello. E il gruppo di definizioni
sicuramente pi ricco e di difficile interpretazione; ogni voce pu
infatti contenere varianti storiche distanti tecnicamente ma
accomunate dal nome attribuito, come nel caso delle due principali
tipologie (il napoletano e il milanese).
Mandolino bresciano o cremonese: questa definizione gode di una
discreta chiarezza ed tuttora di uso comune. Indica uno
strumento con 4 cori singoli e ponte fisso alla tavola armonica
piatta, accordatura per quinte (analoga a quella del violino), fondo
piatto, cavigliere con piroli infissi lateralmente. E stato lo
strumento di Bartolomeo Bortolazzi (1772 1820), e grazie a lui
ha raggiunto una discreta notoriet. E lo stesso Bortolazzi a
coniare il nome di bresciano o cremonese34. E una variante del
mandolino milanese del quale conserva la struttura ma non
laccordatura, derivata dal mandolino napoletano. E
strutturalmente simile al toscano o fiorentino, come descritto da
Sparks (1995, pag. 207).35
Mandolino catanese o siciliano: questa voce ha una duplice
valenza. Indica abitualmente la mera provenienza geografica di uno
strumento, in genere costruito secondo il modello napoletano
moderno. Di questo conserva intatte le caratteristiche costruttive: 4
cori di corde doppie accordate per quinte (analogamente al violino),
fondo generalmente bombato (piatto nei modelli pi economici),
34 Tale doppio nome utilizzato dallautore nel suo metodo Anweisung fur die mandoline fr
kennen zu leren, pubblicato a Lipsia nel 1805 35 CAMPBELL 1980, SPARKS 1995, TYLER e SPARKS 1985, WLKI 1984
Figura 7 mandolino bresciano di M. Scolari (Cremona 1799) L'Aia - Gemeentemuseum
Figura 8 - mandolino catanese di G. Puglisi Reale, Catania 1900 ca (coll. priv.)
42
manico tondo o triangolare (a seconda del modello di riferimento,
napoletano o romano), ponticello mobile e corde fissate al fondo,
chiavi meccaniche per laccordatura. Non presenta quindi alcuna
originalit. In altre e pi rare occasioni, fa riferimento ad una
variante del mandolino napoletano, dotato di corde metalliche
organizzate in due cori doppi (registro grave) e due cori tripli
(registro acuto). Tale variante ormai in disuso a causa delle
difficolt di accordatura dei cori tripli.
Mandolino fiorentino o toscano: le caratteristiche comprese in
questa definizione non sono univoche. Per Sachs il fiorentino era
uno strumento con 4 o 5 cori doppi, derivato dal mandolino
napoletano ma con un manico pi lungo. Sparks (1995, pag. 207)
lo assimila al mandolino toscano e lo descrive come discendente
dal tipo lombardo, dotato per di 4 corde singole (due di budello e
due di metallo) accordate come il tipo napoletano. In pratica un
cremonese costruito con un manico di tipo romano. Per Briner-
Aimo (1998, pagg. 272 e sgg.), lo strumento fiorentino ha 4 cori
doppi, cavigliere leggermente inclinato e piroli infissi
posteriormente; le corde sono attaccate al ponte fisso sul piano
armonico, analogamente al lombardo, ma con un manico pi lungo
e sottile. La buca aperta e il piano leggermente inclinato. Questo
tipo di strumento sarebbe alla base (secondo Briner-Aimo) del
modello napoletano divenuto celebre per merito della famiglia
Vinaccia tra il XVIII e il XIX sec. Queste differenti specifiche
fanno per riferimento a periodi storici distinti. Sachs e Briner-
Aimo, pur non concordando sullordine cronologico, l collocano
nel XVIII sec. Per Sparks si tratta dello strumento ideato da Lybert
e Maurri a Firenze nel 1890 circa. In tempi molto pi recenti, la
ditta americana Gibson (ideatrice dei mandolini a e f-style) ha dato
il nome di Florentine mandolin ad alcuni dei suoi modelli
bluegrass.
Figura 9 - Gibson florentine mandolin, Nashville 1956
43
Mandolino francese: variante del mandolino piatto, dotato di piano
armonico e fondo piatti. Il fondo una semplice tavola (particolare
che distingue tale modello da quello portoghese).
Mandolino genovese: lattributo geografico, in questo caso,
definisce uno specifico e univoco modello di strumento,
rintracciabile solo per qualche decennio, dal 1780 circa fino alla
met del XIX sec. Presenta sei cori doppi accordati esattamente
unottava sopra la chitarra. Questa accordatura rintracciabile in un
manoscritto attribuito a Francesco Conti, intitolato Laccordo
della Mandola listesso della Chitarra alla francese SCOLA del
Leutino, osia Mandolino alla Genovese36. Sachs (1913) riporta una
diversa accordatura della quale non sono stati trovati ulteriori
riscontri. Il fondo bombato, la buca chiusa da una rosetta
realizzata in legno o pergamena, il cavigliere ha i piroli infissi dal
retro. Negli esemplari superstiti, il ponticello pu essere libero o
fisso al piano armonico37, ma le corde sono, anche con il ponte
fisso, agganciate a dei piccoli perni infissi allo zocchetto di fondo
cassa: questo particolare spinge a pensare il ponte mobile come
caratteristica originaria, eventualmente sostituito da un ponte fisso.
Il piano armonico protetto da un battipenna. E stato lo strumento
di Niccol Paganini, e questo gli ha garantito un discreto successo.
36 Circa 1770-1780, conservato alla Euing Music Library di Glasgow. Riportato in TYLER e
SPARKS 1989, pag. 140 37 Questo dato non verificabile in quanto il ponticello forse la parte pi soggetta a sostituzioni
nel corso del tempo. Si vedano ad esempio i due esemplari di mandolino genovese esposti nella
sala IV (vetrina 1) del Museo degli Strumenti Musicali di Roma (n. inv. 340 e 341), costruiti da
Christian Nonnemacher [CERVELLI 1994, pag. 93 e 94]
Figura 10 - mandolino genovese anonimo. L'Aia Gemeente-museum
44
Mandolino lombardo o milanese: viene generalmente identificato
con queste specificazioni geografiche uno dei due modelli base
del mandolino38. Diretto discendente del liuto, spesso confuso con
il liuto soprano39, a volte chiamato pandurina, pi diffusamente
indicato come mandolino barocco, il mandolino milanese (o
lombardo) si riconosce per il suo guscio a forma di uovo (differente
dalla forma a pera del napoletano) e il piano armonico piatto, il
ponticello fisso e i piroli infissi lateralmente al cavigliere. Le sue
caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle della mandola; il
termine mandolino, in questo caso, non indica n una riduzione
delle misure originarie n una nuova accordatura, ma
semplicemente un differente rapporto con le maggiori dimensioni
degli strumenti coevi. La localizzazione milanese (o lombardo)
invece da rapportare allenorme successo del mandolino
napoletano e risale infatti alla seconda met del XVIII sec.
Mandola e mandolino milanese sono dunque assimilabili.
Nel corso del XIX sec. lo strumento sottoposto ad una
modernizzazione radicale da parte dei liutai della famiglia Monzino
(attivi a Milano sin dalla met del XVIII sec.). Monta sei corde
singole accordate in sol2 si3 mi3 la3 re4 sol4, il cavigliere
ha i piroli infissi lateralmente, la tastiera sovrapposta al piano
armonico; il ponticello fisso. Linnovazione principale
rappresentata dalla scannellatura della tastiera nella spazio tra i
38 Come gi precedentemente detto, il termine mandolino indica due famiglie distinte di strumenti,
con origini, evoluzione, repertorio, tecniche esecutive e costruttive completamente distinte e
differenti. 39 E molto importante sottolineare la differenza tra la famiglia dei liuti e delle mandole in quanto
strumenti dotati di funzioni musicali opposte. La mandola viene descritta gi da Agazzari come
uno strumento a corde dotato di capacit melodiche simili a quelle del violino: li stromenti di
corde, alcuni contengono in loro perfetta armonia di parti, quale lOrgano, Gravicembalo, Leuto,
Arpadoppia etc; alcuni lhanno imperfetta, quale Cetera ordinaria, Lirone, Chitarrina; ed altri
poca, niente, come Viola, Violino, Pandora etc. [AGAZZARI 1607, pag.4]
Figura 11 - mandolino di F.Presbler - Milano 1774. Roma, Museo Nazionale degli Strumenti Musicali
Figura 12 Mandolino di C. Albertini, Milano 1890 circa. Milano, Fondazione Monzino
45
tasti, la quale si accompagna alla riduzione del numero di corde per
consentire una notevole velocit desecuzione e minori problemi di
accordatura. La fortuna storica guadagnata da questa tipologia di
strumenti ha causato una certa confusione nella terminologia di
riferimento, in quanto ha reso poco chiaro e non univoco il
significato delle specificazioni milanese e lombardo, nonostante le
evidenti differenze tra i due strumenti40.
Mandolino napoletano: il secondo dei modelli base, il pi
conosciuto, comune e diffuso di questa grande famiglia di
strumenti. La definizione di cosa sia il modello napoletano
abbastanza semplice: strumento con fondo a guscio molto
profondo, piano armonico spezzato, 4 cori di corde doppie
pizzicate con il plettro, ponticello mobile, accordatura analoga a
quella del violino. Dietro questa semplice definizione si
nascondono per due secoli di evoluzione storica che hanno
apportato modifiche importanti, conservando comunque le
principali caratteristiche distintive sopra enunciate. La tipologia
attuale frutto dellingegno della famiglia Vinaccia, tra i primi
costruttori nel XVIII sec. e principali innovatori nel XIX.
Mandolino padovano: tale tipologia rintracciabile in SACHS 1913
(pag. 253) e JANSSENS 1984 (pagg. 234 e sgg.) e descritta come
variante del mandolino lombardo con cinque cori doppi, un corpo
pi piccolo e snello41. Purtroppo non stato possibile rintracciare
nessuno strumento attribuibile univocamente a questa tipologia.
40 Queste due denominazioni sono utilizzate entrambe per indicare luna o laltra tipologia: non si
riscontrata omogeneit nellattribuzione del nome al relativo modello. 41 Il sito www.mandoline.de riporta la presunta accordatura del mandolino padovano: re3 sol3
do4 sol4 la4 . Tale informazione non per supportata da altre fonti.
Figura 13 - Mandolino dei fratelli Vinaccia, Napoli 1902 (coll. priv.)
46
Mandolino portoghese: denominazione molto comune e diffusa
che indica una variante del mandolino piatto, con piano armonico
piatto e fondo lievemente arcuato, a doghe.
Mandolino romano: come per il mandolino napoletano e per il
lombardo, questa definizione pu riferirsi a differenti strumenti in
base al periodo storico. Levoluzione di tale tipologia (o sarebbe
meglio dire levoluzione dellattribuzione di tale definizione) non
lineare. Per quanto riguarda il sec. XVIII, si indicano come romani
gli strumenti costruiti nella prima met del secolo da celebri liutai
come Smorzone (o Smorsone), Tecchler e Gualzatta. Secondo
Carlo Cecconi:
Caratteristiche peculiari di questa produzione sono:
cassa allungata e profonda (doghe piatte senza filetto
o scanalate e filettate), dorso del manico molto
rastremato verso il capotasto, tastiere larghe e
convesse con notevoli spaziature tra i cori, ponticelli
sottili, caviglieri a fondo chiuso, rose generalmente
tagliate nella tavola con modalit e disegni adottati
nei liuti coevi, diapason "lungo". Queste
caratteristiche (insieme ad altre di minore rilievo)
distinguono inequivocabilmente la mandola romana
della prima met del XVIII sec. da quella di ambito
milanese comune nella seconda met del secolo.
Quest'ultimo tipo di strumento presenta di solito un
disegno della cassa e del piano armonico pi
arrotondato, tastiere pi strette e quindi cori
ravvicinati, ponticelli con ampia superficie di
incollaggio, caviglieri con fondo traforato, rose in
47
gran parte riportate (composte da due o pi strati di
legno e pergamena), diapason "corto".42
Se per questo periodo si deduce quindi una vicinanza sostanziale
tra il modello romano e quello lombardo, gi Sachs lo segnala
come variante del napoletano. Oggi, questattributo geografico
indica nelluso comune (come nel caso dei cataloghi degli attuali
liutai o produttori di mandolini) una evoluzione del mandolino
napoletano, avvenuta ad opera dei liutai Maldura, de Santis e
Embergher alla fine del XIX sec., con lapporto di numerose e
sostanziali modifiche al manico, alla tastiera, alle meccaniche, al
ponticello e alla forma della cassa di risonanza.
Mandolino senese: tale denominazione, utilizzata da Sachs,
raramente utilizzata se non con riferimento alla descrizione fornita
nel Reallexikon.
Mandolino toscano: si veda la voce mandolino fiorentino.
42 Tratto dallanalisi stilistica redatta dal liutaio Carlo Cecconi per il Museo degli Strumenti
Musicali dellAccademia di Santa Cecilia a Roma. Il testo pubblicato allindirizzo web
http://museo.santacecilia.it/museo_0/?resource=StrumentiASC/allegati/ASC/STR/000/000/64/AS
C.STR.00000064.0002.pdf
Figura 14 - Mandolino mod. 5bis di Luigi Embergher (Roma 1929, coll. priv.)
48
Specificazioni storiche
Il discorso in queste centrato sullorigine temporale del modello. Queste
definizioni sono meno diffuse di quelle geografiche, ma hanno goduto e godono
tuttora di una certa fortuna nel linguaggio liutario.
Mandolino barocco: ci si riferisce generalmente, con questa
definizione, allo strumento precedentemente descritto come
lombardo, il modello usato nei concerti di Vivaldi e associato al
periodo barocco. In realt non insolito trovare lindicazione
barocco riferita anche al coevo modello napoletano o romano,
soprattutto nelle descrizioni offerte dai liutai43.
Mandolino classico: anche se relativamente poco diffusa, questa
specificazione viene utilizzata per indicare gli strumenti di modello
napoletano o milanese in uso a partire dal XIX sec. La
denominazione Classical mandolin viene utilizzata in questo senso
anche da Paul Sparks:
A century ago [] throughout much of Europe and
North America, the mandolin was one of the most
widely owned and played of all instruments, its
popularity amongst amateur musicians probably
being equaled only by the piano. [] Verdi,
Mahler, Webern, Massenet, Schoenberg, and many
other leading composers included the mandolin in
orchestral and operatic works. [SPARKS 1995, pag.
v]
43 Ad esempio, nei cataloghi dei liutai Pasquale e Leonardo Scala di Salerno, di Luca Centrone,
Stefano Zanderighi e Marco Golinelli (laboratorio Liuteria dInsieme di Milano) o Federico
Gabrielli di Milano.
49
Mandolino del vecchio tipo: questa denominazione rintracciabile
in riferimento agli strumenti della prima met del XVIII sec.
Lanalisi stilistica del Museo Internazionale e Biblioteca della
musica di Bologna descrive cos questo tipo di strumento: non ha
il guscio molto profondo, ha generalmente un cavigliere in forma di
falce con piroli laterali, pu avere pi di quattro ordini, accordati in
quarte, eventualmente con una terza maggiore, ha corde attaccate al
ponticello, e soprattutto ha corde il pi delle volte di minugia,
pizzicate direttamente con le dita. Vengono cos identificati come
mandolino, del vecchio tipo i due strumenti qui conservati44. Questa
tipologia utilizzata anche dal Metropolitan Museum di New York,
nella nota descrittiva relativa allo strumento attribuito a Giovanni
Smorsone (2008.2a,b).
Mandolino moderno: loggetto di questa definizione trascende in
parte le finalit del presente studio, in quanto viene solitamente
riferito ai modelli in uso nei repertori country e bluegrass
americani, soprattutto dalla casa statunitense Gibson (i modelli A-
Style, F-Style, Florentine, ecc.)
44 Lo stesso museo riporta la singolare specificazione geografica mandolino bolognese per uno
strumento a fondo piatto e scolpito di tipo napoletano realizzato dal liutaio Luigi Mozzani nel 1933
50
Voci stilistiche
Vengono raccolte in questa sezione tutte le voci che contengono un rimando a
tradizioni costruttive specifiche, anche relative al lavoro d
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