ZOOTECNIA Emissioni in atmosfera ed...

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Informazione&Zootecnia Progetto realizzato da Associazione Regionale Allevatori dell’Umbria con il finanziamento del Piano di sviluppo rurale per l’Umbria 2007-2013, Misura 111 Azione A. UNIONE EUROPEA INFORMAZIONE&ZOOTECNIA Emissioni in atmosfera ed alimentazione Emissioni in atmosfera ed alimentazione Gli allevamenti di animali destinati alla produzione di carne, latte o uova pur essendo importanti per l’alimentazione dell’uomo hanno la caratteristica di essere poco efficienti dal punto di vista della trasformazione di mangime (inteso come tutto ciò che serve ad alimentare gli animali). Ad esempio un ciclo di ingrasso di suini ha una resa alimentare di circa il 28%, da ciò consegue che vengono “sprecati” circa il 72% dei nutrienti utilizzati. Tali nutrienti più o meno trasformati sono dispersi nell’ambiente e possono costituire potenziali inquinanti. Quindi essenzialmente ogni riduzione di spreco alimentare attuata con i diversi interventi comporta una riduzione di inquinanti nell’ambiente In questa pubblicazione si analizzano proprio le tecniche di riduzione degli inquinanti per quanto riguarda l’alimentazione degli animali. A.R.A. Umbria Associazione Regionale Allevatori dell’Umbria SEDE LEGALE ED OPERATIVA di Perugia: Via O.P. Baldeschi, 59 06073 Taverne di Corciano (PG) Tel.: (+39) 075 6979217 Fax: (+39) 075 6979221 E-mail: [email protected] PI: 00561490541 SEDE OPERATIVA di Terni: Viale D. Bramante 3/A 05100 Terni Tel.: (+39) 0744 300998 Fax: (+39) 0744 304870 E-mail: [email protected]

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  • Informazione&Zootecnia Progetto realizzato da Associazione Regionale Allevatori dell’Umbria con il finanziamento del Piano di sviluppo rurale per l’Umbria 2007-2013, Misura 111 Azione A.

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    INFORM

    AZIONE&ZOOTECNIA

    Emissioni in a

    tmosfera e

    d

    alimentazione

    Emissioni in atmosfera ed

    alimentazione

    Gli allevamenti di animali destinati alla produzione di carne,

    latte o uova pur essendo importanti per l’alimentazione dell’uomo hanno la caratteristica di essere poco efficienti dal punto di vista della trasformazione di mangime (inteso come

    tutto ciò che serve ad alimentare gli animali).

    Ad esempio un ciclo di ingrasso di suini ha una resa

    alimentare di circa il 28%, da ciò consegue che vengono

    “sprecati” circa il 72% dei nutrienti utilizzati. Tali nutrienti più o meno trasformati sono dispersi

    nell’ambiente e possono costituire potenziali inquinanti. Quindi essenzialmente ogni riduzione di spreco alimentare

    attuata con i diversi interventi comporta una riduzione di

    inquinanti nell’ambiente In questa pubblicazione si analizzano proprio le tecniche di

    riduzione degli inquinanti per quanto riguarda l’alimentazione degli animali.

    A.R.A. Umbria Associazione Regionale Allevatori dell’Umbria

    SEDE LEGALE ED OPERATIVA di Perugia: Via O.P. Baldeschi, 59 06073 Taverne di Corciano (PG) Tel.: (+39) 075 6979217 Fax: (+39) 075 6979221 E-mail: [email protected] PI: 00561490541 SEDE OPERATIVA di Terni: Viale D. Bramante 3/A 05100 Terni Tel.: (+39) 0744 300998 Fax: (+39) 0744 304870 E-mail: [email protected]

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    NORMATIVE DI RIFERIMENTO

    La normativa che disciplina l’uso dell’azoto è costituita fondamentalmente da due pacchetti legislativi, i quali fanno riferimento a due direttive comunitarie. La prima, nota come direttiva nitrati (CEE 91/676), è relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole; la seconda è la direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control CE 96/61) sulla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento. La direttiva nitrati è stata recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo 152/06. Il Decreto Legislativo 152 del 03/04/2006 ( Norme in materia di ambientale) e il D.M. 209 del 07/04/2006 stabiliscono i criteri e le norme tecniche generali per la disciplina ,da parte delle Regioni, che hanno emanato proprie normative per l’utilizzazione agronomica e delle acque reflue provenienti dalle aziende zootecniche.

    Nel 1996 la Direttiva IPPC (96/61 EC) ha introdotto la logica dell’approccio integrato per tutelare l’ambiente nel suo complesso. Tale direttiva recepita con decreti legislativi che sono andati a modificare il testo unico ambientale citato (Decreto Legislativo 152/06) ha comportato anche per gli allevamenti un’attenzione nuova per quanto riguarda le emissioni di gas in aria. L’approccio al problema è stato lo stesso che per altri settori impattanti e ha comportato lo

    studio e la identificazione delle cosiddette Migliori Tecniche Disponibili (MTD o BAT in Inglese). Tale studio, dopo confronti a livello europeo, ha permesso l’emanazione delle linee guida italiane sulle migliori tecniche disponibili in materia di allevamenti attuate con Dm Ambiente 29/01/07. Pertanto gli impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: a) 40.000 posti pollame; b) 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg), o c) 750 posti scrofe. devono ottenere l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che è un autorizzazione con un procedimento molto complesso che riguarda tutti gli aspetti dell’allevamento legati all’ambiente, a partire dalla gestione dei rifiuti, alle modalità di utilizzo delle energie fino ad arrivare alle tecniche gestionali degli effluenti zootecnici e alle tecniche utilizzate per ridurre le emissioni a partire dai ricoveri fino all’utilizzo agronomico degli effluenti. Tra queste tecniche sono annoverate anche quelle di alimentazione degli animali.

    Anche le altre tipologie di allevamento, devono richiedere un autorizzazione specifica per le emissioni con la domanda di adesione all’autorizzazione a carattere generale per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico ai sensi dell’art. 272, comma 2, del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152 e s.m.i. “Procedura semplificata con autocertificazione”. Gli allevamenti confinati soggetti a tale domanda sono quelli che rientrano

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    nell’intervallo del numero di capi indicato nella tabella seguente

    Allevamenti soggetti ad autorizzazione semplificata alle

    emissioni

    NUMERO

    CAPI TIPO DI ALLEVAMENTO

    da 200 a 400

    Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo)

    da 300 a 600

    Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo)

    da 300 a 600

    Altre vacche (nutrici e duplice attitudine)

    da 300 a 600

    Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo)

    da 1.000 a 2.500

    Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo)

    da 400 a 750

    Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento

    da 1.000 a 2.000

    Suini: accrescimento/ingrasso

    da 2.000 a 4.000

    Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo)

    da 25.000 a 40.000

    Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo)

    da 30.000 a 40.000

    Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo)

    da 30.000 a 40.000

    Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo)

    da 30.000 a 40.000

    Altro pollame

    da 7.000 a 40.000

    Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo)

    da 14.000 a 40.000

    Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo)

    da 30.000 a 40.000

    Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo)

    da 40.000 a 80.000

    Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo)

    da 24.000 a 80.000

    Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo)

    da 250 a 500

    Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo)

    da 700 a 1.500

    Struzzi

    La domanda dovrà essere corredata di relazione tecnica con l’indicazione delle migliori tecniche disponibili adottate ai fini della riduzione delle emissioni legate all’alimentazione degli animali. Le aziende con numero di capi inferiore ai limiti indicati nelle tabelle dovranno semplicemente inviare una dichiarazione di attività in deroga. Invece le aziende con numero di capi superiori, non soggette ad AIA devono

    richiedere l’autorizzazione alle emissioni con procedura ordinaria. Altre attività collegate all’allevamento o agricole sono soggette all’autorizzazione alle emissioni come la molitura di cereali con produzione giornaliera superiore a 500 kg e annuale superiore a 500 quintali, le trasformazioni lattiero casearie con produzione giornaliera sopra i 350 kg e annuali superiore a 250 quintali, gli impianti termici come gli essiccatoi del tabacco,

    EMISSIONI IN ATMOSFERA L’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente come patrimonio comune pone la necessità di valutare gli effetti inquinanti dei processi produttivi di beni e servizi compresi quelli del settore agricolo. Il settore agro zootecnico svolge sin dalle sue origini molteplici funzioni. Oltre alla produzione di alimenti, chi opera in questo settore assume un ruolo importante nella gestione del territorio e dell’ambiente. La zootecnia può contribuire alla qualità del suolo utilizzando le deiezioni come fertilizzante organico. La relazione tra zootecnia e ambiente può essere anche negativa; principalmente le problematiche possono essere causate da pratiche di gestione aziendale non corrette che portano all’emissione di gas serra, impoverimento del suolo dovuto al sovra pascolamento o l’eutrofizzazione delle acque dovute agli effluenti zootecnici che causano sovrabbondanza di nitrati e fosfati nelle acque con conseguenti danni ambientali e

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    inquinamento delle falde acquifere utili per l’uomo. Tra gli impatti che possono provenire dall’attività zootecnica sono da considerare le emissioni di gas che hanno un effetto serra, quei gas trasparenti alle radiazioni solari ma che trattengono le radiazioni infrarosse emesse dalla superficie terrestre e dall’atmosfera ; i principali gas a effetto serra (GHG) di origine agricola sono oltre all’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) , il protossido di azoto (N2O) e l’ammoniaca (NH3). Il contributo al riscaldamento globale di ogni gas è dovuto al peculiare comportamento delle proprie molecole all’incontro con la radiazione globale, oltre che alla quantità assoluta presente in atmosfera. Gli equivalenti di CO2 vengono utilizzati per confrontare il potenziale di riscaldamento globale di un gas (GWP = global warning potential) prendendo come riferimento la CO2 a cui viene assegnato un valore pari a 1, su un arco temporale di 100 anni. Secondo dati sperimentali, metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) hanno un GWP pari rispettivamente a 25 e 298. L’emissione di gas serra del settore zootecnico è stata stimata essere il 18 % delle emissioni totali delle attività dell’uomo di questi gas e l’80% delle emissioni del settore agricolo. La zootecnia contribuirebbe su scala globale con il 35-40% per le emissioni di metano (CH4), 9% per l’anidride carbonica (CO2) e 65 % per il protossido di azoto (N2O), mentre per l’ammoniaca (NH3) si stima un contributo del 64%. L’anidride carbonica (CO2) è il principale gas serra data l’elevata concentrazione in atmosfera. Il contributo del 9% è calcolato sulla base di emissioni dovuto all’uso di combustibili fossili per i mezzi agricoli, per la produzione di alimenti, erbicidi e fertilizzanti. Viene considerato anche l’apporto della deforestazione nei paesi in via di sviluppo caratterizzati da una zootecnia di tipo estensivo. L’emissione di CO2 dai processi respiratori degli animali è compensata dal sequestro delle colture destinate agli animali stessi. Il metano (CH4) è il secondo gas serra per concentrazione in atmosfera e possiede un

    GWP di 25. La zootecnia è responsabile del 35-40 %; l’origine di questo gas è dovuta alle fermentazioni ruminali, nel cieco dei monogastrici e dalle fermentazioni anaerobiche a carico di letame e liquame. Il protossido di azoto (N2O) ha un valore di GWP di 298 con una emivita di 150 anni. La produzione avviene durante la distribuzione dei reflui zootecnici e dipende da temperatura ambientale, umidità del suolo e sostanza secca del refluo. E’ un prodotto intermedio delle denitrificazione. L’ammoniaca (NH3) volatilizza durante lo stoccaggio e lo spargimento dei reflui zootecnici e dei fertilizzanti azotati utilizzati per la produzione di alimenti per il bestiame. Il 93% delle emissioni totali di ammoniaca deriva dall’agricoltura. La quantità di ammoniaca volatilizzata dipende dal sistema di stabulazione, dalle pratiche di stoccaggio e di spargimento, nonché dalla forma fisica del refluo, dalle caratteristiche della superficie agricola e dalla temperatura ambientale, in quanto la volatilizzazione cresce all’aumento di quest’ultima.

    ASPETTI TECNICI E TECNOLOGICI

    RELATIVI ALL’ALIMENTAZIONE E ALLA NUTRIZIONE

    Ridurre il tenore di nutrienti, azoto e

    fosforo in particolare, nelle deiezioni è fondamentale per diminuire gli interventi a valle nel ciclo di allevamento, limitando i costi.

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    Attraverso le tecniche di alimentazione che si adottano non solo si vuole soddisfare i fabbisogni degli animali, massimizzando la produttività ed il benessere, ma, aumentando la digeribilità e l’assimilabilità dei nutrienti, anche contenere le emissioni. Inoltre, ottimizzando gli apporti alimentari alle esigenze metaboliche degli animali si limita anche la quota di azoto escreta con le urine.

    In buona sostanza, ciò che le tecniche nutrizionali ambiscono fare è definire un livello minimo di nutrienti nel mangime (N e P in particolare), corrispondente al livello minimo di escrezione che non può essere evitato, essendo connaturato ai processi metabolici stessi.

    Esistono numerose tecniche, indicate come BAT, che possono essere adottate in allevamento per migliorare questi aspetti.

    IMPIEGO DI UN’ ALIMENTAZIONE CON

    ADEGUATO TENORE PROTEICO

    A seguito dell’evoluzione delle normative, anche la zootecnia italiana deve necessariamente subire un cambiamento, in parte già in atto, adottando strategie di allevamento caratterizzate da basso impatto ambientale e da una alta efficienza di utilizzazione dei nutrienti. Quindi tra le strategie gestionali una delle più immediate da adottare allo scopo di ridurre l’escrezione di azoto risulta essere la diminuzione del tenore proteico della razione. I parametri maggiormente correlati con

    l’escrezione di azoto sono il tenore in proteina della razione e la quantità di alimento ingerito. A parità di altri fattori, l’efficienza di utilizzazione dell’azoto alimentare nella sintesi della proteina aumenta al diminuire del tenore proteico della razione. Siccome ogni proteina ha una precisa composizione e sequenza di aminoacidi se durante la sintesi di una nuova proteina mancasse anche uno solo di questi la parte del tratto già prodotto sarebbe distrutto, la stessa sorte è riservata agli aminoacidi assorbiti in eccesso con la dieta rispetto ai bisogni. Questo suggerisce che per soddisfare gli alti fabbisogni nutritivi degli animali in produzione e contenere il più possibile l’escrezione azotata, si deve puntare a formulare diete a tenore proteico ridotto e con l’ottimizzazione dell’apporto aminoacidico. La corretta applicazione di questi principi porta al concetto di “proteina ideale” nelle formulazioni alimentari che permette di migliorare le performance produttive degli animali, mantenendo invariate la qualità delle carni, ma soprattutto di ridurre l’impatto ambientale delle deiezioni. Per assicurare l’equilibrio aminoacidico è però necessario ricorrere ad aminoacidi di sintesi soprattutto in animali monogastrici e in bovine da latte.

    Questa tecnica si basa sul principio di fornire agli animali mangimi ad appropriato contenuto quanti-qualitativo di proteine, in modo tale che essi possano assumere le giuste quantità di aminoacidi essenziali e non (proteina ideale), a cominciare da quelli limitanti come la lisina, evitando gli eccessi e gli squilibri.

    Ottimizzare l’apporto quanti-qualitativo di aminoacidi, non solo permette di ottimizzare le produzioni, ma consente anche di minimizzare le escrezioni urinarie di azoto. Quindi per i suini di peso vivo compreso tra i 25 e i 110 kg, per ogni punto di riduzione percentuale del tenore proteico della razione si registra la riduzione di circa il 10% dell’azoto escreto, fino ad un limite massimo di riduzione di due punti percentuali ed un decremento dell’azoto escreto di circa il 20%.

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    ALIMENTAZIONE PER FASI

    I fabbisogni nutritivi variano con l’età,

    nel suino si ha un fabbisogno aminoacidico decrescente per il graduale declino del rapporto muscolo grasso deposti, la preparazione

    La tecnica di alimentazione per fasi prevede l’adattamento della dieta e dei suoi contenuti in nutrienti alle specifiche esigenze dei capi allevati nei vari stadi di sviluppo. Per il suino leggero sono ben sviluppate le tecniche basate su due fasi. Per il suino pesante italiano due o tre fasi sono ritenute praticabili. Sono inoltre applicabili le tecniche di alimentazione multifase, basate su programmi alimentari che cambiano settimanalmente o anche giornalmente. Ciò può essere ottenuto mescolando in proporzioni adeguate periodicamente due mangimi: uno ad alto tenore di nutrienti e l’altro a basso tenore.

    L’applicazione di questa tecnica richiede tuttavia un considerevole investimento, necessitando di silos per i diversi tipi di mangimi, dispositivi molto precisi di miscelazione e linee di distribuzione ben progettate.

    Nel caso del finissaggio dei suini all’ingrasso, è stato verificato che l’applicazione di un programma di alimentazione basato su 3 fasi consente la riduzione del 3% dell’N e del 5% del P nelle escrezioni. applicando l’alimentazione multifase si può considerare una ulteriore

    riduzione del 5-6% per l’azoto e del 7-8% per il fosforo.

    IMPIEGO DI ADDITIVI

    Tra gli additivi alimentari che possono

    essere aggiunti in piccoli quantitativi nella dieta si ritrovano pre e probiotici e sostanze ad azione diversificata (enzimi, regolatori delle fermentazioni intestinali). Questi prodotti sono usati per ridurre il quantitativo di mangime ingerito senza deprimere l’incremento ponderale. Come conseguenza si ha una diminuzione del quantitativo di nutrienti totali escreti che può arrivare al 3%. Queste riduzioni si accompagnano ad un aumento dell’indice di conversione alimentare.

    L’utilizzazione degli additivi in alimentazione è strettamente legata all’industrializzazione dell’allevamento animale, suino in particolare.

    La direttiva CE 70/524 considera gli additivi sostanze o preparazioni utilizzate nell’alimentazione degli animali con vari fini, dal migliorare le caratteristiche dei mangimi a soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali, ma anche per prevenire o ridurre gli effetti nocivi provocati dalle deiezioni animali

    Nelle linee guida sulle migliori tecniche disponibili (MTD) di impiego di additivi nella dieta è visto favorevolmente ma sono indicati come BAT solamente l’impiego di aminoacidi essenziali e l’utilizzo dell’enzima fitasi al fine di ridurre l’impiego di fosforo nella dieta.

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    USO DI AMINOACIDI DI PRODUZIONE

    INDUSTRIALE

    Come già detto l’aggiunta di aminoacidi

    essenziali alla razione permette di formulare mangimi con più basso tenore di proteine nell’alimentazione dei monogastrici come suino e avicoli, nei bovini in accrescimento e nelle bovine da latte.

    Tra gli aminoacidi essenziali la lisina è sicuramente il più importante per il suino, in quanto non è in grado di sintetizzarla per via endogena poi tra i principali sono annoverati la metionina, la treonina, il triptofano poi isoleucina, leucina, istidina, fenilalanina, valina.

    La sintesi proteica è una parte indispensabile del processo di crescita dell’animale. Affinché le proteine siano sintetizzate correttamente devono essere presenti nel sito di sintesi gli aminoacidi essenziali e non essenziali nella corretta proporzione; se un aminoacido necessario alla corretta estensione della catena proteica non è presente nell’esatto luogo di sintesi questa non può procedere. Se l’aminoacido mancante fa parte dei “non essenziali” l’organismo è in grado di sintetizzarlo partendo da un altro aminoacido. Nel caso di un aminoacido “essenziale” l’organismo non è in grado di produrlo e la sintesi della proteina si blocca.

    Quindi è importantissimo che gli aminoacidi limitanti siano presenti nella dieta in quantità sufficiente a soddisfare i

    fabbisogni proteici dell’animale. Per raggiungere le performances potenziali derivanti dalla genetica è necessario una efficiente utilizzazione delle proteine alimentari derivante dal bilancio tra aminoacidi essenziali apportati dalla dieta e fabbisogni proteici fisiologici. Si definisce quindi “proteina ideale” la composizione aminoacidica di una ipotetica proteina alimentare in grado di fornire gli aminoacidi essenziali nel rapporto corrispondente ai reali fabbisogni dell’animale. Il fabbisogno di mantenimento in aminoacidi essenziali aumenta con la crescita e il profilo aminoacidico ideale si modifica con l’aumentare del peso vivo.

    Il modo più pratico per ottenere diete che rispecchino il più possibile il profilo aminoacidico ideale è quello di inserire aminoacidi industriali nelle formule in quanto l’utilizzo esclusivo di materie prime vegetali o di proteici di origine animale non sempre permette di ottenere i risultati voluti.

    L’impiego di aminoacidi industriali consente di ridurre il livello proteico delle diete e di bilanciare il livello degli aminoacidi essenziali, consentendo una migliore efficienza alimentare e una riduzione delle spese di alimentazione.

    L’uso di AA industriali è in grado di limitare inoltre l’impatto ambientale delle deiezioni animali, soprattutto quello dell’azoto contenuto nelle urine; ciò è dovuto sia al minor quantitativo di azoto totale fornito con le diete integrate sia alla riduzione dei fenomeni di anabolismo/catabolismo proteico necessari alla sintesi di AA essenziali, reazioni che comportano l’eliminazione di quantità importanti di azoto nell’ambiente.

    TENORE IN FOSFORO DEL MANGIME E

    IMPIEGO DI FITASI E DI FOSFORO

    INORGANICO

    Il livello di fosforo disponibile negli

    alimenti di origine vegetale non è generalmente sufficiente per ottenere buone

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    performance. Infatti il fosforo si trova nei vegetali in forma organica come acido fitico (65-50% circa) e inorganica (30-35% circa). Solo quest’ultima forma viene prontamente digerita dai monogastrici, mentre quella organica viene scarsamente utilizzata in quanto l’organismo animale non possiede, o possiede in quantità molto limitata a livello intestinal, l’enzima specifico, la fitasi, in grado di demolire la molecola,

    L’aggiunta di fitasi nella dieta aumenta la digeribilità del fosforo vegetale che si traduce in livelli più bassi apporto necessario di fosforo inorganico nella dieta e quindi in una riduzione della quantità escreta.

    PRE E PROBIOTICI

    Il probiotico può essere definito come

    un supplemento nutrizionale microbico vivo che influenza favorevolmente l’animale a cui è somministrato, attraverso il miglioramento del suo equilibrio intestinale.

    Questa definizione chiarisce il requisito fondamentale del probiotico (la sua vitalità) e introduce uno degli elementi più importanti per esplicarne l’efficacia, e cioè la capacità di interazione positiva tra il probiota e la flora microbica dell’animale ospite. L’utilizzo di microrganismi (siano essi eucarioti come i saccaromiceti o procarioti come i lattobacilli e i bacilli sporigeni) nell’alimentazione dei suini si basa su presupposti profondamente diversi rispetto all’uso dei cosiddetti auxinici, pur prefiggendosi gli stessi obiettivi produttivi e sanitari dei promotori di crescita di natura chemio-antibiotica; infatti, con queste molecole, fornite a dosaggi sub-terapeutici, le performance produttive venivano ottenute principalmente attraverso il controllo diretto della flora patogena; i probiotici, al contrario, sono microrganismi vivi selezionati, forniti all’animale a concentrazioni relativamente elevate, con finalità di promuovere l’equilibrio dell’ecosistema intestinale attraverso meccanismi di competizioni per i siti intestinali, i substrati nutritivi e la produzione di molecole come le batteriocine.

    Dunque, i probiotici si possono definire come dei moderni promotori di crescita, senza i rischi da lungo tempo associati all’uso massivo degli antibiotici; un mezzo, infine, del tutto naturale per garantire la bioregolazione del tratto gastro-intestinale, controllare alcune patologie (o almeno limitarne i danni) e aumentare le performance produttive nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente.

    ACIDO BENZOICO

    L’efficacia dell’acido benzoico

    nell’alimentazione dei suini è riconducibile a due importanti effetti: la riduzione del pH delle urine e la bioregolazione intestinale.

    L’inclusione nella dieta del 1% di acido benzoico è in grado di ridurre il livello di ammoniaca liberato nell’ambiente del 35%. Questo acido ha una capacità di inibizione della crescita di E. coli superiore agli acidi fumarico, lattico, butirrico, formico e propionico.

    Trattamenti industriali degli

    alimenti I trattamenti industriali che interessano

    il comparto alimentare hanno diverse finalità. È importante che modifichino la struttura chimica dei principi alimentari per potenziarne la digeribilità e rendere più facilmente assimilabile i relativi principi nutritivi (l’amido ad esempio).

    Tali trattamenti sono comunemente utilizzati per migliore l’alimento da un punto di vista nutrizionale e con un fine economico ma hanno l’effetto anche di ridurre l’impatto ambientale di ciò che viene escreto.

    Pur non essendo annoverati tra le cosiddette Migliori Tecniche Disponibili tuttavia è importante sottolineare la loro efficacia .

    Un altro compito dei trattamenti industriali è quello di produrre mangimi

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    aventi caratteristiche di omogeneità per tutta la partita.

    Altre finalità dei trattamenti sono quelle di distruggere i fattori antinutrizionali intrinseci o estrinseci eventualmente presente nei vegetali; sanificare da un punto di vista microbiologico e chimico le derrate . In ultimo, un importante ruolo dei trattamenti industriali è quello di modificare le caratteristiche fisico-chimiche degli alimenti per aumentarne l’appetibilità da parte degli animali o la conservabilità durante lo stoccaggio o semplicemente per facilitarne la manipolazione.

    A FREDDO

    Molitura La molitura è un trattamento fisico,

    realizzato in molini a macine o a martelli, che permette, a partire da cariossidi e semi, di ottenere farine a diversa granulometria, alfine di aumentarne la superficie per l’attacco enzimatico, e quindi la digeribilità della sostanza organica, e facilitarne la miscelazione con altri ingredienti.

    A CALDO

    Fioccatura La fioccatura consta di due fasi: la

    precottura a vapore e la laminazione o schiacciatura.

    La fioccatura produce sugli alimenti modificazioni fisico-chimiche e nutrizionali, influenzando l’utilizzazione digestiva e la disponibilità dei nutrienti, così come l’appetibilità e lo stato igienico degli alimenti. L’incremento di digeribilità degli amidi trattati si può valutare intorno a un 15-20% rispetto agli alimenti crudi.

    Espansione L’espansione è un processo nel quale il

    cereale passa per breve tempo (50-60 secondi) attraverso un ciclone di aria surriscaldata a circa 280°; con questo sistema la maggior parte dei granuli di amido scoppia ed aumenta il proprio volume, incrementando comunque la degradabilità enzimatica del prodotto. Il trattamento di espansione migliora anche l’utilizzazione dell’azoto e la quota assorbita a livello intestinale fino al 20%.

    Estrusione L’estrusione è un processo che,

    attraverso l’impiego di elevate pressioni e temperature modifica la struttura fisica e chimica degli alimenti. L’uso di questa tecnica permette di realizzare negli alimenti ricchi di amido e di proteine un aumento dell’appetibilità, della tollerabilità e della digeribilità, in altri termini permette il miglioramento delle loro caratteristiche nutrizionali.

    Gli effetti del trattamento di estrusione interessano i carboidrati non strutturali, le proteine e i fattori antinutrizionali. Per quanto riguarda la quota proteica, l’effetto più marcato del trattamento di estrusione è la sua denaturazione con conseguente aumento della quota di azoto insolubile.

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    Tostatura La tostatura è una operazione di cottura

    a secco ottenuta per mezzo di un flusso di aria calda ad alta temperatura (circa 200-220°).

    Da un punto di vista dietetico-nutrizionale, il processo di tostatura è il meno efficiente nell’incrementare la digeribilità degli alimenti ed il suo impiego trova maggiore applicazione nei ruminanti piuttosto che nei monogastrici come il suino, nei quali, addirittura, per quanto descritto può essere controindicato.

    Micronizzazione Il termine micronizzazione, in sede di

    trattamento delle granelle, è usato specificamente per descrivere un modo di cottura mediante raggi infrarossi (prodotto da ceramiche refrattarie scaldate); le granelle vengono poi schiacciate fra rulli e quindi raffreddate. In questo processo, i granuli di amido si gonfiano, si rompono e gelatinizzano rendendosi più sensibili all’attacco enzimatico in sede intestinale.

    Cubettatura La pratica della cubettatura dei mangimi

    è ormai largamente diffusa per i tanti vantaggi offerti dal mangime in pellet.

    FATTORI IN GRADO DI

    ALTERARE I PROCESSI DIGESTIVI

    CON EFFETTI SUL POTENZIALE

    INQUINANTE

    DELL’ALLEVAMENTO L’assorbimento dei principi nutritivi può

    essere alterato da diversi fattori in grado di modificare la percentuale e la stima della quantità assimilata dall’animale. Nel somministrare una determinata razione è importante prevedere in anticipo l’accrescimento medio giornaliero dell’animale e l’indice di conversione alimentare, soprattutto in allevamento intensivo, per effettuare un piano alimentare razionato e stabilire un piano di gestione dell’allevamento. I fattori intrinseci ed estrinseci che possono modificare il normale metabolismo, a volte, provocano dei problemi non solo dal punto di vista della gestione alimentare ma anche per la stima dell’escrezione azotata e quindi l’impatto ambientale che questo può ulteriormente comportare.

    I fattori influenzanti si possono sostanzialmente classificare in: Ambientali Alimentari Strutturali e di management Patologici Igienico – sanitari

    I fattori ambientali sono molto importanti per la gestione dell’allevamento e riguardano soprattutto il microclima (temperatura, umidità, velocità dell’aria e illuminazione) oltre ai livelli di polverosità e di percentuali di emissioni gassose.

    Questi sono tutti determinanti per le condizioni di benessere dell’animale in quanto sono in grado di sviluppare fenomeni patologici e forti condizioni di stress oltre la riduzione della crescita e dell’efficacia alimentare.

    I fattori alimentari che possono influire negativamente sul metabolismo dell’animale sono legati sostanzialmente ai fattori antinutrizionali, che possono essere presenti

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    nella dieta; alla degradazione dell’alimento che per questo necessita un continuo monitoraggio e una conservazione in ambienti protetti; alla somministrazione di una dieta errata che non corrisponda ai reali fabbisogni e alla qualità dell’acqua.

    La gestione delle strutture dell’allevamento è, anche questa, fondamentale per garantire le necessarie condizioni di benessere all’animale e nel cercare di rendere l’ambiente meno insalubre possibile, questo per garantire le normali performance produttive. È necessaria anche una corretta gestione manageriale degli addetti per favorire l’interazione tra uomo e animale quindi, ridurre le condizioni di stress e mantenere invariate le prestazioni.

    Le manifestazioni patologiche che si vengono a verificare in un allevamento possono essere estremamente deleterie per la produzione soprattutto se riguardano un gruppo di animali. Queste sono in grado, a seconda della patologia, di andare a modificare enormemente le performance dell’animale soprattutto quando si verificano problemi di assorbimento, legati a patologie alimentari, e quindi di escrezione. Importante è anche la gestione delle manifestazioni patologiche dal punto di vista dell’uso di antibiotici o sostanze chimiche che possono provocare fenomeni di intossicazione e di malassorbimento, oltre al fatto che determinano una escrezione maggiormente tossica e difficilmente smaltibile. Le condizioni igienico-sanitarie si vanno a legare ai problemi di tipo patologico e si capisce bene come una corretta gestione possa influire positivamente o negativamente sulle performance degli animali.

    È importante capire che i vari fattori, influenzanti la produttività di un allevamento, possono essere gestiti con la prevenzione e con estrema attenzione da parte dell’allevatore, questo per evitare di incorrere in problemi più o meno gravi che vanno a modificare le stime di crescita e di escrezioni previste anticipatamente.

    CONSIDERAZIONI E

    CONCLUSIONI

    Lo sviluppo intensivo degli allevamenti ha portato nel tempo problemi di maggiore consistenza per quanto riguarda la sostenibilità ambientale ed economica delle aziende. Con il passare del tempo si è venuta a creare una evoluzione sostanziale nel settore delle produzioni animali, che ha portato il mercato ad ottenere prodotti con caratteristiche qualitative sempre migliori. Questo ha indotto il settore ad una evoluzione delle tecniche di allevamento con una cura sempre maggiore per la salute umana sia per quanto riguarda la qualità dei prodotti di consumo e sia per le emissioni inquinanti nell’ambiente dagli allevamenti. Con il passare del tempo e con l’aumento della popolazione e del consumo di carne, uova, latte e derivati si è dovuto far fronte ad una intensificazione delle produzioni cercando di ottenere dei prodotti nel più breve tempo possibile facendo ricorso alla genetica, allo sviluppo di tecniche nutrizionali più evolute e precise oltre ai provvedimenti che sono stati adottati nei riguardi del benessere animale. È facile capire che riuscire a coniugare i costi di gestione di un allevamento con i problemi riguardanti la gestione degli animali sia dal punto di vista delle strutture che della nutrizione e del benessere oltre al fatto di dover far fronte al problema dell’inquinamento apportato è un compito assai arduo oggi per il settore zootecnico.

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    Questa complessità di problemi permette di capire come negli ultimi venti anni le dimensioni degli allevamenti abbiano avuto un radicale cambiamento determinando uno sviluppo globale di aziende di medio – grandi dimensioni. Aumentando i problemi e i costi da affrontare, le piccole realtà e le piccole aziende familiari vanno riducendosi nel numero, non riuscendo più a fronteggiare la situazione in quanto lo sviluppo sempre più crescente del mercato ha determinato la necessità di strutture aziendali sempre più organizzate e complesse.

    Il problema principale del mercato è quello di soddisfare il consumatore che, con il passare del tempo, va alla ricerca di una qualità sempre crescente che richiede un aumento dei costi del prodotto e degli sforzi da parte delle aziende che non vengono ripagati a sufficienza dal mercato determinando dei ricavi non sempre adeguati.

    Inoltre le numerose direttive che regolamentano lo smaltimento delle deiezioni animali, come per esempio la direttiva nitrati, necessitano di dare una maggiore attenzione al ruolo che ha l’alimentazione nella produzione di sostanze inquinanti e nella valutazione delle superfici agricole utilizzabili per lo spargimento di liquami oltre alle tecniche utilizzabili per il superamento dell’ostacolo. Il problema maggiore nell’alimentazione è la determinazione dei giusti valori proteici che siano in grado di soddisfare i fabbisogni di mantenimento e di accrescimento degli animali ma, allo stesso tempo, determinino una minore escrezione azotata. Risulta fondamentale capire che maggiore è la percentuale di digeribilità di un alimento e minore sarà la percentuale escreta e quindi minore sarà l’incidenza inquinante. Per questo, dal punto di vista delle percentuali proteiche nelle razioni, è stato necessario introdurre e considerare il concetto di proteina ideale che corrisponde ai reali fabbisogni proteici dell’animale e quindi valutare l’ottimizzazione delle razioni alimentari andando a sostituire le diete standard con diete ipoproteiche per la riduzione dell’azoto escreto.

    Oltre alle tecniche alimentari, in conseguenza delle direttive, si è provveduto

    anche a un diverso e più attento trattamento dei liquami tenendo conto dei carichi per ha in base alla suddivisione delle superfici in zone vulnerabili e non vulnerabili.

    È evidente che l’ottimizzazione della razione è l’azione più intelligente che andrebbe sempre attuata in quanto si configura come una vera e propria azione preventiva nei riguardi del problema. Oltre al concetto e al ruolo che svolge la proteina ideale è importante anche l’applicazione della tecnica di somministrazione dell’alimento, detta multifase, che permette una migliore e più efficace gestione dell’allevamento oltre alla tipologia di alimenti impiegati.

    L’intervento sulla dieta difficilmente risolve i problemi di carattere ambientale per cui è indispensabile intervenire con trattamenti diretti sugli effluenti zootecnici. Tali trattamenti vanno calibrati sulla base delle esigenze specifiche delle aziende per ottimizzarne il rendimento e garantirne la sostenibilità economica.