Zampetti 04.02.2015

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Liberi dall’amianto I ritardi e l’urgenza del risanamento ambientale di Giorgio Zampetti Responsabile scientifico di Legambiente

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Liberi dall’amianto

I ritardi e l’urgenza del risanamento ambientale

di

Giorgio Zampetti

Responsabile scientifico di Legambiente

20 anni fa la legge 257/1992 metteva al bando l’amianto

Per le sue proprietà di resistenza al calore, isolamento acustico

l’amianto è stato largamente utilizzato.

L’Italia fino alla messa al bando è stato il secondo produttore

europeo con 3,7 milioni di tonnellate di materiale estratto, prodotto

e lavorato.

Ancora oggi però rimangono

ancora ingenti quantitativi sia

nei grandi siti produttivi in

cui le pericolose fibre si

estraevano e si lavoravano

che su tutto il territorio in cui

l’amianto è stato utilizzato

per i suoi molteplici usi.

L’urgenza degli interventi di bonifica è dettata

soprattutto da motivi legati alla salute dei cittadini

Le sue proprietà di minerale fibroso e sottile lo rendono molto pericoloso per la salute:

mesotelioma pleurico, tumore ai polmoni, tumore alla laringe e alle ovaie sono alcune delle

più gravi patologie causate dall’amianto.

Sono almeno 2mila all’anno le morti causate dall’esposizione all’amianto in Italia:

circa 900 per mesotelioma pleurico, altrettanti per il tumore ai polmoni, il resto per il

tumore alla laringe e alle ovaie.

(dati che derivano dal Registro nazionale mesoteliomi (ReNaM)) (dati che derivano dal Registro nazionale mesoteliomi (ReNaM))

Numeri purtroppo destinati a crescere alla luce del lungo periodo di latenza della malattia

(fino a 40 anni), tanto che gli epidemiologi prevedono un aumento di alcune decine di

migliaia di casi nei prossimi anni.

L’esposizione in circa il 70% dei casi è stata professionale, ma sta

aumentando il numero di soggetti ammalati che non hanno svolto

alcuna delle attività considerate a rischio, un dato che testimonia come

purtroppo nel nostro Paese l’esposizione all’amianto sia a volte

“inconsapevole”

circa 75mila ettari, una

superficie grande quasi

quanto la provincia di Lodi:

I ritardi nelle bonifiche:

I SIN (siti di interesse

nazionale) dell’amianto

Fonte: dossier di Legambiente “Liberi dall’amianto”

è questa l’estensione totale

delle aree del nostro Paese

interessate dalla presenza

dell’amianto e inserite nel

Programma nazionale di

bonifica del Ministero

dell’ambiente

Piani Regionali Amianto

dopo 20 anni dalla messa al bando

La legge 257/92 prevedeva che entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore

tutte le Regioni si dotassero di un Piano Regionale Amianto.

La Regione Lazio ha approvato il piano regionale nel 1998 (DGR

10598/1998) ma ancora oggi mancano politiche e strumenti efficaci per la

soluzione del problema amianto su tutto il territorio

Molte sono le lacune e molti i ritardi, a partire dalla

mancanza di una capillare mappatura su tutto il territorio

Sommando le informazioni, ancora molto parziali, forniteci dalle Regioni nel

2010:

Ci sono almeno 50mila edifici pubblici e privati da bonificare.

Basandoci sui dati di 11 Regioni il conto totale dei metri quadrati di strutture in

cemento-amianto è pari a circa 100 milioni, a cui vanno aggiunti 600mila metri

cubi di amianto friabile, la forma più pericolosa per la salute umana.

Nel Lazio il censimento ha riguardato i soli edifici pubblici: al 2010 risultavano 1175

strutture (dati parziali basati su autonotifica).

Bonifica e risanamento:i ritardi registrati per i grandi siti nazionali si amplificano se si guarda ai

piccoli interventi che sarebbero necessari a rimuovere l’amianto dalle

strutture in cui è ancora presente.

Mancanza di impianti di smaltimento:Regioni che hanno una discarica per RCA in esercizio sono:

Abruzzo (1), Basilicata (2) Emilia Romagna (2), Friuli Venezia Giulia

(1), Liguria (1), Piemonte (3), Puglia (1), Sardegna (2), Toscana (4),. ma (1), Liguria (1), Piemonte (3), Puglia (1), Sardegna (2), Toscana (4),. ma

in tutti i casi le capacità residue sono comunque molto scarse.

Nel Lazio oggi non sono presenti impianti dedicati allo smaltimento

dell’amianto e dei MCA, e anche il piano del 1998 non ne prevedeva di

nuovi (fonte: Inail 2013).

Oggi, stando alle ultime stime del Ministero della

salute, il 72% dei rifiuti contenenti amianto viene

portato oltre i confini nazionali.

Alcune considerazioni sul problema dello smaltimento:

Lo smaltimento finale ha finora utilizzato esclusivamente discariche, per la maggior parte

discariche di rifiuti non specializzate.

Recentemente sono state avanzate proposte di realizzazione di metodi alternativi di

smaltimento, basati sul trattamento termico ad alte temperature, che trasforma le fibre

in cristalli rendendo innocuo l'amianto trattato, con possibilità di riutilizzo come materia

prima seconda: guardiamo con interesse a questi metodi alternativi: accanto all'indubbio

vantaggio costituito dalla eliminazione definitiva della fibra e dal mancato consumo di

territorio causato dalle discariche, questi impianti comportano potenziali impatti

ambientali che vanno attentamente verificati, derivati sia dall'alto consumo energetico, ambientali che vanno attentamente verificati, derivati sia dall'alto consumo energetico,

che dal carico (da verificare) di micropolveri e metalli, oltre che la reale capacità di

trattamento e l’efficacia ne l processo di inertizzazione della fibra.

D'altro canto, anche la proposta, più volta avanzata sul territorio nazionale, di realizzare

megadiscariche non ci convince, sia per l'imposizione autoritaria dei progetti con cui si è

fin qui proceduto, sia perchè preferiamo impianti locali di più modesta portata.

In questo campo occorre la massima trasparenza, la sola che consente reale

partecipazione del pubblico; senza riteniamo molto complicata, se non impossibile

la realizzazione di impianti di smaltimento e trattamento.

Le proposte di Legambiente

Per le Regioni attivarsi per adempiere a quanto richiesto dalla legge del 1992,

approvata 20 anni or sono, e in particolare:

- adoperarsi per una rapida approvazione e attuazione dei piani regionali

sull’amianto, individuando le criticità e facendo una capillare mappatura degli

edifici e dei manufatti interessati per stabilire le priorità di intervento;

- prevedere adeguate risorse economiche per co-finanziare la rimozione e la

bonifica delle strutture contaminate di proprietà dei Comuni e dei cittadini; a

partire dagli edifici pubblici e dalle situazioni più urgenti.

è importante ricordare come l’extra-incentivo per la sostituzione dell’Eternit con impianti fotovoltaici aveva causato un forte incremento delle bonifiche, oggi fermo per la fotovoltaici aveva causato un forte incremento delle bonifiche, oggi fermo per la

rimozione di tale strumento e la mancanza di altre disposizioni altrettanto efficaci;

- pianificare la realizzazione di una imprescindibile impiantistica regionale

di trattamento e smaltimento a supporto delle auspicabili operazioni di bonifica in

prossimità dei luoghi maggiormente interessati dal problema;

- svolgere un’adeguata attività di informazione, oggi assolutamente carente,

sui rischi derivanti dall’esposizione alle fibre killer. Un’azione che offra anche gli

strumenti su come ci si deve comportare quando si ha a che fare con strutture

contaminate in casa, a scuola o presso i luoghi di lavoro, e che informi sui rischi

per la salute.

L’azione di Legambiente non si ferma solo alle proposte:

GRAZIE PER L’ATTENZIONE

Giorgio Zampetti

[email protected]

www.legambiente.it