Zetezine

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Non stanno mai fermi Visita il nostro sito e consulta contenuti extra www.zetezine.it Internet e famiglia Troppa rete rovina il dialogo tra genitori e figli? Rituali: il Sonno Per i bambini non è un passaggio semplice da vivere "il meglio di loro" reg. n. 760/2010 del 07/05/2010 psicologia e psicopedagogia I NUOVI PERCORSI ZETESIS ANNO I - NUMERO 2 fEbbRAIO 2011 € 3,00 speciale iperattività

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psicologia e psicopedagogia

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Non stannomai fermi

Visita il nostro sito econsulta contenuti extrawww.zetezine.it

Internet e famigliaTroppa rete rovina il dialogotra genitori e figli?

Rituali: il SonnoPer i bambini non è un passaggio semplice da vivere

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psicologia e psicopedagogiaI nuoVI PeRcoRSI zeTeSIS

ANNO I - NUMERO 2 • fEbbRAIO 2011

€ 3,00

speciale iperattività

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Editoriale

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Editoriale

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di Gino Aldi

l secondo numero di “Il me-glio di Loro” si presenta con qualche piccola novità. ci

consideriamo artigiani e cerchiamo di apprendere facendo e con questo spirito abbiamo accolto alcuni suggeri-menti dei nostri lettori mirati a miglio-rare il giornale e renderlo più gradevole e fruibile. ci si chiedeva di ampliare i contenuti e di proporre riflessioni anche sul tema della scuola e dell’ado-lescenza, argomenti su cui lavoriamo da anni e sui quali possiamo condi-videre le nostre riflessioni e la nostra professionalità. Abbiamo così raccolto la sfida onerosa di aumentare il numero di pagine da ventiquattro a trentasei cercando di offrire un prodotto sempre più ricco di spunti per chi vorrà legger-lo e apprezzarlo. Abbiamo anche reso più chiaro il nostro appello agli abbo-namenti che vuole essere una richiesta di sostegno all’iniziativa. Abbonandovi o acquistando spazi pubblicitari potete sostenere un’iniziativa che permette di discutere d’infanzia, adolescenza, scuola: tre situazioni che riguardano fortemente il futuro dei nostri figli e dei nostri alunni. Siamo stati quindi più espliciti nel chiedere a ogni persona che crede in questo progetto di contri-buire con il proprio abbonamento non nascondendo l’ambizione di giungere a un numero di pagine ancor più ricco. Abbiamo molto discusso sull’opportu-nità di proporre un cambiamento già al secondo numero. “Può dare l’idea

di confusione o non chiarezza” – di-ceva qualcuno dei nostri. Alla fine si è preferito assumere la responsabilità ma anche il valore di presentarsi ai lettori per quello che siamo: il giornalismo lo stiamo imparando sul campo e proba-bilmente, grazie anche ai suggerimenti che giungeranno, miglioreremo facen-do. nei nostri corsi genitori e nei nostri colloqui con giovani colleghi o ragazzi in cerca di orientamento cerchiamo di passare il valore dell’accettare le sfide della vita avendo consapevolezza dei propri limiti senza assumere un atteg-giamento rinunciatario. Vediamo molti giovani paralizzati dalla paura di svilup-pare progetti e idee, sempre convinti di non essere ancora all’altezza. noi crediamo nella possibilità di costruire progetti partendo dalla propria falli-bilità, rinunciando al perfezionismo delle situazioni ideali e calandoci nella concretezza delle azioni e dei correttivi che di volta in volta occorrerà operare per giungere all’obiettivo. con questo spirito si è preferito correggere la rotta e di condividere le riflessioni che hanno portato a questa scelta con i lettori.Le novità che troverete rispetto al nu-mero precedente sono: una sezione più ampia dedicata alla vita scolastica, un settore dedicato all’adolescenza, delle schede operative di attività che potete svolgere a casa o a scuola con i ragazzi. Per ora non si riesce a fare di più ma speriamo tanto che sia sufficiente a destare il vostro interesse.

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SommarioIL MeGLIo DI LoRo - Anno I - nuMeRo 2

bambini che non stanno mai fermi

3editoriale

che cos’è l’iperattività

Iperattività o bullismo: distinzioni.

emozioni e colori

La matematica con il corpo

Le parole non dette

educare alla fiducia

SPECIALE: bAMbINI IPERATTIVI

PeRcoRSI

IL MeGLIo DI LoRo

Libri/Poesie/creatività/Posta

RUbRICHE

Magazine del Gruppo ‘Zetesis Psiche’

Direttore ResponsabileGino Aldi

Comitato di Redazione:dott. Maria Russiello

dott. Valentina di Nuzzo

dott. Pasquale BorrielloIolanda Falanga

Graficagianlucariccio.it

REFERENTE EDITORIALE E PUBBLICITA’:

“il meglio di loro” reg. n. 760/2010 del 07/05/2010

ZetesisCooperativa sociale a.r.l.Via Piave, 7 81100 Caserta

Telefono : 0823452842Fax : 0823452049

Email : [email protected]

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fAMIGLIA

Internet uccide il dialogo familiare? 14

L’eterna giovinezza dei nostri tempi 17ScuoLA

un paese che non sa più leggere 20

Il metodo della Video education 22

essere Genitori 26

Rituali importanti: il Sonno 31

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Sommario

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SPecIALe

Bambini chefermi Pensate cosa sarebbe l’esistenza se si fosse co-

stantemente sovrastati da stimoli, ne abbiamo una qualche percezione quando ci sentiamo confusi, incapaci di elaborare e comprendere ciò che sta accadendo. chiunque abbia vissu-to questa esperienza potrà rendersi conto di quanto sia importante apprendere a concen-trarsi e a direzionare la nostra energia mentale. Sebbene sia importante essere capaci di con-centrazione ed attenzione, l’educazione all’or-dine e alla disciplina ha goduto di alterne virtù. Nel lontano 1978 Giorgio bert, nella prefazione ad un libro intitolato “Il mito del bambino ipe-rattivo” diceva: “Il sistema ha bisogno di ordine per funzionare: in qualche modo ne siamo convinti tutti. Il disordine è il male. Il Kaos con-trapposto al Kosmos, l’irrazionale di fronte alla ragione, l’inconscio davanti all’Io. In una società ideale non può esserci posto per l’imprevisto, il casuale, l’eccentrico: l’ordine va mantenuto ad ogni costo, e al suo mantenimento è dedi-cata una gran parte dei bilanci nazionali, oltre all’impiego di organizzazioni private e anche volontari.”. Tutto il libro sviluppa poi una critica al concetto di “danno cerebrale minimo”, mai dimostrato, e alla “invenzione” di una malattia, che poi si chiamerà Disturbo di Attenzione e Iperattività (ADDH). Si puntava l’indice all’uso improprio della psichiatria come strumento di controllo, problema controverso ma sicura-mente meritevole di costante attenzione per-ché non è questione del tutto infondata.Son passati numerosi anni da quella riflessione e si può prendere distanza dalla carica ideologica che accom-

non stanno mai

Al bambino si chiede di apprendere a controllare i propri impulsi, di star

fermo, non distrarsi, osservare, as-coltare, elaborare. Sono tutte attività che richiedono attenzione e concen-trazione e necessitano dello sforzo di

controllare sé stessi.

di Gino AldiSvolgo da più di 20 anni l’attività di psicoterapeuta. Dopo la laurea in medicina ho scelto questo percorso perchè ero affascinato dalla possibilità di compren-dere le persone, specie le persone in grande difficoltà psicologica. Ho poi capito che in realtà, attraverso la psicoterapia, cercavo risposte a tante domande che permettessero di dare senso alla mia vita personale. La psicoterapia mi ha fatto conoscere la dimensione della sofferenza umana, quella più nascosta e segreta, che spesso non trova nemmeno le parole per essere raccontata.

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pagnava il libro cercando di limitar-ne alcuni estremismi recuperando invece alcune interessanti valutazio-ni. L’estremismo dal quale occorre prendere distanza è quello che porta ad identificare ogni tentativo di controllo del bambino come stru-mento di potere nefasto sulla cresci-ta umana. Possiamo affermare con argomenti basati sull’evidenza fat-tuale che la mancanza di “governo di sé” è fonte di sofferenza e patologia per il bambino. controllare il Kaos e dare forma ad esso è la base di ogni salute psichica. Si può affermare con una certa forza che compito dell’e-ducazione è anche far acquisire il controllo di sè attraverso azioni che porteranno il futuro uomo a disci-plinare i propri impulsi per orientarli e finalizzarli alla costruzione di un progetto di sé. L’azione educativa, quando è tale, è sempre un’azione disciplinare, un dare forma alla per-sona in erba attraverso strumenti, suggerimenti, azioni, atteggiamenti, ecc. non sembra che tutto questo attenga alla mostruosità del potere ma semplicemente alla natura stes-sa dell’atto educativo che, essendo un atto di socializzazione, chiede al bambino di comprendere il mondo nel quale vivo per come esso è: di star fermo in certi momenti, di parlare a turno, di contenere l’ag-gressività e tante altre cose.Va

invece segnalata come ancora at-tuale la preoccupazione che Schrag e Divoky, autori del libro, segnalava-no quando dicevano: “Generalmen-te i genitori sono ben lieti di vedere dispiegato un simile impegno per la salute dei loro bambini, tanto più che sotto l’azione degli psicofarma-ci questi smettono effettivamente di “disturbare”. Se dall’altra parte padri e madri sono in qualche caso perplessi, è la stessa scuola a co-stringerli, segnalando che, ove non vi sia consenso al “trattamento”, i bambini non verranno accettati alle lezioni. Risultato: circa un milione di bambini forzatamente drogati con psicofarmaci, che ne modificano ra-dicalmente e forse definitivamente il carattere, rendendoli docili, confor-misti, socialmente accettabili”. Sono concetti espressi trenta anni fa ed in Italia un uso massiccio degli psico-farmaci nei confronti dei bambini non è mai attecchito. e’ vero però che si va diffondendo nel lessico comune una tendenza ad etichet-tare come “iperattivo” ogni com-portamento difforme dalle regole agito in classe o in famiglia. Se i dati scientifici ci confermano la presenza di un deficit grave della capacità di

attenzione e del controllo de-

gli impulsi (ADDH),

tale

da giovarsi anche di un’adeguata cura farmacologica, è altrettanto vero che tale etichetta viene fretto-losamente incollata su molti bambi-ni che non riescono ad uniformarsi alle regole sociali o ad acquisire un buon controllo di sé per ragioni del tutto differenti. Diverse problema-tiche infantili portano ad essere agitati, distratti, confusi, instabili a livello motorio. Spesso bambini del tutto normodotati risentono di una mancanza di adeguate progettualità educative e manifestano nei diversi contesti la propria instabilità. Il pericolo in questo caso è che, oggi come allora, le agenzie educative, famiglia e scuola, possano utilizza-re l’etichetta “bambini iperattivo”, ormai diffusa a dismisura nel lessico comune, per delegare l’educazione alla medicina, rendendo patologico, cioè oggetto della lente focale del sanitario, ciò che va affrontato e risolto in ambito educativo. nell’af-frontare questo argomento cerchia-mo allora di ricordare che non tutti i bambini “iperattivi” sono affetti da ADHH e che questa valutazione ri-chiede l’intervento meticoloso dello specialista per essere inquadrata a dovere. Infine, che anche una dia-gnosi chiara e relativamente certa, non deve portare ad una rinuncia ad agire come educatori ma al con-trario ad una moltiplicazione degli sforzi per conquistare una adeguata speranza di vita per questi bambini. Tutti gli altri, quelli che non hanno questa sindrome ma comunque non stanno mai fermi, cioè la maggio-ranza dei bambini impropriamente etichettati come “iperattivi”

ci segnalano problemi che attendono risposta

nella famiglia e nella scuola.

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Sono alcuni di quei bambini che mostrano un “desiderio di libertà” particolarmente in-tenso, vogliono sempre deci-dere da soli cosa fare e dove andare, mentre i genitori, dal canto loro, vorrebbero pro-

teggerli. Sperimentano una varietà di difficoltà in attività routinarie che comprendono: prestare attenzione, inibire la distrazione, seguire le istru-zioni, rimanere seduti, aspet-tare il proprio turno, comple-tare i propri compiti in modo autonomo; a ciò si associa spesso prepotenza, caparbie-tà, ira e nervosismo, risultato di stanchezza e iperattività. Questa condizione può crea-re problemi di socializzazio-ne; può capitare che abbiano difficoltà a stabilire amicizie

repentinamente da un argomento all’altro e reagisce spontaneamen-te con una risposta oppositiva, con un’argomentazione contraria, mentre in realtà non riesce mai ad accettare o a ricordare tutto quello che non gli sembra logico o convincente.Il bambino affetto da DDAI soffre dei suoi sentimenti estremi e delle reazioni che provoca negli altri: è preda di forti emozioni, vive un travaglio di sentimenti, si sente solo e senza alcun aiuto, come se nessuno fosse veramente in grado di capirlo, tende a sottovalutarsi totalmente.I problemi di apprendimento e le mediocri performance scolastiche sono probabilmente le difficol-tà più comunemente associate

di Valentina Di nuzzo Psicologa, specializzanda in psicoterapia.

Si occupa di disturbi dell’apprendimento e di genitorialità.

circa il 4% della popolazione pediatrica è affetta dalla “Sindrome da deficit di

attenzione e iperattività” (DDAI).

con i coetanei, dai quali vengono definiti impopolari e sono signifi-cativamente più spesso rifiutati. A ciò il bambino con DDAI reagisce aggressivamente o deprimendosi, dando sfogo al proprio malumore. egli non possiede la capacità di valutare in modo riflessivo, tra-mite un’analisi sufficientemente approfondita dei pensieri; salta

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SPecIALe

l’iperattivitàche cos’è

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all’esperienza di un bambino iperatti scolastici e compor-tamentali portano inevita-bilmente a scontri all’interno del nucleo familiare. I conflitti sono caratterizzati da comu-nicazione problematica e da inadeguati comportamenti di risoluzione di essi. I genitori qualche volta perdono il con-trollo sui propri figli, che a loro volta, spesso, si adagiano per evitare sforzi e responsabilità e raggiungere così il loro sco-po. un buon ambiente rela-zionale è altresì fondamentale per curare la sindrome. Infatti, le persone che diventano per loro un punto di riferimento,

rappresentano un metro di giudizio per capire se il com-portamento è giusto o sba-gliato e, all’occorrenza, sono in grado di frenarlo.Il trattamento psicologico di un bambino DDAI si realizza su due fronti: da un lato se-condo un approccio compor-tamentale e dall’altro median-te un approccio cognitivo e meta-cognitivo i quali s’in-tegrano tra di loro. In questi approcci si lavora in termini riabilitativi sull’attenzione e sul controllo degli impulsi. Il trattamento della famiglia con corsi di parent training com-pleta efficacemente il percor-

so. famiglia e scuola devono, infatti, compiere uno sforzo di creare routine di vita quotidia-na, di predisporre un ambien-te non distraente, di creare un giusto equilibrio tra richieste educative e tolleranza per le difficoltà del bambino. Questa ultima parte è da considerarsi fondamentale per la riuscita del trattamento.

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SPecIALe

Iperattività bullismo:o

basti pensare al modo in cui vengono sminuiti o gestiti con superficialità, da genitori e insegnanti, fenomeni come il “bullismo” o vere e proprie pato-logie come il “disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD)”. Proprio riguardo a quest’ulti-mo, le statistiche attuali riportano che circa il 3-5% della popolazione in età scolare presenta questo tipo di disturbo. Le caratteristiche di questo tipo di patologia sono rappresentate da disattenzione, impulsività, iperattività. Si tratta, in questo caso, di una vera e propria patologia che come tale, ov-viamente, deve essere indagata (i sintomi devono essere presenti da almeno sei mesi, esordire entro i 7 anni, ed essere presenti almeno in due contesti:

casa, scuola); nella maggior parte dei casi però, la mancanza di preparazione di alcuni insegnanti uni-tamente alla scarsa attenzione dei genitori possono giocare un ruolo decisivo nella “cronicizzazione” del disturbo. una delle conseguenze più comuni, in questi casi, è l’isolamento e l’allontanamento del bambino dal “gruppo classe”, dovuto da un lato all’incapacità del bambino stesso di integrarsi nel gruppo dei pari e dall’altro dall’etichetta di “bambino cattivo” impo-stagli dall’insegnante. In questo caso, dunque, il “bambino irrequieto” è un bambino che non riesce a: rispondere in modo positivo a emozioni come la rabbia e la frustrazione, regolare il suo compor-

come distinguerli e come agire?

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Sono numerose le variabili comportamentali pre-sentate dai bambini in età scolare, molte di esse nascondono spesso delle problematiche ben più gravi di una semplice peculiarità caratteriale del bambino.

Psicologo dei processi cognitivi e del recupero funzionale.

di Guglielmo D’Allocco

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il “bullo” è un bambino che mette in atto comportamenti volti a nuocere volontariamente.

tamento motorio, rispettare le regole di convivenza sociale, avere un buon livello di autostima, essere motivato nell’impe-gno e nello sforzo. L’alunno irrequieto, però, può essere inquadrato con una altra etichetta, quella bambino aggressivo o bullo. Questa particolare manifestazione di aggressività è tipica della fascia d’età che va dall’età scolare fino alla preadole-scenza; il “bullo” è un bambino che mette in atto comportamenti volti a nuocere vo-lontariamente la “vittima”, generalmente un bambino più debole. Il copione è quasi sempre lo stesso così come i protagonisti della scena: un bullo, un assistente, i sostenitori, la vittima e uno o più “outsider” che osservano senza intervenire. Perché si pos-sa parlare di bullismo, però, è necessario che si presentino almeno tre caratteristiche fondamentali: disequilibrio di potere tra il bullo e la vittima, intenzionalità dei compor-tamenti aggressivi, e regolarità degli episodi (si ripetono con una certa frequenza e spesso con modalità diverse). Il problema è che il bambino iperattivo spesso non è affatto un bullo perché non agisce con l’intenzionalità di attaccare, ferire, umiliare la vittima ma semplicemente perché non controlla i propri impulsi. Sebbene l’azione finale possa essere perfettamente identica l’intenzionalità che ne è alla base è completamente diversa, richieden-do quindi trattamenti completamenti differenti. Il bullo agisce con volontà di far male, predispone le sue azioni, le programma, si nutre del rinforzo dei pari e del ruolo che assume nel gruppo dei complici che ruotano intorno ad esso. Il bambino iperattivo non ha alcuna capacità di far tutto essendo governato da forze disordinate ed avendo problemi proprio con la programmazioneLa percentuale di manifestazione di questo fenomeno in Italia cosi come nel resto dell’europa è molto alta e anche in questo caso le cause sono da ricercare nel rapporto “disturbato” tra le istituzioni responsabili dell’educazione

(famiglia, scuola) e il bambino. Diventa importante informare e sensibilizzare insegnanti e genitori al fine di renderli pronti a prevenire e, laddove fosse necessario, intervenire per gestire tali situazioni e soprat-tutto di apprendere a distinguere le due diverse problematiche; allo stesso modo è possibile intervenire sui bambini con specifiche tecniche che possano favorire o ripristinare la cooperazione e la collaborazione del gruppo classe (token economy,

circle time, cooperative learning) affinché l’emargina-zione degli “alunni irrequieti” non diventi la soluzione più comoda sia per i compagni che per insegnanti e genitori.

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Millestorie vuole favorire relazioni umane sane attraverso l’uso dei linguaggi espressivi. La pittura, il teatro, la manipolazione dei materiali, la musica, sono utilizzate da personale esperto (psicologi, educatori, psicoterapeuti) come strumenti per valorizzare l’individuo e le sue potenzialità. Seguendo metodologie specialistiche vogliamo offrire alla città la possibilità di apprendere competenze , stare insieme , ed esprimersi in un modo sano e divertente centrato sul valore della crescita interiore e dell’intelligenza.

Le Attività

Le nostre attività ricreative divertono e stimolano la crescita. Gli iscritti potranno ricevere in prestito LIBRI per bambini ed adulti,e partecipare alle CONFERENZE CON L’ESPERTO che affrontano temi culturali , l’educazione, la crescita umana, lo stare insieme sano.

Sono previsti percorsi specialistici nel corso dei quali esperti di settore utilizzano le tecniche di arte terapia per promuovere la creatività delle persone. Le tecniche usate saranno le seguenti: laboratori di materiali, narrazione di sé , musicoterapia, teatro, pittura, gioco relazionale.

CREATIVITA’EDUCAZIONE

CULTURA“Millestorie” per crescere si propone come luogo di aggregazione per il territorio offrendo spazio a chiunque voglia far crescere la comunità mediante Mostre, workshop, laboratori itineranti, presentazioni di libri, eventi folkloristici

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i DestinatariI costi dei percorsi si differenziano a seconda della tipologia, dei destinatari e delle professionalità impiegate. I percorsi inizieranno con un numero di almeno sei partecipanti

Attività per bambini dai 3 ai 5 anni e dai 6 ai 10 anni. I bambini saranno educati all’ascolto delle favole,alla loro comprensione, e all’espressione del loro mondo fantastico attraverso l’utilizzo di materiali semplici ( legumi, stoffe, carta ) . Conduttori : Angela Sarnataro , counsellor socio-educativo – Valentina Velleca , attrice

Il percorso “EmozionArte” rivolto agli adulti, propone esercizi pittorici per conoscere meglio sé stessi, riflettendo insieme ad un esperto sui colori utilizzati, le linee dipinte, sensazioni ed emozioni provate. Conduttore : Dott. Pasquale Borriello, psicologo esperto in linguaggi espressivi

Favole da toccare EmozionArte

Ciclo di incontri nei quali un esperto di arte e creatività e uno psicologo discutono sui benefici dei linguaggi artistici per l’educazione di bambini e adulti .

Conversazioni sulla fantasia e la creatività

Prossimi Appuntamenti

Millestorie OFFICINA DELLE EMOZIONI

Sede : via Marchesiello 125, parco Urbano , Caserta

Per informazioni : tel 333 6664686Mail : [email protected]

siamo su facebook: Millestorie Officinadelleemozioni

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fAMIGLIA

Internet familiare?

uccide

Vera Schiavazzi racconta, su Repub-blica del 17 gennaio, l’allarme che in quel continente si va sviluppando per l’uso smodato d’internet e dei social network. La comunicazione in famiglia sta morendo, dice l’articolo, soppiantata da una sempre mag-giore sosta delle persone davanti al computer. In Italia il tempo trascorso davanti ad un computer per chatta-re o connettersi raggiunge la media delle 6 ore e 7 secondi al giorno mentre gli usa ci sorpassano per soli 9 minuti (6 ore e 13 secondi). Un quarto della giornata passato in una dimensione virtuale! Circa 30 milioni d’italiani vivono sempre connessi a Internet, il 38% per motivi di lavoro, un 9 % utilizzando telefonia mobile. Un altro 30 per cento d’italiani sa-rebbe disposto a visitare di più inter-net se solo costasse meno. un feno-meno dilagante che si accompagna a un corteo di problemi. negli uSA, ma anche in altri paesi, compreso il nostro, vanno dilagando fenomeni di dipendenza da Internet. Persone che trascorrono intere giornate in

un vuoto virtuale scorrazzando nel web fino ad annullare completa-mente la loro vita relazionale reale. In Giappone circa un milione di per-sone è scomparso dalla vita attiva sociale vivendo chiuso nelle proprie stanze incollato allo schermo, soli-tamente alle prese con videogiochi seguiti da vere e proprie comunità di partecipanti. Il fenomeno deve aver preso piede anche dalle nostre parti se capita sempre più spesso allo psicotera-peuta di ricevere richieste di con-sulenze da genitori preoccupati, se non disperati, perché hanno sempre più difficoltà a schiodare i figli dallo schermo del pc. certo non bisogna demonizzare le nuove tecnologie perché esse possono essere risorse importanti per lo sviluppo della co-noscenza e dell’intelligenza. come non vivere con preoccupazione i dati che abbiamo appena citato? Quali sono i segnali che indicano che si sta sconfinando da un uso saggio delle nuove tecnologie a un loro uso non consono alla salute

psicologica? come tutte le forme di dipendenza il percorso che porta nell’abisso è lento e subdolo. così, vale la pena di chiedersi se ci ritroviamo a man-dare sms e mail durante i pasti, dormire con il cel-lulare vicino, guardare computer e tv insieme, uscire sempre meno per dedicarsi al computer, leggere o spedire sms mentre si guida, arrabbiar-si se qualcuno ci distoglie o ci rimprovera per questi eccessi. nessuna di queste azioni, da sola, è un segnale di dipendenza ma se diverse di esse hanno preso parte stabile della vostra vita, è necessario cominciare a preoccuparsi.una particolare attenzione va riservata ai bambini, particolar-mente vulnerabili a questo tipo di problema perché possono in questo modo sopperire a una solitudine o a una difficoltà di costruire relazioni interpersonali, confrontarsi con gli

il dialogo

di Pasquale borriello

Gli Stati uniti, è noto, anticipano costumi e usanze che ben presto

sbarcano anche nel nostro paese.

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amici, vincere timidezze e paure. Spetta ai genitori e agli educatori essere attenti e individuare preco-cemente i segni di un uso eccessivo delle tecnologie e dei media. Atten-zione! Le tecnologie sono ottime badanti, tengono i bambini buoni e tranquilli per lungo tempo, creando una sensazione di tranquillità e di pace appetibili per tanti genitori stanchi e stressati dal lavoro. Il prezzo di tutto ciò potrebbe essere un giovane che si rifiuta di entrare nella vita e che sarà fonte di ben al-

tre e meno gradite preoccupazioni. e’ consigliabile curare il più possibi-le la socialità dei bambini cercando di sottrarli a un uso eccessivo del computer. Il computer crea realtà virtuali in cui la pressione di un pul-

san-

te permette di dominare le emo-zioni a proprio piacimento. La vita reale non è così! I problemi non scompaiono con la velocità di un “click” ma richiedono di essere affrontati, con fatica, forza, a volte dolore. forse per questo si preferisce la realtà virtuale, che per definizione non è la realtà della vita ma un suo surrogato.

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di Gino Aldi

L’eterna giovinezzaQuando si diventa adulti? Quan-do possiamo dire che una perso-na è matura per prendere il peso della vita sulle proprie spalle?

fAMIGLIA

una domanda di non semplice risposta giacché i canoni di valu-tazione sono cambiati al punto di rendere difficile la risposta. non vi è, infatti, un canone assoluto che consenta di definire quando si è effettivamente adulti ma ogni società elabora i propri miti e i propri riti per indicare un possibile percorso che permetta ai giovani di acquisire lo status di persona matura. nell’antica Sparta a sette

anni si veniva sottratti alle fami-glie e si cresceva con i coetanei fino ai trenta anni per incarnare il modello adulto e diventare solda-ti, cioè uomini. Solo a quel punto era permesso sposarsi e far vita propria. A Roma invece s’indos-sava la toga virile a sedici anni e il gioco era fatto, da un giorno all’al-tro si era uomini. fino alla metà del ‘900 l’adolescenza era una fase transitoria della vita, un tempo di apprendistato che avrebbe di lì a poco portato la persona verso l’essere uomo, cioè una persona in grado di badare a sé stesso e di assumere i doveri della vita adulta:

ponderazione, equilibrio, ocula-tezza e capacità di pianificare il proprio destino e quelli dei pro-pri cari. nei nostri tempi

è difficile identificare un momento di transizione, un rito di passag-gio, che crei una linea di demarca-zione tra adolescenza e maturità. Molti quarantenni di oggi sono alle prese con dissidi, problemi, confusioni, blocchi esistenziali, tipici dei ventenni. non sono i figli che si sforzano di assomigliare ai padri, ma sono i molti padri che sembrano essere simili ai propri

figli con il corre-do di orecchini, tatuaggi, orpelli, giochi elettroni-ci, gusti musicali e tanto altro. Si dilata sempre più il tempo

della giovinezza o meglio il mito della giovinezza e l’appuntamento con l’età delle responsabilità viene sempre più posticipato. A correg-gere i segni inesorabili del tempo ci pensa la chirurgia plastica che negli ultimi tempi ha vissuto una vera e propria età dell’oro con un boom di richieste inimmagina-bile fino a poco tempo fa. e così la giovinezza diventa eterna e la maturità, ancor peggio la vecchia-ia, vengono esautorate del loro spazio, nascoste dall’effetto pla-smante del botox o del lifting, del trucco pesante. In questo modo anche i cinquantenni sono giovani

ed i sessantenni sembrano essere timidi adolescenti che si affaccia-no alla vita. c’è da chiedersi se tutto questa faccia davvero bene alla salute psichica delle persone o lasci un amaro senso di vuoto. Se tutte le morti ci appaiono insopportabili quelle dei bambini e dei giovani lo sono ancor più perché una vita si interrompe prima ancora di aver compiuto il proprio ciclo natura-le. e’ davvero accettabile che si chiuda la propria vita senza esser mai cresciuti? Ancor più rilevante è il riflesso che questa mentalità diffusa ha sull’educazione. come faranno genitori e insegnanti ad educare i propri figli alla responsabilità e all’impegno se il messaggio dell’e-terna giovinezza, della possibilità di una vita disimpegnata, diventa prevalente? forse è il caso che gli educatori riscoprano, in sé stessi e nei propri figli, delle linee di demarcazione capaci di segnare il confine tra il tempo delle mele ed il tempo della propria autorea-lizzazione. e’ il caso che si progetti l’educazione pensando alle com-petenze e alle capacità neces-sarie a fronteggiare un mondo complesso e difficile che le nuove generazioni dovranno abitare e governare. Avremo così gene-razioni più impegnate e meno confuse, più capaci di affronta-re la complessità della vita ma anche di godere del frutto dei propri sforzi e del proprio lavoro. una generazione alla fine più serena e meno smarrita.

dei nostri tempi

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ScuoLA

un paeseleggere

che

Tutte le testate giornalistiche de-nunciano una flessione di vendita notevole, perfino quelli sportivi (-7,2%) che pure hanno costituito per anni l’appuntamento di una utenza di matrice popolare. non solo i quotidiani se la passano male ma anche i settimanali (-4,7%). Reg-gono l’ondata di urto il genere gos-sip e femminili, ma quelli di attualità politica ed economica perdono circa il 10,2% di vendite. Lo stesso accade per i mensili (-7,7%). Infine i libri, in un paese già non avvezzo alla lettu-ra, calano del 9,4%.Insomma siamo un paese che sta imparando a non leggere più. Si preferisce il consumo spiccio di notizie raccolte attraverso radio e televisione che però utilizzano canali di fruizione completamente diversi. La lettura, infatti, propone notizie in una forma elaborata ed organizzata e richiede attenzione e concentrazione. I media rendono l’utente passivo più simile ad una spugna assorbente che ad una per-sona intenta a meditare. La lettura

favorisce il senso critico, pone nella condizione di riflettere, di costruirsi una propria idea, di dedicare un tempo alla elaborazione del dato. non si può leggere e parlare, legge-re e chattare, leggere e guardare la tv! Si può invece guardare la tv ed ascoltare la radio, guardare la tv e fare zapping, guardare la tv e parlare con il collega. I mezzi, insomma, si fruiscono in forma diversa e produ-cono effetti diversi. Lo diceva già McLuhan trenta anni or sono. Perdere la lettura significa perdere un patrimonio immenso. La lettura organizza il pensiero, trasmette saperi in una forma strutturata. I me-dia ed internet trasmettono saperi frammentati. Allo stato attuale non si riesce a vedere nessuna vantaggio nel sostituire il leggere con il video, sebbene quest’ultimo sia un mezzo efficace di educazione e di veicola-zione dei saperi. Leggere però resta una esperienza unica ed insostitu-ibile. Specie se ci guardiamo alla tradizione letteraria che ha codifi-cato la ricerca di senso dell’intera

umanità in opere memorabili ed insuperabili per il loro valore forma-tivo. Vi sono segnali forti dei guasti generati dalla mancata lettura. chi non legge finisce poi per non saper scrivere. Molti giovani sintetizzano il linguaggio fino a stropicciarne la grammatica e la sintassi. I codici si riducono al minimo e assumono forme incomprensibili a chi non è del settore: “tvb” significa “ti voglio bene”, “cmq” vuol dire “comunque”, “x te” indica “per te”. e’ la logica del risparmio, del dirsi tanto in poco tempo e in poco spazio. Il rischio è che anche il pensiero si riduca ad enunciazioni, sigle, sintassi leggere, allocuzioni brevi. Si finisce per pensare come si scrive, anzi come non-si scrive e non-si legge: per sentito dire! così il taglia ed incolla impera nelle coscienze creando l’illusione che un verso di Dante corrisponda a conoscere la divina commedia, l’enunciazione di una legge fisica significa aver com-preso la fisica, un verso di amore significhi amare. Si ama con la stessa

non sapiù

di Gino Aldi

A leggere il rapporto CENSIS 2010 si scopre in forma codificata ciò che un osservatore attento percepisce nella quotidianità: nel

nostro paese non si legge più.

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brevità con cui si scrivono sigle: per un giorno, tra una cosa e l’altra, tra un consumo e l’altro. e pensando con questa leggerezza ci si avvia verso il futuro con la convinzione di aver compreso la vita ed il mondo, che alla fine c’è sempre una risposta prèt a porter, veloce, leggera, da cercare su google, per ogni proble-ma dell’esistenza. La lettura invece chiede disciplina al lettore. Leggere significa interpre-tare, sforzarsi, conoscere. Richiede tempo ed ancor più richiede un atteggiamento mentale umile, la consapevolezza che c’è tanto da imparare, la necessità di macinare i contenuti dentro di sé fino ad averli davvero compresi. e anche quando si sa, si sa solo in parte ed ancora poco perché sterminate sono le possibilità di approfondimento. Insomma leggere permette un accesso alla cultura più rispettoso della complessità, della necessità di approfondire, di avvicinarsi al senso che il sapere veicola e meno alle sigle. Soprattutto leggere valorizza il senso della narrazione che non è propriamente una sequela di notizie messe in fila ma un raccon-to, l’essenza di un vissuto che il narratore propone al lettore e che per sua natura può essere riassun-to ma mai siglato. La scuola

deve recepire questo allarme! Insegnare ad amare la lettura è una priorità che dobbiamo inserire nell’agenda delle agenzie educati-ve. non lo si ottiene con il canonico libro assegnato distrattamente agli alunni e letto in maniera altrettanto distratta (semmai esso venga letto). bisogna costruire progetti intorno alla lettura, riti che la rendano inte-ressante e piacevole. Ricordo con piacere che per lunghi anni, sia in scuola media che in scuola superio-re, leggevamo il giornale in classe. un appuntamento di discussione che insegnò a molti di noi a leggere il quotidiano, un’abitudine non più persa. Scoprire che la generazione dei miei colleghi più giovani non legge mai un quotidiano è stato uno schock. e’ un po’ come vivere in un mondo che non si conosce. eppure è la condizione di molti giovani e meno giovani del nostro tempo. Diversi sono i

percorsi possibili per rianimare il desiderio di lettura, il primo dei quali è quello di stimolare la ricerca di senso. Si legge un libro perché ci sono domande inevase, risposte non ancora esaustive. Dedicare tempo in classe, attraverso atti-vità specificamente pensate, alle domande di senso può indirizzare i ragazzi verso la ricerca. un progetto che ha dato molta soddisfazione con i ragazzi del liceo scientifico Garofano di capua è stato quello di trasformarli in persone capaci di narrare e raccontare sé stessi attra-verso la poesia. Giocare con le paro-le, dopo aver vinto la paura iniziale, ha fatto scoprire il valore immenso del linguaggio come possibilità di incontro e conoscenza reciproca. Gli autori di libri appaiono allora final-mente per quello che sono: persone che desiderano incontrare il nostro sguardo per raccontarci qualcosa della nostra comune esistenza.

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ScuoLA

Il metodovideo education

della

Usare il video come stru-mento educativo è partico-larmente importante in una società sempre più mediati-ca, nella quale i processi di acquisizione della conoscen-za non seguono più i ritmi ed il rigore della scrittura ma i tempi ed i modi caotici e frammentati del linguaggio analogico.

usare il video significa apprendere un suo critico di questo complesso linguaggio ma anche scoprir-ne le potenzialità: la forza con cui evoca emozioni e la possibilità di raccontare e raccontarsi attraver-so esso. La produzione di un video in ambito edu-cativo deve rispettare almeno due finalità fonda-mentali: da un lato la realizzazione di un prodotto efficace, dall’altro deve avere un riflesso educativo su chi lo produce e su chi ne fruisce. Vista in questa prospettiva sia il video (come prodotto finale) sia le attività in itinere sono ugualmente importanti. Ma da un punto di vista formativo ed educativo le situazioni problematiche affrontate durante il per-corso sono le più significative; nel senso che ogni fase della produzione del video diventa l’occasione per ampliare le proprie consapevolezze.

di Maria RussielloPsicologa, Psicoterapeuta. Si occupa del coordinamento delle scuole dell’infanzia e del Centro età

evolutivo di Zetesis . Ha lavorato presso comunità minorili di area penale. Si è specializzata presso la SIPI (Società Italiana Psicoterapia Integrata). Svolge attività di formazione per genitori e docenti.

nella Scuola Primaria

PERCHE’ LA SCELTA DEL VIDEO?

Il progetto qui proposto è stato svolto in una scuola elementare la cui committenza si proponeva di far acquisire concetti e competenze agli allievi tramite un laboratorio espressivo che li aiutasse a cono-scere il proprio mondo emotivo. Si è preferito fin dal primo momento l’uso del videotape perché la recita teatrale, classicamente utilizzata in questi casi, presuppone un iter di lavoro (preparazione della sceno-grafia, copioni da imparare, scene da provare più volte) che finisce per privilegiare, visto il poco tempo a di-sposizione, l’aspetto contenutistico

ed organizzativo ponendo inevita-bilmente in secondo piano l’obietti-vo progettuale: possibilità di lavora-re con i bambini prevalentemente sugli aspetti psico – relazionali. Abbiamo preferito invece lavorare sugli aspetti emotivi in altro modo. Le riprese infatti possono essere viste e aggiustate in corso d’opera e i bambini possono così acquisire senso di autocritica sull’uso del mez-zo, su come si presentano agli altri, sulla efficacia dei messaggi, anche non verbali, sulle regole da rispet-tare, sull’ansia del mettersi in gioco, sulla capacità di narrare di sé.

nella produzione di un video si or-ganizza un team di lavoro in cui c’è il regista, lo sceneggiatore, l’addetto alle riprese, il responsabile della produzione, l’attore. In questo modo è possibile lavorare sulla capacità di pianificare, organizzare, lavorare in gruppo avendo chiaro che il lavoro responsabile di ciascuno concorre al risultato finale.Il progetto inizia con l’esplorazione di tematiche inerenti l’emotività e le relazioni interpersonali. I bambini discutono, individuano argomenti di loro interesse, sviluppano una ricerca mediante strumenti di osser-

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vazione ( intervista, analisi di situazioni, acquisizione di dati). Il conduttore aiuta questo processo attraverso la sommi-nistrazione di stimoli specifici (esercizio corporeo, narrazione di una favola tema-tica, foto o filmati….) che contribuiscono a “far fare esperienza”. La discussione in gruppo per condividere le difficoltà e i vissuti emotivi emerse durante l’attività diventa poi il punto centrale del pro-cesso. ogni incontro si conclude con un momento di narrazione di sé, che viene consolidato con la stesura di un “diario di bordo” in cui venigono raccolti i vissuti, i commenti e le difficoltà rispetto alle attività svolte.

Il percorso si è articolato te-nendo presenti alcuni obiettivi cardine:

1. Lavoro sulla consape-volezza dei propri vissuti corporei ed emotivi: utilizzan-do giochi e tecniche sul lavoro corporeo che mirano a poten-ziare la conoscenza dei vissuti emotivi e la percezione dell’altro. Gli esercizi accrescono in ogni bambino la conoscenza del pro-prio essere psicofisico favorendo la memoria delle sensazioni e la produzione fantastica.

2. Lavoro sulle tecniche di animazione teatrale: si svolgo-no esercizi che educano al saper costruire un messaggio scenico. Il programma prevede esercizi per fornire regole di comporta-mento (come rispettare gli spazi, come usare la voce, tecniche di improvvisazione, il rapporto con i compagni, il corpo in relazione: le distanze, le interazioni, l’uso degli spazi…) . L’obiettivo è far comprendere come il corpo costituisca una fonte ricchissima di informazioni nella comunica-zione umana.

3. Lavoro sulla narrazione di sé: punta a sviluppare le com-petenze basilari affinché cia-scun allievo possa accedere alla narrazione di sé: quindi saper individuare le emozioni, saper narrare il proprio sé emotivo, saper costruire un messaggio che parli di sé. Per stimolare la consapevolezza emotiva vengo-no proposti esercizi che inse-gnano a tradurre una sensazione fisica o emotiva in linguaggio figurato. Si presentano giochi e favole tematiche per insegnare a riconoscere e a verbalizzare le emozioni primarie (rabbia, pau-ra, tristezza, gioia) e trovare delle

modalità per poterle raccontare (diventando loro stessi inventori di favole tematiche, creando delle piccole sceneggiature)

4. Il montaggio è il momento in cui si scopre la grammatica del video, la possibilità di parlare attraverso immagini selezio-nando e costruendo un filo conduttore per chi ci ascolta e ci guarda. Il bambino apprende ad evocare emozioni con la forza delle immagini e comprende in maniera implicita quanto questo linguaggio sia importante nella vita quotidiana.

con questo strumento il bambi-no si riappropria di uno spazio per raccontare sé stesso. Gran parte del lavoro consiste nel superare le inibizioni e scoprirsi autori di una trama narrativa che parte dalla propria personale esperienza di vita. Il prodotto finale, non sempre di grandis-sima qualità “tecnica”, se non si ha l’ausilio di un esperto nell’u-so di videotape o se si usa una banale videocamera, è invece di altissimo valore educativo perché restituisce alla scuola bambini entusiasti di raccontare, più capaci di utilizzare la plura-lità dei linguaggi espressivi, più consapevoli del proprio mondo interiore. non ultimo va consi-derata la funzione catartica che il percorso ha per quei bambini “con problemi”. In questo caso l’atmosfera del gruppo, lo sguardo del conduttore, la possibilità di trovare una collocazione nella costruzione del progetto assumono una vera e propria funzione curativa.

Come funziona?

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PeRcoRSI

Emozionicolori

e

e’ possibile creare un canale di co-municazione attraverso il disegno o la pittura. Questo argomento fu approfondito dallo psicologo svizzero Max Luscher che teorizzo la relazione tra colore ed emozioni. In particolare osservò l’esistenza di colori, in grado di attivare reazioni corporee di eccitazione (rosso, giallo, ecc.), mentre altri sono in grado di indurre il rilassamento del corpo ( blu, azzurro, ecc. ). Esiste quindi una relazione tra emozione ed eccitamento corporeo che può influenzare la scelta di un deter-minato colore o essere influenzata dall’azione che il colore ha sulla

psiche. In questo senso la scelta di uno o più di essi rivelerà se la persona è tesa o meno, spaventa-ta, arrabbiata o triste. “Il test dei colori”, M. Luscher, Astrolabio )benché diversi studi hanno messo in luce che la simbologia del colo-re varia a seconda della cultura di riferimento è possibile identificare delle caratteristiche trasversali a tutte le culture che permettono di stilare un piccolo dizionario del simbolismo dei colori. Per maggiori informazioni è possibile consultare il testo “ Il bambino nella pioggia “ di Guido crocetti edito da Armando editore oppure

“ Laboratorio colori “ di Marielle e Rudolf Seitz edito da erickson. Questi principi possono valida-mente essere utilizzati per stimo-lare la espressività emotiva del bambino (ma anche dell’adulto). occorre creare un atteggiamento giocoso e rispettoso che faccia sentire il bambino libero di espri-mere tutta la sua energia emotiva in un disegno. L’adulto osservando i colori del disegno, ascoltando le sue parole e chiedendogli di rac-contare cosa ha disegnato, potrà comprendere le sue emozioni e capire come relazionarsi ad esso.

Molti psicologi hanno studiato la relazione che esiste tra i colori e le emozioni umane sviluppan-do diverse teorie caratterizzate tutte da una con-vinzione comune: la scelta di un colore esprime l’

emozione provata in un dato momento.

di Pasquale borrielloPsicologo, specializzando in psicoterapia.

Si occupa di arte terapia e percorsi creativi.

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Ci occupiamo di orientare le persone perché sappiano costruirsi una vita psicologica sana. Lo facciamo lavoran-do su bambini ed adulti, promuovendo risorse e competenze per star bene, e aiutando persone che vivono difficoltà psicologiche.

Zetesis si occupa di:

ApprendimentoRecupero scolastico specialistico

Difficoltà di apprendimento

comportamenti problema del bambino

bambini iperattivi

bambini o adolescenti oppositivi o aggressivi

Progetto vita per bambini down

Famiglia Sportello famiglia

Percorso di crescita per genitori

Psicoterapia della famiglia

Psicoterapia della coppia

Comunitàformazione alla relazione educativa

corso di formazione per counselor educativo

Start up per lo sviluppo di scuole dell’in-fanzia che seguono il modello zetesis

officina delle emozioni per lo sviluppo della creatività e di un interiorità sana.

zetesiscoop. Sociale a.r.l.Via Piave, 7 - CasertaTelefono : 0823452842fax : 0823452049email : [email protected]

ZetesisCoop Sociale a.r.l.

consigli per un laboratorio di pittura con il proprio bambino obiettivo: aiutare il bambino ad esprimere la propria spontaneità e a narrare i suoi vissuti emotivi. Materiali:carta da pacco color avana Scotch cartaPennelli a punta tonda morbidaTempere: giallo, magenta, blu, bianco, nero fogli bristol 50x70 carta assorbente Piatti di plasticaMusica classica, particolarmente indicata è la musica del periodo romantico: chopin, Liszt, Debussy .

Allestimento dell’attività Rivestire il tavolo con la carta da pacco, mettere sul tavolo i pen-nelli, le tempere e la carta assorbente che servirà alla fine per poter ripulire le proprie mani ed eventuali tracce di colore. Munirsi di riproduttore stereo.Attività 1. Avviare la riproduzione della musica, non tenete il volume troppo alto, fermatevi qualche minuto ad ascoltare la musica chie-dendo al vostro bambino di imitarvi. 2. Dopo qualche minuto, chiedete al bambino di scegliere un colore e iniziare a disegnare liberamente senza il vincolo dover rappresentare qualcosa. Deve solo toccare il colore e dipingere mediante gesti spontanei.3. Alcuni bambini possono inibirsi di fronte a questo compito. In questo caso potete iniziare a dipingere voi per rassicurarlo.4. Guardate il colore scelto dal bambino, verificate se è con-gruo all’emozione che esprime il suo viso durante l’attività . 5. chiedetegli conferma dell’emozione che prova con una domanda diretta: sei triste ? arrabbiato ? ecc. e’ un modo per aiutarlo a parlare della propria emozione. Qualora il bambino non sappia identificare cosa sta provando potete dare voi parole alle sue emozioni. Se il bambino mostra di non voler parlare di sé lasciatelo tranquillo a continuare la sua esperienza.6. Qualora il bambino si racconti, verificate se quello che dice è congruo alla reazione che osservate voi, vi accorgerete che ciò non accade sempre . Altre domande vanno fatte per comprendere il significato che dà al colore: come mai usi il rosso ? cosa stai disegnando con il rosso ? conclusioniL’attività va svolta più volte nel tempo, perché il bambino cosi potrà sviluppare la capacità di narrare i suoi vissuti interiori con più facilità.Attraverso essa scoprirete un ottimo canale di comunica-zione che vi permette di conoscere vostro figlio attraverso il gioco e permetterà a lui di raccontarsi attraverso il disegno.

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di Maria Russiello

Essere Genitori

L’esperienza genitoriale è carica di pregnanza emotiva. crescere un figlio è una esperienza unica ed irripetibile, capace di suscitare emozioni intense e profonde, sia di gioia che di dolore.

PeRcoRSI

non solo la gioia per la nuova vita che ospitiamo tra le braccia ma anche l’ansia, la preoccupazione, a volte l’angoscia di non sentirsi all’altezza del compito o di veder svanire il sogno di una crescita serena a cau-sa di problemi che si presentano lungo il cammino. Diventare genitori è una profonda esperienza psico-logica che nulla ha a che vedere con gli accadimenti biologici che portano alla nascita di un bambino. Si può essere amorevolmente genitori di figli non propri (accade all’insegnante o all’educatore che ama pro-fondamente il proprio mestiere) e si può non essere genitori dei propri figli, perché mai li si vede con gli occhi e la responsabilità di chi si deve prendere cura di essi. Si è genitori quando si accetta di vivere il compi-to di accompagnare una nuova vita verso la propria autorealizzazione personale, verso il proprio futuro.Se genitori si diventa è pur vero che i percorsi che portano a concretizzare questa esperienza son diven-tanti sempre più tortuosi e complessi perché i punti di riferimento che codificavano l’educazione non sono più così chiari come un tempo. Il genitore dei nostri tempi non sempre trova risposte alle proprie inquie-tudini, non ha sempre chiaro come deve relazionarsi, quale scelta educativa sia più opportuna. La pluralità dei messaggi veicolati dai media, la profonda crisi di autorevolezza che gli adulti stanno vivendo e la perdita di un senso dell’etica che attraversa in maniera viscerale la società rende difficile trovare risposte. Il genitore del terzo millennio si scopre così solo preso da interrogativi di non semplice soluzione. I percorsi per genitori sono uno strumento di in-tervento psicosociale particolarmente importante per fronteggiare la crisi e la fatica della genitorialità. essi hanno lo scopo di attivare le risorse che ciascun

adulto impegnato nell’educazione possiede. essi sono organizzati e studiati per restituire al genitore la bel-lezza e la grandezza del compito in cui sono immersi. Se ben condotti non forniscono ricette magiche, non prescrivono comportamenti, ma insegnano a pensare in termini di progetto educativo. Perché l’educazione è sempre l’estrinsecazione di un progetto di cui occor-re assumersi la responsabilità ed il peso. Attraverso gli incontri, di solito a cadenza settimanale, si scopre che dentro ciascun adulto impegnato nell’educare vi è un mondo di speranze, sogni, progetti, desideri, rivolti al proprio figlio. e’ questa energia vitale che spinge all’impegno e ci permette di “generare” una persona che avrà dentro di sé qualcosa di noi e sarà comunque meravigliosamente diversa da noi. un buon percorso genitori cerca di stimolare a non aver paura di assu-mere delle posizioni, ad essere portatore di valori e di competenze, convincendo che solo attraverso esse il futuro bambino diventerà un uomo compiuto. L’esperto si pone quindi in posizione maieutica, cer-cando di tirar fuori le risorse dell’adulto, suggerendo percorsi, proponendo modi opportuni di comunicare ma rispettando sempre la necessità di ciascun geni-tore di trovare il proprio modo di crescere i figli. La condivisione in gruppo, il conforto del confronto, il lavoro rispettoso dell’esperto, diventano un toccasana per una generazione smarrita ma ricca di potenzialità.Dedicare due ore alla settimana o ogni quindici giorni per riflettere insieme può rivelarsi un’espe-rienza di grande ricchezza interiore capa-ce di donare serenità e gioia. un ottimo regalo da fare a sé stessi prima ancora che ai propri figli.

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La matematica

L’apprendimento della matemat-ica è uno degli scogli più difficili da affrontare per un bambino. Il primo e più immediato canale di apprendimento per aiutarlo in questo compito è l’area senso -motoria.

IL MeGLIo DI LoRoDIDATTIcA

Il bambino apprende più efficacemente mediante l’e-sperienza e quindi l’utilizzo del corpo diventa essen-ziale. Questo metodo permette di non approcciare la matematica in maniera astratta, partendo diretta-mente dal simbolo e facendo uso semplicemente di carta e penna come nella maggior parte delle scuole, ma consente al bambino di fare esperienza, di agire nel mondo circostante e, dopo aver agito, di pensare alle azioni fatte con il corpo, di interiorizzarle e di riuscire ad eseguirle mentalmente. Quindi prima di conoscere i numeri, di ordinarli e confrontarli, prima di misurare lunghezze con unità di misura convenzionali, è fondamentale portare i bambini alla conoscenza del corpo. e’ necessario fargli riconoscere e denominare le parti del corpo prima su di sé, poi sugli altri ed infine su un’immagine. ciò, naturalmente viene fatto mediante dei giochi molto divertenti; tra di essi ce ne sono due molto carini:

il primo consiste nel porre il bambino davanti allo specchio e fargli nominare le parti del corpo indicate dall’insegnante e che può vedere riflesse; il secondo, invece, consiste nel far mettere i bambini uno di fron-te all’altro e a turno ciascuno fa lo specchio dell’altro, eseguendo lo stesso movimento. Questo metodo più esperienziale agevola i bambini nell’apprendimento della matematica poiché giocano e si divertono ed ha il pregio di avviarli a sentimenti di piacere nell’affron-tare temi di natura matematica in opposizio-ne a quanto più spesso capita (repulsione, odio e antipatie indotte nei confronti della matematica fin dai primi anni di scuola).

con ilcorpoPedagogista.E’ responsabile della scuola dell’infanzia “LA Ghianda”. Si occupa di difficoltà di apprendimento e di metodologie didattiche.

di Maria Magliulo

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di Maria RussielloPsicologa, Psicoterapeuta. Si occupa del coordinamento delle scuole dell’infanzia e del Centro età evolutivo di Zetesis . Ha lavorato presso comunità minorili di area penale. Si è specializzata presso la SIPI (Società Italiana Psicoterapia Integrata). Svolge attività di formazione per genitori e docenti.

eSeRcIzIo

Le parole non dette

Non sai piùin quale parte della mentepuoi stiparele parolenon dette:se ne pronunci una,basta che sia vera,forse si aprirannooceani di abbracciche colmerannobaratri di solitudine.M. Cortese

IL MeGLIo DI LoRoEDUCAZIONE SOCIO-AffETTIVA

Jungh parlava di “OMbRA” per spie-gare che le persone possiedono parti di sé nascoste nell’oscurità del proprio essere.non è facile dare parola a queste parti nascoste.Le esperienze emozionali profon-de, specie se temute, non riescono ad essere sempre tradotte in pa-role. A volte le parole servono per dare nome a quello che proviamo,

altre volte le usiamo per allonta-narci dai nostri vissuti emotivi, possono essere il velo che nascon-de il nostro mondo più profondo. Questo esercizio, proposto in gruppi per adolescenti o in gruppi di consapevolezza per adulti, ha come obiettivo di fare in modo che i partecipanti esplorino le parti di sé stessi che negano, trascurano o nascondono agli altri e le ragioni

per cui questo avviene.Le persone vivono meglio se ac-quisiscono una maggiore consa-pevolezza di sé, delle paure e delle difficoltà che possono ostacolare una buona relazione. ogni parte nascosta diventa, infatti, un pezzo di solitudine, un’area che non si può condividere e vivere con la sensazione di sentirsi pienamente accettato per come si è.

• Si chiede di segnare nella par-te in ombra quali sono gli aspetti che tendiamo a non far vedere agli altri, che non ci piacciono, che riteniamo inopportuni.• Viceversa nella parte chiara quelle parti che non abbiamo difficol-tà a manifestare. • La scheda così compilata servirà nella seconda fase per attiva-re una discussione di gruppo in cui i partecipanti possono confrontarsi sui temi emersi, sulla fatica di svelarli e condividerli. Ma anche sul fatto che proprio la condivisione diventa un punto di forza, si può scoprire che cer-ti sentimenti, certe emozioni, … sono comuni, accompagnano anche gli altri e forse, proprio per questo, diventano più sopportabili e manifesti. Si inse-

gna così il valore di condividere paure e difficoltà, elemento essenziale del benessere psicologico.Discutere dell’ombra significa discu-tere di come e perché soffochiamo nell’oscurità alcuni aspetti di noi stessi e di come possiamo imparare a sve-larci nella tolleranza dell’incontro con l’altro. Significa anche comprendere che l’oscurità appartiene a tutti e ci accompagna nella vita come dimen-sione dell’imperfezione, della impossi-bilità di realizzare un ideale di sé e del mondo ma della possibilità di vivere concretamente quel che si è e si cerca di essere. e’ questo sforzo di pe-renne miglioramento che deve diventare valore condiviso.

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di Iolanda falanga

Educare alla FiduciaL’essere umano, per sua specifica natura, è esposto, più delle altre creature viventi, al rischio e le speranze di sopravvivenza sono legate soprattutto alla cura che di lui avranno gli altri esseri viventi a partire dai genitori.

IL MeGLIo DI LoRoMeToDI

In questo momento storico, il periodo di permanenza in famiglia e la conseguente dipendenza dai genitori ha rallentato nei giovani l’acquisizione di fiducia in sé stessi, perché più tardi si verifica la necessità di prov-vedere da soli alla propria ‘’sopravvivenza’’.non fa meraviglia quindi rilevare che ciò che si cerca in questo tempo è soprattutto sicurezza.Anche in politica la sicurezza è il pilastro dei program-mi che si propongono di attuare i governi. Senza la garanzia di sicurezza per i propri cittadini, uno Stato smette di essere uno Stato.ecco spiegato perché l’insicurezza è il fattore princi-pale dell’instabilità politica, l’altro nome dato alla crisi che si è generata in questo periodo, l’apripista per sentimenti quali sfiducia, diffidenza, paura.La paura purtroppo ci impedisce di guardare con chiarezza alla realtà, limita la nostra capacità di agire e reagire alle difficoltà, ci spinge alla fuga. e così non si riesce a ragionare a dialogare, a costruire.c’è però un modo per riacquistare fiducia, l’essere umano ha, per la precisione, tre strategie: le relazioni che instaura con gli altri esseri umani caratterizzate da cura e solidarietà, il potenziamento delle proprie capacità fisiche e intellettuali, l’interazione e profonda conoscenza con l’ambiente in cui è inserito.Innanzitutto la relazione con l’altro crea le basi per

un rapporto fiducioso con il mondo che non viene percepito come ostile ma affidabile, è nelle relazioni serene e positive che possiamo scoprire le nostre possibilità, divenire competenti e mettere a dispo-sizione le nostre abilità per dominare gradualmente l’ambiente circostante.In questa prospettiva, potrebbe inserirsi un percorso di educazione alla fiducia seguendo proprio le tre direttrici testé enunciate: scoprire le relazioni come fonte di fiducia, sviluppare armonicamente le proprie capacità fisiche, mentali, spirituali, acquisire maggio-

re familiarità con l’ambiente in cui si è inseriti.ciò che manca ancora, purtroppo, è la fiducia nel futuro. nelle nuove generazioni, se c’è, il futuro viene avanti minaccioso come un cattivo pensiero.Se guardiamo alla storia, però, possiamo dire che l’umanità è riuscita a superare difficoltà, a sviluppare condizioni di vita migliori, segno che il cambiamento è possibile se impariamo a collaborare.

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Il SonnoAddormentarsi è un evento fi-siologico. ciononostante, spe-cie per i più piccoli, può diven-tare un passaggio non sempre facile da vivere.

IL MeGLIo DI LoRo

Per addormentarsi occorre lasciar-si andare, rilassarsi, diminuire il controllo e soprattutto allontanar-si dalla fonte primaria di sicurezza che è la madre. La notte, inoltre, è buia ed apre il mondo fantasmati-co delle nostre paure più profon-de. Vi sono quindi diverse ragioni per pensare al momento del sonno come un momento anche difficile. In che modo possiamo aiutare il bambino a vivere questo appuntamento quotidiano?I genitori hanno una naturale propensione a proteggere il sonno del neonato: imparano a cullare i bambini, a rendere la stanza silenziosa, a correre ad ogni piccolo sussulto. Quando il

bambino diventa più grande occorre semplicemente modificare il modo di accompagnare il piccolo verso le braccia di Morfeo. uno strumento molto utile sono le favole. non importa che il bambino ne

comprenda il significato, egli sarà cullato dalla voce del genitore che lentamente indurrà rilassamento ed abbandono. L’appuntamento con la favola diventerà un appun-tamento serale atteso e piacevole che aiuterà genitori e figli a vivere un momento di tenerezza insie-me. ben presto noterete che il bambino comincerà a scegliere, tra le tante favole, quella che deve essere raccontata tutte le sere. An-cor più sgomenti potrete notare che il bambino si irrita se cambiate qualche passaggio narrativo, se la abbreviate, se cambiate anche solo qualche termine. e’ del tutto naturale che ciò accada! e’ il suo bisogno di ordine e di regolarità.

La sua garanzia che voi siete lì a costruire un equilibrio di cui egli può giovarsi. Scoprirete anche che le favole, an-che cruente, non suscitano timori nei bambini. La violenza dei rac-conti è spesso fonte di fascino e di questo non occorre spaventarsi perché con il loro linguaggio sim-bolico esse danno vita alle pulsio-ni interiori che gli stessi bambini si trovano a vivere quotidianamente. Grazie ad esse potrete costruire un delicato rapporto di accadimento con vostro figlio.usando il linguaggio simboli-co potete esorcizzare anche le paure che il bambino piccolo può segnalarvi. un oggetto magico può diventare, grazie ai vostri riti ”magici”, uno “scacciapaure” da appendere vicino alla finestra o da portare con sé nel letto. In realtà è solo il segno della vostra presenza che resta lì a vegliare su di lui. An-che quando non ci siete. e questo al bambino può bastare.

RITuALI IMPoRTAnTI

di Maria GattoEducatrice de “La Ghianda”.

Si occupa di bambini di didattica della primissima infanzia.

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Musica, Emozioni, Colori

Le MaracasRodman PhilbrickL’ultimo libro dell’universoPagine: 181Editore: Salani, 2006€ 13,50

di Iolanda falanga

L’Ultimo libro dell’Universo

In un mondo devastato, in cui un cataclisma re-moto ha distrutto equili-bri e risorse del pianeta,

RUbRICHE

la vita è ridotta alla pura sopravvi-venza. Le città sono divise in terri-tori che nessuno può attraversare senza permesso, pena la morte. nessuno più ricorda, nessuno è più in grado di leggere, la cosa più pre-ziosa è una sonda che spara imma-gini direttamente nel cervello.Spas è nato ‘difettoso’, soggetto a spasmi epilettici, non può accedere a questa evasione, viene caccia-to dalla famiglia adottiva e mal tollerato dalla banda di quartiere a cui deve lavoretti sporchi per non avere noie. uno di questi lavoretti è tormentare Tore, un vecchio che possiede solo una scatola piena di fogli che chiama ‘libro’. Spas invece

lo aiuta e si fa aiutare a rivedere la sua amata sorella bean che è molto malata’’. e’ un romanzo avvincente, intenso, dove ciò che emerge non è solo una grande avventura ma anche la metafora sul destino dell’u-manità. L’ho molto apprezzato

per il valore dato alla memoria e all’importanza di avere una storia dietro sé da cui partire per costruire il domani. Memoria e amore sono gli elementi basilari per il riscatto personale e della comunità. Trovo che questo romanzo sia adatto ai ragazzi delle medie, ma che pos-sa fornire ottimi spunti di riflessione anche agli adulti in merito al senso della Storia e al preoccupante dilagare di nuove dipendenze che forse possono essere sconfitte solo grazie all’amore familiare e alla fiducia nel futuro.

UN LIbRO

La Cura

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza (F.Battiato)

unA PoeSIA

Educatrice. Responsabile scuola dell’infanzia Mary Poppins.

Svolge attività di formazione nell’ambito dello scoutismo

Questa dolcissima canzone di Battiato è stata sempre considerata una delle più belle canzoni d'amore mai scritte, eppure confrontandomi con alcuni esperti musicali, ho potuto appurare che il senso pro-fondo della canzone potrebbe essere tutt'altro. Alcuni mi hanno detto che sembra più la dichiarazione di amore di una divinità verso la sua creatura, altri una sorta di mantra, per il genere musicale quasi meditativo, in cui si avverte la bellezza dell'abbandono fiducioso nella saggezza di una persona più adulta. Non saprei dire quale delle due ipotesi reputo più giusta, sta di fatto che io ho percepito il senso della relazione educativa, soprattutto nei versi ''percorreremo assieme le vie che portano all'essenza'' e ''conosco le leggi del mondo e te ne farò dono''. L'educatore si prende cura, dove prendersi cura non è solo accudire, ma anche aiutare a crescere, anche se questo significa sofferenza.

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cReATIVITA’LAbORATORI MUSICALIMusica, Emozioni, Colori

organizzare i bambini in piccoli gruppi fornendoli di un foglio di carta bianca da pacco piegato a metà. Mettiamo a disposizione colori a tempera e pennelli per dipingere liberamente su una metà mentre facciamo ascoltare la Sonata al chiaro di luna, primo movimento, Adagio sostenuto di beethoven. Promuoviamo l’osser-

vazione e la verbalizzazione dei lavori di ogni gruppo, sollecitando i bambini a rielaborare l’esperienza. come era la musica?era veloce, lenta, forte, dolce?Quali colori vi ha suggerito?Quali movimenti vi sono venuti in mente?

Potete anche far danzare la penna

sul foglio ricalcando i movimenti pensati.Adesso prendiamo l’altra metà del foglio e facciamo ascoltare il terzo movimento (presto agitato) della stessa sonata.

Le Maracas

organizzare un laboratorio in casa è cosa più semplice di quanto si pos-sa pensare, utilizzando cose di uso quotidiano o che di solito buttiamo.Possiamo per esempio costruire dei piccoli strumenti musicali come le maracas.cosa occorre: due vasetti vuoti di yogurt, carta colorata, vinavil, forbicine dalla punta arrotondata, riso, mais per pop corn o legumi, piatti di plastica fondi, scotch carta o nastro isolante, pennello.

Procedimento: Prendete qualche piatto di plastica e metteteci del riso o mais o ceci , ( non fermatevi se invece dei ceci avete i fagioli l’importante è pro-vare con elementi diversi) giocate un pò con questi elementi e sce-gliete quello che più vi piace o se avete più vasetti provate con tutti e tre. Mettete una o due manciate

di legumi o cereali in un vasetto di yogurt. Appoggiate, a chiusura, l’altro vasetto e fissateli insieme con scotch carta o na-stro isolante colorato. Tagliate dei pezzettini di carta colorata (anche carta da regalo). Con un pennello stendete la colla vinavil intorno ai vasetti e ricoprite con pezzetti di carta colorata. Lasciate asciugare e le maracas sono pronte per essere suonate. Vedrete che a seconda dell’elemen-to che contengono e della quantità si otterranno suoni diversi. Se avete scatoline di cartone o di metallo è interessante verificare come cambia il suono utilizzando anche un contenitore diverso.

CONSIGLI TECNICI• Indossare un grembiule aiuta a lavorare più tranquilli senza l’ansia di non potersi sporcare.

• Ricoprire il tavolo di lavoro con carta da pacco per preser-vare la mobilia.

• Lavare subito il pennello spor-co di colla per poterlo riutiliz-zare.

Cantare una canzoncina e accompagnarla col suono delle maracas appena costruite sarà divertente.

di Valentina Di nuzzo Psicologa, specializzanda in psicoterapia.

Si occupa di disturbi dell’apprendimento e di genitorialità.

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di Angela SarnataroCollabora con Zetesis da circa sei anni, si occupa di labo-

ratori ludico espressivi con l’utilizzo dei materiali rivolti ad aduti e bambini.

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Questa pagina attende le vostre storie, le testi-monianze di chi insegna, educa, si misura quotidia-namente con il diffiicle la-voro di crescere bambini e confrontarsi con i gio-vani. e’ una pagina bianca che aspetta di essere ri-empita dalla vostra voglia di raccontarsi.

vi ospiteremo lettere, segnalazioni, discussio-ni che hanno animato il nostro blog (www.zete-sispsiche.it/blog) o che sono giunte alla nostra rivista (www.zetezine.it). cercheremo di risponde-re a quesiti o suggerire percorsi di approfondi-mento,. oppure non dire-mo nulla, lasciando che la vostra voce tocchi i cuori di altri educatori, creando risonanze affettuose e so-lidali.

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La Posta

La Redazione

Gentile Direttore, le scrivo queste righe per condividere alcune preoccupazioni in merito alla scelta della scuola dell’infanzia per mio figlio. Sono for-temente suggestionata dalla offerta che proponete: l’idea che mia figlia possa svolgere attività utili alla sua crescita ed essere seguita con metodi scientifici e calore umano mi riempie di gioia. Incon-tro però persone che insinuano un tarlo nella mia mente che fini-sce comunque per minare le mie certezze: sto facendo la scelta giusta? Sto davvero dando una opportunità a mia figlio? O sto solo creando un isola felice che renderà più difficile il suo adattamento in futuro? Non è meglio che fin dall’inizio si abitui alla realtà esi-stente, nuda e cruda come essa è? Penso che iscriverò mio figlio presso la vostra scuola ma non posso fare a meno di condividere questo tormento?

Gentile Signora, c’è da chiarire subito il concetto di adattamento. L’adattamento è frutto della capacità umana di risolvere problemi manipolan-do in modo efficace l’ambiente che lo circonda. Nel caso degli esseri umani occorre imparare a vivere sia in un ambiente fisico che in un ambiente umano. Per fare questo ci vogliono com-petenze. La questione è: quando occorre fornire queste competenze? Un certo modo di intendere l’infanzia è che essa sia un periodo in cui le capacità e le competenze siano limitate e destinate a migliorare man mano che si diventa adulti. Con questa conce-zione la prima infanzia è stata pensata come periodo in cui è importante svolgere un amorevole accadimento in attesa dei tempi maturi per insegnare ad apprendere. Questa concezione è stata superata dagli ultimi decenni di ricerca scientifica che hanno mostrato come il cervello del bambino è predisposto a potenzialità di apprendimento incommensurabili. Su questa scorta diventa necessario utilizzare il tempo della prima infanzia come un periodo di oro per favorire la crescita psicologica. E’ questo concetto che fonda il nostro agire e la nostra progettua-lità.Gettate buone basi e costruite le fondamenta è pensabile che la struttura potrà reggere le sollecitazioni più disparate. Diven-ta importante quindi pensare che ciò che si riesce a dare nelle prima infanzia è un capitale che potrà essere speso in tempi successivi. Il bambino che ha ben costruito i suoi sapere e la sua personalità potrà meglio adattarsi ai diversi contesti di chi invece non ha potuto farlo. Si spende per ciò che si possiede. Se non si è incamerato le nostre risorse sono limitate. Se si è tesaurizzato sapere e competenze possiamo permet-terci di andare ovunque. E’ questo il fondamento per cui investirei molte risorse nell’apprendimento della prima e della seconda infanzia. In quegli anni si gettano le basi del proprio destino futuro, del proprio sapere e possibilmente della propria speranza di felicità.

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La PostaGentile Direttore,

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