ANICAZombie e hacker alla Festa della Fiction 32 04/11/2015 La Repubblica - Roma I giorni del...

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANICA 04 novembre 2015

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ANICA

04 novembre 2015

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INDICE

ANICA CITAZIONI

04/11/2015 Prima Comunicazione

Pechino express5

CINEMA

04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale

L'anima di Frankenstein8

04/11/2015 Il Messaggero - Nazionale

Cinepanettoni, torna la coppia De Sica-Ghini: si ride ai Caraibi10

04/11/2015 Il Messaggero - Nazionale

Trent'anni di località esotiche, corna sapori forti. E incassi milionari12

04/11/2015 Avvenire - Nazionale

In "Spectre" James Bond diventa l'agente con la licenza di non uccidere13

04/11/2015 La Repubblica - Nazionale

Jennifer Lawrence "Il prezzo della fama? Trovare i matti sulla porta di casa"14

04/11/2015 Avvenire - Nazionale

Peanuts dal fumetto al film in 3D I sogni dei giovani puntano sempre al cielo16

04/11/2015 Il Foglio

Da "Inside Out" a "Star Wars", la cultura si è disneyzzata (e non è un male)17

04/11/2015 Prima Comunicazione

Bayer e l'avventura del cinema sociale18

03/11/2015 360com

Audiovisivo: ci vuole una regia19

04/11/2015 La Repubblica - Bologna

Nuovo look per l'Odeon ora ha anche il bistrot21

04/11/2015 Avvenire - Nazionale

Laurel e Hardy: e poi vennero STANLIO & OLLIO22

04/11/2015 Il Giornale - Nazionale

Quando Stanlio e Ollio non facevano coppia24

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04/11/2015 Alto Adige - Nazionale

Al documentario di Bizzotto l'Oscar del cinema sportivo25

04/11/2015 Il Mattino di Padova - Nazionale

Con questi prezzi andare al cinema è diventato un lusso26

TELEVISIONE

04/11/2015 La Repubblica - Nazionale

L'immaginario della fiction ora è donna28

04/11/2015 Il Messaggero - Nazionale

Detassis: il Fiction Fest sarà un evento colto e pop30

04/11/2015 Il Tempo - Nazionale

Ecco RomaFictionFest, il paradiso degli irriducibili delle serie tv31

04/11/2015 Corriere della Sera - Roma

Zombie e hacker alla Festa della Fiction32

04/11/2015 La Repubblica - Roma

I giorni del Fiction Fest ecco le prossime serie tv34

04/11/2015 Il Fatto Quotidiano

Roma apre alle fiction (sperando vada meglio della Festa del Cinema)35

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ANICA CITAZIONI

1 articolo

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LA FICTION, IL CINEMA, I VIDEO SU TELEVISIONE, WEB E SOCIAL NETWORK - DI ANNA ROTILIBACKSTAGE Pechino express In Cina la Rai non esisteva. Tutto si è messo in moto dopo il viaggio organizzato dal sottosegretario alleTelecomunicazioni Antonello Giacomelli, andato in missione in Cina con i rappresentanti dell'industriatelevisiva e creativa nostrana Al Mip, appuntamento di punta dell'audiovisivo mondiale, si sono consolidati i rapporti tra la Cctv (China

Central Television), la televisione di Stato cinese, e la Rai. Di ritorno da Cannes il direttore di Rai Fiction

Eleo nora Andreatta riassume così gli incontri avuti con gli omologhi del Celeste Impero. "Abbiamo

confermato la volontà reciproca di trovare un racconto comune", dice. "Anche se partiamo da formati e

tipologie di prodotto molto diversi pensiamo di poter individuare delle storie che siano legate al passato

delle nostre culture esplorando anche la possibilità di storie più contemporanee". Questa volta la Andreatta

si è presentata al Mip con due progetti internazionali di un certo peso sotto il braccio. 'I Medici', il period

drama coprodotto dalla Lux Vide con produttori francesi, ha preso il largo (si è aperto il set in Italia) con

Dustin Hoffman in un ruolo da protagonista, mentre 'Suburra' è la serie prodotta da Cattleya per Netflix in

cui la Rai entra in partecipazione. Metti poi la candidatura all'Emmy di 'Braccialetti rossi', serie del cuore

della Andreatta, e il cocktail, conclude, "ha determinato un forte impatto positivo rispetto all'interesse Rai a

essere sul mercato internazionale". Sulla via dell'internazionalizzazione la Rai è condotta per mano dal

governo. Si ripete la falsariga del copione già visto per la quotazione di Rai Way che non si sarebbe mai

fatta senza l'odioso prelievo dei 150 milioni e la spinta del governo a mettere sul mercato la società delle

torri e dei trasmettitori. Sono mesi che Antonello Giacomelli non fa che ripetere che la Rai deve essere il

perno dell'industria creativa per portare nel mondo il prodotto italiano. Alle parole il sottosegretario alle

Telecomunicazioni ha fatto seguire i fatti: prima il brainstorming tra broadcaster e produttori, quindi la

'missione' in Cina, dove ha guidato una delegazione dell'audiovisivo formata da Rai, Anica, Apt e Univideo,

con l'intento di stringere contatti col governo e con gruppi produttori e televisioni cinesi. La Cina, dove non

si muove foglia che il governo non voglia, non è stata scelta a caso: è il secondo mercato dell'advertising

più grande al mondo, ed è anche un Paese che vorrebbe affrancarsi dalla colonizzazione americana e ha

per questo un grande interesse a sviluppare relazioni col mondo europeo e ricercare un prodotto diverso.

Un'occasione promettente per cominciare a dare senso al paradigma dell'internazionalizzazione caro al

governo, dove la Rai deve giocare un ruolo da protagonista. In Cina la Rai non esisteva: non va neanche in

onda il suo canale internazionale e raccontano anche di un iniziale scetticismo sull'esito del viaggio da

parte dei due 'delegati' Rai, la Andreatta e l'ad di Rai Com Luigi De Siervo. Ma tutto si è messo in moto

molto velocemente sin dal primo giorno dopo l'incontro con Tian Jin, vice ministro del super dicastero delle

Comunicazioni (Sapprft) che, favorevolmente impressionato dall'avere davanti il sistema Italia al completo,

ha dato il via libera all'apertura della collaborazione della Rai con Cctv, sia per scambi di prodotto sia per

partnership più impegnative, tipo coproduzioni di film fiction e documentari. Le porte si sono spalancate e

negli incontri a Pechino e Shanghai sono iniziate le chiacchiere che hanno poi preso consistenza al Mip. Di

che si sta parlando? Tivù cinese e italiana sono mondi distanti sia per tipologie di storie molto localizzate

sia per formati (in Cina non fanno i sequel, ma serie da 40 puntate) ma stanno ragionando su storie del

passato legate alle due culture. Pare che la politica del governo cinese punti a rilanciare la famosa via della

Seta, punto di contatto tra la Cina e l'Italia. Le ipotesi allo studio sono una serie su Matteo Ricci, il gesuita

modernizzatore del periodo Ming, che molti hanno tentato ma nessuno è riuscito a realizzare, su Marco

Polo (già miniserie Rai e appena prodotta da Netflix) o la leggenda della legione scomparsa, una legione

romana di cui si erano perse le tracce in Turchia, i cui discendenti ricompaiono in Cina secoli dopo al

04/11/2015Pag. 136 N.465 - ottobre 2015 tiratura:25000

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ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 5

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servizio dei famosi Signori della guerra. Si parla anche di una serie dalla pucciniana Turandot. Ma la cosa

singolare, che neppure la Rai conosceva, è che la mitica legione di Crasso è già un progetto presentato a

Cctv dal veterano produttore taiwanese Du-Yuling in cordata con l'italiana Pepito. Il rapporto tra i due

produttori è nato due anni fa al Festival del cinema di Roma e si è saldato in un memo deal per quattro

progetti di coproduzione. Uno di questi appunto sui leggendari miliziani romani. I cinesi sarebbero anche

interessati a coprodurre docufiction su soggetti artistici e storici, ma è la fiction il boccone ghiotto della

trattativa.

Foto: Antonello Giacomelli (a sinistra), sottosegretario alle Telecomunicazioni, insieme al Tian Jin, vice

ministro di Sapprft (State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television), il super

ministero cinese delle Comunicazioni. A destra, insieme a Zhang Ning, Deputy Chief Editor di Cctv.

04/11/2015Pag. 136 N.465 - ottobre 2015 tiratura:25000

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ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 6

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CINEMA

14 articoli

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Riletture L'anima di Frankenstein Soffre per le violenze della genetica nel nuovo film di Rose Dal bruto Karloff a De Niro, così cambia un mitodel cinema Emozioni Anteprima al Festival della Fantascienza Il regista: volevo entrare nella sua testa Giuseppina Manin Stavolta nascerà dal nulla. O meglio da una stampante 3D. Cellula dopo cellula, strati di pelle, vasi

sanguigni e terminazioni nervose assemblati uno via l'altro... Nella Los Angeles di oggi due scienziati, un

uomo e una donna, immettono tutti i dati nel computer, poi premono il pulsante. E la Creatura spunta lì, sul

tavolo del laboratorio, perfettamente formata. Come sei bello, mormora lei stupefatta, come una madre che

per la prima volta vede il suo bimbo. In effetti Adam, il giovanotto bio stampato si presenta bene: biondo,

aitante, bocca da baciare. Niente a che vedere con il vecchio Mostro originario, ricucito alla buona con

pezzi di cadavere riesumati. Il nuovo Frankenstein di Bernard Rose, che ieri ha aperto il 15esimo Festival

della Fantascienza di Trieste, lascerebbe ben sperare sui progressi della scienza, che con il 3D già sta

sperimentando pezzi di ricambio umani.

Ma non tutte le cyber cellule riescono con il buco. Il bel neonato non fa in tempo a svezzarsi, a passare dal

biberon alla pappetta, che sulla sua cute perfetta spuntano bubboni e pustole repellenti. Un crescendo

inarrestabile di tumori e piaghe che convincono i suoi improvvidi demiurghi a lasciar perdere e sopprimerlo.

Ma l'iniezione letale non basta ad archiviare il meccanismo della vita. Sul tavolo dell'autopsia Adam si

risveglia. Sfigurato, furibondo, deciso a chieder conto di tanto dolore a chi l'ha messo al mondo.

Xavier Samuel, attore australiano già uso a ruoli dark (era il vampiro Riley in The Twilight Saga: Eclipse )

usa bene i suoi tratti gentili e deformi per rendere l'amore e l'odio di una povera Creatura verso un Creatore

sconsiderato. «Di questa storia terribile, scritta 200 anni fa da Mary Shelley, mi interessava il punto di vista

del Mostro - spiega Bernard Rose, già regista di Candyman e Il violinista del Diavolo -. Volevo entrare nella

sua testa, sentire la sua confusione e il suo dolore. Da povero essere spaventato, scaraventato in un

mondo sconosciuto, usato come cavia da uno dei tanti dottor Frankenstein di oggi, pronti a giocare con la

genetica. Mentre lui ha una sua vita interiore. È vivo, prova emozioni come noi. E noi proviamo

compassione per lui, per l'ingiustizia della sua nascita, per le violenze e che deve subire, per la sofferenza

nel sentirsi rifiutato».

Il farsi creatore, sogno e incubo ricorrente dell'umanità, mai come ora, sostiene il regista inglese, è

diventato reale. «I dottor Frankenstein di oggi sembrano davvero sul punto di sostituirsi a Dio. Far nascere

artificialmente la carne, riprodurre pezzi di corpo umano, non è più fantascienza. La parola "creare" assume

ormai un nuovo senso, ma le domande restano le stesse: chi sono? Da dove vengo? Perché sono qui?».

Frankenstein torna a interrogarci. Moderno Prometeo, ci mette in guardia sulla presunzione di una scienza

che, stordita dall'onnipotenza, spesso dimentica il rispetto per l'essere vivente. Anche il più disgraziato. «Un

tema cardine, non a caso ripreso così tante volte dal cinema - ricorda Rose -. Boris Karloff, prima

leggendaria Creatura del grande schermo, ha segnato il nostro immaginario. Ma quel film del 1931 è anche

il più lontano dal celebre racconto di Mary Shelley. Dove non si parla di rianimare cadaveri ma di creare la

vita».

E se Frankenstein spinge sempre più in là le sue tentazioni, anche il Mostro cambia sembianze e anima.

Da bruto senza barlume di intelligenza, modello Karloff, Lon Chaney jr, Christopher Lee, agli infiniti

Frankenstein di grottesca ottusità anni 50 e 60, quando il nostro eroe rattoppato si ritrovava a carico di volta

in volta una moglie, un figlio, una figlia, sfidava Dracula e mostri spaziali. Ci voleva il genio di Mel Brooks

per mostrare in Frankenstein Junior l'inatteso lato comico di un Mostro di scarso cervello ma di enorme

«schwanzstuck», termine yiddish dal significato facilmente intuibile. Di fine anni 90 è il Frankenstein di

Branagh, con De Niro Creatura sfregiata nel volto e nell'anima, malata di infelicità. Preludio di una

04/11/2015Pag. 41

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CINEMA - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 8

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riabilitazione esistenziale del Mostro.

Che ora, in un altro film prossimamente in uscita, Victor Frankenstein di Paul McGuigan, metterà a

confronto lo scienziato che lo mette al mondo, James McAvoy, con il suo assistente Igor, qui Daniel

Radcliffe, rileggendo la vicenda dal punto di vista di quest'ultimo. Che gobbo e malandato qual è, si sente

più vicino alla Creatura che al suo maniaco datore di lavoro. Perché alla fine quel Mostro siamo noi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CelebritàFoto: Boris Karloff L'attore (1887 - 1969) nell'horror del 1931 diretto da James Whale

Foto: Christopher Lee Il divo (1922 - 2015) nel 1957 in «La maschera di Frankenstein»

Foto: Robert De Niro Nel 1994 in «Frankenstein di Mary Shelley» di Branagh

Foto: Contemporaneo Xavier Samuel (31 anni) nel poster di «Frankenstein» diretto da Bernard Rose

04/11/2015Pag. 41

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CINEMA - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 9

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La sfida di Natale Cinepanettoni, torna la coppia De Sica-Ghini: si ride ai Caraibi Gloria Satta Satta a pag. 25 Cinepanettone contro cinepanettone. Sarà una sfida all'ultima risata. E all'ultimo spettatore.

Il 17 dicembre usciranno in sala due commedie ad alto potenziale d'incassi: Vacanze ai Caraibi che a

cinque anni da Natale in Sudafrica riunisce sotto le nuove insegne di Wildside e Medusa la storica banda di

tanti successi delle feste (il regista Neri Parenti, gli attori Christian De Sica e Massimo Ghini, gli

sceneggiatori Fausto Brizzi e Marco Martani) e Natale col boss, il gangster movie da ridere diretto da

Volfango De Biasi e prodotto dalla Filmauro di Aurelio De Laurentiis che nel lontano 1983 inventò e

battezzò la saga del cinepanettone, la più longeva e redditizia del cinema italiano, affidandola dal 2012 a

nuovi registi e nuovi interpreti come ad esempio Lillo & Greg. Intanto gli eroi di Vacanze ai Caraibi sono

caricatissimi. «Abbiamo riaperto bottega», esulta Parenti. Via dunque la parola Natale dal titolo per non

contrastare il copyright Filmauro ma la formula del film è rimasta la stessa di tanti successi del passato:

riprese esotiche (questa volta a Santo Domingo), protagonisti indiavolati e il consueto corredo di equivoci,

gag, colpi di scena all'insegna della comicità "senza filtri" che non disdegna qualche concessione alla

grevità e i doppisensi (bastano i nomi dei personaggi: Grossi Tubi si chiama il tipo interpretato da De Sica,

mentre Ghini è il signor Vianale). Quanto alla trama, Vacanze ai Caraibi ha per protagonisti due sedicenti

miliardari, in realtà truffatori che provano a fregarsi l'uno con l'altro mentre devono vedersela con un

matrimonio d'interesse, una passione irrefrenabile, un tipo dipendente da internet. Completano il cast Luca

Argentero, Angela Finocchiaro, Dario Bandiera e Ilaria Spada.

MATTATORI E i più felici della reunion sono proprio i due mattatori: De Sica e Ghini che insieme avevano

interpretato ben cinque cinepanettoni ambientati rispettivamente a Miami, New York, Rio, Beverly Hills e

Sudafrica. «Aver ritrovato Massimo a Santo Domingo», spiega De Sica, 64 anni, «è stata una festa. La

nostra coppia, apparentemente anomala, per una misteriosa alchimia funziona alla grande. Entrambi

romani, ex belli e un po' cazzoni, sulla carta non saremmo abbastanza diversificati per far ridere ma

insieme facciamo scintille, anche perché abbiamo chiesto agli autori di spingere l'acceleratore sulla farsa».

Anche a costo di rischiare qualche scivolata nella volgarità? «La farsa deve far ridere, è così da secoli»,

ragiona l'attore che porterà in teatro con Alessandro Siani Il principe abusivo , «da noi la commedia

sofisticata non funziona: non possiamo ambientare Notting Hill a Vigna Clara».

E' d'accordo anche Ghini. Considera questo film un piacevole "divertissement" mentre prova a Parigi la

commedia Un'ora di tranquillità che metterà in scena da protagonista e regista. «Se scegli di fare la farsa

devi andare fino in fondo, senza ipocrisie e senza tabù», spiega l'attore, 61 anni. «I nostri cinepanettoni del

passato, da qualcuno vituperati, continuano a fare in tv ascolti altissimi. Sono un attore a 360 gradi, voglio

esprimermi in tutti i generi. Con Christian ho interpretato non solo le commedie di Natale ma anche

Compagni di scuola , Uomini uomini , Amici miei nel 400 : formiamo un doppio vincente».

DERBY Conclude Fausto Brizzi, nella doppia veste di produttore (è uno dei soci di Wildside, società

abbonata ai film d'autore che vanno ai festival) e sceneggiatore, all'attivo una decina di cinepanettoni doc:

«Abbiamo deciso di realizzare Vacanze ai Caraibi per ritrovarci tutti insieme e perché crediamo nel

potenziale commerciale del film», spiega. «E' una commedia non troppo in punta di forchetta ma fa molto

ridere, il pubblico non chiederà i soldi indietro. Con il nuovo cinepanettone Filmauro faremo il derby». Prima

che nelle sale, il 1 gennaio, irrompa Checco Zalone con il suo Quo vado . E allora si salvi chi può.

Diretto da Carlo Vanzina e ambientato a Cortina, fu il primo cinepanettone natalizio

La saga

VACANZE DI NATALE (1983)

04/11/2015Pag. 1

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NATALE IN SUDAFRICA (2010)UN NATALE STUPEFACENTE (2014) Ultima commedia in coppia per De Sica e Ghini. La bella di turno è

Belén Rodriguez Lillo e Greg comici dell'ultimo cinepanettone targato Filmauro, diretto da De Biasi

Ghini e De Sica

Foto: DI NUOVO INSIEME Massimo Ghini e Christian De Sica in una scena di "Vacanze ai Caraibi"

04/11/2015Pag. 1

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CINEMA - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 11

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IL FENOMENO Trent'anni di località esotiche, corna sapori forti. E incassi milionari DAL 1983 A OGGI TRENTA TITOLI PER RACCONTARE I LATI PIÙ EDONISTI E CACIARONI DELNOSTRO PAESE Gl. S. L'era del cinepanettone comincia nel 1983 con Vacanze di Natale . E si snoda per un trentennio e 30 film

entrati nella storia del cinema, in un saggio universitario ( Fenomenologia del cinepanettone dell'irlandese

Alan O'Leary), perfino nel Guinness dei primati. La saga natalizia inventata da Aurelio De Laurentiis e

basata su gag, equivoci, corna e ambienti da sogno ha incassato milioni e illustrato l'Italia cafonal,

caciarona e edonista meglio di qualunque inchiesta. SFRACELLI Mentre i film della serie si susseguono

con cadenza quasi annuale, fa sfracelli la coppia De Sica-Massimo Boldi (si separeranno nel 2006) e nel

cast sbarcano le guest star: Alberto Sordi e Ornella Muti in Vacanze di Natale '91, Danny De Vito e Ron

Moss in Christmas in love . E sono sempre più esotiche le location: Miami, Rio, New York, India, Egitto, una

nave da crociera, Sudafrica. Dopo Vacanze di Natale a Cortina (2011), De Laurentiis cambia pelle al

cinepanettone inventandosi Colpi di fulmine, commedia a episodi in cui De Sica divide la scena con Lillo &

Greg, mattatori della storia cult del diplomatico e del suo autista coatto. Christian rimpiange il cinepanettone

classico, scoppia una polemica ma nel 2013 esce Colpi di fortuna in cui accanto a De Sica tornano Lillo e

Greg con Luca e Paolo. Nel 2014 protagonisti di Un Natale stupefacente sono sempre Lillo e Greg ma

dirige Volfango De Biasi e non c'è più De Sica.Intanto nascono il cinecocomero (commedia estiva), la

cinecolomba (a Pasqua), il telepanettone, perfino il libro-panettone.

04/11/2015Pag. 25

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AGORA/ Film in uscita/2 In "Spectre" James Bond diventa l'agente con la licenza di non uccidere Da domani in 700 sale la 24ª pellicola della serie, con regia di Sam Mendes. Molta azione, ma Daniel Craigè uno 007 che si pone seri interrogativi sulla morte ANGELA CALVINI I morti sono vivi» recita la pre-sigla di Spectre , il 24° capitolo della saga di 007, mentre il James Bond di

Daniel Craig si aggira con una maschera a forma di teschio fra le strade affollate di Città del Messico a

caccia di un terrorista che progetta un attentato. La città sta festeggiando, tra il sacro e il profano, come

ogni 2 novembre, il Giorno dei Morti. Una scena di massa sontuosa e magnifica nei suoi colori caldi, grazie

alla pellicola 35 mm con cui il regista Sam Mendes ha voluto girare il suo secondo film sull'agente 007, che

non è solo una riuscita scelta estetica vintage. In Spectre , che dopo il boom ai botteghini inglesi domani

sbarcherà in ben 700 sale italiane, si intrecciano passato e presente, chiudendo il cerchio con i precedenti

film della serie Casino Royale, Quantum of Solace, Skyfall a cui Spectre fa continui rimandi, collegando

trame e personaggi. Si completa una vera miniserie (scritta da Neal Purvis e Robert Wade), dove i morti dei

precedenti film sfilano ben vivi nella memoria e lasciano un segno doloroso nell'animo del protagonista.

Svelando anche il piano della produttrice della serie Barbara Broccoli che in meno di dieci anni ha

completamente rivisto e aggiornato la figura dell'agente segreto al servizio di Sua Maestà. Non più un

dandy che uccide e seduce con la stessa leggerezza con cui sorbisce il suo Martini agitato, non shakerato,

bensì un killer (seppur a servizio dello Stato) con i modi grezzi e il volto inquieto di Daniel Craig. Un pugno

allo stomaco il suo esordio nel 2006 in Casino Royale , con uno 007 scravattato che affogava un "cattivo"

nei bagni pubblici. La morte, che nei venti film precedenti risultava artificiosa e grandguignolesca nella sua

teatralità, qui si tocca con mano e pone interrogativi sempre più profondi, sia a noi, sia al protagonista. Lo

scavo psicanalitico di Bond era già iniziato con la prima regia di Mendes, quel piccolo gioiello che è Skyfall ,

dove 007 e il suo alter ego Raoul Silva (un indimenticabile Javier Bardem) erano due orfani che si

contendevano l'amore materno di M (Judy Dench), la "madre" di tutti gli agenti segreti. In Spectre l'eroe, già

in crisi, s'innamora proprio di una psicologa, Madeleine Swann (citazioni proustiane à gogo) che lo incalza

sul senso della vita e dell'uccidere: «Ma davvero vuoi continuare a vivere così?». Impensabile per un Sean

Connery o un Roger Moore. Il discorso si allarga al resto del film, che fra un inseguimento mozzafiato sulle

sponde del Tevere che paiono Indianapolis, una romantica fuga fra le sabbie di Tangeri e molta ironia

british , si scatena sulle tracce del cattivo "rinnovato" Franz Oberhauser (il due volte premio Oscar

Christoph Waltz), capo della famigerata Spectre. Mentre negli anni 60 l'organizzazione criminale voleva

impossessarsi del mondo attraverso le armi nucleari, oggi lo vuol fare attraverso il controllo globale delle

informazioni. La tecnologia è destinata a sostituire anche gli agenti segreti che vegliano sulla sicurezza del

Paese, secondo il nuovo capo della sicurezza britannica C. La licenza di uccidere degli agenti di sua

Maestà è roba vecchia, «il lavoro sporco lo faranno i droni», dice sprezzante. «Ma noi abbiamo anche la

licenza di non uccidere» replica con sguardo dolente M (Ralph Fiennes). L'umanità non è mai antica.

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Page 14: ANICAZombie e hacker alla Festa della Fiction 32 04/11/2015 La Repubblica - Roma I giorni del Fiction Fest ecco le prossime serie tv 34 04/11/2015 Il Fatto Quotidiano Roma apre alle

R2 SPETTACOLI/ L'attrice più pagata di Hollywood presenta l'ultimo "Hunger games" e racconta lebattaglie pubbliche e private che ha deciso di combattere Jennifer Lawrence "Il prezzo della fama? Trovare i matti sulla porta dicasa" SILVIA BIZIO BERLINO IL VIAGGIO di Katniss Everdeen nei tre libri e quattro film di Hunger Games è arrivato alla fine.

Con Il canto della rivolta Parte II, in uscita il 19 novembre, si conclude la saga ma il percorso della sua

giovane interprete, Jennifer Lawrence, non accenna a declinare. Venticinque anni, attivista sul fronte dei

diritti delle donne dopo la lettera aperta in cui ha chiesto lo stesso trattamento economico per donne e

uomini a Hollywood, è oggi l'attrice più ricercata e pagata, 20 milioni di dollari a film.

Alterna grandi pellicole spettacolari come Hunger Games e X Men con i film d'autore come quelli di David

O'Russell (è nel nuovo Joy, il terzo con il regista dopo Il lato positivo per cui ha vinto l'Oscar e American

Hustle ). «La cosa incredibile di Jennifer è che era già così quando l'ho incontrata per la prima volta cinque

anni fa», dice di lei Donald Sutherland, che interpreta il tirannico presidente Snow in Hunger Games. «Ha

uno straordinario senso di onestà e verità, è un'attrice istintiva e, a parte le guardie del corpo che ora ha

intorno, non è cambiata affatto».

La incontriamo a Berlino, dove sono state girate molte scene del film. Un carrè di capelli biondi, scarpe con

tacco altissimo e abito a fiori, Jennifer è stanca, provata dal jet lag ma sorridente e più aperta del solito. «Mi

mancherà la famiglia che si è creata fra noi per Hunger Games », esordisce. «Ma questi non sono solo film

d'azione, sono allegorie politiche che i giovani riescono a percepire».

La sua lettera aperta per la parità ha scosso Hollywood. Come ha pensato all'espressione "i fortunati con il

pene"? «Veramente ho scritto "i fortunati con il c***o!", se vogliamo essere precisi. E non so come mi sia

venuta fuori mentre scrivevo, non ci ho pensato su molto. Lena Dunham mi ha chiesto di scrivere qualcosa

per la sua newsletter e mi è venuta fuori così. L'ho scritta e spinto invia».

È stata sorpresa dalla reazione? «Scioccata. Spero che sia stata presa nel modo giusto. Non è mai stata

questione di soldi, non mi lamentavo per quanto vengo pagata, perché veniamo comunque pagati tutti

troppo».

Le pesa essere considerata la voce di una generazione? «No, mi fa piacere, sono così fortunata.

Certamente è una responsabilità, sono consapevole che le giovani ragazze mi diventano mie ammiratrici

anche per quello che dico». Pensa che le cose cambieranno a Hollywood? «Quello è l'obiettivo. Faccio

ancora un film per due soldi se mi piace e mi sta bene venir pagata meno di un uomo che lavora più di me.

Spero di ispirare altre donne a non considerarsi vittime. Lo scopo finale è la parità anche dei salari, e il

primo passo è parlarne. Io sono in una posizione strana, guadagno un sacco di soldi...».

Com' era lei da adolescente? «Strana. Ho lasciato la scuola a 14 anni, ho passato l'adolescenza senza un

gruppo di amici. Ero indipendente, lo sono ancora.

Ogni tanto devo stare sola per ricaricarmi».

In che modo trova la sua forza interiore? «Sono spesso assalita dai dubbi ma è importante mettersi in

discussione. Non so da dove venga la mia forza, ho vissuto tanto da sola New York, avevo la mia dose di

paure. Sono stata tirata su dai topi, mi hanno indurita.

Oggi mi sento più calma, equilibrata. Quando vado a casa a Natale so che troverò il solito matto sulla

porta. Non è la fine del mondo, chiamiamo la polizia, lo portano via. Una volta ne facevo una tragedia, oggi

non più».

Ha detto che doveva vivere in albergo per via dei paparazzi. Ora ha una casa.

«Finalmente. Ho chiamato un decoratore del Kentucky, passavo davanti al suo negozio da piccola ma non

potevamo permetterci niente». Nel nuovo film di O'Russell, "Joy", interpreta un personaggio completamente

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Page 15: ANICAZombie e hacker alla Festa della Fiction 32 04/11/2015 La Repubblica - Roma I giorni del Fiction Fest ecco le prossime serie tv 34 04/11/2015 Il Fatto Quotidiano Roma apre alle

diverso, una madre.

«Anche esteticamente questo lavoro si distacca dai suoi del passato.

David è stato capace di tirarmi fuori un'energia diversa, più quieta. Quel personaggio mi ha ispirata».

Sono stata un'adolescente strana ho lasciato la scuola a 14 anni e ho passato molto tempo da solasenza un gruppo di amiciLa mia lotta per la parità di paga tra uomini e donne nel cinema non è mai stata questione di soldi:siamo pagati comunque tutti troppoNon mi dispiace essere considerata la voce della mia generazione: ho una grande responsabilità,ma mi sento fortunata SUL TRONO Jennifer Lawrence come compare nel nuovo film Hunger Games - Il

canto della rivolta Parte II, in uscita nelle sale italiane il prossimo 19 novembre CARRIERA RAGAZZA DA

OSCAR Jennifer Lawrence 25 anni e una ventina di film, ha vinto un Oscar nel 2013 come migliore attrice

protagonista per il film "Il lato positivo" di David O'Russell SUL SITO Le videointerviste a Jennifer

Lawrence, Josh Hutcherson e Liam Hemsworth, foto e trailer del film

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AGORA/ Film in uscita/1 Peanuts dal fumetto al film in 3D I sogni dei giovani puntano sempre alcielo Esce il primo lungometraggio animato ispirato ai personaggi nati negli anni 60 dalla penna di Schulz CharlieBrown e soci parlano di oggi ANTONIO CARRIERO Una volta, il papà di Snoopy se ne uscì con questa affermazione: «Se tu non dici nulla in un fumetto, avresti

fatto bene a non disegnarlo affatto!». Proprio questo ha fatto Charles M. Schulz con i suoi Peanuts

(noccioline) attraverso le domande sul senso della vita e degli avvenimenti. Da 65 anni i loro dialoghi, la

loro semplicità e arguzia sfidano il logorio del tempo reinventandosi continuamente. A dimostrazione che

hanno superato la cottura del tempo, i Peanuts domani invadono le sale cinematografiche vestiti a nuovo,

abbandonando provvisoriamente la carta stampata in cui sono nati. In un tempo super "digitalizzato" come

il nostro in cui le riviste e i fumetti sono poco gettonati dai ragazzi, il film d'animazione può rilanciare anche

in mezzo a loro il variegato e ricco mondo dei personaggi di Schulz. Davanti allo schermo potranno

confrontarsi con quei personaggi della loro età alle prese con dinamiche da adulti. Sia nelle strisce che nel

film, ogni personaggio è chiuso nel suo mondo, con la propria visione delle persone e delle cose. Il loro

isolamento si traduce, a volte, in un modo pessimistico di vedere e pesare la realtà. Ed è ciò che succede

ai ragazzi di oggi, confinati in una solitudine reale nonostante siano i moderni cybernauti, sempre connessi

con il mondo intero. I giovani spettatori possono rivedersi e ritrovarsi nei panni dei protagonisti di Schulz

come compagni di avventura e di vita. Nei poster del film ricorre un leitmotiv: «Sogna in grande». Curioso

chiederlo a uno come Charlie Brown! Ma in quello slogan c'è tutta la forza del cambiamento. Chi sogna, ad

occhi aperti o no, può più facilmente incontrare l'altro, uscendo dalla propria solitudine e inserirsi nel turbine

della vita da protagonista e non da semplice gregario che vive trainato dalla corrente del «tutti la pensano

così». Gli altri, se a volte possono essere l'inferno profetizzato da Camus, possono diventare l'occasione

prossima di impegno, sfida, realizzazioni. I Peanuts , possibili "compagni di viaggio" di chi li incrocia in 3D,

possono attivare il pensiero, la riflessione, interrogativi esistenziali conditi da una briciola di umorismo.

Anche se sono solo... "noccioline", e non Shakespeare o Dante, possono diventare sassi nella scarpa che

risvegliano il passo di chi cammina senza una meta e rientra in se stesso, alla scoperta di un "io" sfilacciato

o appannato. In questo film, il protagonista Charlie Brown guarda un firmamento stellato e dice: «Una di

quelle stelle è la mia stella, e so che la mia stella sarà sempre lì per me, come una voce consolante che

dice "non ti arrendere"». E subito quella stella cade giù. Anche con una stella in meno, il cielo, però, resta

cielo con i suoi punti luminosi di riferimento: basta tenere alto lo sguardo, oltre il visibile. Ci sarà sempre

un'ideale, un sogno appunto che potrà riaccendere la fiducia in se stessi e continuare il cammino della vita.

Andando oltre le proprie delusioni e sconfitte. Andando anche controcorrente. Come i salmoni che puntano

verso la sorgente, dove nascono e si alimentano i sogni. Basta non accontentarsi dell'essere semplici...

noccioline.

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Page 17: ANICAZombie e hacker alla Festa della Fiction 32 04/11/2015 La Repubblica - Roma I giorni del Fiction Fest ecco le prossime serie tv 34 04/11/2015 Il Fatto Quotidiano Roma apre alle

Da "Inside Out" a "Star Wars", la cultura si è disneyzzata (e non è unmale) Eugenio Cau Roma. Walt Disney ha colonizzato l'immaginario occidentale molti decenni fa. I suoi personaggi

sopravvivono alle generazioni e alle crisi economiche, e i bambini ricordano Cenerentola, disegnata per la

prima volta quasi ottant'anni fa, come gli adulti sanno a memoria i nomi di tutti i personaggi dell'ultimo film

Pixar. E come colonizzatore dell'immaginario, la Disney è una potenza nell'industria dell'intrattenimento da

sempre, capace di espandersi in campi lontani dai cartoni animati, come i parchi a tema o la televisione

tradizionale. Ma negli ultimi anni il suo dominio è diventato così forte che ormai la Disney è rimasta da sola,

insieme a un'altra major, la Universal, a decidere quali saranno i cartoni animati che tutti i bambini del

mondo vorranno vedere e i blockbuster per adulti che guadagneranno centinaia di milioni di dollari, e ieri sul

Washington Post Drew Harwell ha espresso la preoccupazione che i due imperi di Disney e di Universal si

stiano trasformando in un monopolio culturale. "Inside Out" e tutti i film della Pixar, il nuovo, pompatissimo

"Star Wars", "Indiana Jones", "The Avengers" e tutti i supereroi Marvel, "Jurassic World", "Frozen", "Fast

and Furious". Scegliete uno qualsiasi dei blockbuster e dei grandi brand cinematografici recenti e futuri e

scoprirete che le major che li hanno prodotti sono solo due, Disney e Universal. Le due case di produzione

negli Stati Uniti hanno fatto il 90 per cento degli incassi dei dieci migliori film al box office di quest'anno, e in

Italia, per esempio, la situazione non è molto diversa. Nonostante la presenza dell'industria cinematografica

nostrana, Disney e Universal hanno prodotto sette dei dieci film di maggior successo del 2015 in Italia, e

hanno ottenuto quasi il 75 per cento degli incassi. Ma l'estensione dei due imperi non si limita a questo. In

America Disney possiede Abc, canale televisivo generalista e di news, ed Espn, importante canale sportivo,

che trasmette i grandi eventi internazionali. Abc trasmette programmi come "Good Morning America", lo

show del mattino più visto nel paese, che spesso, grazie alle "sinergie" interne alla major, rinfocola l'attesa

per l'ultimo "Star Wars", portando, scrive il WaPo, la capacità di espansione della macchina promozionale

Disney a livelli mai visti prima. Comcast, che è la compagnia madre di Universal, possiede la Nbc e altri

canali, e il meccanismo di autopromozione è lo stesso. Le due società gestiscono i 12 parchi a tema più

visitati d'America, e i loro imperi mediatici si estendono ancora oltre. Molte delle popstar che dominano le

classifiche internazionali sono almeno all'origine prodotti Disney, e le due compagnie realizzano inoltre

format televisivi venduti in tutto il mondo. L'industria del merchandising vale miliardi. Così, con poche grandi

potenze che decidono quali saranno i prodotti culturali più consumati in America e nel mondo occidentale

(dal cinema ai programmi televisivi, dalle canzoni ai giocattoli alle storie da raccontare ai bambini prima di

dormire), il mondo culturale occidentale si sta "disneyzzando", non nel senso che tutto diventa più fiabesco,

ma che è la Disney Corporation, insieme alle sue colleghe, a decidere come funziona la cultura pop

odierna. E qui entra in gioco il teorema Amazon, espresso un anno fa dal direttore del New Republic

Franklin Foer, nella sua ultima grande inchiesta per il magazine prima di essere defenestrato dal coup

interno ordito dall'editore Chris Hughes. In una specie di mozione di principio Foer scrisse che Amazon si

era trasformata in un monopolio perché era diventata troppo grande. Questo nonostante i benefici ai

consumatori, che in regime di monopolio dovrebbero diminuire anziché aumentare. Il quasi monopolio

commerciale di Disney e Universal può anche trasformarsi in un'oligarchia culturale. Ma finché i

consumatori se ne gioveranno, e dal presunto monopolio usciranno capolavori come "Inside Out", sarà

come succede con Amazon: nessun impero è troppo grande finché continua a innovare.

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Bayer e l'avventura del cinema sociale Oltre dieci anni di impegno, dal restauro di un capolavoro del muto a cinque lungometraggi visti da milioni dipersone. Un progetto di cinema e di comunicazione globale che ha fatto di Bayer un'aziendaall'avanguardia nella responsabilità sociale. Un libro racconta l'esperienza, intrecciandola con la storia delcinema industriale e con i vivaci sviluppi del digitale Una delle grandi differenze fra il sistema cinematografico e televisivo americano e quello italiano è che

negli Stati Uniti - dove chiamano questo mondo con una parola "leggera": entertainment - l'industria

audiovisiva è presa molto sul serio da tutto il sistema Paese, che la sostiene, la sorregge, la difende, conta

su di essa, la usa anche, per esempio quando deve lanciare i propri prodotti (attraverso operazioni di

product placement pianificate con anni di anticipo e precisione chirurgica) o anche nuove idee o nuovi stili

di vita. Il cinema è fortissimamente intrecciato con i gangli vitali del Paese, in tutte le loro declinazioni:

economico, politico, istituzionale. Da noi, invece, che chiamiamo il cinema con parole nobili come "arte" e

"cultura", in realtà la "gente seria" - e di essa fa parte una quota significativa del mondo aziendale - fino a

qualche anno fa (oggi un pochino di meno, per fortuna) tendeva a pensare al cinema come a qualcosa di

frivolo, di ininfluente, un qualcosa che serve solo per il "tempo libero", per chi non ha niente di meglio da

fare. Da qui una grande diffidenza reciproca che fa sì che - per esempio - solo dopo più di dieci anni

dall'introduzione del product placement e solo con l'introduzione del Tax credit , un certo mondo aziendale

sembri iniziare a rivolgersi al cinema e in generale all'audiovisivo come a uno strumento che potrebbe

essere efficace per veicolare non solo prodotti e stili di vita, ma anche - addirittura - i valori stessi fatti propri

e condivisi dall'azienda... È un cammino lungo: la differenza di Dna fra questi due mondi sembra oggi

ancora molta, anche se qualche passo è stato fatto, qualche dialogo è iniziato. Il libro di Raffaele Chiarulli

racconta l'esperienza di un progetto di comunicazione nato dalla sensibilità per temi sociali di una grande

azienda internazionale, Bayer, e dalla visione di un regista appassionato di tecnologia, Ettore Pasculli,

pronto a cercare le strade meno ovvie per guardare e raccontare la realtà con approcci cinematografici

originali. Nel 2004, in un periodo in cui ancora non si parlava di branded entertainment , da questo incontro

nasce un genere, quello del film sociale : pellicole in cui non esiste product placement ma soltanto

l'impegno a raccontare storie che affrontino temi di rilevanza sociale. È un'area su cui oggi molte aziende

lavorano, promuovendo però soprattutto cortometraggi, spot lunghi, brevi filmati virali, in qualche caso con

le webseries . Qui invece si è trattato di veri e propri lungometraggi, anche se a budget ridotto e con

modalità produttive inedite. I film, promossi da Bayer e diretti da Pasculli, affrontano di volta in volta i temi

del rapporto tra giovani e anziani, il doping negli sport equestri, la ricerca scientifica e la fuga dei cervelli, la

guida sicura e il bere responsabile, l'integrazione delle seconde generazioni di stranieri in Italia.

Destinatario ideale di queste pagine, infatti, oltre che l'appassionato di cinema onnivoro che nulla si lascia

sfuggire, sono le aziende interessate a legare il proprio marchio a temi di rilevanza sociale.

Armando Fumagalli Ordinario di Teoria dei linguaggi, è docente di Semiotica presso la sede di Milano

dell'Università Cattolica e Direttore del Master Universitario di I livello in Scrittura e produzione per la fiction

e il cinema. È anche docente di Storia e linguaggi del cinema internazionale. Per alcuni anni ha insegnato

Etica della comunicazione.

Foto: L'amico Segreto

Foto: Con gli allievi Dance Haus sul set di Italy amore mio

Foto: La locandina di Asfalto Rosso La copertina di Social movies , di Raffaele Chiarulli

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Audiovisivo: ci vuole una regia scenario Audiovisivo: ci vuole una regia La senatrice Rosa Maria Di Giorgi, componente della commissione

Istruzione a Palazzo Madama, e altri quarantasei senatori tra cui Sergio Zavoli, nello scorso luglio avevano

firmato una proposta di legge volta alla creazione di un Centro Nazionale per il Cinema e l'Audiovisivo,

ovvero di un ente pubblico amministrativo che vada a garantire tutti gli interventi riguardanti il settore

cinematografico, la cui industria è centrale per l'economia di un Paese. Di questa necessità e della sua

compatibilità con il sistema italiano, se n'è parlato ampiamente a Firenze nel convegno "Cinema: Direzione

Centro", organizzato nell'ambito di France Odeon, il Festival del Cinema Francese, giunto quest'anno alla

settima edizione. Attualmente, il cinema in Italia - regolato ancora da leggi degli anni '60 - è sostenuto dallo

Stato tramite il FUS (il Fondo Unico per lo Spettacolo) e il tax credit, i cui fondi provengono dalla fiscalità

generale e le competenze attribuite a una moltitudine di soggetti, senza un ecace ente di collegamento che

realizzi una politica coerente e uniforme del settore. Istituendo, invece, un organismo competente come il

Centro Nazionale per il Cinema e l'Audiovisivo, si andrebbero a unificare le competenze, oltre a elaborare

le politiche del settore, avendo così risorse certe e, soprattutto, una capacità di reazione immediata rispetto

alle questioni che di volta in volta si creano nel comparto, anche in relazione ai cambiamenti tecnologici,

all'evoluzione dei mercati e delle politiche europee,. In più, ci sarebbero autonomia di budget e

autofinanziamento della gestione. Fino ad oggi, poi, in Italia si è saputo, e si sa, davvero poco di tutto

quello che può riguardare la nascita, lo sviluppo e la futura esistenza di un'opera cinematografica anche se

per realizzarla, distribuirla e trasmetterla si utilizzano soldi pubblici. Con il prelievo di scopo ci sarebbe,

invece, un meccanismo di determinazione delle risorse per il cinema e l'audiovisivo attraverso

l'assegnazione all'organismo competente (il CNC, appunto) di una piccola quota degli utili realizzati da chi

guadagna con la diusione di cinema e audiovisivo: televisioni, internet, telefoniche e la sala

cinematografica. Ci vorrebbe un Registro Inoltre - come si legge nella proposta di legge - è prevista

l'istituzione di un Registro Cinematografico presso il Centro Nazionale per il Cinema per fare in modo che

"tutti gli atti e i contratti, nonché i diversi sostegni nazionali, regionali ed europei riguardanti la vita di

un'opera cinematografica, siano trasparenti". Ispirandosi, poi, al mediatore del cinema che in Francia esiste

dal 1982 - ci sarebbe, poi, anche un ucio di conciliazione, con lo scopo di vigilare sulla libera circolazione

delle opere risolvendo eventuali questioni relative ai rapporti tra distributori, programmatori ed esercenti,

oltre a tutta una serie di sanzioni per chi trasgredisce, prima non previste. Spiega Andrea Purgatori,

giornalista e sceneggiatore, membro del CdA della Siae e coordinatore nazionale dell'Associazione 100

Autori: «Quest'anno, gli autori dell'audiovisivo sono riusciti ad avere il 236% di risultato, pari a settanta

milioni di euro. La musica è aumentata, invece, solo del 4%. Negli ultimi due anni abbiamo fatto una grande

battaglia, portando in tribunale i player che non pagavano i profitti agli autori, perché molti di loro hanno

fatto solo profitti senza restituire nulla e questo è bene che si sappia. Chi non paga le tasse in Italia, to glie

una grande quantità di denaro - ha precisato. - Abbiamo sempre guardato i francesi con ammirazione,

portano una civiltà a noi sconosciuta. Ne abbiamo condiviso molte cose in tal senso, ma a noi italiani è

sempre mancata una visione. La possibilità di avere una legge che ci tuteli è un'opportunità straordinaria,

non da copiare ma da imitare. Così facendo, l'audiovisivo potrà essere libero dal mecenatismo ministeriale

che oggi invece decide se darci o meno i soldi» ha aggiunto. Il valore delle immagini «In un momento in cui

il valore delle immagini ha assunto un ruolo di primaria importanza, si rischia di far perdere alle nuove

generazioni la memoria del proprio cinema e la capacità di conoscere la forza della narrazione per

immagini - dichiara Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna. - E' necessaria, più che mai, la

conservazione delle sale cinematografiche e il recupero delle stesse, luogo di aggregazione e di

celebrazione dell'arte cinematografica». Nel corso del convegno - moderato da Francesco Ranieri

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Martinotti, presidente di France Odeon - sono poi intervenuti anche François Hurard, responsabile degli aari

culturali del Ministère de la Culture et de la Communication, David Kessler, ex presidente del CNC, Pascal

Rogard, della Sacd, Dragoslav Zachariev, neo addetto dell'audiovisivo dell'Ambasciata di Francia, e Anne-

Dominique Toussaint, produttrice, tra gli altri, dei film italiani "Miele" e "Per amor vostro", e del francese

"Les deux amis", esordio alla regia di Louis Garrel, presentato in anteprima italiana a Firenze. Tra i

presenti, anche il premio Oscar per il film "e Artist", Michel Hazanavicius, per il quale il CNC in Francia «è

un posto strategico di cui gli autori, e non solo loro, non possono farne a meno». Da Roma, in collegamento

streaming dalla Casa del Cinema, c'erano le associazioni Anac e 100autori che hanno già collaborato

insieme alla realizzazione della clip delle Giornate degli Autori sull'urgenza di una legge cinema e sul

prelievo di scopo - che hanno seguito con attenzione il dibattito. Al termine c'è stato anche l'intervento di

Ettore Scola, che ha espresso il timore che un Centro Nazionale la cui governance risenta troppo della

presenza ministeriale, possa porre dei rischi, in Italia, di mancanza di trasparenza nelle scelte. Rivoluzione

francese? Non c'è mai stata... «La rivoluzione francese, da noi, non c'è mai stata - ha detto

provocatoriamente Scola la stiamo ancora aspettando. La chiusura è stata, infine, di Purgatori:

«L'audiovisivo è strategico per qualsiasi Paese: non è un costo, ma un investimento che porta altra

ricchezza. Impiega oltre duecentomila persone e l'idea di avere una nostra legge è molto importante», ha

aggiunto Purgatori. «Sentiamo questo ritardo» l'aermazione conclusiva della senatrice Di Giorgi, anche lei

presente assieme a Marco Follini, presidente dell'APT, con un auspicio: «Entro la primavera, andremo ad

avere il testo e una nuova legge del cinema».

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IL CINEMA Nuovo look per l'Odeon ora ha anche il bistrot EMANUELA GIAMPAOLI A PAGINA XV LA quiche calda con l'insalatina, la tisana o il tè alle spezie coi pasticcini e, perché no, lo

spritz e i popcorn. Ricomincia da qui la nuova vita dell'Odeon, con un importante restyling e un grande bar

gestito da Colazione da Bianca, non più nei sotterranei, ma al piano terra e con ingresso indipendente.

Oggi l'inaugurazione ufficiale e per l'occasione tutte le pellicole in programma sono proposte al prezzo di 3

euro.

È il regalo per i trent'anni di attività, di quella che fu la prima multisala italiana, grazie alla lungimiranza di

Gino Agostini ed Egidio Errani, che ancora una volta indica la direzione e rilancia il cinematografo sotto le

Torri.

«Il cinema è in crisi da sempre - dice Ginetta Agostini, figlia di Gino alla guida di Circuito Cinema - già negli

anni Settanta ci si lamentava dell'andamento. Noi però continuiamo a crederci». A tal punto da aver

investito 450-500mila euro per rifare il look all'Odeon. Cifre da capogiro per un cinema ma il risultato è sotto

gli occhi di tutti. Il progetto firmato dall'artista bolognese Andrea Niccolai ha trasformato la multisala in via

Mascarella in un elegante cinematografo in stile anni Venti, con atmosfere retrò a partire dalla grafica liberty

e dai rimandi alle sequenze memorabili della settima arte. Così la carta da parati dell'atrio, realizzata ad

hoc, propone una coreografia di Fred Astaire e Ginger Rogers, che passo dopo passo accompagna in sala

A. Si rifanno agli albori della fabbrica dei sogni, le immagini delle grandi cineprese e i ciclisti-proiezionisti

sulle pareti, mentre il vero operatore, al tempo del digitale, lo si vedrà comodamente seduto nell'atrio, dove

con un semplice pc governerà tutti i quattro schermi. E poi ci sono i "cimeli di famiglia"', ovvero la galleria di

foto di scena provenienti dall'archivio fotografico del C.I.D.I.F, il consorzio italiano distributori indipendenti,

creato da Agostini ed Errani, che per primi portarono sugli schermi italiani maestri come Nanni Moretti, i

fratelli Taviani, Ettore Scola. Rimessa a nuovo pure la saletta interrata, arredata con tavolini eleganti e sofà

e dotata di wi-fi. «Siamo in cerca di idee, chi ne ha si faccia avanti» sollecita Agostini.

Ultimo ironico tocco è poi quello riservato ai bagni, con scene cult a tema, come John Travolta sul water in

"Pulp Fiction" o l'ombra minacciosa del coltello di Psycho dietro la porta.

«Gli spettatori - dice Roberta di Colazione da Bianca -sono entusiasti di poter entrare in sala con il calice di

vino o la fetta di cheesecake. Pensiamo a una tariffa speciale, biglietto più dinner box. E anche sugli orari

pensiamo di non limitarci a quelli della sala».

Foto: IL LUOGO Sopra l'ingresso del cinema. Qui a fianco il grande bar allestito al piano terra, con ingresso

indipendente, gestito da Colazione da Bianca. E nel sotterraneo ora c'è una saletta con sofà e postazioni

wi-fi

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AGORA/ Storia del cinema. Arriva dall'Italia il recupero di due pellicole girate prima della nascita delsodalizio Laurel e Hardy: e poi vennero STANLIO & OLLIO FULVIO FULVI Sembravano due bambinoni goffi e viziati. Quello smilzo aveva un viso tra il triste e il faceto, e

un'inguaribile espressione da babbeo; il ciccione, invece, faccia rotonda e baffettini, pensava sempre di

saperne una più dell'amico, che trattava da deficiente pur comportandosi peggio di lui. Dopo il solito

disastro combinato insieme, uno si grattava la testa (coi capelli sempre all'insù) emettendo buffi lamenti,

l'altro allargava la bocca con un sorriso sottile e grazioso giocherellando col cravattino. Così, di solito,

finivano le strampalate storie di Stanlio & Ollio, il duo di comici più divertente, prolifico e amato nel mondo.

Inseparabili sul set, amici anche nella vita. Una premiata ditta che ha girato insieme 106 tra corti e

lungometraggi. Una sterminata filmografia. Ricordate I due legionari , Fra Diavolo , Tutto in ordine e C'era

una volta un piccolo naviglio ? Geniali gag, improvvisi scivoloni sulla scena, sguardi ingenui e sbruffoni, le

classiche torte in faccia.... Risate contagiose e senza stop. Impossibile pensarli divisi. Eppure, prima di fare

coppia fissa davanti alla cinepresa, scoperti dal produttore Leo MacCarey, l'inglese Stan Laurel (1890-

1965) e l'americano Oliver Hardy (1892-1957) avevano recitato da mattatori "solisti": il magrolino in ottanta

comiche, il grassone addirittura in 250 film. Due pionieri del muto. Alcune di queste pellicole, che coprono

un arco di tempo compreso fra il 1914 e il 1927 (l'anno dell'incontro artistico tra i due), sono giunte sino a

noi grazie alle indagini svolte da appassionati cinefili, collezionisti e archivisti sparsi in tutto il pianeta, di

altre invece non se n'è saputo più nulla. Se ne conosce soltanto il titolo, talvolta la sinossi o il racconto di

qualche scena tra le più esilaranti riportato dalla stampa dell'epoca. Anche l'Italia ha un ruolo decisivo

nell'opera di ricerca - e restauro - dei rarissimi film che Laurel e Hardy hanno girato da "single". Il Centro

sperimentale di cinematografia-Cineteca nazionale di Roma, infatti, è stato artefice di due straordinari

ritrovamenti, altrettanti piccoli capolavori del genere, che saranno proiettati in anteprima mondiale al MoMa

(Museo d'Arte Moderna) di New York durante la 13ª edizione di "To save and project" (da oggi al 25

novembre), il festival internazionale dedicato al cinema restaurato, organizzato da Joshua Siegel, nipote del

grande regista Don Siegel, maestro degli action movie americani negli anni '60 e '70. Il primo film, Maids

and muslin ("Cameriere e mussole"), prodotto nel 1920 ma distribuito nelle nostre sale tre anni dopo con il

titolo Fridolen direttore dei grandi magazzini , è una commedia diretta da Noel Mason Smith dove il futuro

Ollio, che appare qui meno pingue del solito e col volto guarnito da folti mustacchi e sopracciglia, rivaleggia

con il socio in affari Jimmy Aubrey per conquistarsi le grazie della giovane cassiera del negozio di tessuti

che i due dirigono. Oliver fa la parte del ciccione cattivo, che gli procurò grande successo all'inizio della

carriera. «Le copie del film, mai identificate prima della nostra ricerca, erano eccezionalmente usurate -

racconta Sergio Bruno, responsabile dell'ufficio Gestione archivio filmico della Cineteca nazionale - e i titoli

di testa e di coda erano andati perduti, come alcuni frammenti intermedi: seppure non integrale, però,

questa versione italiana, della durata di diciassette minuti, è l'unica conosciuta al mondo». Il restauro è

consistito soprattutto nel rimettere in sequenza corretta i pezzi trovati fuori posto e nell'inserimento di nuove

didascalie. «Il materiale, trecento metri di celluloide, era pieno di macchie e perforazioni - precisa Bruno - e

molte giunte erano rotte: dopo aver provveduto a una riparazione manuale da parte dei nostri tecnici, si è

passati a una acquisizione digitale dei rulli in 4K e anche a una stampa della pellicola in 35 millimetri». Il

film arriverà sullo schermo di New York oggi. Il secondo ritrovamento riguarda invece Monsieur dont'care

("Non importa, monsieur") di Percy Pembroke uscito negli Usa nel 1924 e distribuito in Italia nel 1928 come

Monsieur Bocher : è una comica in due rulli, parodia di uno dei successi di Rodolfo Valentino, il superdivo

di allora che qui viene preso in giro da Stan Laurel (del quale ricorrono, quest'anno, i cinquant'anni dalla

scomparsa). Il suo personaggio si chiama Rhubarb Vaselino ed è uno strano tipo che, messosi nei guai alla

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corte di Luigi XV per aver sbeffeggiato il favorito del re, è costretto a fuggire in Inghilterra spacciandosi per

un barbiere. Negli archivi della Cineteca nazionale sono stati ritrovati e identificati circa sette minuti di una

versione italiana del film che comprendono anche un'apparizione en travesti di quello che conosceremo in

seguito come Stanlio. Il film sarà proiettato al MoMa martedì 24 novembre e mercoledì 25. «Nel 2016

proporremo al cinema Trevi di Roma una visione delle due comiche restaurate: sarà un'appendice della

retrospettiva promossa nel maggio scorso dalla Cineteca nazionale su Cric e Croc», come venivamo

chiamati Laurel e Hardy durante il fascismo. Un'occasione da non perdere.

RITROVATI Sopra, Stan Laurel "en travesti" in "Monsieur Bocher" ("Monsieur don't care") del 1924, dove il

futuro Stanlio faceva il verso al divo Rodolfo Valentino Sotto, Oliver Hardy in "Fridolen direttore dei grandi

magazzini" ("Maids and muslin", 1923) nei panni del cattivo di turno (Cineteca nazionale)

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PELLICOLE RITROVATE Quando Stanlio e Ollio non facevano coppia Pedro Armocida a pagina 27 Stanlio e Ollio solisti. No, non è uno dei titoli della coppia comica più famosa del cinema. E' la

storia, alla fine poco conosciuta, dei due grandi attori, Stan Laurel e Oliver Hardy, prima della

trasformazione nei leggendari Stanlio e Ollio. I due hanno all'attivo rispettivamente ottanta e quasi

duecentocinquanta titoli prima del loro incontro sul set nel 1926. Arthur Stanley Jefferson poi noto come

Stan Laurel, nato in Gran Bretagna nel 1890, era figlio d'arte e nonostante il padre (autore, produttore,

attore e direttore di teatro) immaginasse per lui i migliori college, il ragazzo andava in giro a chiedere

particine agli impresari presentandosi così: «I'm funny». E quel «sono divertente», confermato da una

mimica facciale assolutamente unica e originale, sarà il suo marchio di fabbrica per sempre. Mentre Oliver

Hardy, nato negli Stati Uniti nel 1892, non aveva parenti nel mondo dello spettacolo (il padre era avvocato),

amava la musica - aveva una voce tenorile - ma dovette aiutare la famiglia in difficoltà lavorando in una

sala cinematografica. Da lì l'idea di fare l'attore, ma i suoi modi gentili e cortesi non trovarono

corrispondenza nei ruoli che gli venivano affidati, sempre gli stessi, di «grassone cattivo», visti i suoi 120

chili per quasi un metro e novanta di altezza. Caratteristiche che non perderà neanche quando sarà Ollio.

L'occasione per riparlare di Stanlio e Ollio «solisti» viene da una preziosa riscoperta della Cineteca

nazionale del Centro sperimentale di cinematografia di due loro film, ora restaurati, che verranno proiettati

accompagnati dal Conservatore Emiliano Morreale in anteprima mondiale alla 13a edizione di «To Save

and Project», in programma da oggi al 25 novembre al MoMA di New York. Si tratta di Maids and Muslin ,

diretto da Noel Mason Smith, che ha per protagonista Oliver Hardy, e di Monsieur Don't Care di Percy

Pembroke con Stan Laurel, cortometraggio considerato fino ad oggi perduto. Nel primo Ollio si contende

col socio in affari le attenzioni di una cassiera e già sono visibili alcune caratteristiche delle sue tipiche gag

romantiche che poi porterà nei film della coppia. Distribuito in Italia con il titolo Fridolen direttore dei grandi

magazzini , il film ottiene un grande successo tra il 1923 e il 1924. Nel secondo, dello stesso periodo ma

uscito da noi quattro anni dopo con il titolo Monsieur Bocher , Stanlio - di cui ricorre quest'anno il

cinquantesimo anniversario della scomparsa - è assoluto mattatore, anche in versione en travesti , nei

panni di Rhubarb Vaselino. Come si può facilmente intuire, una spassosa parodia di Rodolfo Valentino e di

uno dei suoi successi, Monsieur Beaucaire . Stan Laurel ha poi proseguito la sua carriera da solista girando

parecchie parodie, come quella di Dr. Jekyll and Mr. Hyde del 1920 con John Barrymore che lui trasformò

in Dr. Pyckle and Mr. Pryde , confluite infine nelle famose «dodici Stan Laurel comedies» prodotte da Joe

Rock. Grazie a questi successi fu messo sotto contratto da Hal Roach che lo fece lavorare soprattutto

come regista e gagman. Fu proprio grazie a questo produttore (oltre al regista e sceneggiatore Leo

McCarey) che Stan e Oliver iniziarono a lavorare insieme anni dopo essere apparsi in una stessa comica,

Lucky dog di Jess Robbins del 1917. Stanlio e Ollio si incontrano nel 1926 in Get 'em young , film in cui

Laurel fu costretto ad abbandonare la regia per sostituire Hardy, infortunatosi. Il debutto da protagonisti

avviene nel 1927 in Putting pants on Philip di Clyde Bruckman, in cui iniziano a definire meglio i loro

personaggi, così come nel coevo "Zuppa d'anatra" di Fred Guiol. Sono le prime mosse di quella che

diventerà l'immensa coppia comica spezzata solo dalla morte di Ollio nel 1957: «Una specie di miracolo di

completezza e complementarità», come li ha definiti un giovane Marco Giusti nella mitica collana di cinema

del Castoro.

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CINEMA - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 24

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Al documentario di Bizzotto l'Oscar del cinema sportivo Il cortometraggio "Chiedi chi erano Dibiasi &Cagnotto" ha vinto la Ghirlanda d'onore al World Ficts Challenge Al documentario di Bizzotto l'Oscar del cinema sportivo Al documentario

di Bizzotto l'Oscar

del cinema sportivo

Il cortometraggio "Chiedi chi erano Dibiasi & Cagnotto"

ha vinto la Ghirlanda d'onore al World Ficts Challenge

MILANO And the Winner is... "Chiedi chi erano Dibiasi & Cagnotto", ovvero il documentario curato da

Stefano Bizzotto, giornalista bolzanino di Raisport e montato da Andrea Moretti montatore della sede Rai di

Bolzano che ha vinto la Ghirlanda d'onore al World FICTS Challenge", il Campionato Mondiale della

televisione, del cinema, della comunicazione e della cultura sportiva. La cerimonia di consegna dei premi si

è svolta a Milano e la rassegna in questione è un vero e proprio Oscar del cinema sportivo. Nel corso

dell'anno sono pervenute agli organizzatori un migliaio di opere da una cinquantina di paesi: di queste, 145

sono state selezionate per il gran finale e suddivise in varie sezioni. Da 145 si sono ridotte poi ad una

sessantina: quelle che hanno ottenuto la "nomination" della giuria. Il documentario "Chiedi chi erano Dibiasi

& Cagnotto" è stato inserito nella sezione "Documentary Great Champions" assieme ad altre cinque opere.

In palio (come per le altre sezioni) la "Guirlande d'Honneur" e le "Mention d'Honneur" (cioè Ghirlanda

d'onore e Menzioni d'onore). Al documentario sui tuffi è stata assegnata la Ghirlanda d'onore ovvero il

premio più prestigioso. Sul palco del festival milanese sono saliti l'autore Stefano Bizzotto ma anche

Giorgio Cagnotto e Klaus Dibiasi, che sono stati un po' gli ospiti d'onore della serata. Applauditissimi e

intervistatissimi da addetti ai lavori e appassionati. Il documentario, prodotto dalla Rai, parte con la stretta

attualità: il Mondiale di Kazan e le medaglie conquistate da Tania. Poi comincia la storia vera e propria:

1964-2014, cinquant'anni di tuffi. Da Tokio (la prima Olimpiade di Giorgio e Klaus) a oggi. Tante immagini e

testimonianze inedite: ad esempio Klaus sugli sci e Tania che effettua i primi tuffi ad un anno di età, Giorgio

Cagnotto che racconta l'amicizia con l'attore Giuliano Gemma e il giornalista Ormezzano che racconta

l'aneddoto dei "due milioni? No, due" (a proposito dei praticanti di tuffi in Italia). Lo scopo dell'opera (come

in fondo indica il titolo) è quello di (ri)scoprire due campioni che hanno gareggiato in anni in cui la risonanza

mediatica dei tuffi non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella di oggi. Una sorta di

"risarcimento", se vogliamo che è stata apprezzata e il premio ne è la testimonianza. ©RIPRODUZIONE

RISERVATA

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CINEMA - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 25

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Con questi prezzi andare al cinema è diventato un lusso IL DIRETTORE Con questi prezzi andare al cinema è diventato un lusso Con questi prezzi

andare al cinema

è diventato un lusso

IL DIRETTORE

Al cinema, e nella fattispecie a Limena, pur con la grande offerta presentata dalla multisala, non riesco a

capire come possa essere possibile andare la domenica a vedere dei cartoni come evento unico a 10 euro

e 8 euro per i ragazzi. La sala infatti era semivuota. Se si aggiungono bibite e popcorn la spesa supera con

due figli i trenta euro. Con la tessera non si possono comprare più di tre biglietti. La pubblicità non risparmia

nessuno, e non vedo il motivo per il quale dobbiamo sorbirci varie promozioni quando l'ora d'inizio del film

dovrebbe corrispondere veramente all'inizio della pellicola prescelta. Quando vai con i bambini non puoi

cambiare idea e non andare a vedere un film "evento". Io cerco di prendere la tessera e compro cibo e

bibite se non addirittura ci portiamo patatine e bibite da casa. Il cinema deve dare la possibilità a molti di

frequentarlo anche se le grosse catene fanno di tutto per guadagnare all'ennesima potenza, a scapito di noi

fruitori. Carlo Monaco Andare al cinema è bellissimo. Da soli, in compagnia e, per i bambini, con la

compagnia di mamma e papà. Però i costi sono diventati proibitivi. Non parliamo poi di cinema e pizza.

Anche per i giovani è diventato un rito impraticabile. Eppure il cinema è cultura, è vita. È anche comunità.

C'era una volta per noi studenti delle superiori e dell'università anche la bellissima occasione del cineforum

settimanale dove potevamo vedere le cose migliori di ogni tempo, riflettere, discutere. A prezzo che una

volta si definiva "politico" ma che io preferisco catalogare come "civile". Gentile lettore, sono convinta che

servano investimenti forti sul cinema non solo per la produzione ma proprio per offrirne la visione in sala a

più spettatori che vorrebbero ma che non possono permetterselo con questi prezzi, che lei stesso ha così

ben elencato e spiegato. Se così non sarà, ci ridurremo sempre più dentro le nostre quattro mura (un dvd

alla fine costa meno che un'uscita insieme e si può rivedere tante volte) ma avremo perso ancora una volta

l'occasione di far vivere le nostre piccole o grandi comunità. [email protected] FioraniP

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CINEMA - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 26

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TELEVISIONE

6 articoli

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R2 CULTURA L'immaginario della fiction ora è donna In Italia le serie tv più innovative sono scritte da sceneggiatrici Che qui ci raccontano la svolta "Sveliamo lazona grigia che unisce bene e male" "Dallas" e insieme Balzac tra le fonti d'ispirazione DENISE PARDO Scrivono d'amore e di follia, di politica e corruzione, di mali della psiche e trame criminali: storie che

intercettano milioni di persone. Sono sceneggiatrici ma anche costruttrici d'immaginario perché lavorano

per l'onda dominante, per la fabbrica contemporanea più potente: la rappresentazione televisiva,

architettura diventata sempre più complessa d'idoli, identità, memoria. È il realismo magico della visione.

Una generazione già nutrita di grande tv.

È cresciuta con i manga giapponesi. Con i miti di Beverly Hills. Con l'energia del sesso liberato, con

l'educazione sentimentale della Manhattan di "Sex and the City". E per alcune di loro, è polveroso e poco

solidale sottolineare la vecchia storia della differenza di genere: ad esempio secondo Ludovica Rampoldi,

co-autrice di "In treatment", "Gomorra" e " 1992", notare «le ha scritte una donna» è come dire «è stato

chiamato un idraulico». Una cosa ovvia.

E però, a un certo punto, è successo che nella fiction, misura contemporanea di proposta di destini e di

sogno, il punto di vista femminile è arrivato più prepotente. C'era sempre stato un campionario d'autore. Ma

scarno, quasi da fenomeno. Ora le autrici sono sempre numerose, per non parlare del fatto, non

secondario, che in Rai il capo della fiction sia una donna, Eleonora Andreatta.

Forse è karma, eclisse di attenzione maschile, segno temporale. Il dato e il dono simbolico portato in dote

dalle autrici non è solo l'aumento nelle storie delle protagoniste femminili, persino malavitose, ma anche il

fatto che sono state finalmente chiamate a entrare nel "lavoro sporco". Forse - sostiene Monica Zappelli,

autrice di L'assalto o di Il coraggio di Lea, storia di una ribellione al femminile verso la propria famiglia

mafiosa - le sceneggiatrici sanno essere più camaleontiche, inclini alla contaminazione. E a pensarci bene

la partecipazione femminile alla formazione di un immaginario più sincero e politico è anche una

legittimazione per l'allontanamento del racconto tv timoroso di lividi dell'anima, della violenza quotidiana dei

rapporti, della criminalità. Una vittoria, dunque, del diritto alla verità, o almeno alla realtà. «Sono convinta

che le persone vadano messe di fronte a domande più che a rassicurazioni. In questo paese c'è stato un

enorme lavoro di esclusione», osserva Rampoldi. Poi la rimozione è esplosa, lasciando l'agio a

rappresentazioni anche estreme come il narrare le miserie di potenziali super eroi, modelli di un

immaginario emulativo. «C'è un profondo gusto narrativo nella liberazione di spazi dove il bene e il male

non sono più così netti» dice ancora Rampoldi. «Emerge la zona grigia, the dirty side, il legno storto della

natura umana, inclassificabile» ma finalmente più simile alla fotografia culturale del paese, a chi guarda di

là dallo schermo.

Anche il linguaggio del potere e della sua distanza tra moralità predicata e costumi dichiarati ha accorciato

il legame tra vita e immaginario. Il potere reale, certo; ma anche quello rappresentato già nei decenni scorsi

dai grandi serial americani. E così per Elena Bucaccio, che ha scritto storie come La scelta di Anna,

sindaco-donna della Locride, o Dio ci aiuti o La città dei matti («mondi agli antipodi, fonti plurime su cui

formare un codice culturale»), cosa è mai stato Dallas «se non Balzac allo stato puro nella punta più

evoluta del linguaggio visivo, nella realtà più vicina alla vita?». Per non parlare, tornando a oggi, al Kevin

Spacey nei panni di Frank Underwood in House of Cards: «È lui il Georges Duroy contemporaneo del Bel

Ami di Guy de Maupassant, personaggio, invece, senza viso se non quello che la mente decide di

attribuirgli». Ma non ci sono solo i riferimenti politici: «Per la mia generazione Candy Candy è stato un

segno femminile più forte di Virginia Woolf e così Lady Oscar », sostiene ancora Bucaccio. Un universo

visivo popolato di grandi personaggi. E di grandi temi. Così, allo stesso modo, ora il potere criminale è

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TELEVISIONE - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 28

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Gomorra e quello politico-criminale di Tangentopoli è 1992. La tv proibita, fino a poco tempo fa. Argomenti

sovversivi in un ventennio politicamente contaminato da connivenze e favoreggiamenti. Quegli anni

esigevano l'edificazione di un messaggio oppiaceo: «L'unica vita che si poteva raccontare era uno specchio

tirato a lucido», ricorda Zappelli. Non appena la chiusura si è allentata, nel flusso d'immagini è arrivato un

forte quoziente d'attualità, portatore di un possibile agguato creativo: comunicare la fascinazione della

malavita. Tanto che il vero sforzo, raccontano le autrici, è intuire con quali sguardi vada narrata, proprio

tenendo a mente l'eredità che questi racconti possono lasciare: «Per questo cerco di sottolineare la

delinquenza nella quotidianità, quella nell'atto criminale è evidente - spiega la sceneggiatrice - esalto

l'assenza di luce, la mancanza di ossigeno di quelle vite». Ma alla fine nessuna teoria regge di fronte alla

proiezione intellettuale che il racconto per immagini riesce a produrre in milioni di spettatori. Per questo è

impossibile sottrarsi a un senso di responsabilità nell'affrontare certi temi, certi personaggi difficili. «Non so

mai quali fantasmi, quali inquietudini del contemporaneo, quali sogni si potranno far crescere nelle menti

delle persone», conclude Ludovica Rampoldi. Nonostante la sapienza delle costruttrici, le leggi

sociologiche, la potenza delle immagini, il patrimonio culturale, l'immaginario cattura e filtra quello che

vuole. È pur sempre un contropotere. LE SIGNORE DELLA FICTION Dall'alto verso il basso Ludovica

Rampoldi Monica Zappelli ed Elena Bucaccio

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TELEVISIONE - Rassegna Stampa 04/11/2015 - 04/11/2015 29

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LA RASSEGNA Detassis: il Fiction Fest sarà un evento colto e pop Mi.U. «La rivoluzione sta nella collaborazione tra la Festa del Cinema di Roma e il Roma Fiction Fest, dovuta alla

Fondazione Cinema per Roma». Questo dice il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti durante la

presentazione della IX edizione della rassegna della fiction, dall'11 al 15 novembre al Cinema Adriano

(ingresso gratuito). Ma la vera rivoluzione vera sembra essere un'altra. Fino a oggi la manifestazione è

stata soprattutto una vetrina promozionale dei film tv italiani, mentre stavolta i titoli si contano sulle dita di

una mano... C'è Lea , di Marco Tullio Giordana che inaugurerà l'evento, Limbo , di Lucio Pellegrini, con

Kasia Smutniak, unico in concorso, e poi c'è Fuori , corto di Ada Negri con Isabella Ragonese. Mentre 12,

provenienti da altrettanti Paesi, sono i lavori che partecipano al concorso internazionale. Se il presidente

dell'Apt, Marco Follini si augura, come dice, che la fiction di casa nostra diventi sempre più esportabile e

riesca ad «affermarsi sui mercati globali», e se Lorenzo Tagliavanti, presidente dela Camera di Commercio

è convinto che il settore sia un vero polo di eccellenza, perché non aiutarla con il festival? I NUMERI «Sarà

una festa colta e pop», spiega Piera Detassis, coordinatrice artistica, presidente della Fondazione Cinema

per Roma, illustrando cartellone. Dunque, oltre ai 12 titoli del concorso internazionale, ve ne sono 9 fuori

concorso, 15 nella sezione Crime, 5 nella Drama, 2 nella tv on stage, 24 nella sezione Kid & Teens, 6

Masterclass, 2 retrospettive, 6 eventi speciali, 12 premi ufficiale e 2 speciali. Presidente della giuria Litte

Steven. Madrina della rassegna, Simona Tabasco, tra gli interpreti d i È arrivata la felicità attualmente su

Rai1.

Foto: Kasia Smutniak

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Dall'11 al 15 novembre Al Cinema Adriano e all'Auditorium Conciliazione, dalle trame politiche al crime,DeTassis: «Sarà una rassegna per tutti i gusti» Ecco RomaFictionFest, il paradiso degli irriducibili delle serie tv «Lea» Apertura con il film di Giordana sulla vera storia della Garofalo Giulia Bianconi Quest'anno il RomaFictionFest è "Solo per gente serial". La nona edizione del festival dedicato alle serie tv,

in programma dall'11 al 15 novembre al cinema Adriano e all'Auditorium Conciliazione, punta sugli

appassionati di serial: dai political ai crime drama, dalle comedy alle serie in costume. Senza dimenticare,

però, le giovani generazioni e i più piccoli. «Sarà un festival colto e pop» secondo Piera Detassis,

coordinatore artistico della manifestazione, che seguirà anche «un filone femminile». A partire dalla giovane

madrina, Simona Tabasco, la Nunzia di "È arrivata la felicità" di Ivan Cotroneo. A "Lea" (fuori concorso) di

Marco Tullio Giordana il compito mercoledì 11 di aprire il festival all'Auditorium Conciliazione. La vera storia

di Lea Garofalo, vittima della 'ndrangheta, andrà poi in onda su Rai Uno in prima serata il 18 novembre.

Kasia Smutniak sarà, invece, la protagonista di "Limbo", l'unico film tv italiano in concorso al festival. Diretto

da Lucio Pellegrini, racconta l'esperienza traumatica vissuta da un sottufficiale donna dell'esercito durante

una missione in Afghanistan. Isabella Ragonese, appena vista alla Festa del cinema di Roma in "Dobbiamo

parlare", sarà protagonista del corto diretto da Anna Negri "Fuori", mentre Valeria Bruni Tedeschi proporrà

la trasposizione televisiva de "Le tre sorelle" di Cechov. Dodici i titoli presenti nel concorso internazionale

(che torna dopo cinque anni), tra cui quattro anteprime mondiali: "Capital", l'italiano "Limbo", "Trapped" e

"Trepalium". A capo della giuria, che selezionerà l'opera vincitrice, Steven Van Zandt, alias Little Steven,

chitarrista della E-Street Band di Bruce Springsteen. Nove, invece, i titoli fuori concorso tra cui "Lea".

Durante il festival ci sarà spazio per le sezioni Serial Crime, Period Drama, Tv on Stage, Kids e Teens e

Young Adult Special. E non mancheranno le Masterclass con registi di eccezione, come il premio Oscar

Paul Haggis. Il RomaFictionFest, del costo di 1 milione 200mila euro, ha visto anche quest'anno la

partecipazione di Regione Lazio, Camera di commercio di Roma e Associazione produttori televisivi (Ati).

«Abbiamo nuovamente vinto una scommessa - spiega il Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti Nella

nostra regione si produce il 30/35% dell'audiovisivo nazionale. E all'attivo ci sono circa 4mila imprese. Ecco

perché è fondamentale la promozione della cultura per il nostro territorio. Ma anche la coproduzione

internazionale che vogliamo promuovere con un bando regionale da 10 milioni di euro».

Foto: Presidente Steve Van Zandt, chitarrista di Springsteen

Foto: «Limbo» Con la Smutniak il fim in concorso

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Page 32: ANICAZombie e hacker alla Festa della Fiction 32 04/11/2015 La Repubblica - Roma I giorni del Fiction Fest ecco le prossime serie tv 34 04/11/2015 Il Fatto Quotidiano Roma apre alle

Festival Serie di culto, noir e anche teatro nella rassegna coordinata da Piera Detassis Attesa per «Fear theWalking Dead» Zombie e hacker alla Festa della Fiction Emilia Costantini S punta anche il teatro alla prossima edizione del Roma Fiction Fest, in programma dall'11 al 15 novembre.

Nella sezione Tv on Stage, due titoli importanti proposti rispettivamente da Italia e Francia. «In cerca

d'autore. Studio su "Sei personaggi"» diretto da Felice Cappa e prodotto da Raicom-Rai Cultura. E «Le

trois soeurs» diretto da Valeria Bruni Tedeschi, prodotto da Arte France, La Comédie-Française.

Il primo lavoro consiste nello studio sul capolavoro pirandelliano che il regista Luca Ronconi, recentemente

scomparso, ha condotto per tre anni nel suo Centro Teatrale Santacristina, con gli allievi dell'Accademia

Nazionale d'Arte Drammatica. Un progetto di rivisitazione del testo per riconsegnare al pubblico un inedito

Luigi Pirandello, liberato dalle abusate formule convenzionali del «teatro nel teatro».

L'attrice francese, invece, alla sua prima prova come regista di un film televisivo, lavora su un libero

adattamento del dramma cechoviano: una versione inedita, anche questa, che restituisce la modernità del

testo pur restando fedele all'originale.

Condensata in cinque giorni di proiezioni ed eventi, la nona edizione del festival dell'audiovisivo, che si

terrà al cinema Adriano e all'Auditorium Conciliazione, è coordinata quest'anno da Piera Detassis e

prodotta da Fondazione Cinema per Roma, ideata dall'Associazione Produttori Televisivi e promossa dalla

Regione Lazio e dalla Camera di commercio. Il ruolo di testimonial stavolta tocca alla giovane attrice

napoletana Simona Tabasco.

Si apre con «Lea» di Marco Tullio Giordana, che racconta la storia di Lea Garofalo, vittima della

'ndrangheta, poi una valanga di titoli in concorso e non. Per citarne alcuni: nella sezione ufficiale,

«Occupied» da un'idea di Jo Nesbø, dove si immagina un futuro non lontano in cui i Russi invadono la

Norvegia e rapiscono il primo ministro; «Trapped» di Baltazar Kormàkur, crime drama ambientato sullo

sfondo dell'Islanda; «Glue» di Jack Thorne, ambientata nell'Inghilterra rurale; «Capital», adattamento del

romanz o omonimo di John Lanchester; «Limbo» diretto da Lucio Pellegrini con Kasia Smutniak; «Mr.

Robot» creato da Sam Esmail, anche questo crime drama sulle vicende di un ragazzo che soffre di

disordine mentale che viene reclutato da un gruppo di hacker anarco-insurrezionalisti controllati da un

misterioso personaggio; e inoltre il tv-movie della Corea del Sud «The Trial of Chungyang-A Girl

Prosecuted by Feudalism» che affronta storie di emancipazione femminile. Fuori concorso, «10% Call my

agent!» diretto da Cédric Klapisch; «The last panthers» diretto da Johan Renck, che percorre le vie della

corruzione in Europa; «Candice Renoir» creato da Solen Roy-Pagenault; «Fear The Walking Dead» di

Robert Kiorkman e «Quantico» da Joshua Safran. Come sempre numerose le serie di animazione per

ragazzi e le reunion di «Un medico in famiglia» e di «Sandokan».

Dice la Detassis: «Una rassegna colta e pop al tempo stesso. Una Festa della Fiction per tutti: gli amanti

delle serie di culto e gli appassionati di produzioni di qualità».

EmiliaCostantin

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12 Titoli sono stati selezionati per il Concorso internazionale del festival15 Serie sono state presentate nella sezione Serial Crime

Da sapereLa nona edizione del Roma Fiction Fest è in programma dall'11 al 15 novembre. Il festival è condensato in

cinque giorni di proiezioni ed eventi al Cinema Adriano (piazza Cavour 22) e all'Auditorium Conciliazione

(via della Conciliazione 4). Tutte le informazioni su programmazio-ne e orari su www.romafictionfest.org La

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giuria del Festival è presieduta da Steven van Zandt, alias Little Steven, chitarrista e membro della E Street

Band di Bruce Springsteen ma anche attore nella serie tv «I Soprano» e «Lilyhammer»

Foto: In alto da sinistra, «The Last Panthers», «Cadice Renoir» e, sopra, una scena di «Mr. Robot».

A sinistra, «Occupied»,

da un'idea dello scrittore Jo Nesbø. La serie è ambientata in un futuro non troppo lontano in cui la Russia, a

nome dell'Unione Europea, ha organizzato un'invasione «soft» della Norvegia

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GIORNO E NOTTE I giorni del Fiction Fest ecco le prossime serie tv CECILIA CIRINEI A PAGINA XI COLTO e pop. E solo gente per gente "serial". È il Roma Fiction Fest, una straordinaria

anticipazione su tutte le fiction che saranno in tv nel prossimo anno. Tutto ad ingresso gratuito per cinque

giorni al Cinema Adriano che, insieme all'Auditorium Conciliazione, e ad un "Fiction Village" nei giardini di

piazza Cavour, da mercoledì 11 a domenica o15 spiterà la kermesse in tutte le sue sale. Si comincia con il

tv-movie "Lea" di Marco Tullio Giordana, ispirato a Lea Garofalo, vittima della 'ndragheta.

Il programma della nona edizione è ricco di appuntamenti e attraversa tutto il variegato universo della

fiction. La selezione ufficiale sarà composta da un concorso internazionale con 12 film (l'Italia partecipa con

"Limbo") per 12 paesi (presidente della giuria Steven Van Zandt, in arte Little Steven), 9 titoli fuori

concorso. Poi ci sono le sezioni: Serial Crime, con 15 titoli, Period Drama con 5, tv on stage con 2, la

selezione Kids & Ten con 24 titoli, Young Adult Special con 5. E poi gli eventi: 6 masterclass (con

protagonisti, fra gli altri, Paul Haggis, Jason Reitman e Andrew Davies) e 2 retrospettive. Testimonial

l'attrice Simona Tabasco, "Nunzia" nella fiction "E'arrivata la felicità".

A presentare la manifestazione il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: «Siamo la regione

leader in Italia nel campo dell'audiovisivo. Questo festival non è più una parentesi nel deserto. Puntiamo

molto su questo settore». Coordinatrice Piera Detassis, presidente di Cinema per Roma. «È un festival

colto e pop al tempo stesso, una festa della fiction per tutti, per chi ama le menti criminali ma anche per i

bimbi che seguono Masha e Orso. Spazieremo dall'impegno civile di "Lea" di Marco Tullio Giordana alla

serie capolavoro "The man in the high castle" ispirata al libro di Dick "La svastica sul sole", da "Mr. Robot"

sul mondo degli hacker, alla nostalgia per Sandokan e il suo creatore, Sergio Sollima, fino ai nuovi

Muppet».

Fra le fiction più attese "Fear the walking deads", spin-off della serie sugli zombie, "Wicked City", che

segue il format di "True Detective", e "The last panthers" del regista Johan Renck (lo stesso di "Breaking

Bad") che narra le vie della corruzione in Europa, unita nel segno di una malavita organizzata che,

partendo dalla ex Jugoslavia, genera dei "banksters", gangster e banchieri senza scrupoli.

Foto: PROTAGONISTI Sopra da sinistra Samantha Morton nella fiction "The last Panthers", accanto a

destra il presidente della giuria Steven Van Zandt. Sotto, Simona Tabasco, madrina della kermesse KIDS &

TEN Sopra i nuovi episodi della serie tv per bambini d'ispirazione letteraria di Nicoletta Costa "Giulio

Coniglio"

04/11/2015Pag. 1 Ed. Roma

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IL FESTIVAL Ottanta appuntamenti, molte prime internazionali, masterclass. Tutto grat u ito Roma apre alle fiction (sperando vada meglio della Festa del Cinema) » ANNA MARIA PASETTI Un festival sulla rampa di lancio più che la classica edizione di transizione. Così preferiscono definire il 9°

Roma Fiction Fest i vertici della Fondazione Cinema per Roma, da quest ' anno ente organizzatore di una

kermesse percepita dalle istituzioni locali " a estremo potenziale imprenditoriale " . Una notazione piuttosto

ovvia visto il successo delle serie tv nell ' immaginario collettivo planetario, tra pop e cult. Piera Detassis,

già neo presidente della Fondazione, raccoglie in corsa il timone lasciato dal p as i o na r i o di serie tv

Carlo Freccero, " spostato " nel cda della Rai. Il fiore all ' occhiello dell ' en te rt ai nment audiovisivo del

presidente regionale Nicola Zingaretti transita dunque da dipendere direttamente da Regione Lazio,

Camera di Commercio di Roma e Associazione Produttori Televisivi (APT) alla Fondazione Cinema per

Roma, divenuto ormai il grande inglobatore del l ' audiovisivo capitolino producendo già l ' appena conclusa

Festa del Cinema, il CityFest e il mercato MIA. Appetitoso con un ' ottantina di appuntamenti tra le prime

puntate di titoli di serie tv dentro (12 da altrettanti Paesi) e fuori concorso (9 da 6 Paesi), di altre sezioni

(Serial Crime, Period Drama, Tv on Stage, Kids & Teens, Young Adult Special), di masterclass,

retrospettive ed eventi/progetti speciali, il Roma Fiction Fest si svolgerà gratuitamente dall ' 11 al 15

novembre nelle sale del Cinema Adriano con la benedizione del proprietario Massimo " Vipe retta " Ferrero.

Il tutto al costo di 1 milione e 200 mila euro di soldi pubblici. A ripartirsi il budget, che rispetto al milione e

600 mila euro del 2014 diminuisce del 30%, rimangono la Regione con 800 mila euro e la Camera di

Commercio romana con 400 mila euro. Rispetto al budget complessivo annuale di cui dispone la

Fondazione (10.263.000 euro per il 2015) l ' investimento per il festival delle serie tv rappresenta la terza

entrata di una torta così ripartita: 4milioni alla Festa del Cinema, 1,9 milioni al mercato MIA e in quarta

posizione 300 mila euro per il CityFest con un resto mancia per varie ed eventuali. IL FATTO che quest '

anno la Fondazione abbia ridotto il budget non sta a indicare un risparmio creativo ma - a quanto pare dall '

annun cio alla stampa - un " risparmio virtuoso per un ' offerta maggiore e nel segno del pluralismo " . Di

fatto, si Quattro giorni Per quest ' a n no il budget sarà ridotto: un milione e 200 mila euro, tutti soldi pubblici

diceva, il piatto è ricco e totalmente in prima nazionale se non internazionale in alcuni casi. Il pur poco

prodotto italiano è di qualità: aprirà fuori concorso Lea di Marco Tullio Giordana sulla vicenda di Lea

Garofalo che andrà in onda su Rai Uno il 18/11 a cui seguirà il film per la tv Limbo di Lucio Pellegrini tratto

dal romanzo di Melania Mazzucco e il corto di Anna Negri Fuori con Isabella Ragonese. Attesi saranno

anche i registi Usa premi Oscar Jason Reitman e Paul Haggis: entrambi terranno una masterclass e

introdurranno le rispettive serie Casual e Show Me A Hero .

Foto: M. T. Giordana firma la fiction " L ea " Ansa

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