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ISSN 1122-0147 ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ARBITRATO Pubblicazione trimestrale Anno XXVII - N. 1/2017 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE) RIVISTA DELL’ARBITRATO diretta da Antonio Briguglio - Giorgio De Nova - Andrea Giardina

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ISSN 1122-0147

ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATO

Pubblicazione trimestraleAnno XXVII - N. 1/2017Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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INDICE

DOTTRINA

PIERO BERNARDINI, Third Party Funding in International Arbitration ..... 1ROBERTO CARLEO, L’arbitro bancario-finanziario: anomalia felice o mo-

dello da replicare ..................................................................................... 21GIOVANNI BONATO, La riforma brasiliana dell’arbitrato............................... 39

GIURISPRUDENZA ORDINARIA

I) Italiana

Sentenze annotate:

Cass. Sez. Un. 18 novembre 2016, n. 23463, con nota di G. CANALE,La decisione degli arbitri sulla potestas iudicandi e la distinzionetra lodo non definitivo su questioni e lodo parziale secondo leSezioni Unite ............................................................................................ 87

Cass. Sez. VI 14 ottobre 2016, n. 20880, con nota di C.E. MEZZETTI - M.DI TORO, La coesistenza nel medesimo contratto di una clausolacompromissoria e di una clausola di elezione del foro al vaglio dellaCorte di Cassazione ................................................................................ 101

App. Milano 8 agosto 2016, con nota di S. BOCCAGNA, Spunti in tema diviolazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronun-ciato nel giudizio arbitrale ..................................................................... 115

II) Straniera

Sentenze annotate:

Germania - Bundesgerichtshof 7 giugno 2016, con nota di E. ZUCCONI

GALLI FONSECA, Arbitrato dello sport: l’attesa decisione della Cortesuprema tedesca nel caso Pechstein ..................................................... 131

Regno Unito - High Court 15 febbraio 2016 .............................................. 163

RASSEGNE E COMMENTI

FLAVIO PONZANO, La res judicata nell’arbitrato commerciale internazio-nale: note a margine della monografia di Silja Shaffstein ................. 181

III

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GIUSEPPE PERCOCO, Le procedure di ADR nel settore finanziario: dallaCamera di Conciliazione e Arbitrato presso la CONSOB all’Arbitroper le Controversie Finanziarie ............................................................. 191

DOCUMENTI E NOTIZIE

Nominato il nuovo Segretario Generale della Corte di Arbitrato ICC .... 211

IV

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Third Party Funding in International Arbitration

PIERO BERNARDINI (*)

1. Reasons for the development of TPF in international arbitration. Definition andmain characteristics. — 2. Funding agreements, their content and funder’s controlof the proceedings. — 3. Ethical and practical problems raised by TPF. Who is thereal party to the proceedings, the one before the tribunal or the funder? Disclo-sure of TPF under arbitration and states’ recent practice. — 4. Problems raised byTPF include conflicts of interest regarding arbitrators and the funded party’s legalteam and disclosure of confidential information. — 5. Security for costs and itsrelations with TPF. — 6. Costs allocation under the award, including the funder’ssuccess fee. — 7. The need for mandatory disclosure of TPF arrangements, notlimited to the funder’s identity, to ensure transparency.

1. Third party funding (TPF) is a relatively recent and rapidlydeveloped industry, probably grown by well over 500 percent since 2012 interms both of “completed deals and the volume of active funders lookingfor viable opportunities” (1). Funding has mostly found its way in connec-tion with the rising costs of international arbitration, be it commercial orconcerning treaty investment disputes. Such costs, comprising the parties’legal and other costs, the costs for witnesses and experts, the arbitrators’fees and expenses and the fees and expenses of any arbitral institutionconcerned (2), may easily reach the average sum of US $10-15 million butmay be even higher depending on the duration and complexity of the caseand the level of aggressive conduct by parties’ counsel. Despite theimportance and growth of the industry, for a long time, there has been aremarkable absence of information or discussion about the nature andcontent of litigation finance contracting and its impact on arbitration.

(*) Former President, Italian Arbitration Association.(1) James DELANEY, Mistakes to avoid when approaching third-party funders, 15 April

2014, available at www.slideshare.net/slideshow/embed_code/34942469. According to a judgmentof the English Court of Appeal of 18 November 2016, “Third party funding is a feature ofmodern litigation”: Excalibur Ventures LLC v. Texas Keystone Inc. & Ors [2016] EWCA Cir1144.

(2) See for a reference English Arbitration Act 1996, section 59. Article 37(1) of ICCArbitration Rules provides in substantially the same terms (the text is in para. 6 below).

DOTTRINA

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While the reasons for the rising and growth of litigation funding alsoin the field of international arbitration are clear, what remains shrouded insecrecy are the precise terms of funding agreements.

Either party, be it the claimant or the respondent, may need or wishto have its arbitration costs financed by a third party should it not be in aposition to cover such large amounts by its own resources but sometimealso in order to share with a third party the risk of an adverse outcome ofthe proceedings. Third party funding enables an impecunious claimant tobring to arbitration a claim that, although meritorious, would otherwiseremain undecided but enables also an impecunious respondent to ad-equately defend against such a claim. This is certainly a positive result tothe extent it permits to meet the basic requirement that access to justice bemade available to everybody.

On the negative side, it has been said that TPF may increase the filingof frivolous or exaggerated claims. As mentioned by UNCTAD Report,

“[T]here are serious policy reasons against TPF... For example, it mayincrease the filing of questionable claims. From a respondent State’s perspective,such frivolous claims, even if most of them fail, can take significant resources andmay cause reputational damage. TPF companies, who build a portfolio of claims,have an economic incentive to put money even into weak cases that have at leastsome chance of high monetary award” (3).

This opinion, based as it is on the analysis of litigation funding by aprominent international organization, is to be taken into account even if itappears to run contrary to the funder’s condition for accepting theproposed funding, namely the careful analysis of the merits of the claimthat is to be financed in order to evaluate its chances of success, rejectingthose having low chances. By contrast, the risk exists that claims be filedbeyond their actual value, inflated claims better meeting funders’ expec-tations of higher profits. It has also been noted that TPF is likely toincrease significantly respondent’s costs due to the more aggressive litiga-tion strategy adopted by a claimant on the funder’s pressure, with the riskthat it will be unable to recover them (4).

Financing is made available by specialized investment individuals orcompanies located in various countries (5) following an accurate scrutiny

(3) UNCTAD, Recent Developments in Investor-State Dispute Settlement, May 2013, 25.(4) Nadia DARWAZECH & Adrien LELEU, Disclosure and Security for Costs or How to

Address Imbalances created by Third Party Funding, Journ.l Int. Arb. 33, no. 2 (2016), 135. Therespondent’s risk of non-recovery of adverse costs and the related problem of security for costsare considered in paras. 5 and 6.

(5) Among the largest US funders are Burford Capital (fn. 15) and Chicago-basedGerchen Keller; another large litigation funder is British Harbour Litigation Funding: AndreaLAPUNZINA VERONELLI, Sarah ELLINGTON, Yasmin BAILEY and Rana BAHRI, Third Party Fundingin International Arbitration: Practical Consequences and Tactical Considerations, [2016] Int.A.L.R., Issue 5, 113). Some of these companies have private or institutional shareholders, suchas the French AM which is owned for more than 80% by the Crédit Municipal Nord Europe, or

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of the prospects of each case and advice by experts in the field, eitherexperienced counsel or arbitrators, in order to determine whether it isconvenient to provide the required finance, for what amount and on whichterms. Among the key factors that are generally analysed are: (i) the valueof the claim; (ii) the jurisdiction where the claim is to be heard and wherethe award will be recognized and enforced; (iii) the probability of reachinga settlement or winning the arbitration; (iv) the quality of the litigant’slegal team; (v) the nature and expected duration of the arbitrationproceedings; (vi) the arbitral institution’s practice and reputation; (vii) thesubstantive law of the dispute; (viii) the quality and the quantity of thedocumentary evidence as well as of the witness evidence; (ix) the financialsituation of the counterparty and its capacity to pay and (x) the legal basisof the claim and the risk associated with any possible counterclaim (6). Ithas also been noted that securing funding will be problematic if the client’scase is strong on liability “but if the award is unlikely to be capable beingenforced in a reasonable time frame” (7).

Financing normally covers the totality of the arbitration costs, asdefined above. Since it is unlikely that anyone would be willing to fund thelitigation altruistically, the funder’s remuneration for its financial contri-bution and the assumption of the related risk is provided by the fundingagreement, consisting normally in a percentage of the sum recovered bythe funded party under the arbitration award. This percentage may rangefrom 10% to 50% of the recovered sum depending on the specificity ofindivudal cases and the amount to be financed (8).

It would be beyond the purposes of this article to provide a detailedanalysis of the variety of possible investment structures under a third partyfunding arrangement. Traditionally, the funder accepts to finance the costsof claimants or defendants or, alternatively, to finance a law firm’s singlecase or a portfolio of cases, in both instances in exchange for the negoti-ated remuneration. Under this arrangement, the third-party funder re-mains a legal entity separate from both the funded party in dispute and thelaw firm. There is evidence that third-party funders are moving from beingexternal investors to parties or law firms to becoming owners of parties orinternal partners of law firms (9).

the companies Calunius and Omnibridge, respectively of English and Netherlandish nationality,which are owned by private shareholder: Hamid GHARAVI, Le financement par un tiers, L’argentdans l’arbitrage, 2013, 33. Some funders joined as members of the Association of LitigationFunders of England and Wales, a company established in 2011 by the Civil Justice Council ofEngland and Wales.

(6) Valentina FRIGNATI, Ethical implications of third-party funding in international arbi-tration, Arb. Intern. 2016, 32, 509.

(7) James Delaney (fn. 1), 2.(8) Hamid Gharavi (fn. 5), ibid.(9) See more on this development in Victoria SHANNON SAHANI, Blurred Lines between

Third-Party Funders and Law Firms, Kluwer Arbitration Blog, November 3, 2016.

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As progressively applied and become known, the system has evi-denced a number of ethical and practical problems that may adverselyaffect the integrity and efficiency of the arbitral process. Hence the needto identify these problems.

Before addressing this subject, however, it is convenient to explorewhat is meant by TPF for the purposes of this analysis. A useful indicationin that regard is offered by the IBA Guidelines on Conflicts of Interestwhere the practice is described as referring to.

Any person or entity that is contributing funds or material support to theprosecution or defense of the case and that has a direct economic interest in theaward to be rendered in the arbitration (10).

The definition excludes financing provided without any remuneration,as in all cases in which the third party has an interest, personally or forpublic purpose reasons, in the outcome of the dispute (11).

2. Funding agreements are kept strictly confidential, their contentbeing protected through a non-disclosure obligation. This is due to anumber of reasons, including not only the fact that the identification of thename of the parties and the terms of the agreement may reveal any of thementioned problems but also by the need to avoid the risk for the funderof a legal action by the opponent of the funded party for liability to pay thearbitration costs, awarded to such opponent by the tribunal (12). Some ofthese agreements had to be disclosed pursuant to a state court’s or anarbitral tribunal’s order, sometime limited to the name of the parties,some other times including also their content (13). Other agreements mayhave to be disclosed in compliance with a transparency requirement forcompanies listed in the stock exchange. The analysis of the problemsoriginated by TPF is therefore to be conducted on the basis of the limitedinformation publicly available and the reasonable assumption that thethird party funder requires that its investment be protected by exercising

(10) IBA Guidelines on Conflicts of Interest in International Arbitration adopted on 23October 2014 (hereinafter “IBA Guidelines on Conflicts of Interest (2014)”), ExplanationGeneral Standard 6 (b), 13.

(11) The mentioned English Court of Appeal judgment (fn. 1) differentiates between “purefunding” (which is in the public interest, provided that its essential motivation was to enable thefunded party to litigate what the funders perceived to be a genuine case) and “commercial funding”(where the facilitation of access to justice is an incidental by-product of commercial funding thatwas not the essential motivation of the commercial funder who was an investor who hoped to makea return on his investment). A “pure financing”, as described by the Court of Appeal, takes placein a situation in which a State is called to arbitration in a matter of public interest, as in the recentPhilip Morris v. Uruguay investment treaty arbitration (ICSID Case No. ARB/10/7) where, as ithas been reported, the State’s litigation costs were financially backed by a donation of US$500,000by Mr. Bloomberg, the former mayor of New York, through his anti-smoking foundation, theBloomberg Initiative” (GAR/IAR Report, Monday, 11 July 2016).

(12) See fn. 59 for an English Court judgment.(13) For the reference to disclosure cases see para. 3 below.

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control over the arbitral proceedings since its inception and throughout itsduration (14). Even if the objectives of the parties tend to coincide since byachieving a result that is favorable to the funded party the funder may beable to be remunerated as agreed, the latter still demands that its financialcontribution be safeguarded and that the expected outcome of the pro-ceedings be secured to the best possible extent. One of the few publiclyavailable funding agreements confirms the funder’s requirement by stipu-lating, among other provisions, the following:

“4.1. The parties acknowledge and mutually represent to each other that it istheir common purpose in concluding this Agreement to enable the Claimants topursue their Claim. The Parties further agree that this common purpose and allsteps and actions required to achieve this common purpose, including but notlimited to any and all steps and actions required in accordance with the Claimants’obligation to cooperate with the Funder as set forth herein, are of the essence ofthis Agreement” (15).

Under the mentioned Funding Agreement (16), the key mechanism thatprovides control to the Funder is the installment of “Nominated Lawyers”,defined as lawyers selected by the Claimants with the Funder’s approval, theexecution of an engagement agreement between Claimant and the Nomi-nated Lawyers, a firm with close ties to the Funder, which is a conditionprecedent to the funding. In addition to exerting control, the NominatedLawyers, among other powers, “control the purse strings and serve as moni-tors, supervise the costs and course of the litigation”. A detailed informationsharing regime is prescribed in a provision entitled “Claimants’ Duty toCooperate”, including the duty “to keep the Funder fully and continuouslyinformed of all material developments... and to provide the Funder withcopies of all material and documents” (17), the Claimants’ cooperation dutybeing of the essence of the Agreement” and a “condition thereof” (18).

As confirmed by the Funding Agreement, although the funder is nota party to the arbitral proceeding, it may end-up to have a de facto control

(14) A funding agreement may extend its scope to the post-award stage and to anyrelated litigation, situations that are not of immediate interest for the present analysis.

(15) Funding Agreement between Treca Financial Solution (as the Funder) and theClaimants, available at: http://amlawdaily.typepad.com/chevron_fundingagreement.pdf. TheFunding Agreement is the subject of a thorough analysis as a Case Study by Maya STEINITZ, TheLitigation Finance Contract, William and Mary Law Review, vol. 54: 455, 2012, available at:http://ssrn.com/abstract=2049528 (the “Case Study”). The Agreement regulates the investmentby Burford, one of the largest US funders, through its Cayman Islands subsidiary TrecaFinancia, of US $ 15 million in the high-profile Chevron-Ecuador environmental litigationresulting in an Ecuadorian court’s judgment condemning Chevron to pay US$ 18 billion to agroup of indigenous people in the Amazonian rain forest for personal injuries and environ-mental damage caused by oil operations. The Ecuadorian court’s judgment opened a phase ofappellate proceedings in Ecuador and parallel proceedings in the United States and other fora.

(16) Case Study, (fn. 15), 472.(17) Ibid., 473.(18) Ibid., 474.

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over the same in lieu of (or in addition to) the funded party to the extentit is contractually entitled to exercise a number of powers regarding thelitigation and its conduct (19). Subject to the foregoing caveat regardinglimited information available, one or more of the following powers may begranted to the third-party funder:

— to appoint the arbitrator for the funded party or at least to have adeterminant saying in that regard;

— to have its own lawyer as a member of the funded party’s legalteam, whose views must be considered or may even be prevailing;

— to approve the initial filing, founded party’s attorneys and anyproposed settlement;

— to have access to information and documentation that becomeavailable during the proceedings, even if of a confidential nature;

— to have a determinant saying if procedural steps are to be takenwhich would increase costs and duration of the proceedings.

3. The key question raised by the described contractual set-up is:which is the real party to the arbitral proceedings, still the one before thearbitral tribunal or the funder (20)? Depending on the level of controlsecured to the funder over the litigation it may be held that in an extremecase ownership of the claim has been transferred to the funder, suchtransfer remaining undisclosed to the other party and to the arbitraltribunal. Ethical and practical problems originate from this situationwhich may be of particular relevance in investment treaty arbitrationcases. The identity of the investor, its nationality and the identity ofcontrolling entities are in these cases prerequisites to confirm the arbitraltribunal’s jurisdiction under the relevant treaty. Hence the need to ascer-tain whether the party formally appearing as an investor is the real partyin interest or if it has de facto transferred its claim in arbitration to thethird party funder under the relevant funding agreement, the funder notmeeting the conditions for benefiting of the treaty protection. The circum-stance that arbitral tribunals have in some cases ordered a party to disclosethe third-party arrangement backing financially its arbitration costs (21) is

(19) The Case Study holds that the level of discretion and control given to the funder is“completely disproportionate to both their capital contribution and their carried interest”,bringing “the separation of ownership and control to an extreme” (501-502).

(20) Unlike the 2004 Rules, third party funding is addressed by the IBA Guidelines onConflicts of Interest (2014) as follows: “If one of the parties is a legal entity, any legal or physicalperson having a controlling influence on the legal entity, or a direct economic interest in, or aduty to indemnify a party for, the award to be rendered in the arbitration, may be consideredto bear the identity of such party”; “Third-party funders... may have a direct economic interestin the award, and as such may be considered to be the equivalent of the party”. General Standard6 (b) (Relationships) (emphasis added).

(21) Some arbitral tribunals have ordered the claimants to disclose whether they hadentered into third-party funding arrangements to finance their claims in the arbitration and, if

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indicative that problems are perceived to exist which may adversely affectthe integrity of the arbitral proceedings (22).

Indeed, the disclosure of TPF is required by the principle of trans-parency which demands that the nature and extent of the problems thatmay arise from the funding agreement be assessed from the very start ofthe arbitral proceedings (23). As noted by a recent contribution, “[I]f afunder’s involvement is only revealed at a later stage in the proceedings itcould have serious, if not disastrous, consequences, especially at the awardenforcement stage” (24).

It is not surprising therefore that signals have emerged pointing to theneed for TPF to be legally regulated in order to make it transparent so asto alert the other players of the same game that there is a party whosecosts are funded by an external source under specific contractual arrange-ments. This will enable the non-funded party to request that specificmeasures be issued to safeguard its position in the arbitration and thearbitral tribunal to take appropriate measures based on justified reasons.

The mentioned signals are evidenced by recent arbitral decisions andnew arbitration rules, by states’ reforms, or planned reforms, of nationallegislations as well as by recent states’ practice regarding investment ortrade agreements.

Regarding arbitral decisions, as reported by the mentioned contribu-tion (25), there are sofar four publicly known cases in which arbitraltribunals have examined a party’s request for disclosure of the fundingagreement concluded by the other party and taken different positions inthat regard, as shown hereinafter:

— Guaracachi America, Inc & Rurelec PLC v. Plurinational State ofBolivia, in which an UNCITRAL tribunal declined the request for disclo-sure (26);

so, the terms of such arrangement: see e.g. Muhammet Çap & Sehil Inşaat Endustri ve TicaretLtd. v. Turkmenistan (ICSID Case No. ARB/12/6), Procedural Order No. 3, 12 June 2015.

(22) The arbitral tribunal’s power to order disclosure has been held to be part of itsinherent powers “where necessary to preserve the rights of the parties and the integrity of theprocess”: Muhammet Çap. v. Turkmenistan, Procedural Order (fn. 17), para. 6.

(23) Transparency of the proceedings has been progressively implemented in investmenttreaty cases by the adoption of the UNCITRAL Rules on Transparency in Treaty-basedInvestor-State Arbitration (effective 10 April 2014) and through procedural orders issued byarbitral tribunals. The UNCITRAL Rules on Transparency are quite detailed. Subject to theprotection of confidentiality, they cover publication of information and documents relating tothe arbitration proceedings, including orders, decisions and awards as well as submissions by athird person and by a non-disputing party to the treaty on issues of treaty interpretation.Hearings under the Rules are public.

(24) Nadia DARWAZECH & Adrien LEU, Disclosure and Security for Costs, (fn. 4), 136-137.(25) Ibid.(26) Guaracachi America, Inc & Rurelec PLC v. Plurinational State of Bolivia, UNCI-

TRAL, PCA Case No, 2001-17, Procedural Order No. 13, 21 February 2013.

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— Eurogas v. Slovakia, in which an ICSID tribunal ordered claim-ants to disclose the identity of their funder (27);

— South American Silver Limited v. Bolivia, in which the tribunalordered the claimant to disclose “for purposes of transparency” theidentity of its funder but refused to compel disclosure of the fundingagreement since irrelevant in light of the already decided issue (28);

— Muhammet Çap & Sehil Inşaat Endustri ve Ticaret Ltd. v. Turk-menistan, in which an ICSID tribunal ordered the claimants to disclosewhether they had entered into funding arrangements to finance theirclaims in the arbitration and, if so, “the nature of the arrangementsconcluded with the third party funder(s), including whether and to whatextent it/they will share in any successes that Claimants may achieve in thisarbitration” (29).

Regarding new arbitration rules, the SIAC Investment ArbitrationRules of 1st January 2017 provide for the Tribunal’s power to “order thedisclosure of the existence of a Party’s third-party funding arrange-ment” (30).

Regarding states’ recent reforms, or projects of reform, of domesticlegislations, the following may be noted. In England, one of the leadingjurisdictions for TPF, recent reforms have made TPF more widely accept-able with a view to facilitating access to justice. In France, the ConseilNational des Barreaux has proposed to the government that provisionregulating TPF agreements be incorporated into the Civil Code. Singa-pore has passed in March 2017 amendments to the Civil Law Act legal-izing third-party funding in arbitration and related proceedings, thusopening a wide new market for funders. A similar legislation is planned tobe introduced by Hong Kong (31).

As to states’ practice, reference may be made to the TransatlanticTrade and Investment Partnership between the European Union and theUnited States (TTIP), which under the current draft has a provisionrequiring disclosure of the identity of the funder (32). Also the recently

(27) Eurogas v. Slovakia, ICSID case No. ARB/14/14, Hearing on Provisional Measures,17 March 2015, Transcript, 144-45.

(28) South American Silver Limited v. Bolivia, PCA Case No. 2013-15, Procedural OrderNo. 10, 11 January 2016.

(29) Muhammet Çap & Sehil. v. Turkmenistan (fn. 18).(30) SIAC Investment Arbitration Rules, 1st Edition, 1 January 2017, provide in Article

24 (Additional Powers of the Tribunal), under “l”, for the Tribunal’s power to “order thedisclosure of the existence of a Party’s third-party funding arrangement and/or the identity ofthe third-party funder and, where appropriate, details of the third-party funder’s interest in theoutcome of the proceedings, and/or whether or not the third-party funder has committed toundertake adverse costs liability”.

(31) GAR, 9-10 November 2016.(32) Article 8(1) of the draft TTIP provides that “Where there is a third party funding,

the disputing party benefiting from it shall notify to the other party and to the Tribunal, orwhere the division of the Tribunal is not established, to the President of the Tribunal, the name

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agreed EU-Vietnam Free Trade Agreement (FTA), released in January2016, has a provision requiring that the presence of TPF be disclosed atthe time a claim is submitted (33). The CETA version of February 2016 hasa similar provision (34).

In order to permit the arbitral tribunal and the non-funded party toassess the kind of problems that may adversely affect the rights of theparties and the integrity of the proceedings disclosure should not belimited to the identity of the parties but, depending on the importance ofthe problems that have emerged during the arbitral proceedings, shouldinclude the key terms of the agreement, such as the funder’s power ofcontrol over the proceedings, its right of termination and its remunera-tion (35).

The problems raised by funding agreements are of different natureand importance. As previously mentioned, depending on the degree of itsinvolvement under the agreement the funder may in an extreme case beelevated to the status of a “real” party in the litigation (36).

For the purposes of the present analysis, the most relevant problemsconcern potential conflicts of interest, security for costs and costs alloca-tion under the award.

4. Conflicts of interest problems are potentially raised by the verypresence of a third party backing financially one of the disputing parties,more particularly if the funder is given specific powers regarding thearbitrator to be appointed by the funded party and such party’s legal team.

(i) Regarding the arbitratorArbitrator’s impartiality and independence are essential conditions

for the legitimacy of the arbitration process. Under applicable nationallegislations (normally, that of the place of arbitration), standard rules ofgeneral application (such as the IBA Rules) and rules of arbitrationadopted by the parties, the latter and the prospective arbitrator arerequired to disclose any relations which may cast doubts over the arbitra-tor’s independence and impartiality (37). The disclosure requirement con-

and address of the third party funder”. According to Article 8(2), such notification is to be made“at the time of submission of a claim”. Due to this adverse position taken to the current U.S.President the TTIP shall likely new be signed.

(33) EU-Vietnam FTA, Article 11.(34) Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), Article 8.26.(35) The need for TPF mandatory disclosure is examined in para. 7 below.(36) Supra, fn. 17.(37) IBA Guidelines on Conflicts of Interest (2014) direct that “[e]ach arbitrator must be

impartial and independent of the parties at the time he or she accepts an appointment to act asarbitrator, and must remain so during the entire course of the arbitration proceeding...”:General Standards Regarding Impartiality, Independence and Disclosure, (1). See for the dutyof disclosure 3(a). UNCITRAL Arbitration Rules contain similar provisions (article 17). TheICC Guidance Note, incorporated in the “Note to parties and arbitral tribunals on the conductof the arbitration under the ICC Rules”, includes an indirect reference to third-party funders by

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tinues during the entire currency of the arbitration. In order to enable theprospective arbitrator to satisfy this requirement a list of legal and naturalpersons related to either party to the proceedings is provided (38).

Whether known from the start of the arbitration or made knownsubsequently, the control regarding potential conflicts of interest shouldencompass the funder in view of the latter’s influence on the conduct ofthe arbitral proceedings.

Unless the funding arrangement is disclosed, including the name ofthe funder and its related entities, the arbitrator, whether still to beappointed or already appointed by either party (not limited to the fundedparty), shall, in the absence of other reasons, file the required statement ofacceptance, impartiality and independence in compliance with the disclo-sure requirement. Should the existence of a funding agreement becomesubsequently known to the arbitral tribunal and to the other party, seriousdoubts shall inevitably be cast over the legitimacy of the proceedingsconducted sofar (39). The challenge of that arbitrator by the non-fundedparty and its possible removal, even if he/she was unaware of the con-flict (40), shall upset the further course of the arbitration, with resultingcosts increase and delay, should conflicts of interest be revealed whichshould have been disclosed initially (41). If not challenged during thearbitration, the arbitrator’s lack of independence and impartiality may bea ground for challenging the award or refusing its recognition and en-forcement (42).

(ii) Regarding the legal teamNational legislations and applicable ethical rules normally regulate the

requiring that “[r]elationships between arbitrators, as well as relationships with any entityhaving a direct economic interest in the dispute or an obligation to indemnify a party for theaward, should also be considered in the circumstances of each case” (5, para. 24).

(38) The list should include entities providing funding to either party, as indicated byIBA Guidelines on Conflicts of Interest (2014): “ The parties’ duty of disclosure of anyrelationship, direct or indirect, between the arbitrator and the party... has been extended torelationships with persons or entities having a direct economic interest in the award to berendered in the arbitration, such as an entity providing funding for the arbitration ....” (IBAGuidelines on Conflicts of Interest, Explanation to General Standard 7 Comment (a)).

(39) There is a difference between impartiality and independence, the former referring tothe absence of bias or predisposition towards a party while the latter is characterized by theabsence of external control. The presence of a funding agreement may adversely affect anarbitrator’s independence rather that his/her impartiality.

(40) Due to the difficulty for that arbitrator to cast off all doubts of dependence andpartiality once challenged for that reason.

(41) It is for that reason that regarding the party’s duty of disclosure IBA Guidelines onConflicts of Interests (2014) state that “the party shall do so on its own initiative at the earliestopportunity” (General Standard 7(a)).

(42) As reported by a recent contribution, French courts have annulled awards on thebasis of lack of independence and impartiality of an arbitrator, including for non-disclosure ofrelations between the arbitrator and a third-party who was interested in the outcome of thearbitration proceedings. Civ. 1e, February 1, 2012, nº 11-11.084: Andrea Lapunzina Veronelli etal.(fn. 5), 116 and fn. 23.

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lawyer’s independence and objectivity and his/her duty of professional dili-gence and care of the best interest of the client (43). Lawyer’s duty is to theclient, not to the third party funder, the client being the party to the arbi-tration that appoints all members of the legal team, not the funder. Com-pliance with these duties may be prevented by the terms of the fundingagreement. Should the funder be entitled to designate one or more lawyersas member(s) of that legal team, divergence of opinions may emerge withinthe team regarding the conduct of the proceedings. Disagreement may arisein a variety of situations, such as the taking of decisions that may cause anincrease in the arbitration costs to be funded (number of witnesses and/orexperts to be produced, for example) or regarding a proposed settlementgoing against the funder’s expectation of a favorable award on which itsremuneration is to be measured. Conflicting interests may emerge also re-garding related litigations or post-award remedies.

What should be that lawyer’s conduct in this situation? Should itpersist in defending the funder’s interest against the opinion of the othermembers of the team, therefore of the client that has appointed him/her,or should it withdraw from the team in order to abide by the applicableethical rules? Sanctions may be issued under such rules should theirinfringement become manifest. Once the existence of a funding agreementand its terms become known to the arbitral tribunal, the lack of control bythe funded party over the legal team runs contrary to the integrity of theproceedings and may adversely affect its position in the arbitration invarious respects (44).

(iii) Regarding disclosure of confidential informationThird-party funders accept to put their money into cases based on the

expectation of a successful outcome and resulting profits. Before commit-ting to fund a case, they will undertake extensive due diligence to assessthe merits of the claim and likelihood that enforcement action will besuccessful. This often requires handing over by the party to be funded ofprivileged advice and other confidential documents to the funder and/ortheir lawyers. Should confidential documents or other information inevidence in the proceedings have to be shared with the funder, the funded

(43) “A lawyer shall not accept compensation for representing a client from one otherthan the client unless: (1) the client gives informed consent; (2) there is no interference with thelawyer’s independence of professional judgment or with the client-lawyer relationship; and (3)information relating to representation of a client is protected as required by [the Rules].”American Bar Association (ABA) Model Rules of Professional Conduct, Rule 1.8(f).

(44) This lack of control may cause the dismissal by the arbitral tribunal of such party’sjurisdiction and admissibility objection. As stated by the Tribunal’s Decision on Jurisdiction andAdmissibility dated 4 August 2011 in Abaclat and others v. the Argentine Republic (ICSID CaseNo. ARB/07/5), dismissing claimant’s jurisdiction and admissibility objection, “Claimants wereaware that ... they would be unable to exercise themselves certain procedural rights individually,and in particular they would not be in a position to instruct the lawyers and direct theproceedings individually.” (§ 457).

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party may be in breach of the confidentiality obligation owed to the otherparty to the litigation. Subject to the proper interpretation of the scope ofthe confidentiality obligation under the funding agreement, disclosure ofconfidential information and documents to the third-party funder may bepossible under applicable arbitration laws and rules of arbitration provid-ing for such an obligation (45) to the extent disclosure is made by thefunded party to obtain the financing necessary to prosecute a claim or todefend against any such claim. Measures should in any case be adopted bythe party making such disclosure to protect the confidentiality interest ofthe non-funded party, such as (i) making disclosure only to lawyersinvolved in evaluating the prospects of the litigation so as to protectdisclosed information and documents by the attorney-client privilegeand/or (ii) ensuring that an obligation to preserve confidentiality be in turnundertaken in writing by whoever receives confidential information anddocuments (46).

Problems of this nature should be well-considered by the fundedparty before accepting an unqualified disclosure commitment.

5. Security for costs may be requested by a party and ordered by thearbitral tribunal whenever there is evidence of serious risk that the otherparty shall be unable to satisfy the award amount, including for costscharged to such party. It is generally accepted that an arbitral tribunal hasthe power to order security for costs (47), although this power may beexercised only in “exceptional circumstances” requiring necessity of themeasure to protect a certain right and urgency (48). Under the terms of thefunding agreement the third-party funder may be entitled to withdrawfrom the deal at any time, leaving the impecunious party without financialbacking. If successful in the arbitration and if a costs order is made in itsfavour, the non-funded party may be unable to recover the relevantamount should the third party funder, which is not a party to theproceedings, have disappeared. This may constitute sufficient ground for

(45) Such as LCIA Rules, Article 30(1); Swiss Rules of International Arbitration, Article43(1); Hong Kong Arbitration Ordinance 2011, Section 18(2)(a)(i).

(46) A convenient stipulation would be to provide that no information or documents maybe disclosed that the funded party’s attorney “reasonably believes could or would jeopardizeany privilege (including, but not limited to, the attorney-client privilege) of the Claimant”:Funding Agreement (fn. 12), Clause 5.1. See more on this issue in Jonas VON GOELER, Show MeYour Case and I’ll Show You the Money-How to Balance Conflicts Between Third-Party Fundingand Confidentiality in Arbitration Proceedings, Kluwer Arbitration Blog, July 21, 2016.

(47) This power is expressly recognized by the English Arbitration Act 1996, sec. 38(3),and by the EU-Vietnam FTA, Article 22. The draft text TTIP (fn. 32) provides (in Article 21)for the tribunal’s power to order claimant to post security for costs and to suspend or terminatethe proceedings if security is not posted by the prescribed time limit. Also the LCIA Rules,Article 25(2), and the SIAC Rules 2016, Article 27(j), provide for the tribunal’s power to ordersecurity for costs.

(48) As held by the arbitral tribunal in RSM v. Saint Lucia Decision (fn. 46 below), § 87.

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an order by the arbitral tribunal that the contractual terms of the fundingagreement be disclosed so that, should those terms be made known, anorder for security for costs in favor of the non-funded party may bejustified. Arbitral tribunals, including in the field of investment protectiontreaties, have in general declined sofar to grant security for costs.

In the first ICSID case in which such an order has been granted, RSMv. Saint Lucia (49), the arbitral tribunal referred, among other reasons, tothe claimant’s reliance on third party funding to support its decision (bymajority) as follows:

“Moreover, the admitted third parry funding further supports the Tribunal’sconcern that Claimant will not comply with a costs award rendered against it,since, in the absence of security or guarantees being offered, it is doubtful whetherthe third party will assume responsibility for honoring such an award. Against thisbackground, the Tribunal regards it as unjustified to burden Respondent with therisk emanating from the uncertainty as to whether or not the unknown third partywill be willing to comply with a potential costs award in Respondent’s favor” (50).

Contrary to previous ICSID decisions denying security for costs, thecircumstances of this case were held to be “the proven history whereclaimant did not comply with cost orders and awards due to its inability orunwillingness”, coupled its admission not to have sufficient financialresources and that it was funded by an unknown third party. Thesecircumstances were held by the arbitral tribunal to constitute sufficientground and exceptional circumstances for ordering claimant to providesecurity for costs (51). In his assenting opinion one of the arbitrator, GavanGriffith, referred to the possibility that the mere existence of a third-partyfunder could ground an order for security but that the fact that a party“does not have funds to meet costs orders if unsuccessful is no reason tomake orders for security” (52). Griffith’s opinion emphasizes the relevanceof TPF expressing his “determinative proposition... that once it appearsthat there is third party funding of an investor’s claims, the onus is cast onthe claimant to disclose all relevant factors and to make a case whysecurity for costs orders should not be made (53). A subsequent UNCI-TRAL tribunal denied the State’s request for security for costs rejectingGavan Griffith’s view of third-party funded investors holding that, con-

(49) A thorough description and discussion of the RSM v. Saint Lucia Decision is madeby Eduardo ZULETA, Security for Costs: Authority and Third-Party Funding, Building Interna-tional Law - The first 50 years of ICSID, 2016, 567 seq.

(50) RSM Production Corp. v. Saint Lucia, ICSID Case No. ARB/12/10, Decision onSaint Lucia’s Request for Security for Costs dated 13 August 2014, § 83. Claimant’s reliance onTPF led the tribunal in another ICSID case to order the claimant to disclose whether it hadobtained such funding and, if so, to advise of the name and details of the relevant arrangements:Muhammet Cap & Sehil. v. Turkmenistan (fn. 18), §§ 11-13.

(51) RSM v. St. Lucia, §§ 86-87.(52) RSM v. St. Lucia, Gavan Griffith Assenting Opinion, § 2.(53) Ibid., § 18.

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trary to the RSM case, there was no evidence of any failure by claimant topay sums requested or an eventual costs order..., finding no “extreme andexceptional circumstances” justifying an order for security but ordered theclaimant to disclose the identity of the funder (54).

According to the mentioned commentator of the RSM v. Saint Luciadecision, “[A] middle ground approach suggests that third-party fundingshould be taken into account as one of the factors to determine the needfor security for costs, as it may be an evidence of the potential inability ofthe claimant to reimburse costs in the event of an unfavorable award” (55).A recent contribution on the subject notes that “[it] would be reasonableto suggest that the fact of third party funding alone is not enough to justifyan order for security for costs or to affect the burden of proof” (56). Asadded by this contribution, “there would seem to be several reasons whythe rise of third party funding is relevant to the issue of security forcost” (57). These reasons include the increasing acceptance in internationalarbitration of the rule that “costs follow the event”, so that it may beappropriate to make an order for costs against the risk that the funder,which has accepted to cover also an adverse costs order, controls theproceedings and benefits from them, shall walk away. Another factor thatmay be taken into consideration by the arbitral tribunal is the absence ofthird-party funder’s binding obligation under the funding agreement tocover an adverse costs order. One tribunal held that in this case thepresence of a funding agreement changed the circumstances in suchfundamental manner that security for costs was justified (58).

Contrary to the courts’ power to make orders against third par-ties (59), no such power is vested with an arbitral tribunal (60). In light ofthis limited power, it has been recommended that “[If] there is evidence ofa funding arrangement that is likely to impact on the non-funded party’sability to recover costs, that party might decide to apply early in theproceedings for interim or conservatory measures to safeguard its position

(54) South American Silver v. Bolivia, (fn. 28).(55) Eduardo Zuleta, Security for Costs (fn. 49), 580.(56) Alan REDFERN and Sam O’LEARY, Why it is time for international arbitration to

embrace security for costs, Arb. Int., 2016, 32, 407.(57) Ibid., 408-409.(58) Referred to by Philippe PINSOLLE, Third Party Funding and Security for Costs, J. Int’l

Arb., 399 (2013).(59) The English Court of Appeal judgment in Excalibur Ventures v. Texas Keystone

litigation (fn. 1) found that litigation funders were to be liable for their contributions to thefunding, in addition to their contributions provided for security for costs, due to the derivativenature of a commercial funder’s involvement.

(60) As noted by the ICC Report on Decision on Costs in International Arbitration,“where a funded party is unsuccessful, its own impecuniosity may render it incapable ofcomplying with any costs award against it. In such a situation, the tribunal usually has nojurisdiction to award a payment of costs by the third party funder, as it is not a party to theproceedings” (para 90).

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on costs, including but not limited to seeking security for those costs orsome form of guarantee or insurance. Such measures may be appropriateto protect the non-funded party and to put both parties on an equalfooting in respect of any recovery of costs” (61).

As held by an authoritative commentator, “[W]here a party appearsto lack assets to satisfy a final cost award, but is pursuing claims in anarbitration with the funding of a third party, then a strong prima facie casefor security for costs exists” (62). In this case, the onus would be on thefunded party to explain why an order for security for costs is unwarranted.

One of the conditions for granting a security for costs measure is thatonce it has emerged during the arbitral proceedings that the other partyhas concluded a funding agreement the terms of such agreement bedisclosed so that the non-funded party’s ability to recover costs may beassessed by the arbitral tribunal when deciding on that party’s request forsecurity (63).

6. A new development of TPF has emerged more recently makingthe need to regulate this practice even more advisable. The developmentrelates to the possibility of recovering amounts paid by the funded partyto the third-party funder under the funding agreement as part of the costsof the proceedings allocated by the award in its favor.

According to national legislations and arbitration rules of generalapplication, when deciding on costs allocation the arbitral tribunal shalldetermine the amount, if any, that a party has to pay to the other party.The prevailing principle governing the subject in international commercialarbitration is that costs follow the event (the loser pays) (64). For a longtime investment treaty arbitration has applied the equal sharing principle,a practice reflecting the principle prevailing in intra-states disputes beforethe International Court of Justice (ICJ) according to which “unlessotherwise decided by the Court, each party shall bear its own cost” (65).The rational underlying this principle is that states as members of theinternational community when in dispute behave consistent with theirequal status, contributing by their participation to proceedings before the

(61) Ibid.(62) Gary BORN, International Commercial Arbitration, Kluwer International 2014, 2496.(63) According to the ICCA - Queen Mary Task Force Draft Report on TPF in

International Arbitration on Security for Costs of 1 November 2015, “when assessing applica-tions for security for costs [T]hird-party funding should be one factor for the tribunals to takeinto account in both Commercial and Investment Arbitration. But, following disclosure of thefunding agreement (where disclosure is warranted in the first place), tribunals will need tocarefully review the terms of the funding agreement.” (17, under 2).

(64) For a review of the issue of costs allocation, see Piero Bernardini, InternationalCommercial Arbitration and Investment Treaty Arbitration. Analogies and Differences, Practic-ing Virtue-Inside International Arbitration, Oxford University Press, 2015, 65 seq.

(65) International Court of Justice Statute, Article 64.

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ICJ to the development of international law. However, “[T]he logicunderlying the equal sharing principle in intra-State dispute is absent in aninvestment treaty dispute where the interests at stake are manifestlydifferent and quite fiercely fought for by the parties” (66). More and morealso in investment treaty cases the “loser pays” principle tends to prevail,allowing the recovery by the winner of the costs it has incurred regardingthe arbitral proceedings. It is recognized that in awarding costs the arbitraltribunal enjoys broad discretion, subject to its use being explained. Therule is flexible enough to allow for the taking into account of a number ofcircumstances that would permit a sharing of costs other that chargingtheir totality to the losing party. UNCITRAL Arbitration Rules containthe most common provision regarding allocation of costs, reflecting theabove practice. Article 42(1) of the Rules provides:

The costs of the arbitration shall in principle be borne by the unsuccessfulparty or parties. However, the arbitral tribunal may apportion each of such costsbetween the parties if it determines that apportionment is reasonable, taking intoaccount the circumstances of the case.

The arbitral tribunal’s discretion in allocating costs is confirmed bythe ICSID Convention, which provides:

“In the case of arbitration proceedings the Tribunal shall, except as theparties otherwise agree, assess the expenses incurred by the parties in connectionwith the proceedings, and shall decide how and by whom those expenses, the feesand expenses of the members of the Tribunal and the charges for the use of thefacilities of the Centre shall be paid. Such decision shall form part of theaward” (67).

The ICC Arbitration Rules define the costs of the arbitration inArticle 37(1) as follows:

The costs of the arbitration shall include the fees and expenses of thearbitrators and the ICC administrative expenses fixed by the Court, in accordancewith the scale in force at the time of the commencement of the arbitration, as wellas the fees and expenses of any experts appointed by the arbitral tribunal and thereasonable legal and other costs incurred by the parties for the arbitration.

May amounts paid by the funded party to the funder as the agreedremuneration for the provision of funds under the funding agreement berecovered as part of such party’s costs in case of a successful outcome ofthe case? The recoverability of contingent liability to third party fundersis a matter of some complexity and, as such, not without doubt. To someextent the answer shall depend on how the funder’s remuneration is

(66) Piero Bernardini (fn. 64), 66.(67) ICSID Convention, Article 61(2). The formulation of this provision, far from

endorsing the equal sharing principle as a rule for investment treaty arbitration, points to adifferent sharing of costs between the parties as may be decided by the tribunal.

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shaped in the funding agreement. Result-based contingency fees payableto lawyers are clearly the substitute for fees based on the professional timespent on the case and therefore recoverable. Remuneration by way of apercentage of the principal amount awarded may be said to belong to adamage claim rather than to be part of the costs since it is a premium paidto a lender for providing non-recoverable funding. The difference inqualification is important since damage claims are subject to carefulscrutiny by the arbitral tribunal while costs recovery allows for a margin ofdiscretion both as to costs analysis and recoverable amount. Should thedebt incurred to the funder be presented as a cost which would not havebeen incurred but for the other party’s conduct sanctioned by the awardits recovery should in principle be allowed but would ultimately depend onwhether it falls within a recognized category of costs (68). Referring tocosts in the final award, some ICSID decisions have denied that third partyfunding should be considered as costs (69).

A recent case where recovery of third party funder’s success feeordered by an ICC tribunal was confirmed by the English High Court (70)provides a helpful insight view of this issue while raising a number ofquestions. The dispute brought to an ICC arbitration in London hadarisen out of India’s Essar Oilfields Services’ repudiation of a rig manage-ment and related agreements with Norscot Rig Management. The latter’sfunding agreement allowed for a 300% return on the funder’s financialcontribution, the success fee being obviously subject to Norscot succeed-ing in the arbitration. Norscot were successful, the sole arbitrator award-ing indemnity cost against Essar which included the funder’s success feecalculated at £ 1.9 million (being 300% of the funder’s finance of £647.000). The decision was based on the arbitrator’s finding that such feesfell within the scope of “legal and other costs” of the arbitration underArticle 37(1) of ICC Rules and section 59(1) (c) of the Arbitration Act1996, which may be awarded by the tribunal subject to the exercise of theits discretion under section 63(5) of the Act (71). Essar challenged theaward of the funder’s fees in the High Court under section 68(2)(b) of the

(68) The Secretariat Guide to ICC Arbitration (ICC publication 729E) lists “claimsbased on contingent fee arrangements or third party funding arrangement where it could bedifficult to distinguish reasonable fees from premiums” as one of the costs that “can prove to becontentious” (3.1491).

(69) Ioannis Kardassopoulos and Ron Fuchs v. The Republic of Georgia, ICSID CaseNos. ARB/05/18 and ARB/07/15, Award dated 3 March 2010, excluding that “a third partyfinancing arrangement should be treated any differently than an insurance contract for purposeof awarding the Claimants full recovery” (§ 691).

(70) Essar Oilfields Services Limited v. Norscot Rig Management PVT Limited [2016]EWHC 2361 (Comm). The High Court judgment is reproduced below under Giurisprudenzaordinaria, Sect. II Straniera.

(71) Arbitration Act 1996, section 63(3): “The tribunal may determine by award therecoverable costs of the arbitration on such basis as he thinks fit”.

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Act on the ground that the arbitrator exceeded his powers giving rise to a“serious irregularity” causing “substantial injustice” to Essar.

The High Court rejected the challenge on two grounds. Firstly, that inaccordance with well-established principles an error in the construction ofa legal provision that grants a power does not involve an excessive exerciseof that power giving rise to a procedural irregularity under section 68(2) (72).Secondly, the judge decided that there was no error of law in respect of thearbitrator’s construction of the range of costs that might be encompassedwithin section 59(1)(c), including in this case the cost of litigation funding.In light of this, the arbitrator was entitled to make the award in his discretion,the third party funder’s success fee falling within the scope of “legal andother costs” on the correct construction of that section (73).

The arbitrator was influenced by his findings that Norscot’s impecu-niousness had a strong causal connection with Essar’s conduct (74). Fol-lowing from this, the Court found that “[a]s a matter of justice, it wouldseem very odd and certainly unfortunate if the arbitrator was not entitledunder S.59(1)(c) to include the costs of obtaining third party funding aspart of “other costs” where they were so directly and immediately causedby the losing party” (75).

Recoverability of TPF success fee must satisfy the reasonableness testprovided by Article 37(1) of ICC Rules and section 63(3) of the ArbitrationAct (76). Under the latter provision the reasonableness test is not limited tocosts amount being reasonable but requires also that costs have been “rea-sonably incurred”. Both tests were satisfied by the arbitrator. He reachedthe view that the decision to contract litigation funding was reasonably jus-tified since Norscot’s impecunonesness was brought about by Essar’s con-duct. The amount of success fee to be recovered had been tested and foundreasonable through the opinion of a broker in litigation funding on whetherthe TPF costs reflected standard market rates and terms.

The case leaves open a number of questions. Are success fees to beclassified as damage or as costs? The answer may depend on the nature ofthe TPF arrangement, the TPF profits being the funded party’s loss (whichmay not be made whole by the award) suggesting a distinction from whatare normally viewed as costs. This opens the way to the further questionwhether the arbitral tribunal should inquire into the TPF arrangement andat what stage should the detail of such arrangement be made known to theopposing party.

(72) Essar v. Norscot (fn. 70), §§ 10-12.(73) Ibid., §§ 13-18.(74) Award, § 84.(75) Essar v. Norscot, § 69.(76) Arbitration Act 1996, section 63(3): “the recoverable costs of the arbitration shall be

determined on the basis that there shall be allowed a reasonable amount in respect of all costsreasonably incurred”.

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7. The analysis of the multiplicity of problems raised by the presenceof TPF arrangements in the context of international arbitration, be itcommercial or based on investment treaties, confirms, on the one hand,the adverse impact TPF may have on the integrity of the arbitrationproceedings and the equality of the parties before the arbitral tribunaland, on the other hand, the need for the arbitral tribunal to know theterms of the funding agreement in order to properly answer a party’srequest for security for costs or for costs allocation that include thefunder’s remuneration among the costs of the proceedings. These variouseffects of TPF and the wider transparency policy pursued particularly inthe field of investment treaty arbitration support the need to regulate theinteraction between TPF and international arbitration, as evidenced bystates’ most recent practice pointing to that direction (77). As a minimum,the duty of disclosure should concern the funder’s identity so that poten-tial conflicts of interest may be revealed and appropriate action taken toavoid that their belated disclosure or discovery disrupt the arbitrationproceedings (78). Once aware of the existence of TPF regarding one of theparties the arbitral tribunal shall be in a position to decide whether toorder disclosure of the terms of the funding agreement that may raisejurisdictional questions particularly in case of an investment treaty disputeor that would justify an order for security for costs or a decision on costsallocation that would include the funder’s success fee. The duty of disclo-sure of TPF has been held by some commentators to arise from thegeneral procedural duty of good faith in arbitration (79). It is also to beconsidered that in many cases there is no need to disclose the terms ofthese agreements to the extent no adverse effect comes in evidence duringthe arbitral proceedings, the presence of a funder backing one of theparties’ costs being perceived having such an effect neither by the arbitraltribunal nor by the other party. For these reasons, the two-step processsuggested below regarding TPF disclosure appears more appropriate.

(77) Supra, fns. 27-29.(78) The general consensus of the respondent to the ICCA - Queen Mary Task Force on

TPF in International Arbitration Survey 2015 (fn. 63) was that it should be mandatory todisclose funding agreements and the identity of funders, indicating a trend within the interna-tional arbitration community to opt for transparency in relation to funding. See also thecontribution by Andrea Lapunzina and others (fn. 5), 115.

(79) Bernardo CREMADES, Third Party Funding in International Arbitration, 23 September2011, available at http://www.cremades.com/en/publications/third-party-funding-in-international-arbitration. See also Antonio Crivellaro, Third- Party Funding and “mass” Claim in InvestmentArbitrations, ch. 11 of Dossier X of the ICC, Third party Funding in International Arbitration,148-49 (ICC Publication No. 752E 2013): “In my understanding, disclosure of third-partyfunding should be made mandatory in investment arbitrations.... Transparency of third-partyfunding before the tribunal and all parties involved is also a guarantee of due process... In myview, there is a procedural good faith obligations that requires the party concerned to disclosethird-party funding... [also in order to check] whether there is conflict of interests...”.

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A convenient addition to existing arbitration rules of private arbitralinstitutions seems to be the most practical way to achieve the planned re-sult (80) by prescribing in any case, as an initial step, a duty of disclosure ofthe identity of the funder. The rules may then provide for the arbitral tri-bunal’s power to order disclosure of the terms of the funding agreement incase of initial evidence that they may adversely affect the proceedings or maybe relevant to a decision regarding security for costs or costs allocation (81).Any such addition would conveniently address some of the critical issuesraised by TPF so as to safeguard the rights of the parties, their equalitybefore the arbitral tribunal and the legitimacy of the arbitral proceedings.

L’“industria” del finanziamento ad opera di terzi dei costi dell’arbitratointernazionale, sia esso commerciale o in materia di investimento, ha avuto un fortesviluppo a partire dal 2012. Imprese specializzate si dedicano alla ricerca diopportunità per questa forma di investimento valutando attentamente le prospettivedi successo di una controversia, da tale successo dipendendo la remunerazione delproprio investimento, normalmente una percentuale dell’importo ottenuto dallaparte finanziata grazie alla sentenza arbitrale. La segretezza che normalmentecirconda la stessa esistenza e le condizioni dei relativi accordi rende difficile unaesatta ricostruzione della misura del controllo sull’arbitrato garantito al finanzia-tore, anche se è intuitivo che chi rischia il proprio investimento condiziona taleintervento a precise garanzie di controllo del relativo procedimento. L’intervento delterzo e la relativa segretezza pongono una serie di problemi per il potenzialeconflitto di interessi che ne deriva con riguardo ai membri del collegio arbitrale e neirapporti all’interno del collegio di difesa della parte finanziata, oltreché per laviolazione della riservatezza di informazioni e documenti prodotti in arbitrato aseguito della loro comunicazione al terzo finanziatore. Le condizioni di interventodel terzo sono suscettibili di avere un particolare rilievo per la decisione sulladomanda di una parte al tribunale arbitrale di un “security for costs order” o diconsiderare la remunerazione del finanziatore tra i costi dell’arbitrato nella sentenzaarbitrale. Alla luce di questi diversi e delicati problemi l’orientamento più recente èfavorevole ad una disciplina dell’intervento del terzo che assicuri la trasparenzadelle condizioni del controllo sull’arbitrato al fine di garantire la legittimità delrelativo procedimento.

(80) The suggested addition is already provided by the SIAC Investment ArbitrationRules of 1 January 2017 which, in addition to a specific power of the tribunal regardingthird-party funding arrangements (supra, fn. 30), provide that the tribunal “may take intoaccount any third-parry arrangements in ordering in its Award that all or a part of the legal orother costs of a Party be paid by another Party” (article 35).

(81) The link between TPF and the decision on security for costs and costs allocation isunderlined by the EU-Vietnam FTA, Article 11.3, providing that “When applying Article 22(Security for Cost), the Tribunal shall take into account whether there is third party funding.When deciding on the cost of proceedings pursuant to Article 27(4) (Provisional Award) theTribunal shall take into account whether the requirements provided for in paragraphs 1 and 2[requiring notification to the Tribunal of the existence and nature of TPF as soon as the fundingagreement is concluded] have been respected”.

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L’arbitro bancario-finanziario: anomalia feliceo modello da replicare? (*)

ROBERTO CARLEO (**)

1. Il contesto di riferimento. — 2. La discussa natura dell’ABF. — 3. Autonomiaed eteronomia. — 4. La esportabilità del modello.

1. È opinione condivisa che il nostro tempo si caratterizzi per ilprogressivo ritrarsi dello Stato che lascia spazi sempre più ampi all’auto-regolazione privata che sviluppa nuovi criteri e nuove “regole” di com-portamento, non più fondate sulla sovranità (1).

In questo contesto si inserisce, con caratteri di importante novitàrispetto alla tradizione, una progressiva modificazione del ruolo dellagiurisdizione statale, non più collocata al centro del sistema come “regolainderogabile” (2).

A ciò corrisponde il moltiplicarsi, spesso disordinato, di mezzi dirisoluzione alternativa delle controversie (3).

(*) Questo scritto è destinato agli Studi in onore di Pasquale Stanzione.(**) Professore ordinario nella Università di Teramo.(1) Come è stato autorevolmente ricordato, “È il principio di sussidiarietà che consente

all’iniziativa privata di realizzare interessi (anche) generali e di conquistare nuovi spazi”, così P.PERLINGIERI, Relazione conclusiva, in L’autonomia negoziale nella giustizia arbitrale, Atti del XConvegno internazionale SISDIC, Napoli, 2016, 578.

In una prospettiva di carattere generale, sui profondi cambiamenti conseguenti allaformalizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118, comma 4, Cost., v. MAR.NUZZO (a cura di), Il principio di sussidiarietà nel diritto privato, I e II, Torino, 2014.

(2) Sul superamento, in seguito alla diffusione dei sistemi di ADR, dell’affermazionedella “priorità della giurisdizione”, che “costituisce un antico retaggio, che oggi mal si conciliacon una realtà che si fonda essenzialmente sul principio di sussidiarietà, in base al qualel’intervento autoritativo giurisdizionale — che resta pur sempre possibile e costituzionalmentedovuto — deve essere considerato come l’ultima delle chance a disposizione, alla quale si devericorrere quando le altre non riescono allo scopo”, v. F.P. LUISO, La conciliazione nel quadrodella tutela dei diritti, in Riv. trim., 2004, 1201. Con riferimento specifico all’ABF, cfr. E.CAPOBIANCO, La risoluzione stragiudiziale delle controversie tra mediazione e procedura dinanziall’Arbitro Bancario Finanziario, in Obbl. contr., 2012, 571 ss.

(3) Il problema sussiste tuttora anche se, al di là degli scopi dichiarati, fra i molti obiettiviche ha inteso perseguire il d.lgs. 6 agosto 2015, n. 130 — introducendo nella Parte V del Codice

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Non tutte le procedure alternative di risoluzione delle controversiesono uguali (4). Fatta salva la consueta distinzione fra procedure facilita-tive/conciliative e procedure valutative/aggiudicative, appare difficile an-che la classificazione in categorie unificanti (5).

Una constatazione sembra, tuttavia, possibile in via di prima appros-simazione: a diverse esigenze diversi rimedi (6), ovviamente nel rispetto dialcuni principi — di rango costituzionale e di derivazione europea — chesi rinvengono in tutti i procedimenti di risoluzione alternativa dellecontroversie. Tali procedimenti, sia pure con modalità diverse, svolgono,a dispetto del nome, una funzione complementare più che “alternativa”rispetto alla giurisdizione ordinaria, consentendo, peraltro, l’emersione diuna domanda di giustizia non più destinata a rimanere inascoltata po-nendo, pertanto, attenzione al consumatore che, in ragione di ciò, non èsolo destinatario di un servizio, ma anche soggetto attivo del mercato.

La difficoltà di una classificazione discende, tra l’altro, da una termi-nologia non sempre puntuale, che spesso evoca apparentamenti che non

del consumo un Titolo II-bis, Risoluzione extragiudiziale delle controversie, (artt. 141-141-decies) — sembra esserci anche quello di una semplificazione, volta a superare la scompostastratificazione. Ciò non incide, tuttavia, sulla disomogeneità che sembra propria dei modellialternativi di risoluzione delle controversie e che viene esaltata ancor più ove si considerino,seppure limitatamente al settore bancario e finanziario, le notevoli differenze che permangonofra i diversi modelli adottati dai vari Paesi europei ed evidenziata ben prima del recepimentodella direttiva (v. fra gli altri, G. BOCCUZZI, I sistemi alternativi di risoluzione delle controversienel settore bancario e finanziario: un’analisi comparata, in Quaderni di ricerca giuridica, Bancad’Italia, n. 68/2010), disomogeneità che appare, invece, destinata a permanere come si evincechiaramente dalla descrizione delle esperienze di tutela della clientela bancaria e finanziaria neiprincipali sistemi europei riportata nella Relazione sull’attività dell’Arbitro Bancario Finanzia-rio, Anno 2015, in Banca D’Italia, Eurosistema, n. 6, giugno 2016, 23 ss.

(4) Delinea con chiarezza le principali caratteristiche dell’ABF, sottolineandone ledifferenze con i molteplici sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, la Relazioneannuale, 2015, cit., 12.

(5) In via di prima approssimazione si può ricordare che, come è noto, rientrano nelmetodo conciliativo quelle procedure attraverso le quali le parti cercano di raggiungere unaccordo che sia condiviso da entrambe, con o senza la mediazione del terzo; esse rispondono allalogica win-win, espressione volta ad indicare che l’esito della procedura soddisfa entrambe leparti. Rientrano nel metodo aggiudicativo quelle procedure in cui le parti, al fine di risolvere lacontroversia, affidano ad un terzo il potere di prendere una decisone, più o meno vincolante.

A differenza della Direttiva 2008/52/CE che faceva riferimento alla sola “mediazione”, laDirettiva 2013/11/UE ricopre le diverse tipologie facendo riferimento ad un “organismo ADR”che “propone o impone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzioneamichevole”.

(6) A seguito della recente riforma va rilevato non solo che la molteplicità dei sistemi,con particolare attenzione alla specificità dei settori, viene considerata un “valore”, ma che,accanto alla molteplicità per settore, positivamente enunciata (v. art. 141, punto 7 cod. cons.),il legislatore sembra voler incentivare, come ulteriore valore aggiunto, una molteplicità che nonè “di settore”, ma è “nel settore”. Questo intento trova una indicazione puntuale nelle letterev-bis) e v-ter) inserite nell’art. 33 cod. cons. dal d.lgs. 130/2015, esse sono andate ad arricchirel’elenco delle clausole vessatorie, presumendo la vessatorietà di una clausola che imponga “dirivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismo ADR o ad un unico organismoADR”. Ne consegue che il legislatore intende tutelare il diritto alla scelta della procedura chemeglio possa adattarsi alla risoluzione della specifica controversia, garantendo al consumatorel’esercizio di una effettiva libertà di scelta (v. anche, infra, nt. 28).

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risultano coerenti: basta pensare all’arbitrato in materia di società, distrumenti finanziari (7), di diritto del lavoro, di opere pubbliche, all’arbi-trato sportivo e all’arbitrato amministrato delle Camere di commercio.

Accanto a tali forme che, pur nelle loro variabili, sembrano costituirepur sempre species del genus arbitrato, sussistono ulteriori procedure lequali, a prescindere dalla loro natura (facilitativa o valutativa), di certonon rientrano in tale ambito. Limitandoci ai settori presidiati da Autorità,basta far riferimento alle procedure di risoluzione delle controversie inmateria di energia elettrica e gas gestite dall’AEEG, a quelle in materia dicomunicazioni gestite dall’AGCom, alle nuove modalità, in via di attua-zione, per la risoluzione delle controversie in merito al corretto adempi-mento degli obblighi d’informazione, correttezza e trasparenza in materiadi servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio disciplinati dalT.U.F. (8), all’Arbitro bancario finanziario.

Ancora, sia pure solo per contiguità di materia, non si può tralasciareuna menzione all’Ombudsman-Giurì bancario (9). Questa ultima, difatti, èuna modalità su base volontaria, tuttora attiva, seppure ridimensionataper competenza, che riguarda unicamente gli intermediari aderenti alConciliatore Bancario-Finanziario, ed è caratterizzata dall’impegno degliassociati a rispettare la decisione dell’Ombudsman; la sua pronuncia,generalmente, non impone un facere all’intermediario, ma, accertando uncomportamento non conforme alla normativa applicabile, impone al me-desimo di risarcire il danno che da tale condotta sia conseguito.

(7) Il d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179, come sintetizzato nella rubrica “Istituzione diprocedure di conciliazione e arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i rispar-miatori e gli investitori in attuazione dell’art. 27, commi 1 e 2 della legge 28 dicembre 2005, n.262”, aveva istituito una Camera di conciliazione e di arbitrato regolando, secondo una duplicemodalità, la risoluzione delle controversie insorte tra investitori ed intermediari che sottosta-vano, quindi, a modalità del tutto diverse da quelle per le quali è competente l’ABF. Si tratta,come avremo modo di accennare, di una disciplina in via di estinzione. Infatti, la l. 28 dicembre2015, n. 208 ha disposto (con l’art. 1, comma 47) che “Gli articoli 2, commi da 1 a 5, 3, 4, 5 e 6del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, sono abrogati dalla data in cui diviene operativol’organo decidente di cui al comma 5-ter dell’articolo 2 del citato decreto legislativo n. 179 del2007. Il regolamento della CONSOB indicato al citato comma 5-ter dell’articolo 2 del decretolegislativo n. 179 del 2007 prevede, altresì, le disposizioni transitorie per la definizione delleprocedure di conciliazione che risultano avviate e non ancora concluse alla data in cui divieneoperativo l’organo decidente di cui al primo periodo”.

(8) La l. n. 208/2015 (c.d. legge di stabilità 2016) all’art. 1, comma 47, ha abrogato gliarticoli del d.lgs. n. 179/2007 riferiti alla Camera di conciliazione e di arbitrato (v. notaprecedente). Il precedente modello viene sostituito da un modello che, anche per quantoriguarda la tutela del risparmiatore, prevede una struttura analoga all’ABF (sul punto v. infra,par. 4).

(9) Va tenuto presente che, per quanto più direttamente ci riguarda, la competenza ditale organo si è notevolmente ristretta, essendo limitata, dal 15 ottobre 2009, alle tipologie dioperazioni che non sono assoggettate al sistema di risoluzione stragiudiziale per le quali ècompetente l’ABF (art. 1 del “Regolamento per la trattazione dei reclami e dei ricorsi in materiadei servizi di attività di investimento”).

Sul tema si rinvia, per la persistente attualità delle osservazioni, a G. CARRIERO, Le fontinegoziali del diritto nel settore bancario, in Foro it., 2000, V, c. 38 ss.; ID., Crisi del processo civilee giustizia stragiudiziale, in Econ. dir. terziario, 2003, 117.

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Questa mera e incompleta elencazione rende, di per sé, evidente lanecessità di superare la “meccanica contrapposizione tra mediazione econciliazione da una parte e arbitrato, dall’altra” (10).

Si genera così un sistema caratterizzato dall’attiva e crescente in-fluenza del legislatore nella regolazione delle ADR. Lo Stato da un lato siritrae e limita la propria funzione giurisdizionale, dall’altro invade ilcampo dell’autonomia privata e regola i procedimenti alternativi, che, nelfrattempo, implementa, non solo con il fine dichiarato di deflazionare ilcontenzioso, pendente e potenziale, ma anche con quello di rendere piùefficiente l’amministrazione della giustizia, accrescendo la fiducia neimeccanismi del mercato nella prospettiva di un suo reale migliora-mento (11).

La scelta di una modalità di risoluzione extragiudiziale delle contro-versie è sempre meno una scelta totalmente “libera” (si pensi ad esempioalla mediazione obbligatoria e alle procedure reputate equipollenti, qualecondizione di procedibilità dell’azione); tale scelta, piuttosto, è “indotta”,regolata e controllata dallo Stato che, seppure in un’ottica di “degiurisdi-zionalizzione” (12), tende a rendere tali rimedi una sorta di “giurisdizionealternativa”, anche se non “giurisdizionale” (13).

(10) Secondo la corretta indicazione di E. MINERVINI, L’Arbitro bancario finanziario. Unanuova “forma” di ADR, Napoli, 2014, 5.

(11) Fra i molti, su un tema che esula da queste brevi note, con specifico riferimento allecontroversie bancarie, v. M. PELLEGRINI, Sistemi alternativi di composizione delle controversiebancarie, in F. CAPRIGLIONE (a cura di), L’ordinamento finanziario italiano, Padova, 2010, p. 882.

Giova, tuttavia, evidenziare subito che la felice anomalia rappresentata dall’ABF può rin-venirsi, come è stato giustamente rilevato, nella sua “funzionalizzazione” che consente di per-seguire, al di là dell’attività paragiurisdizionale, anche una attività di supervisione e di tutela dellacorrettezza nei rapporti con la clientela, che accresce il merito di un organismo, sostanzialmente“gestito” dalla Banca d’Italia, che ne assicura la indipendenza e la imparzialità, che non viene dicerto smentita dalla natura “ibrida” dello strumento in questione. Così, in termini, E. CAPOBIANCO,Arbitro bancario finanziario, in Dig. disc. priv., Sez. comm., Agg., Torino, 2012, 44.

(12) Va notato che lo stesso lessico legislativo ha ormai adottato il termine “degiurisdi-zionalizzazione”: v. il d.lgs. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla L. 10dicembre 2014, n. 162, che ha introdotto varie e contestate misure volte essenzialmente apredisporre strumenti di deflazione del contenzioso civile. Invero allo stato la negoziazioneassistita e l’arbitrato deflattivo, malgrado il clamore che ha accompagnato la novità legislativa,sembrano aver prodotto uno scarso risultato concreto. Si tratta, pertanto, di un cammino initinere tanto che di recente (marzo 2016) è stata istituita presso il Ministero della giustizia una“Commissione di studio per una riforma organica volta a favorire la degiurisdizionalizzazione”.

(13) Proprio in ragione della sua natura non giurisdizionale, desunta essenzialmente dallanatura non cogente della decisione, la Corte costituzionale — ord. 4 luglio 2011, n. 218, in Guidadir., 2011, 36 con nota di G. FINOCCHIARO, L’autorità non ha i poteri del giudice e le sue decisionisono solo indicative ha negato l’accesso dell’ABF al giudizio di legittimità costituzionale —benché il Collegio di Napoli — decisione 6.7-2010 — nel sollevare la questione di legittimitàcostituzionale dell’art. 19, comma 1, l. Reg. Sicilia 14 maggio 2009, n. 6, aveva diffusamenteevidenziato in premessa di essere legittimato in quanto “autorità giurisdizionale”, ponendo inrilievo, fra l’altro, che l’ABF è organo “chiamato a risolvere le controversie devolute alla propriacompetenza nel rispetto delle garanzie del contraddittorio ed esclusivamente facendo applicazionedel diritto”.

Da ultimo v. i riferimenti in tal senso contenuti nella Relazione annuale, 2015, cit., 11.

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Una testimonianza in tal senso si rinviene proprio nell’ABF, il qualerappresenta un’evoluzione di tipo istituzionale (14) di forme pregresse dirisoluzione dei conflitti fondate sull’autoregolamentazione della categoria(il riferimento è all’Ombudsman-Giurì bancario) (15).

2. In questo contesto, caratterizzato da procedure che il pragmati-smo del legislatore europeo sembra volere disomogenee (16), rendendone,al di là del rispetto dei principi ai quali adeguarsi, assai incerta laqualificazione e l’individuazione di un fondamento comune che consentala costruzione di una categoria unitaria cui ricondurre le diverse tecnichedi soluzioni delle liti, assume peculiare rilievo l’esperienza dell’Arbitrobancario finanziario nella cui disciplina si intrecciano molte delle contrad-dizioni irrisolte che caratterizzano l’intero settore delle risoluzioni extra-giudiziali delle controversie nel loro “singolare intreccio di interessi pub-blici ed interessi privati” (17).

La natura, controversa, dell’ABF, testimoniata dall’ampio approfon-dito dibattito che ne è scaturito (18), discende in primo luogo dagli scar-

(14) Il d.lgs. n. 130/2015 che, in attuazione della direttiva 2013/11/UE, ha modificato ilcodice del consumo (vedi nota 3) appare confermare che, in settori rilevanti, lo Stato gestiscele ADR tramite le Autorità indipendenti (Si rinvia sul punto a quanto riportato nella Relazioneannuale, 2015, cit., 20 ss.).

Ne discendono, malgrado la previsione di un tavolo di coordinamento e di indirizzo pressoil MISE, significative ricadute in termini di frammentarietà e di complessità. Da una parte lamaggiore frammentarietà della disciplina sembrerebbe giustificarsi in ragione delle peculiaritàdei diversi settori, dall’altra la ricerca di strumenti più duttili atti a governare la complessità nonsempre parte “dal basso”, ma sovente, come in questo caso, sembra trovare nelle Autorità unaforma di riemersione dello Stato perseverando in un cammino che ha destato fondate perples-sità (v. per tutti la lucidissima analisi di N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari,1998).

Va rilevato che la scelta del legislatore italiano non si pone in termini di strettaderivazione dalla direttiva, che peraltro non è di armonizzazione massima, il che ha comportato,proprio per quanto riguarda il settore bancario, che le risposte offerte nei vari Stati europeiappaiono estremamente diversificate. Appare significativo ricordare, a titolo di esempio, che laFrancia ha privilegiato sistemi di tipo conciliativo; diversamente la Germania adotta, come noi,sistemi di tipo valutativo, nei quali si registra, però, una netta separazione tra sistemi dirisoluzione stragiudiziale delle controversie e vigilanza. A tale riguardo giova, ancora una volta,rinviare alla descrizione delle diverse esperienze europee riportata nella Relazione annuale,2015, cit., 23 ss.

(15) In generale v. S. BAIONA, I confini tra regolamentazione pubblica e privata nel sistemabancario e finanziario italiano, in Giur. it., 2010, 1460 ss.

(16) Una conferma in tal senso si trae dal riconoscimento formale delle negoziazioniparitetiche (art. 141-ter, cod. cons.) inserite fra gli organismi ADR. Si tratta del riconoscimentonormativo di una “buona prassi” che, seppure sconosciuta ad altri paesi europei, è stataconsiderata positivamente per il successo legato ai concreti risvolti operativi di una modalitàdisomogenea alle altre in quanto non pienamente corrispondente al modello paradigmaticopreso in considerazione dal legislatore europeo in ragione della mancanza di un soggetto terzodiverso rispetto alle parti in lite.

(17) Così E. MINERVINI, L’Arbitro bancario finanziario, cit., 8.(18) Un richiamo ai molti e diffusi interventi che si sono succeduti sul tema imporrebbe

di stilare un lungo elenco, appare, pertanto, preferibile limitare il rinvio ai contributi che, più di

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sissimi riferimenti della normativa di rango legislativo e dalla confusioneingenerata da quella regolamentare (19).

La genesi dell’ABF si rinviene nella L. 28 dicembre 2005, n. 262 cheha introdotto nel TUB l’art. 128-bis, successivamente più volte modificato(d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 303; d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11; d.lgs. 13agosto 2010, n. 1419) la cui formulazione attuale statuisce: “I soggetti di cuiall’articolo 115 aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale dellecontroversie con la clientela. Con deliberazione del Comitato interministe-riale per il credito e il risparmio (CICR), su proposta della Banca d’Italia,sono determinati i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione dellecontroversie e di composizione dell’organo decidente, in modo che risultiassicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggettiinteressati. 2. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità,l’economicità della soluzione delle controversie e l’effettività della tutela. 3.Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 1, del decretolegislativo 4 marzo 2010, n. 28. le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 nonpregiudicano per il cliente il ricorso a ogni altro mezzo di tutela previstodall’ordinamento. 3-bis. La Banca d’Italia. Quando riceve un reclamo daparte della clientela dei soggetti di cui al comma 1, indica al reclamante lapossibilità di adire i sistemi previsti dal presente articolo”.

Pertanto, benché la istituzione di un sistema di risoluzione stragiudi-ziale delle controversia in materia risale al 2005, l’ABF è entrato infunzione a quasi cinque anni di distanza (ottobre 2009) in ragione delladelega disposta dal comma 2 dell’articolo sopra riportato.

Appare significativo osservare che i più rilevanti profili di dubbioconseguono proprio al ruolo fondamentale assunto, per la disciplinadell’ABF, dalle diposizioni amministrative di attuazione e, precisamente,dalla delega legislativa al CICR (cfr. delibera 275 del 29 luglio 2008) e —di conseguenza — alla stessa Banca d’Italia che ha emanato le Disposi-zioni applicative (cfr. le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudi-ziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finan-

recente, hanno affrontato sistematicamente il tema, affidandosi a questi anche per gli ulterioririferimenti. Cfr., per molti, A. SCOTTI, voce Abf e rapporti bancari, in Dig. disc. priv., Sez. comm.,Agg., Torino, 2012, 1 ss.; E. CAPOBIANCO, voce Arbitro bancario finanziario, cit., 44 ss. E.MINERVINI, L’Arbitro bancario finanziario. Una nuova “forma” di ADR, cit.; E. LUCCHINI

GUASTALLA, voce Arbitro bancario finanziario, in Enc. Dir., Annali, VIII, Milano, 2014, 35 ss.;E. MINERVINI, L’Arbitro Bancario Finanziario. Una nuova “forma” di ADR, cit.; E. LUCCHINI

GUASTALLA, voce Arbitro Bancario Finanziario, in Enc. Dir. Annali, VIII, Milano, 2014, 35 ss.(19) Sul punto delle fonti della disciplina di settore giova richiamare le osservazioni di A.

PUNZI, Prefazione in G. BENEDETTI, Oggettività esistenziale dell’interpretazione, Torino, 2014,XVI, sul fenomeno dei nostri tempi “dell’inarrestabile transizione da un diritto che si producevain forma gerarchica a un diritto che viene scritto e riscritto da soggetti diversi, legislatore, giudice,autorità indipendenti, dottrina, privati, tra i quali è spesso difficile stabilire chi comanda e chiobbedisce”.

Le criticità del “percorso normativo di avvicinamento all’ABF” sono sinteticamente maefficacemente riportate da A. SCOTTI, op. cit., 1 ss.

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ziari, in data 18 giugno 2009, successivamente revisionate in data 12dicembre 2011) destinate a regolare i punti qualificanti della disciplina e,quindi, non solo la determinazione dei criteri di svolgimento delle proce-dure e la composizione del Collegio (art. 128-bis, comma 2, TUB) maanche, seppure non espressamente menzionato, l’ambito di applicazionedella disciplina.

La conclusione interpretativa dominante è che il procedimento dicompetenza dell’ABF, a dispetto della denominazione contenuta nel-l’acronimo, non è un arbitrato (20), essenzialmente in ragione della asso-luta incoercibilità della decisione i cui (discussi) caratteri la diversificanodal lodo (21).

Ben più evidente, al di là della equipollenza ai fini della procedibilitàdella domanda giudiziale (art. 5 comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010), è che nonè nemmeno una mediazione (22): questa è istituto ADR transattivo edautonomo, mentre l’ABF sarebbe aggiudicativo sebbene le decisioni, oltrea non avere alcuna rilevanza esterna, non sono direttamente vincolantinemmeno per le banche, che tuttavia tendono “spontaneamente” a rispet-tarle.

Nonostante la decisione non abbia natura giurisdizionale né valoreesecutivo (23), si è registrata finora una larga adesione da parte degliintermediari alle pronunce di accoglimento dei ricorsi.

A presidio dell’enforcement è stabilito un peculiare meccanismo chefa perno sulla sanzione reputazionale derivante dalla pubblicazione del-l’inadempimento dell’intermediario.

(20) V., per molti, E. LUCCHINI GUASTALLA, voce Arbitro bancario finanziario, cit., 38.Contra, però, Trib. Salerno, 17 dicembre 2013, in Banca borsa tit. cred., 2015, 176 ss., con notadi G. LIACE, Una nuova (ma non condivisibile) configurazione dell’Arbitro bancario finanziario,che ne afferma la natura di arbitrato irrituale. In dottrina, cfr. diffusamente in tale senso G.GUIZZI, L’arbitro bancario finanziario nell’ambito dei sistemi di ADR: brevi note intorno alvalore delle decisioni dell’ABF, in Società, 2011, 1216 ss.; per la ricostruzione in termini diarbitraggio, cfr. M.S. DESARIO, Profili d’impatto delle decisioni dell’Arbitro bancario finanziariosugli intermediari, in Banca borsa tit. cred., 2011, 495 ss.; A. SCOTTI, op. cit, 7, individua un nessotra arbitraggio e arbitrato irrituale e, guardando alle modifiche da questo subite, ritiene chel’attuale modello, risultante dalla sua nuova caratterizzazione, “appare in rilevante misurasovrapponibile alla disciplina del procedimento dinanzi all’ABF”.

(21) Così diffusamente V. SANGIOVANNI, Regole procedurali e poteri decisori dell’ArbitroBancario Finanziario, in Società, 2012, 953 ss.

(22) V., per tutti, E. CAPOBIANCO, Mediazione obbligatoria e Arbitro Bancario Finanzia-rio, in Contr. impr. Eur., 2011, 134 ss.

(23) La natura della decisione resta controversa anche se, come ormai afferma anche lagiurisprudenza, non viene revocata in dubbio la sua non vincolatività: cfr. Trib. Napoli, Sez. IIciv., 9 gennaio 2015, n. 35798/12, la quale, nel ritenere inammissibile la chiamata in causa dellaBanca d’Italia da parte della società finanziaria convenuta che richiedeva in via riconvenzionaledi dichiarare non conforme la decisione dell’ABF, ha affermato che “la decisione dell’ABF hala natura di una mera proposta conciliativa in quanto non ha efficacia di giudicato, non èvincolante per le parti né è in alcun modo coercibile essendo assistita da una mera sanzioneamministrativa (la pubblicazione della decisione) rispetto alla quale la controparte non ha alcuninteresse sostanziale”.

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Al medesimo scopo dovrebbe contribuire il raccordo con l’attività diVigilanza della Banca d’Italia: ferma restando l’autonomia e l’indipen-denza tra ABF e Banca d’Italia, gli esiti dei ricorsi arricchiscono ilpatrimonio informativo che quest’ultima è tenuta ad utilizzare nellosvolgimento dell’attività di Vigilanza (24).

Inoltre, l’introduzione di un sistema rapido e con costi contenuti peri ricorrenti (che possono adire l’Organismo senza la necessaria assistenzadi un avvocato (25), la cui presenza è invece richiesta nella mediazioneobbligatoria delle controversie civili e commerciali) consente di colmareuna lacuna di tutela per le controversie di modico valore (26) o che, in ognicaso, per i tempi e i costi della giustizia civile, i privati sono disincentivatiad azionare.

Tali effetti vengono intensificati dal rapporto di complementarità conla giustizia civile: l’ABF si pronuncia spesso su normative di recenteemanazione, ad alto contenuto tecnico, sulle quali la giurisprudenza non siè ancora espressa; le decisioni possono dunque rappresentare un riferi-mento qualificato per gli stessi giudici nell’interpretazione delle regole enella soluzione di casi analoghi.

La decisione assume cosi una rilevanza che trascende il caso singoloanche in virtù della serialità dei problemi; essa, pertanto, oltre a consentireuna sinergia con la vigilanza, è atta a definire buone pratiche.

(24) C. CALDAROLA, “La Banca d’Italia e la tutela del cliente dei servizi bancari efinanziari”, Seminario sul “Contenzioso Bancario” (O.D.C.E.C.), Bari, 10 aprile 2015; B. DE

CAROLIS, L’Arbitro bancario finanziario come strumento di tutela della trasparenza, Quaderni diricerca giuridica, Banca d’Italia, n. 70, giugno 2011, p. 9, ha puntualmente evidenziato la genesidell’ABF, strumentale alla “trasparenza” sulla quale Banca d’Italia deve vigilare e, difatti, l’A.ricorda che per la Banca d’Italia “l’esigenza di introdurre ulteriori strumenti di tutela deiconsumatori, con speciale attenzione alle situazioni critiche che possono verificarsi nello svolgi-mento dei rapporti obbligatori, trovava conferma in segnali particolarmente significativi, come ilragguardevole numero di “esposti” ricevuti”, precisando, peraltro, che, tali esposti avevano,tuttavia, già consentito di attivare “misure di vigilanza, comprese ispezioni in loco e proceduresanzionatorie”.

La stessa Relazione annuale, 2015, cit., 21 dà atto che, in conformità alle disposizioni ABF,sez. I, par. I, “Gli esiti dei ricorsi ABF forniscono un importante contributo all’attività disupervisione del sistema bancario e finanziario”.

Cfr. poi P. SIRENA, L’unione bancaria e il suo impatto sul rapporto tra intermediari econsumatori, in Economia e dir. del terziario, 2016, 44 ss., rileva acutamente che “l’attivitàdecisionale dell’ABF delinea un modello bottom up di vigilanza bancaria, nel quale è il clienteche, allegando il fatto che la banca abbia violato un suo diritto, prende l’iniziativa di sollecitarel’eventuale avvio del procedimento sanzionatorio da parte dell’autorità di vigilanza”. Precisaancora che “si tratta quindi di un’alternativa al modello top down di vigilanza bancaria, il qualesi è tradizionalmente sviluppato a proposito della verifica di stabilità finanziaria degli interme-diari”.

(25) Anche se un dato sul quale occorre riflettere può rinvenirsi nell’aumento dellapercentuale di clienti che si avvalgono dell’assistenza di professionisti (60 per cento nel 2015, 41per cento nel 2014). Cfr. Relazione annuale 2015, cit., 40.

(26) Come è ben noto la controversia rientra nella competenza dell’ABF a condizioneche l’importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro. V. sul punto Coll. di coord., dec. n. 8226del 2015.

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Si determina in tal modo una “moral suasion” che ha indotto ilrichiamo, non solo ad un timore reputazionale con il conseguente rischiodi perdita di clientela, quanto in particolare alla “nudge” (o “spintagentile”), che potrebbe rappresentare un interessante profilo di autono-mia negoziale, in quanto introduce nel sistema regole comportamentali diformazione pratica (27).

3. La scelta di far slittare il compito di gestione delle controversiebancarie da una associazione privata, seppure di categoria, all’Autorità disettore, impone, in primo luogo, di registrare “la legificazione di un ambitosino ad allora lasciato all’autonomia degli intermediari” (28).

Nel settore bancario si conferma, pertanto, il passaggio da autonomiaad eteronomia ove si consideri che l’attenzione si incentra su di un “unico”strumento preordinato “a realizzare la tutela di diritti attraverso la formu-lazione di una soluzione eteronoma” (29).

Seppure non si può parlare di “unico” strumento, concorrendo l’ABFcon altre modalità non di settore, l’opzione normativa lascia, tuttavia,trapelare, nell’ambito del settore, la considerazione privilegiata nei con-fronti di un sistema “specifico” di risoluzione. Anche nel settore bancarionon si può e non si deve parlare di “sistema” al singolare in quanto l’ABFconcorre con altri sistemi (30), di carattere meno specifico e più generale,quali la mediazione o la negoziazione paritetica, ove sussistano protocollid’intesa fra l’intermediario e le associazioni dei consumatori.

L’abolizione del giurì non comporta, quindi, la riduzione dai “sistemi”al “sistema”, non risulta, pertanto, tradito il valore della molteplicità, cheè alla base dell’attuale disciplina delle risoluzioni extragiudiziali, la qualeimpone di tenere in conto che un modello è migliore dell’altro solo neilimiti in cui esso risponde maggiormente alle esigenze “concrete” del

(27) Cfr. M. RABITTI, Soft law e governance: i fallimenti del mercato e l’esperienzadell’Arbitro Bancario Finanziario, in Il principio di sussidiarietà nel diritto privato, cit., 623 ss.,la quale richiama la “spinta gentile” di R.H. THALER e C.R. SUNSTEIN, Nudge - La spinta gentile.La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Milano, 2009 (cfr.p. 11, ove la constatazione secondo cui: “in molti casi gli individui prendono cattive decisioni:decisioni che non avrebbero preso se avessero prestato piena attenzione e se avessero possedutoinformazioni complete, capacità cognitive illimitate e totale autocontrollo”).

L’A. evidenzia, anche attraverso una rapida ricognizione della “giurisprudenza”, che“l’ABF sembra così riuscire a dare effettivamente una “spinta gentile” alle banche e alla clientelae forse anche alle Authorities e al legislatore” (p. 645).

(28) Come testualmente rileva, fra molti, E. MINERVINI, L’Arbitro bancario finanziario,cit., 19 ed ivi anche ulteriori riferimenti.

(29) Ancora E. MINERVINI, op. cit., 16.(30) V. E. LUCCHINI GUASTALLA, voce Arbitro bancario finanziario, cit., 39 sulla concor-

renza tra i diversi sistemi di risoluzione, ed ivi anche i riferimenti alla vexata quaestio che portaa considerare la molteplicità talora una risorsa, talaltra un rischio per la eccessiva frammenta-zione che essa può comportare.

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cliente (31); ne consegue che questi deve essere posto nelle condizioni diesercitare una scelta.

Difatti la pluralità dei rimedi è un valore in quanto si basa sulpresupposto che il cliente abbia gli strumenti idonei ad acquisire laconsapevolezza di potere adire al sistema per lui più conveniente conriferimento alle sue effettive esigenze.

Soffermandoci sull’ABF quale organismo specializzato, al di là degliindubbi risultati positivi con riferimento alla “economicità” e, in granparte, alla “rapidità” della soluzione delle controversie, tenendo conto chefinora si è ben coniugata la qualità alla quantità delle decisioni (32), untratto distintivo caratterizzante si rinviene nell’aver predisposto un si-stema che coniuga private e public enforcement, trattandosi di una specialemodalità di esercizio della funzione di vigilanza della Banca d’Italiaesercitata, appunto, attraverso l’ABF, come traspare dalla stessa norma-tiva di rango secondario (le disposizioni della Banca d’Italia dichiarano larilevanza dell’attività dell’ABF “per il conseguimento di obiettivi di effi-cienza e competitività del sistema finanziario” e collocano espressamente ledecisioni dell’ABF nell’ambito di un “più ampio quadro informativo” dautilizzare “nello svolgimento della propria funzione regolatrice e di con-trollo”), a prescindere dalle garanzie di imparzialità degli arbitri che,malgrado alcune, iniziali, autorevoli perplessità (33), non può ormai revo-carsi in dubbio.

Il punto non è, quindi, se la Banca d’Italia eserciti o meno influenzesugli arbitri chiamati a rendere le singole decisioni, ingerenza che nonsembra potersi ascrivere neanche al ruolo di supporto della segreteriatecnica (34), la cui attività ha carattere ausiliario, avendo una funzionemeramente preparatoria dell’istruttoria (35): è, invece, che essa, dovendoavvalersi delle risultanze dell’attività dei Collegi, è tenuta a gestire eutilizzare il sistema procedimentale dell’ABF nella propria funzione divigilanza e controllo.

(31) Anche se assai discusso è il raffronto tra l’ABF e la mediazione in termini di astrattaconvenienza, v. al riguardo, le contrapposte posizioni di B. DE CAROLIS, op. cit., 24 e E.CAPOBIANCO, La mediazione, cit., 144.

(32) Fra qualità e quantità sembra sussistere una intima connessione. Difatti il circolovirtuoso che dovrebbe realizzarsi in ragione della “qualità” delle decisioni — dalle quali prendel’avvio sia il private enforcement, attraverso l’autoregolamentazione, sia il public enforcement(anche) attraverso la vigilanza — appare destinato ad incidere sulla quantità portando acambiamenti che dovrebbe limitare, in prospettiva, la necessità del ricorso.

(33) F. CAPRIGLIONE, La giustizia nei rapporti bancari e finanziari. La prospettiva del-l’ADR, in Banca borsa tit. cred., 2010, I, 272; C. CONSOLO e M. STELLA, Il funzionamentodell’ABF nel sistema delle ADR, in Analisi giur. econ., 2011, 121 ss.

(34) V., in tal senso, però, le osservazioni di D. ROSSANO, Mediazione, camera diconciliazione, arbitro bancario finanziario. Modelli alternativi di risoluzione delle controversiebancarie e finanziarie a confronto, Napoli, 2012.

(35) Sul punto v. per molti, B. DE CAROLIS, L’Arbitro bancario finanziario, cit., 15.

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L’art. 127, comma 1, TUB, così come è stato riformulato dal d.lgs. n.141/2010, dà conferma che l’ABF, oltre ad essere funzionale alla vigilanza,seppure, ovviamente, non più intesa in senso tradizionale (36), rappresentaanche l’indispensabile tassello di un sistema di enforcement assai ampio earticolato, che ha ad oggetto la trasparenza delle condizioni contrattuali ela correttezza dei rapporti con la clientela: la tutela degli utenti costituisce,quindi, un punto nodale al fine di consentire il raggiungimento di obiettivigenerali (37).

In coerenza con questa funzione la giurisprudenza dell’ABF — giustaanche la particolare qualità degli arbitri che decidono “secondo diritto” —comincia ad essere divulgata, raccolta e considerata al di là del caso dispecie (38), facendone emergere quello che, a nostro parere, è uno dei datipiù significativi che si connettono alla effettività di questo modello chesembra assumere una rilevanza che è assai più pregnante all’esterno cheall’interno (39).

(36) Si osserva, diffusamente, che “accanto ad una vigilanza di tipo prudenziale se ne èaggiunta un’altra, volta a garantire il regolare funzionamento dei rapporti contrattuali, in ragionedi un elevato livello di protezione del consumatore e, conseguentemente di regolazione delmercato”, così P.F. BARTOLOMUCCI, Principio di sussidiarietà e risoluzione extragiudiziale dellecontroversie in materia bancaria, in Il principio di sussidiarietà nel diritto privato, cit., 662 ss.

(37) Nell’ottica di rafforzare la tutela della clientela un passo fondamentale è statocompiuto dal decreto legislativo n. 141/2010 che ha espressamente riconosciuto la tutela dellatrasparenza e della correttezza nell’ambito dei servizi bancari e finanziari quale finalità auto-noma di vigilanza della Banca d’Italia, di pari dignità rispetto alle tradizionali funzioniprudenziali. Il legislatore del 2010 ha poi ampliato i poteri sanzionatori e le misure di interventodella Banca d’Italia. Il regime sanzionatorio, già attivabile per le violazioni degli obblighi diinformativa precontrattuale, è stato esteso a tutte le norme di trasparenza, quali quelle relativealla conclusione del contratto, alle comunicazioni periodiche e di modifica unilaterale dellecondizioni. Gli strumenti a disposizione della Banca d’Italia sono stati inoltre arricchiti dellenuove misure inibitorie di cui all’art. 128-ter del TUB; in caso di accertate irregolarità può essereordinata la cessazione dell’attività o di specifiche forme di offerta ovvero, nell’attesa deldefinitivo accertamento e al ricorrere di situazioni d’urgenza, può esserne disposta la sospen-sione. È stato altresì introdotto il potere dell’Autorità di Vigilanza di ordinare la restituzione disomme indebitamente addebitate al cliente e di pubblicare un avviso concernente la violazioneriscontrata. Tali misure si aggiungono ai tradizionali poteri di intervento della Banca d’Italiache, in base alla rilevanza e alla tipologia della violazione, possono comportare un semplicerichiamo, la richiesta di adottare misure correttive o, nei casi più gravi, l’avvio di proceduresanzionatorie. Da ultimo, con il recepimento della Direttiva CRD4 (direttiva 2013/36/UEsull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulleimprese di investimento, c.d. “CRD4 - Capital Requirements Directive 4”), i poteri di inter-vento della Banca d’Italia sono stati ulteriormente ampliati. Il novellato TUB estende alleviolazioni della normativa di trasparenza l’inasprimento del regime sanzionatorio stabilito inambito prudenziale; significativo l’innalzamento dei massimali edittali e l’applicabilità dellesanzioni direttamente agli intermediari, non più alle persone fisiche.

(38) F. MACARIO, Il nuovo osservatorio dedicato all’Arbitro bancario finanziario, inContratti, 2016, 49, nel presentare la nuova “sezione” “affidata alla sapiente e autorevole cura diGiuseppe Marziale” che la rivista dedica alla “giurisprudenza” ABF, rileva che essa “non potevapiù essere sostanzialmente ignorata o tutt’al più rimanere relegata all’informazione giuridica dinicchia riservata ai soli addetti ai lavori”.

(39) Sul valore prognostico (cfr. G. CONSOLO e M. STELLA, Il ruolo prognostico deflattivo,cit.; ID., L’arbitro bancario finanziario e la sua giurisprudenza precognitrice, in Società, 2013, 185ss.) che tali decisioni appaiono destinate ad avere rispetto all’eventuale giudizio dinanzi

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Sul piano dell’effettività, con riferimento alle parti, guardando, cioè,ai profili “interni”, il successo dell’ABF — dei cui ibridi connotati si è fattorapido cenno — pare derivare e dipendere proprio dalla stessa Bancad’Italia che lo governa e, in virtù del dettato legislativo, lo “impone” allebanche (40), le quali sono “persuase” a rispettarne le decisioni, sebbenenon vincolanti.

L’elevato tasso di adempimento finora registrato, che vede rari casi incui, almeno finora, l’intermediario non rispetta il decisum, peraltro, limi-tati ad ipotesi di intermediari cancellati dall’albo o in liquidazione volon-taria, non sembra dovuto solo alle sanzioni reputazionali (41), ma anche, eforse principalmente, alle sanzioni che Banca d’Italia può infliggere nel-l’esercizio delle proprie attività di vigilanza sulla conformità dei compor-tamenti degli intermediari alle prescrizioni del TUB e, in particolare, alleregole di trasparenza (42).

L’apparato sanzionatorio appare tale da spingere le banche a confor-marsi alla decisioni dell’ABF, garantendo in concreto la vincolatività delladecisione ed il suo adempimento da parte dell’intermediario (43).

Come è stato concordemente rilevato, sia pure sovente con accentidiversi, le caratteristiche cui abbiamo fatto cenno esaltano i profili dirilevanza esterna della decisione determinando una circolarità virtuosa tradue “vicende — quella giudiziale privata e quella regolamentare pubblica— che conservano la loro piena autonomia, avendo piani d’incidenza deltutto separati, pur potendo la seconda dare rilevo alla prima quale fonte dicognizione privilegiata” (44).

A ben vedere, dunque, i comportamenti degli intermediari nei con-fronti della clientela vengono in rilevo “sia ai fini episodici dei singoli

all’autorità giudiziaria, valore che viene sottolineato, appunto, dalla loro diffusione, vedi, ancheper gli ulteriori puntuali riferimenti, P.F. BARTOLOMUCCI, Principio di sussidiarietà, cit., 664nt. 44.

(40) Gli intermediari di cui all’art. 115 TUB sono “obbligati” ad aderire al sistema, anchese parte della dottrina ritiene che non si tratti di un obbligo, ma, piuttosto di un onere. Asostegno delle contrapposte opinioni v. F. AULETTA, Arbitro bancario finanziario, cit., 83; S.RUPERTO, L’Arbitro bancario finanziario, cit., 328.

Al di là della sua discussa qualificazione va rilevato che, di certo, tale adesione rispondead un interesse concreto della controparte in quanto evita che la iniziativa di ricorrere all’ADRresti frustrata in caso di indisponibilità della parte professionale la quale potrebbe avereinteresse a rimettersi all’intervento giudiziale proprio per quelle ragioni che hanno suggerito laintroduzione delle ADR.

(41) La notizia dell’inadempimento non solo è pubblicata sul sito internet dell’ABF (enon più sul sito di Bankitalia), ma è altresì pubblicata, a spese dell’intermediario, su duequotidiani ad ampia diffusione nazionale.

(42) V. PIERUCCI, L’arbitro bancario finanziario, cit., 352.(43) Così, in particolare, E. QUADRI, L’arbitrato bancario e finanziario nel quadro dei

sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 318.(44) Così, testualmente, A. ZOPPINI, Appunti in tema di rapporti tra tutele civilistiche e

disciplina della vigilanza bancaria, in Banca borsa tit. cred., 2012, 36.

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rapporti contrattuali interprivati, sia ai fini sistemici della vigilanza intesa insenso più moderno” (45).

La decisione, quindi, ancor più che all’interno, acquista rilievo al-l’esterno, per quanto riguarda la “integrità del mercato” (46), contribuendonon solo a consentire interventi di public enforcement, ma anche, secondouna puntuale indicazione della Banca d’Italia (47), ad incentivare unaproficua autoregolazione, tale da determinare, ove si mostrino necessarie,modifiche e integrazioni dei regolamenti contrattuali, nonché ad adeguareai canoni di correttezza e buona fede i comportamenti degli intermediarinei rapporti con la clientela (48).

4. Malgrado qualche nube si vada addensando sul futuro camminodell’ABF (49), allo stato il successo del modello è innegabile.

La positiva esperienza dell’ABF ha indotto a replicarne il modello: unevidente riscontro, tra gli altri ancora in itinere (50), si rinviene nel nuovosistema di risoluzione delle controversie relative alla violazione da partedegli intermediari degli obblighi di informazione, correttezza e traspa-renza nei confronti degli “investitori al dettaglio” (art. 2, comma 5-bis,d.lgs. 179/2007) che su quel modello risulta plasmato.

(45) Così, in termini, S. AMOROSINO, Profili pubblicistici e funzioni di interesse pubbli-co dell’ABF, in F. CAPRIGLIONE e M. PELLEGRINI (a cura di), ABF e supervisione bancaria, cit.,111 ss.

(46) Riprendendo un sintagma che compare nel testo unico della finanza secondo ladefinizione che ne ha dato A. ZOPPINI, Appunti, cit., 33.

(47) Nelle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie inmateria di operazioni e servizi bancari e finanziari è statuito che “le procedure interne adottatedall’intermediario devono assicurare che l’ufficio o il responsabile della gestione dei reclami ... simantenga costantemente aggiornato in merito agli orientamenti seguiti dall’organo decidente ...;valuti i reclami pervenuti anche alla luce dei predetti orientamenti...” (sez. VI, §1).

(48) Va segnalato a tale riguardo il mutamento delle formule contrattuali in tema diestinzione anticipata di cessione del quinto determinato dal costante orientamento dell’Arbitroche ha evidenziato, più volte e diffusamente, la necessità che le clausole contrattuali nonpossono limitarsi a descrivere in maniera del tutto generica la natura degli oneri. Pertanto, dallaloro predisposizione deve risultare, in maniera chiara e trasparente, il netto discrimen tra costirecurring e costi up front, posto che: “In mancanza di una chiara e congrua indicazione pattiziale voci di costo elencate nel contratto debbono considerarsi recurring e quindi rimborsabili proquota in caso di estinzione anticipata” (così, per tutte, Coll. di coord., dec. n. 6167/2014).

(49) G. MARZIALE, L’Arbitro bancario finanziario: luci e ombre, in Contratti, 2016, 50.(50) Difatti anche l’IVASS mira ad istituire un arbitrato nel settore assicurativo sul

modello di quello della Banca d’Italia. La questione era stata già posta nel 2013 a seguito di unaproposta di Federconsumatori, che aveva chiesto di estendere alle controversie in campoassicurativo il ricorso all’ABF, quale alternativa alla mediazione obbligatoria (allora esclusa conriferimento alla materia del risarcimento danni nella RC auto, successivamente invece assog-gettata alla riforma della “negoziazione assistita”). Attualmente l’IVASS, entrata, peraltro,nell’orbita della Banca d’Italia, sollecita l’introduzione di un Arbitro che consentirebbe unarisposta rapida, efficiente ed economica. Tuttavia, da quanto emerge dai dibattiti, la competenzasarebbe circoscritta alle polizze danni, mentre le polizze vita, almeno quelle aventi contenutofinanziario (prevedendo la restituzione di somme variabili sulla base dell’andamento di unindice) verrebbero demandate al neonato Arbitro Consob. Questa divaricazione della compe-tenza dell’Arbitro nel settore assicurativo per le polizze vita, che riguardano oltre il 20% deltotale, potrebbe essere foriera di possibili interferenze e sovrapposizioni tra i diversi Arbitri.

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La legge n. 208/2015, all’art. 1, comma 47, ha abrogato gli articoli deld.lgs. n. 179/2007 riferiti alla Camera di conciliazione e di arbitratoConsob, decretando la fine “ufficiale” di un sistema mai decollato eadottato ricorrendo a tecniche subito impietosamente censurate da auto-revole dottrina (51).

La Camera viene sostituita con un nuovo organismo ADR istituitodall’art. 1-bis d.lgs. 130/2015, che, peraltro, ha aggiunto all’art. 2 d.lgs. n.179/2007 il comma 5-bis il quale prevede l’adesione obbligatoria degliintermediari vigilati e il comma 5-ter che attribuisce alla CONSOB,designata quale Autorità competente (art. 141-octies, cod. cons.), la pote-stà regolamentare per la istituzione del nuovo organismo.

Tale organismo, denominato ACF, seppure conformato sull’ABF, èrisultato privo di uno specifico acronimo identificativo fino alla delibera n.19602 del 4 maggio 2016, la quale ha provveduto alla “Istituzione dell’Ar-bitro per le controversie finanziarie (ACF) e adozione del regolamento diattuazione dell’articolo 2, commi 5-bis e 5-ter, del decreto legislativo 8ottobre 2007, n. 179”.

L’Autorità di riferimento aveva in precedenza sottoposto a pubblicaconsultazione le disposizioni di attuazione ad essa delegate. L’articolatodella bozza di regolamento, che ha subito marginali modifiche rispetto allasuccessiva delibera n. 19602, come è detto nella presentazione “tiene ancheconto dell’esperienza fino ad oggi maturata dall’Arbitro Bancario finanzia-rio della Banca d’Italia che, per molti versi, presenta punti di contatto conil nuovo Organismo che la Consob è chiamata a istituire”.

Invero, malgrado l’attenzione si incentri essenzialmente sulla comu-nanza del modello (organismo di tipo decisorio, caratterizzato dalla par-tecipazione obbligatoria degli intermediari), sembra, tuttavia, che la di-versità del contesto di riferimento possa essere destinata ad incidere suirisvolti operativi in ragione delle significative differenze che caratterizzanoquello che potrebbe indicarsi quale “DNA” delle due Autorità. Difatti laBanca d’Italia ha visto aggiungere alle funzioni tradizionali di vigilanza latutela della clientela (52), mentre per la Consob l’attività di vigilanzaappare tuttora incentrata esclusivamente sui rischi sistemici, impedendoquella complementarietà dovuta ad una diversa funzione della vigilanza, ilche comporta una incomunicabilità alla quale si può far risalire il perma-nere di autonomia e separazione tra diversi poteri.

La separatezza si evinceva già dalla esplicita regola contenuta nell’art.4 comma 7 del d.l. 8 ottobre 2007, n. 179, la quale statuisce che “ledichiarazioni rese dalle parti nel procedimento di conciliazione non pos-sono essere utilizzate nell’eventuale procedimento sanzionatorio nei con-

(51) Il rinvio è a G. ROSSI, La legge sul risparmio e il degrado della tecnica legislativa, inRiv. soc., 2006, 1 ss.

(52) Vedi, in particolare, i riferimenti in nota 35.

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fronti dell’intermediario avanti l’Autorità di vigilanza competente per l’ir-rogazione delle sanzioni amministrative previste per le medesimeviolazioni”.

Solo una lettura semplicistica, poco attenta alla complessità del si-stema, potrebbe indurre a ritenere che tale regola dia conto esclusiva-mente della imparzialità, peraltro indiscussa, che caratterizza questo pro-cedimento, al pari di quello dell’ABF. Diversamente essa esprime laprofonda diversità che riguarda le scelte a monte relative ai profili istitu-zionali.

Una sia pur rapida lettura della delibera n. 19602 consente di indivi-duare ulteriori diversità.

In via di prima approssimazione, tenendo conto unicamente di quantopossa incidere, anche solo in termini di moral suasion, la forza dei numerie la possibilità di fare emergere problemi “nuovi” (53), appare sufficienteriflettere sulla circostanza che, rispetto all’ABF, l’ambito di applicazionedel nuovo organismo appare ben più limitato sia sotto il profilo soggettivo,sia per quanto riguarda l’ambito di applicazione.

Per quanto riguarda il profilo soggettivo, nell’un caso il riferimento èesteso ad una ampia platea di soggetti, identificata nel “cliente” (54),nell’altro, malgrado, come è ovvio, non si parli di consumatore (55), ilriferimento all’“investitore”, inteso secondo la definizione dell’art. 2,punto g) del regolamento, seppure più ampia rispetto a quanto stabilitodal d.lgs. n. 179/2007 e da quanto previsto in precedenza per la camera diconciliazione e arbitrato, impone una sicura limitazione, essendo possibile

(53) Illuminante al riguardo è quanto osserva G. MARZIALE, L’Arbitro, cit., 51, il qualepone l’accento, a titolo esemplificativo, sulla c.d. “cessione del quinto”, che, pur essendo unaforma di finanziamento che già aveva dimostrato le sue anomalie, era pressoché ignota allagiurisprudenza civile, mentre ha trovato riscontro in una serie di decisioni dell’ABF che hannodenunciato la illegittimità di una molteplicità di prassi illegittime, delineando il corretto mododi dare attuazione ai diritti del cliente per quanto attiene ai rapporti con il finanziatore.

(54) Il riferimento al cliente ha inteso solo estendere l’area dei soggetti che possonoricorrere all’ABF, al di là della categoria dei consumatori. Il riferimento non ha portato ariconoscere una tutela del contratto asimmetrico rispetto alla quale possa trovare applicazionela disciplina dettata per il consumatore esclusivamente in ragione della asimmetria. Malgrado aprima vista sembra possa deporre in tal senso la Relazione sull’attività dell’Arbitro BancarioFinanziario del 2011 ove si rileva che « Lo squilibrio contrattuale tra intermediario e cliente hadiverse dimensioni. Tra queste, quella forse più tangibile si ha quando un cliente subisce unpregiudizio per un comportamento non regolare o non corretto e non ottiene giustizia perchél’esiguo valore o le caratteristiche delle controversie non sono compatibili con i tempi e i costi dellagiustizia civile. L’ampiezza di questo divario è particolarmente accentuata per la clientelacosiddetta “al dettaglio”, costituita da famiglie e piccole imprese », va tenuto presente non soloche le controversie vengono distinte a seconda che siano o meno proposte da un consumatore,ma, principalmente, che l’Arbitro ha risolto in maniera articolata il problema di definire i limitidi applicabilità della disciplina consumeristica al cliente. Sulla questione v. diffusamente, M.RABITTI, La qualità di “consumatore-cliente” nella giurisprudenza e nelle decisioni dell’Arbitrobancario finanziario, in Contr. impr., 2014, 201 ss.

(55) Si sofferma, in particolare, sulla “non identità tipologica” fra consumatore e inve-stitore G. MEO, Consumatori, mercato finanziario e impresa: pratiche scorrette e ordine giuridicodel mercato, in Giur. comm., 2010, 720 ss.

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ricorrere all’organismo solo in presenza di una specifica qualificazionesoggettiva.

Nella definizione di “intermediari” sono stati inclusi, oltre ai “soggettiabilitati”, altri soggetti ad essi assimilabili (le imprese di investimento e lebanche UE, la società Poste Italiane, Divisione Banco Posta, le società diconsulenza finanziaria e i consulenti finanziari, i gestori dei portali diequità crowdfunding).

Si tratta di soggetti vigilati dalla Consob, i soli, quindi, che possonoessere interessati dal sistema di risoluzione stragiudiziale delle controver-sie, dato che il regolamento stesso ne prevede la inclusione (art. 3,Adesione degli intermediari all’Arbitro), il che impone di considerare che,per ragioni di efficienza, malgrado la diversa complessità oggettiva deiservizi finanziari rispetto a quelli bancari, il sistema non può tenerneconto: la competenza dell’ACF, difatti, non può estendersi fino a tenerconto di altri soggetti, potenzialmente responsabili o almeno correspon-sabili dei danni subiti dall’investitore (56).

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione, la competenza delnuovo organismo, che molto opportunamente si estende anche alle con-troversie transfrontaliere, nonché all’ODR (57), appare caratterizzatodalla tipicità dell’oggetto.

L’art. 4 del regolamento, al comma 1, dispone che “L’organismoconosce delle controversie tra investitori e intermediari relative alla viola-zione da parte di questi ultimi degli obblighi di informazione, correttezza etrasparenza previsti nei confronti degli investitori nell’esercizio delle attivitàdisciplinate nella parte II del TUF, incluse le controversie transfrontaliere ele controversi oggetto del regolamento (UE) n. 524/2013”.

Nel complesso intreccio tra interesse generale alla integrità dei mer-cati (58) e interesse individuale ad una corretta valutazione dello specificoaffare l’organismo appare, quindi, destinato solo a conoscere la disciplinadel comportamento dell’intermediario con riferimento ad un profilo spe-cifico, seppure essenziale, posto che l’intermediario — in ragione dellatipizzazione di una molteplicità di obblighi, che, per quanto dettagliati,

(56) Si rinvia sul punto a R. CARLEO, Gli strumenti di tutela di risparmiatori e investitoriistituiti presso la Consob: procedure di conciliazione e arbitrato, sistemi di indennizzo e fondo digaranzia, in AA.VV., Disciplina dei mercati finanziari e tutela del risparmio, a cura di F.S.Martorano e V. De Luca, Milano, 2008, 370.

(57) Significativo appare richiamare al riguardo il “labile confine” tra ADR offline eADR on line e dare atto, quanto meno, del significato promozionale che occorre assegnare alrichiamo espresso alle ODR, la cui incentivazione rappresenta un valore da perseguire conmaggiore attenzione. Si rinvia sul punto a E. MINERVINI, I sistemi di ODR, in Le online disputeresolution, a cura di E. Minervini, Napoli, 2016, 7 ss.

(58) Oggetto specifico dell’attività di vigilanza che pone particolare attenzione ai rischisistemici, senza che all’Autorità siano affidati i rilevanti compiti in materia di tutela dei clientiavvalendosi di poteri normativi e di controllo attribuiti dal TUB a Banca d’Italia, si rinvia, permolti, a G. MEO, op. cit., 720 ss.

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lasciano comunque aperti ampi spazi alla discrezionalità del “giudice” —è tenuto ad assicurare che il cliente al dettaglio sia messo in condizione divalutare il rischio, onde assumere le proprie decisioni in modo consape-vole: il che implica che l’ambito di operatività è fisiologicamente limitatoe comporta una attività più monocorde essendo anche preclusa la possi-bilità di selezionare i rimedi in via applicativa.

Il risarcimento del danno assume il rango di rimedio ordinario edesclusivo volto alla tutela dell’affidamento dell’investitore, con indicirigorosi rispetto all’an, posto che “sono esclusi dalla cognizione dell’arbi-tro i danni che non sono conseguenza immediata e diretta dell’inadempi-mento o della violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di cui alcomma 1 e quelli che non hanno natura patrimoniale”, anche se ormail’ABF, in conformità alla dottrina e alla giurisprudenza prevalente, acco-glie fra i danni conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento edella violazione dell’intermediario la richiesta di risarcimento dei danninon patrimoniali contrattuali (59).

Discende da queste rapide notazioni che il modello ABF — inteso neisuoi concreti risvolti operativi — non appare facilmente replicabile in altrisettori, proprio perché, allo stato, nessuna altra Autorità indipendente, atacere d’altro per la varietà, collegata anche alla potenziale serialità dellacasistica, ha una paragonabile intensità d’influenza, oltre che di controllo,sui protagonisti del mercato di riferimento.

The Author addresses features and efficiencies of ADR system on baking andfinancial disputes (Arbitro Bancario Finanziario) managed by the Italian nationalAutorithy for banks’ supervision (Banca d’Italia). Notwithstanding the lack of legalenforceability of the decisions coming from the so-called “Arbitrator”, whosepersuasiveness is actually based on the “nudge” of the Autorithy, the effectivenessgained so far by this remedy is undoubtable. Therefore the Author poses thequestion whether this model could be extended and exported to other fields — at itis actually being tested by other independet authorities, such as CONSOB — or justhappens to be a mere unusual and unexpected peculiarity not easy to replicate.

(59) Si rinvia per molti ad A. SCOTTI, op. cit., 3, in part. nt. 14. Al riguardo sussiste ormaiun orientamento ampiamente consolidato (v. a titolo esemplificativo fra le molte, Coll. dicoord., dec. n. 8354 del 2015) secondo il quale, pur escludendo che l’esistenza del danno nonpatrimoniale possa essere automaticamente desunto dalla violazione di una regola di condottastabilita contrattualmente, sussiste la possibilità di risarcire il danno conseguenza, in particolarequalora sussista la lesione di un diritto esistenziale (quale, ad es., il diritto alla reputazione nelcaso di segnalazione illegittima) o qualora non si tratti di un danno futile (qualora, ad es., idisguidi producano gravi disagi non consentendo l’utilizzo di strumenti di pagamento) sempreche dall’allegazione di puntuali riferimenti fattuali sia possibile procedere alla valutazioneequitativa del danno.

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La riforma brasiliana dell’arbitrato

GIOVANNI BONATO (*)

1. Introduzione. — 2. L’evoluzione normativa del diritto brasiliano dell’arbitrato.— 3. Struttura e caratteristiche essenziali del diritto brasiliano dell’arbitrato. — 4.Le disposizioni sui rapporti tra arbitrato e pubblica amministrazione. — 5. Il vetopresidenziale sulle clausole compromissorie stipulate in contratti per adesione, incontratti per adesione in rapporti di consumo e in contratti individuali di lavoro.— 6. La convenzione di arbitrato contenuta nello statuto di una società per azioni.— 7. Le innovazioni rispetto alla nomina degli arbitri. — 8. Le modifiche relativeal procedimento arbitrale. — 9. Le nuove disposizioni su arbitrato e tutelacautelare. — 10. La carta arbitrale e il sistema della cooperazione tra giudici statalie arbitri. — 11. Le novità relative al lodo arbitrale. — 12. Le novità in materia diimpugnazione del lodo. — 13. Le disposizioni del c.p.c. del 2015 in materia diarbitrato.

1. La legge n. 13.129 del 26 maggio 2015 (entrata in vigore il 25luglio 2015) ha introdotto in Brasile alcune modifiche alla « Legge sull’ar-bitrato », n. 9.307 del 23 settembre 1996 (in seguito indicata con l’acro-nimo LA) (1).

(*) Maître de conférences nella Università di Paris-Nanterre. Professore alla pós-graduação em direito presso l’Università Federale del Maranhão (Brasile).

(1) Ricordiamo che il progetto di riforma della legge n. 9.307 del 1996 risale all’ottobredel 2013 ed è stato elaborato da una commissione di giuristi, presieduta da Luis Felipe Salomão(giudice presso il Superiore Tribunale di Giustizia) e nominata nel 2012 con atto del Presidentedel Senato Federale. Il testo di riforma elaborato dalla citata commissione di giuristi è statosuccessivamente presentato come progetto di legge (n. 406 del 2013) dal Presidente del Senatoe, dopo alcune discussioni in seno alla Camera dei Deputati, è stato inviato alla Presidenza dellaRepubblica che ha promulgato il progetto di legge, ponendo, tuttavia, tre veti presidenziali suiparagrafi 2º, 3º e 4º dell’art. 4 della legge n. 13.129 del 2015.

Sulla riforma brasiliana dell’arbitrato del 2015, si vedano: A. BRIGUGLIO, Prospettived’indagine e spunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo lanovella del 2015, in questa Rivista, 2016, 33; A. PELLEGRINI GRINOVER, Ensaio sobre a proces-sualidade, Brasilia, 2016, spec. 63 ss.; AA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislaçãobrasileira, a cura di C.C. VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, San Paolo, 2015; AA.VV., A reforma daarbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, Rio de Janeiro, 2016; AA.VV.,Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A.FREIRE, San Paolo, 2016; A. WALD, A reforma da lei da arbitragem (uma primeira visão), inRevista de arbitragem e mediação, 2014, n. 40, 17 ss.; ID., A reforma da lei de arbitragem, in

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Come già sottolineato dalla dottrina italiana, siamo in presenza di una« significativa risistemazione » della materia (2), la quale non va, tuttavia,a sovvertire l’assetto generale dell’istituto. Restano, infatti, immutate lescelte di fondo della LA del 1996, la cui struttura rimane sostanzialmenteinalterata (3), venendo solo arricchita di due nuovi capitoli (IV-A e IV-B),di alcuni nuovi articoli (22-A, 22-B e 22-C), nonché di nuovi paragrafiinseriti in articoli già esistenti. La riforma del 2015 incide, infatti, solo sualcuni aspetti del diritto brasiliano dell’arbitrato, apportando novità inmateria di: partecipazione della pubblica amministrazione ad un giudizioarbitrale; convenzione arbitrale statutaria; lista di arbitri; tutela cautelaree arbitrato; cooperazione tra giustizia statale e giustizia arbitrale; interru-zione della prescrizione; questioni pregiudiziali non compromettibili; lodiparziali; impugnazione del lodo. Alcune innovazioni relative alla conven-zione di arbitrato sono “morte sul nascere”, in ragione del veto dellaPresidenza della Repubblica (su cui si veda infra § 5).

Oltre alla richiamata riforma del diritto dell’arbitrato del 2015, ancheil nuovo codice di procedura civile (approvato con la Legge n. 13.105 del16 marzo 2015 ed entrato in vigore il 18 marzo del 2016 (4)) contiene

Revista dos tribunais, 2015, n. 962, 95 ss.; G.E. NANNI, P. GUILHARDI, Medidas cautelares depoisde instituída a arbitragem: reflexões à luz da reforma da lei de arbitragem, in Revista dearbitragem e mediação, 2015, n. 45, 125 ss.; S.M. FERREIRA LEMES, Anotações sobre a nova lei dearbitragem, in Revista de arbitragem e mediação, 2015, n. 47, 37 ss.; M.R. MANNHEIMER,Mudanças na lei de arbitragem (Lei 9.307, de 23.09.1996). Observações sobre a Lei 13.129, de26.05.2015. Visão de um antigo magistrado, in Revista de arbitragem e mediação, 2015, n. 47, 45ss.; E.A. CAMBLER, R.F. KRÜGER THAMAY, Jurisdição e arbitragem e o Código de Processo Civilde 2015, in AA.VV., O Novo Código de Processo Civil brasileiro. Estudos dirigidos: sistemati-zação e procedimentos, a cura di T. ALVIM, L.H. VOLPE CAMARGO, L. ZIESEMER SCHMITZ, N.G. DE

MACEDO CARVALHO, Rio de Janeiro, 2015, 103 ss. Tra i principali manuali di diritto brasilianodell’arbitrato segnaliamo: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, 3a ed., San Paolo, 2009; C.R.DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, San Paolo, 2013; L. DE FARIA BERALDO,Curso de arbitragem, San Paolo, 2014; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, 5a ed., San Paolo, 2015.Segnaliamo anche il volume di E.F. RICCI, Lei de arbitragem brasileira, San Paolo, 2004, in cuisono raccolti i vari saggi pubblicati dall’A. in Brasile sul diritto brasiliano dell’arbitrato. Sullalegge n. 9.307 del 1996, ricordiamo, infine, il commento in lingua italiana di J.C. BARBOSA

MOREIRA, La nuova legge brasiliana sull’arbitrato, in questa Rivista, 1997, 1 ss.(2) In questo senso, si veda A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici

considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 1.(3) In questo senso, si vedano: A. WALD, A reforma da lei da arbitragem (uma primeira

visão), cit., 17, secondo cui la riforma « soube manter a estrutura e a substância da lei vigente »;F.L. YARSHELL, L. BRITTO MEJIAS, Tutelas de urgência e produção antecipada da prova à luz daLei n. 13.129/2015, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura diF.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 237 ss., spec. 246, che parlano di modificazioni« puntuali », apportate alla legge del 1996.

(4) Sul nuovo c.p.c. brasiliano la letteratura è sterminata, ci limitiamo a ricordare leopere della manualistica di diritto processuale civile, tra cui: H. THEODORO JR., Curso de direitoprocessual civil, 56a ed., Rio de Janeiro, 2016; L.G. MARINONI, S. CRUZ ARENHART, D. MITIDIERO,Novo curso de processo civil, 2a ed., San Paolo, 2016; F. DIDIER JR., Curso de direito processualcivil, 18a ed., Salvador, 2016; C.R. DINAMARCO, Instituições de direito processual civil, 8a ed., SanPaolo, 2016; C.R. DINAMARCO, B. VASCONCELOS CARRILHO LOPES, Teoria geral do novo processocivil, San Paolo, 2016.

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alcune disposizioni inerenti, « indirettamente o direttamente », l’arbitrato,anche se « in modo tutto sommato marginale » (5). Menzioneremo, adogni modo, tali novità codicistiche al termine del presente scritto.

Nel corso della nostra indagine, avremo modo di constatare comealcune delle nuove disposizioni si limitano esclusivamente a consacrarenormativamente delle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza (risol-vendo, anche, dei contrasti sorti all’interno di quest’ultima); altre dispo-sizioni introducono delle innovazione di rilievo e sono finalizzate a mi-gliorare il funzionamento dell’istituto in esame; altre, ancora, abroganoalcuni articoli della LA o semplicemente la attualizzano, alla luce dellemodifiche legislative intervenute tra il 1996 e il 2015 (6).

Prima di analizzare le novità introdotte dalla riforma del 2015, ritie-niamo opportuno ricordare, a grandi linee, l’evoluzione normativa del-l’istituto arbitrale in Brasile e tratteggiare i suoi aspetti essenziali.

2. Solo da pochi anni (dal 2002 in poi), l’arbitrato in Brasile cessa diessere oggetto di analisi puramente teoriche e diviene un efficace edimportante strumento di risoluzione delle controversie (7).

Il cammino che conduce al concreto utilizzo dell’istituto inizia nel1991 con la c.d. « Operação Arbiter »: l’allora senatore Petronio Muniz dàl’incarico a tre eminenti giuristi (Selma Ferreira Lemes, Carlos AlbertoCarmona e Pedro Batista Martins) di elaborare un progetto di legge inmateria di arbitrato che andrà poi a costituire il testo della menzionataLA, approvato nel settembre del 1996 (8). Tale cammino prosegue, suc-cessivamente, con la pronuncia del Supremo Tribunale Federale deldicembre del 2001, per poi concludersi nel luglio del 2002 con la ratifica-zione della Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento edesecuzione dei lodi stranieri.

(5) Così A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la“legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 1.

(6) Nello stesso senso si veda S.M. FERREIRA LEMES, Anotações sobre a nova lei dearbitragem, cit., 37 ss.

(7) In questo senso, si veda H. THEODORO JR., Curso de direito processual civil, vol. II, cit.,566: « Até data recente, o juízo arbitral praticamente não existia no Brasil, a não ser como assentode especulação teórica em doutrina, visto que na experiência concreta não se tinha notícia dequalquer compromisso ». Naturalmente l’effettivo utilizzo nella pratica dell’istituto, vieneaccompagnato dal fiorire di studi teorici.

Sull’evoluzione storica dell’arbitrato in Brasile, si vedano, tra gli altri: R. DE CARVALHO

APRIGLIANO, Jurisdição e arbitragem no novo Código de Processo Civil, in AA.VV., A reforma daarbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 233 ss.; A. PEREIRA GAIO

JR., Lei n. 9.307/96: natureza, historicidade e constitucionalidade da arbitragem no Brasil, inAA.VV., Arbitragem. 15 anos da Lei n. 9.307/96, a cura di A. PEREIRA GAIO JR., R. ALMEIRA

MAGALHÃES, Belo Horizonte, 2012, 1 ss., spec. 9 ss.; E.C. CLETO MAROLLA, A arbitragem e oscontratos da administração pública, Rio de Janeiro, 2016, 9 ss.

(8) Sulla « Operação Arbiter » si rinvia a C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 5 ss.,e G. GIUSTI, Os vinte anos da lei 9.307/1996, in AA.VV., A reforma de arbitragem, a cura di L. DeCampos Melo, R. Resende Beneduzi, cit., 3 ss.

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Alla LA n. 9.307 del 1996 si deve il merito di aver dotato il Brasile diuna disciplina dell’arbitrato moderna e funzionale (9). La LA ha, infatti,proceduto ad abrogare le disposizioni contenute nel codice civile del 1916e nel codice di procedura civile del 1973 (all’epoca vigenti), contenenti idue principali ostacoli che si erano, fino ad allora, frapposti all’usodell’arbitrato: l’impossibilità di instaurare un procedimento arbitrale sullabase di una clausola compromissoria; l’omologazione obbligatoria dellodo, a pena di nullità dell’atto. Sui due richiamati ostacoli è necessariosoffermarsi (10).

In primo luogo, la legislazione anteriore alla LA del 1996 si caratte-rizzava per l’assenza di una disciplina normativa sulla clausola compro-missoria, in quanto il c.c. del 1916 (art. 1039), il c.p.c. del 1939 (art. 1031)e il c.p.c. del 1973 (art. 1074) contemplavano il compromesso, quale unicotipo di convenzione di arbitrato. La giurisprudenza brasiliana permetteva,quindi, l’instaurazione unilaterale del procedimento arbitrale solo sullabase di un compromesso, unica forma di convenzione che poteva darluogo ad una valida proposizione dell’eccezione di patto compromissoriodavanti al giudice statale. Mentre in caso di violazione di una clausolacompromissoria alla controparte spettava solo un risarcimento per equi-valente, il cui ammontare era difficilmente determinabile (11).

In secondo luogo, sia il c.p.c. del 1939 (art. 1043) che il c.p.c. del 1973(art. 1097) imponevano, a pena di nullità, il deposito obbligatorio del lodopresso la cancelleria del giudice statale: il provvedimento statale di omo-logazione attribuiva alla decisione degli arbitri l’efficacia della sentenzagiudiziale (12).

(9) Così R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Jurisdição e arbitragem no novo Código deProcesso Civil, cit., 239.

(10) Si rinvia anche a: J. DOLINGER, C. TIBURCIO, Direito international privado, Direitointernational privado (parte especial). Arbitragem comercial international, Rio de Janeiro, 2003,21 ss.; C. TIBURCIO, Cláusula compromissória em contrato internacional: interpretação, validade,alcance objetivo e subjetivo, in Revista de processo, 2015, n. 241, 521 ss.; C.A. CARMONA,Arbitragem e processo, cit., 22; ID., A arbitragem no Brasil: em busca de uma nova lei, in Revistade processo, 1993, n. 72, 53 ss. Sulla sfiducia e sull’ostilità di cui è stato oggetto l’istitutodell’arbitrato nel XIX secolo e in buona parte del XXº secolo, sia permesso di rinviare a G.BONATO, Panorama da arbitragem na França e na Itália. Perspectiva de direito comparado como sistema brasileiro, in Revista brasileira de arbitragem, 2014, n. 43, 59 ss.

(11) Prima dell’avvento della LA del 1996, la clausola compromissoria in Brasile era, insostanza, solo una vaga promessa di affidare la soluzione della controversia ad arbitri, comeviene ricordato in dottrina da: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 4 e 94; C. TIBURCIO,Cláusula compromissória em contrato internacional: interpretação, validade, alcance objetivo esubjetivo, cit., 523 ss.; A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerandola “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 5.

(12) Sull’evoluzione storica della disciplina del lodo arbitrale e dei suoi rapporti con ilprovvedimento statale di omologazione, sia permesso di rinviare a G. BONATO, La natura e glieffetti del lodo arbitrale. Studio di diritto italiano e comparato, Napoli, 2012, 156 ss. Sul punto siveda, nuovamente, C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 5 e 271, il quale, in senso criticorispetto alla legislazione vigente prima della LA del 1996, ricorda che l’obbligo di assoggettare

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I due descritti fattori, che impedirono l’utilizzo dell’arbitrato in Bra-sile, sono stati eliminati dalla LA n. 9.307 del 1996. Tale Legge ha, infatti,l’incontestabile merito di aver introdotto un’esaustiva regolamentazionenormativa sulla clausola compromissoria, oggetto degli artt. da 4 a 8 dellaLA (13). Una disciplina che, tuttavia, all’art. 7 della LA prevede la c.d.formalizzazione giudiziale del compromesso. Qualora una parte non ri-spetti la clausola compromissoria, è necessario, infatti, rivolgersi al giudiceper ottenere, attraverso un procedimento sommario, la stipulazione giu-diziale del compromesso (14). Così descritto, il procedimento brasiliano, dicui all’art. 7 della LA, appare « sulla carta » chiaramente « più farraginosoe meno favorevole all’arbitrato » rispetto a quei sistemi che ammettono lapossibilità di instaurare l’arbitrato sulla base della sola clausola compro-missoria (15). Fortunatamente, dottrina e giurisprudenza hanno ridottol’ambito di applicazione dell’art. 7 della LA ad ipotesi marginali, qualiquella della clausola compromissoria c.d. « bianca » o « vuota » (quellache non contiene le modalità di nomina degli arbitri), nonché all’ipotesidella clausola patologica (di dubbia validità ed efficacia) (16). Il procedi-mento di formalizzazione giudiziale del compromesso, di cui all’art. 7, èvisto, quindi, come una « ultima ratio » (17) e, per tale motivo, i casi

il lodo al successivo provvedimento di omologazione impediva l’utilizzo dell’istituto nellapratica, in quanto faceva perdere i vantaggi della riservatezza e della celerità dell’arbitrato.

(13) La clausola compromissoria, insieme al compromesso, fa parte della più ampiacategoria della convenzione di arbitrato (art. 3 LA). Sulla disciplina della convenzione diarbitrato in Brasile si vedano, in generale: C. TIBURCIO, Cláusula compromissória em contratointernacional: interpretação, validade, alcance objetivo e subjetivo, cit., 521 ss.; C.A. CARMONA,Arbitragem e processo, cit., 77; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit.,73; L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 157; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit.,153 ss.; G.E. NANNI, Direito civil e arbitragem, San Paolo, 2014, 9 ss.

(14) Sul procedimento di cui all’art. 7 LA, si vedano: C.A. CARMONA, Arbitragem eprocesso, cit, 154, anche in riferimento alle ragioni storiche che hanno dato origine alladisposizione; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 218; L. DE FARIA

BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 199 ss.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 167 ss.(15) Per queste considerazioni, si veda A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti

comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015,cit., § 5. E.F. RICCI, Presente e futuro da cláusula compromissória e da sua atuação, in Revista deprocesso, 2000, n. 100, 88 ss., § 5, che aveva qualificato il procedimento di formazione giudizialedel compromesso, di cui all’art. 7 LA, come un sistema intermedio, tra quello antico (checonosceva solo il compromesso) e quello moderno (che conferisce autosufficienza alla clausolacompromissoria); l’A. aveva, quindi, auspicato l’accoglimento anche in Brasile del sistemamoderno, giungendo, di fatto, a eliminare l’art. 7.

(16) Per alcuni esempi di clausole patologiche, definite anche « problematiche », si vedaG.E. NANNI, Direito civil e arbitragem, cit., 86 ss., nonché L. DE FARIA BERALDO, Curso dearbitragem, cit., 179 ss.

(17) In questo senso, si veda: C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo,cit., 219, il quale ricorda che non è necessario ricorrere all’intervento del giudice statale, ai sensidell’art. 7 LA, « quando, apesar da negativa ou omissão da contraparte em assinar o compro-misso, houver outros meios disponíveis pelos quais também seja possível instaurar a arbitragem ».Per l’interpreazione riduttiva dell’ambito di applicazione dell’art. 7 LA, si vedano: C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 156, secondo cui il procedimento in analisi si riferisce soloalle clausole compromissorie che « não contenham o elemento mínimo para que se possa instituir

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giudiziari in cui si applica l’art. 7 in Brasile sono numericamente ri-dotti (18). Grazie alla riferita interpretazione dottrinale e giurispruden-ziale, l’art. 7 è stato, quindi, trasformato « da strumento di ausilio giudi-ziario farraginoso ed interferente (...) a strumento di utile salvataggio diclausole compromissorie patologiche » (19).

Inoltre, si deve alla LA del 1996 il merito di aver conferito vitaautonoma al lodo arbitrale (denominato dalla LA come « sentença arbi-tral » (20)). Tra l’altro, spingendosi più avanti rispetto a quanto previsto

o tribunal arbitral (ou seja, o modo de nomear as árbitros). Se tal elemento mínimo (modo denomear os árbitros) estiver presente, a instituição da arbitragem não dependerá de intervençãojudicial »; A. BRAGHETTA, Cláusula compromissória - autosuficiência da cláusula cheia, in Revistados tribunais, 2002, n. 137, 800 ss., § 2, che parla della « auto-suficiência da cláusula compro-missória cheia »; A. WALD, O régime da cláusula compromissória na jurisprudência recente, inAA. VV., Aspectos atuais da arbitragem, a cura di A.N. PUCCI, San Paolo, 2001, 34 ss. Ingiurisprudenza, si vedano: Tribunal de Justiça do Estado de São Paulo, 16 settembre 1999,ricorso n.124.217.4/0, in Revista de direito bancário, do mercado de capitais e da arbitragem, n.7, 336 ss.

(18) Per rispondere all’interrogativo posto da A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine espunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del2015, cit., § 5, sull’effettivo utilizzo del procedimento di esecuzione in forma specifica dellaclausola compromissoria, ai sensi dell’art. 7 LA, è interessante citare l’analisi empirica, effet-tuata congiuntamente dalla Escola de Direito de São Paulo da Fundação Getulio Vargas(DIREITOGV) e dal Comitê Brasileiro de Arbitragem, sul tema « Ação de Execução Específicada Cláusula Compromissória (“Ação do art. 7º”) », la cui relazione è pubblicata nel sito delcitato Comitê all’indirizzo http://cbar.org.br/PDF/Acao_de_Execucao_Especifica_da_Clausula-_Compromissoria.pdf). L’analisi si riferisce ad un periodo temporale che va dal 1996 al 2008 eprende in considerazione le decisioni emanate dai Tribunais de Justiça (organi di secondogrado) e dai Superior Tribunal de Justiça e Supremo Tribunal Federal (Corti di vertice),escludendo, quindi, le decisioni di primo grado. Nella richiamata relazione vengono identificatitrentaquattro casi di applicazione dell’art. 7 LA e l’analisi viene conclusa con la constatazionedi un ridotto numero di sentenze statali pronunciate in materia. Tale circostanza viene attribuitaa diversi fattori, tra cui: la prevalenza nella pratica di clausole compromissorie valide ed efficacirispetto alle clausole compromissorie bianche o patologiche; la conclusione di un accordo tra leparti per stipulare un compromesso, in caso di clausola compromissoria difettosa; la mancataproposizione dell’impugnazione nei confronti della decisione di primo grado, emanata aconclusione del procedimento, di cui all’art. 7 LA.

Nel 2014 è iniziata una seconda ricerca empirica in materia di arbitrato che riguarda anchel’utilizzazione del procedimento, di cui all’art. 7 LA. Tuttavia, ancora non sono stati pubblicatii risultati di questa ultima ricerca http://cbar.org.br/site/pesquisa-cbar-abearb-2014.

(19) Richiamando quanto scritto da A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti com-paratistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit.,nota 6.

(20) Come indicato nel testo, la vigente legge brasiliana sull’arbitrato utilizza esclusiva-mente l’espressione « sentença arbitral » per denominare la decisione degli arbitri e non quelladi « laudo » (mentre il c.p.c. del 1939 e il c.p.c. del 1973 contenevano entrambi i vocaboli inquestione). Solo l’art. 33, § 2, inciso II, LA, nella sua versione originaria del 1996, conteneva laparola laudo, ma la riforma dell’arbitrato del 2015 ha sostituito, all’interno di tale dispozione,tale vocabolo con quello di « sentença arbitral ». Si vedano C.A. CARMONA, Arbitragem eprocesso, cit., 271, e L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 417, quanto all’opportunitàdi utilizzare il termine sentenza arbitrale nella LA. In ogni caso, nel presente scritto utilizzeremol’espressione lodo arbitrale per trattare della decisione degli arbitri anche in relazione al dirittobrasiliano, poiché riteniamo che sia irrilevante per la determinazione del regime di tale attol’una o l’altra denominazione normativa, come anche afferma C.R. DINAMARCO, A arbitragem nateoria geral do processo, 175.

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nel sistema italiano, il legislatore brasiliano decide di mettere completa-mente fine al provvedimento statale di omologazione, come specificatodall’art. 18 della LA (21). Infatti, ai sensi dell’art. 31 della LA, il lodoarbitrale produce, tra le parti e i suoi successori (22), gli stessi effettiprodotti dalla sentenza togata ed è titolo esecutivo giudiziale (23), nonchétitolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (24).

La LA n. 9.307 del 1996 è stata, tuttavia, un presupposto necessario,ma non sufficiente allo sviluppo concreto dell’arbitrato (25). Infatti, l’isti-tuto ha iniziato ad essere concretamente utilizzato nella pratica solo inseguito alla pronuncia (del 12 dicembre 2001) del Supremo TribunaleFederale, con cui è stata dichiarata la legittimità costituzionale dell’arbi-trato, posta in dubbio in riferimento all’art. 5, inciso XXXV, Cost., sul c.d.principio di « inafastabilidade da tutela jurisdicional » (26).

(21) Art. 18 LA dispone che: « O árbitro é juiz de fato e de direito, e a sentença queproferir não fica sujeita a recurso ou a homologação pelo Poder Judiciário ». Si deve notare che,su questo punto, il diritto brasiliano si presenta più moderno di quello italiano, in cui, comenoto, l’omologazione è ancora necessaria per conferire al lodo l’efficacia esecutiva, oltre allatrascrizione nei pubblici registri e all’iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 825 c.p.c.). Sull’ordi-namento italiano rinviamo a L. SALVANESCHI, Arbitrato, Bologna, 2014, 815, e C. PUNZI, Disegnosistematico dell’arbitrato, II, 2a ed., Padova, 2012, 440 ss.

(22) Oltre agli effetti della sentenza giudiziale, la dottrina (nettamente maggioritaria)ritiene che il lodo arbitrale produca la cosa giudicata materiale, una volta decorso il termine di90 giorni per proporre l’impugnazione per nullità. Per questa prospettiva, si vedano: C.R.DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 202; ID., Instituições de direitoprocessual civil, I, cit., 211; C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 274 e 390 ss.; F. DIDIER

JR., Curso de direito processual civil, vol. 1, cit., 173; H. THEODORO JR., Curso de direitoprocessual civil, vol. 2, cit., 565 ss. Ma, in senso contrario, si pone A. DE ASSIS, Processo civilbrasileiro, vol. I, San Paolo, 2015, 130 ss., il quale dubita che il lodo sia rivestito della « autênticaautoridade de coisa julgada », negando che il lodo possa produrre la « coisa julgada típica ».Inoltre, alcuni autori (E. PARENTE, Processo arbitral e sistema, San Paolo, 2012, 303 ss.; F. SCRIPES

WLADECK, Impugnação da sentença arbitral, Salvador, 2014, 91 ss.) sottolineano le particolaritàdella cosa giudicata prodotta dal lodo rispetto a quella prodotta dalla sentenza giudiziale. Peraltri riferimenti, sia permesso si rinviare nuovamente a G. BONATO, La natura e gli effetti del lodoarbitrale, cit., 159 ss.

(23) In tal senso dispone l’art. 515, inciso VII, del c.p.c. del 2015 che include il lodoarbitrale nell’elenco dei titoli esecutivi giudiziali, come, d’altra parte, già prevedeva il c.p.c. del1973 all’art. 475-N, inciso IV. Sul punto si veda: M.J. MAGALHÃES BONICIO, Princípios doprocesso no novo Código de Processo Civil, San Paolo, 2016, 234.

(24) Come disposto dall’art. 495 del c.p.c. del 2015 e, prima, dall’art. 466 del c.p.c. del1973.

(25) Vale la pena ricordare l’insegnamento di R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Jurisdição earbitragem no novo Código de Processo Civil, cit., p. 239; ID., Aspectos contratuais da cláusulacompromissória, in Revista do advogado. AASP, 2012, n. 116, 174 ss., secondo cui i pilastrifondamentali della LA che hanno permesso lo sviluppo concreto dell’arbitrato in Brasile sono:l’efficacia della convenzione di arbitrato che permette l’instaurazione dell’arbitrato, nonostantela resistenza di una delle parti; l’autonomia della convenzione di arbitrato; l’abrogazionedell’istituto della omologazione del lodo e l’attribuzione a quest’ultimo della qualità di titoloesecutivo giudiziale; l’impossibilità di ridiscutere davanti al giudice statale quanto è stato decisonel merito dagli arbitri.

(26) L’art. 5, inciso XXXV, della Costituzione Federale dispone che: « a lei não excluiráda apreciação do Poder Judiciário lesão ou ameaça a direito ». Per ulteriori riferimenti alladecisione del Supremo Tribunale Federale citata nel testo, si veda L. DE FARIA BERALDO, Cursode arbitragem, cit., 5 ss. In ogni caso, già prima di tale pronuncia, la dottrina dominante si era

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Infine, come già indicato, altro fattore rilevante che ha permesso losviluppo pratico dell’arbitrato in Brasile è stato il recepimento — condecreto del governo federale n. 4.311 del 23 luglio 2002 — della Conven-zione di New York sul riconoscimento ed esecuzione dei lodi arbitralistranieri del 1958 (27).

I tre fattori precedentemente descritti (una nuova e moderna leggesull’arbitrato, la pronuncia del Supremo Tribunale Federale e la ratifica-zione della Convenzione di New York del 1958), insieme ad una giuri-sprudenza favorevole del Superior Tribunal de Justiça (28), hanno per-messo uno sviluppo notevole e progressivo dell’arbitrato in Brasile, comerisulta dai dati forniti dalle principali istituzioni arbitrali che operano nelterritorio brasiliano (29).

Possiamo, quindi, senza dubbio, affermare che attualmente il Brasileappartiene, a pieno titolo, a quel gruppo di paesi in cui si incentiva evalorizza l’arbitrato, considerando tale strumento di soluzione delle con-troversie di pari dignità rispetto al processo statale (30).

schierata in favore della costituzionalità dell’arbitrato, si vedano: J.C. BARBOSA MOREIRA, Lanuova legge brasiliana sull’arbitrato, cit., 12 s.; E.F. RICCI, Il problema della legittimità costitu-zionale dell’arbitrato in Brasile, in questa Rivista, 1999, 49 ss.; A. WALD, Da constitucionalidadeda Lei 9.307/96, in Revista de direito bancário e do mercado de capitais, 2000, n. 7, 323 ss.

(27) Sul tema, si veda A. WALD, La ratification de la Convention de New York par leBrésil, in Revue de l’arbitrage, 2003, 91 ss.

(28) Sulla posizione favorevole della giurisprudenza brasiliana in materia di arbitrato, sivedano le considerazioni di: A. WALD, A. GERDAU DE BORJA, M. DE MELO VIEIRA, A posição dostribunais brasileiros em matéria de arbitragem no último biênio (2011-2012), in Revista dearbitragem e mediação, 2012, n. 35, 15 ss., cui si rinvia anche per l’analisi di alcuni casigiurisprudenziali recenti in tema di arbitrato; C.A. CARMONA, Superior Tribunal de Justiça,segurança jurídica e arbitragem, in Revista de arbitragem e mediação, 2012, n. 34, 97 ss.

(29) In questo senso, si veda G. GIUSTI, Os vinte anos da lei 9.307/1996, in AA.VV., A reformada arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 3 ss., spec. 7 ss. A questoproposito, ricordano A. WALD, A. GERDAU DE BORJA, Ano foi marcado pela democratização daarbitragem e 2015 promete boa safra, in www.conjur.com.br (2015), che, sulla base dei dati fornitidalle principali istituzioni arbitrali che operano nel territorio brasiliano, « nel 2014 sono statiinstaurati 310 nuovi casi di arbitrato, rispetto ai 170 circa del 2008; ciò che corrisponde ad unaumento che supera l’80% in numero di arbitrati nel periodo indicato ». Sul punto, ricorda ancheS.M. FERREIRA LEMES, Pesquisa: Arbitragem em Números e Valores, 2015, in http://selmalemes.adv.br/noticias/An%C3%A1lise%20da%20pesquisa%20arbitragens%20em%20n%C3%BAmeros%202010%20a%202015.pdf, che nell’arco di sei anni (tra il 2010 e il 2015), il numero totaledei procedimenti arbitrali instaurati è stato di 1043, il cui valore complessivo è stato all’incirca di38 miliardi di Reais. L’analisi empirica dell’A. è stata effettuata nelle sei principali istituzionibrasiliane: Centro de Arbitragem da AMCHAM - Brasil (AMCHAM); Centro de Arbitragem daCâmara de Comércio Brasil-Canadá (CCBC); Câmara de Mediação, Conciliação e Arbitragem deSão Paulo - CIESP/FIESP (CIESP/FIESP); Câmara de Arbitragem do Mercado (CAM); Câmarade Arbitragem da Fundação Getùlio Vargas (CAM/FGV); Câmara de Arbitragem Empresarial -Brasil (CAMARB).

(30) Sulla piena parità tra arbitrato e processo statale, si vedano: C.A. CARMONA,Arbitragem e processo, cit., 5 ss.; A. PELLEGRINI GRINOVER, Ensaio sobre a processualidade, cit.,63; C.R. DINAMARCO, Instituições de direito processual civil, I, cit., 214.

Non è questa la sede per entrare nel dibattito sulla natura dell’arbitrato, possiamo soloricordare che la dottrina nettamente maggioritaria propende per la natura giurisdizionaledell’istituto, si vedano: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 278; L. DE FARIA BERALDO,

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3. In relazione alla sistematica, la LA si compone attualmente dinove capitoli: I - « disposizioni generali »; II - « della convenzione diarbitrato e dei suoi effetti »; III - « degli arbitri »; IV - « del procedimentoarbitrale »; IV-A - « della tutela cautelare e della tutela di urgenza »; IV-B- « della carta arbitrale »; V - « del lodo arbitrale »; VI - « del riconosci-mento e dell’esecuzione dei lodi stranieri »; VII - « disposizioni finali ». Aisette capitoli, inizialmente contenuti nella LA, si sono aggiunti, per effettodella riforma del 2015, i due capitoli IV-A e IV-B.

Tra le caratteristiche essenziali dell’arbitrato brasiliano, dobbiamoricordare l’adozione di un modello puramente monista (31). L’unica distin-zione giuridica che si rinviene all’interno della LA è tra lodo arbitralebrasiliano e lodo arbitrale straniero, differenziati secondo un criterio ditipo geografico: il primo è quello emanato all’interno del territorio dellaRepubblica Federale del Brasile; il secondo è quello pronunciato al-l’estero e che, pertanto, viene riconosciuto e dotato di esecutorietà attra-verso il procedimento di omologazione che si svolge davanti al SuperioreTribunale di Giustizia (artt. 34 e ss. LA) (32). Il modello monista non viene

Curso de arbitragem, cit., 417; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit.,5 ss.; R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Jurisdição e arbitragem no novo Código de Processo Civil,cit., 247, che parla di una « natureza claramente jurisdicional da arbitragem »; F. DIDIER JR.,Curso de direito processual civil, vol. 1, cit., 173, secondo cui « a arbitragem, no Brasil, não éequivalente jurisdicional: é propriamente jurisdição »; H. THEODORO JR., Curso de direito pro-cessual civil, vol. I, cit., 593 ss., secondo cui il « procedimento arbitral, uma vez instaurado, emtudo se equipara à jurisdição oficial ». Ma in senso contrario, ricordiamo l’autorevole opinionedi L.G. MARINONI, S. CRUZ ARENHART, D. MITIDIERO, Novo curso de processo civil, cit., vol. 3,484, che escludono il carattere giurisdizionale dell’arbitrato. Mentre accoglie la tesi della naturaibrida dell’arbitrato, L. BRITTO MEJIAS, Controle da atividade do árbitro, San Paolo, 2015, 30.Quanto al dibattito nell’ordinamento italiano, rinviamo, tra gli altri, a: C. PUNZI, Disegnosistematico dell’arbitrato, vol. I, cit., 110 ss.; ID., Le nuove frontiere dell’arbitrato, in Riv. dir.proc., 2015, 4 ss.; L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 790 ss.; G. BONATO, La natura e gli effetti dellodo arbitrale, cit., passim.

(31) Sull’arbitrato internazionale, sui modelli monista, dualista e intermediario, si ve-dano: A. BRIGUGLIO, La dimensione transnazionale dell’arbitrato, in questa Rivista, 2005, 679 ss.;P. BIAVATI, Arbitrato internazionale, in AA.VV., Arbitrati speciali, a cura di F. CARPI, Bologna,2008, 391 ss.; A. BONOMI, Monisme et dualisme, in AA.VV., Arbitrage interne et international, acura di A. BONOMI, D. BOCHATAy, Ginevra, 2010, 167 ss.; G. BONATO, Panorama da arbitragemna França e na Itália, cit., 86 ss.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 452 ss.

(32) L’art. 34, § unico, LA, dispone: « Considera-se sentença arbitral estrangeira a quetenha sido proferida fora do território nacional ». Sul criterio geografico per determinare lanazionalità del lodo arbitrale in Brasile, si rinvia a: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit.,439, il quale ricorda che si tratta di una definizione « più obiettiva, più semplice » che permettedi superare le difficoltà di qualificazione, nonostante sia « tecnicamente criticabile »; F.J.CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 445 ss. Ma in senso critico con la scelta del legislatorebrasiliano, si veda C. DE MELO VALENÇA FILHO, Poder judiciário e sentença arbitral, Curitiba,2002, 189 ss. Nel panorama comparatistico, pare essere prevalente il criterio della sededell’arbitrato per determinare la nazionalità del lodo arbitrale. Sul lodo straniero in generale eper riferimenti al sistema italiano, si vedano, tra gli altri: C. PUNZI, Disegno sistematicodell’arbitrato, vol. II, cit., 297 ss.; E.F. RICCI, La nozione di lodo straniero dopo la legge n.25/1994, in Riv. dir. proc., 1995, 331 ss.; A. BRIGUGLIO, L’arbitrato estero. Il sistema delleconvenzioni internazionali, Padova, 1999, 17 ss.; G. RUFFINI, Sede dell’arbitrato e nazionalità dellodo, in Corr. giur., 2000, 1500 ss.; G. BONATO, Panorama da arbitragem na França e na Itália,

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messo in discussione dalla riforma del 2015. Ricordiamo che, tuttavia, unaparte minoritaria della dottrina ha espresso la preferenza per l’adozione diun modello dualista e, quindi, per l’introduzione di un regime differen-ziato per l’arbitrato internazionale (33).

Altro tratto saliente del diritto brasiliano dell’arbitrato è il principiodi non interferenza (34). Infatti, come recentemente notato dalla dottrinaitaliana, una volta avviato l’arbitrato, « il giudice brasiliano scompare oquasi » (35). Lo dimostrano, tra le altre cose: la disciplina della ricusazionedegli arbitri, che viene proposta dinanzi agli stessi arbitri o agli organidell’istituzione arbitrale (in caso di arbitrato amministrato) e non dinanzial giudice statale (36); l’adozione della regola della priorità temporale dellacompetenza degli arbitri nel controllo della validità della convenzione diarbitrato, che esclude il sistema delle vie parallele (37); la completa sop-

cit., 86 ss.; R. MARUFFI, Sede e nazionalità dell’arbitrato, in Rivista di diritto processuale, 2012, 627ss.; L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 988 ss.; C.A. DA SILVERA LOBO, A definição de sentença arbitralestrangeira, in Revista de arbitragem e mediação, 2006, n. 9, 62 ss. Sulle conseguenze chederivano dall’applicazione concorrente di differenti criteri di nazionalità, si veda: E.F. RICCI, Illodo arbitrale con nazionalità plurima: un utile strumento nei rapporti tra Brasile e stati europei,in questa Rivista, 1999, 643 ss.; ID., Lei de arbitragem brasileira, cit., 217 ss.

(33) Per l’opportunità di adottare un modello dualista in Brasile, si vedano: F. VERÇOSA,Arbitragem interna v. arbitragem internacional: breves contornos da distinção e sua repercussãono ordenamento jurídico brasileiro face ao princípio da autonomia da vontade, in AA.VV., Odireito internacional contemporâneo. Estudos em homenagem ao Professor Jacob Dolinger, acura di C. TIBURCIO, L.R. BARROSO, Rio de Janeiro, 2006, 421 ss.; L. TRIPODI, Arbitragemdoméstica e internacional: o que significam monismo e dualismo no terreno da arbitragem?, inAA.V., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T.RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 329 ss., spec. 335. In senso critico con il sistema dualista, si poneC.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 438 ss.

(34) Come nota, giustamente, A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparati-stici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 5, ilquale sottolinea come il principio ispiratore del diritto brasiliano dell’arbitrato sia « menointromissione possibile del giudice statuale; ‘assistenza non interferenza’ secondo un efficaceslogan » (citando in proposito un conosciuto lavoro di G. TARZIA, Assistenza e non interferenzagiudiziaria nell’arbitrato internazionale, in questa Rivista, 1996, 473 ss.). Sul principio di noninterferenza e sull’autonomia dell’arbitrato in Brasile, si vedano: F.L. YARSHELL, Carátersubsidiário da ação anulatória de sentença arbitral, in Revista de processo, 2012, n. 207, 13 ss.;C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 210.

(35) A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la “leggesull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 6.

(36) Sulla disciplina della ricusazione degli arbitri, si vedano: C.A. CARMONA, Arbitrageme processo, cit.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 244 ss.

(37) Almeno, secondo l’opinione di una parte della dottrina in Brasile, in tema dirapporti tra arbitri e giudici statali si applicherebbe la regola della priorità temporale dellacompetenza degli arbitri nel controllo della validità della convenzione di arbitrato, con laconseguenza che una volta sollevata l’eccezione di patto compromossorio i giudici statalidovrebbero chiudere il processo in rito, senza poter effettuare alcuna analisi sulla validità dellaconvenzione. Le contestazioni sulla validità del patto compromissorio potrebbero, quindi,essere fatte valere con l’impugnazione del lodo. In questo senso, si vedano: E. COELHO PITOMBO,Os efeitos da convenção de arbitragem. Adoção do princípio Kompetenz-Kompetenz no Brasil,in AA.VV., Arbitragem. Estudos em Homenagem ao Prof. Soares, a cura di C.A. CARMONA, S.M.FERREIRA LEMES, P.A. BATISTA MARTINS, San Paolo, 2007, 326 ss.; R.F. ALVES, A inadmissibili-dade das medidas anti-arbitragem no direito brasileiro, San Paolo, 2009, 184; F. DIDIER, Curso dedireito processual civil, I, cit., 645. In realtà, la legge brasiliana non è chiarissima sul punto e,

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pressione dell’omologazione del lodo, che, come precedentemente indi-cato, è titolo esecutivo giudiziale fin dalla sua emanazione (38). Solonell’ambito dell’impugnazione del lodo, il giudice statale “torna di scena”,tra l’altro con poteri limitati alla sola fase rescindente, non potendo maipassare alla fase rescissoria (vedi infra n. 12).

Delineato il contesto in cui si inserisce la legge n. 13.129 del 2015,possiamo iniziare ad analizzarne il contenuto.

4. La legge n. 13.129 del 2015 inserisce tre nuovi commi, al fine didisciplinare i rapporti tra arbitrato e pubblica amministrazione (39). Sitratta dei §§ 1º e 2º dell’art. 1, nonché del § 3º dell’art. 2 LA.

In primo luogo, per fare chiarezza sul tema della compromettibilitàdelle controversie con la pubblica amministrazione, la riforma introduce,all’art. 1, § 1º, la disposizione secondo cui: « La pubblica amministrazionediretta ed indiretta può ricorrere all’arbitrato per dirimere i conflittirelativi a diritti patrimoniali disponibili ». Viene, in tal modo, legislativa-mente confermata la soluzione elaborata da una parte della giurispru-denza (in particolare del Superiore Tribunale di Giustizia) e sostenuta da

infatti, altri autori sostengono una tesi diversa, secondo cui i giudici statali — una volta sollevatal’eccezione di patto compromissorio — avrebbero il potere di verificare prima facie la validitàdella convenzione di arbitrato, così: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 177 ss.; R.RESENDE BENEDUZI, Premilinar de arbitragem no novo CPC, in AA.VV., A reforma da arbitragem,a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 285 ss. Quanto al diritto italiano, èinterpretazione assolutamente dominante, quella secondo cui l’art. 819 ter c.p.c. ha volutodettare la regola delle « vie parallele », si veda, per tutti, L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 579 ss.e 677.

(38) Sul punto, si veda, nuovamente C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 210 ss.

(39) Sul tema dell’arbitrato e pubblica amministrazione, la letteratura è molto ampia,segnaliamo: A. WALD, A. GERDAU DE BORJA, Arbitragem envolvendo entes estatais: a evolução dajurisprudência e a Lei n. 13.129, de 26-5-2015, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n.13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 105 ss.; A.CHATEAUBRIAND MARTINS, Arbitragem e administração pública, in AA.VV., Arbitragem. Estudossobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 67 ss.;H.V. MENDONÇA SICA, Arbitragem e Fazenda Pùblica, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lein. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 273 ss.; E.C. CLETO

MAROLLA, A arbitragem e os contratos da administração pùblica, cit.; M.V. ARMANI ALVES, Afazenda pública na arbitragem, dissertação de mestrado (tesi di master), Università di San Paolo(USP), 2016; A.S. HATANAKA, O poder público e a arbitragem após a reforma da Lei nº9.307/1996, in Revista brasileira de arbitragem, 2016, n. 49, 7 ss.; G.H. JUSTINO DE OLIVEIRA, G.B.SCHWARSTMANN, Arbitragem público-privada no Brasil: a especialidade do litígio administrativo eas especificidades do procedimento arbitral, in Revista de arbitragem e mediação, 2015, n. 44, 150ss.; AA.VV., Arbitragem e Poder Público, a cura di C.A. GUIMARÃES PEREIRA, E. TALAMINI, SanPaolo, 2010; P. OSTERNACK AMARAL, Arbitragem e administração pública, Belo Horizonte, 2012;M.J. MAGALHÃES BONICIO, Breve análise sobre a arbitragem em conflitos que envolvem o Estado,in Revista da Procuradoria Geral do Estado de São Paulo, 2012, n. 75, 13 ss.; ID., Arbitragem eestado: ensaio sobre o litígio adequado, in Revista de arbitragem e mediação, 2015, n. 45, 155 ss.;C.A. DE SALLES, A arbitragem em contratos administrativos, Rio de Janeiro, 2011; S.M. FERREIRA

LEMES, Arbitragem na administração pública. Fundamentos jurídicos e eficiência econômica, SanPaolo, 2007.

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parte autorevole della dottrina, secondo cui già in riferimento alla ver-sione originaria della LA del 1996 potevano essere considerate valide —alla luce all’art. 1, caput (40), LA — le convenzioni di arbitrato stipulatedalla pubblica amministrazione, purché aventi ad oggetto diritti patrimo-niali disponibili (41). Comunque, nel fugare ogni dubbio in proposito, l’art.1, § 1º, è certamente norma da apprezzare (42) e mette fine a quella

(40) Come ricorda C. R. DINAMARCO, Vocabulário do processo civil, San Paolo, 2009, p.313, il caput è la « testa » dell’articolo, la sua prima parte, in cui si trova la « disposizionecentrale », che viene seguita da incisi e paragrafi in cui si trovano « disposizioni complemen-tari ».

(41) L’art. 1, caput, LA dispone (fin dalla sua versione originale del 1996) che: « Lepersone capaci di contrattare potranno ricorrere all’arbitrato per dirimere liti relative a dirittipatrimoniali disponibili ». Come indicato nel testo, sulla base di tale previsione normativa,alcune sentenze del Superiore Tribunale di Giustizia avevano ritenuto legittima l’utilizzazionedell’arbitrato da parte della pubblica amministrazione, tra le varie decisioni segnaliamo: 25ottobre 2005, sezione 2a, recurso especial n. 612.439/RS; 17 luglio 2007, sezione 2a, recursoespecial nº 606.345; 28 giugno 2006, sezione 1º, mandado de segurança n. 11.308/DF; 20 ottobre2011, sezione 3a, recurso especial n. 904.813/PR. Giova ricordare che anche prima dell’entrata invigore della LA del 1996, il Supremo Tribunale Federale nel celebre caso “Lage” avevaammesso la legittimità del ricorso all’arbitrato in una controversia vertente tra l’amministra-zione pubblica federale brasiliana e un soggetto privato, ma in tal caso sussisteva un’espressaautorizzazione legale. Si tratta della decisione emanata nell’ambito dell’agravo de instrumenton. 52.181, del 14 novembre 1973, publicata in Revista trimestral de jurisprudência, 1974, n. 68, 382ss. Per l’analisi delle citate decisioni rinviamo a: E.B. BARALDI, Arbitragem e contratos com aadministração pùblica, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R.RESENDE BENEDUZI, cit., 30 ss.; A. WALD, A. GERDAU DE BORJA, Arbitragem envolvendo entesestatais: a evolução da jurisprudência e a Lei n. 13.129, de 26-5-2015, cit., 113 ss.

Tra gli autori favorevoli alla compromettibilità delle controversie con la pubblica ammi-nistrazione, anche prima della riforma del 2015, si vedano: S.M. FERREIRA LEMES, A arbitrageme os novos rumos empreendidos na administração pública: a empresa estatal, o Estado e aconcessão de serviço público, in AA.VV., Aspectos fundamentais da Lei de Arbitragem, a cura diP.A. BATISTA MARTINS, S.M. FERREIRA LEMES, C.A. CARMONA, Rio de Janeiro, 1999, 175 ss.; C.DE MELO VALENÇA FILHO, Arbitragem e contratos administrativos, in Revista de direito bancáriodo mercado de capitais e da arbitragem, 2000, n. 8, 359 ss.; A. WALD, A arbitragem e as sociedadesde economia mista, in Revista de direito bancário do mercado de capitais e da arbitragem, 2003,n. 19, 283 ss.; A. PELLEGRINI GRINOVER, Arbitragem e prestação de serviços públicos, in Revistade direito administrativo, 2003, n. 233, 377 ss.; J.E. NUNES PINTO, A arbitrabilidade de contro-vérsias nos contratos com o Estado e empresas estatais, in Revista brasileira de arbitragem, 2004,n. 1, 9 ss.; C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 50; R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Ordempública e processo, San Paolo, 2011, 20-21; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 87 ss.; L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 39.

(42) In senso favorevole all’introduzione dell’art. 1, §1º, si vedano: G. FERNANDEZ DE

ANDRADE, Arbitragem e administração pùblica: da hostilidade à gradual aceitação, in AA.VV., Areforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 411 ss.; A.BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato”brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 3.

Il citato art. 1, §1º, LA, pur contenendo una novità di rilievo, non pare risolvere tutti idubbi sollevati in dottrina rispetto alla concreta individuazione delle controversie arbitrabili, dicui è parte la pubblica amministrazione. Come è stato, infatti, opportunamente dimostrato, icriteri civilistici della disponibilità e della patrimonialità delle situazioni giuridiche non sono difacile applicazione nell’ambito del diritto pubblico, data la mancanza di « un criterio generaleche permetta di determinare i diritti disponibili della pubblica amministrazione », da cui derivala difficoltà di individuare con esattezza l’ambito delle controversie compromettibili, così E.C.CLETO MAROLLA, A arbitragem e os contratos da administração pública, cit., 115 ss., alla quale sirinvia per l’esaustiva analisi dei sei metodi cui si fa ricorso per individuare il concetto di

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prospettiva più restrittiva — sostenuta da una parte della giurisprudenza(in particolare della Corte dei Conti) e da alcuni studiosi — in base allaquale la pubblica amministrazione poteva ricorrere all’arbitrato solo inpresenza di una legge speciale che la autorizzasse espressamente in talsenso e in relazione alle specifiche materie indicate (43). In ragione del-l’innovazione della riforma in commento, risulta — chiaramente — supe-rata quella posizione dottrinaria più estrema che sosteneva l’esistenza diun assoluto divieto per la pubblica amministrazione brasiliana di deferirela soluzione delle controversie al giudizio degli arbitri (44).

Sempre in relazione all’arbitrabilità delle controversie con la pubblicaamministrazione, l’art. 1, § 2º, dispone che: « L’autorità o l’organo dellapubblica amministrazione diretta competente per la stipulazione dellaconvenzione di arbitrato è la medesima autorità o lo stesso organo che può

disponibilità dei diritti e, quindi, della compromettibilità delle controversie. Merita approva-zione la tesi, secondo cui per determinare l’area della compromettibilità dei conflitti con la p.a.,è necessario applicare dei criteri supplementari, oltre a quello della disponibilità, come ilcriterio di « adeguazione », così: M.J. MAGALHÃES BONICIO, Arbitragem e Estado: ensaio sobre olitígio adequado, cit., 155 ss.

(43) Ricordiamo che negli ultimi anni diverse leggi speciali brasiliane avevano autoriz-zato la stipulazione di convenzioni di arbitrato da parte della pubblica amministrazione perdeterminate materie, tra cui ricordiamo: l’art. 23, XV, della legge n. 8.987 del 1995 (Lei deConcessões), l’art. 93, XV, della legge n. 9.472 del 1997 (Lei Geral de Telecomunicações), l’art.43, X, della legge n. 9.478 del 1997 (Lei do Petróleo); l’art. 2, § 3º, della legge n. 10.433 del 2002(Lei do Mercado Atacadista de Energia), l’art. 4º, § 6º, della legge n. 10.848 del 2004 (Lei daCâmara de Comercialização de Energia Elétrica); l’art. 11 della legge nº 11.079 del 2004 (Lei dasParcerias Público-Privadas).

Per la prospettiva secondo cui la pubblica amministrazione brasiliana poteva ricorrereall’arbitrato solo in presenza di una legge che espressamente disponeva in tal senso, si vedano:L.R. BARROSO, Sociedade de economia mista prestadora de serviço pùblico. Cláusula arbitralinserida em contrato administrativo sem prévia autorização legal. Invalidade, in Revista de direitobancário, do mercado de capitais e da arbitragem, 2003, n. 19, 427 ss.; C.A. DE SALLES, Arbitragemem contratos administrativos, cit., 239-40. Come indicato nel testo, era questo anche l’orienta-mento della giurisprudenza della Corte dei Conti, da sempre ostile ad ammettere la legittimitàdell’arbitrato con la pubblica amministrazione, se non in presenza di un’espressa autorizzazionelegislativa, si vedano le seguenti decisioni: 28 maggio 2003, n. 587/2003; 16 luglio 2003, n.906/2003; 10 aprile 2003, n. 584/2003; 10 marzo 2003, n. 215/2004; 24 agosto 2005, n. 1.271/05; 14marzo 2006, n. 537/2006. Sulla giurisprudenza della Corte dei Conti in materia di arbitrato, sivedano: C. A. GUIMARAES PEREIRA, Arbitragem e a Administração Pùblica na Jurisprudência doTCU e do STJ, in AA.VV., Arbitragem e Poder Pùblico, a cura di C.A. GUIMARAES PEREIRA,E. TALAMINI, cit., 131 ss.; E.B. BARALDI, Arbitragem e contratos com a administração pùblica,cit., 50.

(44) In effetti, una parte (del tutto) minoritaria della dottrina brasiliana consideravainarbitrabili le controversie con la pubblica amministrazione, nel presupposto che quest’ultimafosse posta in posizione di superiorità ed essendo portatrice di situazioni giuridiche soggettivedi natura sempre indisponibile, così si vedano: C.A. BANDEIRA DE MELLO, Curso de direitoadministrativo, 26a ed., San Paolo, 2009, 711, secondo cui « É inadmissível que se possa afastaro Poder Judiciário quando em pauta interesse indisponíveis, como o são os relativos ao serviçopùblico, para que particulares decidam sobre matéria que se constitui em res extra commerciume que passa, então, muito ao largo da força decisória deles »; L. VALLE FIGUEIREDO, Curso dedireito administrativo, 5a ed., San Paolo, 2001, 101, il quale sottolineava, tra l’altro, che « asregras de competência processual no tocante às questões da União são de ordem constitucional,não podendo, à evidência, ser derrogadas por legislação infraconstitucional ».

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concludere accordi e transazioni ». Si tratta di una disposizione sulla c.d.arbitrabilità soggettiva, rispetto a cui la riforma chiarisce quale organodella p.a. brasiliana è legittimato a stipulare compromessi e clausolecompromissorie.

Infine, nell’art. 2, § 3º, LA, vengono introdotte due regole processuali,di applicazione inderogabile quando la pubblica amministrazione è partedi un processo arbitrale. Si tratta del necessario rispetto del principio dipubblicità del processo e del criterio della decisione che deve esseresecondo le regole di diritto.

Rispetto al principio di pubblicità del processo arbitrale, la riforma incommento ribadisce quanto già impone l’art. 37 della Costituzione Fede-rale del 1988: « La pubblica amministrazione diretta e indiretta (...)seguirà i principi di legalità, impersonalità, moralità, pubblicità ed effi-cienza (...) » (45). Dei dubbi, tuttavia, sussistono sulla portata del principiodi pubblicità che si impone alla p.a. quando partecipa ad un procedimentoarbitrale. Il principio in discorso può essere, infatti, concepito in due modi.In base ad una prima prospettiva, sarebbe necessario preservare, comun-que, gli interessi delle parti private dell’arbitrato e, quindi, si dovrebbeammettere la divulgazione solo della pendenza dell’arbitrato, del lodo,nonché degli altri atti essenziali del procedimento, escludendo l’accessopubblico alle udienze e ai vari documenti prodotti nel giudizio (46). Se-guendo, invece, una visione più ampia del principio di pubblicità (che, tral’altro, ci sembra preferibile), quando la pubblica amministrazione è partedi un arbitrato, è necessario garantire la totale trasparenza del processoarbitrale, comprese udienze, fascicoli e documenti, considerando copertida riservatezza esclusivamente i segreti industriali e commerciali (47).

(45) In senso favorevole all’introduzione espressa del principio di pubblicità nell’arbi-trato con la p.a., si veda A.S. HATANAKA, O poder pùblico e a arbitragem após a reforma da Leinº 9.307/1996, cit., § 5. Sui principi di pubblicità e di riservatezza in arbitrato, si veda in generale:J.M. JÚDICE, Confidencialidade e publicidade. Reflexão a propósito da Reforma da Lei deArbitragem (Lei n. 13.129, de 25 de maio de 2015), in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lein. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 297 ss.

(46) In questo senso, si rinvia a S.L. FERREIRA LEMES, Anotações sobre a nova lei dearbitragem, cit., 39, la quale esclude che le istituzioni arbitrali debbano agire come dellecancellerie di un tribunale pubblico. Nella stessa direzione, si veda anche anche C.A. CARMONA,Arbitragem e processo, cit., 52, il quale, scrivendo prima della riforma del 2015, ritiene che debbaessere garantito « acesso aos interessados à decisão e aos atos essenciais do processo arbitral(quando necessário), preservando-se, porém, o sigilo dos debates e a confidencialidade dosdocumentos que instruíram o processo arbitral ».

(47) Per questa prospettiva, si vedano: E.C. CLETO MAROLLA, A arbitragem e os contratosda administração pública, cit., 157-158; A.S. HATANAKA, O poder público e a arbitragem após areforma da Lei nº 9.307/1996, cit., § 5, secondo cui « o processo arbitral (incluindo as audiências,os debates, as provas colhidas e os documentos apresentados) deverá ser moldado para dar totalconcreção ao princípio da publicidade ». In favore di questa seconda prospettiva, merita diessere ricordato il recente decreto 8 giugno 2015, n. 8.465, recante disposizioni in materia diporti, che ammette l’arbitrabilità di alcune controversie in ambito portuario, indicando al tempostesso che « tutte le informazioni relative al processo saranno rese pubbliche » (art. 3, inciso IV).

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Inoltre, rispetto al regime di pubblicità, una questione che le autoritàbrasiliane dovranno risolvere in futuro è quella dell’individuazione dellemodalità con cui divulgare la pendenza di un processo arbitrale, di cui lapubblica amministrazione è parte (48).

L’altra regola prevista dall’art. 2, § 3º, riguarda le norme per ladeliberazione: quando la pubblica amministrazione è parte di un arbitrato,gli arbitri dovranno decidere sempre secondo le regole di diritto, essendo,quindi, vietata la decisione secondo equità (49).

Oltre agli aspetti espressamente regolati dalla riforma del 2015, altresono le questioni derivanti dalla partecipazione della pubblica ammini-strazione ad un processo arbitrale, quali: i criteri da seguire per la sceltadegli arbitri e dell’istituzione arbitrale; la lingua del procedimento; l’ap-plicazione di alcune deroghe al procedimento arbitrale; l’esecuzione dellodo nei confronti della pubblica amministrazione. Il legislatore dellariforma ha preferito non prendere posizione sui menzionati aspetti (50).

5. Come già indicato nella parte introduttiva della nostra indagine,il progetto di legge inviato alla Presidenza della Repubblica prevedeva lamodificazione dell’art. 4, § 2º, nonché l’introduzione dei §§ 3° e 4º nell’art.4. Si trattava di novità tendenti a permettere e/o a facilitare la stipulazionedi clausole compromissorie in: contratti per adesione; contratti per ade-sione in rapporti di consumo; contratti individuali di lavoro, stipulati dacoloro che esercitano funzioni di amministratore o di direttore generale.In ragione del menzionato veto presidenziale, la redazione del § 2º dell’art.4 rimane quella originale del 1996 e non vengono introdotti i nuovi

(48) Su questo aspetto E.C. CLETO MAROLLA, A arbitragem e os contratos da admini-stração pública, cit., 162, ritiene che: « A regulamentação da divulgação da existência de processoarbitral e de seu desfecho é, portanto, medida que se impôe ». Al riguardo A.S. HATANAKA, Opoder público e a arbitragem após a reforma da Lei nº 9.307/1996, cit., § 5, propone le seguentisoluzioni: imporre che sia la stessa p.a. a divulgare l’esistenza del giudizio arbitrale, con lapubblicazione nella Gazzetta Ufficiale o con altri canali di comunicazione pubblica; permetterealla p.a. di scegliere come camere arbitrali solo quelle che garantiscono l’osservanza del doveredi pubblicità, in via fisica o elettronica.

(49) Si veda, sul punto E.C. CLETO MAROLLA, A arbitragem e os contratos da admini-stração pública, cit., 148 ss. In senso parzialmente critico rispetto al divieto di arbitrato di equitàcon la p.a., si pone S.L. FERREIRA LEMES, Anotações sobre a nova lei de arbitragem, cit., 40.

(50) Dati gli evidenti limiti della nostra indagine, per la trattazione delle questioniindicate nel testo siamo costretti a rinviare alla dottrina brasiliana che si è recentementededicata ai rapporti tra arbitrato e pubblica amministrazione. Si rinvia, pertanto, ai recenticontributi di: E.C. CLETO MAROLLA, A arbitragem e os contratos da administração pùblica, cit.,147 ss.; M.V. ARMANI ALVES, A fazenda pública na arbitragem, cit., 175 ss.; A.S. HATANAKA, Opoder público e a arbitragem após a reforma da Lei nº 9.307/1996, cit., §§ 5 ss.; G. FERNANDEZ DE

ANDRADE, Arbitragem e administração pública: da hostilidade à gradual aceitação, cit., 411 ss.;G.H. JUSTINO DE OLIVEIRA, G.B. SCHWARSTMANN, Arbitragem público-privada no Brasil: aespecialidade do litígio administrativo e as especificidades do procedimento arbitral, cit., 150 ss.

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paragrafi 3º e 4º nell’art. 4 (51). Ciò nonostante, è interessante ricordarequale era il contenuto dei tre richiamati paragrafi che il Parlamentoavrebbe voluto inserire nella LA.

In riferimento alla stipulazione di una clausola compromissoria in uncontratto per adesione in un rapporto non di consumo, la vigente reda-zione dell’art. 4, § 2º, prevede che: « Nei contratti per adesione, la clausolacompromissoria è efficace solo se colui che vi aderisce assume l’iniziativadi instaurare l’arbitrato o accetta la sua instaurazione, espressamente e periscritto, in un documento allegato o in grassetto contenente una firma ouna specifica approvazione di tale clausola ». Tale disposizione tende aproteggere la parte « debole », che non ha predisposto il contratto. Laclausola compromissoria relativa ad un contratto per adesione è, infatti,sempre efficace per la parte predisponente (criterio dell’efficacia relativadella clausola), mentre vincola la parte non predisponente solo se redattacon le speciali e rigorose formalità indicate nell’art. 4, § 2º. L’efficacia dellaclausola compromissoria redatta senza il rispetto delle formalità previstedal citato art. 4, § 2º, resta, quindi, subordinata all’iniziativa della partenon predisponente il contratto per adesione (52). La versione dell’art. 4, §2º, che avrebbe voluto introdurre il Parlamento brasiliano era la seguente:« Nei contratti per adesione, la clausola compromissoria è efficace solo seredatta in grassetto o in un documento separato ». Il Parlamento avrebbe,quindi, voluto aumentare e facilitare la diffusione dell’arbitrato rispetto aicontratti per adesione nei rapporti non di consumo, dotando la clausolacompromissoria, relativa a tali rapporti, di un’efficacia piena e bilaterale(per entrambe le parti contrattuali), purché redatta in grassetto o in undocumento separato, senza imporre anche la necessità di una specificaapprovazione e sottoscrizione di tale clausola (53).

In riferimento all’arbitrato con i consumatori, l’art. 4, § 3º, oggetto diveto presidenziale, aveva la seguente redazione: « Nei rapporti di con-sumo creati da contratto per adesione, la clausola compromissoria èefficace solo se il consumatore prende l’iniziativa di instaurare l’arbitratoo concorda espressamente con la sua instaurazione ». Il Parlamento vo-leva, quindi, condizionare l’efficacia della clausola compromissoria all’ef-fettiva accettazione dell’arbitrato da parte del consumatore, il quale

(51) In senso critico, si veda A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatisticiconsiderando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 4, il qualeparla di « tabù » rispetto ai richiamati veti della Presidenza della Repubblica.

(52) In questo senso, si vedano: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 106 ss.; J.R.DE CASTRO NEVES, Arbitragem nas relações de consumo - uma nova esperança, in AA.VV.,Arbitragem e mediação. A reforma da legislação brasileira, a cura di C.C. VIEIRA ROCHA, L.F.SALOMÃO, cit., 189 ss., spec. 201. Sul tema si rinvia anche a L.F. GUERRERO, Convenções dearbitragem e processo arbitral, San Paolo, 2009, 16 ss.

(53) J.R. DE CASTRO NEVES, Arbitragem nas relações de consumo - uma nova esperança,cit., 202.

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avrebbe potuto manifestare la sua opzione per la via arbitrale sia instau-rando direttamente il processo arbitrale, sia esprimendo (a lite già insorta)il proprio accordo quanto alla sua instaurazione del processo (avvenuta suiniziativa dell’altra parte) (54). Come indicato dai commentatori, la man-cata introduzione del citato art. 4, § 3º, non sembra che sia in grado dicambiare la posizione del consumatore in relazione all’arbitrato, nellamisura in cui le controversie aventi ad oggetto un rapporto di consumorestano, comunque, compromettibili, alla condizione che si dimostri l’ef-fettiva accettazione del consumatore di ricorrere allo strumento arbitrale,dopo l’insorgere della lite e attraverso una delle seguenti modalità: lastipulazione di un compromesso; l’instaurazione del processo arbitrale daparte dello stesso consumatore; la manifestazione espressa di quest’ultimorelativa all’accettazione del giudizio arbitrale, proposto su iniziativa dellacontroparte sulla base di una clausola compromissoria (55).

Infine, il § 4º dell’art. 4, parimenti oggetto di veto presidenziale, avevala seguente redazione: « Qualora il lavoratore ricopra, o sia chiamato aricoprire, l’incarico o la funzione di amministratore o di direttore statu-tario, nei contratti individuali di lavoro potrà essere pattuita una clausolacompromissoria, che sarà efficace solo se il lavoratore assume l’iniziativadell’instaurazione dell’arbitrato o se concorda espressamente con la suainstaurazione ». Si trattava di un timido tentativo del Parlamento di aprireuna breccia in favore dell’arbitrabilità delle controversie di lavoro, il cuicampo di applicazione sarebbe stato alquanto limitato, essendo circo-scritto a quei lavoratori di elevata posizione economica e professionale(amministratori e direttori statutari), rispetto ai quali la clausola compro-missoria nemmeno sarebbe stata automaticamente efficace, essendo ne-cessaria la loro accettazione espressa quanto allo svolgimento del giudizioarbitrale dopo l’insorgere della controversia (56). Pur essendo circondato

(54) J.R. DE CASTRO NEVES, Arbitragem nas relações de consumo - uma nova esperança,cit., 201.

(55) Così R. LORETTI HENRICI, L. MAYALL M. DE ARAUJO, Relações de consumo, contratosde adesão e arbitragem, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R.RESENDE BENEDUZI, cit., 459 ss., spec. 480. In altre parole, la clausola compromissoria inserita inun contratto per adesione non possiede efficacia vincolante nei confronti del consumatore(come si desume dall’art. 51, inciso VII, del codice di consumo brasiliano), essendo efficace solorispetto al professionista. Per questa soluzione, si veda Superiore Tribunale di Giustizia,decisione 6 novembre 2012 (recurso especial 1.169.841/RJ), secondo cui nei rapporti di consumoquello che viene vietato è « solo l’utilizzazione imposta dell’arbitrato, ciò che non impedisce alconsumatore di scegliere il procedimento arbitrale come mezzo adeguato per la risoluzionedegli eventuali conflitti sorti in relazione al professionista » (traduzione nostra). Sull’argomentorinviamo a C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 82 ss.

(56) Per un’analisi dell’art. 4, § 4º, oggetto di veto, si vedano: F. VERÇOSA, Arbitragempara a resolução de conflitos trabalhistas no direito brasileiro, in AA.VV., A reforma daarbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE, cit., 483 ss.; A. CHATEAUBRIAND MARTINS,A arbitragem nas relações de trabalho: proposta de tratamento legislativo, in AA. VV., Arbitrageme mediação. A reforma da legislação brasileira, a cura di C.C. VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, cit.,21 ss.

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dalle menzionate cautele, la Presidenza della Repubblica ha ritenutoopportuno mettere il veto sull’art. 4, § 4º, indicando, tra i motivi ostativialla sua approvazione, quello del rischio dell’assoggettamento al giudizioarbitrale della generalità dei lavoratori (57). Il netto (e probabilmenteimmotivato) rifiuto della Presidenza della Repubblica, quanto alla possi-bilità di stipulare clausole compromissorie nei contratti individuali dilavoro (58), è un chiaro indice del fatto che in Brasile è ancora molto fortel’ostilità nei confronti dell’arbitrato nel diritto del lavoro (59).

6. Altra novità rilevante della riforma del 2015 riguarda la disciplinadella convenzione di arbitrato inserita nello statuto di una società perazioni, le cui regole vengono dettate dal nuovo art. 136-A della legge n.6.404, del 15 dicembre del 1976 (60), recante disposizioni sulle societàanonime, ossia le società per azioni (61).

(57) Nel messaggio della Presidenza della Repubblica in cui vengono esplicitate leragioni del veto all’art. 4, § 4º, si legge che: « O dispositivo autorizaria a previsão de cláusula decompromisso em contrato individual de trabalho. Para tal, realizaria, ainda, restrições de suaeficácia nas relações envolvendo determinados empregados, a depender de sua ocupação. Dessaforma, acabaria por realizar uma distinção indesejada entre empregados, além de recorrer atermo não definido tecnicamente na legislação trabalhista. Com isso, colocaria em risco ageneralidade de trabalhadores que poderiam se ver submetidos ao processo arbitral » (inhttp://www.planalto.gov.br/ccivil_03/_Ato2015-2018/2015/Msg/VEP-162.htm).

(58) Per una critica alle ragioni del veto della Presidenza della Repubblica sull’art. 4, § 4º,rinviamo a F. VERÇOSA, Arbitragem para a resolução de conflitos trabalhistas no direito brasileiro,cit., 497.

(59) La giurisprudenza dominante del Tribunale Superiore del Lavoro (Tribunal Superiordo Trabalho) reputa inarbitrabili le controversie di lavoro, qualificando come indisponibili i dirittisoggettivi del lavoratore subordinato. In proposito, ricordiamo le seguenti decisioni: 16 settembre2009, 3a sezione, recurso n. 1599-2005-022-02-00, secondo cui « há incompatibilidade insanável daarbitragem com os princípios norteadores do Direito do Trabalho, especialmente os da irrenun-ciabilidade e indisponibilidade dos direitos trabalhistas »; 24 marzo 2010, 8a sezione, recurso n.51085-09.2005.5.10.0014; 20 ottobre 2012, 3a sezione, recurso n. 90500-78.2008.5.05.0031. Per altririferimenti giurisprudenziali si rinvia a L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 92.

Quanto alla dottrina, alcuni autori propendono per l’inarbitrabilità delle controversie dilavoro (C.H. BEZERRA LEITE, Curso de direito processual do trabalho, 7a ed., San Paolo, 110).Mentre altri autori sono favorevoli all’arbitrabilità di tali tipo di controversie, si vedano inquesto senso: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 39 ss., secondo cui « As causastrabalhistas (...) são, em princípio, arbitráveis, não havendo necessidade de procurara na Leiqualquer menção específica ao Direito do Trabalho para que o mecanismo de solução decontrovérsias seja aplicável também às questões laborais ». Infine, per L. DE FARIA BERALDO,Curso de arbitragem, cit., 95, sono compromettibili le controversie di lavoro, purché vertenti suuna relazione giuridica già estinta (contratto di lavoro già concluso) e il lavoratore prendal’iniziativa di instaurare l’arbitrato.

(60) È, in particolare, l’art. 3 della legge n. 13.129 del 2015 che introduce l’art. 136-A nellalegge n. 6.404 del 1976. Tuttavia, per ragioni espositive, abbiamo considerato opportuno alterarel’ordine sistematico della riforma e trattare, fin d’ora, del tema della convenzione di arbitrato inmateria societaria. Sul punto, si vedano: D. FRANZONI, Arbitragem societária, San Paolo, 2015,137 ss.; D. BUSHATSKY, A reforma da lei e a arbitragem no direito societário: importância dasociedade empresária, oportunidade de reforço e regramento do instituto e proteção ao acionistaminoritário, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J.CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 145 ss.; M. BARBOSA ARAÙJO, Um regime jurídico mais

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Nel caput (la prima parte) del citato art. 136-A viene stabilito che:« L’introduzione di una convenzione di arbitrato nello statuto societario,rispettato il quorum dell’articolo 136, vincola tutti gli azionisti dellasocietà, salvo il diritto di recesso del socio dissidente mediante il rimborsodel valore delle sue azioni, ai sensi dell’art. 45 ». Il § 1º del medesimo art.136-A aggiunge che: « La convenzione di arbitrato sarà efficace solo dopoil decorso del termine di trenta giorni, che decorrono dalla pubblicazionedel verbale dell’assemblea generale che ha approvato tale convenzione ».Il diritto di recesso non è, tuttavia, di applicazione generale, poiché lalegge non lo attribuisce ai soci dissidenti quando la convenzione diarbitrato statutaria viene inserita nello statuto di una società per azionic.d. « aperta » e ricorre, altresì, una delle due condizioni previste dall’art.136-A, § 2º, della legge n. 6.404 del 1976 (62).

seguro para a arbitragem societária: o art. 136-A da lei das S/A, in AA.VV., Arbitragem. Estudossobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 353 ss.;M. VALVERDE, Apontamentos sobre a adoção do direito de retirada como solução para a questãoda vinculação subjetiva à cláusula arbitral estatutária, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lein. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 395 ss.; A.C. WEBER,Arbitragem e direito societário, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS

MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 59 ss.; ID., A cláusula compromissória estatutária e o direito derecesso, in AA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislação brasileira, a cura di C.C.VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, cit., 1 ss.; F.A. MACIEL MÜSSNICH, F.H. PERES, Arbitrabilidadesubjetiva no direito societário e direito de recesso, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura diL. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 673 ss.; F.A. MACIEL MÜSSNICH, A cláusulacompromissória no direito societário, in AA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislaçãobrasileira, a cura di C.C. VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, cit., 127 ss.; C.L. MARQUES, C. COSTA DE

LIMA, Anotação ao PLS 406, de 2013 sobre arbitragem, in Revista de direito do consumidor, 2014,n. 91, 407 ss.; G. LEPORACE, Cláusulas compromissórias estatutárias. Análise da proposta de novaregulamentação sob a ótica da lógica econômica e da política legislativa, in Revista de arbitrageme mediação, 2014, n. 63 ss.; R. RAMALHO ALMEIDA, G. LEPORACE, Cláusulas compromissóriasestatutárias: análise sob a ótica da lógica econômica, política legislativa e alguns problemaspráticos, in Revista de arbitragem e mediação, 2013, n. 39, 67 ss.

Per un’analisi comparatistica della disciplina della clausola compromissoria statutaria, cheprende in esame il diritto italiano e quello brasiliano, sia permesso di rinviare a G. BONATO,Arbitragem societária italiana: análise comparativa sobre a abrangência subjetiva da cláusula com-promissória e a nomeação dos árbitros, in Revista de arbitragem e mediação, 2015, n. 46, 337 ss.

(61) Ma F.A. MACIEL MÜSSNICH, F.H. PERES, Arbitrabilidade subjetiva no direito societárioe direito de recesso, cit., 691, ritengono che la disciplina di cui all’art. 136-A, della legge n. 6.404del 1976, si applichi anche alle società a responsabilità limitata.

Non è questa la sede per trattare il tema dell’arbitrato societario nel diritto brasiliano.Possiamo solo ricordare che già con la legge n. 10.303 del 31 ottobre 2001, il legislatore hachiarito che le controversie in materia societaria sono arbitrabili, introducendo all’art. 109, § 3º,della legge n. 6.404, del 15 dicembre del 1976, la seguente disposizione: « O estatuto da sociedadepode estabelecer que as divergências entre os acionistas e a companhia, ou entre os acionistascontroladores e os acionistas minoritários, poderão ser solucionadas mediante arbitragem, nostermos em que especificar ». Per gli opportuni approfondimenti, rinviamo alla letteraturaspecializzata sul punto, tra cui: D. FRANZONI, Arbitragem societária, cit.; P.A. BATISTA MARTINS,Arbitragem no direito societário, San Paolo, 2012; A.C. WEBER, Arbitragem e direito societário,in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit.,59 ss.; M.D. GONÇALVES VILEVA, Arbitragem no direito societário, Belo Horizonte, 2004; L. DE

FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 75 ss.(62) In particolare, il primo caso di esclusione del diritto di recesso si ha quando:

« l’introduzione della convenzione di arbitrato nello statuto societario costituisce la condizione

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La descritta soluzione adottata dalla riforma brasiliana del 2015 inmateria di convenzione arbitrale statutaria (che — chiaramente — si ispiraalla disciplina dell’arbitrato societario italiano, di cui all’art. 34, comma 6°,del decreto legislativo n. 5 del 2003 (63)) è quella più conforme con i

affinché i valori mobiliari di emissione della società siano ammessi alla negoziazione nei listinidella borsa valori o di un mercato regolamentato, fuori dalla borsa, che richieda la diffusioneazionaria minina del 25% (venticinque) delle azioni di ogni tipo o categoria » (art. 136-A, § 2º,inciso I). In questo caso, l’esclusione del diritto di recesso si deve al fatto che la società perazioni tenta entrare in livelli differenziati di corporate governance che danno maggiori garanzieagli azionisti di minoranza. In ragione dei vantaggi, di cui saranno beneficiati i soci di minoranzadall’ingresso della società in tale livello differenziato, il legislatore ha deciso di non attribuireloro il diritto di recesso, compiendo una chiara « ponderazioni di interessi », come ricordanoF.A. MACIEL MÜSSNICH, F.H. PERES, Arbitrabilidade subjetiva no direito societário e direito derecesso, cit., 689.

La seconda ipotesi di esclusione del diritto di recesso riguarda l’introduzione di unaconvenzione di arbitrato in uno statuto di una società aperta, le cui azioni sono dotate dellacaratteristica della liquidità e dispersione nel mercato, « ai sensi dei commi « a » e « b »dell’inciso II dell’art. 137 » della legge n. 6.404 del 1976 (art. 136-A, § 2º, inciso II). In questaipotesi, non è necessario attribuire ai soci di minoranza il diritto di recesso visto che i dissidentipossono vendere facilmente le proprie azioni ed uscire dalla società, senza costringere quest’ul-tima a rimborsare il valore delle azioni dei soci uscenti. Si vedano ancora F.A. MACIEL MÜSSNICH,F.H. PERES, Arbitrabilidade subjetiva no direito societário e direito de recesso, cit., 689, nonchéG. LEPORACE, Cláusulas compromissórias estatutárias. Análise da proposta de nova regulamen-tação sob a ótica da lógica econômica e da política legislativa, cit., 63 ss.

(63) Alcune differenze intercorrono tra la disciplina italiana e quella brasiliana, tra cui:il quorum di approvazione della deliberazione relativa alla convenzione di arbitrato, che inItalia è di due terzi del capitale sociale, mentre in Brasile è della metà delle azioni con dirittodi voto; il diritto di recesso che in Italia viene concesso sia ai soci assenti che a quelli dissidenti,mentre in Brasile viene attribuito solo a questi ultimi; l’assenza di casi di esclusione del dirittodi recesso in Italia, a differenza di quanto accade in Brasile, divergenza che si spiega con il fattoche l’arbitrato societario italiano non si applica alle società aperte che partecipano al mercatodei capitali ai sensi dell’art. 2325-bis del codice civile; l’applicazione in Brasile dell’art. 136-Adella legge n. 6.404 del 1976 solo in caso di introduzione di convenzione di arbitrato in unostatuto societario, mentre in Italia l’art. 34, comma 6°, del decreto legislativo n. 5 del 2003, siapplica sia per l’introduzione che per la soppressione di clausole compromissorie (su quest’ul-timo punto si veda anche nelle note successive per ulteriori considerazioni). Per un maggioreapprofondimento su questi aspetti comparatistici, sia permesso di rinviare nuovamente a G.BONATO, Arbitragem societária italiana: análise comparativa sobre a abrangência subjetiva dacláusula compromissória e a nomeação dos árbitros, cit., 344 ss. In ogni caso, indipendentementedalle richiamate divergenze di disciplina intercorrenti tra i due sistemi posti a confronto, èevidente l’influenza che ha giocato il legislatore italiano su quello brasiliano in relazioneall’elaborazione della disciplina della convenzione di arbitrato statutaria, come viene ricono-sciuto dalla dottrina brasiliana (A. WALD, A reforma da lei de arbitragem, cit., 211; F.J. CAHALI,Curso de arbitragem, cit., 422; D. FRANZONI, Arbitragem societária, cit., 137; A.C. WEBER, Acláusula compromissória estatutária e o direito de recesso, cit., 13) e da quella italiana (A.BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato”brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 3). Sull’arbitrato societario italiano segnaliamo,senza pretesa di completezza: P. BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, in questaRivista, 2003, 27 ss.; P. BIAVATI, E. ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario, in AA.VV.,Arbitrati speciali, a cura di F. CARPI, cit., 53 ss.; E. DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, Bologna,2013; C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, vol. II, cit., 681 ss.; E.F. RICCI, Il nuovoarbitrato societario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 517 ss.; D. CORAPI, A arbitragem no direitosocietário italiano, in Revista de arbitragem e mediação, 2014, n. 43, 285 ss.; G. BONATO,L’imparzialità e l’indipendenza degli arbitri alla luce della riforma del diritto societario, inAA.VV., Davanti al giudice. Studi sul processo societario, a cura di L. LANFRANCHI, A. CARRATTA,Torino, 2005, 423 ss.; B. MAKANT, S. LEONGO QUEIROZ, Comentários à nova lei sobre arbitragem

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principi costituzionali in tema di tutela giurisdizionale dei diritti chevietano la previsione di forme di arbitrato obbligatorio (64). Si tratta,altresì, di un’innovazione del tutto opportuna (65), nella misura in cuimette fine ad una discussione della dottrina che si era divisa tra: quegliautori che consideravano necessaria l’unanimità di tutti i soci per intro-durre una clausola compromissoria nello statuto di una società (66); coloroche ritenevano sufficiente una deliberazione assembleare adottata a mag-gioranza, dalla cui approvazione non sarebbe scaturito un diritto direcesso per i soci di minoranza (67); coloro, infine, che limitavano l’effica-cia della clausola ai soli soci che avessero espressamente manifestato ilproprio consenso al riguardo (68).

societária italiana, in Revista de arbitragem e mediação, 2004, n. 3, 293 ss.; G. RUFFINI, La riformadell’arbitrato societario, in Corr. Giur., 2003, 1524 ss.; L. SALVANESCHI, L’arbitrato societario, inAA.VV., Arbitrato, ADR, conciliazione, a cura di M. RUBINO SAMMARTANO, Bologna, 2009, 202ss.; B. SASSANI, B. GUICCIARDI, Arbitrato societario, in Digesto discipline privatistiche, sezionecivile, aggiornamento, vol. I, Torino, 2007, 119 ss.

(64) Se, infatti, la riforma dell’arbitrato non avesse concesso il diritto di recesso ai socidissenzienti, in conseguenza dell’introduzione della convenzione di arbitrato statutaria, lamaggioranza dei soci avrebbe potuto imporre l’arbitrato alla minoranza, con conseguenteviolazione del divieto costituzionale di arbitrato obbligatorio, su cui si vedano nel sistemabrasiliano: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 36; A.T. DE ABREU BOSCOLO, G. VALEN-TINIANO BENETTI, O consensualismo como fundamento da arbitragem e os impasses decorrentesdo dissenso, in Revista de direito empresarial, 2014, n. 2, 303 ss.; G. BONATO, Panorama daarbitragem na França e na Itália, cit., 59 ss. Quanto alla volontarietà dell’arbitrato nel sistemaitaliano, si veda N. TROCKER, Processo e strumenti alternativi di composizione delle liti nellagiurisprudenza della Corte costituzionale, in AA.VV., Diritto processuale civile e Corte costitu-zionale, a cura di E. FAZZALARI, Napoli, 2006 439 ss., spec. 471 ss.

(65) In tal senso, si vedano: A. WALD, A reforma da lei de arbitragem, cit., 213, secondocui la « reforma legislativa, ao tentar conciliar tendências contrárias, conseguiu soluções equili-bradas e equitativas »; D. BUSHARSKY, A reforma da lei e a arbitragem no direito societário:importância da sociedade empresária, oportunidade de reforço e regramento do instituto eproteção ao acionista minoritário, cit., 145 ss.; M. BARBOSA ARAÚJO, Um regime jurídico maisseguro para a arbitragem societária: o art. 136-A da lei das S/A, cit., 379. Ricordiamo che lasoluzione adottata nell’art. 136-A era stata difesa in dottrina de lege ferenda da L.F. GUERRERO,Convenção de arbitragem e processo arbitral, cit., 65. Tuttavia, in senso critico rispetto alladisciplina dell’art. 136-A, si vedano: D. FRANZONI, Arbitragem societária, cit., 137 ss.; M.VALVERDE, Apontamentos sobre a adoção do direito de retirada como solução para a questão davinculação subjetiva à cláusula arbitral estatutária, cit., 407-408, il quale ammette che, pur nonadottando la soluzione migliore, l’art. 136-A presenta aspetti positivi.

(66) Così C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 110-111, secondo cui: « Casoentretanto a cláusula não tenha sido introduzida no momento da constituição da companhia,somente com o voto de todos os acionistas poderá ser incluída no estatuto (...), eis que estará emjogo direito essencial do acionista ».

(67) In questo senso, si vedano: P.A. BATISTA MARTINS, Arbitragem no direito societário,cit., 106 ss.; R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Extensão da cláusula compromissória a partes nãosignatárias no direito societário, in Revista do advogado, n. 119, anno 33, 140 ss., spec. 148; L. DE

FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 79; E.S. MUNHOZ, A importância do sistema de soluçãode conflitos para o direito societário: limites do instituto da arbitragem, in AA.VV., Processosocietário, a cura di F.L. YARSHELL, G. SETOGUTI PEREIRA, San Paolo, 2012, 77 ss., spec. 91.

(68) Per questa prospettiva, si vedano: L.F. GUERRERO, Convenção de arbitragem eprocesso arbitral, cit., 65, per una opinione de iure condito; M. CARVALHOSA, Comentários à Leidas Sociedades Anônimas, vol. 2, 5a ed., San Paolo, 2011, 303 ss.

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A nostro sommesso avviso, pur avendo accolto una soluzione oppor-tuna, l’art. 136-A in commento ci sembra criticabile nella parte in cuiprevede che esclusivamente l’introduzione e non anche la soppressione diuna convenzione di arbitrato attribuisca ai soci dissidenti il diritto direcesso (69). Sebbene, infatti, non sia possibile riconoscere l’esistenza di undiritto costituzionale all’arbitrato (70), come accade, invece, per il dirittocostituzionale alla tutela giurisdizionale statale, l’esclusione di una clau-sola compromissoria contenuta in uno statuto societario dovrebbe confe-rire anche in Brasile il diritto di recesso ai soci dissidenti, parimenti aquanto viene stabilito in Italia dalla disciplina dell’arbitrato societario (art.34, comma 6, decreto legislativo n. 5 del 2003) (71).

Da segnalare, infine, che la riforma del 2015 preferisce non prendereposizione su altre questioni inerenti l’efficacia soggettiva della conven-zione di arbitrato statutaria, come quelle relative all’efficacia nei confrontidi nuovi azionisti e rispetto agli organi sociali (72).

(69) Giova sottolineare, altresì, che né in Brasile né in Italia, la legge prevede alcunchérispetto alle modificazioni di convenzione di arbitrato esistenti. Riteniamo che in tal caso nonsi applichi il diritto di recesso, trattandosi di modificazioni che non hanno nessuna incidenzasulla scelta tra lo strumento arbitrale e il processo pubblico. Ma in senso contrario, si veda E.DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, cit., 88-89.

(70) In relazione al sistema italiano, ricordiamo, tuttavia, che una parte della dottrina haelaborato un « diritto costituzionale all’arbitrato », tra cui: V. VIGORITI, L’arbitrato internazio-nale in Italia, in AA.Vv., Nuove dimensioni nei diritti di libertà. Scritti in onore di Paolo Barile,Padova, 1990, 727 ss.; G. RECCHIA, « Disponibilità dell’azione in senso negativo » ed incostitu-zionalità dell’arbitrato obbligatorio, in questa Rivista, 1992, 247 ss., spec. 255 ss., secondo cui ildiritto all’arbitrato sarebbe un aspetto essenziale del diritto di « disponibilità dell’azione insenso negativo », di cui all’art. 24 Cost.; A. BERLINGUER, Scelta degli arbitri e autonomia delleparti tra diritto comune e disciplina delle opere pubbliche, in questa Rivista, 1998, 522 ss. In sensocritico quanto all’esistenza di un diritto costituzionale all’arbitrato, si vedano: G. RUFFINI,Volontà delle parti e arbitrato nelle controversie relative agli appalti pubblici, in questa Rivista,2001, 643 ss.; S. BOCCAGNA, L’impugnazione per nullità del lodo, Napoli, 2005, 198; E. ODORISIO,Arbitrato rituale e « lavori pubblici », Milano, 2011, 485 ss.

(71) L’attribuzione del diritto di recesso ai soci dissidenti in caso di soppressione di unaclausola arbitrale ci pare, infatti, essere una soluzione più coerente rispetto alla sostanziale pa-rificazione dell’arbitrato con il processo statale, come si ritiene in base ad una visione modernadell’istituto (C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 32; ID., A arbitragem como meio adequadode resolução de litígios, in AA.VV., Conciliação e mediação: estruturação da política judiciárianacional, a cura di A. PELLEGRINI GRINOVER, A.C. PELUSO, M. DE ALMEIDA ROCHA, Rio de Janeiro,2011, 199 ss.; ID., Superior Tribunal de Justiça, segurança pública e arbitragem, cit., 97; A. PEL-LEGRINI GRINOVER, Ensaio sobre a processualidade, cit., 63; C.R. DINAMARCO, Instituições de direitoprocessual civil, I, cit., 214). In effetti, trattandosi di due strumenti di risoluzione delle controversieposti sullo stesso piano, l’opzione per la tutela statale dovrebbe generare le stesse conseguenzegiuridiche della scelta per la tutela arbitrale: i soci di minoranza potrebbero, infatti, avere interessea restare nella compagine sociale alla condizione che le controversie societarie siano deferite algiudizio di arbitri e non a quello dei giudici statali. In altre parole, la concessione del diritto direcesso non solo in caso di introduzione ma anche in caso di soppressione di una convenzione diarbitrato sarebbe stata — a nostro modesto avviso — la soluzione più ragionevole e opportuna,anche se, come indicato, non costituzionalmente necessaria.

(72) Si tratta, infatti, di aspetti dibattuti nella dottrina brasiliana, come abbiamo cercatodi ricordare in G. BONATO, Arbitragem societária italiana: análise comparativa sobre a abran-gência subjetiva da cláusula compromissória e a nomeação dos árbitros, cit., 341 ss. Si rinviaanche a: D. BUSHATSKY, A reforma da lei e a arbitragem no direito societário: importância da

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7. Altra modifica importante voluta dalla riforma del 2015 è conte-nuta nell’art. 13, § 4º, LA, il quale — secondo la versione attualmentevigente — dispone che: « Le parti, di comune accordo, potranno disappli-care le disposizioni del regolamento dell’istituzione arbitrale o dell’entespecializzato che limitano, all’interno di una lista di arbitri, la sceltadell’arbitro unico, del co-arbitro o del presidente del collegio arbitrale,salvo il controllo di tale scelta da parte degli organi competenti dell’isti-tuzione; qualora sorgano delle difficoltà e in caso di arbitrato con pluralitàdi parti, si osserverà quanto disposto nel regolamento applicabile » (73).

La prima parte del citato art. 13, § 4º, tratta della lista di arbitrinell’ambito dell’arbitrato amministrato (74). Il motivo per il quale il legi-slatore della riforma ha ritenuto importante intervenire su questo puntoderiva dal fatto che, in Brasile, la stragrande maggioranza delle istituzioniarbitrali predispone una lista di potenziali arbitri, all’interno della quale leparti (o gli organi dell’istituzione) devono o possono (secondo il tipo diregolamento) scegliere coloro che saranno indicati per decidere la con-troversia (75). A questo riguardo, alcune istituzioni arbitrali brasiliane

sociedade empresária, oportunidade de reforço e regramento do instituto e proteção ao acionistaminoritário, cit., 158 ss.; P.A. BATISTA MARTINS, Arbitragem no direito societário, cit., 106 ss.; R.DE CARVALHO APRIGLIANO, Extensão da cláusula compromissória a partes não signatárias nodireito societário, cit., 148.

(73) La cui versione in lingua originale è la seguente: « As partes, de comum acordo,poderão afastar a aplicação de dispositivo do regulamento do órgão arbitral institucional ouentidade especializada que limite a escolha do árbitro único, coárbitro ou presidente do tribunalà respectiva lista de árbitros, autorizado o controle da escolha pelos órgãos competentes dainstituição, sendo que, nos casos de impasse e arbitragem multiparte, deverá ser observado o quedispuser o regulamento aplicável ». La versione originaria dell’art. 13, § 4º, abrogata dallariforma del 2015, regolava la designazione del presidente del collegio arbitrale, disponendo che:« Sendo nomeados vários árbitros, estes, por maioria, elegerão o presidente do tribunal arbitral.Não havendo consenso, será designado presidente o mais idoso ».

Sull’art. 13, § 4º, nella versione attualmente in vigore, si vedano: C.A. CARMONA, As listasde árbitros, in AA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislação brasileira, a cura di C.C.VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, cit., 71 ss.; J.R. CRUZ E TUCCI, A liberdade das partes na escolha dosárbitros, in AA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislação brasileira, a cura di C.C.VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, cit., 211 ss.; J.R. DE CASTRO NEVES, A escolha do árbitro comofundamento da arbitragem, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO,R. RESENDE BENEDUZI, cit., 565 ss.; T. MARINHO NUNES, As listas fechadas de árbitros dasinstituições arbitrais brasileiras, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 543 ss.; V.C. MONTEIRO DE

BARROS, A reforma da lei de arbitragem e as listas de árbitros, in AA.VV., Arbitragem. Estudossobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 583 ss.

(74) Come ricorda J.R. DE CASTRO NEVES, A escolha do árbitro como fundamento daarbitragem, cit., 572, un’istituzione arbitrale può scegliere tra quattro diverse soluzioni inrelazione alla nomina degli arbitri: non prevedere nessuna lista di arbitri e lasciare piena ecompleta libertà alle parti; predisporre liste aperte che hanno solo un valore indicativo e nonvincolante; predisporre delle liste chiuse, obbligando le parti a scegliere gli arbitri all’internodell’elenco; nominare direttamente gli arbitri. Oltre a quelle indicate abbiamo anche dellesoluzioni intermedie, come la previsione di liste semi-vincolanti, su cui si veda nel testo.

(75) Per un panorama generale dei regolamenti delle principali istituzioni arbitralibrasiliane, si rinvia a V.C. MONTEIRO DE BARROS, A reforma da lei de arbitragem e as listas deárbitros, cit., 589 ss.

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adottano il sistema della lista chiusa rispetto all’arbitro unico o al presi-dente del collegio arbitrale, i quali devono, quindi, essere necessariamentescelti tra coloro che fanno parte dell’elenco predisposto dagli organidell’istituzione (76). Altre istituzioni arbitrali optano, invece, per il sistemadella lista semi-vincolante, lasciando libertà in relazione alla designazionedei co-arbitri e limitando la nomina del solo presidente del collegioarbitrale (o dell’arbitro unico) che deve essere scelto tra coloro che sonoinclusi nell’elenco, salva espressa autorizzazione da parte del presidentedella camera arbitrale, concessa in casi eccezionali e per motivi fon-dati (77). Altre istituzioni, ancora, adottano il sistema della lista aperta diarbitri, che ha solo un valore orientativo e non vincolante, in quanto lacamera si limita a suggerire (senza imporre) alcuni nominativi per laformazione del collegio arbitrale (78). Poche, infine, sono quelle istituzioni

(76) È la soluzione adottata dalla CAM (Câmara da arbitragem e do mercado), costituitain seno alla BM&FBOVESPA S.A. (Bolsa de Valores, Mercadorias e Futuros), il cui art. 3.2.1del vigente regolamento dispone che: « O Árbitro Único, que deverá ter necessariamenteformação jurídica, será escolhido dentre os membros do Corpo de Árbitros da Câmara deArbitragem ». L’art. 3.4.1 prevede che: « O terceiro árbitro deverá ter formação jurídica, e serescolhido dentre os membros integrantes do Corpo de Árbitros da Câmara de Arbitragem. Naausência de consenso quanto à sua indicação, esta caberá ao Presidente da Câmara de Arbitra-gem ». Infine, l’art. 3.7, stabilisce che: « Os árbitros indicados pelas partes deverão ser, preferen-cialmente, membros do Corpo de Árbitros da Câmara de Arbitragem. Caso não o sejam, deverãoser confirmados pelo Presidente e por um dos Vice-Presidentes da Câmara de Arbitragem ».Quindi, l’arbitro unico o il presidente del collegio dovranno essere scelti sempre all’interno dellalista predisposta dalla istituzione arbitrale; mentre solo i co-arbitri potranno essere personeestranee all’elenco, ma la loro nomina dovrà essere confermata dal presidente o da uno deivice-presidenti della camera arbitrale. Secondo quanto risulta dal sito internet www.bmfbove-spa.com.br/pt_br/servicos/camara-de-arbitragem-do-mercado-cam/arbitros (consultato in agosto2016), la lista degli arbitri è composta da 62 persone, scelte dal consiglio di amministrazionedella BM&FBOVESPA.

(77) Si tratta della opzione adottata dalla CAM-CCBC (Centro de Arbitragem e Me-diação della Câmara de Comércio Brasil-Canadá). Si veda, infatti, l’art. 4.9 del vigenteregolamento di tale istituzione, secondo cui: « Decorrido os prazos dos artigos 4.7 e 4.8, aSecretaria do CAM-CCBC notificará aos árbitros indicados pelas partes que deverão, no prazode 15 (quinze) dias, escolher o terceiro árbitro dentre os membros integrantes do Corpo deÁrbitros, o qual presidirá o Tribunal Arbitral.4.9.1. A expressão “Tribunal Arbitral” aplica-seindiferentemente ao Árbitro Único ou ao Tribunal Arbitral.4.9.2. Em caráter excepcional emediante fundamentada justificativa e aprovação do Presidente do CAM-CCBC, os árbitrosescolhidos pelas partes poderão indicar como Presidente do Tribunal, nome que não integre oCorpo de Árbitros » (www.ccbc.org.br/Portal/Index). Sul punto C.A. CARMONA, As listas deárbitros, cit., 73, nota 4, ci riferisce che non ci sono state nomine di presidenti di collegi arbitralinon inclusi nella lista di arbitri predisposta dalla CAM-CCBC.

Da ricordare che anche l’art. C.1 del regolamento della CAE (Câmara de mediação earbitragem das Eurocâmaras) prevede un sistema di lista semi-vincolante per tutti gli arbitri chedovranno essere scelti tra i soggetti inclusi nell’elenco predisposto dall’istituzione, salvo deroga.Infatti, le parti, di comune accordo, e con il consenso dell’organo della camera arbitrale,potranno scegliere come arbitri dei soggetti non contemplati dall’elenco (www.euroarbitragem-.com.br/pt/arbRegulamento.php).

(78) Si tratta della soluzione adottata dall’art. 5.1 del vigente regolamento della Câmarade Conciliação, Mediação e Arbitragem della CIEPS/FIESP (Federação das Industrias do Estadode São Paulo), il quale dispone che: « Poderão ser nomeados árbitros tanto os membros doCorpo de Árbitros da Câmara como outros que dele não façam parte, desde que não estejam

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brasiliane che non prevedono nessun tipo di lista di arbitri, né chiusa, nésemi-chiusa né aperta (79). Possiamo, quindi, affermare con tranquillitàche il sistema della lista di arbitri fa parte della « tradizione » dell’arbitratobrasiliano (80), il quale pare divergere, per tale aspetto, dalla prassi domi-nante nello scenario internazionale, in cui è lasciata piena libertà alle partirispetto alla scelta degli arbitri, salvo il successivo controllo della istitu-zione sulla nomina effettuata (81).

Essendo le liste di arbitri una delle principali caratteristiche dell’ar-bitrato amministrato in Brasile, è normale che l’art. 13, § 4º, sia stata ladisposizione che ha sollevato la discussione più accesa in seno alla Com-missione di giuristi che ha elaborato il testo della riforma del 2015 (82). Sultema si sono, infatti, contrapposte due visioni: quella favorevole adeliminare il sistema della lista chiusa o semi-vincolante, dovendo esseresempre data prevalenza alla volontà delle parti rispetto alla designazione

impedidos, nos termos do artigo 5.2 ». (www.ciesp.org.br/down/cma/Regulamentos_de_Arbitra-gem.pdf). Allo stesso modo l’art. 4.1 del Regolamento della CAMARB (Câmara de ArbitragemEmpresarial - Brasil) lascia alle parti la libertà di nominare come arbitri anche coloro che nonsono inclusi nell’elenco. Tuttavia, la stessa disposizione stabilisce che il presidente del collegioarbitrale deve essere « preferibilmente » scelto tra coloro che fanno parte dell’elenco degliarbitri. Il citato art. 4.1. dispone che: « Poderão ser nomeados árbitros tanto os integrantes daLista de Árbitros da CAMARB como outros que dela não façam parte, desde que sejam pessoascapazes e de confiança das partes, devendo o presidente do Tribunal Arbitral ser preferencial-mente escolhido entre os nomes que integram a Lista de Árbitros » (http://camarb.com.br/regulamento).

(79) È questo il caso del Centro de Arbitragem e Mediação da AMCHAM (Câmara deComércio Americana em São Paulo) che preferisce evitare di pubblicare liste o elenchi di arbitri,nemmeno a carattere esclusivamente orientativo per evitare di influenzare, anche solo indiret-tamente, la volontà delle parti rispetto alla designazione. Si veda sul punto C.A. CARMONA, Aslistas de árbitros, cit., 74.

(80) Secondo T. MARINHO NUNES, As listas fechadas de árbitros das instituições arbitraisbrasileiras, cit., 543: « A existência de uma lista de árbitros virou uma tradição no meio arbitralbrasileiro »; l’A. aggiunge che il sistema della lista chiusa di arbitri costituisce « um dos grandesparadigmas da arbitragem institucional brasileira ».

(81) Ricorda J.R. DE CASTRO NEVES, A escolha do árbitro como fundamento da arbitra-gem, cit., 572, che le più importanti e influenti istituzioni arbitrali internazionali non predispon-gono liste di arbitri e lasciano piena libertà alle parti quanto alla scelta dei propri giudici privati,prevedendo solo un controllo successivo quanto alla imparzialità e indipendenza.

A titolo di esempio ricordiamo né la Camera Arbitrale di Milano (CAM) né la CameraArbitrale Internazionale di Parigi (ICC) possiedono un elenco di arbitri, come ci ricorda L.SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 962. Tale circostanza giustifica lo scarso interesse della dottrinaitaliana rispetto alla tematica della lista di arbitri, di cui troviamo dei riferimenti in U. DRAETTA,Il “rovescio” dell’arbitrato, Milano, 2010, 141 ss., che si dichiara scettico rispetto a tale prassi,affermando che le liste « finiscono con l’essere di scarsa utilità e poco attendibili », oltre chedannose per le istituzioni e per le parti.

(82) Sul punto si veda quanto scritto da due autorevoli membri della Commissione diGiuristi che ha elaborato il testo della riforma dell’arbitrato: C.A. CARMONA, As listas deárbitros, cit., 80 ss., anche alle note 17 e 18, il quale ricorda che l’art. 13, § 4º, ha dato luogo alla« discussão mais ácida » durante i lavori della Commissione; J.R. CRUZ E TUCCI, A liberdade daspartes na escolha dos árbitros, cit., 212, ci dice che l’art. 13, § 4º, « gerou franca discussão nãoapenas intra muros, entre os integrantes da Comissão de Juristas, mas também propicioumanifestação de inúmeros especialistas e de várias câmaras arbitrais ».

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degli arbitri (83); quella tendente ad attribuire all’istituzione arbitrale lapossibilità di limitare la scelta degli arbitri con la predisposizione di unalista vincolante, per salvaguardare (in applicazione dell’art. 5, inciso XVII,Cost. (84)) l’autonomia interna delle istituzioni arbitrali, che sono enti didiritto privato (85).

La riforma del 2015 opta per una soluzione che è stata definita« conciliativa » (86), ma che, di fatto, pone fine al sistema della lista chiusae della lista semi-vincolante. Come già indicato, infatti, ai sensi del vigenteart. 13, § 4º, le parti, di comune accordo, possono scegliere liberamente gliarbitri, senza tener conto di quanto previsto nel regolamento dell’istitu-zione arbitrale, ma a quest’ultima rimane, comunque, il potere di control-lare la nomina effettuata dalle parti. In altre parole, grazie alla riforma, leparti possono indicare come arbitri anche dei soggetti che non fanno partedell’elenco predisposto dall’istituzione arbitrale, la quale, tuttavia, puòopporsi alla scelta di determinati arbitri (87). Se dovesse persistere unadivergenza tra le parti e l’istituzione rispetto ai soggetti da nominare comearbitri, quest’ultima può sempre legittimamente rifiutarsi di amministrarel’arbitrato (88).

La disposizione, di cui all’art. 13, § 4º, è non solo rilevante ma ancheopportuna perché, in sostanza, trasforma le liste chiuse e semi-vincolanti diarbitri in liste aperte, dotate di una funzione esclusivamente persuasiva (89).

(83) A favore di questa soluzione, si vedano: J.R. CRUZ E TUCCI, A liberdade das partesna escolha dos árbitros, cit., 216-217; A.T. BASILIO, A. FREIRE, T. RODOVALHO, Modernização dalei de arbitragem - algumas reflexões, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 49 ss., spec. 59, che definisconoil sistema della lista chiusa di arbitri come una « anomalia », creata dalla prassi brasiliana.

(84) Dispone la citata disposizione costituzionale che: « é plena a liberdade de associaçãopara fins lícitos, vedada a de caráter paramilitar ».

(85) Per questa visione, si veda C.A. CARMONA, As listas de árbitros, cit., 83.(86) Così, nuovamente, C.A. CARMONA, As listas de árbitros, cit., 84, il quale parla di un

testo di « conciliação » a proposito della versione vigente dell’art. 13, § 4º.(87) La prassi futura ci dirà in base a quali criteri le istituzioni potranno legittimamente

rifiutare la scelta di un determinato arbitro ad opera delle parti. Presumiamo che le istituzionitenderanno ad accettare la scelta delle parti, a meno che non si tratti di arbitro privo dei requisitidi indipendenza e imparzialità e della necessaria competenza e capacità professionale persvolgere adeguatamente l’incarico. Sull’argomento, si vedano: J.R. DE CASTRO NEVES, A escolhado árbitro como fundamento da arbitragem, cit., 588, il quale ritiene che l’istituzione potràrifiutare una nomina di un arbitro considerata « inappropriata »; J.R. CRUZ E TUCCI, A liberdadedas partes na escolha dos árbitros, cit., 217, secondo cui l’istituzione potrà opporsi alla nominadi quell’arbitro privo dei « requisiti minimi per svolgere, con sicurezza e trasparenza, l’impor-tante ruolo che gli spetta ».

(88) In materia, si vedano: C.A. CARMONA, As listas de árbitros, cit., 84; J.R. CRUZ E TUCCI,A liberdade das partes na escolha dos árbitros, cit., 217.

(89) In senso favorevole alla previsione dell’art. 13, § 4º, si vedano: J.R. CRUZ E TUCCI, Aliberdade das partes na escolha dos árbitros, cit., 216, che parla di una disposizione dettata inbase al principio di ponderazione; A. WALD, A reforma da lei da arbitragem (uma primeiravisão), cit., 17, che parla di « um justo equilíbrio, garantindo a liberdade e flexibilidade, masmantendo a ordem e a previsibilidade do processo arbitral que as instituições devem assegurar »;F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 203; A.T. BASILIO, A. FREIRE, T. RODOVALHO, Moderni-zação da lei de arbitragem - algumas reflexões, cit., 59; J.R. DE CASTRO NEVES, A escolha do

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La seconda parte del nuovo art. 13, § 4º, dispone che qualora sorganodelle difficoltà in relazione alla nomina degli arbitri, anche derivanti dallapresenza di una pluralità di parti nel procedimento, si applicheranno ledisposizioni del regolamento dell’istituzione arbitrale. Si tratta di unadisposizione, probabilmente, inutile e superflua, dal momento in cuiribadisce la regola già contenuta nell’art. 5 LA (90): in caso di arbitratoamministrato, si dovrà seguire quanto disposto dal regolamento dell’isti-tuzione che ha il compito di organizzare il procedimento (91). Alla luce diquanto disposto nella seconda parte dell’art. 13, § 4º, ci pare che la riformadel 2015 abbia perso un’occasione (92), lasciando sostanzialmente irrisoltoil problema della designazione degli arbitri nell’arbitrato con pluralità diparti. Spetterà, pertanto, alla giurisprudenza brasiliana elaborare unasoluzione per permettere la formazione del collegio arbitrale quando

árbitro como fundamento da arbitragem, cit., 587 ss.; D. LEVY, Os presságios da reforma arbitralbrasileira: as 10 metas para os seus 20 anos, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE

CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, 711 ss., spec. 717. In senso critico, si pone C.A. CARMONA,As listas de árbitros, cit., 84. Sarà, naturalmente, la prassi futura a dirci se il nuovo art. 13, § 4º,avrà reali ripercussioni sulla pratica arbitrale e sui procedimenti di nomina degli arbitri.

(90) F. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 208 e 499, ritiene che la seconda parte dell’art.13, § 4º, contenga una soluzione « inutile » e « innocua ».

(91) Dispone l’art. 5 LA: « Reportando-se as partes, na cláusula compromissória, às regrasde algum órgão arbitral institucional ou entidade especializada, a arbitragem será instituída eprocessada de acordo com tais regras, podendo, igualmente, as partes estabelecer na própriacláusula, ou em outro documento, a forma convencionada para a instituição da arbitragem ».

(92) Nella stessa direzione F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 242, sottolinea che lariforma brasiliana del 2015 non ha risolto il problema dell’arbitrato con pluralità di parti,« perdendo un’ottima opportunità al riguardo »; A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunticomparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015,cit., § 3, mette in rilievo la timidezza del legislatore brasiliano quanto alla disciplina dell’arbi-trato con pluralità di parti.

A nostro modesto avviso, sarebbe stato, probabilmente, più opportuno in materia adot-tare quella che ci sembra essere la soluzione più diffusa in ambito comparatistico: in mancanzadi accordo tra le parti sulla nomina di uno o più arbitri, come anche nel caso in cui non ci sial’aggregazione delle parti in due poli distinti, è il giudice statale (o l’istituzione arbitrale in casodi arbitrato amministrato) a provvedere alla designazione di tutti i membri del collegio, al finedi rispettare il principio della parità delle parti rispetto alla formazione del collegio. Già inprecedenza, avevamo sostenuto la nostra preferenza per la richiamata soluzione, sia permessodi rinviare a G. BONATO, Arbitragem societária italiana: análise comparativa sobre a abrangênciasubjetiva da cláusula compromissória e a nomeação dos árbitros, cit., 350 ss. Tale soluzione èstata adottata, tra l’altro, dalla riforma francese del 2011 che ha modificato l’art. 1453 c.p.c.secondo cui qualora si tratti di un arbitrato con pluralità di parti e queste non si accordino sullemodalità di nomina, sarà la persona incaricata di organizzare l’arbitrato, o in mancanza, ilgiudice statale a procedere alla designazione di uno o più arbitri (si veda G. BONATO, L’ultimariforma francese dell’arbitrato, in questa Rivista, 2012, 491 ss., spec. 505).

Per le diverse soluzioni previste in Italia nell’arbitrato di diritto comune e nell’arbitratosocietario, si rinvia a: L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 486; C. PUNZI, Disegno sistematicodell’arbitrato, I, cit., 578 ss.; E. DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, cit., 168 ss.; F. DANOVI, Gliarbitri e la loro formazione, in AA.VV., Arbitrato, ADR, conciliazione, a cura di M. RUBINO

SAMMARTANO, cit., 351 ss.; G. BONATO, L’imparzialità e l’indipendenza degli arbitri alla luce dellariforma del diritto societario, cit., 423 ss.; ID., Arbitragem societária italiana: análise comparativasobre a abrangência subjetiva da cláusula compromissória e a nomeação dos árbitros, cit., 350 ss.

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l’arbitrato è ad hoc o quando il regolamento dell’istituzione arbitrale nonpreve de nulla rispetto alla pluralità di parti (93).

8. Tra le novità più rilevanti e di segno indubbiamente positivo,inserite nel capitolo IV della LA che disciplina il procedimento arbitrale,è da segnalare l’art. 19, § 2º, ai sensi del quale: « L’instaurazione dell’ar-bitrato interrompe la prescrizione retroattivamente, a partire dalla datadell’istanza del suo promovimento, anche se il processo arbitrale si estin-gue per difetto di giurisdizione » (94). La nuova disposizione stabilisce,quindi, che la prescrizione del diritto dedotto in giudizio è interrottadall’atto di instaurazione dell’arbitrato, momento che viene a coinciderecon quello della costituzione del collegio arbitrale, ossia dell’accettazionedella nomina da parte di tutti gli arbitri (95). Tuttavia, per evitare che ildiritto dedotto si prescriva durante la c.d. fase pre-arbitrale (che va dallaproposizione dell’istanza di promovimento dell’arbitrato alla effettiva

(93) In realtà, la stragrande maggioranza dei regolamenti delle istituzioni arbitralibrasiliane prevede la regola secondo cui in caso di mancata aggregazione delle parti — ai finidella nomina degli arbitri — in due poli, l’istituzione arbitale, senza tener conto di alcunanomina effettuata dalle parti, designerà tutti i membri del collegio arbitrale. Si vedano inBrasile, le seguenti norme: l’art. 9.5 del Regolamento del Centro de Arbitragem da CâmaraAmericana de Comércio (AMCHAM); l’art. 30, § 2º, del Regolamento della Câmara FGV deConciliação e Arbitragem; l’art. 4.16 del Regolamento del Centro de Arbitragem e Mediação daCâmara de Comércio Brasil-Canada (CCBC); l’art. 3.1 del Regolamento della Câmara deConciliação, Mediação e Arbitragem CIESP/FIESP. La stessa soluzione è prevista nell’art. 12del Regolamento del 2012 della Corte internazionale di arbitrato di Parigi (CCI), nonchénell’art. 15 del Regolamento della Camera arbitrale di Milano del 2010. Per un panorama deiregolamenti arbitrali brasiliani, si vedano: L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 121ss.; J.R. CRUZ E TUCCI, Igualdade é assegurada às partes na composição do painel arbitral, inwww.conjur.com.br.

(94) Si vedano sul punto: A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatisticiconsiderando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 3, cheparla di un « approdo significativo » della riforma del 2015 quanto all’effetto interruttivo dellaprescrizione; M.R. MANNHEIMER, Mudanças na lei de arbitragem, cit., 55, considera l’art. 19, § 2º,una delle modifiche più importanti apportate alla LA dalla riforma del 2015; M. CUNHA

AZEVEDO NETO, A interrupção da prescrição arbitral em face das alterações introduzidas na Lein. 9.307/96, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J.CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE.

Da sottolineare che la nuova disposizione allinea l’arbitrato con quanto previsto inrelazione al processo statale dall’art. 240, § 1º, c.p.c., secondo cui: « A interrupção da prescrição,operada pelo despacho que ordena a citação, ainda que proferido por juízo incompetente,retroagirá à data de propositura da ação ». Ricordiamo che nel processo di cognizione brasiliano,la domanda dell’attore è portata prima alla conoscenza del giudice e solo successivamente vienenotificata al convenuto dopo l’emanazione del decreto di citazione (« despacho citatório »). Perquesto motivo, si prevede la regola secondo cui è il decreto di citazione in giudizio cheinterrompe la prescrizione del diritto dedotto, ma l’effetto interruttivo si produce retroattiva-mente, fin dalla data del deposito della domanda introduttiva (« protocolo da petição inicial »,di cui all’art. 312). Adottando un principio classico del diritto processuale civile, l’art. 240, § 1º,ammette la produzione dell’effetto interruttivo anche nel caso in cui il decreto di citazione agiudizio sia stato emanato da un giudice incompetente (F. DIDIER Jr., Curso de direito processualcivil, vol. 1, 621-622; H. THEODORO JR., Curso de direito processual civil, vol. I, cit., 570-571).

(95) Dispone l’art. 19, caput, che: « Considera-se instituída a arbitragem quando aceita anomeação pelo árbitro, se for único, ou por todos, se forem vários ».

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instaurazione di quest’ultimo (96)), la riforma del 2015 ha previsto laregola secondo cui l’effetto interruttivo-istantaneo si produce, in viaretroattiva, fin dal giorno in cui l’attore ha formulato l’istanza dellainstaurazione del procedimento (« requerimento da instauração ») (97). Inaltre parole, una volta instaurato l’arbitrato, la prescrizione si consideraretroattivamente interrotta fin dal giorno in cui la parte ha manifestato lapropria intenzione di instaurare il giudizio arbitrale, seguendo le regoleformali previste dalla legge (98).

Nel colmare una lacuna esistente nel sistema brasiliano, l’art. 19, § 2º,è certamente da apprezzare, visto che il rapporto tra arbitrato e prescri-zione aveva suscitato vari dubbi e incertezze in Brasile (99). Tuttavia, unaparte della dottrina ritiene (a ragione) ancora non del tutto soddisfacentela regolamentazione del rapporto tra prescrizione e arbitrato, avendoproposto di modificare anche l’art. 202 c.c. brasiliano, inserendo, in talmodo, una disposizione che regoli specificamente le ipotesi di interruzionedella prescrizione in caso di arbitrato (100). Si tratterebbe, in sostanza, di

(96) In effetti, tra il momento della formulazione dell’istanza di instaurazione dell’arbi-trato e quello della effettiva costituzione del collegio arbitrale possono trascorrere diversesettimane, se non alcuni mesi, quindi un lasso di tempo che può essere « lungo e fatale » (C.R.DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 142), se non si prevede una regola diinterruzione della prescrizione.

Non possiamo addentrarci in questa sede sull’analisi delle fasi di cui si compone l’arbitratonel sistema brasiliano, rinviamo a: C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo,cit., 110 ss.; P.A. BATISTA MARTINS, As três fases da arbitragem, in Revista do advogado AASP,2006, vol. XXVI, 87 ss.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 238 ss.

(97) L’art. 19, § 2º, denomina « requerimento da (...) instauração » dell’arbitrato il primoatto con il quale la parte manifesta la propria intenzione di promuovere un giudizio arbitrale.In dottrina vengono utilizzate anche espressioni differenti, quali: « pedido de instituição deprocedimento arbitral » o « pedido de instauração da arbitragem » (T.M. NUNES, Arbitragem einterrupção da prescrição, cit., 504). Quando l’arbitrato è ad hoc, una parte notificherà all’altraun « convite a vir à arbitragem » (C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit.,141) come dispone l’art. 6 la: « Não havendo acordo prévio sobre a forma de instituir aarbitragem, a parte interessada manifestará à outra parte sua intenção de dar início à arbitragem,por via postal ou por outro meio qualquer de comunicação, mediante comprovação de recebi-mento, convocando-a para, em dia, hora e local certos, firmar o compromisso arbitral ». Qualorasi tratti di un arbitrato amministrato, si seguirà il regolamento della camera arbitrale e lanotificazione dell’istanza di promuovere l’arbitrato verrà effettuata con una « iniciativa junto auma instituição arbitral » (C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 141).

(98) La soluzione prevista dall’art. 19, § 2º, è coerente, perché l’esternazione dell’inten-zione di promuovere il giudizio arbitrale, secondo le forme stabilite dalla legge, costituisce« indiscutível manifestação de irresignação em face de uma situação jurídica não desejada,equivalendo para esse efeito, mutatis mutandi, à iniciativa de um processo perante o PoderJudiciário mediante o ajuizamento da petição inicial » (così ancora C.R. DINAMARCO, A arbitra-gem na teoria geral do processo, cit., 143, che prima dell’entrata in vigore della riforma giàpropugnava la soluzione consacrata nell’art. 19, § 2º, in commento).

(99) Per le questioni sorte anteriormente alla riforma del 2015 sul rapporto tra arbitratoe prescrizione, si veda T.M. NUNES, Arbitragem e prescrição, San Paolo, 2014.

(100) Per questa prospettiva si veda T.M. NUNES, A arbitragem e a interrupção daprescrição, cit., 531, il quale, in particolare, propone di inserire tra i casi di interruzione dellaprescrizione, previsti dall’art. 202 del codice civile brasiliano, anche quello: della stipulazione diun compromesso; del deposito dell’istanza di instaurazione dell’arbitrato presso l’organo

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applicare in Brasile una regola simile a quella prevista dall’art. 2943 c.c.italiano in relazione alla domanda di arbitrato (101).

Tra l’altro, poiché l’art. 202 c.c. non tratta dell’arbitrato, tale lacunapotrebbe suscitare dei dubbi in relazione alla produzione dell’effettosospensivo della prescrizione al giudizio arbitrale, di cui al § unico delcitato articolo (102). Crediamo che, comunque, non sussistano fondateragioni per non applicare l’art. 202, § unico, al processo arbitrale (103).Tuttavia, sarebbe stato, probabilmente, opportuno un intervento chiarifi-catore del legislatore della riforma del 2015 nella direzione precedente-mente indicata.

Consacrando quanto già utilizzato nella pratica, la riforma del 2015introduce una disposizione sull’atto di missione, che l’art. 19, § 1º, chiama« adendo », considerato parte integrante della convenzione di arbi-trato (104). Il citato art. 19, § 1º, dispone, in particolare, che: « Una voltainstaurato il procedimento arbitrale, qualora l’arbitro o il collegio arbi-trale ritengano che sia necessario precisare una questione che fa partedella convenzione di arbitrato, verrà redatto, con le parti, un documentocomplementare sottoscritto da tutti, il quale farà parte integrante an-ch’esso della convenzione di arbitrato ».

Da notare anche la benefica abrogazione dell’art. 25 della LA (105),

competente dell’istituzione arbitrale (qualora si tratta di arbitrato istituzionale); della notifica-zione alla controparte dell’atto con cui l’attore manifesta la propria intenzione di promuovereil giudizio arbitrale. Concordiamo con quanto scritto dall’A., in quanto l’aver ancorato laproduzione (retroattiva) dell’effetto interruttivo-istantaneo della prescrizione all’instaurazionedell’arbitrato potrebbe infatti creare un vuoto di tutela, qualora l’attore abbia formulatol’istanza di instaurazione del giudizio arbitrale, ma poi non si giunga all’effettiva costituzione delcollegio arbitrale. Nella stessa linea anche D. LEVY, Os presságios da reforma arbitral brasileira:as 10 metas para os seus 20 anos, cit., 719, ritiene che sarebbe stato più opportuno stabilire chela prescrizione venga interrotta dal « simples requerimento » dell’instaurazione dell’arbitrato enon dall’effettiva instaurazione di quest’ultimo.

(101) Sugli effetti della domanda di arbitrato nel sistema italiano, rinviamo a L. SALVA-NESCHI, Arbitrato, cit., 246 ss.

(102) Dispone l’art. 202, § unico, che: « La prescrizione interrotta ricomincia a decorreredalla data dell’atto che l’ha interrotta o dell’ultimo atto del processo per interromperla ». Ciòsignifica che durante il processo statale la prescrizione non corre e rimane sospesa fino almomento della chiusura del processo con sentenza, come spiega H. THEODORO JR., Curso dedireito processual civil, vol. I, cit., 570: « Verificada a interrupção pela citação, o fluxo prescri-cional permanecerá paralisado durante toda a duração do processo, recomeçando a correr, porinteiro, do ato que lhe puser fim ».

(103) Concordiamo pienamente con C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 143, che non applicare l’art. 202, § unico, all’arbitrato « privilegiaria indevidamenteas demoras fora do controle do titular do possível direito, em confronto ético com a regra daexceptionalidade da prescrição da vida dos direitos ».

(104) Come ci ricorda L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 285, in Brasilel’atto di missione viene denominato come « ata de missão », « termo de arbitragem » o anche« termo de referência ».

(105) L’art. 25 LA è, in realtà, contenuto nel capo V che contiene la disciplina del lodoarbitrale. Tuttavia, per ragioni espositive, abbiamo ritenuto opportuno trattare dell’abrogatadisposizione sulla pregiudizialità all’interno del paragrafo relativo al procedimento arbitrale.

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secondo cui qualora fosse sorta una questione pregiudiziale su un dirittoindisponibile, dalla quale dipendeva la soluzione della controversia og-getto dell’arbitrato, gli arbitri avrebbero dovuto sospendere il procedi-mento e rimettere le parti davanti al giudice statale. Decisa dal giudicestatale la questione pregiudiziale non compromettibile, la parte interes-sata avrebbe dovuto depositare presso gli arbitri copia della sentenzapassata in giudicato relativa alla questione pregiudiziale e l’arbitratosarebbe, quindi, proseguito (106). L’abrogato art. 25 LA era frutto di unavisione superata che incideva negativamente sull’arbitrato e rischiava diritardare a dismisura la pronuncia del lodo, in ragione dell’attesa dellapronuncia incontrovertibile del giudice statale sulla questione pregiudi-ziale (107). L’eliminazione della regola, di cui all’art. 25 LA, è pertantosalutare (108): attualmente anche in Brasile gli arbitri potranno conoscereincidenter tantum delle questioni pregiudiziali non compromettibili, comegià previsto in Italia grazie alla riforma del 2006 (109).

Infine, relativamente ad altri aspetti inerenti al procedimento arbi-trale, possiamo notare che la riforma del 2015 ha preferito non dettareregole sull’intervento di terzi nel giudizio arbitrale (110), rimettendo, per-tanto, la soluzione delle questioni ad esso relative alla giurisprudenza e airegolamenti delle istituzioni arbitrali (111).

(106) L’art. 25 LA conteneva una disciplina simile a quella dell’art. 819 c.p.c. italiano(nella versione abrogata e anteriore alla riforma del 2006), come ricordano anche: C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 364, anche in nota; A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indaginee spunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del2015, cit., § 3. Da segnalare che prima della riforma del 2015, in Brasile una parte della dottrinaaveva proposto un’interpretazione restrittiva dell’abrogato art. 25 LA che avrebbe permessoagli arbitri di conoscere in via meramente incidentale le questioni pregiudiziali non compro-mettibili (J.C. BARBOSA MOREIRA, La nuova legge brasiliana sull’arbitrato, cit., 7-8; E.F. RICCI,Lei de arbitragem brasileira, cit., 176; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo,cit., 168 ss.). Si trattava di una soluzione analoga a quella proposta in Italia prima della riformadel 2006 per limitare l’applicazione dell’art. 819 c.p.c. (redazione vigente prima del 2006), su cuisi veda, per tutti, F. DANOVI, La pregiudizialità nell’arbitrato rituale, Padova, 1999, 117 ss.

(107) A proposito del sistema della pregiudizialità nel giudizio arbitrale C.A. CARMONA,Arbitragem e processo, cit., 364, parlava di un « sistema antiquado ».

(108) In senso favorevole all’abrogazione dell’art. 25 LA, si veda F.J. CAHALI, Curso dearbitragem, cit., 508.

(109) Sul punto si veda A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatisticiconsiderando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 3. Sullavigente disciplina italiana della pregiudizialità nel giudizio arbitrale si rinvia a: L. SALVANESCHI,Arbitrato, cit., 641 ss.; C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, vol. II, cit., 178 ss.

(110) Sul tema dell’intervento dei terzi nel giudizio arbitrale in Brasile, si vedano: P.A.BATISTA MARTINS, Arbitragem e intervenção voluntária de terceiros: uma proposta, in Revista dearbitragem e mediação, 2012, n. 33, 245 ss.; N. MAZZONETTO, Partes e terceiros na arbitragem,dissertação de mestrado, USP, 2012.

(111) N. MAZZONETTO, A discussão em torno dos terceiros na arbitragem e a modernizaçãoda Lei de Arbitragem Brasileira, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 460, considera tale scelta dellegislatore della riforma del 2015 come opportuna. L’A. ricorda, altresí, che in realtà solo ilRegolamento della Câmara de Arbitragem e do Mercado (CAM) contiene, all’art. 6, una

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9. Degne di nota sono le nuove disposizioni disciplinanti i rapportitra tutela cautelare e arbitrato, contenute nel nuovo capitolo IV-A,intitolato « Delle tutele cautelari e di urgenza » (112). Viene, conseguen-temente, abrogata la disposizione contenuta nella versione originariadell’art. 22, § 4º, LA, la cui formulazione letterale poteva indurre aritenere che gli arbitri si sarebbero dovuti rivolgere al giudice statale perottenere la concessione di una misura cautelare (113).

Gli articoli 22-A e 22-B, attualmente vigenti, ripartiscono le compe-tenze tra giudici statali e arbitri per l’emanazione di provvedimenticautelari nella forma seguente. Prima dell’instaurazione del procedimentoarbitrale, le parti si devono rivolgere al giudice statale per ottenere laconcessione di misure cautelari o di urgenza (art. 22-A, caput). In questaipotesi, l’art. 22-A, § unico, impone alla parte interessata l’onere diinstaurare il procedimento arbitrale entro trenta giorni, decorrenti dalladata di efficacia del provvedimento cautelare o di urgenza, pena l’ineffi-cacia di quest’ultimo (114). Una volta instaurato l’arbitrato, la compen-

disciplina espressa dell’intervento di terzi (http://www.bmfbovespa.com.br/pt_br/servicos/cama-ra-de-arbitragem-do-mercado-cam/regulamentacao).

(112) Sul tema, si vedano: C.C. VIEIRA ROCHA, Medidas cautelares e urgentes na arbitra-gem: nova disciplina normativa, AA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislaçãobrasileira, a cura di C.C. VIEIRA ROCHA, L.F. SALOMÃO, cit., 43 ss.; P. OSTERNACK AMARAL, Oregime das medidas de urgência no processo arbitral, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lein. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 461 ss.; C. DE MELO

VALENÇA FILHO, J. BOSCO LEE, O árbitro, o juiz e a distribuição da tutela de urgência, in AA.VV.,A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE, cit., 649 ss.; F.J. CAHALI,Curso de arbitragem, cit., 289; A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatisticiconsiderando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 4.

(113) L’art. 22, § 4º, nella sua versione abrogata, disponeva che: « Salvo quanto dispostonel § 2º, quando sono necessarie misure coercitive o cautelari, gli arbitri possono chiederleall’organo giurisdizionale che sarebbe stato, originariamente, competente per giudicare ilmerito della controversia ». Tale disposizione veniva interpretata in maniera riduttiva, al fine didotare gli arbitri del potere di emanare misure cautelari dopo la costituzione del collegio. Permaggiori informazioni sui rapporti tra tutela cautelare e arbitrale nel sistema previgente allariforma del 2015, rinviamo a: C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit.,226, secondo il quale l’art. 22, § 4º, LA, ammetteva, « implicitamente ma molto chiaramente »,il potere degli arbitri di emanare misure cautelari; E. TALAMINI, Arbitragem e a tutela provisóriano Código de Processo Civil de 2015, in Revista de arbitragem e mediação, 2015, n. 46, p. 287 ss.P. OSTERNACK AMARAL, O regime das medidas de urgência no processo arbitral, cit., 463 ss.; C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 322 ss.; ID., Árbitros e juízes: guerra ou paz?, in AA.VV.,Aspectos fundamentais da lei de arbitragem, a cura di P.A. BATISTA MARTINS, S.M. FERREIRA

LEMES, C.A. CARMONA, cit., 1999, 432 ss.; L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 359 ss.;F.L. YARSHELL, L. BRITTO MEJIAS, Tutelas de urgência e produção antecipada da prova à luz daLei n. 13.129/2015, cit., 239; C.C. VIEIRA ROCHA, Medidas cautelares e urgentes na arbitragem:nova disciplina normativa, cit., 48 ss. Come vedremo nel testo, la riforma in commento accogliela menzionata interpretazione dottrinaria e giurisprudenziale in tema di rapporti tra tutelacautelare e arbitrato.

(114) Se si tratta di clausola compromissoria valida e pienamente efficace e in caso diarbitrato istituzionale, la parte interessata dovrà promuovere l’instaurazione dell’arbitrato aisensi dell’art. 5 LA: è la domanda di arbitrato presentata davanti agli organi della istituzione,secondo il regolamento arbitrale, che evita la perdita di efficacia della misura cautelareconcessa. Mentre, in caso di arbitrato ad hoc, ai fini dell’art. 22-A, la parte interessata propone

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tenza per emanare misure cautelari o di urgenza spetta agli arbitri (art.22-B, § unico) (115), i quali hanno il potere di modificare o revocare lamisura concessa in precedenza dal giudice statale (art. 22-B, caput) (116).

In tema di rapporti tra tutela cautelare e arbitrato, la riforma del 2015configura, quindi, un « sistema equilibrato, lodevolmente assai sinteticodal punto di vista del working normativo e senza fughe precipitose » (117);ciò nonostante, il capitolo IV-A solleva alcune perplessità.

Innanzitutto, il capitolo IV-A nasce « vecchio » (118). Pur essendotemporalmente successiva (di pochi mesi) all’emanazione del c.p.c. del2015, la riforma dell’arbitrato non tiene conto di quest’ultimo e dellanuova sistematica adottata in materia di tutela provvisoria, che si divide indue categorie: la tutela di urgenza (composta, a sua volta, dalla tutelaanticipatoria-satisfattiva e dalla tutela cautelare-conservativa); la tutela dievidenza. Inoltre, il richiamo alle misure cautelari e a quelle di urgenza,compiuto dagli artt. 22-A e 22-B, sembra contrapporre i due tipi di tutelain discorso, mentre, come appena accennato, secondo la classificazioneprocessuale brasiliana la tutela di urgenza è una categoria generale checomprende le due forme della tutela cautelare-conservativa e di quellaanticipatoria-satisfattiva (119). Probabilmente sarebbe stato più opportunoil riferimento alla sola tutela di urgenza all’interno del capitolo IV-A (120).

la domanda di arbitrato, manifestando all’altra parte la propria intenzione di dare inizio alprocedimento, a mezzo posta o mediante qualsiasi altro mezzo idoneo di comunicazione, dandoprova della ricezione dell’atto (P. OSTERNACK AMARAL, O regime das medidas de urgência noprocesso arbitral, cit., 472). Ad ogni modo, ricordiamo che è la proposizione della domanda diarbitrato (e non la costituzione del collegio arbitrale) che permette di mantere l’efficacia dellamisura cautelare o di urgenza concessa dal giudice statale, come anche ritengono C. DE MELO

VALENÇA FILHO, J. BOSCO LEE, O árbitro, o juiz e a distribuição da tutela de urgência, cit., 666.(115) Non essendoci nessuna restrizione normativa, gli arbitri possono emanare ogni tipo

di provvedimento provvisorio fondato sull’urgenza, anche di tipo anticipatorio, come riferisce P.OSTERNACK AMARAL, O regime das medidas de urgência no processo arbitral, cit., 463.

(116) Il conferimento agli arbitri del potere di modificare e revocare la misura cautelare,concessa dal giudice statale, era già stata riconosciuta dalla giurisprudenza e dalla dottrina, sivedano: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit, 322 ss.; Superiore Tribunale di Giustizia,decisione del 21 giugno 2012, agravo regimental 19226/MS, secondo cui « Superadas as circun-stâncias temporárias que justificavam a intervenção contingencial do Poder Judiciário e consi-derando que a celebração do compromisso arbitral implica, como regra, a derrogação dajurisdição estatal, os autos devem ser prontamente encaminhados ao juízo arbitral, para que esteassuma o processamento da ação e, se for o caso, reaprecie a tutela conferida, mantendo,alterando ou revogando a respectiva decisão ». La soluzione, di cui all’art. 22-B, caput, LA, è,pertanto, opportuna, come anche ritiengono: P. OSTERNACK AMARAL, O regime das medidas deurgência no processo arbitral, cit., 470; A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti compara-tistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 4; C.DE MELO VALENÇA FILHO, J. BOSCO LEE, O árbitro, o juiz e a distribuição da tutela de urgência,cit., 666, i quali specificano che la revoca e la modifica del provvedimento cautelare, emanato dalgiudice statale, può avvenire in sede arbitrale con un lodo o con un’ordinanza.

(117) Così A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la“legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 4.

(118) In tal senso F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 504.(119) Per maggiori ragguagli sulla tutela provvisoria nel nuovo c.p.c. brasiliano, sia

permesso di rinviare a G. BONATO, Tutela anticipatoria di urgenza e sua stabilizzazione nel nuovo

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In ogni caso, facendo l’art. 22-A riferimento alle sole misure cautelarie di urgenza, deve essere escluso che i giudici statali possano emanare unprovvedimento in materia di tutela di evidenza prima dell’instaurazionedell’arbitrato, anche in ossequio al principio di non interferenza (121).

Possiamo, infine, in questa sede, solo accennare al fatto che la legge(il c.p.c. e la LA) non prevede alcunché quanto all’applicabilità delmeccanismo della stabilizzazione della misura anticipatoria di urgenza, dicui all’art. 304 c.p.c., concessa dal giudice statale prima dell’inizio dell’ar-bitrato (c.d. tutela antecipada pré-arbitral) (122). Restano, pertanto, apertedue opzione interpretative. Una prima opzione, in base alla quale sarebbeda ritenere che anche in caso di stipulazione di una convenzione diarbitrato, il provvedimento anticipatorio di urgenza, emanato dal giudicestatale, sia dotato di effetti ultrattivi e che, pertanto, la parte interessatanon sia onerata ad instaurare l’arbitrato (123). Seguendo una secondaprospettiva, si potrebbe considerare che l’art. 304 si applichi solo alprocesso statale e che, pertanto, la conservazione degli effetti del provve-dimento anticipatorio di urgenza dipenda dall’assolvimento dell’onere dichiedere l’instaurazione del giudizio arbitrale (124). La giurisprudenza dei

c.p.c. brasiliano: comparazione con il sistema francese e con quello italiano, in Revista deprocesso comparado, 2016, n. 4, 65 ss. e in www.judicium.it, spec. § 4 ss. In questa sede, possiamosolo sottolineare che la terminologia processuale utilizzata in Brasile per la tutela di urgenza èparzialmente differente rispetto a quella usata in Italia. A grandi linee, possiamo notare chel’ambito della tutela di urgenza brasiliana corrisponde a quello della tutela cautelare italiana e,in particolare, che: la tutela anticipatoria di urgenza brasiliana coincide con la tutela cautelareitaliana tendente ad anticipare gli effetti della tutela finale (a strumentalità attenuata); mentrela tutela cautelare di urgenza brasiliana corrisponde alla tutela cautelare italiana a strumentalitàforte, che ha una finalità essenzialmente conservativa e che tende a cristallizzare una situazionedi fatto o di diritto. Per un’esaustiva analisi comparatistica della tutela di urgenza nel sistemabrasiliano e in quello italiano, si veda: E. ANDRADE, A técnica da tutela sumária no direitoitaliano, in Revista de processo, 2010, n. 179, 175 ss.

(120) Così anche F.L. YARSHELL, L. BRITTO MEJIAS, Tutelas de urgência e produçãoantecipada da prova à luz da Lei n. 13.129/2015, cit., 242.

(121) In questo senso, si vedano: F.L. YARSHELL, L. BRITTO MEJIAS, Tutelas de urgência eprodução antecipada da prova à luz da Lei n. 13.129/2015, cit., 243. La tutela di evidenza è unadelle forme della tutela provvisoria brasiliana che prescinde dalla condizione dell’urgenza. Sirinvia nuovamente a G. BONATO, Tutela anticipatoria di urgenza e sua stabilizzazione nel nuovoc.p.c. brasiliano: comparazione con il sistema francese e con quello italiano, cit., 65 ss.

(122) E. TALAMINI, Arbitragem e estabilização da tutela antecipada, in Revista de processo,2015, n. 246, 455 ss., utilizza l’espressione « tutela antecipada pré-arbitral » per riferirsi allamisura emanata da un giudice statale prima dell’instaurazione dell’arbitrato. Come detto neltesto, non è questa la sede per approfondire il discorso sul meccanismo della stabilizzazionedella misura anticipatoria di urgenza concessa in via antecedente (alla proposizione delladomanda di tutela finale), rispetto al quale sia permesso di rinviare ancora a G. BONATO, Tutelaanticipatoria di urgenza e sua stabilizzazione nel nuovo c.p.c. brasiliano: comparazione con ilsistema francese e con quello italiano, cit., 65 ss.

(123) Tale soluzione sembra più in linea con l’idea del nuovo codice di evitare di onerarela parte alla proposizione di un giudizio di cognizione piena sulla tutela definitiva, pertantoanche nel caso in cui tale giudizio sia di tipo arbitrale.

(124) Per questa seconda soluzione, si veda E. TALAMINI, Arbitragem e a tutela provisóriano Código de Processo Civil de 2015, cit., 313; ID., Arbitragem e estabilização da tutelaantecipada, cit., spec. 480-481, secondo cui è inapplicabile il meccanismo della stabilizzazione

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prossimi anni dovrà pronunciarsi sul punto e scegliere tra le due descritteopzioni interpretative.

10. Allo scopo di perfezionare il sistema della cooperazione del giu-dice statale e dell’arbitro, la riforma del 2015 introduce l’istituto della cartaarbitrale, cui viene dedicato un apposito capitolo IV-B, che contiene uni-camente l’art. 22-C, ai sensi del quale: « L’arbitro o il collegio arbitrale potràinviare una carta arbitrale di modo che l’organo giurisdizionale nazionaleesegua o faccia eseguire, all’interno della sua area di competenza territo-riale, un atto richiesto dall’arbitro » (125). L’art. 22-C, § unico, della LAstabilisce, inoltre, che: « Nell’adempimento della carta arbitrale sarà os-servato il segreto giudiziario, purché venga dimostrata la riservatezza pat-tuita nell’arbitrato ». Nella stessa linea l’art. 189, IV, c.p.c., indica che le cartearbitrali e gli atti processuali statali relativi a procedimenti arbitrali sarannocoperti dal segreto giudiziario (vedi anche infra). Della carta arbitrale sioccupa anche il nuovo c.p.c. del 2015 nell’art. 260, § 3º, in cui viene indicato,in maniera dettagliata, il contenuto dell’atto in esame (126).

La carta arbitrale consiste, sostanzialmente, in una « richiesta diausilio » formulata dall’arbitro al giudice statale e può riguardare « qual-siasi atto o incombente necessario » (127). La riforma del 2015 istituisce,quindi, un meccanismo di comunicazione formale e completo tra giudicistatali e arbitri (128). Si ritiene, comunque, che gli arbitri e i giudici statalipossano collaborare tra loro in riferimento alla richiesta di informazioni ein materia di prova anche « por intermédio de simples ofício » (una

della misura anticipatoria di urgenza, di cui all’art. 304, rispetto ad una « tutela judicialantecipada pré-arbitral », sussistendo, quindi, un onere per la parte interessata di formulare « unsimples requerimento da instauração da arbitragem » (non di proporre una formale domanda diarbitrato), al fine di mantenere gli effetti della misura anticipatoria di urgenza. Seguendo taleprospettiva, sussisterebbe una relazione di necessaria strumentalità tra provvedimento antici-patorio di urgenza e giudizio arbitrale che, invece, il nuovo c.p.c. ha voluto eliminare rispetto algiudizio statale.

(125) Nell’introdurre la carta arbitrale la riforma accoglie gli auspici di una parte delladottrina brasiliana e di gruppi di ricerca in materia di arbitrato, tra cui la Comissão deArbitragem e a Procuradoria-Geral da OAB-RJ e il Grupo de Pesquisa em Arbitragem dellaPUC-SP, come riferisce F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 312.

(126) Come dispone l’art. 260, § 3°, c.p.c., la carta arbitrale deve indicare la convenzionedi arbitrato, la prova della nomina dell’arbitro e dell’accettazione della sua funzione e, altresí,rispettare i requisiti previsti in generale per gli atti di richiesta di ausilio tra giudici statali,chiamati « cartas de ordem, precatória e rogatória », la cui disciplina si trova sempre nelmedesimo art. 260.

(127) Così, sinteticamente, A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatisticiconsiderando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 6; F.J.CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 315, definisce la carta arbitrale come un « ato objeto de pedidode cooperação ». In materia, si veda anche M.J. MAGALHÃES BONICIO, Princípios do processo nonovo Código de Processo Civil, cit., 234.

(128) Così F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 315; J.T. DE PAIVA MUNIZ, J.M.R.MARTINS DA SILVA, A carta arbitral, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS

MELO, R. RESENDE, cit., 311 ss., spec. 323.

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« semplice istanza »), ossia attraverso un atto deformalizzato, non soloquindi usando l’istituto della carta arbitrale (129).

Deve essere sottolineato che la carta arbitrale non è l’unica forma dicollaborazione giudiziaria destinata a permettere un corretto svolgimentodel procedimento arbitrale, in quanto la LA contiene anche l’art. 22, § 2°,secondo cui « l’arbitro, o il presidente del collegio arbitrale, potrà richie-dere all’autorità giudiziaria che ordini la comparizione del testimonerecalcitrante, provando l’esistenza della convenzione di arbitrato ». Sitratta di un meccanismo di ausilio giudiziario in materia istruttoria giàprevisto dalla versione originaria della LA del 1996 (130) e che, come noto,ritroviamo anche nel sistema italiano all’art. 816-ter, comma 3°, comemodificato dalla riforma del 2006 (131). A proposito di attività istruttoria earbitrato, possiamo notare che la riforma brasiliana perde un’occasione,poiché non disciplina l’istituto della testimonianza scritta, che una partedella dottrina brasiliana considera già implicitamente ammissibile (132).

11. Il capitolo V della LA contiene la disciplina del lodo arbitraleche — come già ricordato — produce, tra le parti e i suoi successori, glistessi effetti prodotti dalla sentenza togata (art. 31 LA), è titolo esecutivogiudiziale (art. 515, inciso VII, c.p.c.) (133), nonché titolo per l’iscrizione diipoteca giudiziale (art. 495 c.p.c.) (134). Il lodo arbitrale diviene incontro-vertibile, una volta decorso il termine di 90 giorni per proporre l’impu-gnazione per nullità, denominata ação de declaração de nulidade (135).

(129) In tal senso, si vedano J.T. DE PAIVA MUNIZ, J.M.R. MARTINS DA SILVA, A cartaarbitral, cit., 315, che ritengono ammissibile l’uso della « semplice istanza » quando non sirichiede l’uso di potere coercitivo.

(130) Così C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 317.(131) Sul punto, si vedano: C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, II, cit., 263, che

valuta positivamente la disposizione in esame « ai fini della effettività della tutela apudarbitros »; L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 443, che parla di « salutare innovazione ».

(132) Per C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 320 ss., l’istituto della testimonianzascritta sarebbe già ammissibile nel giudizio arbitrale. Sulla testimonianza scritta nel dirittoitaliano dell’arbitrato, di cui all’art. 816 ter, comma 3, c.p.c., si vedano: C. PUNZI, Disegnosistematico dell’arbitrato, II, cit., 265, con considerazioni critiche rispetto ai principi dell’imme-diatezza e alla garanzia costituzionale del contraddittorio; L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 442,che ritiene la testimonianza scritta uno « strumento di accelerazione dell’istruttoria ».

(133) Sul punto, si vedano L.G. MARINONI, S. CRUZ ARENHART, D. MITIDIERO, Novo cursode processo civil, vol. 3, cit., 513, i quali criticano l’art. 515, VII, c.p.c., nella parte in cuiconferisce la natura di titolo esecutivo giudiziale al lodo, in quanto sarebbe stato più opportuno,nell’ottica degli AA., denominare l’atto in discorso come « título semi-judicial » e prevedere unregime specifico di esecuzione.

(134) Sulla disciplina in generale del lodo arbitrale, si vedano: C.A. CARMONA, Arbitrageme processo, cit., 268 ss.; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 173 ss.;L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 414 ss.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit.,319 ss.

(135) Come indicato precedentemente, in Brasile la dottrina nettamente dominanteritiene che il lodo arbitrale produca la cosa giudicata materiale, una volta decorso il termine di90 giorni per proporre l’impugnazione per nullità, sebbene non manchino posizioni diverse(vedi retro § 2°).

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La riforma del 2015 incide anche sul capitolo V, introducendo alcunenovità rispetto al lodo e alla sua impugnazione (queste ultime sarannotrattate nel paragrafo successivo).

Rispetto alla decisione arbitrale, adottando una soluzione già contem-plata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, la riforma aggiunge una nuovadisposizione, di cui all’art. 23, § 1º, ai sensi del quale: « Gli arbitri possonoemanare lodi parziali » (136). La previsione della possibilità di emanare lodiparziali è un’innovazione legislativa opportuna, in quanto, nel codificare unaprassi già presente nella pratica brasiliana dell’arbitrato (137), chiarisce ognidubbio sul potere degli arbitri di organizzare in maniera più flessibile ladecisione della controversia, frazionandola in più decisioni (138). Viene, con-seguentemente, modificato l’art. 33, § 1º, relativo all’impugnazione per nul-lità, al cui interno si distinguono due tipi di lodi: quello « finale » (che de-finisce il giudizio arbitrale) (139), quello « parziale »; per entrambi i tipi dilodi, il termine per proporre l’impugnazione per nullità è di 90 giorni chedecorrono dall’avvenuta comunicazione della decisione arbitrale o del prov-vedimento che conclude il procedimento di correzione-integrazione (140).La lettera dell’art. 33, § 1º, non sembra lasciare dubbi in riferimento all’oneredi impugnare immediatamente il lodo parziale, escludendo la possibilità diuna sua impugnazione differita insieme al lodo finale (141). Se non impu-

(136) Sulla disciplina dei lodi parziali nella LA riformata, si rinvia a: E. ARRUDA ALVIM,Sentença parcial e arbitragem - inovações do projeto de lei n. 406/2013, do Senado Federal, inAA.VV., Arbitragem e mediação. A reforma da legislação brasileira, a cura di C.C. VIEIRA ROCHA,L.F. SALOMÃO, cit., 87 ss.; J.A. FICHTNER, S.N. MANNHEIMER, A.L. MONTEIRO, A sentença parcialna reforma da lei de arbitragem brasileira, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE

CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 535 ss.; A.C. DALL’AGNOL, P.C. DE CASTRO E MARTINI,A sentença arbitral parcial: novos paradigmas?, in AA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n.13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 17 ss.

Per l’ammissibilità dei lodi parziali anche prima della riforma del 2015, si vedano: C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 344 ss.; ID., Ensaio sobre a sentença arbitral parcial, inRevista de processo, 2008, n. 165, 9 ss.; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 176 ss.; L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 431; F.J. CAHALI, Curso dearbitragem, cit., 335 ss.; G. GIUSTI, R. DALMASO MARQUES, Sentenças arbitrais parciais: umaanálise prática, in Revista de arbitragem e mediação, 2010, n. 26, 46 ss.

(137) A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la “leggesull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015, cit., § 2, parla di una disposizione cheva a colmare una « mera dimenticanza normativa ».

(138) Così F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 507.(139) La dottrina (J.A. FICHTNER, S.N. MANNHEIMER, A.L. MONTEIRO, A sentença parcial na

reforma da lei de arbitragem brasileira, cit., 545) parla anche di « sentença arbitral global ».(140) Dispone l’art. 33, § 1º, che: « A demanda para a declaração de nulidade da sentença

arbitral, parcial ou final, seguirá as regras do procedimento comum, previstas na Lei no 5.869, de11 de janeiro de 1973 (Código de Processo Civil), e deverá ser proposta no prazo de até 90(noventa) dias após o recebimento da notificação da respectiva sentença, parcial ou final, ou dadecisão do pedido de esclarecimentos ».

(141) Così A.C. DALL’AGNOL, P.C. DE CASTRO E MARTINI, A sentença arbitral parcial:novos paradigmas?, cit., 32; J.A. FICHTNER, S.N. MANNHEIMER, A.L. MONTEIRO, A sentença parcialna reforma da lei de arbitragem brasileira, cit., 550; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 398;C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 179. Anteriormente alla

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gnato nel termine di 90 giorni, il lodo parziale diviene, pertanto, immutabilee incontrovertibile (142).

Al contrario di quanto avviene nel sistema italiano, in cui l’art. 827c.p.c. fornisce un’indicazione rispetto al contenuto del lodo parziale e diquello non definitivo (143), il legislatore brasiliano non prevede nessuncriterio in relazione al contenuto del lodo parziale, limitandosi a contrap-porlo al lodo finale (144). Anche basandoci su quanto scritto dalla dottrinabrasiliana, possiamo, senza dubbio, affermare che è un lodo parzialequello con cui gli arbitri decidono una o alcuna delle domande cumulate,rinviando la decisione delle altre domande ad un successivo lodo (145). Èparimenti un lodo parziale quello di condanna generica (146). Riteniamoche sia un lodo parziale anche quello con il quale gli arbitri affermano lapropria competenza a decidere la controversia, dichiarando, ad esempio,la validità della convenzione di arbitrato (147). Gli arbitri emanano, alcontrario, una decisione interlocutoria — una « ordem processual », ossiaun’ordinanza arbitrale — qualora decidano in senso non ostativo e,pertanto, senza definire il giudizio una questione pregiudiziale di rito(diversa da quella vertente sulla validità della convenzione di arbitrato) ouna questione preliminare di merito (148). Assumono, naturalmente, laforma dell’ordinanza arbitrale (« ordem processual ») anche i provvedi-

riforma del 2015 si vedano: D. ARMELIN, Notas sobre sentença parcial e arbitragem, in Revista dearbitragem e mediação, 2008, n. 18, 300 ss.; E. PARENTE, Processo arbitral e sistema, cit., 277.

(142) In questo senso E. ARRUDA ALVIM, Sentença parcial e arbitragem - inovações doprojeto de lei n. 406/2013, do Senado Federal, cit., 98 ss.; A.C. DALL’AGNOL, P.C. DE CASTRO E

MARTINI, A sentença arbitral parcial: novos paradigmas?, cit., 32.(143) Sui lodi definitivi, lodi parziali e lodi non definitivi nel sistema italiano, si rinvia a:

SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 849 ss.; C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, vol. II, cit., 379ss., e 502, il quale esclude la possibilità di impugnabilità differita dei lodi parziali.

(144) Lo notano, infatti, A.C. DALL’AGNOL, P.C. DE CASTRO E MARTINI, A sentençaarbitral parcial: novos paradigmas?, cit., 27, i quali sottolineano che: « Para a distinção entresentença parcial e sentença final, aplica-se somente o critério de seu efeito de encerramento ou nãodo procedimento arbitral ».

(145) Così J.A. FICHTNER, S.N. MANNHEIMER, A.L. MONTEIRO, A sentença parcial nareforma da lei de arbitragem brasileira, cit., 543; C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geraldo processo, cit., 177.

(146) Così C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 177; G. GIUSTI,R. DALMASO MARQUES, Sentenças arbitrais parciais: uma análise prática, cit., 51.

(147) Per questa prospettiva, si vedano: C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 176, anche in nota; A.C. DALL’AGNOL, P.C. DE CASTRO E MARTINI, A sentençaarbitral parcial: novos paradigmas?, cit., 25. È chiaro che è un lodo finale quello con il quale gliarbitri dichiarano la propria incompetenza a decidere la controversia (C.R. DINAMARCO, Aarbitragem na teoria geral do processo, cit., 176, nota 188). Per il sistema italiano ricordiamo cheL. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 851, considera come parziale quel lodo con cui gli arbitridecidono sulla propria potestas iudicandi; mentre C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato,vol. II, cit., 390, ritiene che siano lodi non definitivi su questioni, quelli che « risolvono, in sensonon definitivo del giudizio, una o più ‘questioni’, pregiudiziali di rito o preliminari di merito ».

(148) Al contrario di quanto accade in Italia, non esiste nel sistema brasiliano la categoriadei lodi non definitivi su questioni, che risolvono alcune delle questioni insorte senza definire ilgiudizio arbitrale.

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menti cautelari emanati dagli arbitri, nonché gli atti relativi alla organiz-zazione e all’istruzione del procedimento arbitrale.

Sempre all’interno del capo V, due piccoli, ma importanti, ritocchivengono apportati in riferimento al procedimento di correzione e integra-zione del lodo, di cui all’art. 30 LA, che in Brasile ha lo scopo di:correggere errori materiali della decisione arbitrale (inciso I); chiarireincertezze, dubbi e contraddizioni della decisione (inciso II); permettere lapronuncia su un punto non deciso (inciso II) (149). La nuova redazionedell’art. 30, prima parte, permette alle parti di fissare per la proposizionedell’istanza di correzione-integrazione del lodo un termine diverso daquello previsto dalla legge (cinque giorni) dalla comunicazione delladecisione arbitrale. In base alla nuova redazione dell’art. 30, § unico, leparti possono, altresì, fissare un termine diverso da quello di dieci giorni,indicato dalla legge, per l’emanazione del provvedimento arbitrale checonclude il procedimento di correzione e integrazione. Nell’art. 33, § 1°,viene, infine, specificato che il termine di novanta giorni per proporrel’impugnazione del lodo decorre dalla comunicazione della decisione chedecide sull’istanza di correzione e integrazione (150).

12. Prima di trattare delle novità introdotte dalla riforma del 2015 inmateria di impugnazione del lodo, è opportuno ricordare che la LAprevede un’unica impugnazione esperibile nei confronti del lodo, chia-mata ação anulatória (151). Si tratta di un’impugnazione a critica vincolatache può essere proposta per limitati vizi di nullità di natura proces-suale (152), il cui catalogo — dettato dall’art. 32 — si presenta chiaramente

(149) Non è questa la sede per approfondire il procedimento di cui all’art. 30 LA, possiamoricordare che si tratta di un istituto simile a quello degli embargos de declaração del processostatale, meccanismo che tende a correggere e integrare una decisione giurisdizionale, si rinvia a:A. CHATEAUBRIAND MARTINS, Correção e interpretação da sentença arbitral: novas perspectivas paraantigas controvérsias, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R.RESENDE BENEDUZI, cit., 553 ss.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 398 ss. L’ambito di appli-cazione del procedimento di correzione e integrazione del lodo in Brasile è chiaramente più ampiodi quello italiano, contenuto nell’art. 826 c.p.c., sul quale si vedano: L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit.,830 ss.; C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, vol. II, cit., 459 ss.

(150) Sulle modifiche di cui agli artt. 30 e 33, § 1º, si veda A. CHATEAUBRIAND MARTINS,Correção e interpretação da sentença arbitral: novas perspectivas para antigas controvérsias, cit.,557 ss.

(151) Per l’utilizzo della terminologia ação anulatória, si vedano: C.R. DINAMARCO, Aarbitragem na teoria geral do processo, cit., 244, il quale sottolinea l’efficacia « desconstitutiva »(o anche « constitutiva negativa ») dell’impugnazione in discorso, nella misura in cui tende adeliminare dal « mondo giuridico » il lodo impugnato; L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem,cit., 479 ss.; C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 398.

(152) Alcuni autori brasiliani considerano tecnicamente più corretto parlare di annulla-bilità del lodo (J.C. BARBOSA MOREIRA, La nuova legge brasiliana sull’arbitrato, cit., 13; C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 398; P. ISSAMU NAGAO, Do controle judicial da sentençaarbitral, Brasilia, 2013, cit., 266 ss.), mentre altri ritengono sia preferibile parlare di nullità (C.R.DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 244; L. DE FARIA BERALDO, Curso dearbitragem, cit., 481).

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più snello rispetto a quello previsto in Italia dall’art. 829 c.p.c. sullaimpugnazione per nullità (153). Essendo quello brasiliano un catalogoalquanto ridotto, buona parte della dottrina ritiene necessario adottareuna « interpretazione integrativa » dell’art. 32 LA, introducendo alcunivizi di nullità, come la violazione dell’ordine pubblico (154) e, in generale,ogni tipo di violazione delle garanzie costituzionali del « giusto processo »commessa dagli arbitri (155). Rimane, in ogni caso, esclusa la possibilità didedurre errores in iudicando nei confronti del lodo (156), mentre conl’impugnazione per nullità si può allegare un vizio di tipo revocatorio del

(153) Sull’impugnazione per nullità del lodo nel diritto italiano, si rinvia a: S. BOCCAGNA,L’impugnazione per nullità del lodo, Napoli, 2005, passim; C. PUNZI, Disegno sistematicodell’arbitrato, vol. II, cit., 507 ss., il quale qualifica l’impugnazione per nullità come una « figurasui generis » che dà luogo ad un giudizio attribuito « alla competenza in unico grado della corted’appello »; E. MARINUCCI, L’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma, Milano, 2009; L.SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 919 ss. Anche alla luce dell’analisi del diritto brasiliano dell’arbi-trato, concordiamo con L. SALVANESCHI, I motivi di impugnazione del lodo: una razionalizza-zione?, in questa Rivista, 2015, 233 ss. spec. 242, che in Italia sarebbe opportuno « un nuovointervento razionalizzatore della disciplina che regola gli esiti del giudizio di nullità » del lodoarbitrale.

(154) La dottrina dominante ritiene che, nonostante non venga stabilito direttamentedall’art. 32, il lodo nazionale sia nullo in caso di contrasto con l’ordine pubblico, anche inragione del fatto che la contrarietà all’ordine pubblico è espressamente prevista come motivoostativo al riconoscimento di un lodo straniero dall’art. 39, inciso II. In questo senso, per tutti,si vedano: C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 418, secondo cui « o sistema brasileiro ècoerente, de modo que tanto as sentenças arbitrais nacionais quanto as sentenças arbitraisestrangeiras estão sujeitas à mesma condição geral de validade, qual seja, não atentar contra aordem pùblica »; R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Ordem pública e processo, San Paolo, 2011; J.SCHLEDORN DE CAMARGO, A ação anulatória com base na violação à ordem pùblica, in AA.VV.,Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T. RODOVALHO, A.FREIRE, cit., 313 ss., spec. 324, secondo cui « o sistema arbitrale deve ser interpretado comcoerência e, assim, repelida a sentença arbitral nacional que também afronte a ordem pùblica »;V. GALÍNDEZ, O novo marco legal da arbitragem no Brasil: é suficiente?, in AA.VV., A reformada arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 708.

(155) A favore di una « interpretazione integrativa » del catalogo dei vizi di nullità dellodo, si veda C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 243, secondo cuiprovocano la nullità del lodo la violazione di ogni tipo di garanzia costituzionale del processo,« anche quelle indirette o riflesse e nonostante non siano espressamente previste » dall’art. 32LA; l’A. indica quali cause di nullità non espressamente previste, la nullità del lodo derivantedalla pronuncia di incostituzionalità, da parte del Supremo Tribunale Federale, della legge sucui il lodo si è fondato, nonché la contrarietà del lodo con una súmula vinculante (ossia unamassima giurisprudenziale del Supremo Tribunale Federale dotata di effiacia vincolante). Per lastessa prospettiva « integrativa », si veda già E.F. RICCI, Lei brasileira de arbitragem, cit., 72 ss.,il quale ammette come motivo di nullità (nonostante non venga espressamente previsto dallalegge) anche la contrarietà del lodo con una precedente decisione, statale o arbitrale, passata ingiudicato, in modo simile a quanto avviene nel sistema italiano (art. 829, n. 8, c.p.c.). A favoredi un’interpretazione integrativa, si veda anche P. ISSAMU NAGAO, Do controle judicial dasentença arbitral, cit., 279-280.

In senso contrario, propendono per la tassatività dei motivi di nullità del lodo: C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 399, il quale (come indicato alla nota precedente)ammette, tuttavia, la nullità della decisione arbitrale per contrarietà con l’ordine pubblico; F.J.CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 388. Mentre L. DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit.,483, parla di un catalogo dei motivi di nullità del lodo « quasi tassativo ».

(156) Come ricorda C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 235.

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lodo, quale quello della corruzione dell’arbitro (art. 32, inciso VI) (157).Ricordiamo che la competenza per decidere sull’impugnazione del lodoviene attribuita ad un giudice di primo grado (158) e si deve seguire ilprocedimento di cognizione ordinario, come indicato dall’art. 33, § 1º (159).

Sempre in relazione alla impugnazione per nullità, non è senzainteresse sottolineare che la legge brasiliana sull’arbitrato in nessunaipotesi prevede che la decisione nel merito della controversia sia affidataal giudice dell’impugnazione del lodo (160), in ossequio al principio diautonomia dell’arbitrato e di non interferenza della giurisdizione statalesu quest’ultimo (161). In base alla disciplina di cui agli artt. 32 e 33, inBrasile il giudice statale può procedere unicamente all’annullamento dellodo, al quale può seguire o meno il rinvio della decisione della contro-versia agli arbitri (vedi infra). La soluzione brasiliana è chiaramentedifferente da quella vigente in Italia, dove, come noto, l’art. 830 c.p.c.adotta « un sistema a carattere misto », in forza del quale in alcune ipotesiil giudizio rescissorio spetta alla Corte d’appello, mentre in altre ipotesi ladecisione della causa viene rimessa al giudizio degli arbitri (162).

(157) Ai sensi del citato art. 32, inciso VI, il lodo è nullo se viene dimostrata la« prevaricação, concussão ou corrupção passiva » dell’arbitro, di cui A. BRIGUGLIO, Prospettived’indagine e spunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo lanovella del 2015, cit., § 7, sottolinea la natura di vizio di tipo revocatorio.

(158) Sul punto scrive C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 251,che sarebbe « ragionevole » affidare alla competenza originaria degli organi di secondo grado(os tribunais) il potere di conoscere direttamente sull’impugnazione per nullità del lodo; ciò che,tuttavia, richiederebbe una revisione costituzionale, in ragione di quanto disposto dalla Costi-tuzione brasiliana del 1988, cui spetta la disciplina della competenza originaria degli organi disecondo grado.

(159) Si veda sul punto la ricerca empirica della Fundação Getulio Vargas, da cui sievince la rarità dei casi di annullamento del lodo in Brasile (http://cbar.org.br/site/wpcontent/uploads/2014/09/Pesquisa-Jurisprud%C3%AAncia-CBAr-Relat%C3%B3rio Preliminar.pdf).Per un’analisi di alcune pronunce di nullità del lodo, si veda anche N. MIZRAHI LAMAS, Açõesanulatórias de sentença arbitral, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO,R. RESENDE BENEDUZI, cit., 169 ss.

(160) C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 424: « anulado o laudo, não pode o juiztogado passar ao exame da causa »; P. ISSAMU NAGAO, Do controle judicial da sentença arbitral,cit., 267.

(161) C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 239, scrive che:« Nem seria sistematicamente aceitável dar ao juíz togado a competência para redecidir o méritoda causa já julgada pelos árbitros, pois isso colidiria de frente com o desenho brasileiro daautonomia da arbitragem e com a própria função institucional desta no sistema de meios desolução de litígios »; C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 424, parla di una tecnica che« tende a prestigiar o juízo arbitral, desestimulando o recurso à ação impugnativa »,

(162) La comparazione tra il diritto brasiliano e quello italiano su questo punto conduceC.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 239, ad affermare che in Brasilel’arbitrato gode di una maggiore autonomia. Anche alla luce dell’analisi del diritto brasilianodell’arbitrato, concordiamo con L. SALVANESCHI, I motivi di impugnazione del lodo: unarazionalizzazione?, in questa Rivista, 2015, 233 ss., spec. 242, che in Italia sarebbe opportuno« un nuovo intervento razionalizzatore della disciplina che regola gli esiti del giudizio di nullità »del lodo arbitrale. Per uno studio di diritto comparato in materia, rinviamo a E. MARINUCCI,Esito ed effetti dell’impugnazione giudiziaria del lodo arbitrale: note di diritto comparato, in Riv.trim. dir. proc. civ., 2000, 1327 ss.

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All’infuori della ação anulatória non vengono previsti altri tipi diimpugnazioni. Nel silenzio della legge sul punto, la dottrina maggioritariaritiene, quindi, inammissibile la ação rescisória (impugnazione simile allarevocazione del sistema italiano) (163). La legge arbitrale brasiliana nonprevede nemmeno nessun tipo di rimedio esperibile da un terzo contro illodo, quale ad esempio il recurso de terceiro prejudicato, di cui all’art. 996c.p.c. del 2015 (164). Ciò non significa che il terzo non si possa difenderecon altri strumenti, quali un mandado de segurança (165), un’azione diaccertamento negativo (166) e, secondo alcuni autori, utilizzando la stessaação anulatória (167).

Descritta per sommi capi la disciplina dell’impugnazione del lodo,possiamo tornare a trattare della riforma del 2015 e, a questi fini, segna-liamo, innanzitutto, due modificazioni di ordine lessicale. All’internodell’art. 32 il primo motivo di nullità del lodo riguarda, attualmente, lanullità della convenzione di arbitrato e non più solo la nullità del com-promesso, come avveniva in base alla versione originale della LA del1996 (168). Inoltre, nell’art. 33 si utilizza l’espressione « declaração » dinullità della sentenza arbitrale, in luogo di quello « decretação » di nullitàche era contenuta nella versione originaria della LA (169).

A parte il citato mutamento terminologico, restano inalterati i vizi chepossono dar luogo ad una pronuncia di nullità del lodo, fatta salval’abrogazione del vizio di omessa pronuncia, di cui all’art. 32, inciso V (inragione dell’introduzione della figura del lodo complementare, su cui vediinfra).

(163) Per l’inammissibilità dell’ação rescisória nei confronti del lodo, si vedano: F.J.CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 388; F.L. YARSHELL, Ação anulatória de julgamento arbitral eação rescisória, in Revista de arbitragem e mediação, 2005, n. 5, 95 ss.; L. DE FARIA BERALDO,Curso de arbitragem, cit., 546; D. ARMELIN, Notas sobre a ação rescisória em matéria arbitral, inRevista de arbitragem e mediação, 2004, n. 1, 12 ss., spec. 14; L. BRITTO MEJIAS, Controle daatividade do árbitro, cit., 205 ss.

(164) Si tratta di un rimedio che, con tutte le dovute differenziazioni, assomiglia all’op-posizione di terzo del sistema italiano, come ritiene C.R. DINAMARCO, Litisconsorcio, San Paolo,2009.

(165) Sul mandado de segurança, si veda, per tutti, E. ANDRADE, Il c.d. « mandado desegurança » individuale nel diritto processuale civile brasiliano, in Riv. dir. proc., 2010, 631 ss.

(166) Per questa prospettiva, si veda C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 237.

(167) Ammettono l’esperibilità dell’impugnazione per nullità ad opera del terzo, G.RECENA COSTA, M. CARVALHO ENGHOLM CARDOSO, Limites subjetivos da sentença arbitral elegitimidade do terceiro para ajuizar ação anulatória, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a curadi L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 595 ss., spec. 618 ss.,

(168) Sul punto F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 510, parla di correzione di unequivoco redazionale della legge del 1996. È chiaro che la nullità della clausola compromissoriaprovocava la nullità del lodo anche precedentemente alla riforma del 2015. Come ricorda C.A.CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 400, il legislatore brasiliano del 1996 aveva commesso lostesso errore che si trovava nel c.p.c. italiano anteriormente alla riforma del 2006.

(169) Si tratta di una modificazione lessicale appropriata, poiché la nullità del lodo nonviene decretata ma dichiarata dal giudice dell’impugnazione.

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Una novità di rilievo è costituita dall’abrogazione della disposizioneche stabiliva in quali casi il giudice dell’impugnazione si limitava adichiarare la nullità del lodo e chiudeva, pertanto, il giudizio con losvolgimento della sola fase rescindente (art. 33, § 2º, inciso I, nellaversione originaria (170)) e in quali casi il giudice doveva, invece, disporreil rinvio della causa agli arbitri per l’emanazione di un nuovo lodo (art. 33,§ 2º, inciso II, nella versione originaria) (171). La vigente redazione dell’art.32, § 2º, prevede che il giudice dell’impugnazione valuti, caso per caso, sela decisione di merito debba essere rimessa o meno agli arbitri (172).

Altra novità importante della riforma del 2015, inserita all’interno delcapo V della LA, è quella del lodo arbitrale complementare, la cuidisciplina è contenuta nel nuovo art. 33, § 4º, ai sensi del quale: « La parteinteressata potrà promuovere un giudizio per chiedere la pronuncia di unlodo arbitrale complementare, qualora l’arbitro non abbia deciso su tuttele domande dedotte nel procedimento arbitrale ». Si tratta di un disposi-tivo, già conosciuto in ambito comparatistico (173), che permette alla partedi esperire un’azione davanti al giudice statale al fine di sanare il vizio diomissione di pronuncia e, quindi, di ottenere che gli arbitri statuiscanosulle domande proposte, ma non decise (174). In conseguenza della riforma

(170) Erano i seguenti casi di nullità del lodo determinati da: nullità della convenzione diarbitrato; pronuncia da parte di chi non poteva essere arbitro; dolo dell’arbitro; scadenza deltermine; violazione dei principi fondamentali del processo arbitrale, di cui all’art. 21, quali ilprincipio del contraddittorio, dell’uguaglianza delle parti, dell’imparzialità dell’arbitro e del suolibero convincimento.

(171) Erano i residuali casi di nullità del lodo, ossia: mancanza di uno dei requisiti dellodo, di cui all’art. 26; pronuncia fuori dai limiti della convenzione di arbitrato; omissione dipronuncia. Sul regime previgente si veda C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 398 ss.

(172) Dispone l’attuale art. 33, § 2º, che: « La sentenza che accoglie l’impugnazionedichiara la nullità del lodo, nelle ipotesi dell’art. 32, e determina, se è il caso, che l’arbitro o ilcollegio arbitrale emani un nuovo lodo arbitrale ». F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 512,scrive che la decisione sulla rimessione della controversia agli arbitri, a seguito della dichiara-zione di nullità del lodo, dipende dalle circostanze del caso « a ser avaliado e decidido noprocesso ». In senso favorevole alla nuova disposizione, nella misura in cui permette al giudicestatale di valutare le circostanze del singolo caso, si vedano: F. ZECH SYLVESTRE; T.A. ROCHA

LIMA, Aspectos processuais da ação de nulidade de sentença arbitral: perspectivas reformistas, inAA.VV., Arbitragem. Estudos sobre a lei n. 13.129, de 26-5-2015, a cura di F.J. CAHALI, T.RODOVALHO, A. FREIRE, cit., 559 ss., spec. 580; A. BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunticomparatistici considerando la “legge sull’arbitrato” brasiliana anche dopo la novella del 2015,cit., § 7, secondo cui si tratta di « una scelta normativa che vuol essere il più possibile adeguataalla varietà di situazioni ».

(173) Si veda l’analisi di R. CASTRO DE FIGUEIREDO, A anulação das sentenças arbitrais“incompletas” e a sentença arbitral complementar, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a curadi L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 629 ss., sia per il diritto brasiliano che per unpanorama di diritto comparato sul lodo complementare.

(174) L’esperibilità dell’azione davanti al giudice statale, di cui all’art. 33, § 4º, ci pareresiduale ed è subordinata alla previa proposizione dell’istanza davanti agli arbitri di pronun-ciarsi sulla domanda non decisa attraverso il procedimento di cui all’art. 30, inciso II, LA (simileagli embargos de declaração). In tal senso si veda F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 403.Naturalmente la parte interessata non ha l’onere di proporre l’azione, di cui all’art. 33, § 4º, perchiedere una statuizione di merito sulla domanda non decisa, avendo in ogni caso la facoltà

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in commento, il vizio di omessa pronuncia non costituisce più un caso diinvalidità del lodo (come accadeva prima del 2015 (175)) e le parti hanno,attualmente, la facoltà di utilizzare il procedimento di cui all’art. 33, § 4º,LA, chiedendo che il giudice statale disponga che gli arbitri si pronuncinosulle domande non decise. Siamo, quindi, in presenza di un meccanismo diintegrazione della decisione arbitrale (176), attraverso un lodo complemen-tare, che si fonda sulla cooperazione tra giudice statale e arbitro e checostituisce una novità di rilievo e salutare (177), di cui la pratica dovràspecificare la disciplina di dettaglio e i rapporti con altre azioni previstedalla LA, come con il procedimento di correzione dell’art. 30, inciso II,che prevede la pronuncia su un « punto » omesso dagli arbitri (178). In ognicaso, l’azione diretta ad ottenere l’emanazione del lodo complementare èfacoltativa, perché la parte interessata può sempre instaurare un nuovoarbitrato per avere la pronuncia sulla domanda non decisa (179).

di riproporre tale domanda all’interno di un nuovo giudizio arbitrale. In tal senso, in relazioneai casi di omessa pronuncia, si veda C.R. DINAMARCO, A arbitragem na teoria geral do processo,cit., 198. Tra i casi in cui si ammette l’emanazione di un lodo arbitrale complementare rientraanche quello in cui gli arbitri non abbiano determinato il quantum della prestazione debitoria,limitandosi alla pronuncia di una condanna generica sul solo an debeatur, come specificato daH. THEODORO JR., Curso de processo civil, vol. II, cit., 591.

(175) L’art. 32, inciso V (attualmente abrogato), disponeva: « È nula a sentença arbitralse: ... V - não decidir todo o litígio submetido à arbitragem ». In ogni caso, anche prima dellariforma del 2015, la pronuncia sulle domande non decise sarebbe spettata sempre agli arbitri. Siveda sul punto C.A. CARMONA, Arbitrato e processo, cit., 407.

(176) L’azione, di cui all’art. 33, § 4º, LA, in materia di lodo complementare, non sembraessere un’impugnazione in senso tecnico, trattandosi piuttosto di un « meccanismo peculiare dicorrezione della sentenza arbitrale “incompleta” » (così R. CASTRO DE FIGUEIREDO, A anulaçãodas sentenças arbitrais “incompletas” e a sentença arbitral complementar, cit., 646). D. LEVY, Ospresságios da reforma arbitral brasileira: as 10 metas para os seus 20 anos, cit., 724, considera lafigura del lodo complementare come un meccanismo di « exercício do direito ao esgotamento dajurisdição » degli arbitri.

(177) In senso favorevole all’introduzione dell’art. 33, § 4º, si vedano: F.J. CAHALI, Cursode arbitragem, cit., 403; D. LEVY, Os presságios da reforma arbitral brasileira: as 10 metas paraos seus 20 anos, cit., 724.

(178) Il procedimento di correzione, di cui all’art. 30, II, LA, sicuramente potrà essereutilizzato in caso di mancata pronuncia su un punto o questione allegata dalle parti, ma ancheper chiedere la pronuncia su una domanda non decisa. L’azione, di cui all’art. 33, § 4º, concorrecon il menzionato procedimento di correzione, potendo la prima essere esperita una volta chesiano scaduti i termini per la proposizione del secondo.

La LA non indica, nemmeno, quale sia il collegio arbitrale competente a emanare il lodocomplementare. Secondo F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 403, sarà lo stesso collegioarbitrale a pronunciarsi sulle domande non decise, « evitando o enorme custo de repetição deprovidências, e até o risco de decisões contraditórias, caso fossem trazidos novos árbitros ».Mentre secondo R. CASTRO DE FIGUEIREDO, A anulação das sentenças arbitrais “incompletas” ea sentença arbitral complementar, cit., 644, il giudice statale potrà disporre che sia un nuovoorgano arbitrale a emanare il lodo complementare.

(179) Lo nota anche R. CASTRO DE FIGUEIREDO, A anulação das sentenças arbitrais“incompletas” e a sentença arbitral complementar, cit., 645, il quale, infatti, sottolinea comerispetto all’instaurazione di un nuovo arbitrato il procedimento di integrazione, di cui all’art. 33,§ 4º, si rivela « poco attraente » dal punto di vista del tempo necessario per ottenere la decisionedel giudice statale sull’istanza della pronuncia di un lodo complementare. L’A. individua un

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Ugualmente in materia di impugnazione, si è proceduto a modificarel’art. 33, § 3º, LA, disponendo che: « La dichiarazione di nullità del lodoarbitrale potrà essere richiesta anche con l’opposizione all’esecuzione, aisensi degli articoli 525 e seguenti del codice di procedura civile, qualora siproceda all’esecuzione forzata giudiziale » (180). L’opposizione all’esecu-zione non deve essere proposta necessariamente entro il termine di 90giorni decorrente dalla comunicazione del lodo, potendo essere fattavalere anche successivamente. In ragione di ciò, è necessario indagarequale sia la conseguenza della scadenza del termine per proporre l’impu-gnazione per nullità del lodo sul giudizio di opposizione all’esecuzionedello stesso. Sul punto gli studiosi brasiliani si sono divisi in due orienta-menti contrapposti.

Una parte della dottrina non limita temporalmente la possibilità didedurre in sede di opposizione all’esecuzione i motivi di nullità del lodo,di cui all’art. 32 LA, che possono essere dedotti anche oltre la scandenzadel termine di novanta giorni (181).

Ma altra parte autorevole della dottrina — che sembra maggioritaria— ritiene opportuno adottare una « visione sistematica » dell’art. 33, § 3º,in materia di opposizione all’esecuzione del lodo, evitando che il debitorepossa contestare con tale rimedio i vizi del lodo, di cui all’art. 32, una voltadecorso il termine di novanta giorni (182). Tale interpretazione restrittiva,quanto ai motivi spendibili con l’opposizione all’esecuzione, si fonda sullanecessità di evitare lo « stato di incertezza », che deriverebbe dal consen-tire la deducibilità dei vizi di nullità anche dopo la scadenza dei novantagiorni per proporre l’impugnazione per nullità (183). In base a questaprospettiva, è necessario distinguere due situazioni: anteriormente alla

vantaggio nell’esercizio dell’azione di integrazione in discorso nella finalità di indurre l’arbitro« a modificare il proprio risultato del lodo originario ».

(180) Questa la versione in lingua originale dell’art. 33, § 3º, LA: « A decretação danulidade da sentença arbitral também poderá ser requerida na impugnação ao cumprimento dasentença, nos termos dos arts. 525 e seguintes do Código de Processo Civil, se houver execuçãojudicial ». Nel testo abbiamo tradotto la parte « impugnação ao cumprimento da sentença »come opposizione all’esecuzione del lodo. Si tratta di una libera traduzione diretta a facilitarela comprensione del rimedio in discorso ai lettori italiani.

(181) Così L.G. MARINONI, S. CRUZ ARENHART, D. MITIDIERO, Novo curso de processo civil,vol. 3, cit., 512, i quali scrivono: « Na impugnação à execução fundada em sentença arbitral,poderá o executado deduzir, além da matéria elencada no art. 539, § 1º, todas as causas denulidade desta decisão, contempladas pelo art. 32 da Lei de Arbitragem ». Nella stessa direzione,si veda A. DE ASSIS, Processo civil brasileiro, vol. I, cit., 136.

(182) Parla della opportunità di adottare una « visão sistematica do tema » C.A. CARMONA,Arbitragem e processo, cit., 430.

(183) C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 430. L’elaborazione di tale soluzioneinterpretativa pare risalire a E.F. Ricci, Reflexões sobre o art. 33 da lei de arbitragem, in Revistade processo, 1999, n. 93, 45 ss., § 7, cui hanno aderito diversi studiosi, tra cui: C.R. DINAMARCO,A arbitragem na teoria geral do processo, cit., 272; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit. 370; L.DE FARIA BERALDO, Curso de arbitragem, cit., 459 ss.; ISSAMU NAGAO, Do controle judicial dasentença arbitral, cit., 287; J. SCHLEDORN DE CAMARGO, A ação anulatória com base na violaçãoà ordem pùblica, cit., 327-328.

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scadenza del termine di novanta giorni, di cui all’art. 33, il debitore puòdecidere di dedurre con l’opposizione all’esecuzione anche i vizi di nullitàdel lodo; successivamente alla scadenza di detto termine, il debitore puòallegare con l’opposizione solo le difese spendibili contro un titolo giudi-ziale (184).

13. Da segnalare, infine, le novità in materia di arbitrato contenutenel c.p.c. del 2015, tra cui meritano menzione: l’espresso riconoscimentonormativo dell’arbitrato (art. 3); un nuovo regime dell’eccezione di pattocompromissorio (art. 337); regole sulla riservatezza dei « procedimentigiudiziali di ausilio all’arbitrato » (art. 189, inciso IV); la superiorità delleconvenzioni internazionali e della legge sull’arbitrato del 1996 sulle dispo-sizioni del c.p.c. in materia di delibazione di sentenze straniere (art. 960, §3º) (185).

La prima parte (caput) dell’art. 3 c.p.c., contenuto nel capitolo I (deltitolo unico del libro primo) dedicato alle « norme fondamentali delprocesso civile », stabilisce che: « A nessuna minaccia o violazione di undiritto verrà negata tutela giurisdizionale ». Il § 1º del medesimo articolodispone, inoltre, che: « L’arbitrato è ammesso nella forma stabilita dallalegge ». L’art. 3, § 1º, c.p.c., si limita, quindi, a codificare l’interpretazionedata dal Supremo Tribunale Federale quanto alla costituzionalità dell’ar-bitrato e qualifica formalmente l’arbitrato come un mezzo di risoluzionedelle controversie (186). Nella stessa linea l’art. 42, c.p.c., dispone che: « Le

(184) Così, molto chiaramente, C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 430-431, ilquale in relazione alla seconda situazione descritta nel testo scrive: « terá o impugnante, em talhipótese, perdido, por inércia, o direito de levar ao conhecimento do juiz togado qualquer umadas matérias enumeradas no art. 32 da Lei. Enfrentará o impugnante as mesmas limitaçõesimpostas ao executado que ataca a sentença judicial condenatória ».

Tra l’altro, ricordiamo che tale sistematica è stata consacrata espressamente in Portogallodalla Legge di arbitrato volontario, n. 63 del 2011, all’art. 48, rubricato « Motivi dell’opposizioneall’esecuzione », ai sensi del quale: « 1 - À execução de sentença arbitral pode o executadoopor-se com qualquer dos fundamentos de anulação da sentença previstos no n. 3 do artigo 46.º,desde que, na data em que a oposição for deduzida, um pedido de anulação da sentença arbitralapresentado com esse mesmo fundamento não tenha já sido rejeitado por sentença transitada emjulgado. 2 - Não pode ser invocado pelo executado na oposição à execução de sentença arbitralnenhum dos fundamentos previstos na alínea a) do n. 3 do artigo 46.º, se já tiver decorrido oprazo fixado no n. 6 do mesmo artigo para a apresentação do pedido de anulação da sentença,sem que nenhuma das partes haja pedido tal anulação ». L’art. 46 della citata legge portoghesetratta dell’impugnazione del lodo.

(185) Art. 960, § 3, c.p.c., secondo cui: « A homologação de decisão arbitral estrangeiraobedecerá ao disposto em tratado e em lei, aplicando-se, subsidiariamente, as disposições desteCapítulo ». Sul punto, si veda F. DIDIER, A arbitragem no novo Código de Processo Civil, inRevista Tribunal Superior do Trabalho, 2013, vol. 79, n. 4, 73 ss., spec. 80, con giudiziofavorevole sulla citata disposizione.

(186) Così R. DE CARVALHO APRIGLIANO, Jurisdição e arbitragem no novo Código deProcesso Civil, cit., 252. Ricordiamo, per ragioni di completezza, che i successivi paragrafi checompongono l’art. 3 c.p.c. tendono a valorizzare i mezzi di autocomposizione delle controversie,disponendo che: lo Stato dovrà promuoverne l’utilizzo, quando ciò sia possibile (§ 2º); l’utilizzodella conciliazione, mediazione e di altri mezzi consensuali di risoluzione dei conflitti dovrà

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cause civili saranno risolte e decise dal giudice nei limiti della sua com-petenza, salvo il diritto delle parti di instaurare un processo arbitrale, nellaforma stabilita dalla legge » (187).

L’art. 337, inciso X e § 5º, c.p.c., qualifica come eccezione in sensostretto l’eccezione di patto compromissorio, escludendo, pertanto, che siarilevabile d’ufficio dal giudice (188). Il nuovo c.p.c. del 2015 accoglie,quindi, la soluzione elaborata dalla maggioranza della dottrina brasilianae si allinea, altresì, alla tendenza assolutamente dominante nel panoramacomparatistico che riserva alla sola parte interessata il potere di sollevarel’eccezione di convenzione di arbitrato (189). Risulta, attualmente, supe-rata la tesi, elaborata sotto l’imperio dell’abrogato c.p.c. del 1973, secondocui il compromesso dava luogo ad un’eccezione in senso stretto, mentre laclausola compromissoria costituiva un’eccezione rilevabile d’ufficio dalgiudice (190). Qualora il convenuto non alleghi tempestivamente l’ecce-zione di patto compromissorio, l’art. 337, § 6º, c.p.c., qualifica tale omis-sione come « accettazione della giurisdizione statale e rinuncia al giudizioarbitrale ». La legge brasiliana non specifica, tuttavia, se tale rinuncia siacondizionata o meno alla pronuncia di una decisione di merito nelprocesso statale (191). Sempre in materia, ricordiamo, altresì, che, ai sensidell’art. 485, inciso VII, quando il giudice accoglie l’eccezione di conven-zione di arbitrato, il processo si chiude con una sentenza di rito che nondecide il merito della controversia. Qualora, invece, l’eccezione in di-scorso venga respinta con decisione interlocutoria (che non chiude il

essere stimolato « da giudici, avvocati, difensori pubblici e pubblici ministeri anche nel corso delprocesso statale » (§ 3º). Sul punto, rinvia a W. PIMENTEL, O CPC de 2015, mediação earbitragem: um sistema geral de solução de conflitos, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a curadi L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 339 ss.

(187) L’art. 42 del c.p.c. del 2015 riproduce sostanzialmente l’art. 86 del c.p.c. abrogato eci pare essere una disposizione ridondante, essendo già desumibile dal sistema (così, ancora, R.DE CARVALHO APRIGLIANO, Jurisdição e arbitragem no novo Código de Processo Civil, cit., 254).

(188) L’art. 337 c.p.c. indica quali sono le eccezioni che il convenuto ha l’onere di allegarenella comparsa di risposta. Il § 5º dell’art. 337 dispone che: « fatte salve la convenzione diarbitrato e l’incompetenza relativa, il giudice conoscerà di ufficio le materie indicate in questoarticolo » (nostra libera traduzione).

Sulla disciplina dell’eccezione di convenzione di arbitrato nel nuovo c.p.c., si vedano: R.RESENDE BENEDUZI, Premilinar de arbitragem no novo CPC, cit., 285 ss.; M. LAMEGO CARPENTER,Primeiras impressões sobre a convenção de arbitragem e o agravo de instrumento no CPC/2015,in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit.,357 ss.; F.J. CAHALI, Curso de arbitragem, cit., 186 ss.

(189) In questo senso, si vedano: E. TALAMINI, Arguição de convenção arbitral no projetode novo Cógido de Processo Civil (exceção de arbitragem), in Revista de arbitragem e mediação,2014, n. 40, 81 ss., cui si rinvia anche per riferimenti comparatistici; L.F. GUERRERO, Convençãode arbitragem e processo arbitral, cit., 128; C.R. DINAMARCO, Arbitragem na teoria geral doprocesso, cit., 92-93.

(190) Era la tesi di C.A. CARMONA, Arbitragem e processo, cit., 485.(191) La disciplina italiana è più dettagliata sul punto. Stando alla formulazione dell’art.

819 ter, comma 1, c.p.c. italiano, la rinuncia alla giurisdizione arbitrale dipende dalla mancataallegazione dell’eccezione di convenzione di arbitrato e dalla pronuncia di merito del giudiceordinario. Sul punto, rinviamo a L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 674 e 591 ss.

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processo), il convenuto potrà proporre l’impugnazione dell’agravo deinstrumento, ai sensi dell’art. 1.015, inciso III (192).

Infine, l’art. 189, inciso IV, c.p.c., prevede una deroga al principio dipubblicità degli atti processuali in caso di arbitrato: sono coperti dasegreto di giustizia gli atti processuali « in materia di arbitrato, inclusi iprocessi relativi all’esecuzione della carta arbitrale, purché la riservatezza,concordata nell’arbitrato, sia dimostrata nel giudizio » (193).

The Author examines the new Brazilian law on arbitration, which is set out ina Law n. 13,129/2015 dated May 26th, 2015 and came into force on 27 July 2015.The reform of 2015 does not bring any radical change to the main orientations of theBrazilian Arbitration Act of 1996, in particular by incorporting a number ofsolutions inspired by case law. The article discusses about the inclusion of an expressprovision authorizing the direct and indirect Public Administration to have recourseto arbitration to resolve disputes related to disposable patrimonial rights. In turn, thearticle examines: the creation of the arbitral letter; the inclusion of a specificprovision dealing with the provisional remedies; the possibility for the parties toappoint as arbitrator someone who is not part of the list of arbitrators; the inclusionof an express provision authorizing the arbitrators to issue partial arbitral awards.

(192) In materia, si veda M. LAMEGO CARPENTER, Primeiras impressões sobre a convençãode arbitragem e o agravo de instrumento no CPC/2015, cit., 362 ss.

Nel c.p.c. brasiliano vigente, l’agravo de instrumento è il mezzo di impugnazione esperibilecontro quelle decisioni interlocutorie (atti che non definiscono il giudizio) che la legge indicaespressamente come impugnabili (art. 1015), si rinvia a: L.R. WAMBIER, E. TALAMINI, Cursoavançado de processo civil, 16ª ed., vol. 2, San Paolo, 2016, 537; L.G. MARINONI, S. CRUZ

ARENHART, D. MITIDIERO, Novo curso de processo civil, vol. 2, cit., 533.(193) Sul tema, si vedano: J.R. CRUZ E TUCCI, Le garanzie costituzionali della pubblicità

degli atti processuali e della motivazione delle decisioni nel nuovo c.p.c. brasiliano, traduzione acura di G. BONATO, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 1221 ss., § 2; R. GARCIA DA FONSECA, Osegredo da justiça e a arbitragem, in AA.VV., A reforma da arbitragem, a cura di L. DE CAMPOS

MELO, R. RESENDE BENEDUZI, cit., 397 ss.

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I) ITALIANA

Sentenze annotate

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. civili, sentenza 18 novembre 2016, n. 23463;RORDORF Pres.; NAPPI Est.; De Luca Picione Costruzioni Generali s.r.l. c. IstitutoAutonomo Case Popolari Provincia Benevento.

Arbitrato - Questioni preliminari di merito e questioni pregiudiziali di rito -Potestas iudicandi degli arbitri.

Lodo definitivo - Lodo non definitivo.

Nel giudizio arbitrale, è questione pregiudiziale di rito quella concernentel’esistenza o la validità della convenzione giustificativa della potestas iudicandi.

Lodo che decide parzialmente il merito della controversia, immediatamenteimpugnabile a norma dell’art. 827, terzo comma, cod. proc. civ., è sia quello dicondanna generica ex art. 278 cod. proc. civ. sia quello che decide una o alcuna delledomande proposte senza definire l’intero giudizio, non essendo immediatamenteimpugnabili i lodi che decidono questioni pregiudiziali o preliminari.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — (Omissis) — Con il primo motivo la ricorrentededuce violazione e falsa applicazione degli art. 827 comma 3 e 279 comma 2 c.p.c,lamentando che la corte d’appello abbia erroneamente qualificato come pregiu-diziali le questioni preliminari di merito decise con il lodo n. 1/2007, attinenti allatitolarità attiva del rapporto dedotto in giudizio e alla validità della clausolacompromissoria. Sostiene dunque che, essendo indiscussa la pertinenza al meritodi tali questioni, il lodo n. 1/2007 ebbe natura di decisione parziale sul merito,impugnabile immediatamente a norma dell’art. 827 comma 3 c.p.c.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli art. 1362, 1363,1366, 1367, 2558 c.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentandoche la corte d’appello abbia omesso di considerare il ruolo di effettiva unicainterlocutrice della stazione appaltante svolto dalla De Luca Picione CostruzioniGenerali s.r.l., nella quale era stata conferita l’azienda individuale con tutti i suoirapporti contrattuali.

Sostiene infatti che il riferimento del contratto all’impresa individuale fudovuto a un mero errore materiale, illegittimamente disconosciuto dalla corte

GIURISPRUDENZA ORDINARIA

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d’appello in violazione dei principi di ermeneutica contrattuale sanciti dal codicecivile.

2.1. II primo motivo del ricorso pone la questione sulla quale si è manife-stato nella giurisprudenza di questa corte il contrasto denunciato dalla primasezione civile.

II contrasto riguarda l’interpretazione della disposizione dell’art. 827 comma3 c.p.c. per cui « il lodo che decide parzialmente il merito della controversia èimmediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insortesenza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo defini-tivo ». E si manifesta in realtà in una duplice prospettiva, risultando controversedue distinte questioni:

a) se il lodo sia immediatamente impugnabile anche quando decida que-stioni pregiudiziali o preliminari (Cass., sez. I, 6 aprile 2012, n. 5634, m. 622251,Cass., sez. I, 17 febbraio 2014, n. 3678, non massimata) ovvero solo quando decidanel merito di una domanda (Cass., sez. I, 26 marzo 2012, n. 4790, m. 622240, Cass.,sez. II, 24 luglio 2014, n. 16963, m. 631855);

b) se la questione di validità della convenzione arbitrale, che fonda ilpotere decisorio degli arbitri, sia di merito (Cass., sez. I, 6 aprile 2012, n. 5634, m.622251, Cass., sez. I, 10 aprile 2014, n. 8457, m. 630882), benché « sol mediata-mente incidente sul bene della vita rivendicato dalla domanda » (Cass., sez. I, 17febbraio 2014, n. 3678), o sia invece di rito (Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n.24153, m. 627787).

2.2. Tuttavia il secondo indicato profilo del contrasto di giurisprudenza èormai solo residuale, perché questa corte, superato il precedente orientamentocontrattualistico, riconosce ormai da tempo che « l’eccezione di compromesso,attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario daattribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza della disciplina complessivamentericavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, devericomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito » (Cass., sez. un., 25ottobre 2013, n. 24153, n. 627787, Cass., sez. un., 20 gennaio 2014, n. 1005, n.628870, Cass., sez. VI, novembre 2015, n. 22748, m. 637741).

Ciò nondimeno parte ricorrente argomenta diffusamente per la pertinenza almerito della questione relativa alla titolarità attiva del rapporto dedotto in giudizioe alla validità della clausola compromissoria. E lo fa non solo evocando l’ormaisuperata giurisprudenza sulla natura negoziale dell’arbitrato rituale, ma ancherichiamando la giurisprudenza di questa corte sulla pertinenza al merito dell’ac-certamento circa l’effettiva titolarità del rapporto dedotto in un giudizio ordinario.

Sennonché l’ascrizione al rito o al merito di una questione non dipende daun’immutabile natura delle cose, come sembra ritenere anche Cass., sez. I, 17febbraio 2014, n. 3678, bensì dalle diverse funzioni che la questione può assumereanche in ciascuna fase di uno stesso giudizio. Infatti nella prospettiva del giudiziola stessa distinzione tra norma sostanziale e norma processuale è solo relativa:norma sostanziale essendo quella che funge da criterio di giudizio, da regola diinferenza esibita a garanzia dell’argomentazione che ascrive determinate conse-guenze giuridiche a un fatto; norma processuale quella che regola l’attività delgiudice e delle parti nel processo.

Sicché una stessa norma giuridica può venire in discussione ora come regoladi un’attività processuale, ora come criterio di giudizio. Per il giudizio arbitrale

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l’art. 827, comma 1, c.p.c. prevede che il lodo è soggetto a impugnazione pernullità, oltre che per revocazione e opposizione di terzo. E l’art. 829, comma 1, n.1, c.p.c. prevede che l’impugnazione per nullità è ammessa « se la convenzioned’arbitrato è invalida ». Ne consegue che nel giudizio arbitrale la questionedell’invalidità, come dell’inesistenza (Cass., sez. I, 8 ottobre 2014, n. 21215, m.632410), della clausola compromissoria è funzionale all’accertamento di un errorin procedendo che vizia una decisione giurisdizionale, qual é il lodo.

Non v’e dubbio pertanto che nel giudizio arbitrale è una questione pregiu-diziale di rito quella concernente l’esistenza o la validità della convenzionegiustificativa della potestas iudicandi degli arbitri.

2.3. II secondo profilo del contrasto di giurisprudenza denunciato attieneinvece alla distinzione tra il lodo che, decidendo parzialmente il merito dellacontroversia, è immediatamente impugnabile, e il lodo che, risolvendo alcune dellequestioni insorte senza definire il giudizio arbitrale, non è immediatamente impu-gnabile.

Tuttavia questa distinzione, che è solo in parte sovrapponibile a quella trasentenze definitive e non definitive ex art. 279 c.p.c, ha ora un criterio normativodi definizione negli art. 360 comma 3 e 361 comma 1 c.p.c. (come modificati dald.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), che riconoscono l’immediata ricorribilità per cassa-zione solo delle sentenze di condanna generica ex art. 278 c.p.c. e delle sentenzeche decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio.

Come questa corte ha già avuto modo di chiarire, infatti, la riforma del 2006si pone « nel solco della disciplina già introdotta per il lodo dalla legge 5 gennaio1994, n. 25, con il novellato art. 827 cod. proc. civ. » (Cass., sez. un., 22 dicembre2015, n. 25774, n. 637968).

Sicché, come può da questa giurisprudenza chiaramente desumersi, « lodoche decide parzialmente il merito della controversia a norma dell’art. 827 comma3 c.p.c, è sia quello di condanna generica ex art. 278 c.p.c. sia quello che decide unao alcune delle domande proposte senza definire l’intero giudizio. Ed è irrilevantea questi fini se la questione risolta senza definire il giudizio sia una questionepreliminare di merito o pregiudiziale di rito.

2.4. Risolvendo il contrasto di giurisprudenza denunciato dalla Prima se-zione civile di questa corte, può dunque enunciarsi il seguente principio di diritto:

« Lodo che decide parzialmente il merito della controversia, immediatamenteimpugnabile a norma dell’art. 827 comma 3 c.p.c, e sia quello di condanna genericaex art. 278 c.p.c. sia quello che decide una o alcune delle domande proposte senzadefinire l’intero giudizio, non essendo immediatamente impugnabili i lodi chedecidono questioni pregiudiziali o preliminari ». (Omissis).

La decisione degli arbitri sulla potestas iudicandi e la distinzione tra lodonon definitivo su questioni e lodo parziale secondo le Sezioni Unite.

1. L’impugnazione del lodo che non definisce integralmente il giu-dizio innanzi agli arbitri costituisce un argomento che da tempo affaticadottrina e giurisprudenza e sul quale numerosi sono i contrasti di opi-

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nione. Come noto, dopo la riforma del 1994 (1) si distingue tra lodoparziale e lodo non definitivo; il primo è il lodo che definisce parzialmenteil merito della controversia e il secondo è il lodo che risolve alcune dellequestioni insorte senza definire il giudizio arbitrale (2). Il terzo commadell’art. 827 c.p.c. fissa poi la regola, secondo la quale il lodo parziale èimmediatamente impugnabile, mentre quello non definitivo è impugnabilesolo insieme al lodo definitivo (3).

Anche nel processo ordinario vi è la distinzione tra sentenze definitivee non definitive (4): l’art. 279 c.p.c. detta la regola, secondo la quale la

(1) Il riferimento è alla legge n. 25 del 1994, che modificò l’art. 827, 2° co., c.p.c. rimastopoi immutato con la riforma del d.lgs. 40/2006. Anteriormente a questa riforma la giurispru-denza riteneva ammissibili tutti i lodi che non definivano interamente il giudizio, sia avessero adoggetto domande sia fossero risolutivi di semplici questioni; tutti però erano ritenuti nonimpugnabili separatamente dal lodo definitivo (per tutte Cass., S.u., 2 maggio 1997, n. 3829 inForo.it., 1997, I, 1751), salvo che l’arbitrato avesse ad oggetto più controversie su distinti edautonomi rapporti giuridici (cfr. Cass., 28 giugno 1994, n. 6206, in Giust. civ., 1995, I, 462); ladottrina, invece, revocava in dubbio l’ammissibilità dei lodi non definitivi su questioni, rite-nendo ammissibili solo quelli su domande (RUFFINI, La divisibilità del lodo arbitrale, Padova,1993, 237; MONTESANO, Sui lodi parziali di merito, in questa Rivista, 1994, 247; per unaricostruzione storico-sistematica, PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, Padova, 2012, II, 379e ss. che rimanda a CALAMANDREI, Questioni sull’ammissibilità dei lodi parziali e sulla loroimpugnazione, in Riv. dir. proc., 1948, II, 260).

(2) Sul tema, per una ricostruzione del dibattito, cfr. CIPRIANI, Sentenze non definitive ediritto di impugnare (a proposito dell’art. 827 c.p.c.), in questa Rivista, 1999, 225; CALIFANO, Ilsistema di impugnazione dei lodi non definitivi nella nuova disciplina dell’arbitrato, in questaRivista, 1995, 37; PUNZI, Disegno sistematico, cit., 382 e 499; nonché RUFFINI, La divisibilità dellodo arbitrale, cit., 249 e ss e 269 e ss.; ID., La divisibilità del giudizio arbitrale, in questa Rivista,1999, 437; MARZOCCO, sub art. 827 c.p.c., in Commentario del codice di procedura civile direttoda Comoglio - Consolo - Sassani - Vaccarella, Torino, 2014, 733 e ss.; RUFFINI e BOCCAGNA, subart. 827, in Commentario breve al diritto dell’arbitrato interno e internazionale, a cura diBenedettelli, Consolo, Radicati di Brozolo, Padova, 2010, 321; MARINUCCI, Note sul contrasto tralodo non definitivo e lodo definitivo nel giudizio di impugnazione per nullità, in questa Rivista,2013, 963.

(3) Le ragioni della attuale distinzione sono state lucidamente riassunte osservando chequando il lodo abbia deciso parzialmente il merito della controversia, la pronuncia grava laparte soccombente in modo più rilevante e decisivo, intaccando sul diritto in modo immediatoe definitivo, avendo attribuito uno dei beni in contesa; laddove, invece, il lodo abbia decisosolamente una questione, la pronuncia finale può sempre assorbirla, invertendo il segno diquella già pronunciata (così SALVANESCHI, Arbitrato, in Commentario del codice di proceduracivile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2014, sub art. 827, 850; ZUCCONI GALLI FONSECA, Sub art. 827c.p.c., in Arbitrato, Commentario diretto da Federico Carpi, Bologna, 2016, 802 e ss, alle qualisi rimanda per ulteriori riferimenti bibliografici). In sostanza, il lodo è parziale quando decideuna o più domande o uno o più capi di domanda; come tale è attributivo di un bene della vita,produce effetti giuridici nella sfera giuridica dei litiganti ed è idoneo ad essere messo inesecuzione in danno della parte soccombente; è non definitivo quando decida in senso nonostativo alla prosecuzione del giudizio una o più questioni preliminari di merito o pregiudizialidi rito, avendo come effetto quello di fissare la soluzione in vista del futuro lodo definitivo dimerito, impedendo un ripensamento agli arbitri (LUISO, Le impugnazioni del lodo dopo lariforma, in questa Rivista, 1995, 20; CALIFANO, Il sistema di impugnazione, cit., 41).

(4) Su questo tema, cfr. per tutti, DENTI, Sentenze non definitive su questioni preliminaridi merito e cosa giudicata, in Riv. dir. proc., 1969, 213 e ss.; ID., Ancora sull’efficacia delladecisione delle questioni preliminari di merito, ivi, 1970, 560; MONTESANO, Ancora su cumulo didomande e sentenze non definitive di merito, in Giust. civ., 1986, I, 2371; CERINO CANOVA, Sulcontenuto delle sentenze non definitive di merito, in Riv. dir. proc., 1971, 275.

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sentenza deve avere ad oggetto una pronuncia idonea a definire il pro-cesso; e tale pronuncia a sua volta verterà su una domanda o su unaquestione pregiudiziale di rito o preliminare di merito. I numeri 1, 2, 3 e5 dell’art. 279 c.p.c. individuano i casi in cui la questione definisce ilgiudizio e la sentenza è dunque definitiva o parziale, mentre il n. 4 delmedesimo articolo individua la sentenza non definitiva, poiché in questocaso la decisione, pur avendo ad oggetto le stesse questioni indicate ai nn.1, 2, 3 e 5 del medesimo articolo, non definisce il giudizio e ne dispone laprosecuzione (5).

In sede arbitrale l’ambito oggettivo dei lodi non definitivi è perdefinizione delimitato alle questioni pregiudiziali di rito e preliminari dimerito, poiché da tempo la dottrina ha sottolineato che il potere degliarbitri di decidere con lodo non definitivo sussiste solo quando analogopotere è riconosciuto al giudice (6).

Secondo l’opinione prevalente, la distinzione tra lodo parziale e lodonon definitivo corrisponde a quella tra domanda e questione; il lodoparziale è quello con il quale vengono decise una o più domande o uno opiù capi di domanda (come tali attributivi di un bene della vita), quandopronuncia su una causa pregiudiziale, quando decide su alcune delle causeconnesse per i soggetti, per il titolo o per l’oggetto. In sostanza, il lodo èparziale, e dunque immediatamente impugnabile, quando contiene unastatuizione che incide direttamente su diritti sostanziali delle parti (7),quando pronuncia solo su alcune delle domande cumulativamente propo-ste ovvero quando accerta l’esistenza del diritto a una prestazione ocontiene una pronuncia di condanna generica, accompagnata o meno dallaprovvisionale (8).

Non definitivo è il lodo con il quale vengono risolte una o piùquestioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito in senso non ostativoalla prosecuzione del giudizio arbitrale (9).

Si è detto che nella individuazione dei possibili contenuti dei lodi

(5) TARZIA - DANOVI, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2014, 275; sultema, con riferimento alla interpretazione del termine “questioni” cfr. anche CERINO CANOVA,Sul contenuto delle sentenze, cit., 275; Garbagnati, Questioni preliminari di merito e questionipregiudiziali, in Riv. dir. proc., 1976, 257; ID., Questioni pregiudiziali, in Enc. Dir., XXXVII,Milano, 1987, 69; da ultimo, qualche utile riflessione può anche essere rinvenuta in TURRONI, Lasentenza civile sul processo, Torino, 2006, passim.

(6) PUNZI, op. cit., 386 (nota 262).(7) ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 806, note 120, 121, 122 e 123 e ivi ulteriori riferimenti

bibliografici.(8) Contra però CAVALLINI, Condanne speciali e arbitrato rituale, in questa Rivista, 1996,

690 e ss. il quale qualifica come lodo non definitivo quello che pronuncia una condannagenerica.

(9) LUISO, op. cit., 13; ID., Intorno agli effetti dei lodi non definitivi o parzialmentedefinitivi, in questa Rivista, 1998, 594; DALFINO, Lodi non definitivi su questioni preliminari dimerito, in Il giusto processo, 2010, 318 e in AA.VV., Studi sull’arbitrato, Studi offerti a GiovanniVerde, Napoli, 2010, 303; FAZZALARI, La riforma dell’arbitrato, in questa Rivista, 1994, 10.

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parziali non vi è una completa uniformità di opinioni (10), residuando delle“zone di confine” (11), nelle quali regna l’incertezza e un significativocontrasto giurisprudenziale anche all’interno della Suprema Corte.

Ad esempio, in dottrina vi è incertezza sulla qualificazione del lodoche abbia rigettato l’eccezione di merito non rilevabile d’ufficio; alcuniritengono che si tratti di un lodo su questioni (12), altri di un lodo parzialesul rilievo che vi sono pronunce di merito che, pur non accogliendo orespingendo una domanda, vanno equiparate a quelle su domande (13);l’incertezza, e il relativo contrasto giurisprudenziale, è ancora più accesocon riferimento al lodo che abbia deciso in ordine alla potestas iudicandidegli arbitri, vale a dire il lodo con il quale gli arbitri dichiarino la lorocompetenza, risolvendo così la questione relativa alla validità ed efficaciadel patto di arbitrato (14). Di recente è stato autorevolmente sostenuto chein questo caso si avrebbe un lodo parziale, poiché la decisione degli arbitririsolverebbe una questione di merito relativa alla validità ed efficacia delpatto di arbitrato, attribuendo alla parte vincitrice lo specifico diritto diagire in arbitrato (15).

Nella giurisprudenza di legittimità, invece, vi sono stati mutamenti di

(10) Delicato è il tema della forma dei singoli provvedimenti in rapporto al lorocontenuto; e se dunque gli arbitri possano pronunciare ordinanza o lodo con una certa elasticità;per una ricostruzione del problema e per un esame delle soluzioni sostenute cfr. ZUCCONI GALLI

FONSECA, Sub art. 827 c.p.c., cit., 802 e ss.; GHIRGA, sub art. 816 bis c.p.c., in La nuova disciplinadell’arbitrato a cura di Menchini, Padova, 2010, 212; PUNZI, Disegno sistematico, cit., II, 71;RUFFINI, op. cit., 439; COMOGLIO, Lodo parziale e lodo non definitivo dopo l’ultima riforma, inRiv. dir. proc., 2009, 615.

(11) Il termine è di SALVANESCHI, Arbitrato, cit., 851.(12) CAVALLINI, Questioni preliminari di merito e lodo non definitivo nella riforma

dell’arbitrato, in Riv. dir. proc., 1995, 1140; ID., Condanne speciali e arbitrato rituale, cit., 690 ess. il quale qualifica come lodo non definitivo su questioni quello che pronuncia una condannagenerica; sul tema cfr. anche TRINCHI, Questioni aperte in tema di impugnabilità del lodo parzialenon definitivo avente ad oggetto la sola statuizione sull’an debeatur, in questa Rivista, 2004, 520.

(13) MONTESANO, Sui lodi parziali di merito, cit., 247 e ss.; TARZIA, sub art. 19 (art. 827 cod.proc. civ.), in Legge 5 gennaio 1994, n. 25, a cura di Tarzia, Luzzatto, Ricci, 539; contra PUNZI,op. cit., 390.

(14) Non vi è invece dubbio sul fatto che il lodo sia parziale e dunque immediatamenteimpugnabile qualora gli arbitri neghino la loro potestas judicandi e definiscano così il giudizio,in tutto o in parte.

(15) SALVANESCHI, op. cit., 852, sottolinea che, in queste ipotesi, chi rimane soccombenterispetto al lodo parziale perde il diritto di agire in via ordinaria e sul punto rimane pregiudicatoin via definitiva. La decisione di merito favorevole a chi pretendeva di rivolgersi al giudiceordinario, in quanto pronunciata dagli arbitri, apre alla controparte la strada a un sistema diimpugnazione che è e rimane diverso da quello che vi sarebbe stato a seguito di una decisionedeclinata in forza della potestas judicandi degli arbitri. In questa prospettiva il lodo attribuirebbea una delle parti uno specifico bene, cioè il riconoscimento del suo diritto di agire in una sedepiuttosto che nell’altra, diritto il cui accertamento potrebbe essere anche autonomo oggetto digiudizio. Altri, invece, (e, per tutti, da ultimo, ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 808; MARINUCCI,Note sul contrasto, cit., 967, ai quali si rimanda per ulteriori riferimenti bibliografici e giurispru-denziali) ritengono che il lodo non finale sulla potestas iudicandi (vale a dire la decisione cherespinga l’eccezione di carenza di potestas e consenta così al procedimento arbitrale diproseguire) potrebbe essere qualificato come lodo parziale solo se si ammettesse che il contrastosul punto sia possibile oggetto di domanda di merito e che quest’ultima sia stata formulata.

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opinione, che hanno generato quel contrasto che ha condotto alla pro-nuncia in commento. Da ultimo la Suprema Corte ha affermato che nellanozione di lodo parziale di merito rientrino le pronunce rese ai sensi degliartt. 277, 2° co., e 279, 2° co., n. 5 c.p.c., mentre nella nozione di lodo nondefinitivo su questioni rientrino quelle riconducibili all’art. 279, 2° co., n.4, c.p.c. (e cioè quelle aventi ad oggetto questioni preliminari di meritoche, in sede ordinaria, sono soggette alla disciplina delle sentenze nondefinitive (16)).

2. I problemi inerenti la qualificazione se un lodo sia parziale o nondefinitivo non attengono soltanto al suo contenuto; essi si riverberanoimmediatamente sulla scelta del regime di impugnazione. Si è già visto cheil lodo non definitivo è impugnabile soltanto unitamente al lodo definitivo,mentre quello parziale è immediatamente impugnabile; ma vari sono iproblemi conseguenti che la dottrina ha affrontato e che possono esseresinteticamente riassunti, da un lato, nel rilievo che il lodo non definitivonon necessita di alcuna riserva di impugnazione, non essendo ammissibilel’impugnazione immediata (17) e, dall’altro, in quello che il lodo parzialedeve essere immediatamente impugnato, se si condivide l’opinione (18),che a me pare preferibile, secondo la quale la riserva di impugnazione, nonessendo espressamente prevista, non è qui ammissibile (19).

A questi problemi si aggiungono, poi, quelli derivanti dal necessario

(16) In questo modo, si è sottolineato, viene introdotta una significativa differenza con ladisciplina del processo innanzi al giudice togato, poiché in quest’ultimo il regime dell’impugna-zione della sentenza non definitiva prescinde dal contenuto del provvedimento impugnato madal provvedimento di separazione delle cause e da quello di liquidazione delle spese, irrilevantiinvece in sede arbitrale; così ZUCCONI GALLI FONSECA, Sub art. 827 c.p.c., cit., 773 e ss.

(17) SALVANESCHI, op. cit., 853; ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 813; CONSOLO, Leimpugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012, 527. Sul tema cfr. anche CIPRIANI, Sentenzenon definitive e diritto di impugnare, cit., 225; PUNZI, Disegno, cit., II, 503; LUISO, Le impugna-zioni, cit., 19; DALFINO, Lodi non definitivi su questioni preliminari di merito, cit., 303 e ss.;soluzione peraltro a suo tempo criticata da CIPRIANI, op. cit., 244 e ss.

(18) PUNZI, op. cit., 502; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 526; CAVALLINI,Questioni, cit., 1155, nota 30; MONTESANO, Sui lodi parziali, cit., 252; RUFFINI, op. cit., 218; VERDE,Lineamenti di diritto dell’arbitrato, Torino, 2010, 188; questa è anche l’opinione prevalente ingiurisprudenza; da ultimo cfr.; Cass., 26 aprile 2012, 5634, in questa Rivista, 2014, 133, con notadi DEBERNARDI, Sull’impugnazione del lodo dichiarativo della competenza arbitrale; Cass, 26marzo 2012, n. 4790, in Giust. civ. Mass. 2012, 3, 400; Cass., 3 febbraio 2006, n. 2444, in Rep.Giur. it., voce “Arbitrato”, n. 143; Cass., 22 febbraio 2002, n. 2566, in questa Rivista, 2002, 691.

(19) Per l’opinione contraria, che ammette la riserva di impugnazione, cfr. LUISO, Leimpugnazioni del lodo, cit., 20; FAZZALARI, in BRIGUGLIO - FAZZALARI - MARENGO, La nuovadisciplina dell’arbitrato, Milano, 1994, 194 e ss.; ID., La riforma dell’arbitrato, in questa Rivista1994, 10; da ultimo ZUCCONI GALLI FONSECA, sub art. 827, in Arbitrato, a cura di Carpi, Bologna,2016, 817, che, pur in forma dubitativa, predilige la soluzione che ammette il differimentodell’impugnazione mediante riserva. CALIFANO, Le vicende del lodo: impugnazione e correzione,in Diritto dell’arbitrato, a cura di Verde, Torino 2005, 470 ritiene invece che l’impugnazioneimmediata sia meramente facoltativa, ma che la riserva d’impugnazione non sia necessaria perconsentire il differimento dell’impugnazione, nonché in termini simili VERDE, Lineamenti, cit.,187 e ss.

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coordinamento sia dell’impugnazione del lodo parziale con la prosecu-zione del giudizio arbitrale (20) sia dei rapporti tra il lodo parziale e lasentenza resa in sede di impugnazione (21) nonché quelli inerenti al profilodella stabilità del lodo nel prosieguo del giudizio (22).

Come ognun vede, dunque, molti sono i profili di assoluto rilievo, chesottolineano l’importanza del tema e inducono a porre attenzione alladecisione in commento.

3. Le Sezioni unite della Corte di Cassazione, con la sentenza quipubblicata, chiamate a pronunciarsi in funzione nomofilattica in presenzadi un profondo contrasto giurisprudenziale all’interno della prima sezionedella Suprema Corte (del quale danno atto, con ampio riferimento aiprecedenti), hanno affrontato due distinte questioni: (i) se il lodo siaimmediatamente impugnabile anche quando decida questioni pregiudi-ziali di rito o preliminari di merito (respingendole) ovvero solo quandodecida nel merito una domanda e (ii) se la questione della validità dellaconvenzione arbitrale, che fonda il potere decisorio degli arbitri, appar-tenga al merito della lite ovvero al rito e sia dunque oggetto di un lodoparziale o di un lodo non definitivo.

Le Sezioni Unite iniziano il loro ragionamento ricordando il proprio(recente) mutamento di indirizzo, in virtù del quale oggi all’arbitratorituale deve attribuirsi natura giurisdizionale e sostitutiva della funzionedel giudice ordinario e, di conseguenza, affermano che l’eccezione dicompromesso deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero delle ecce-zioni di rito; a sostegno, poi, la Corte ricorda che la qualificazione di unaquestione come di rito o di merito non dipende da “un’immutabile naturadelle cose bensì dalle diverse funzioni che la questione può assumereanche in ciascuna fase dello stesso giudizio” (23). Nel giudizio arbitrale la

(20) Sui quali cfr. PUNZI, Disegno sistematico, 502 e ss.; SALVANESCHI, op. cit., 858; ZUCCONI

GALLI FONSECA, op. cit., 815.(21) Sui quali già MONTESANO, Sui lodi parziali, cit., 253, TARZIA, sub art. 19, cit., 539;

PUNZI, op. cit., 503; e da ultimo, SALVANESCHI, op. cit., 859.(22) Secondo l’orientamento consolidato, infatti, il lodo non definitivo non sopravvive

nel caso in cui il procedimento arbitrale non giunga a conclusione e vi sia la pronuncia di un lododefinitivo o parziale (per tutti MONTESANO, op. ult. cit., 251); per una diversa opinione, a seguitodella riforma del 2006, DALFINO, op. cit., 321, il quale ritiene che il lodo non definitivo avrebbegli stessi effetti della sentenza non definitiva con tutte le conseguenza in punto rilevanza dellascelta tra lodo e ordinanza. Da ultimo sul tema ZUCCONI GALLI FONSECA, sub art. 827, cit., 821e nota 183 ove ulteriori riferimenti. In generale sul tema della sopravvivenza del lodo da ultimosi veda DE SANTIS, La reviviscenza del lodo dopo la cassazione della sentenza di annullamento,in Riv. dir. proc., 2016, 107.

(23) Le Sezioni Unite precisano che nella prospettiva del giudizio la stessa distinzione tranorma sostanziale e norma processuale è solo relativa: norma sostanziale è quella che funge dacriterio di giudizio, da regola di inferenza esibita a garanzia dell’argomentazione che ascrivedeterminate conseguenze giuridiche a un fatto; norma processuale è quella che regola l’attivitàdel giudice e delle parti nel processo. Sicché una stessa norma giuridica può venire indiscussione ora come regola di un’attività processuale, ora come criterio di giudizio.

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questione dell’invalidità, come dell’inesistenza, della clausola compromis-soria è funzionale all’accertamento di un error in procedendo, che viziauna decisione giurisdizionale, qual è il lodo; non vi è dunque dubbio,concludono le Sezioni Unite, sull’affermazione che la questione relativaalla esistenza o validità della convenzione di arbitrato, dalla quale sorge lapotestas iudicandi degli arbitri, debba essere qualificata come una que-stione pregiudiziale di rito.

Le Sezioni Unite affrontano poi il profilo della distinzione tra il lodoche, decidendo parzialmente il merito della controversia, è immediata-mente impugnabile e il lodo che, risolvendo alcune delle questioni insortesenza definire il giudizio arbitrale, non è immediatamente impugnabile.Sottolineando come la distinzione sia solo in parte sovrapponibile a quellatra sentenze definitive e non definitive ai sensi dell’art. 279 c.p.c., esseaffermano che la distinzione deve oggi essere effettuata sulla base delcriterio normativo fissato negli artt. 360, 3° co., c.p.c. e 361, 1° co., c.p.c.(come novellati dal d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40), a mente dei quali vi èimmediata ricorribilità per cassazione solo delle sentenze di condannagenerica ex art. 278 c.p.c. e delle sentenze che decidono una o alcune delledomande, senza definire l’intero giudizio. Sulla base di questa premessa leSezioni Unite ritengono irrilevante verificare se la questione risolta senzadefinire il giudizio sia una questione preliminare di merito o pregiudizialedi rito poiché — richiamando un proprio precedente (24) — per lodo chedecide parzialmente il merito della controversia deve intendersi sia quellodi condanna generica ex art. 278 c.p.c. sia quello che decida una o alcunedelle domande proposte senza definire l’intero giudizio.

4. Le Sezioni Unite hanno risolto in modo tranchant ogni questionecontroversa; rimosso ogni rilievo alla distinzione tra questioni pregiudi-ziali di rito e questioni preliminari di merito, esse affermano una unitarietàinterpretativa per tutte le decisioni che risolvano una questione senzadefinire il giudizio. Se ben intendo il ragionamento della Corte, ciò cherileva non è il contenuto della decisione (cioè ciò che essa decide) ma solose essa sia tale da definire in tutto o in parte il giudizio.

Prima di affrontare il contenuto della decisione delle Sezioni Unite,sia consentito svolgere due osservazioni preliminari.

La prima: la pronuncia in commento ha l’innegabile pregio di porreun punto fermo (25) su un tema che, come si è visto, costituiva da tempo

(24) Cass, S.U., 22 dicembre 2015, n. 25774, in Riv. dir. proc., 2016, 206, con nota diMARINUCCI, Le Sezioni Unite abbandonano la categoria delle sentenze d’appello “sostanzial-mente” non definitive.

(25) Almeno si spera, visto il contenuto del novellato art. 374 c.p.c., a mente del quale ledecisioni delle Sezioni Unite si impongono alle sezioni semplici, e dunque, sino a un non speratomutamento di indirizzo delle stesse sezioni unite, la regola fissata dovrebbe costituire jusreceptum per i prossimi anni.

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argomento di dibattito e soprattutto di incertezza per gli operatori deldiritto, avvocati, arbitri o giudici essi siano; e poiché da tempo si parla diuna giustizia efficiente, è ineliminabile sottolineare che una giustizia, peressere efficiente, deve anche essere prevedibile, poiché quest’ultimo è unvalore — come limpidamente messo in luce in un recente saggio (26) — delquale non si può fare a meno in una società moderna e di mercato. Sullabase di questa pronuncia, dunque, il lodo con il quale gli arbitri rigettinol’eccezione di propria incompetenza non sarà impugnabile immediata-mente bensì soltanto successivamente, unitamente al lodo con il quale essidecidano almeno una domanda; e identica sorte avrà il lodo che risolvauna questione, pregiudiziale di rito o preliminare di merito, rilevabiled’ufficio o su istanza di parte, in senso non ostativo alla prosecuzione delgiudizio.

Dal punto di vista della chiarezza dei principi e della certezza delregime giuridico da applicare è, senza dubbio, un valore positivo e dunqueun merito di questa decisione.

La seconda: la sentenza in commento appare un po’ sbrigativa escarsamente motivata, in particolare sulla distinzione tra lodo parziale elodo non definitivo; ricordato l’ampio dibattito che caratterizza iltema (27), una più ampia motivazione avrebbe consentito una maggiorechiarezza e la risoluzione, almeno dal punto di vista della giurisprudenza,dei molti profili che animano la discussione.

Detto ciò, occorre chiedersi se la sentenza sia anche convincente conriferimento al contenuto della scelta effettuata; e, a mio parere, la rispostaè positiva, pur con alcune osservazioni.

L’idea che la decisione sulla sussistenza della potestas iudicandi resadagli arbitri appartenga al novero delle questioni pregiudiziali di rito è deltutto coerente con la scelta del legislatore di qualificare come competenzail rapporto tra giudici privati e giudici togati; è noto l’ampio dibattitoesistito su questo profilo, dove un tempo la soluzione prevalente eraidentica a quella attuale (28), poi, per un lungo periodo — a seguito delrevirement della Suprema Corte a sezioni unite con la nota sentenza 3agosto 2000 n. 527 (29), che considerava l’arbitrato come un procedimentodi natura privatistica — il problema se una lite fosse devoluta agli arbitri

(26) IRTI, Un diritto incalcolabile, in Riv. dir. civ., 2015, 11; ID., Un diritto incalcolabile,Torino, 2016, passim.

(27) In allora il rapporto tra arbitrato e processo ordinario era ricompreso nella categoriadella competenza; per tutti Cass., 15 settembre 2000, n. 12175, in Giur. it., 2001, I, 1, 2035 connota di NELA, Arbitrato rituale e regolamento necessario di competenza.

(28) Come noto, la giurisprudenza considerava l’arbitrato una sorta di sostituto dellagiurisdizione ordinaria, alla quale il lodo era destinato a confluire in virtù del decreto diomologazione nonché della successiva, eventuale, impugnazione.

(29) In Giur. it., 2001, 1107 con mia nota Arbitrato irrituale e tutela cautelare: i solitiproblemi tra vecchie soluzioni e nuove prospettive; in Riv. dir. proc., 2001, 254 con nota di E.F.RICCI, La natura dell’arbitrato rituale e del relativo lodo: parlano le Sezioni Unite e in questa

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o al giudice togato dava luogo ad una questione preliminare di merito. Aseguito della riforma del 2006 (30) è ormai prevalente l’equiparazione dellaquestione relativa alla esistenza della potestas iudicandi ad una questionedi competenza (31), anche sulla base dell’osservazione che, ai sensi dell’art.818 ter c.p.c., la pronuncia del giudice che affermi o neghi la propriacompetenza in ragione di una convenzione di arbitrato, è impugnabile conil regolamento di competenza (32).

Orbene, la ricostruzione proposta dalle Sezioni unite può essereaccettata a patto che si superi — come a me pare si debba — l’idea chel’arbitrabilità della lite costituisca un autonomo bene della vita (33), seb-bene sia autonomamente tutelabile in giudizio, sia pure con i limiti fissatidall’art. 819 ter, u. co., c.p.c. A me pare, infatti, preferibile l’opinione,secondo la quale la qualifica di lodo parziale (e, dunque, la sua immediataimpugnabilità, che costituisce il vero valore in discussione) debba esserericonosciuta alle decisioni che incidono su un bene della vita di natura“reale” e non su un bene della vita di natura “processuale”, qualecertamente è quello del quale qui si discute (34).

Inoltre, non credo si possa attribuire valore decisivo al rilievo che, aisensi dell’art. 819 ter c.p.c., esso potrebbe talora costituire oggetto di unaautonoma domanda giudiziale. Mi pare infatti che debba essere qualificatocome lodo non definitivo quello che decida, respingendo, un’eccezione diprescrizione, sebbene si possa ritenere che potrebbe costituire oggetto diautonoma azione di accertamento (35).

Rivista, 2000, 699, con nota di FAZZALARI, Una svolta attesa in ordine alla natura dell’arbitratorituale. In dottrina, per tutti, PUNZI, Disegno sistematico, cit., II, 142.

(30) E del successivo mutamento di opinione delle Sezioni unite avvenuto con la notasentenza 25 ottobre 2013 n. 24153, in questa Rivista, 2015, 2, 307 con nota di BERGAMINI,Eccezione di patto per arbitrato estero: un nuovo revirement della Corte di cassazione tradisciplina interna e Convenzione di New York. In precedenza, in senso opposto, v. Cass. 25giugno 2002, n. 9289, in questa Rivista, 2002, 511 ss., con nota critica di BRIGUGLIO, nonché,parallelamente quanto all’accordo per arbitrato estero, Cass. 15 aprile 2003, n. 6349, in questaRivista, 2004, 39 ss., con nota critica di BRIGUGLIO.

(31) Sul punto cfr. SALVANESCHI, sub art. 817, cit., 554, che opera adeguate distinzioni trale due situazioni; G.F. RICCI, sub art. 819 ter c.p.c., in Arbitrato, cit., 620 e ss.; nonché BOVE,Ancora sui rapporti tra arbitro e giudice statale, in questa Rivista, 2007, 361.

(32) Molto controverso, invece, è il problema se la corrispondente pronuncia resa dagliarbitri ai sensi dell’art. 817 c.p.c. possa essere impugnata con il regolamento di competenza;prevale, a mio avviso giustamente, la tesi negativa in ragione della tassatività del mezzi diimpugnazione. Sul tema cfr. SALVANESCHI, sub art. 819 ter c.p.c., cit., 687; MENCHINI, Il controlloe la tutela della convenzione arbitrale, in questa Rivista, 2013, 386; G.F. RICCI, op. ult cit., 626; ingiurisprudenza, Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24153, in Foro it., 2013, I, 3407.

(33) Questa è la posizione di SALVANESCHI, op. cit., sub art. 817, 574 e 588 e ss.; ma per uncenno in tal senso vedi già CONSOLO, Litispendenza e connessione tra arbitrato e giudizioordinario (evoluzione e problemi irrisolti), in questa Rivista, 1998, 672, par. 7; si veda ancheCOMOGLIO, Lodo parziale, cit., 610.

(34) ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 810.(35) La prescrizione è un mero fatto estintivo del diritto e non può costituire idoneo e

autonomo oggetto di un giudizio, dovendo quest’ultimo avere ad oggetto sempre un diritto; sipotrà, se mai, agire per l’accertamento negativo della sussistenza del diritto (così già LIEBMAN,

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Inoltre, la scelta operata con la decisione in commento è, a mioavviso, coerente sul piano dei principi e dei valori. Non vi è dubbio chel’immediata impugnazione del lodo degli arbitri che non abbia definito ilgiudizio costituisce un profilo di rilevante complicazione del processoarbitrale; e l’idea di circoscriverne le ipotesi mi pare dunque condivisibile.Né questa scelta costituisce una particolare lesione o un particolareaggravio dei diritti difensivi della parte soccombente sul punto, che al piùsi vedrà costretta a differire le proprie censure.

Sul secondo punto al loro esame le Sezioni unite lapidariamenteaffermano che la distinzione tra lodo parziale e lodo non definitivoavrebbe un criterio normativo di riferimento nei novellati artt. 360, 3° co.,c.p.c. e 361 1° co., c.p.c., che, come noto, disciplinano la ricorribilità percassazione nei confronti delle sentenze non definitive e di quelle par-ziali (36). L’affermazione che la distinzione tra lodo parziale e lodo nondefinitivo sia ricavabile da quella contenuta negli artt. 360, 3° co., e 361, 1°co., c.p.c. non mi convince appieno. In primo luogo, come autorevoledottrina ha da tempo posto in luce, la disciplina dei lodi deve essere tenutadistinta, sul piano dei concetti, da quella delle sentenze (37). In secondoluogo, le norme richiamate disciplinano l’impugnazione per cassazionedelle sentenze parziali e non definitive rese in sede di gravame, mentresignificativamente diversa rimane la regola che governa l’appellabilitàdelle sentenze parziali o non definitive di primo grado (38). In assenza diuna disciplina unitaria, ricavare il criterio da quello relativo alla ricorri-bilità per cassazione mi pare debba essere oggetto di riflessione (e, credo,di una motivazione un po’ più estesa), ancor più se in riferimento all’im-pugnazione per nullità, che è rivolta alla corte d’appello e non al giudicedi legittimità.

In conseguenza di questa affermazione la Corte trae l’irrilevanza delladistinzione tra questioni preliminari di merito e pregiudiziali di rito,

Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 2012, 142); sul tema dell’azione di accertamentonegativo per tutti cfr. ROMANO, L’azione di accertamento negativo, Napoli, 2006, passim. Conriferimento all’arbitrato, il tema, come è noto, è controverso in dottrina: MONTESANO, op. cit.,250 sosteneva infatti che debba essere qualificato lodo parziale quello che decida una questionepreliminare di merito avente ad oggetto un’eccezione di merito in senso proprio (quale appuntoè la prescrizione). Preferibile, mi pare, la tesi avversa (LUISO, L’oggetto del processo arbitrale, inquesta Rivista, 1996, 677; RUFFINI, op. cit., 443) che sottolinea che l’imposizione dell’immediataimpugnazione del lodo su una questione preliminare di merito costringe la corte d’appello adaffrontare una controversia che in sede giurisdizionale non potrebbe essere dedotta in viaautonoma.

(36) A sostegno la pronuncia in commento richiama la propria precedente decisione n.25774 del 22 dicembre 2015 resa in tema di non ricorribilità in cassazione delle sentenze che nondefiniscono nemmeno in parte un giudizio (citata alla nota 24 che precede).

(37) PUNZI, Disegno sistematico, cit., II, 386; MONTESANO, Sui lodi, cit., 248; RUFFINI, Ladivisibilità, cit., 439; DALFINO, Lodi non definitivi su questioni preliminari di merito, cit., 303 e ss.;da ultimo, ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 809.

(38) Per tutti, MANDRIOLI - CARRATTA, Diritto processuale civile, XXV edizione, Torino2016, vol. II, 559 e nota 54 per ulteriori riferimenti.

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poiché è immediatamente impugnabile sia il lodo di condanna generica siail lodo che decida una o alcune delle domande proposte senza definirel’intero giudizio. Si è già detto della mancata adeguata motivazione suquesto punto; e dalla lettura del principio così affermato mi pare si debbaricavare che vengano travolti, quanto meno dal punto di vista del dirittogiurisprudenziale vivente, i dubbi avanzati dalla dottrina e prima ricordati.Quale sia la natura e l’oggetto della decisione degli arbitri, essa nonintegrerà mai un lodo parziale (e non sarà dunque immediatamenteimpugnabile) ogniqualvolta non definisca in tutto o in parte il giudizio oalmeno una domanda in esso proposta; sicché, ad esempio, la decisionedegli arbitri che rigetti l’eccezione di prescrizione (39) e disponga per laprosecuzione del giudizio non sarà autonomamente impugnabile. Se nonaltro, oggi la regola è chiara.

Il principio di diritto pronunciato dalla Corte vuole dunque affermareche il lodo non definitivo è quello che ha una natura endoprocessuale,poiché non chiude il processo innanzi all’organo che l’ha pronunciato e alquale si accompagna un’ordinanza destinata a fissare la prosecuzione delgiudizio innanzi al medesimo organo, in vista della pronuncia del lododefinitivo (o, almeno, parziale) che decida su un bene della vita. Ilprincipio, che si pone in assonanza con quanto le stesse Sezioni Unitehanno recentemente deciso con riferimento alla sentenza del giudiced’appello resa ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c. (40), va dunque accoltocon favore.

GUIDO CANALE

(39) Cfr. nota 35.(40) Cass., S.U., 22 dicembre 2015, n. 25774, in Riv. dir. proc., 2016, 206, con nota di

MARINUCCI, Le Sezioni Unite, cit.

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CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI civile, ordinanza 14 ottobre 2016, n. 20880;MANNA Pres.; ABETE Est.; DEL CORE P.M.; Vittoria S.p.a. e Vittoria IndustriesNord America Inc. c. Northwave S.r.l.

Convenzione di arbitrato - Interpretazione - Presenza nello stesso contratto diclausola sul foro competente - Conseguenze.

Il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri non comporta unaderoga alla giurisdizione del giudice naturale così come prevista dalla Costituzione(art. 24 e 25 Cost.) atteso che la giustizia arbitrale e la giustizia pubblica rappre-sentano, all’interno dell’ordinamento, due forme di giurisdizione pienamente equi-pollenti e sostituibili. Ne consegue che, in caso di compresenza all’interno delmedesimo contratto di una clausola compromissoria e di una clausola di elezionedel foro, la volontà delle parti circa la modalità di risoluzione delle future contro-versie dovrà essere ricercata facendo applicazione dei tradizionali criteri d’interpre-tazione del contratto (artt. 1362 c.c. e ss.), senza che in tale operazione ermeneuticasia riservato alcun favor, in caso di dubbio, alla giurisdizione statale, avendo anzi lanovella del 2006 immesso nel sistema un vero e proprio favor arbitrati.

Se in un contratto le parti hanno stabilito, quale modalità di risoluzione difuture controversie, in primo luogo la via arbitrale, ed in secondo luogo la via dellagiurisdizione ordinaria, inserendo all’interno del medesimo una clausola compro-missoria così come una clausola derogativa del foro, si deve concludere, in appli-cazione degli artt. 1363 e 1367 c.c., che le parti abbiano scelto la via arbitrale come“via maestra”, da seguire preferibilmente, ed abbiano invece escluso la facoltà per leparti di scegliere indifferentemente tra l’una e l’altra via.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — Con atto notificato il 4.9.2013 “Northwave” s.r.l.citava a comparire innanzi al Tribunale di Treviso “Vittoria” s.p.a. nonché“Vittoria Industries Nord America” inc.

Esponeva che aveva stipulato con “Vittoria Industries Nord America” in data(Omissis) contratto di distribuzione esclusiva per il (Omissis) e per gli (Omissis) diprodotti per il ciclismo e per lo snowbord da essa attrice prodotti; che la convenuta“Vittoria Industries Nord America”, limitatamente ai prodotti per lo snowbord erelativamente agli anni (Omissis), non aveva acquistato i quantitativi minimi dimerce stabiliti all’art. 7 del contratto e si era resa in tal guisa inadempiente ai sensidell’art. 25 del medesimo contratto, cagionandone ipso iure la risoluzione.

Chiedeva accertarsi e dichiararsi l’intervenuta risoluzione del contratto perfatto e colpa di “Vittoria Industries Nord America” e condannarsi in solido leconvenute a risarcire il danno arrecatole con gli interessi.

Si costituivano le convenute.Chiedevano in via preliminare, dichiararsi l’incompetenza del giudice adito

e/o l’inammissibilità o improcedibilità dell’avversa domanda in ragione dellaclausola compromissoria di cui all’art. 29 del contratto, nel merito, instavano peril rigetto ed, in riconvenzionale, per la condanna di “Northwave” al risarcimentodel danno.

Con sentenza non definitiva dei 27.7/4.9.2015 il Tribunale di Treviso rigettaval’eccezione di incompetenza, dichiarava risolto il contratto con effetto dal

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12.6.2013 per fatto e colpa di “Vittoria Industries Nord America” e disponeva peril prosieguo istruttorio come da separata ordinanza.

Esplicitava il tribunale, per quel che rileva in questa sede, che la clausola dicui all’art. 29 del contratto, “così come formulata contiene sia una convenzione diarbitrato e sia la indicazione della competenza giurisdizionale di un determinatoforo” (così sentenza, pag. 5), sicché poneva “senz’altro un dubbio sulla effettivavolontà delle parti di deferire la causa agli arbitri” (così sentenza, pag. 5); che alcospetto di tale dubbio doveva preferirsi l’interpretazione atta ad affermare lagiurisdizione statuale.

Esplicitava ulteriormente che doveva disconoscersi che l’art. 808 quater c.p.c.,avesse introdotto il principio della prevalenza della competenza arbitrale, attesoche siffatta disposizione “si riferisce all’estensione, alla ampiezza della conven-zione di arbitrato, una volta che questa convenzione possa ritenersi corrispondentealla effettiva volontà delle parti di ricorrere allo strumento arbitrale” (così sen-tenza, pag. 6); che conseguentemente l’ambigua formulazione della clausola com-promissoria non escludeva la facoltà delle parti di ricorrere all’autorità giudiziariaordinaria.

Avverso tale sentenza “Vittoria” s.p.a. e “Vittoria Industries Nord America”inc. hanno proposto ricorso per regolamento facoltativo di competenza; hannochiesto dichiararsi l’incompetenza del Tribunale di Treviso, per esser la contro-versia demandata alla cognizione arbitrale, e per l’effetto cassarsi la sentenzaimpugnata con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese.

“Northwave” s.r.l. ha depositato scrittura difensiva ex art. 47 c.p.c., u.c.; hachiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favoredelle spese.

Il Pubblico Ministero, giusta la previsione dell’art. 380 ter c.p.c., ha formulatoconclusioni scritte.

“Vittoria” s.p.a. e “Vittoria Industries Nord America” inc. hanno depositatomemoria ex art. 380 ter c.p.c., comma 2.

“Northwave” s.r.l. del pari ha depositato memoria ex art. 380 ter c.p.c., com-ma 2.

Col ricorso a questa Corte di legittimità “Vittoria” s.p.a. e “Vittoria Indu-stries Nord America” inc. deducono quanto segue.

In primo luogo che, alla stregua della più recente elaborazione giurispruden-ziale costituzionale e di legittimità, è del tutto ingiustificato, giacché in violazionedell’art. 808 quater c.p.c., in connessione con gli artt. 24 e 25 Cost., ritenere,siccome ha ritenuto il Tribunale di Treviso, che “il deferimento di una controversiaal giudizio degli arbitri importi una deroga alla giurisdizione del giudice naturale(...) e (...) che il giudizio arbitrale non presenti garanzie analoghe a quelle delprocedimento dinanzi al giudice statale” (così ricorso, pag. 21).

In secondo luogo che comunemente i contratti commerciali internazionali“affiancano, alla clausola compromissoria, anche l’indicazione di un foro compe-tente per tutte quelle controversie non compromettibili oppure per l’ottenimentodi tutte quelle misure non emanabili da un collegio arbitrale” (così ricorso, pag.22); che in questi termini è del tutto ingiustificato, giacché in violazione dei criteriermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., ed in pari tempo del tutto incongruoreputare, siccome ha reputato il Tribunale di Treviso, che la coesistenza nel testodell’art. 29 del contratto della clausola compromissoria e dell’indicazione del

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Tribunale di Treviso quale foro competente, renda dubbia la volontà delle parti;che viceversa il tenore dell’art. 29 è tale da rendere palese ed indubbia la volontàcompromissoria; che anzi la competenza del Tribunale di Treviso è prefiguratasolo marginalmente, sicché si sarebbe al più giustificato il dubbio circa la volontàdelle parti di mantenere impregiudicata la competenza del Tribunale di Treviso.

In terzo luogo che neppure è da condividere il corollario che il tribunale hainteso desumere dal presupposto dell’asserita ambiguità della clausola, “vale a direla facoltà delle parti di adire alternativamente, e per tutte le controversie nascentidal contratto, l’autorità giudiziaria ordinaria o l’arbitrato” (così ricorso, pag. 25);che invero, “essendo stata accertata la corrispondenza della clausola compromis-soria alla volontà delle parti” (così ricorso, pag. 26), in applicazione dell’art. 808quater c.p.c., la clausola compromissoria avrebbe dovuto essere interpretata esten-sivamente, siccome riferita a tutte le controversie nascenti dal contratto, sicché“concludere per l’equipollenza (..) della clausola arbitrale e di quella elettiva delForo di Treviso (...) significa di fatto disapplicare l’art. 808 quater c.p.c.” (cosìricorso, pag. 27), oltre che patrocinare una soluzione ermeneutica del tutto illogica.

Il ricorso per regolamento di competenza è fondato e va accolto.Si premette che l’indagine sulla portata di una clausola compromissoria, ai fini

della risoluzione di una questione di competenza, rientra nei poteri della Corte diCassazione che, in tale materia, è anche giudice di fatto (cfr. Cass. (ord.) 30.92015,n. 19546).

Si premette al contempo che, in tema di interpretazione di una clausolaarbitrale, l’accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto delnegozio si traduce in un’indagine di fatto affidata, sì, in via esclusiva al giudice dimerito; tuttavia siffatto accertamento è censurabile in sede di legittimità nel casoin cui la motivazione sia inadeguata in forma tale da non consentire la ricostru-zione dell’“iter” logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’attonegoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione di normeermeneutiche (cfr. Cass. (ord.) 27.3.2012, n. 4919).

Su tali premesse si evidenzia quanto segue.Per un verso, che la res litigiosa de qua agitur si connota per la presenza di due

clausole, l’una, all’art. 29, comma 1 (“tutte le controversie che dovessero sorgerein relazione al presente contratto verranno definitivamente decise (...) da unCollegio composto da tre arbitri (...)”), “che deferisce la competenza ad arbitri”(così memoria ex art. 47 c.p.c., u.c., pag. 11), l’altra, all’art. 29, comma 2 (“ilTribunale competente avente giurisdizione è quello di Treviso”), che prefigura lacompetenza del Tribunale di Treviso.

Per altro verso, che, in tema di interpretazione delle clausole contrattuali, aisensi dell’art. 1362 c.c., comma 1 e art. 1363 c.c., il giudice non può limitarsi ad unaconsiderazione atomistica delle singole clausole, pur ove le une e le altre possanoapparire rappresentative d’una manifestazione di volontà di senso compiuto, madeve procedere secondo un “iter” che, partendo dall’accertamento del sensoletterale di ciascuna, questo poi verifichi nel confronto reciproco e, infine, armo-nizzi razionalmente nella valutazione unitaria dell’atto (cfr. Cass. 14.11.2002, n.16022; cfr. Cass. 11.6.1999, n. 5747, secondo cui, in tema di interpretazione delcontratto, anche quando l’interpretazione di ciascuna delle clausole che concor-rono alla formazione del testo negoziale è compiuta sulla base del “senso letteraledelle parole” e conduca a risultati di certezza, il giudice è tenuto ad applicare il

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criterio dell’interpretazione sistematica, posto dall’art. 1363 c.c., riferendo le varieespressioni adoperate all’intero testo in modo da ricavarne il senso complessivo enel contempo intendere la singola espressione in funzione del testo, di cui è parteintegrante).

Per altro verso ancora, che il principio di conservazione del contratto ex art.1367 c.c., non comporta solo che esso — o le sue singole clausole — venganointerpretate nel senso in cui possano avere un qualche effetto, ma richiede che ilcontratto non risulti neppure in parte frustrato e che la sua efficacia potenziale nonsubisca alcuna limitazione (cfr. Cass. 1.9.1997, n. 8301).

Alla luce dell’operato riscontro e degli enunciati principi si reputa quantosegue.

Innanzitutto, che il tenore letterale della previsione dell’art. 29, comma 1 delcontratto rende patente ed incontrovertibile la volontà compromissoria dei con-traenti.

Altresì, nel segno di un’esegesi combinata dell’art. 29, commi 1 e 2, cheambisca ad armonizzare razionalmente le reciproche previsioni, che appare ragio-nevole e plausibile opinare nel senso — patrocinato dalle ricorrenti — che “lamenzione del Tribunale di Treviso quale Foro dotato di competenza (art. 29.2) (...)non è incompatibile con l’espressa volontà delle parti di deferire qualsiasi contro-versia in arbitri, dato che con l’art. 29, comma 2, non si fa altro che esplicitare lacompetenza del tribunale ordinario per tutte quelle controversie non compromet-tibili o, ancora, per l’ottenimento di tutte quelle misure non emanabili da uncollegio arbitrale (si pensi alla materia cautelare o all’istruzione preventiva” (cosìricorso, pag. 6).

Inoltre, nel segno dell’art. 1367 c.c., che l’opzione ermeneutica patrocinatadalla resistente, secondo cui “le parti hanno inteso attribuirsi la facoltà di sceglierese sottoporre le eventuali controversie nascenti dal contratto agli arbitri oppure alTribunale ordinario” (così memoria ex art. 47 c.p.c., u.c., pag. 14), frustra e svuotadi significato la volontà compromissoria categoricamente palesata dell’art. 29,comma 1.

Più esattamente, che l’asserita facoltà delle parti “di scegliere l’una o l’altravia” (così memoria ex art. 47 c.p.c., u.c., pag. 15), pur ancorata ai rilievi per cui“non meno indubbia è però anche la presenza della clausola derogativa del foro”(così memoria ex art. 47 c.p.c., u.c., pag. 17) e per cui “è la legge stessa che vietaagli arbitri di emettere misure cautelari e di effettuare procedimenti di istruzionepreventiva” (così memoria ex art. 47 c.p.c., u.c., pag. 18), degraderebbe comunquea mera variabile la “via” arbitrale, “via” arbitrale che, viceversa, la prefigurazionenell’incipit, dell’art. 29, al comma 1, esplicita ed addita quale “via maestra”.

Di conseguenza, che la previsione dello stesso art. 29, comma 2, non può che“testimoniare”, seppur in prospettiva meramente dichiarativa rispetto all’assettolegislativo e nondimeno nei termini dell’ottimale “armonizzazione” delle duedisposizioni, la perdurante iurisdictio statuale limitatamente agli ambiti istituzio-nalmente sottratti alla giurisdizione arbitrale.

Infine, che all’esito della novella di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 —applicabile ratione temporis al caso di specie — di certo non può esser recepital’argomentazione del Tribunale di Treviso secondo cui “il deferimento di unacontroversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione delgiudice naturale così come prevista dalla Costituzione” (così sentenza, pag. 5).

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Propriamente, che va condivisa al riguardo la prospettazione delle ricorrentisecondo cui l’arbitrato è da considerare come “ormai completamente equiparatoalla giustizia pubblica e non (...) più (...) quale deroga alla stessa avente naturaeccezionale” (così ricorso, pag. 15), espressione di una facoltà “tutelata a livellocostituzionale” (così ricorso, pag. 20). E, dunque, che va recepito il rilievo delpubblico ministero secondo cui in aderenza all’orientamento della disciplina“comunitaria” la novella n. 40 del 2006 ha immesso nel sistema “interno” un veroe proprio favor arbitrati: “la giurisdizione degli arbitri non è più un’eccezione o unaderoga rispetto alla giurisdizione statale, ma un rimedio a questa perfettamentealternativo”.

Il buon esito dell’esperito ricorso per regolamento di competenza impone, daun canto, la declaratoria della competenza arbitrale, dall’altro, la cassazionedell’impugnata sentenza. Le significative ed extra ordinem difficoltà in ogni casoriscontrate in sede e ai fini della puntuale “ricostruzione” della volontà delle partiinducono, pur nel segno della formulazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, applicabileratione temporis al caso di specie (ovvero della formulazione successiva allanovella di cui alla L. n. 69 del 2009, applicabile ai procedimenti instauratisuccessivamente al 4.7.2009), a compensare integralmente tra le parti le spese e delpresente giudizio di legittimità e del giudizio celebratosi innanzi al Tribunale diTreviso.

Il ricorso è da accogliere; non sussistono, pertanto, i presupposti perché, aisensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quaterintrodotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), i ricorrenti sianotenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quellodovuto per la stessa impugnazione a norma dell’art. 13, comma 1 bis del medesimoD.P.R.

La coesistenza nel medesimo contratto di una clausola compromissoria edi una clausola di elezione del foro al vaglio della Corte di Cassazione.

1. Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte affronta, per laprima volta in tempi recenti, la questione della compresenza nel mede-simo contratto di una clausola compromissoria e di una clausola dielezione del foro. La pronuncia, pur soffermandosi sui principi di inter-pretazione sistematica delle clausole contrattuali di cui all’art. 1363 c.c. edi conservazione del contratto di cui all’art. 1367 c.c., opta per un’inter-pretazione letterale “che ambisca ad armonizzare razionalmente le reci-proche previsioni”; il che la conduce a ritenere che la coesistenza delle dueclausole non dia luogo ad un’ambiguità o ad un contrasto, ma sia anzicompatibile con una chiara ed incontrovertibile manifestazione dellavolontà delle parti di compromettere in arbitri ogni loro futura contro-versia.

Sotteso a tale soluzione vi è il principio — frutto dell’evoluzioneintervenuta a seguito delle riforme dell’arbitrato del 1994 e del 2006 — percui la convenzione d’arbitrato non ha alcuna connotazione eccezionale,

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negativa e derogatoria della giurisdizione ordinaria. Nonostante il ri-chiamo di tale principio, forse manca nell’ordinanza in commento unacompiuta, o quanto meno esplicita, valorizzazione delle recenti sentenzedella Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite che hanno affermato unaconcezione dell’arbitrato come possibilità di un giudizio che è in rapportodi sostituibilità rispetto a quello che può svolgersi davanti ai giudici statali.

2. La vicenda decisa dalla Corte di Cassazione trae origine da uncontratto tra un’impresa italiana e la subsidiary statunitense di altraimpresa italiana, relativo alla distribuzione esclusiva in Canada e negliUSA dei prodotti sportivi fabbricati dalla prima. Più in particolare,l’accordo concerneva la distribuzione di due categorie merceologiche(prodotti per ciclismo e per snowboard), e prevedeva per ciascuna di essedei quantitativi minimi di acquisto, il mancato raggiungimento dei qualiconferiva al produttore la facoltà di risolvere ipso iure il contratto.Avvalsosi di tale facoltà, il produttore in questione adiva però successi-vamente il Tribunale di Treviso affinché questo accertasse e dichiarasse larisoluzione del contratto per fatto e colpa del distributore, nonché l’ina-dempimento dello stesso, e per l’effetto condannasse in solido le conve-nute (la controllante italiana, quale garante del distributore statunitense)a risarcirgli ex art. 1223 c.c. i danni asseritamente patiti, quantificati in unasomma pari al margine che il produttore stesso avrebbe conseguito se iquantitativi minimi di acquisto dei prodotti per snowboard fossero statiraggiunti.

Le convenute si costituivano eccependo preliminarmente l’incompe-tenza del Tribunale di Treviso in ragione della clausola compromissoria dicui all’art. 29 del contratto e svolgendo, in via subordinata, difese nelmerito (eccependo, tra l’altro, l’inadempimento dell’attrice e formulandouna domanda riconvenzionale di risarcimento del danno subito dal distri-butore).

Con ordinanza depositata il 14 aprile 2014 il Giudice riteneva che laclausola compromissoria ponesse dubbi interpretativi circa la sua portata,vista la compresenza di una clausola di deroga del foro, e di dover seguireun orientamento restrittivo circa l’interpretazione della clausola compro-missoria e favorevole alla competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria;disponeva quindi la prosecuzione del processo. Le convenute deposita-vano così un’istanza di revoca ex art. 177 co. 2 c.p.c. dell’ordinanza inquestione e, dopo lo scambio di scritti difensivi, con una seconda ordi-nanza del 6 giugno 2014 il Tribunale, ritenendo di dover decidere sullaquestione con pronuncia idonea ad acquistare efficacia di giudicato, rin-viava la causa per la precisazione delle conclusioni.

Con sentenza n. 1953/2015, resa pubblica il 4 settembre 2015, ilTribunale di Treviso respingeva l’eccezione di compromesso. Il Tribunale,

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partendo dal presupposto che la clausola 29 del contratto fosse dubbia oambigua, nonché dall’ulteriore presupposto che “il deferimento di unacontroversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizionedel giudice naturale così come prevista dalla Costituzione (art. 24 e 25Cost.)”, perveniva alla conclusione che “in caso di dubbio in ordine allavolontà delle parti di compromettere le controversie derivanti dal contrattoin arbitri, deve preferirsi un’interpretazione affermativa della giurisdizionestatuale”. Ad avviso del Giudice a quo, poi, l’art. 808-quater c.p.c. nonintrodurrebbe affatto il principio della prevalenza della competenza arbi-trale rispetto alla competenza giurisdizionale, in quanto tale norma siriferirebbe solo “... all’estensione, all’ampiezza della convenzione d’arbi-trato una volta che questa convenzione possa ritenersi corrispondente allaeffettiva volontà delle parti di ricorrere allo strumento arbitrale”. La sen-tenza impugnata concludeva quindi affermando che l’ambigua formula-zione della clausola 29 del contratto “non esclude la facoltà delle parti diricorrere all’Autorità Giudiziaria Ordinaria”; in definitiva, dunque, se-condo il Tribunale di Treviso, nella fattispecie oggetto di causa le partiavevano la facoltà di scegliere a propria discrezione, per la risoluzione ditutte le controversie nascenti dal contratto, se adire l’autorità giudiziariaordinaria oppure ricorrere all’arbitrato.

Avverso tale sentenza le convenute proponevano ricorso per regola-mento facoltativo di competenza, deducendo la violazione e falsa appli-cazione: degli artt. 24 e 25 Cost. in connessione con l’art. 808-quater c.p.c.;del principio “in claris non fit interpretatio”, nonché la contraddittoriamotivazione in relazione alla questione del carattere dubbio o ambiguodell’art. 29 del contratto; dell’art. 808-quater c.p.c. e dei criteri ermeneuticidi cui agli artt. 1362 e ss. c.p.c., nonché la contraddittoria motivazione inordine all’estensione dello stesso art. 808-quater c.p.c.

3. L’iter argomentativo dell’ordinanza in commento prende, impli-citamente, le mosse dall’opinione consolidata (1) per cui alla convenzioned’arbitrato siano applicabili i criteri interpretativi che valgono per icontratti in generale, dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c.

Benché ad essere citati per primi siano il principio di interpretazionesistematica di cui all’art. 1363 c.c., che vieta di leggere una clausola inmodo avulso dal suo contesto negoziale, e il principio di conservazionedelle clausole contrattuali (e del contratto in generale) dettato dall’art.1367 c.c., per cui le previsioni contrattuali devono essere interpretate inmodo tale da poter avere qualche effetto (2), la Corte in realtà ha

(1) Cfr. ZUCCONI GALLI FONSECA, in CARPI, Arbitrato, 2008, 187.(2) Come peraltro la dottrina ha evidenziato, sono “del tutto coerenti, ed in certa misura

tra loro sovrapponibili, le norme sull’interpretazione recate dagli artt. 1365 e 1367 c.c. e808-quater c.p.c. La loro congiunta applicazione conduce, infatti, al medesimo risultato di

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principalmente valorizzato “il tenore letterale della previsione dell’art.29.1 del contratto”, che rende “patente ed incontrovertibile la volontàcompromissoria dei contraenti”.

Così argomentando, la Corte di Cassazione ha in sostanza disatteso latesi del Tribunale di Treviso secondo cui la coesistenza, nell’ambito dellostesso contratto, della convenzione d’arbitrato e dell’elezione di un datoforo quale competente, ponga automaticamente un dubbio interpretativocirca il significato della clausola compromissoria. Al contrario, secondo laCorte, “la menzione del Tribunale di Treviso quale Foro dotato dicompetenza non è incompatibile con l’espressa volontà delle parti dideferire qualsiasi controversia in arbitri”.

Simili formulazioni delle clausole di risoluzione delle controversie,peraltro, non sono rare nella prassi dei contratti commerciali internazio-nali, che tende a una regolamentazione il più possibile completa delrapporto e dove quindi talvolta si affianca alla clausola compromissoriaanche l’indicazione di un foro competente per tutte quelle controversienon compromettibili, oppure per l’ottenimento di tutte quelle misure nonemanabili dagli arbitri (si pensi alla materia cautelare e all’istruzionepreventiva). Così facendo, i contraenti intendono regolamentare in modocompiuto ed esplicito — pur, come osserva la Corte, “in prospettivameramente dichiarativa rispetto all’assetto legislativo” — anche quegliaspetti delle controversie che esulano, di per sé, dalla potestas iudicandidegli arbitri.

L’approccio adottato dalla Corte ha come naturale corollario che lacompetenza arbitrale vada intesa, pur in mancanza di un’espressa indica-zione al riguardo, come esclusiva; come osservato in dottrina, infatti, “lenorme sia nazionali che internazionali in materia di arbitrato tendono adare per scontato che l’accordo delle parti di sottoporre una controversiaesistente o eventuali controversie future ad arbitrato (...) implichi — anchein assenza di un’espressa previsione in tal senso — l’attribuzione agli arbitridi una competenza esclusiva, sottraendo la controversia alla giurisdizioneordinaria” (3).

Coerentemente con tali premesse, la Corte ha concluso che ricono-scere al Tribunale di Treviso una competenza a conoscere della contro-versia concorrente rispetto a quella arbitrale, come ritenuto dallo stessoTribunale, equivarrebbe a “frustra[re] e svuota[re] di significato la volontàcompromissoria categoricamente palesata” dalle parti. Se veramente le

comprendere nell’oggetto della convenzione d’arbitrato tutte le controversie che derivano dalcontratto o dal rapporto cui si riferisce e di interpretare la clausola nel senso in cui possa averequalche effetto, anziché in quello in cui non ne avrebbero alcuno”. CONFORTINI, in ALPA eVIGORITI (curr.), Arbitrato. Profili di diritto sostanziale e di diritto processuale, 2013, 730.

(3) BORTOLOTTI, Manuale di diritto commerciale internazionale, vol. I, Diritto dei contrattiinternazionali, Padova, 2001, 416.

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parti avessero voluto attribuire all’ipotetico attore la facoltà di sceglieretra giudice ordinario ed arbitri, del resto, avrebbero potuto e dovutoesplicitare tale scelta, ad esempio facendo seguire la clausola compromis-soria da una previsione del seguente tenore: “Nonostante quanto soprapattuito, ciascuna parte potrà convenire l’altra dinanzi al Tribunaledi...” (4).

4. La soluzione fatta propria dalla Corte è quindi: in claris non fitinterpretatio. Ma anche se essa avesse ritenuto — con il Tribunale diTreviso — contraddittoria e ambigua la formulazione dell’art. 29 delContratto, ciò in pratica non avrebbe probabilmente condotto ad unaconclusione difforme.

A seguito della riforma del 2006, infatti, anche per le ipotesi diclausole contraddittorie o poco chiare la giurisprudenza e la dottrinatendono a dare prevalenza alla clausola compromissoria attraverso un’in-terpretazione restrittiva della clausola attributiva di giurisdizione all’au-torità ordinaria, che eviti il contrasto con la prima (5), facendo applica-zione dell’art. 808-quater c.p.c.

La portata innovativa di quest’ultima norma è stata individuataproprio nella ricezione a livello legislativo di un favor per l’arbitrato e peruna lettura ampia del patto compromissorio che già in precedenza eranopropugnati dalla migliore dottrina (6); il che ha portato ad affermare che“nella sostanza, l’art. 808-quater c.p.c. ha rovesciato l’ermeneutica dellaconvenzione d’arbitrato [...]; in altre parole, attraverso i tradizionali criterid’interpretazione del contratto (artt. 1362 ss. c.c.), il giudice è chiamato averificare se le parti abbiano inteso escludere alcune delle controversienascenti dal contratto dal perimetro della devoluzione agli arbitri; inassenza di questa volontà contraria, l’ordinamento impone al giudice diinterpretare estensivamente la portata oggettiva della clausola, sino a ricom-prendere qualsiasi controversia derivante dal negozio cui accede (ovveroogni controversia più in generale derivante dal rapporto cui si riferisce laconvenzione d’arbitrato)” (7). Con ancor maggior incisività si è osservatoche la tesi secondo cui le pattuizioni compromissorie per arbitrato rituale

(4) Cfr. BIANCHI, SALUZZO, Contratti internazionali - Tecniche di redazione e clausolecontrattuali ricorrenti nella prassi del commercio internazionale, Milano, 1995, 85.

(5) Cfr. BORTOLOTTI, Manuale di Diritto Commerciale Internazionale, vol. I, Diritto deiContratti internazionali, Padova, 2001, 416-417.

(6) Cfr. RUFFINI, In tema di interpretazione della clausola compromissoria: i dubbi dellaSuprema Corte e l’art. 1367 cod. civ., in questa Rivista, 1999, 56; FERRO in ALPA (cur.),L’arbitrato. Profili sostanziali, Torino, 1999, II, 593.

(7) COMASTRI, Favor arbitrati e art. 808-quater c.p.c., in questa Rivista, 2012, 81. Cfr.anche NELA, in CHIARLONI (cur.), Le recenti riforme del processo civile, 2007, 1652: “con la nuovanorma il legislatore tenta di superare le contraddizioni della giurisprudenza e si schiera control’interpretazione restrittiva della convenzione di arbitrato”; TUCCILLO, Note sulla struttura esull’interpretazione della clausola compromissoria di fonte statutaria, in questa Rivista, 2012, 660:

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dovessero essere interpretate in senso restrittivo “è stata oggi espressa-mente ripudiata dal nuovo art. 808-quater c.p.c.” (8).

Anche la giurisprudenza di merito che si è pronunciata facendoapplicazione della nuova norma ha constatato che “ad un’originariatipizzazione restrittiva dell’arbitrato anche societario, fondata sulla letteradel previgente art. 806 c.p.c. [...] si è sostituita [...] una visione dell’istitutotale per cui [...] la competenza arbitrale va riguardata alla luce della naturanon eccezionale (e quindi suscettiva di applicazione estensiva) della com-petenza arbitrale” (9).

In applicazione di tali principi, la dottrina che ha analizzato, alla lucedell’art. 808-quater, proprio la particolare fattispecie che per cui era causa(compresenza di una clausola attributiva della giurisdizione statuale eparimenti di una convenzione di arbitrato), ha concluso riconoscendo unasostanziale primazia alla volontà delle parti che dispone la devoluzione inarbitri: “... la norma, nell’affermare la forza espansiva della convenzione sututte le controversie derivanti dal contratto o dal rapporto dedotto, sembraesprimere il principio dell’in dubio... pro arbitrato; ciò porta a ritenereprevalente la scelta arbitrale anche dove il patto compromissorio abbia untenore incerto, come nel caso in cui, oltre a deferire la controversia adarbitri, contenga patti contrari, quali ad esempio quelli derogatori dellacompetenza” (10).

“l’art. 808-quater c.p.c. rappresenta una norma sull’interpretazione della convenzione d’arbitrato[...] espressione del favor arbitrati che sembra caratterizzare la riforma del diritto arbitrale”.

(8) PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, II, 2012, 634.(9) T. Milano, Ord. 22 luglio 2013, reperibile in Pluris. La piena operatività, a seguito

della riforma del 2006, del criterio di interpretazione estensiva in caso di dubbio ermeneutico èstata confermata anche da T. Trieste, 8 marzo 2011, ivi; T. Milano, 6 giugno 2011, ivi; Id., 13febbraio 2009, in Giur. It., 2009, 2723, nonché da Lodo Arbitrale Milano, 13 febbraio 2011, inquesta Rivista, 2012, 3, 657.

(10) CARPI, TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, VII ed., 2012,2759; sulla questione della compresenza di una clausola compromissoria e di una clausola che,nonostante la prima, prevede la competenza dell’autorità giudiziaria, da risolversi nel sensodella prevalenza della competenza arbitrale cfr. anche ZUCCONI GALLI FONSECA, in CARPI,Arbitrato, 2008, 190 e NELA, in CHIARLONI (cur.), Le recenti riforme del processo civile, 2007,1654-1655. Ancor più recentemente, sempre in relazione al problema posto dalla “prassi diaccompagnare la clausola [compromissoria] con pattuizioni di elezione del foro”, si è distintal’ipotesi di una clausola che “sia in pieno contrasto con la scelta per il giudice privato”, da quellain cui vi “sia in un tentativo di coordinamento che ne regoli la corrispettiva sfera di applicazionee decisione rispetto alle controversie specificamente devolute al giudice ordinario” ritenendo chel’art. 808-quater c.p.c. “non disciplina l’ipotesi da ultimo richiamata, che andrà quindi risolta conapplicazione dei canoni ermeneutici generali. [...] Al contrario, clausole dubbie e contrastantiandranno lette alla luce della norma ora in esame con prevalenza quindi della pattuizionearbitrale”; infatti l’art. 808-quater c.p.c. “completa, insieme con la norma che la precede, il quadrodei criteri ermeneutici dettati oggi espressamente in materia di arbitrato: nel dubbio tra arbitratorituale ed arbitrato irrituale ha prevalenza quello rituale, come si evince dall’art. 808 ter cod. proc.civ.; nel dubbio tra arbitrato e giurisdizione ordinaria, in presenza di una convenzione d’arbitratodi cui non sia chiara l’estensione, ha la prevalenza il primo. Ciò perché in questo secondo casovi è l’espressione di una volontà compromissoria e si deve quindi presumere che chi ha scelto

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5. Come accennato in esordio, l’ordinanza in commento è il portatodi un’evoluzione del rapporto tra arbitrato e giustizia ordinaria, fruttodelle riforma del 1994 e del 2006, che ha avuto le sue più significativemanifestazioni in due pronunce del 2013, rispettivamente, della CorteCostituzionale e delle Sezioni Unite della Cassazione (11). Tali precedentisono forse dati talmente per acquisiti, che nell’ordinanza de qua nonvengono neppure citati.

È invece opportuno sottolineare come quella recente giurisprudenzacostituzionale e di legittimità abbia operato un processo di revisioneinterpretativa dell’istituto dell’arbitrato, per effetto del quale (i) la facoltàdelle parti di rimettere le controversie ad arbitri è stata ritenuta tutelata alivello costituzionale, (ii) non è più possibile considerare il deferimentodelle controversie ad arbitri quale deroga, avente natura eccezionale, allagiurisdizione del giudice naturale, e anzi (iii) si deve considerare ilprocedimento arbitrale come equiparato alla giustizia pubblica; apparequindi anacronistica la tesi del Giudice a quo secondo cui “il deferimentodi una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga allagiurisdizione del giudice naturale così come prevista dalla Costituzione (art.24 e 25 Cost.)”.

In particolare, con la sentenza n. 223 del 19 luglio 2013 (che hadichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 819-ter, secondo comma,c.p.c. “nella parte in cui esclude l’applicabilità, ai rapporti tra arbitrato eprocesso, di regole corrispondenti all’art. 50 c.p.c.”, vale a dire del principiodella translatio iudicii in caso di dichiarazione di incompetenza o di difettodi giurisdizione del giudice adito), la Corte costituzionale ha affermato lapiena equipollenza o sostituibilità della giustizia arbitrale e della giustiziapubblica.

La sentenza in questione riguardava una fattispecie in cui il Tribunaleordinario di Bologna aveva dichiarato la propria incompetenza in ragionedell’esistenza di una clausola compromissoria, ed era stato quindi succes-sivamente instaurato un procedimento arbitrale. In quest’ultimo era stataeccepita, in via preliminare, una decadenza (nella specie, la decadenzadall’impugnazione di una delibera assembleare per decorrenza del ter-mine di novanta giorni previsto dall’art. 2479-ter c.c.) e l’arbitro unicoinvestito di tale procedimento aveva rilevato che, ove non fossero statifatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda antecedente-

l’arbitrato l’abbia fatto intendendo devolvere alla giustizia privata tutte le controversie chederivano dal contratto cui la clausola compromissoria accede...” (SALVANESCHI, Arbitrato, inCommentario del Codice di Procedura Civile a c. di S. CHIARLONI, Bologna, 2014, 188).

(11) Corte Cost. 19 luglio 2013, n. 223, pubblicata in questa Rivista, 2014, 81 ss., concommenti di BOVE, BRIGUGLIO, MENCHINI, SASSANI; nonché Cass. Sez. Un., 25 ottobre 2013 n.24153, pubblicata in questa Rivista, 2015, 307 ss., con nota di BERGAMINI, Eccezione di patto perarbitrato estero: un nuovo revirement della Corte di Cassazione, tra disciplina interna eConvenzione di New York.

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mente proposta davanti al Tribunale di Bologna, l’eccezione di decadenzasarebbe stata inevitabilmente fondata. Alla salvezza degli effetti sostan-ziali e processuali della domanda si opponeva, tuttavia, l’art. 819-ter,secondo comma, c.p.c., che espressamente sanciva l’inapplicabilità airapporti tra arbitrato e processo, tra l’altro, dell’art. 50 c.p.c.

Nel ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale prospet-tatale, la Corte Costituzionale ha rammentato che “la possibilità che leparti affidino la risoluzione delle loro controversie a privati invece che agiudici è la conseguenza di specifiche previsioni dell’ordinamento”, ed harichiamato una propria precedente pronuncia (n. 376 del 2001), nell’am-bito della quale aveva già “riconosciuto che « l’arbitrato costituisce unprocedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civile perl’applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzionedi una controversia, con le garanzie di contraddittorio e di imparzialitàtipiche della giurisdizione civile ordinaria. Sotto l’aspetto considerato, ilgiudizio arbitrale non si differenzia da quello che si svolge davanti agliorgani statali della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca el’interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie » [affermando] cheil giudizio degli arbitri « è potenzialmente fungibile con quello degli organidella giurisdizione »”.

La Corte ha poi aggiunto che “con il decreto legislativo 2 febbraio2006, n. 40 (...), il legislatore ha introdotto una serie di norme che confer-mano l’attribuzione alla giustizia arbitrale di una funzione sostitutiva dellagiustizia pubblica. Anche se l’arbitrato rituale resta un fenomeno checomporta una rinuncia alla giurisdizione pubblica, esso mutua da quest’ul-tima alcuni meccanismi al fine di pervenire ad un risultato di efficaciasostanzialmente analoga a quella del dictum del giudice statale” (12).

La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 819-ter c.p.c. deriva,quindi, dalla considerazione che “se... il legislatore, nell’esercizio dellapropria discrezionalità in materia, struttura l’ordinamento processuale inmaniera tale da configurare l’arbitrato come una modalità di risoluzionedelle controversie alternativa a quella giudiziale, è necessario che l’ordina-

(12) Più nel dettaglio, nella sentenza n. 223 del 19 luglio 2013 in esame la CorteCostituzionale ha analizzato le norme che rendono la giustizia arbitrale del tutto equivalente aquella pubblica: “Rilevano, al riguardo: l’art. 816-quinquies (sull’ammissibilità dell’interventovolontario di terzi nel giudizio arbitrale e sull’applicabilità allo stesso dell’art. 111 cod. proc. civ.in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso), l’art. 819-bis (nella parte in cuipresuppone la possibilità per gli arbitri di sollevare questioni di legittimità costituzionale), l’art.824-bis (che ricollega al lodo, fin dalla sua sottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciatadall’autorità giudiziaria). Anche dall’esame della disciplina sostanziale emerge che, sotto moltiaspetti, l’ordinamento attribuisce alla promozione del giudizio arbitrale conseguenze analoghe aquelle dell’instaurazione della causa davanti al giudice. Infatti, il codice civile, sia in materia diprescrizione (artt. 2943 e 2945), sia in materia di trascrizione (artt. 2652, 2653, 2690, 2691),equipara espressamente alla domanda giudiziale l’atto con il quale la parte promuove il proce-dimento arbitrale”.

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mento giuridico preveda anche misure idonee ad evitare che tale sceltaabbia ricadute negative per i diritti oggetto delle controversie stesse”.

I principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza appenacitata sono stati fatti propri dalla Corte di Cassazione, che nella sentenzaresa a Sezioni Unite 25 ottobre 2013, n. 24153, pronunciandosi in relazionead una clausola compromissoria per arbitrato estero, ha riconosciuto “lanatura giurisdizionale e non negoziale dell’arbitrato rituale quale conse-guenza delle varie novelle susseguitesi, ed essenzialmente del d.lg. 2 feb-braio 2006 n. 40”. Nell’affrontare varie questioni in tema di arbitrato, leSezioni Unite hanno poi precisato che “l’attività degli arbitri rituali, anchealla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5gennaio 1994 n. 5 e dal d.lg. 2 febbraio 2006 n. 40, ha natura giurisdizionalee sostitutiva della funzione del g.o.”.

Tale affermazione di principio è stata nuovamente fatta propria dallaSuprema Corte in una pronuncia successiva (Cass. Civ. Sez. I, 7 aprile2015, n. 6909), che l’ha ulteriormente sviluppata, precisando che vi è statoin materia di arbitrato un vero e proprio “rovesciamento della prospettivainterpretativa (non più derogatoria della giurisdizione ordinaria, comeconnotato eccezionale negativo, ma come possibilità alternativa di undiverso giudizio, nell’ambito dei diritti disponibili)”. La Corte ha inoltreribadito il principio “evincibile dal complesso ragionamento svolto dalleSezioni unite, secondo cui il lodo pronunciato nell’arbitrato rituale, per lavolontà delle parti che l’hanno preferito alla giurisdizione ordinaria, havalore ed efficacia di sentenza, come se essa fosse stata pronunciata daigiudici statuali” (13) osservando che “le Sezioni Unite hanno messo in motoun vero e proprio processo di revisione interpretativa [...] le cui implicazioninon sono state, allo stato, completamente esplorate”.

CARLO ELIGIO MEZZETTI - MARICA DI TORO

(13) A tale ultimo riguardo, Cass. civ. sez. III, 26 maggio 2014 n. 11634 aveva statuitoquanto segue: “Le ultime significative modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 40 del 2006, che hasostituito i capi del titolo ottavo del libro quarto c.p.c. dedicato all’arbitrato hanno ulteriormenterafforzato e portato a termine il percorso di “giurisdizionalizzazione” del lodo già iniziato: inparticolare citando solo gli interventi più significativi si può ricordare l’art. 819 ter c.p.c. che neldisciplinare il rapporto tra cause devolute al giudizio degli arbitri e cause devolute alla cognizionedel giudice ordinario pone il rapporto tra i due processi in termini di competenza implicitamenteintendendo l’opzione in favore del giudizio arbitrale come un diverso modo di eserciziodell’azione ed infine l’art. 824 bis c.p.c., che equipara gli effetti del lodo dalla data della suasottoscrizione, a quelli della sentenza passata in giudicato”.

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CORTE D’APPELLO DI MILANO, Sez. I civile, sentenza 8 agosto 2016; BOITI Pres.;VIGORELLI Est.; European Assets Management s.a. (avv.ti Gianni e Buccarelli) c.Limoni s.p.a. (avv.ti De Nova e Delfini), Farfinance I s.a. (avv.ti Accornero,Magliaccio, Robbiano, Maruffi), Mais s.p.a. (avv.ti Salvaneschi e Monatagna),Essence s.a. (avv.ti Benedetelli, Curtò e Gorla), Intesa San Paolo s.p.a. (avv.tiPedersoli, Barcellona e Monaci), GE Capital s.p.a. (avv.ti Draetta, Petronia eManganelli).

Arbitrato rituale - Lodo - Impugnazione per nullità - Violazione del principio dicorrispondenza tra chiesto e pronunciato - Conseguenze.

Il concorso del fatto colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227, 1° comma,c.c. non dà luogo a un’eccezione in senso proprio, bensì a una mera difesa, sullaquale non sussiste alcun onere di espressa pronuncia da parte degli arbitri. Diconseguenza, l’omessa considerazione della relativa deduzione da parte del lodonon può costituire motivo di impugnazione per nullità ai sensi dell’art. 829, 1°comma, n. 12, c.p.c.

La carenza di interesse ad agire non si sostanzia in un’eccezione in sensotecnico ma riflette una situazione che può essere rilevata d’ufficio dal giudice, sicchél’omessa pronuncia degli arbitri al riguardo non può essere fatta valere conl’impugnazione per nullità ai sensi dell’art. 829, 1° comma, n. 12, c.p.c.

La clausola compromissoria inserita in un contratto estende i propri effettianche alle controversie in materia di responsabilità da fatto illecito, in quanto latosensu collegate al contratto.

La disposizione dell’art. 829, 1° comma, n. 4, c.p.c. riguarda esclusivamentel’ipotesi della pronuncia fuori dei limiti della convenzione di arbitrato e non èpertanto invocabile nel diverso caso in cui il lodo abbia pronunciato entro i limitidella clausola arbitrale, ancorché al di là delle domande delle parti.

La contraddittorietà della motivazione può costituire motivo di nullità del lodoai sensi dell’art. 829, 1° comma, n. 5, c.p.c., solo quando si traduca nella impossi-bilità di comprendere la ratio decidendi e così in sostanziale inesistenza dellamotivazione medesima.

CENNI DI FATTO. — Limoni s.p.a., in qualità di incorporante ed avente causadalla società San Carlo s.r.l., promuoveva un giudizio arbitrale in forza dellaclausola compromissoria inserita nel contratto con cui San Carlo aveva acquistatoda un gruppo di sei venditori (tra cui E.A.M. s.a.) una partecipazione pari al 100%del capitale di Limoni Holding s.p.a. L’attrice, incorporante anche Limoni Hol-ding, esponeva che i propri organi sociali avevano scoperto una « intenzionalealterazione dei dati di magazzino (e di bilancio) posta in essere quantomeno dal2004 e comunque conoscibile dai venditori alla negoziazione e conclusione delcontratto », tradottasi in un « ammanco di quasi 60 milioni di euro », e invocavauna responsabilità precontrattuale dei convenuti per violazione degli artt. 1337 e1440 c.c., nonché una responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 per venditadi aliud pro alio. Riconosciuta dagli arbitri la responsabilità della sola E.A.M.,quest’ultima impugnava il lodo davanti alla Corte d’appello di Milano sulla base ditre motivi.

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MOTIVI DELLA DECISIONE. — I punti sui quali questa Corte è chiamata adecidere sono i seguenti:

1) violazione dell’art. 829 comma 1 n. 12 c.p.c.;2) violazione dell’art. 829 comma 1 n. 4 c.p.c.;3) violazione dell’art. 829 comma 1 n. 5 e n. 11 c.p.c.

Violazione dell’art. 829 comma 1 n. 12 c.p.c.EAM sostiene che il lodo sarebbe nullo per omessa pronuncia:

i) sull’eccezione di conoscibilità, negligenza e colpevole ignoranza da partedi Limoni circa la reale consistenza del magazzino e dunque sulla pretesa negli-genza di questa nell’evitare il danno subito;

ii) sull’eccezione di irrisarcibilità dei danni evitabili secondo l’ordinariadiligenza e che avrebbero determinato una compensatio lucri cum damno;

iii) sull’eccezione di difetto di interesse ad agire di Limoni in forza dellalettera di manleva da quest’ultima rilasciata in favore del dott. Borghetti.

La Corte osserva quanto segue.i) EAM aveva sviluppato una difesa volta ad ottenere il rigetto della

domanda di risarcimento dei danni formulata da Limoni prospettando che Limoni,avvalendosi della consulenza di KPMG avrebbe potuto accorgersi, se questaavesse svolto con maggiore diligenza l’attività di due diligence, degli ammanchi dimagazzino.

Dunque — a detta di EAM — opererebbe l’art. 1227 c.c. a mente del quale“il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitareusando l’ordinaria diligenza”.

Ora, a dispetto di quanto preteso da parte appellante, il Collegio ritiene chetale motivo di impugnazione non rientri nel n. 12 del comma 1 dell’art. 829 c.p.c.posto che quanto prospettato da EAM in arbitrato non costituisce eccezione insenso stretto e come tale non vi era alcun onere di espressa pronuncia da parte delcollegio arbitrale.

La Cassazione è infatti ferma nel qualificare il concorso di colpa del danneg-giato “non già un’eccezione in senso proprio ma una semplice difesa” (Cass. n. 6259del 22/03/2011).

ii) Analoghe considerazioni possono essere svolte per il motivo di impu-gnazione con cui EAM lamenta che il collegio arbitrale non avrebbe esaminatol’eccezione di irrisarcibilità dei danni evitabili secondo ordinaria diligenza diLimoni.

Tale doglianza è qualitativamente identica al primo motivo già trattato,differenziandosene solo per il riferimento ad una pretesa necessità di decurtare ilrisarcimento del danno “di un ammontare equivalente al fondo svalutazionemagazzino di euro 1.600.000”.

Anche in tal caso EAM invoca l’operatività dell’art. 1227 c.c. e la compen-satio lucri cum damno, la quale, però, non costituisce eccezione in senso stretto,vale a dire non è l’allegazione di un fatto estentivo, modificativo o impeditivo deldiritto azionato, ma una mera difesa in ordine alla esatta entità globale delpregiudizio effettivamente patito dal danneggiato. In quanto eccezione in sensolato non può dirsi richiamata dall’art. 829 comma 1 n. 12 c.p.c.

In questo senso è la più recente giurisprudenza “in materia di obbligazioni,ove una parte abbia rilevato (...) che il proprio inadempimento non era imputabile

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alla stessa, bensì al fatto colposo della controparte, non sussiste il vizio di omessapronuncia, perché la deduzione della non imputabilità dell’inadempimento è unamera difesa e non un’eccezione” (Cass. n. 12626 del 9/06/2011).

Ad ogni buon conto, neppure può dirsi che il collegio arbitrale non si siapronunciato su tale asserita eccezione di EAM: gli arbitri hanno infatti deciso ledomande svolte da Limoni — e dunque quella risarcitoria — considerando evalutando tutte le difese di EAM e tutte le argomentazioni da questa prospettateal fine di sottrarsi al proprio obbligo risarcitorio.

L’accoglimento — seppur parziale — delle domande di Limoni è stato quindiil frutto di una delibazione delle contrapposte difese e prospettazioni.

iii) In merito alla pretesa nullità del lodo per omessa pronuncia sull’ecce-zione di difetto di interesse ad agire di Limoni, il Collegio si limita a osservare chela carenza di interesse ad agire non si sostanzia in un’eccezione in senso tecnico mariflette una situazione che può essere rilevata d’ufficio dal giudice e come tale nonrientra nell’art. 829 comma 1 n. 12 c.p.c.

Ciò premesso, non sussiste e non è nemmeno ipotizzabile in astratto l’asseritaomessa pronuncia su tali pretese eccezioni.

Violazione dell’art. 829 comma 1 n. 4 c.p.c.Parte appellante ha lamentato la pronuncia fuori dei limiti della convenzione

d’arbitrato:i) rispetto alle domande di Limoni aventi natura extracontrattuale (sia nel

primo che nel secondo lodo). EAM sostiene che alcune domande fatte valere daLimoni non sarebbero state ricomprese nella clausola compromissoria trattandosidi domande risarcitorie per responsabilità precontrattuale, da qualificarsi comeresponsabilità aquiliana;

ii) nel capo in cui ha riconosciuto, in favore di Limoni, il pagamento di unasomma a titolo di lucro cessante, quando la domanda svolta da Limoni era limitataal risarcimento del solo danno emergente.

Il Collegio osserva:i) l’ambito oggettivo della clausola compromissoria prevista dall’art. 15 del

contratto inter partes è rappresentato da “tutte le controversie che dovesseroinsorgere in relazione al contratto e ai suoi atti modificativi ed esclusivi, compresequelle inerenti alla sua validità, efficacia, interpretazione, esecuzione e risoluzione”(sub docc. 2a, 2b, 2c fascicolo di Limoni).

Sul punto, la più recente ed autorevole processualistica ha sostenuto che “ilcriterio generale da applicare in materia (di arbitrato) è quello che porta a ritenereche le parti che hanno scelto l’arbitrato con riferimento alle liti future che derivanodal contratto, hanno fatto con ciò riferimento a tutte le liti che trovano la lorooccasione nel contratto, anche se eventualmente appartenenti al genere della respon-sabilità precontrattuale o aquiliana, salva l’esistenza di specifici indici contrari. Ciòsignifica dunque, sul piano dell’impugnazione, che sarà corretto — e non esorbitante— il lodo che decida sulla responsabilità precontrattuale di uno dei contraenti,oppure anche su quella aquiliana concatenata dal contratto”.

Si ritiene dunque che la clausola compromissoria inserita in un contrattopossa eventualmente operare anche rispetto alle controversie in materia di re-sponsabilità da fatto illecito in quanto lato sensu collegate al contratto.

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Peraltro, a prescindere dal dibattito circa la natura — contrattuale o extra-contrattuale — della responsabilità precontrattuale, la responsabilità per slealeconduzione delle trattative — oggetto di talune delle domande di Limoni — è nelcaso di specie indubbiamente contrattuale, posto che a seguito delle condottedescritte un contratto è pur sempre stato concluso ed è pienamente vincolante.

ii) In merito alla seconda contestazione, in primo luogo deve rilevarsi cheè del tutto inconferente il richiamo all’art. 829 comma 1 n. 4 c.p.c., posto che talenorma riguarda la pronuncia “fuori dai limiti della convenzione d’arbitrato”,mentre nel caso di specie gli arbitri hanno indiscutibilmente pronunciato entro ilimiti della clausola arbitrale e, al più — secondo la prospettazione di parteappellante — avrebbero riconosciuto a Limoni una posta risarcitoria che essa nonavrebbe chiesto.

In secondo luogo, l’art. 829 comma 1 n. 4 c.p.c. invocato da EAM richiamaespressamente la disposizione dell’art. 817 quarto comma che prevede che “laparte che non eccepisce nel corso dell’arbitrato che le conclusioni delle altri partiesorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo,impugnare il lodo”.

Nel caso di specie è pacifico che EAM in arbitrato non ha eccepito che gliarbitri non potessero condannare la stessa al risarcimento del danno per lucrocessante.

Pertanto, anche volendo ritenere applicabile l’art. 829 comma 1 n. 4 c.p.c., ilrichiamo dell’art. 817 c.p.c. renderebbe inammissibile la doglianza di parte appel-lante.

Ad ogni buon conto, la domanda di condanna al risarcimento del danno,come prospettata da Limoni in sede arbitrale, non può intendersi come limitata alsolo danno emergente poiché, implicando la deduzione di un certo ammontaredell’asserito danno complessivamente subito, va intesa come comprensiva di tuttele componenti del danno. Del resto, la bipartizione tra danno emergente e lucrocessante non corrisponde ad una diversità di domande, ma semplicemente adiverse poste ad integrazione del quantum. Anzi, i concetti di danno emergente elucro cessante, lungi dall’essere espressione di separate categorie di risarcibilità,contribuiscono a caratterizzate una nozione unitaria di danno patrimoniale.

Violazione dell’art. 829 comma 1 n. 5 e n. 11 c.p.c.Parte appellante ha lamentato il difetto e la contraddittorietà della motiva-

zione rispetto all’accertamento della difformità relativa al magazzino, al dolo diEAM ed alla quantificazione dei danni subiti da Limoni.

Il Collegio osserva:a) come a più riprese subito da questa Corte, il vizio previsto dall’art. 829,

comma 1, avente ad oggetto la “contraddittorietà delle disposizioni”, ricorre soloallorché vi sia contrasto fra le varie parti del dispositivo del lodo, o tal puntoinconciliabili da rendere la pronuncia ineseguibile. Per quanto concerne, invece, lacontraddittorietà della motivazione, un consolidato orientamento giurisprudenzialeafferma che essa può determinare la nullità del lodo soltanto ove si traduca nellaimpossibilità di comprendere la ratio decidendi per sostanziale inesistenza dellamotivazione ai sensi dell’art. 829 n. 5 (ex multis, Corte d’Appello Milano, 07novembre 2012).

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La stessa S.C. ha precisato che, in tema di arbitrato, la sanzione di nullità peril lodo contenente disposizioni contraddittorie non corrisponde a quella dell’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., ma va intesa nel senso che detta contrad-dittorietà deve emergere tra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra lamotivazione ed il dispositivo, mentre la contraddittorietà interna tra le diverse partidella motivazione, non espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullitàdel lodo, può assumere rilevanza, quale vizio del lodo, soltanto in quanto determinil’impossibilità assoluta di ricostruire l’“iter” logico e giuridico sottostante alladecisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modellofunzionale (Cass. n. 11895 del 28/05/2014).

b) Ora, nel caso di specie, quanto al preteso difetto di motivazione, ilcollegio arbitrale si è chiaramente e dettagliatamente espresso sulle questionirelative all’accertamento della difformità relativa al magazzino, al dolo di EAM edalla quantificazione dei danni subiti da Limoni con motivazioni analitiche che sidipanano per quasi cinquanta pagine.

Ed invero:— sul contraddittorio nello svolgimento della CTU e sull’attendibilità delle

fonti informatiche gli arbitri motivano da pag. 54 a 66;— sull’esistenza degli ammanchi di magazzino e sul loro ammontare, la

motivazione inizia a pag. 66 e si chiude a pag. 69;— sull’eziologia degli ammanchi, sull’imputabilità al dott. Boschetti dei

medesimi e sulla riferibilità della sua condotta alla società della quale era socio, lamotivazione è analitica e si snoda da pag. 74 a pag. 80;

— sulla quantificazione del danno la motivazione parte da pag. 85 perchiudersi a pag. 91.

È dunque indiscutibile che il lodo definitivo impugnato sia ampiamente edanaliticamente motivato.

Né peraltro può essere sussunta nel difetto di motivazione — inteso comeassenza di motivazione che rende incomprensibile l’iter logico della decisionearbitrale — la censura rivolta a questo piuttosto che a quel passaggio dellamotivazione degli arbitri, che venga considerato non soddisfacente per il propriocontenuto esplicativo.

Pur tutte le ragioni sopra esposte, l’impuganzione è infondata.Ritenuta assorbita ogni altra questione dedotta e trattata, il lodo non defini-

tivo sottoscritto in data 9/11/2011 e il lodo definitivo sottoscritto in data 23/09/2013devono essere integralmente confermati. (Omissis).

Spunti in tema di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto epronunciato nel giudizio arbitrale.

1. La vicenda che ha dato origine alla sentenza che si annota èpresto riassunta. Una società acquista da un gruppo di sei venditori unapartecipazione pari al 100% del capitale di una holding. Successivamente,sulla base della clausola compromissoria contenuta nel contratto, la suaincorporante promuove un giudizio arbitrale nei confronti delle societàvenditrici, assumendo di aver scoperto una intenzionale alterazione dei

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dati di magazzino a partire da una certa data, che aveva determinato unammanco di quasi 60 milioni di euro, e domandando di conseguenza lacondanna dei convenuti al risarcimento del danno per responsabilitàprecontrattuale ai sensi degli artt. 1337 e 1440 c.c. nonché per responsa-bilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c. Riconosciuta dagli arbitri laresponsabilità di uno dei convenuti, quest’ultimo propone impugnazioneper nullità, deducendo che il lodo: 1) aveva omesso di pronunciare sueccezioni (di concorso del fatto colposo del creditore e di difetto diinteresse ad agire) proposte nel giudizio arbitrale; 2) aveva pronunciatofuori dei limiti della convenzione arbitrale (posto che le domande concer-nenti la responsabilità precontrattuale, in quanto di natura aquiliana, nonpotevano ritenersi ricomprese nella clausola compromissoria) e comunqueoltre i limiti delle domande concretamente proposte (avendo riconosciutoil pagamento di una somma a titolo di lucro cessante, mentre la societàattrice si era limitata a far valere il danno emergente); 3) risultava affettoda omessa e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controver-sia.

2. I primi due motivi di impugnazione offrono lo spunto per alcunirilievi in tema di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto epronunciato nel giudizio arbitrale.

Com’è noto, l’art. 829 c.p.c., pur nel quadro di un’elencazione molto(forse troppo) dettagliata dei « casi di nullità » del lodo, non disciplina inmodo organico le conseguenze della violazione, da parte degli arbitri, delprincipio enunciato, con riguardo al processo ordinario, dall’art. 112 c.p.c.:invero, mentre l’art. 829, n. 12, c.p.c. contempla l’ipotesi del lodo che abbiaomesso di pronunciare « su alcuna delle domande ed eccezioni propostedalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato », manca unadisposizione che espressamente sancisca la nullità del lodo affetto da ultra-o extrapetizione, riferendosi la prima parte del n. 4 del medesimo art. 829alla (diversa) ipotesi del lodo che abbia pronunciato « fuori dei limiti dellaconvenzione arbitrale » (infra, par. 4).

Con riguardo all’omissione di pronuncia, il n. 12 dell’art. 829, intro-dotto dal d.lgs. 40/06, si mostra più preciso non solo dell’abrogato n. 4, chediscorreva più genericamente (ed equivocamente) di omessa pronuncia« su alcuno degli oggetti del compromesso » (1), ma dello stesso art. 112c.p.c. Ed invero, mentre quest’ultima disposizione non contempla diretta-

(1) Nel senso che tale espressione non ricomprendeva le eccezioni formulate perresistere alla domanda cfr. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, IV, 2, Milano,1971; CECCHELLA, L’arbitrato, Torino, 1991, 221; RUFFINI, La divisibilità del lodo arbitrale,Padova, 1993, 147.

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mente un dovere decisorio del giudice con riguardo alle eccezioni (2),talché non manca, in dottrina, un’autorevole corrente di pensiero secondocui l’omesso esame di eccezioni (di merito) ritualmente sollevate dalleparti rileverebbe esclusivamente sotto il profilo del vizio di motiva-zione (3), l’art. 829, n. 12, è chiaro nel porre sullo stesso piano l’omessapronuncia su domanda e quella su eccezioni ai fini delle loro conseguenzesulla validità del dictum arbitrale.

Ciò posto, nessuna distinzione sembra potersi operare, ai fini dell’ap-plicazione di quest’ultima disposizione, tra eccezioni in senso stretto edeccezioni in senso lato, risolvendosi in entrambi i casi l’eccezione nell’al-legazione, ad opera del convenuto, di fatti impeditivi, modificativi oestintivi del diritto dedotto in giudizio e differenziandosi le due categoriedi eccezioni unicamente per il loro diverso regime di rilevabilità (4).

Piuttosto, la formulazione letterale della disposizione in esame, colsuo riferimento alle eccezioni « sollevate dalle parti », potrebbe far sor-gere il dubbio che in tanto l’omesso esame di un’eccezione possa esserededotto come motivo di impugnazione del lodo, in quanto l’eccezione, purastrattamente rilevabile d’ufficio, sia stata in concreto sollevata dalla parteinteressata. In tale prospettiva, il potere degli arbitri di rilievo officiosodelle eccezioni si atteggerebbe, diversamente da quello del giudice togato,

(2) L’art. 112 c.p.c., dopo avere enunciato, al 1º comma, il dovere del giudice dipronunciare « su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa », si riferisce, nel 2º comma, alleeccezioni unicamente per sancire il divieto, per il giudice, di « pronunciare d’ufficio su eccezioni,che possono essere proposte soltanto dalle parti ».

(3) Così ad es. FABBRINI, L’eccezione di merito nello svolgimento del processo di cogni-zione (1973), in ID., Scritti giuridici, I, Milano, 1989, 372, nota 33; VERDE, voce Domanda(principio della), in Enc. giur. Treccani, XII, Roma, 1989, 10. Per la diversa (e preferibile)opinione, secondo cui l’omessa pronuncia su eccezioni, al pari di quella su domanda, integra unaviolazione dell’art. 112 c.p.c., cfr. invece CRISTOFOLINI, Omissione di pronunzia, in Riv. dir. proc.,1938, 98 s.; CALVOSA, Omissione di pronuncia e cosa giudicata, ivi, 1950, 253; GRASSO, Dei poteridel giudice, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, diretto da Allorio, Torino,1973, I, 2, 1276; in giurisprudenza, tra le altre, Cass. 28 ottobre 2015, n. 21926; Cass. 28 novembre2014, n. 25299; Cass. 27 ottobre 2014, n. 22759; Cass. 4 luglio 2014, n. 15367; Cass. 4 marzo 2013,n. 5344; Cass. 9 giugno 2011, n. 12626; Cass. 18 maggio 2011, n. 10921; Cass. 21 aprile 2011, n.9134; Cass. 29 ottobre 2010, n. 22235; Cass. 19 ottobre 2010, n. 21442; Cass. 23 aprile 2008, n.10593; Cass. 14 marzo 2008, n. 6891; Cass. 20 novembre 2007, n. 24139; Cass. 29 marzo 2007, n.7783; Cass., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15781, in Giur. it., 2006, 1380.

(4) Ossia per la presenza o meno, accanto al potere della parte, di un concorrente poteredel giudice di rilevare d’ufficio i fatti imp., mod., est. risultanti dagli atti di causa: così FABBRINI,L’eccezione di merito, cit., spec. 360 ss.

La distinzione tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto risulta invece piùaccentuata ove si accolga la concezione chiovendiana dell’eccezione (in senso stretto) comecontrodiritto del convenuto, tendente ad impugnare il diritto di azione, inteso come dirittoall’attuazione della legge spettante all’attore che ha ragione. In questa prospettiva, infatti,occorre distinguere nettamente i casi di eccezione in senso improprio, in cui l’azione non è mainata (simulazione) o è venuta meno anteriormente alla eccezione (pagamento), da quelli dieccezione in senso stretto, nei quali, fintanto che il convenuto non proponga l’eccezione,l’azione esiste ed è fondata, sicché il giudice deve accogliere la domanda. Su tale concezione,anche per gli opportuni riferimenti, cfr., per tuttti, ORIANI, voce Eccezione, in Dig. civ., VII,Torino, 1992, 263 ss.

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come potere discrezionale, del cui mancato esercizio le parti, che taleesercizio non abbiano sollecitato mediante la proposizione dell’eccezione,non potrebbero in alcun modo dolersi.

Sennonché è sufficiente enunciare le conseguenze cui condurrebbel’ipotizzata interpretazione letterale dell’art. 829, n. 12, c.p.c., per rendersiconto della sua inaccettabilità. Invero, una volta che si riconosca algiudicante (giudice o arbitro) il potere di rilevare d’ufficio fatti imp., mod.,est. del diritto dedotto in giudizio dall’attore, tale potere non può checonfigurarsi quale potere-dovere, dovendosi evitare il rischio di sceltearbitrarie e incontrollabili, direttamente incidenti sul contenuto delladecisione.

Di conseguenza, delle due l’una: o si è disposti ad affermare che laformulazione dell’art. 829, n. 12, c.p.c. comporta l’estraneità all’arbitratodella figura dell’eccezione in senso lato (sicché in arbitrato le eccezionisarebbero tutte riservate alle parti), o appare giocoforza concludere che ladisposizione necessita di un’interpretazione correttiva, al fine di ricom-prendervi anche l’ipotesi di omesso rilievo officioso di fatti imp., mod. oest. del diritto risultanti dagli atti di causa.

E che la risposta debba essere in questo secondo senso discende, amio avviso, dalla duplice considerazione: a) che il regime di rilevabilitàdelle eccezioni costituisce spesso il frutto di valutazioni del legislatoresostanziale (5), che, in quanto tali, non possono che rimanere insensibilialla diversa natura (ordinaria o arbitrale) del giudizio in cui il diritto vengafatto valere; b) che, in ogni caso, stante l’indubbia natura giurisdizionaledella funzione svolta dagli arbitri (rituali), anche al giudizio arbitralerisulta pianamente riferibile il giudizio di valore secondo cui il giudice nonpuò accogliere domande che risultino dagli atti infondate, dovendosievitare scarti tra la realtà accertata nel processo ed il contenuto dell’ac-certamento giudiziale (6).

Dalla eccezione (anche in senso lato) va invece ovviamente distinta lamera difesa, che consiste nella semplice contestazione, da parte delconvenuto, dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio dall’attore (o,rispettivamente, nella contestazione, da parte dell’attore, dei fatti imp.,mod., est. dedotti dal convenuto). Trattandosi di mere argomentazionidifensive, tese a negare l’esistenza dei fatti costitutivi già allegati dall’at-tore, l’omessa considerazione delle stesse da parte della sentenza non dàluogo, nel processo ordinario, a omessa pronuncia, potendo rilevare

(5) Cfr. ORIANI, voce Eccezione, cit., 309, che sottolinea la « difficoltà di confinare in unasfera esclusivamente processuale un fenomeno, per la cui comprensione possono rilevare anchealtre chiavi di lettura ».

(6) Così, a giustificazione dell’opinione che afferma il carattere generale dell’eccezionein senso lato, ORIANI, voce Eccezione, cit., 269 s., 279, 311. Per un diverso punto di vista, teso arivalutare la centralità dell’eccezione in senso stretto, cfr. da ult. COLESANTI, Nostalgie in tema dieccezioni, in Riv. dir. proc., 2016, 273 ss.

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semmai sotto profili diversi (vizio di motivazione, violazione degli artt. 115c.p.c. e 2697 c.c., errore di fatto revocatorio). Ciò fa sì che, nell’arbitrato,i limiti, assai stringenti, posti all’impugnazione del giudizio di fatto degliarbitri rischiano di rendere del tutto irrilevante l’omessa considerazione disimili argomentazioni difensive da parte del lodo: il che potrebbe forsegiustificare una consapevole forzatura del n. 12 dell’art. 829, al fine diricomprendere tra le « eccezioni » contemplate dalla norma anche le meredifese.

Non può invece ritenersi deducibile ai sensi della disposizione inesame l’omessa pronuncia su eccezioni di rito. Ciò almeno ove si tengaconto di quel consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cuil’omesso esame da parte del giudice di una questione di carattere proces-suale non può dar luogo al vizio di omessa pronuncia, il quale è configu-rabile con riferimento alle sole questioni di merito, e non può assurgerequindi ad autonoma causa di nullità della sentenza, potendo profilarsi alriguardo una nullità, propria o derivata, della decisione, per la violazionedi norme diverse dall’art. 112 c.p.c., solo in quanto sia errata la soluzioneimplicitamente data dal giudice alla questione (7). Riferito all’arbitrato, unsimile ordine di idee dovrebbe comportare l’impossibilità di impugnare illodo, che abbia omesso di pronunciare su eccezioni di rito, ai sensi dell’art.829, n. 12, c.p.c., l’impugnazione per nullità potendo essere propostasoltanto, in base ad altri numeri del medesimo art. 829 (es., nn. 1, 2, 3, 4,seconda parte, 8), per far valere (non l’omessa pronuncia, ma senz’altro)la mancanza delle condizioni per la decisione del merito da parte degliarbitri.

3. Le considerazioni sopra svolte consentono di valutare le soluzioniadottate dalla Corte d’appello di Milano nella sentenza che si annota.

Come si è ricordato, la società impugnante lamentava l’omessa pro-nuncia da parte del lodo su alcune eccezioni da essa sollevate nel giudizioarbitrale, con le quali aveva dedotto: a) la conoscibilità, negligenza ecolpevole ignoranza da parte della società attrice della reale consistenzadel magazzino; b) la non risarcibilità dei danni evitabili secondo l’ordina-ria diligenza; c) il difetto di interesse ad agire della società attrice.

La Corte d’appello, ritenute « qualitativamente indentic[he] » leprime due eccezioni, ha escluso il vizio di omessa pronuncia su di esse,richiamando alcune pronunce della Cassazione, che hanno qualificato intermini di mera difesa la deduzione del debitore diretta a far valere ilconcorso del fatto colposo del creditore.

(7) Cfr., fra le tante, Cass. 30 giugno 2016, n. 13425; Cass. 28 luglio 2015, n. 15843; Cass.28 marzo 2014, n. 7406; Cass. 3 ottobre 2013, n. 22589; Cass. 23 gennaio 2009, n. 1701; Cass. 23giugno 2008, n. 17028, in Giur. it., 2009, I, 677, con nota di SALETTI.

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In effetti, la giurisprudenza distingue, nell’ambito dell’art. 1227 c.c.,l’ipotesi, contemplata dal 1º comma, del fatto colposo del creditore cheabbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso, da quella, disciplinatadal 2º comma, in cui il contegno del creditore/danneggiato abbia provo-cato il solo aggravamento del danno, senza contribuire alla sua causazione,e afferma che, mentre quest’ultima situazione costituisce oggetto di un’ec-cezione (in senso stretto) del convenuto (8), la prima dà luogo invece a unamera difesa (9).

In realtà, se non ci si ferma alla lettura delle massime e si considerail testo integrale delle sentenze della S.C., ci si accorge che la natura dimera difesa della deduzione volta a far valere il concorso del fatto colposodel creditore è, salvo casi isolati (10), affermata al solo scopo di consentirneil rilievo officioso (anche in appello), qualora le relative circostanze difatto risultino dagli atti di causa: risultato, quest’ultimo, che apparecompatibile anche con una ricostruzione della deduzione in discorso intermini di eccezione (sia pure) in senso lato.

Tale ultima ricostruzione appare, in effetti, da preferire, quantomenosul piano pratico, poiché consente una più razionale distribuzione deglioneri probatori, facendo gravare sul debitore/danneggiante l’onere didimostrare che il danno è stato prodotto, sia pure in parte, dal compor-tamento del creditore (11).

Ove si accolga una siffatta qualificazione, ne discende che, nel caso dispecie, la mancata considerazione, da parte del lodo, delle argomentazionitese ad affermare l’esistenza di un concorso del fatto colposo della societàattrice (la quale, usando l’ordinaria, diligenza, avrebbe potuto avvedersidegli ammanchi di magazzino e così astenersi dal concludere il contratto allepattuite condizioni), integrava l’ipotesi del lodo che « ha omesso di pro-nunciare su alcune delle [...] eccezioni proposte dalle parti in conformità allaconvenzione di arbitrato, onde l’impugnazione ex art. 829, n. 12 (anche a non

(8) Cfr. ad es. Cass. 27 luglio 2015, n. 15750; Cass. 16 aprile 2013, n. 9137; Cass. 25 maggio2010, n. 12714; Cass. 10 novembre 2009, n. 23734, in Contr., 2010, 464, con nota di Pirovano;Cass. 23 gennaio 2006, n. 1213; Cass., sez. un., 13 gennaio 2005, n. 564; Cass. 29 luglio 2003, n.11672; Cass. 5 giugno 2003, n. 8997; Cass. 26 febbraio 2003, n. 2868; Cass. 12 luglio 1993, n. 7672;Cass. 28 aprile 1988, n. 3209, in Arch. civ., 1988, 1054.

(9) Cfr. Cass. 22 marzo 2011, n. 6529; Cass. 25 maggio 2010, n. 12714, cit.; Cass. 10novembre 2009, n. 23734, cit.; Cass. 20 agosto 2009, n. 18544; Cass. 25 settembre 2008, n. 24080(che peraltro esclude la rilevabilità officiosa in appello laddove in primo grado il danneggianteabbia sostenuto la responsabilità esclusiva del danneggiato e il giudice di primo grado abbiaaccolto tale prospettazione); Cass. 6 luglio 2006, n. 15382; Cass. 23 gennaio 2006, n. 1213, cit.;Cass. 20 marzo 2004, n. 5655; Cass. 1º febbraio 2000, n. 1073.

(10) Cfr. Cass. 9 giugno 2011, n. 12626, richiamata nella motivazione della sentenza chesi annota, che ne ha dedotto l’impossibilità di configurare il vizio di omissione di pronuncia incaso di omesso esame della deduzione in discorso.

(11) Come del resto ritenuto, in apparente contrasto con la qualificazione in termini dimera difesa, dalla stessa giurisprudenza: cfr. Cass., sez. un., 13 gennaio 2005, n. 564, cit.Analogamente, con riguardo all’ipotesi del 2º comma, Cass. 16 aprile 2013, n. 9137; Cass. 9maggio 2000, n. 5883, in Foro it., 2001, I, 575, con nota di BELLANTUONO, e in Giur. it., 2001, 260.

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voler assecondare l’interpretazione estensiva di quest’ultima disposizioneprospettata retro, par. 2) risultava meritevole di accoglimento.

In parte diversa è la conclusione per quanto attiene alla censura diomesso esame dell’eccezione di difetto di interesse ad agire. Invero, perquanto l’argomento utilizzato dalla Corte milanese — vale a dire che lacarenza di interesse ad agire « riflette una situazione che può essererilevata d’ufficio dal giudice » — si mostri, al riguardo, del tutto inconfe-rente, il rigetto dell’impugnazione potrebbe qui giustificarsi alla luce delricordato (retro, par. 2) orientamento giurisprudenziale, che esclude laconfigurabilità del vizio di omissione di pronuncia in caso di omesso esamedi eccezioni di rito. Orientamento, dal cui accoglimento discenderebbe lanecessità di far valere (non l’omessa pronuncia, ma direttamente) l’even-tuale difetto di interesse ad agire ai sensi (non già del n. 12, bensì)del(l’ultima parte del) n. 4 dell’art. 829 (12).

4. Con il secondo motivo di impugnazione veniva lamentata, per unverso, l’estraneità alla clausola compromissoria (che devolveva agli arbitri« tutte le controversie che dovessero insorgere in relazione al contratto eai suoi atti modificativi ed esecutivi, comprese quelle inerenti alla suavalidità, efficacia, interpretazione, esecuzione e risoluzione ») delle do-mande relative alla responsabilità precontrattuale, stante la natura aqui-liana di quest’ultima; per altro verso, l’eccesso di pronuncia in cui eranoincorsi gli arbitri, i quali avevano riconosciuto alla società attrice unasomma a titolo di lucro cessante, mentre la domanda era limitata al solodanno emergente.

Sul primo punto, la Corte milanese accede ad una visione (opportu-namente) alquanto largheggiante dei limiti della convenzione arbitrale,richiamandosi all’opinione secondo cui, in tema di interpretazione dellaclausola compromissoria, deve presumersi che « le parti che hanno sceltol’arbitrato come strumento di risoluzione delle liti future che derivano dalcontratto, l’abbiano fatto rispetto a tutte le liti che trovano la lorooccasione nel contratto, anche se eventualmente appartenenti al generedella responsabilità precontrattuale o aquiliana, salva l’esistenza di speci-fici indici contrari » (13).

(12) Ciò, naturalmente, sempre che non si ritenga di aderire ad un diverso e più radicalepunto di vista, secondo cui le esigenze di economia processuale indubbiamente sottese anchealla regola dell’art. 100 c.p.c. non sarebbero riferibili ad un processo di natura privatistica comequello arbitrale: per uno spunto in tale direzione, sia pur con diretto riguardo alla diversatematica della determinazione dell’oggetto del processo, LUISO, Diritto processuale civile, V,Milano, 2015, 168 s. V. anche, in una prospettiva tesa a riconoscere rilevanza anche in arbitratoalle regole costituenti espressione del principio di economia processuale, OCCHIPINTI, Lacognizione degli arbitri sui presupposti dell’arbitrato, Torino, 2011, 37 ss.

(13) È questa l’opinione di SALVANESCHI, Arbitrato, in Commentario al codice di proce-dura civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2014, 192, testualmente richiamata dalla pronuncia chesi annota.

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Al riguardo, occorre peraltro ricordare che la giurisprudenza apparetuttora in prevalenza attestata su posizioni più restrittive, allorché af-ferma, ad es., che la clausola compromissoria genericamente riferita allecontroversie nascenti dal contratto va interpretata, in mancanza diespressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenzaarbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contrattomedesimo, con esclusione quindi delle controversie che in quel contrattohanno unicamente un presupposto storico (14); o che il principio, secondocui la clausola compromissoria, che devolve al collegio arbitrale la cogni-zione delle controversie attinenti all’esecuzione ed all’interpretazione diun contratto, estende i propri effetti anche alle controversie su inadem-pimento e risoluzione del contratto medesimo, perché anche queste at-tengono al suo aspetto esecutivo, non esclude, perché possa affermarsi lacompetenza arbitrale, la necessità di una controversia che investa unacausa petendi fondata sul contratto: il che non si verifica nel caso in cuil’esecuzione di un contratto rappresenta soltanto il precedente storico delcredito vantato e si discuta, senza invocare specifiche modalità di soddi-sfacimento del credito eventualmente previste nel contratto, soltanto dellasua estinzione sulla base di fatti esterni al contratto, come accade nel casodi estinzione per compensazione (15).

Sennonché, in favore dell’opinione più liberale, si è (condivisibil-mente) invocato il comb. disp. degli artt. 808-bis, che ha introdotto lapossibilità di stipulare convenzioni di arbitrato su liti future in materia noncontrattuale, e 808-quater, a norma del quale, nel dubbio, la convenzionedi arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estendea tutte le controversie derivanti dal contratto o dal rapporto cui ilcontratto si riferisce. Ed invero, dovendo oggi ritenersi senz’altro am-messa la possibilità di compromettere in arbitri, con un unico atto, tutte lecontroversie, di natura sia contrattuale che extracontrattuale, collegate aun determinato contratto, diviene possibile sostenere che eventuali dubbisulla portata della convenzione arbitrale debbano essere superati, alla lucedel principio sancito nell’art. 808-quater, nel senso di ricomprendere nellacompetenza degli arbitri anche le controversie di natura extracontrattuale,che siano comunque connesse al contratto cui la clausola accede (16).

5. Con riguardo alla seconda censura, se appare da condividerel’avviso (conforme, del resto all’opinione della prevalente giurispru-

(14) Cfr. Cass. 3 febbraio 2012, n. 1674, in questa Rivista, 2014, n. 589, con nota diCASCELLI, che ha escluso la competenza degli arbitri in ordine alla domanda diretta far valere laresponsabilità dell’appaltatore per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c.

(15) Cass. 27 luglio 2015, n. 6308.(16) In questo senso, cfr. ZUCCONI GALLI FONSECA, in CARPI (a cura di), Arbitrato,

Bologna, 2007, 148 ss., 190 ss.; RUFFINI, in Commentario breve al diritto dell’arbitrato, a cura diBenedettelli, Consolo e Radicati di Brozolo, Padova, 2010, 106.

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denza) (17), secondo cui alla bipartizione tra danno emergente e lucrocessante non corrisponde una duplicità di domande, ma solo una distin-zione tra diverse voci di danno nell’ambito di un unico petitum sostanziale,suscita invece perplessità l’affermazione secondo cui l’eventuale extrape-tizione in cui fossero incorsi gli arbitri non sarebbe stata deducibile ai sensidell’art. 829, n. 4, posto che tale norma si occupa soltanto della pronunciaoltre i limiti della convenzione di arbitrato: ciò almeno laddove taleaffermazione dovesse essere intesa nel senso di negare qualsiasi rilevanzaal vizio di extra (o ultra) petita nell’ambito del giudizio arbitrale, dovendosiin quest’ultimo aver riguardo unicamente al rispetto, da parte degli arbitri,dei limiti della loro competenza così come determinata dall’accordocompromissorio.

Si tratta, invero, di due aspetti distinti, ma entrambi rilevanti (18): daun lato vi è l’osservanza, da parte degli arbitri, dei limiti della propriacompetenza; dall’altro la corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che inquanto principio generale che informa l’esercizio dell’attività giurisdizio-nale dichiarativa in materia civile, deve essere assicurata anche nell’arbi-trato (19).

In effetti, una certa quale sovrapposizione (se non vera e propriaconfusione) tra i due piani caratterizzava in origine lo stesso art. 829, n. 4,c.p.c., la cui primitiva formulazione (« se la sentenza ha pronunciato fuoridei limiti del compromesso »), conforme, in parte qua, a quella dell’art. 32c.p.c. del 1865, risente probabilmente dell’idea secondo la quale il com-promesso rappresentava, ad un tempo, l’atto fondativo della competenzaarbitrale e l’equivalente della domanda giudiziale (20); sicché non c’era infondo da stupirsi nel vedere sanzionate in una stessa disposizione tanto

(17) Cfr. ad es. Cass. 7 agosto 2002, n. 11905; Cass. 10 febbraio 1999, n. 1136; Cass. 10febbraio 1999, n. 1129.

(18) In modo analogo, sia pure con precipuo riguardo all’arbitrato commerciale inter-nazionale, LATTANZI, L’impugnativa per nullità nell’arbitrato commerciale internazionale, Mi-lano, 1989, 253 ss.

(19) Quanto meno in quello rituale. Con riguardo invece all’arbitrato libero, nel sensoche la corrispondenza tra chiesto e pronunciato si risolve nel rispetto dei limiti del mandatoconferito agli arbitri dalle parti, cfr. Cass. 24 marzo 2014, n. 6830; Cass. 21 maggio 1996, n. 4688,in questa Rivista, 1997, 61, con nota di LAUDISA.

(20) Cfr. al riguardo MORTARA, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile,III, Milano, s.d., 219, che, dopo aver ricordato la diversa formulazione dell’art. 1028 del codicefrancese, che menzionava separatamente l’ipotesi della decisione « hors des termes du compro-mis » e quella della pronuncia « sur choses non demandèes », concludeva: « In ogni modo, si èd’accordo nel significato che deve essere attribuito alle parole del testo, le quali designano tantol’ipotesi di esame e statuizione su punti di controversia non sottoposti agli arbitri come quelladi pronunzia d’una condanna per cose o prestazioni non domandate dalle parti ». Sulla tesi cheindividua nel motivo in discorso « un presidio del principio di corrispondenza fra il chiesto e ilpronunciato sancito per il giudizio ordinario di cognizione dall’art. 112 c.p.c. » cfr. altresìMARINUCCI, L’impugnazione del lodo arbitrale dopo la riforma, Milano, 2009, 154, ove ancheulteriori richiami.

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l’inosservanza dei limiti della competenza arbitrale, quanto la pronunciaextra petita.

Un simile ordine di idee deve peraltro ritenersi definitivamentesuperato a seguito della riforma del 1994, che, com’è noto, ha introdottouna specifica disciplina della domanda di arbitrato (artt. 2652-2653 e 2943c.c. e 669-octies c.p.c.), individuando quest’ultima nell’atto notificato con ilquale la parte dichiara la propria intenzione di promuovere il procedi-mento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, allanomina degli arbitri. Invero, l’autonoma rilevanza attribuita alla domandaarbitrale quale atto distinto dall’accordo compromissorio (pur se conclusonelle forme del compromesso a lite già insorta) e idoneo a rendereeffettivamente controversa (nel senso di in iudicium deducta) la situazionesostanziale deferita agli arbitri (21), impone di riferirsi a quest’ultimo attoper individuare i confini del dovere decisorio del giudice privato.

Ciò implica, naturalmente, la necessità di individuare, tra i motivi dinullità contemplati dall’art. 829 c.p.c., quello cui ricondurre il caso dellapronuncia (entro i limiti della convenzione arbitrale, ma) oltre i limitidella domanda.

Esclusa, per le ragioni sopra illustrate, l’utilizzabilità del n. 4, nellaparte relativa all’inosservanza dei limiti della convenzione arbitrale, ap-pare invece da condividere l’opinione, che riconduce la pronuncia extrapetita nell’ambito della seconda parte del medesimo art. 4 (« se il lodo [...]ha deciso il merito della causa in ogni altro caso in cui il merito non potevaessere deciso »), inteso quale norma di chiusura idonea a ricomprenderetutte le ipotesi, non censurabili con altri motivi di impugnazione, in cui gliarbitri abbiano erroneamente deciso nel merito in assenza dei relativipresupposti (22).

(21) Quest’ultimo punto mi sembra emergere con grande chiarezza dal comb. disp. degliartt. 2943 e 2945 c.c., che individuano nella notificazione della domanda di arbitrato il momentoiniziale della litispendenza, costituente a sua volta il presupposto per il prodursi dell’effettointerruttivo-sospensivo della prescrizione. In argom. cfr. MURONI, La pendenza del giudizioarbitrale, Torino, 2008, spec. 54 ss.

(22) Cfr. MARINUCCI, L’impugnazione del lodo arbitrale, cit., 155 ss., 163; SALVANESCHI,Arbitrato, cit., 897. Analogamente, App. Milano 1º luglio 2014, in questa Rivista, 2015, 83, connota di DE SANTIS.

Più difficile appare invece ricondurre nell’ambito di quest’ultima disposizione l’ipotesi,anch’essa concettualmente assimilabile all’extrapetizione, di erroneo rilievo officioso, da partedegli arbitri, di un’eccezione riservata alle parti. Al riguardo, premesso che tutte le soluzioniipotizzabili passano attraverso una forzatura del dato testuale, mi sembra che l’unico modo perattribuire a questo, che sicuramente si configura come un error in procedendo degli arbitri, unarilevanza non meramente occasionale e indiretta (quale si avrebbe, ad es., ritenendo impugna-bile ai sensi del n. 9 il lodo che abbia pronunciato « a sorpresa » su una determinata eccezione— non rilevabile d’ufficio —, senza che la stessa fosse stata previamente sottoposta alcontraddittorio delle parti), sia quello di far rientrare il vizio in discorso nel n. 7, opportuna-mente interpretato quale norma di chiusura idonea a sanzionare anche la violazione di formeprocedimentali imposte agli arbitri direttamente dalla legge (sul punto, mi permetto di rinviare,

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6. Il rigetto dell’ultimo motivo di impugnazione, volto a denunciareil difetto e la contraddittorietà della motivazione su punti decisivi dellacontroversia, è in linea con il costante orientamento della giurisprudenzasecondo cui l’impugnazione del lodo per vizi attinenti alla motivazione èammessa soltanto, ai sensi del n. 5 dell’art. 829, laddove essa manchi deltutto o sia a tal punto carente da non consentire di comprendere l’iterargomentativo della decisione; mentre il contrasto deducibile ai sensi deln. 11 è solo quello tra le varie parti del dispositivo (23).

È noto che tale orientamento aveva suscitato le critiche di una partedella dottrina, la quale aveva osservato che la funzione indubitabilmentedecisoria attribuita agli arbitri e l’equiparazione quoad effectum del lodoalla sentenza (oggi espressamente sancita dall’art. 824-bis c.p.c.) impone-vano di assicurare un controllo sulla motivazione in fatto del primo,analogo a quello garantito nei riguardi della seconda dal n. 5 dell’art. 360,proponendo di conseguenza interpretazioni adeguatrici del dato norma-tivo, che in effetti sembra limitare la nullità del lodo ai soli casi-limite dellamancanza grafica della motivazione e del contrasto tra varie parti deldispositivo (24).

Sennonché è altresì noto che il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito,con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) ha modificato l’art.360, n. 5, c.p.c., sostituendo alla formula « omessa, insufficiente o contrad-dittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio »quella che fa riferimento all’« omesso esame circa un fatto decisivo per ilgiudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ». La modifica,dichiaratamente intesa a contenere il preteso abuso dei ricorsi per cassa-zione per vizi della motivazione, ha comportato, almeno secondo l’inter-pretazione che della nuova disposizione hanno offerto le sezioni unitedella Corte di cassazione (25), una riduzione « al minimo costituzionale »

anche per ulteriori riferimenti, a quanto da me osservato in AA.VV., Commentario alle riformedel processo civile, a cura di Briguglio e Capponi, III, 2, Padova, 2009, 1020 s. e 1029).

(23) Cfr., tra le tante, Cass. 28 maggio 2014, n. 11895; Cass. 18 dicembre 2013, n. 28218;Cass. 15 maggio 2009, n. 11301. Per ulteriori riferimenti, sia consentito il rinvio a RUFFINI-BOCCAGNA, in AA.VV., Commentario breve al diritto dell’arbitrato, cit., 346 e 349.

(24) In tale direzione cfr. specialmente TARUFFO, Sui vizi di motivazione del lodoarbitrale, in questa Rivista, 1991, 507 ss.; FAZZALARI, Impugnazione del giudizio di fattodell’arbitro, ivi, 1999, 1 ss.; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012,558 ss.

(25) Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053, in Foro it., 2015, I, 209, con nota di QUERO; inGiur. it., 2014, 1901, con nota di TURCHI; in Corr. giur., 2014, 1241, con nota di GLENDI; in Riv.dir. proc., 2014, 1594, con nota di PORCELLI; in Dir. prat. trib., 2014, II, 460, con nota di DALLA

BONTÀ. Gli stessi principi sono stati successivamente ribaditi da Cass. 11 luglio 2014, n. 16009,in Notiz. giur. lav., 2014, 838; Cass., sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881, in Foro it., 2015, I, 209,con nota di QUERO, e in Dir. prat. trib., 2015, II, 730, con nota di DALLA BONTÀ; Cass. 17 febbraio2015, n. 3156, in Boll. trib., 2015, 785, con nota di RIGHI; Cass. 9 giugno 2015, n. 11910, in Arg.dir. lav., 2015, 1043, con nota di BUSSOLARO, e in Riv. it. dir. lav., 2016, II, 39, con nota di DE

MARTINO; Cass., sez. un., 10 luglio 2015, n. 14477; Cass. 21 luglio 2015, n. 15247, in Giur. it., 2016,76, con nota di ROMANO.

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del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, in forzadella quale l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimitàsarebbe unicamente quella relativa all’esistenza della motivazione in sé,come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con lerisultanze processuali, e si esaurirebbe pertanto nella « mancanza assolutadi motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione appa-rente », nel « contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili », nella« motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », restandoinvece esclusa qualsiasi rilevanza del difetto di « sufficienza ».

Appare dunque evidente che, stando almeno a questa interpreta-zione (26), la parificazione del lodo alla sentenza si sarebbe realizzata inuna direzione diametralmente opposta rispetto a quella auspicata dalladottrina sopra richiamata: una parificazione, potrebbe dirsi, « al ribasso »,alla quale non potrebbe allora guardarsi senza una certa inquietudine,posto che la previsione di adeguati strumenti di controllo sulla motiva-zione in fatto costituisce un indispensabile (anche, nonostante il contrarioavviso delle sez. un., sul piano costituzionale) presidio della giustizia delledecisioni, ordinarie non meno che arbitrali.

SALVATORE BOCCAGNA

(26) La quale, peraltro, non ha mancato di suscitare ampie critiche da parte delladottrina: cfr. ad es., anche per ulteriori riferimenti, PASSANANTE, Le sezioni unite riducono al« minimo costituzionale » il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza civile, in Riv.trim. dir. proc. civ., 2015, 179 ss.; CAPPONI, L’omesso esame del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. secondo laCorte di cassazione, ivi, 2016, 925 ss.

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II) STRANIERA

Sentenze annotate

GERMANIA - BUNDESGERICHTSHOF, sentenza KZR 6/15, 7 giugno 2016; LIM-PERG Pres.; MEIER-BECK, RAUM, STROHN, DEICHFUß Giud.; Pechstein c. DeutscheEisschnelllauf-Gemeinschaft e V. (Desg) e International Skating Union (Isu).

Arbitrato dello sport - Corte arbitrale per lo sport di Losanna (Tas/Cas) - Clausolacompromissoria - Consenso all’arbitrato da parte dell’atleta (valido) - Abusodi posizione dominante da parte delle federazioni sportive (negato) - Con-formità del processo arbitrale Tas alle regole del giusto processo (ammesso)- Terzietà degli arbitri (riconosciuta) - Indipendenza della Cas (riconosciuta)- Artt. 1025 e 1032 Codice di procedura civile tedesco (ZPO) - Art. 19,comma 1, Legge tedesca sulla concorrenza (GWB) - Art. 12 Costituzionefederale (GG) - Art. 6, comma 1º, Convenzione europea dei diritti umani.

La Corte di Arbitrato per lo Sport (CAS) di Losanna è una istituzionearbitrale, ai sensi degli artt. 1025 comma 2º e 1032 comma 1º del Codice diprocedura civile tedesco (ZPO).

Le federazioni sportive internazionali sono leaders di mercato per quantoriguarda l’ammissione degli atleti alle competizioni sportive organizzate dallemedesime.

Non c’è abuso della posizione dominante da parte dell’organizzazione spor-tiva, se quest’ultima condiziona la partecipazione di un atleta ad una competizionesportiva alla firma di una clausola compromissoria, che preveda il ricorso alla CAS,secondo le regole anti-doping.

Il regolamento arbitrale della CAS contiene sufficienti garanzie a tutela deidiritti degli atleti e i lodi arbitrali della CAS sono soggetti a revisione da parte delTribunale federale svizzero.

Il fatto che gli arbitri debbano essere scelti dalle parti fra i partecipanti ad unalista chiusa designata da un organismo internazionale, i cui membri sono nominati,in prevalenza, dal Comitato Olimpico Internazionale, dai Comitati Olimpici Na-zionali e dalle federazioni sportive internazionali, non determina il venir meno dellegaranzie necessarie a tutelare i diritti degli atleti.

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Con riguardo alle controversie sulle misure anti-doping, le federazioni sportivee gli atleti non sono, generalmente parlando, contrapposti in blocchi che perseguonointeressi diversi.

La clausola compromissoria stipulata dall’atleta è valida, con riguardo aldiritto di accesso ai tribunali statali (Justizgewährungsanspruch), ai sensi dell’art. 2,comma 1º della Costituzione federale, al diritto di svolgere attività professionali, aisensi dell’art. 12 comma 1º della Costituzione federale, nonché al diritto ad unprocesso equo, ai sensi dell’art. 6 comma 1º della Convenzione europea dei dirittidell’uomo.

MOTIVI DELLA DECISIONE (*). — 1. The Plaintiff is an internationally successfulspeed skater. The First Defendant — which is not involved in the appeal proceed-ings — is the German National Association for speed skating, which has itsregistered offices in Munich. The Second Defendant is the International SkatingUnion (hereinafter referred to as ISU); the ISU has its registered offices inSwitzerland. Both federations are organised in accordance with the “one placeprinciple”, i.e., there is only one German and one international federation thatorganise speed skating competitions on the national and international level.

2. On 2 January 2009, during the period before the speed skating worldchampionships in Hamar (Norway) on 7 and 8 February 2009, the Plaintiff signeda registration form provided by the Second Defendant. If the Plaintiff had notsigned this registration form, she would not have been permitted to compete. Bysigning the form, the Plaintiff undertook, inter alia, to comply with the SecondDefendant’s antidoping regulations. Furthermore, she also signed an arbitrationagreement that provided that any disputes should be brought before the Court ofArbitration for Sport (hereinafter referred to as CAS) in Lausanne and that thejurisdiction of the ordinary courts of law should be excluded.

3. During the World Championships in Hamar, blood samples were takenfrom the Plaintiff; these samples showed elevated reticulocyte counts. The SecondDefendant considered this to be evidence of doping. Its disciplinary commissiondecided on 1 July 2009 to ban the Plaintiff from competition with retroactive effectas of 7 February 2009 for two years on the ground of illegal blood doping, to annulthe results obtained by the Plaintiff during the competitions on 7 February 2009and to strip her of the points, awards and medals that she had won. In a letterdated 19 July 2009, the First Defendant informed the Plaintiff that she was alsoexcluded from training as a result of this ban and that her status as a member ofthe team for the Olympic Winter Games 2010 had been suspended.

4. The Plaintiff and the First Defendant appealed to the CAS against thedecision of the disciplinary commission. On 29 September 2009, the CAS submit-ted its Rules of Procedure for these proceedings, in which, inter alia, it determinedits own jurisdiction. These Rules of Procedure were signed by the parties. In anaward dated 25 November 2009, the CAS dismissed the appeals almost withoutexception; only the date of commencement of the ban was altered to 8 February2009.

(*) Si tratta della traduzione inglese dell’originale in tedesco.

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5. The Plaintiff appealed against this award to the Swiss Federal Tribunal; thisappeal was dismissed by a judgment dated 10 February 2010. A further appeal(Revision [i.e.: based on alleged new facts]) filed by the Plaintiff with the SwissFederal Tribunal was dismissed by a judgment dated 28 September 2010.

6. By the present action, the Plaintiff requests a declaratory judgement statingthat her ban due to doping was unlawful, and a decision ordering the Defendantsto pay compensation for the material damage suffered by her, as well as compen-sation for her pain and suffering. The Regional Court (Landgericht) dismissed thecomplaint (Regional Court of Munich I, SchiedsVZ 2014, 100). The Plaintiffaccepts the dismissal of the complaint against the First Defendant; however, shehas filed an appeal against the dismissal of the complaints against the SecondDefendant. The Court of Appeal handed down a partial final and partial interimdecision (Higher Regional Court of Munich, WuW/E DE-R 4543) dismissing thePlaintiff’s appeal to the extent of dismissing the first point of the complaint filedagainst the Second Defendant — i.e., the request for a declaratory judgementstating that the doping ban imposed on the Plaintiff was illegal. Concerning thefurther relief sought in the complaints — damages, including damages for pain andsuffering —, the Court of Appeal has found that the action filed against the SecondDefendant is admissible. The Second Defendant then appealed against this deci-sion by an appeal on points of law only, which was allowed by the Court of Appealand is now being contested by the Plaintiff.

7. A. The Court of Appeal based its decision essentially on the followingreasons:

8. The German courts have international jurisdiction over the complaintagainst the Second Defendant. This jurisdiction is based on Art. 6 no. 1 of theConvention on jurisdiction and the recognition and enforcement of judgments incivil and commercial matters of 30 October 2007 (Lugano Convention 2007). Theclose link required as a prerequisite for recourse to these courts, together withanother legal entity, at the place where the other legal entity has its registeredoffices, is provided by the fact that the complaints against the First Defendant andthe Second Defendant are based on one and the same factual and legal situation.There are no indications of any abusive behaviour on the Plaintiff’s part, e.g. byfiling a suit against the First Defendant with the sole aim of establishing thejurisdiction of the German courts over the Second Defendant. The German courtscontinue to hold jurisdiction with regard to the complaint filed against the SecondDefendant even after the dismissal of the complaint against the First Defendanthas become res iudicata.

9. The arbitration agreement concluded between the Plaintiff and the SecondDefendant does not hinder access to the regular courts. The arbitration agreementis invalid because it infringes mandatory law. Pursuant to Art. 34 of the Introduc-tory Law to the German Civil Code (EGBGB), the effectiveness of the arbitrationagreement must be evaluated in accordance with German anti-trust law. Such anevaluation shows that the arbitration agreement is invalid according to sec. 19para. 1, para. 4 no. 2 of the German Act against Restraints on Competition(GWB), old version. The Second Defendant holds a monopoly position in therelevant market of admission to speed skating world championships and is there-fore an addressee of the norm. The organisation of sporting events constitutes acommercial activity. By submitting a registration form providing for the jurisdic-

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tion of a court of arbitration and excluding the jurisdiction of the courts of law, theSecond Defendant imposed general terms and conditions of business. This assess-ment is not contradicted by the International Convention against Doping in Sportsof 19 October 2005, which refers to the principles of the World Anti-Doping Code(hereinafter referred to as WADC) that include mandatory jurisdiction of theCAS. There is no indication either that the Convention considers this specificdetail to be part of the principles that the signatory states — including Switzerland— undertook to adhere to, or that Switzerland had created a statutory obligationaccording to which the Second Defendant would have had to draw up anarbitration agreement involving the CAS. The question whether the SecondDefendant felt itself obliged to demand an arbitration agreement involving theCAS for other than statutory reasons, particularly because it wanted to maintainits recognition by the International Olympic Committee, is irrelevant to theassessment from the point of view of anti-trust law.

10. A request for an arbitration agreement on the part of the organiser of aninternational sporting competition is not, in itself, an abuse of a dominant marketposition. In particular, guaranteeing uniform jurisdiction and rules of procedure inproceedings based on similar sets of facts prevents contradictory decisions andprovides an objective reason for submitting disputes between athletes and federa-tions in connection with international competitions to a uniform court of arbitra-tion for sports. In the present case, however, the request to sign the arbitrationagreement does constitute an abuse of market position, since the federations havea significant influence on the selection of the persons eligible for appointment asarbitrators in proceedings before the CAS. There is no objective justification forthis excess of power in the hands of the federation. The only reason for an athleteto sign the arbitration agreement despite this imbalance is the monopoly positionof the federation. Since the arbitration agreement blocked the Plaintiff’s access tothe courts of law and to a judge provided by law, the level of materiality requiredfor an assumption of abuse of market position may be considered to have beenexceeded.

11. An assumption of abuse under anti-trust law is not contradicted by thedeletion of sec. 1025 para. 2 of the Code of Civil Procedure (ZPO), old version,which provided for the invalidity of an arbitration agreement in cases where oneparty abused its economic or social dominance to force the other party to sign it.To justify the deletion of this provision, the legislative authorities argued that theinvalidity of the arbitration agreement would constitute an excessive legal conse-quence in view of the fact that arbitration offered legal protection that is, generallyspeaking, equivalent to that of the courts of law, and that the rule of sec. 1034 para.2 of the Code of Civil Procedure guarantees a balanced composition of the courtof arbitration. However, these legislative considerations are irrelevant to theevaluation under anti-trust law, since it is a typical feature of anti-trust abusecontrol that market-dominating enterprises are prohibited from certain behavioursthat are freely permitted to other market participants.

12. The Plaintiff is not prevented from bringing her case before a court of lawbecause of contradictory behaviour. It is true that she filed an objection against thedoping ban with the CAS. However even if this had entailed an acknowledgementof the latter’s jurisdiction, such jurisdiction cannot be extended to other disputes,particularly to the dispute concerning the claims for damages in question here.

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Furthermore, it is unclear why the Second Defendant should have been expectedto assume that the Plaintiff would have recourse to the CAS for other disputesthan those concerning the validity of the doping ban. After all, the signing of theRules of procedure of the CAS could only have established its jurisdiction over thepending dispute concerning the doping ban, but not over other proceedings.

13. The first claim (declaratory judgement establishing the illegality of thedoping ban) is inadmissible since it was not aimed at a declaratory judgementconcerning a legal relationship. However, the other claims (material damages andcompensation for pain and suffering) are admissible. To the extent that it isadmissible, the complaint is not ready for decision; in particular, it is not un-founded due to any res iudicata effects of the arbitral award of the CAS. Therecognition of the CAS award constitutes a violation of ordre public due to the factthat the arbitration agreement violated antitrust law.

14. B. The Second Defendant’s appeal on a point of law is successful andrestores the judgement of the regional court which had dismissed the complaint.The complaint, to the extent that it has not yet been dealt with, is inadmissible.

15. I. However, the German courts have international jurisdiction over thecomplaint pursuant to Art. 6 no. 1 in conjunction with Art. 60 of the LuganoConvention 2007.

(Omissis).22. II. However, the complaint is inadmissible due to the Second Defendant

pleading the arbitration agreement (sec. 1032 para. 1 in conjunction with sec. 1025para. 2 of the Code of Civil Procedure).

23. 1. By signing the registration for the competition at the Second Defen-dant’s request, the Plaintiff and the Defendants entered into an arbitrationagreement pursuant to sections 1025 et seq. of the Code of Civil Procedure. TheCAS is a “true” court of arbitration within the meaning of the Code of CivilProcedure and not merely an association tribunal (Verbandsgericht) (for moredetails concerning this distinction, see FCJ, judgement of 28 November 1994 — IIZR 1 1/94, BGHZ 128, 93, 108 et seq.; Schlosser in Stein/Jonas, ZPO, 22nd ed.,ahead of sec. 1025, margin no. 11) or any other dispute resolution body.

24. a) The general outlines of the position of the judiciary power within thegovernmental structure and its relationship with the citizens have been establishedas fundamental principles of the German legal system (cf. BVerfGE 2, 307, 320).A judge must observe a proper distance and neutrality (cf. BVerfGE 21, 139, 145et seq.; 42, 64, 78); the nature of a judge’s work excludes any possibility that itcould be done by uninvolved third parties (for the relevant case law, see, inter alia,BVerfGE 3, 377, 381). As regards arbitration, the function and effect of whichconstitutes substantive jurisprudence, no exception to this principle is made.Consequently, a “true” court of arbitration by which access to the court of law canbe effectively excluded can only exist in cases where the arbitration court calledupon to decide the particular case represents an independent and neutral instance(FCJ, judgement of 15 May 1986 - III ZR 192/84, BGHZ 98, 70, 72; decision of 27May 2004 - III ZB 53/03, BGHZ 159, 207, 211 et seq.; Schlosser in Stein/Jonas,ZPO, 22nd ed., ahead of sec. 1025, margin no. 11).

25. b) The CAS represents such an independent and neutral instance. Unlikea federation or association tribunal (concerning this point, see FCJ, decision of 27May 2004 - III ZB 53/03, BGHZ 159, 207, 210 et seq.), it is not incorporated into

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any particular federation or association. As an institution, it is independent of thesports federations and Olympic Committees that support it (see Federal Tribunalof Switzerland, judgment of 27 May 2003 - 4P.267-270/2002, SchiedsVZ 2004, 208,209 et seq. - Danilova and Lazutina); it is intended to ensure uniform jurisdictionacross all federations.

26. c) The procedure of drawing up the list of arbitrators of the CAS indicatesno structural imbalance impairing the independence and neutrality of the CAS tosuch an extent that its position as a “true” court of arbitration could be called intoquestion (this is also the conclusion of Görtz, Anti-Doping-Maßnahmen imHochleistungssport aus rechtlicher Sicht, 2012, p. 219; Schlosser in Stein/Jonas,ZPO, 22nd ed., sec. 1034, margin no. 13; for a different opinion, see Classen,Rechtsschutz gegen Verbandsmaßnahmen im Profisport, 2014, p. 69 et seq.; Orth,SpuRt 2015, 230, 232; Heermann, SchiedsVZ 2015, 78, 79, who has some doubts;Holla, Der Einsatz von Schiedsgerichten im organisierten Sport, 2006, p. 204).

27. aa) According to the findings of the Court of Appeal, the 2004 rulesgoverning the procedure that were applicable on the date on which the arbitrationagreement was signed (Statutes of the Bodies Working for the Settlement ofSportsrelated Disputes, hereinafter referred to as Statutes, and the ProceduralRules, hereinafter referred to as the Procedural Rules), the parties appealing tothe CAS are only entitled to select the arbitrators from a closed list of arbitratorsdrawn up by the International Council of Arbitration for Sport (hereinafterreferred to as ICAS). The ICAS consists of 20 members. The International SportsFederations (of which the Second Defendant is one), the National OlympicCommittees and the International Olympic Committee are each entitled to ap-point four of these members. These 12 members then appoint four members “witha view to safeguarding the interests of the athletes”. These 16 members finallyappoint four further members who are independent of the organisations that havenominated all the other members. The members of the ICAS pass their decisionswith a simple majority of all votes. When selecting arbitrators for the CAS, theICAS is obliged to guarantee a distribution that corresponds to its own composi-tion: one fifth of the arbitrators must be chosen from those appointed by theInternational Sports Federations, one fifth from those appointed by the Interna-tional Olympic Committee and one fifth from those appointed by the NationalOlympic Committees; a further fifth should be selected to safeguard the interestsof the athletes and the remaining fifth should consist of persons who are indepen-dent of the persons responsible for proposing the other arbitrators. During appealproceedings before the CAS, the president of the appeal division who has beenelected by a simple majority in the ICAS is entitled to appoint a chairman for thepanel seized of the dispute in question if the parties to the dispute failed to cometo an agreement concerning this point.

28. The Court of Appeal concludes from this that due to the majorityprinciple applying to the ICAS, the federations are overrepresented by the 12members appointed by them, which allegedly enables them to influence thecomposition of the list of arbitrators, particularly in view of the fact that theindependence in relation to the federations of the further eight members cannot beguaranteed since they are elected by the 12 members linked to the federations.This ascendancy represents a risk in that the persons included in the list ofarbitrators are likely, for the most part or even entirely, to be closer to the

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federations than to the athletes. There is no objective justification for this prepon-derance of the federations. In disputes between the federations and the athletes,the interests of the parties are not identical, but rather directly opposed to eachother.

29. bb) This conclusion is without merit.30. The independence required for a qualification as a “true” court of

arbitration will be found to be lacking in cases where the members of the arbitraltribunal are determined solely or predominantly by one party, or where the partiesto the dispute do not have equal influence on the composition of the tribunal (FCJ,decision of 27 May 2004 - III ZB 53/03, BGHZ 159, 207, 213 et seq.; Haas,ZVglRWiss 2015, 516, 517 et seq.; Classen, Rechtsschutz gegen Verbandsmaßnah-men im Profisport, 2014, p. 62 et seq.). However, in case of an actual dispute theparties have equal influence on the composition of the arbitral tribunal of theCAS. Both parties are entitled to choose an arbitrator from the (closed) list ofarbitrators. A list of arbitrators as such is unobjectionable as long as it is not usedto institutionalise the predominant influence of one party (see Zöller/Geimer,ZPO, 31st edition, sec. 1034, margin no. 11) or the body exercising a decisiveinfluence on the drawing up of the list of arbitrators is closer to one party than tothe other, i.e., belonging to a specific “camp” (Schlosser in Stein/Jonas, ZPO, 22nded., sec. 1025, margin no. 10). There is no such predominant influence in thepresent case.

31. The list of arbitrators reflects no institutionalisation of a predominantinfluence on the part of any specific sports federation involved in actual proceed-ings (in this case, the Second Defendant) in the sense that it could have directlyinfluenced the list. The Second Defendant only has an indirect influence over thecomposition of the list of arbitrators, since, according to the findings of the Courtof Appeal, it is one of the international sport federations entitled to appoint fourmembers of the ICAS. Furthermore, one fifth of the arbitrators should beappointed from among the persons named by the international sport federations.This means that an international sports federation such as the Second Defendantdoes have a certain influence on the composition of the list of arbitrators.However, its scope is not sufficient to permit the Second Defendant to exercise adecisive influence on the composition of the list of arbitrators. No indications havebeen found, and no evidence has been provided to suggest that the list ofarbitrators, which must include a minimum of 150 persons — in fact, it includes farmore than 200 (see Haas, ZVglRWiss 2015, 516, 528) — does not contain asufficient number of neutral persons independent of the Second Defendant (seeFCJ, judgement of 7 January 1971 - VII ZR 160/69, BGHZ 55, 162, 175 et seq.;Pfeiffer, SchiedsVZ 2014, 161, 164; Öschütz, Anmerkung zur Entscheidung desschweizerischen Bundesgerichts im Fall Danilova und Lazutina, SchiedsVZ 2004,211, 212).

32. A dominant influence of the federation involved in the proceedings in thepresent case cannot be deduced from the fact that the sports federations and theOlympic Committees globally have an important influence with respect to thecomposition of the list of arbitrators. A predominant position of the federationinvolved in the present proceedings vis-à-vis the athlete when determining thearbitrators could only be deduced from this if “federations” and “athletes” wereseen as two “camps” confronting each other and motivated by opposing interests,

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as may be the case in other areas, e.g. in disputes involving employers andemployees. However, “federations” and “athletes” do not represent such opposingcamps. It is true that, in the present case, a federation — the Second Defendant —and an athlete — the Plaintiff — were facing each other before the CAS asopposing parties; yet this does not mean that it is possible to place all the othersports federations automatically in the same camp as the Second Defendant.Generally speaking, the sports federations and the Olympic Committees arecompeting units with very different individual interests (see Haas, ZVgIRWiss2015, 516, 528 et seq.). As far as the obligation of implementing the WADC isconcerned, they may very well represent parallel interests in doping cases. How-ever, these interests are usually identical with the interests of the athletes inensuring that sport remains free from doping. Furthermore, beyond the commongoal of ensuring doping-free sports competitions, there will frequently be quitedifferent individual interests on the part of the various federations and theathletes. Like the First Defendant, a federation may support its athlete in doping— related proceedings because it is convinced of the athlete’s innocence. Anotherfederation — as, in the present case, the Second Defendant — may defend thedoping ban imposed by its disciplinary commission. As far as the athletes areconcerned, an athlete found guilty of doping will fight for the mildest possiblesanctions, while other athletes, whose interests may have been prejudiced by theirdoping competitor, may possibly be in favour of much stricter sanctions.

33. The panel has not lost sight of the fact that possibly the interest of the“federation’s side” in ensuring effective implementation of the rules and the publicperception of such implementation may be in conflict with the interests of theathlete in question in ensuring a high standard of evidence. However, in view ofthe main goal of a doping-free sport pursued by all federations and athletes —despite very different individual interests in individual cases — this does not justifyan assumption of homogenous “camps”, consisting of “the federations” and “theathletes”, which would permit individual sports federations such as the SecondDefendant to be automatically lumped with all the other federations so as toconstrue a predominance of an individual party to the proceedings with respect tothe composition of the arbitral tribunal.

34. d) In other respects, the Statutes and the Procedural Rules of the CASprovide sufficient individual independence and neutrality on the part of thearbitrators. After the appointment, the arbitrators must sign a declaration to theeffect that they undertake to exercise their function in an objective and indepen-dent manner. They cannot be members of the ICAS and they are obliged todisclose to the parties any circumstances that may impair their impartiality.Furthermore, the parties are given the opportunity to challenge an arbitrator whoappears to them to be not impartial. The Plaintiff’s objection that this right ofchallenge is only of limited value since the arbitrators are not obliged to disclosewhether and how many times in the past they have already been appointed by aparty can all the less hinder the classification of the CAS as a “true” Court ofArbitration, just like the right of suggestion (Hinweisrecht) of the SecretaryGeneral of the CAS — before being signed, an arbitral award must be submittedto the Secretary General, who may correct formal errors and draw the attention ofthe arbitral tribunal to “fundamental issues of principle” (compare the doubtsresulting from this as to the factual independence of the arbitral tribunal with the

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similar provision of Art. 33 [corresponding to Art. 27 of the old version] of the ICCRules of arbitration, see Reiner/Jahnel in Schütze, Institutionelle Schiedsgerich-tsbarkeit, 2nd ed., Art. 27 ICC, margin no. 8 et seq.; Schlosser in Stein/Jonas, ZPO,22nd ed., sec. 1036, margin no. 60 et seq.).

35. aa) The provision of sec. 1034 para. 2 of the Code of Civil Procedure,which provides a special procedure, subject to a time limit, before domestic courtsof arbitration in cases of structural predominance of one party in the compositionof the arbitral panel, indicates that not all impairments of the independence andneutrality of the arbitral panel will exclude the applicability of sections 1025 et seq.of the Code of Civil Procedure. Rather, the application of sections 1025 et seq. willonly be waived if the court of arbitration is no longer organised as an independentand impartial body according to its own statutes or if the “arbitral proceedings”boil down to no more than a decision on the part of the association or federationitself to safeguard its own interests, i.e. if a mere representation of the interests ofthe association or federation in question is to be expected (FCJ, decision of 27 May2004 - III ZB 53/03, BGHZ 159, 207, 212 et seq.).

36. This is in accordance with the case law of the Federal Court of Justiceconcerning foreign arbitral awards, the recognition of which is only refused if theviolations of the requirement of neutrality are absolutely irreconcilable with theprinciples governing the exercise of judicial power, e.g. because, from the point ofview of a neutral observer, they justify the assumption that the arbitrators are nomore than agents implementing the intentions of one party, or because thearbitrators unilaterally promote the interests of one party over those of the otherfor reasons unrelated to the case in question. This means that recognition of aforeign arbitral award can only be refused if the violation of the rule of impartialadministration of justice has had actual, palpable consequences to the arbitralproceedings (FCJ, judgement of 15 May 1986 — III ZR 192/84, BGHZ 98, 70, 74et seq.).

37. bb) However, as already explained above, this is definitely not the casehere.

38. The fact that a federation has, as a rule, more often the opportunity tonominate an arbitrator than an individual athlete is in the nature of things; it doesnot mean that the arbitrator nominated by the federation can be considered as itsagent.

39. The right of the Secretary General of the CAS to point out fundamentalissues of principle does not, basically, constitute a restriction to the independenceof the arbitral tribunal, either. Rather, this right of suggestion serves to guaranteea uniform jurisdiction.

40. 2. The arbitration agreement between the parties of 2 January 2009 coversthe claims for damages raised by the Plaintiff.

41. When the Plaintiff signed the registration form of 2 January 2009, shesubmitted to the articles of association of the Second Defendant. The registrationform expressly refers to art. 26 of the articles of association, as well as to the rightof decision of the CAS with regard to final and absolute arbitral awards bindingupon the Second Defendant, its members and all participants in events organisedby the Second Defendant, to the total exclusion of the jurisdiction of all ordinarycourts. Art. 26 of the Second Defendant’s articles of association in force at the timeset out the responsibilities of the CAS. According to this, claims for damages and

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other claims against the Second Defendant, which could otherwise have beenbrought before a civil court, were to be subject to the exclusive jurisdiction of theCAS.

42. 3. The arbitration agreement between the parties is valid.43. a) The agreement must be evaluated in accordance with the standards

established by sec. 19 of the Act against Restraints of Competition, old version.44. In case of a conflict of laws, the question of a valid conclusion and the

effectiveness of an arbitration agreement must be evaluated in accordance with therules of German International Private Law (FCJ, judgement of 3 May 2011 - XIZR 373/08, NJW-RR 2011, 1350, margin no. 38). According to Art 27 et seq. of theIntroductory Law to the German Civil Code, valid until 17 December 2009 andthus applicable to the arbitration agreement of 2 January 2009 (cf. FCJ, loc. cit.),the effectiveness of the arbitration agreement must be determined in accordancewith German anti-trust law, the law applicable to the contract notwithstanding.According to Art. 34 of the Introductory Law to the German Civil Code, oldversion, the applicable provisions are those provisions of German law that cannotbe contractually modified and that are mandatorily applicable internationally tothe facts in question, without regard to the law governing the contract itself. Theseinclude the provisions of antitrust law (MünchKommBGB-Martiny, 4th ed., Art.34 EGBGB, margin no. 94; Palandt/Thorn, BGB, 68th ed., Art. 34 EGBGB,margin no. 3). Concerning this point, the conflict of laws clause of privatecompetition law in sec. 130 para. 2 of the Act against Restraints of Competition (cf.Rehbinder in Immenga/Mestmäcker, Wettbewerbsrecht, 5th ed., § 130 GWB,margin no. 291) states that the provisions of the Act against Restraints ofCompetition are applicable to all restraints of competition which — as in thepresent case concerning an abuse of a dominant market position vis-à-vis a personresident in Germany — have an impact within the scope of applicability of this law,even if they have been initiated outside the scope of applicability of this law (cf.Tyrolt, Sportschiedsgerichtsbarkeit und zwingendes staatliches Recht, 2007, p. 44;for a different opinion, see Duve/Rösch, SchiedsVZ 2015, 69, 74).

45. b) The Second Defendant is the addressee of the norm of sec. 19 of theAct against Restraints of Competition, old version. The Court of Appeal hascorrectly found that the organisation of sporting events constitutes a commercialactivity and that, in view of the one place principle, the Second Defendantoccupies a monopoly position in the relevant market of the organisation of speedskating world championships.

46. c) The arbitration agreement entered into by the parties is valid. It doesnot infringe the prohibition of abuse under anti-trust law pursuant to section 19 ofthe Act against Restraints of Competition in the version applicable to this dispute,in force until 29 June 2013 (hereinafter referred to as the “old version”), whichwould render it invalid pursuant to sec. 134 of the German Civil Code.

47. The question whether the applicability of the prohibition of abuse underantitrust law is excluded because the Second Defendant was not acting as anentrepreneur when entering into the arbitration agreement, but rather in accor-dance with its obligation to provide exclusive jurisdiction of CAS for legalremedies against decisions in anti-doping proceedings resulting from the partici-pation in an international sporting event, or in cases involving international topathletes (Art. 13.2.1 in conjunction with Art. 23.2.2 WADC), may be left unan-

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swered. In any case, the behavior of the Second Respondent — following acomprehensive evaluation of the interests of both parties, taking into account theaim of the Act against Restraints of Competition of safeguarding the freedom ofcompetition — does not constitute any abuse of its dominant position in themarket.

48. It is also irrelevant whether the Second Defendant’s request that thePlaintiff sign the arbitration agreement should be evaluated in accordance withsec. 19 para. 4 no. 2 of the Act in Restraint of Competition, old version (abuse ofconditions) or in accordance with the general clause of sec. 19 para. 1 of the Actagainst Restraints of Competition, old version (concerning this point, BGH,judgement of 6 November 2013 - KZR 58/11, BGHZ 199, 1, margin no. 65 -VBL-Gegenwert; Fuchs/Möschel in Immenga/Mestmäcker, Wettbewerbsrecht,5th edition, § 19 GWB, margin no. 254, 256; the question is left open by FCJ,decision of 6 November 1984 - KVR 13/83, WuW/E BGH 2103, 2107 - Favorit;Nothdurft in Langen/Bunte, Kartellrecht, 12th ed., § 19 GWB, margin no. 144).The balancing of interest required both under sec. 19 para. 4 no. 2 and under sec.19 para. 1 of the Act against Restraints of Competition, old version, shows that theSecond Defendant has not committed any abuse. The request for an arbitrationagreement designating the CAS as the Court of arbitration is definitely justifiedfrom an objective point of view and does not contradict the general valuesenshrined in the law. In particular, this request is in no way contrary to thePlaintiff’s right of access to the courts, her rights of professional freedom (Art. 12of the German Constitution) and her rights under Art. 6 ECHR. This also meansthat the arbitration agreement cannot be considered invalid pursuant to sec. 138 ofthe German Civil Code.

49. aa) As far as the balancing of interests is concerned, the Plaintiff is mainlyinterested in obtaining a decision by an independent court (of arbitration) in fairproceedings, while the Second Defendant is mainly interested in safeguarding theinterests of sporting federations in achieving functioning global sports arbitration.However, neither aspect is limited to the interests of one party only. Only anindependent and fair sports arbitration can expect to be recognised and respectedworldwide, and every athlete wishing to participate in fair competition must beinterested in having alleged violations of anti-doping rules cleared up and sanc-tioned on an international level in accordance with uniform standards, and inensuring equal treatment for all the athletes from different countries against whomsuch violations may have been alleged.

50. The fact that the fight against doping is of paramount importanceworldwide has never been denied by either party and is undisputed. Against thisbackground, a uniform system of arbitration is intended to implement the anti-doping rules of the WADC in an effective manner and in accordance with uniformcase law. If this task were left to the courts in the individual states, the goal ofinternational sporting arbitration would be jeopardised. No one has succeeded asyet in drawing up a system of rules capable of maintaining international sportsarbitration, while, at the same time, completely avoiding the deficiencies inconnection with the appointment of independent arbitrators and the proceedingsin general that results from the significant influence exercised by the internationalsports federations and the Olympic Committees. The CAS procedure has beencriticised in the past — inter alia due to the case law of the Swiss Federal Tribunal—, which has already led to modifications of these procedural rules (Öschütz,

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SchiedsVZ 2004, 211 et seq.). The statutes of the CAS, as they currently stand,contain procedural rules for the appointment of arbitrators which can be consid-ered as acceptable.

51. bb) The request of the Second Defendant that an arbitration agreementbe signed does not violate the fundamental rights of the Plaintiff. It is true that itaffects the fundamental rights. However, this fact, by itself, does not mean that theinterests of the Plaintiff must always be given precedence when balancing theinterests of the parties pursuant to sec. 19 of the Act against Restraints ofCompetition, old version, (cf. concerning the fundamental right to private prop-erty, BGH, decision of 4 March 2008 - KVR 21/07, BGHZ 176, 1, margin no. 38 etseq. - Soda-Club II), particularly in view of the fact that the case involvesfundamental rights on the part of the Second Defendant, as well.

52. The right of access to justice, which is derived from the rule-of-lawprinciple in conjunction with the fundamental rights, particularly with Art. 2 para.1 of the German Constitution, guarantees access to courts governed by the stateand staffed with independent judges (cf. BVerfGE 107, 395, 406 et seq.; 117, 71,121 et seq.; 122, 248, 270 et seq.; Uhle in Merten/Papier, Handbuch der Grun-drechte, Band V, 2013, § 129, margin no. 29; Papier in Isensee/Kirchhof, Handbuchdes Staatsrechts, 3rd ed., vol. VIII, § 176, margin no. 12). However, it is possibleto waive this right to access to the state courts and to agree on arbitration instead,as long as the parties have submitted voluntarily to the arbitration agreement andthe resulting waiver of a decision by state judicial authority (BGH, judgement of3 April 2000 - II ZR 373/98, BGHZ 144, 146, 148 et seq.; - Körbuch; Zöller/Geimer, ZPO, 31st ed., ahead of § 1025, margin no. 4; Schütze, Schiedsgericht undSchiedsverfahren, 5th ed., Introduction, margin no. 10; Uhle in Merten/Papier, loc.cit., § 129, margin no. 4; Papier in Isensee/Kirchhof, loc. cit., § 176, margin no. 13;Lachmann, Handbuch für die Schiedsgerichtspraxis, 3rd ed., margin no. 240).

53. (1) The Plaintiff submitted to the arbitration agreement voluntarily and,consequently, effectively (similarly with respect to the conclusions: Adolphsen inAdolphsen/Nolte/Lehner/Gerlinger, Sportrecht in der Praxis, 2012, margin no.1151 et seq.; Görtz, Anti-Doping-Maßnahmen im Hochleistungssport aus rechtli-cher Sicht, 2012, p. 241 et seq.; Duve/Rösch, SchiedsVZ 2015, 216, 222 et seq.; fora differing opinion, see Orth, SpuRT 2015, 230, 231; Monheim, SpuRT 2014, 90, 91;Classen, Rechtschutz gegen Verbandsmaßnahmen im Profisport, 2014, p. 87 etseq.; Heermann, SchiedsVZ 2015, 78, 80; Bleistein-Degenhart, NJW 2015, 1353,1355; Bergermann, Doping und Zivilrecht, 2002, p. 141 et seq., 281; see alsoMaihold, SpuRt 2013, 95, 96, who has some doubts).

54. An involuntary waiver of reliance on fundamental rights may have beenobtained in cases where physical or psychological coercion have been used, e.g. bythreatening considerable disadvantages (cf. BVerfG NJW 1982, 375, regarding liedetectors), where the party waving its rights has been misled, where he or she isnot aware of the significance and scope of his/her declaration (Merten in Merten/Papier, Handbuch der Grundrechte, Band III, 2009, § 73 129, margin no. 38, 21;Stern, Das Staatsrecht der Bundesrepublik Deutschland, vol. III/2, 1994, p. 914;Lachmann, Handbuch für die Schiedsgerichtspraxis, loc. cit., margin no. 241) orwhere no respective declaration of intent has been made, at least consciously(concerning this point, see FCJ, judgement of 3 April 2000 - II ZR 373/98, BGHZ

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144, 146 - Körbuch). If the waiver of fundamental rights is part of a contractualagreement, this agreement must be considered as the decisive legal instrument forthe realisation of free and independent actions in relation to others. The contrac-tual parties themselves thereby determine how their individual interests areadequately balanced within their internal relationship. In this way, the exercise offreedom and the undertaking of mutual obligations are concretised. For thisreason, the corresponding intentions of the contractual parties are therefore, as ageneral rule, considered proof of an adequate balancing of interests, enshrined inthe contract, which in principle the state must respect (cf. BVerfGE 103, 89, 100;BVerfG, NJW 2011, 1339, margin no. 34). In case of a contractual agreement, thismeans that it will be generally assumed that the parties entered into the contractvoluntarily.

55. The present case is no exception. In order to be able to participate in thespeed skating world championships in Hamar (Norway) in pursuit of her profes-sion, the Plaintiff signed the registration form provided by the Second Defendanton 2 January 2009. It has been neither established nor alleged that she was forcedto do so by any unlawful threat or misrepresentation or by physical coercion. Thefact as alleged by her, i.e., that she did not want the arbitration clause — that is tosay, one of the terms and conditions of the contract — contained in the registrationform is no proof that she did not sign the contract of her own free will. In fact, acontractual agreement presupposes a willingness on the part of the parties — inparticular in cases where they represent opposing interests — to give up some oftheir own positions and to accept conditions that are not in accordance with theirown intentions but with those of the other party. There is nothing to be said againstthis, as long as the contract in question provides an objective balancing of interests.However, in cases where one of the parties is in a position of such power that it isable to determine the terms of the contract more or less unilaterally, the otherparty may be said to have been coerced into agreeing to such terms. If, in such asituation, fundamental rights are affected, the rules and regulations of the respec-tive state have to come into action in a balancing manner in order to protect thesefundamental rights (BVerfGE 81, 242, 255; 89, 214, 232; 103, 89, 100 et seq.).

56. In the present case however, the Plaintiff’s decision was imposed on her.The Second Defendant holds a monopoly on the organisation of speed skatingworld championships. The Plaintiff’s pursuing of her profession depended on herparticipation in such world championships. Consequently, the Second Defendantwas actually in a position to impose the terms and conditions of participation in thechampionships on the Plaintiff. Furthermore, in light of the obligation on the partof the Second Defendant pursuant to Art. 13.2.1 in conjunction with Art. 23.2.2WADC of foreseeing the CAS as the court of arbitration, it may be assumed thatthe Plaintiff would not have been admitted for participation in the competition ifshe had refused to also sign the arbitration agreement.

57. In such cases of “heteronomy”, the provisions to be applied in order tosafeguard the fundamental rights include, in particular, the general clauses of civillaw (sections 138, 242, 307, 315 of the German Civil Code), which also include sec.19 of the Act against Restraints of Competition (cf. Nothdurft in Langen/Bunteloc. cit., § 19 GWB, margin no. 2). Fundamental rights must be taken into accountwhen concretising and implementing these (BVerfGE 81, 242, 255 et seq.; 89, 214,232 et seq.; 115, 51, 66 et seq.) and the reciprocal action of colliding fundamental

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rights must be taken into account and limited in such a way as to ensure that theyare as effective as possible for all parties concerned (BVerfGE 89, 214, 232).

58. In balancing the interests of the parties pursuant to sec. 19 of the Actagainst Restraints of Competition, old version, particularly the fundamental rightsinvolved, with regard to the Plaintiff it must be taken into account that, in additionto her claim to access to the courts, her fundamental right of exercising herprofession freely (Art. 12 para. 1 of the German Constitution) is affected. Thefundamental right to a free exercise of one’s profession includes not only the rightto choose and take up one’s profession freely, but also the right to exercise thatprofession as one sees fit (cf. the fundamental considerations in BVerfGE 7, 377 etseq.). The requirement imposed by the Second Defendant, i.e., its rule thatparticipation in competitions — which is absolutely necessary for professionalathletes when exercising their profession — will not be permitted unless aregistration form containing, inter alia, an arbitration clause has been signed,constitutes a restriction on the freedom to exercise one’s profession. If the Plaintiffwere to refuse to comply with this requirement, e.g. because she did not want toagree to arbitration, she would be practically prevented from exercising herprofession.

59. (2) On the other hand, the imposition of arbitration proceedings consti-tutes a procedural safeguard of the Second Defendant’s autonomy as an associa-tion, which is equally guaranteed as a fundamental right (Art. 9 para. 1 of theGerman Constitution). Sports federations such as the Second Defendant promotesports in general and particularly their own sport by creating the prerequisites fororganised sport. To achieve the relevant goals, it is of fundamental importance toensure that the rules apply to all athletes and are implemented everywhere inaccordance with uniform standards (Görtz, Anti-Doping-Maßnahmen imHochleistungssport aus rechtlicher Sicht, 2012, p. 243). It is therefore generallyrecognised, particularly in the area of international sport, that arbitration agree-ments determining the jurisdiction of a particular court of arbitration are requiredto ensure a uniform procedure with regard to the implementation of the rules ofsports law. Particularly in the area of doping, uniform application of the anti-doping rules of the federations and of the WADC is indispensable to ensure fairinternational sporting competitions for all athletes. Furthermore, a uniform courtof arbitration for sport can contribute to the development of international sportslaw. Further advantages of an international sports arbitration, as compared to statecourts, include the specialist knowledge of the arbitrators, the speed of thedecision-making process, which is of paramount importance for the athlete in-volved in such proceedings, and the international recognition and execution ofarbitral awards (cf. BT-Drucks. 18/4898, p. 38; Adolphsen in Adolphsen/Nolte/Lehner/Gerlinger, Sportrecht in der Praxis, 2012, margin no. 1030 et seq.; Holla,Der Einsatz von Schiedsgerichten im organisierten Sport, 2006, p. 30 et seq.;Heermann, SchiedsVZ 2014, 66, 75; Duve/Rösch, SchiedsVZ 2014, 216, 223 et seq.and SchiedsVZ 2015, 69, 77; Orth, SpuRT 2015, 230).

60. Concerning the Second Defendant, it must further be remembered that itis, in turn, obliged by Art. 13.2.1 in conjunction with Art. 23.2.2 WADC to insiston arbitration agreements designating the CAS as the court of arbitration. Due tothe ratification of the International Convention against Doping in Sport of 19October 2005 (BGBl. II 2007, p. 354) by the Federal Republic of Germany, the

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principles of the WADC represent contractual law which is binding under inter-national law (cf. Görtz, Anti-Doping-Maßnahmen im Hochleistungssport ausrechtlicher Sicht, 2012, p. 85). Furthermore, the International Olympic Committee,in compliance with its obligation under Art. 20.1.2 WADC, makes its recognitionof international sport federations dependent on their compliance with the ruleslaid down in the WADC.

61. (3) The result of the balancing of these rights and interests leads to theconclusion that the Second Defendant, with its requirement that the arbitrationagreement proposed by it, be signed, has not abused its dominant market positionin the meaning of sec. 19 of the Act against Restraints of Competition, old version.

62. This result is due, on the one hand, to the fact that not only the federationsbut also, and more particularly, the athletes benefit from the aforementionedadvantages of sports arbitration, since these depend on fair conditions duringcompetition to be able to exercise their sport (professionally, if applicable). Thisincludes, but is not limited to, uniform application of the anti-doping rules, which,at present, can only be guaranteed by the CAS as a globally recognised court ofsports arbitration. However, to ensure, on the other hand, that the Plaintiff’sfundamental rights to access to justice and free exercise of her profession areprotected to the greatest possible extent, the standards applied to the indepen-dence and neutrality of the CAS must not be too low. As already stated above, thelist of CAS arbitrators basically contains a sufficient number of independent andneutral persons; furthermore, in particular the Second Defendant, as the opposingparty in these proceedings, does not have institutional supremacy in connectionwith the drawing up of the list of arbitrators and the composition of the court ofarbitration. Moreover, the Plaintiff was not without legal remedies if she hadfactual misgivings concerning the impartiality and neutrality of the arbitral tribu-nal. Rather, the statutes and the Procedural Rules of the CAS contain suitableregulations in case of conflict of interest. Moreover there is also the option —exercised by the Plaintiff — of having the arbitral awards of the CAS reviewed bythe federal courts of Switzerland to a certain extent. According to the case law ofthe Swiss Federal Tribunal, this legal remedy, which resembles the Germanproceedings pursuant to sec. 1059 of the Code of Civil Procedure regardingreversal of an arbitral award (cf. Tyrolt, Sportschiedsgerichtsbarkeit und zwing-endes staatliches Recht, 2007, p. 104), cannot be excluded in the arbitrationagreement (Swiss Federal Tribunal, judgement of 22 March 2007 - 4P.172/2006,SchiedsVZ 2007, 330, 332 et seq. - Cañas). There is no further reaching right for adecision particularly by a German state court. Rather, the German legal systemrecognises both foreign judgements and foreign arbitral awards if the relevantrequirements have been fulfilled (sec. 328 of the Code of Civil Procedure and/orArt. V of the New York Convention on the Recognition and Enforcement ofForeign Arbitral Awards of 10 June 1958 (New York Convention)).

63. Furthermore the legislative intent of facilitating the valid conclusion of anarbitration agreement in cases like the present must be taken into account. Sec.1025 para. 2 of the Code of Civil Procedure, in its version applicable up to 31December 1997, provided that an arbitration agreement will be invalid if eitherparty has used its commercially or socially dominant position to coerce the otherparty into signing the agreement or into accepting terms and conditions thatgenerally grant it a predominant position vis-a-vis the other party during the

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proceedings and particularly with regard to the appointment or rejection ofarbitrators. The legislative authorities deleted this provision, since they consideredthat the legal consequence of an invalidity of the arbitration agreement in case ofexploitation of the commercial or social dominance of a party was too far-reachingin view of the equivalence of legal protection in arbitration proceedings (BT-Drucks. 13/5274, p. 34). This assessment is confirmed in sec. 11 of the Law AgainstDoping in Sports enacted on 10 December 2015 (BGBl. I 2015, p. 2210), which alsoprovides the possibility of an arbitration agreement in cases like the present. In theexplanatory memorandum of this law (BTDrucks. 18/4898, p. 38 et seq.), it is madeclear that arbitration agreements preformulated by the sports federations are not,in the opinion of the legislative authorities, invalid because they have been signedinvoluntarily.

Furthermore, Germany has ratified the International Convention againstDoping in Sport of 19 October 2005 (BGBl. II 2007, p. 354), which in its Art. 4para. 1 refers to the rules of the WADC and imposes an obligation on the signatorystates to comply with these rules. And, as already stated above, Art. 13.2.1 inconjunction with Art. 23.2.2 WADC provide for arbitration clauses that designatethe CAS as the relevant court of arbitration.

64. cc) An arbitration agreement naming the CAS as the relevant court ofarbitration does not violate the rights of the Plaintiff in the light of Art. 6 ECHR,either.

65. Art. 6 para. 1 ECHR provides that, with respect to civil law claims,everyone is entitled to a fair and public hearing within a reasonable time by anindependent and impartial tribunal established by law. However, like the claim ofaccess to the courts established by the German Constitution, this right of access toordinary courts may also be waived. In particular, the jurisdiction of ordinarycourts may be excluded in arbitration agreements if the arbitration agreement hasbeen entered into voluntarily, is lawful and clearly worded, if further the arbitra-tion procedure has been designed in accordance with the guarantees given in Art.6 ECHR and if the arbitral awards can be set aside by a court of law in case ofprocedural errors (European Court of Human Rights (ECHR), judgement of 28October 2010 - 1643/06, margin no. 48 - Suda./, République Tchèque; Meyer inKarpenstein/Mayer, EMRK, 2nd ed., Art. 6, margin no. 59). According to thestatements set out above under bb), these requirements have been fulfilled.According to the case law of the European Court of Human Rights, the fact thatthe Plaintiff is obliged, to be able to exercise her profession, to sign the registrationform imposed by the Second Defendant does not mean that the arbitrationagreement has not been voluntarily signed and therefore infringes the Convention(cf. EKMR, Judgement of 5 March 1962 - 1197/61, X./. Federal Republic ofGermany; Matscher in Festschrift Nagel, 1987, p. 227, 238; for a similar conclusion,see Pfeiffer, SchiedsVZ 2014, 161, 165; for a different opinion, see Heermann,SchiedsVZ 2015, 78, 80 et seq.; undecided: Niedermair, SchiedsVZ 2014, 280, 283).

66. dd) The prohibition of abuse under anti-trust law pursuant to Art. 102TFEU offers no basis for the assumption that the arbitration agreement betweenthe parties is invalid, either. As in the case of sec. 19 of the Act against Restraintsof Competition, a balancing of interests shows that the Second Defendant has notabusively exploited its dominant position in the market.

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67. ee) Finally, an invalidity of the arbitration agreement cannot be based onSwiss law, either.

68. (1) With the exception of several provisions that cannot be waived bycontractual agreement within the meaning of Art. 34 of the Introductory Law tothe German Civil Code, old version, such as, for instance, provisions of anti-trustlaw, the validity of the arbitration agreement must be assessed in accordance withSwiss substantive law. As already stated above, the substantive law applicable tothe arbitration agreement must be determined in accordance with Art. 27 et seq.of the Introductory Law to the German Civil Code, old version. Since the partiesfailed to include an express choice of law clause, the agreement is subject, pursuantto Art. 28 para. 1 sentence 1 of the Introductory Law to the German Civil Code,old version, to the law of the state to which it is most closely linked. According toArt. 28 para. 2 sentence 1 of the Introductory Law to the German Civil Code, oldversion, it must be assumed that the agreement is most closely linked with the statein which the party expected to provide the characteristic performance has itsofficial residence or, in the case of a company, an association or a legal entity, itshead offices, on the date on which the agreement was signed. In the case ofarbitration agreements, the place of arbitration is seen as a major connecting linkfor determining the state with which the agreement has the closest connection(MünchKomm-ZPO-Münch, 4th ed., § 1029, margin no. 37; Tyrolt, Sportschieds-gerichtsbarkeit und zwingendes staatliches Recht, 2007, p. 43, fn. 90; for a similarconclusion, see Heermann, SchiedsVZ 2015, 78, 83; Pfeiffer, SchiedsVZ 2014, andhundred 61, 163; for different opinion concerning the connecting link, but similarconclusion, see Zöller/Geimer, ZPO, 31st ed., § 1029, margin no. 15, 107 et seq.;Tyrolt, loc. cit., p. 43; Bergermann, Doping und Zivilrecht, 2002, p. 272; Voit inMusielak/Voit, ZPO, 13th ed., Art. 1029, margin no. 28; Schlosser in Stein/Jonas,ZPO, 22nd ed., sec. 1025, margin no. 9 and § 1029, margin no. 108).

69. (2) Contrary to the assumption of the Regional Court [Landgericht], thearbitration agreement is not invalid under Swiss law because the Plaintiff waspractically obliged into signing it since she would otherwise have been unable toexercise her profession.

70. Foreign law must be applied by German courts in the same way as thecourts of the foreign country in question interpret and apply it (FCJ, judgement of14 January 2014 - II ZR 192/13, NJW 2014, 1244, margin no. 15). The case law ofthe Swiss Federal Tribunal on the question of “involuntary signing” of arbitrationagreements in favour of the CAS which are imposed on professional athletes bythe sports federations shows that although a professional athlete will only sign thearbitration agreement under duress because he knows that he will not be able toexercise his profession otherwise, the arbitration agreement will still be valid(Swiss Federal Tribunal, judgement of 22 March 2007 - 4P.172/2006, SchiedsVZ2007, 330, 332 et seq. - Cañas). Concerning this point, the Swiss Federal Tribunalstates that a waiver of legal remedies in relation to arbitral awards declared inadvance is invalid, because it is not to be expected, in view of the structuralimbalance, that the athlete would have voluntarily waived any legal remedies at hisdisposal. Insofar there was is a contradiction between the treatment of thearbitration agreement and of the waiver of legal remedies, at least in theory.However, this is justified in view of the speedy resolution of disputes by specialisedarbitration panels hedged about with sufficient guarantees of independence and

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impartiality. The “favourable” treatment of the question of voluntary conclusionof the arbitration agreement is balanced by the fact that legal remedies will not beconsidered to have been waived. Consequently, the present arbitration agreementbetween the parties, which does not exclude the right to appeal to the Swiss courtsof law, is also valid under Swiss law.

(Omissis).

Arbitrato dello sport: l’attesa decisione della Corte suprema tedesca nelcaso Pechstein.

1. Qualche tempo fa, l’Asa Bulletin ha intitolato un supplementospeciale, contenente una serie di studi sull’arbitrato nel settore dello sport,Sports Arbitration: A Coach for Other Players? (1).

Il titolo è significativo, perché l’arbitrato sportivo, lungi dall’essereconfinato nel suo mondo, è in grado di influenzare lo studio e la praticadell’arbitrato in generale, toccando nodi scoperti quali il consenso (2), laterzietà dell’arbitro nei conflitti all’interno dei gruppi e, come insegnaSanti Romano, degli ordinamenti giuridici (3).

Ecco perché il caso Pechstein, giunto a (provvisoria) fine con lapronuncia del Bundesgerichtshof qui annotata, merita di essere attenta-mente esaminato dai cultori dell’arbitrato, in tutti i settori in cui questostrumento trova proficua applicazione.

(1) AA. VV., Sports Arbitration: A Coach for Other Players?, ASA Special Series No. 41,a cura di Geisinger, Trabaldo-De Mestral, Ginevra, 2015, 17 ss.

(2) Su cui non ci si soffermerà in questo commento, se non per i profili strettamenteattinenti alle garanzie (ed in specie l’imparzialità dell’arbitro) che l’arbitrato deve presentareaffinché il consenso sia valido, rinviando, se si vuole, al mio contributo Arbitrato dello sport: unabetter alternative, in corso di pubblicazione su Riv. di dir. sport., 2016 (e in www.coni.it) ed ivicitazioni. Segnalo in particolare, per l’importanza che la giurisprudenza del Tribunale federalesvizzero assume in quanto giudice dell’impugnazione dei lodi di Losanna, i casi Nagel v. FEI(4C. 44/1996 del 31 ottobre 1996, in Digest di CAS Awards 1986-1998, a cura di Reeb, Berna,1998, p. 585 ss.) e Roberts c. FIBA (4P.230/2000 del 7 febbraio 2001, si può leggere in www.bger.ch); per ulteriori indicazioni, ex multis, MAVROMATI, Arbitration clause in the contract or inthe rules of the federation in disputes brought before the Cas, in https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2573612; STEINGRUBER, Sports arbitration: how the structure and otherfeatures of competitive sports affect consent as it relates to waiving judicial control, in AmericanRev. of Int. Arbitration, 2009, 20, 59 ss. Parla addirittura della Cas come esempio di “delegainternazionale” di autorità, RAVJANI, The Court of arbitration for sport: a subtle form ofinternational delegation, in Cas/Tas Bulletin, 1, 2010, 13 ss.; in effetti in letteratura si trovanosempre più spesso riferimenti alla trasformazione in corte internazionale della Cas, specie perquanto riguarda le liti sul doping; v. per es. le considerazioni di VAITIEKUNAS, The court ofarbitration for sport: law making and the question of independence, Berna, 2014, 174 ss.;MAISONNEUVE, L’arbitrage des litiges sportifs, Parigi, 2011, 141 ss. parla di natura istituzionale e(non solo o non tanto) convenzionale dell’arbitrato sportivo nonché di consenso forzato di fattoe libero di diritto.

(3) Per una riflessione LUBRANO, Rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamentostatale nella loro attuale configurazione, in Lineamenti di diritto sportivo, a cura di Cantamessa,Riccio, Sciancalepore, Milano, 2008, 3 ss.

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La vicenda riguarda la Corte arbitrale per lo sport di Losanna (diseguito Cas) che, come è noto, rappresenta il più alto gradino dellagiustizia sportiva mondiale e viene correttamente inquadrata all’internodel fenomeno arbitrale.

2. Questi, brevemente, i fatti.La pattinatrice olimpionica tedesca Claudia Pechstein, trovata posi-

tiva al doping e ritenuta responsabile, in ultima istanza, dalla Cas, ricorreal Landesgericht München, mettendo in dubbio l’effettività del consensoarbitrale espresso all’atto del tesseramento, dato che, ove avesse rifiutato,le sarebbe stato precluso l’esercizio dell’attività agonistica.

Il giudice tedesco di primo grado, con sentenza del 26 febbraio2014 (4), ritiene la clausola compromissoria nulla “in ragione dello squili-brio strutturale dovuto alla posizione di monopolio delle federazionisportive”, configurandosi un “abuso di posizione dominante” vietatodall’art. 19 della legge tedesca di tutela della concorrenza.

La pronuncia, che ha finito per mettere in dubbio l’intero sistema digiustizia sportiva internazionale (5) (anche sotto il profilo, pur non trattatodal Tribunale, della normativa Ue di tutela della concorrenza (6)) ed hadestato comprensibile preoccupazione fra gli operatori, viene in parte

(4) Commentata da ROMANO, Nullità di clausole compromissorie negli arbitrati sportivi,per squilibrio strutturale fra i contraenti, in Diritto del commercio internazionale, 2014, 543 ss.

(5) Anche se i giudici hanno comunque ritenuto il lodo vincolante per la pattinatrice, siaperché ella aveva accettato l’arbitrato ex post, con la proposizione della domanda davanti allaCas, sia perché lo squilibrio era venuto meno, a competizione terminata.

(6) DUVAL, VAN ROMPUY, The compatibilità of forced cas arbitration with Eu competitionlaw: Pechstein reloaded, in http://ssrn.com/abstract=2621983 or http://dx.doi.org/10.2139/s-srn.2621983 trattano appunto la questione della conformità all’art. 102 trattato Ue e ritengonoche debbano valere le stesse considerazioni utili per risolvere il problema alla luce della leggetedesca, con l’“aggravante” di una rilevanza supernazionale della violazione (IDD., ProtectingAthletes’ right to a fair trial through Eu competition law: the Pechstein case, in FundamentalRights in International and European Law: Public and Private Law Perspective, a cura diPaulssen, Takács, Lazić, Van Rompuy, The Hague, 2016, 257 ss.) Ricorda giustamente il casoEco Swiss v. Benetton, circa la sindacabilità del lodo che viola una norma sulla concorrenza(Corte di giustizia C-126/97) VAN DER HARST, The enforcement of Cas arbitral awards by nationalcourts and effective protection of Eu law, in Fundamental Rights in International and EuropeanLaw, cit., 284. Diverso e non direttamente centrato sul tema in esame è il caso Wilhelmshaven,risolto dalla Corte d’appello di Brema del 30 dicembre 2014 (per un’analisi fra gli altri DUVAL,Oberlandesgericht Bremen, 2 U 67/14, SV Wilhelmshaven v. Norddeutscher Fußball-Verbande.V, 30 December 2014, in Yearbook of International Sports Arbitration, a cura di Duval eRigozzi, 2015, The Hague, 315 ss.), nel senso della non riconoscibilità del lodo Cas ai sensi dellaconvenzione di New York, per violazione dell’art. 45 del trattato Ue sulla libera circolazione deilavoratori, con riferimento al sistema Fifa delle indennità di formazione dell’atleta; i giudiciaggiungono che l’atleta avrebbe avuto diritto ad accedere direttamente al tribunale statualesenza passare dal sistema rimediale interno alla federazione tedesca; la Corte federale tedesca,nel settembre 2016, ha confermato il dispositivo, sulla base del fatto che il regolamento dellaFederazione tedesca non è sufficientemente chiaro per legittimare la retrocessione forzataimposta alla società sportiva inadempiente. Non si entra, dunque, direttamente sul tema dellalegittimità dell’arbitrato Cas, benché fosse comunque in questione l’operatività del lodoarbitrale in Germania.

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confermata dal giudice di secondo grado, l’Oberlandesgericht München,con decisione del 15 gennaio 2015.

I giudici d’appello prendono atto della posizione monopolistica dellefederazioni internazionali, ma spostano la prospettiva sulla fairness delprocedimento arbitrale.

Il ragionamento è questo: se l’arbitrato presenta garanzie per la tuteladell’atleta, tali da ritenere che questi lo avrebbe comunque scelto, aprescindere dalla situazione di debolezza in cui si trovava all’atto deltesseramento, non vi è abuso di posizione dominante.

Tenendo infatti presente che una procedura eguale per tutti “salva-guarda [...] le eguali opportunità degli atleti durante le competizioni” e sipresenta dunque, in astratto, la soluzione migliore per la tutela degli atletimedesimi, occorre verificare se l’arbitrato garantisca un giusto processo,tale da giustificare l’attenuazione del libero consenso (7).

Ebbene, a parere dei giudici di appello (8), il sistema attuale difunzionamento dell’arbitrato davanti alla Cas non sarebbe in grado diassicurare una piena tutela, sotto lo specifico profilo della terzietà dell’ar-bitro.

Infatti, il sistema di Losanna prevede l’obbligo di scelta degli arbitriall’interno di una lista chiusa (9), di 352 (al momento in cui si scrive)componenti.

Detti arbitri sono a loro volta individuati dai membri dell’Internatio-nal Council of Arbitration for Sport (Icas) (10), la cui maggioranza viene

(7) DUVAL, VAN ROMPUY, The compatibility of forced cas arbitration with Eu competitionlaw: Pechstein reloaded, cit., par. 3.3.2. V. nota 2, per ulteriori indicazioni.

(8) Sicché non viene accordato il riconoscimento del lodo svizzero, per contrarietàall’ordine pubblico, sulla base dell’art. 5 par. 2 b) della convenzione di New York, per via delriconosciuto abuso di posizione dominante, derivante dall’aver imposto all’atleta un processoarbitrale “ingiusto”.

(9) Lista che ha dato luogo a notevoli perplessità in dottrina, per il rischio di crearenicchie privilegiate, che non agevolino il pieno sviluppo del progresso giuridico nello sport,attraverso il ricambio dei suoi esegeti: sfavorevole PATOCCHI, Justice by specialists: advantagesand risks (real and perceived), in AA. VV., Sports Arbitration: A Coach for Other Players?, cit.,55 ss.; propone la creazione di una lista aperta GORBYLEV, A short story of an athlete: does hequestion independence and impartiality of the Court of Arbitration for Sport?, in The Interna-tional Sports Law Journal, 2013, 13, 3, p. 294 ss.; in senso difforme, ritiene che la lista chiusapermetta il miglior dispiegarsi della giustizia sportiva il Trib. federale svizzero, 27 marzo 2003,BgeAtf 129 III 445, par. 3.3.3, nel caso Lazutina cit. (cfr. DUVAL, VAN ROMPUY, op. loc. citt.);COCCIA, La giurisprudenza del tribunale federale svizzero sulla impugnazione per nullità dei lodiarbitrali internazionali del Tas, in Dir. comm. int., 2015, 56, avverte che più di lista chiusa occorrediscorrere di lista vincolata, dato che il numero è variabile.

(10) Nel caso Gundel, il Tribunale federale svizzero (15 marzo 1993, BgeAtf 119, II, 271par. 3) aveva messo in dubbio la terzietà del sistema Tas, tanto che si era deciso di istituire l’Icas,proprio per rendere indipendente l’organo di giustizia dal Comitato olimpico internazionale(Cio), con il c.d. “accordo di Parigi” (cfr. RIGOZZI, Arbitrato e sport, giornata di studio 3 dicembre2004, si può leggere in http://www.lk-k.com/data/document/rigozzi-arbitrato-sport-profili-proble-matici-alla-luce-dell-esperienza-del-tas-2004.pdf; v. anche, per una ricostruzione della vicenda,YI, Turning Medals into Metal: Evaluating the Court of Arbitration of Sport as an InternationalTribunal, Yale Law School, maggio 2006, in http://digitalcommons.law.yale.edu/, 12 ss.).

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designata dalle federazioni sportive internazionali e dai comitati olimpici(nazionali ed internazionale).

In particolare, le federazioni internazionali e i comitati olimpicipossono nominare 12 su 20 membri dell’Icas (4 per le federazioni, 4 per icomitati olimpici nazionali, 4 per il Comitato olimpico internazionale —Cio —); gli altri 8 sono nominati dai suddetti membri, a metà tenendoconto dell’interesse degli atleti e all’altra metà dirigendosi su candidaticompletamente indipendenti (11). I criteri utilizzati nella formazione dellalista degli arbitri finirebbero dunque per riflettere, — seppur, oggi, nonmatematicamente —, la composizione sopra indicata (12).

A parere dei giudici, vi è così il rischio “che i membri inclusi della listadi arbitri possano favorire in modo predominante o interamente, la partedelle associazioni sportive, rispetto agli atleti”.

L’approccio è ispirato, per così dire, ad una personale Realpolitik:l’appartenenza di tutte le parti in contesa alla comunità sportiva e laconseguente, presunta, comunanza di interessi non possono costituire lachiave per ammettere uno squilibrio interno, in quanto è cosa assodatache i protagonisti del mondo dello sport presentano spesso interessiradicalmente opposti ed hanno dunque diritto ad un eguale apporto alsistema di giustizia.

La questione, in altri termini, è di indipendenza istituzionale dellaCas (13).

(11) Cfr. l’art. S4 dello statuto che regolamenta l’Icas. Si noti che i 4 nominati su interessedegli atleti vengono nominati dai 12 “espressione” delle federazioni e dei comitati olimpici,mentre i 4 “indipendenti” vengono nominati dalla somma dei precedenti.

(12) Ai sensi dell’art. S14 dello statuto sopra citato, infatti, “the Icas shall appointpersonalities to the list of Cas arbitrators with appropriate legal training, recognized compe-tence with regard to sports law and/or international arbitration, a good knowledge of sport ingeneral and a good command of at least one Cas working language, whose names andqualifications are brought to the attention of Icas, including by the Ioc, the Ifs, the Nocs and bythe athletes’ commissions of the Ioc, Ifs and Nocs”. Sul punto VAN DER HARST, The enforcementof Cas arbitral awards by national courts and the effective protection of Eu law, in FundamentalRights in International and European Law: Public and Private Law Perspective, cit., 279 ss.Prima del 2012, la nomina degli arbitri rifletteva matematicamente la composizione dell’Icas(per approfondimenti DUVAL, VAN ROMPUY, Protecting Athletes’ right to a fair trial through Eucompetition law: the Pechstein case, in Fundamental Rights in International and European Law:Public and Private Law Perspective, cit., 270 ss.); successivamente la previsione è stata sop-pressa, introducendo il mero suggerimento di cui parla il nuovo art. S14, limitatamente però aicomitati e alle federazioni (ritengono che sia stato un significativo passo avanti verso l’indipen-denza del Tas, RIGOZZI, HASLER, Le riforme del codice dell’arbitrato in materia sportiva (codiceTas) nel 2011, 2012 e 2013, in Le droit pour le praticien 2014/2015 - Législation, doctrine,jurisprudence, a cura di Bohnet, Basilea, 2015, 425 s., pur riconoscendo che detta innovazioneaumenta più che altro “la percezione” di indipendenza); nel 2016, è stata introdotta l’ulteriorespecificazione circa gli atleti. Dubbioso sull’innovatività della regola, VIGNA, Gli emendamenti alcodice Tas 2016: molto rumore per nulla?, in Rivista dir. ed econ. dello sport, 2015, 8. In effetti,al di là del “manifesto intenzionale”, vi è il rischio che le novità si risolvano in una garanziapuramente di forma.

(13) Cfr. altresì, STRAUBEL, Enhancing the Performance of the Doping Court: How theCourt of Arbitration for Sport Can Do Its Job Better, in Loyola University Chicago Law Journal,

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3. Con la sentenza annotata (14), il Bundesgerichtshof ribalta gliassunti dei giudici di merito e si rimette in linea con la giurisprudenza delTribunale federale svizzero (15).

Una prima, lunga, parte della decisione si sofferma a verificare se ilgiudice tedesco abbia giurisdizione sulla lite, alla luce della convenzione diLugano del 2007 (16).

La seconda parte della sentenza entra invece nel merito della que-stione dell’arbitrato Cas. Va subito detto che la trattazione non è semprelineare ed è a tratti ridondante, ma è comunque possibile ricostruire ipunti salienti in logica connessione, nel breve resoconto che segue.

Innanzitutto, la Corte suprema tedesca condivide la prospettiva dallaquale sono partiti i giudici di merito, pur giungendo a conclusioni opposte.

È vero, infatti, che le federazioni internazionali hanno una posizione

36, 2005, 1230 ss.; l’influenza preponderante dei comitati olimpici e delle federazioni è ricono-sciuta da YI, op. cit., 33 ss. anche con riguardo ai metodi di finanziamento della Cas: “The IOCstill provides one-third of the CAS’ total budget. The other two-third is still paid by someOlympic institution. If the CAS is at all motivated to keep its deep-pocketed patrons satisfied,serious questions of arbitral independence must persist”. Se ne dirà infra. Diff. MC LAREN,Twenty five years of the Court of arbitration for sport: a look in the rearview mirror, in MarquetteSports Law Review, 20, 2010, 309 e ID., The Court of arbitration for sport: an independent arenafor the world’s sports dispute, in Valparaiso Univ Law Rev., 35, 2001, 379 ss.

(14) Per un commento STANCKE, Die sportkartellrechtliche Bedeutung der “Pechstein”-Entscheidung des BGH, in SPuRT, Zeitschrift für Sport und Recht, 11-12, 2016, 230 ss.; LONGRÉE,WEDEL, Die Entscheidung über die Einrede der Schiedsvereinbarung nach § 1032 Abs. 1 ZPO alsfinaler verfassungs- und europarechtlicher Kontrollgegenstand - (K)ein Ende des Prozessmara-thons im Fall Pechstein in Sicht?, in Zeitschrift für Schiedsverfahren, 2016, 237 ss.

(15) I casi sottoposti al Tribunale federale hanno riguardato non solo la questionedell’indipendenza istituzionale del Tas, ma anche presunti elementi di parzialità del collegioarbitrale. Oltre al caso Mutu, su cui infra, fra i vari casi, cito Lazutina e Danilova v. Ioc,4P.267/2002, 4P.268/2002, 4P.269/2002, 4P.270/2002 del 27 maggio 2003: secondo quella pronun-cia, non vi è un collegamento fra Cio e Cas tale da minare l’imparzialità di quest’ultima,dovendo esservi ulteriori circostanze tali da mettere in dubbio la terzietà (gli atleti lamentavano,in primo luogo, il collegamento in termini di finanziamento oltre alla chiusura della lista e allemodalità di composizione dell’Icas; in secondo luogo, quanto all’imparzialità del collegioarbitrale, i legami fra arbitri e difensori come membri di un altro tribunale Cas); si v. anche ilcaso 4A.506/2007 (20 marzo 2008), nel quale si rilevava che l’arbitro nominato dalla parte, ilpresidente del collegio ed il difensore della medesima parte facevano parte di una stessaassociazione in materia accademico-sportiva ed avevano, dunque, rapporti privilegiati. IlTribunale respinge l’assunto, fra l’altro, perché non risultavano circostanze sufficienti perminare l’apparenza di imparzialità (ad es. nomine ripetute, sistematiche decisioni a favore ecc.);nel caso 4A.234/2010 Belmonte v. Coni, il Tribunale ha escluso che l’arbitro nominato dal Coninon fosse indipendente, per il fatto di aver precedentemente partecipato al code project Teamdella Wada. Critici sul rigore del Tribunale federale VAITIEKUNAS, The court of arbitration forsport: law making and the question of independence, Berna, 2014, 168 ss., e DOWNIE, Improvingthe performance of sport’s ultimate empire: reforming the governance of the Court of arbitrationfor sport, in Melbourne Journ. of Int. Law, 2011, 12, 315 ss., che giustamente nota come nel 2012,nonostante quanto ritenuto dai giudici, sia stata sentita l’esigenza di vietare agli arbitri Cas diassumere il ruolo di difensore davanti alla medesima Corte (S18 dello statuto); sul punto ancheDE LA ROCHEFOCAULD, L’independence des arbitres devant le Tas, in Cas/Tas Bulletin, 2011, 2, 32s.; peraltro, detto divieto non è espressamente esteso ai colleghi di studio dell’arbitro (COCCIA,op. cit., 57), il che significa una significativa riduzione della garanzia.

(16) Questa parte non sarà oggetto di commento, perché fuoriesce dal tema di questebrevi osservazioni, incentrate sulla legittimità del sistema arbitrale della Cas.

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di monopolio sulle competizioni agonistiche, dato che tutti gli atleti chedesiderino parteciparvi debbono necessariamente tesserarsi presso di loro;ed è altresì vero che la partecipazione a queste competizioni è di fattosubordinata alla stipula di una clausola compromissoria a favore della Casdi Losanna.

La divergenza sta da qui in poi: per la Corte suprema, a differenza deigiudici di merito, il regolamento arbitrale della Cas è idoneo a salvaguar-dare l’interesse degli atleti, con la garanzia di un ulteriore controllo delTribunale federale svizzero sul lodo (17).

Sullo sfondo della pronuncia sta un dato pre-assunto. Solo la scelta diuna Corte unica è in grado di assicurare i valori del mondo dello sport edin particolare l’eguaglianza (18) degli atleti nelle competizioni, nella cuiprospettiva si colloca, prima di tutto, la necessità di una severa lotta aldoping.

Poiché la lex sportiva ignora i confini territoriali (19), occorre garantiregiudici specializzati (20), tempi brevi e giurisprudenza uniforme (21): valori,questi, che sono pienamente compatibili con quello della terzietà delgiudicante (22).

Dunque, almeno su questo astratto piano, può ben dirsi che gliinteressi degli atleti coincidano con quelli delle federazioni e dei comitatiolimpici (23) e che non ci sia, conseguentemente, alcun abuso.

I giudici individuano addirittura un suggello normativo del sistemaCas nella ratifica, ad opera dello Stato tedesco, della Convenzione inter-nazionale contro il doping del 19 ottobre 2005, sotto l’egida dell’Unesco:la Convenzione contiene infatti un esplicito rinvio al codice mondiale

(17) V. infra.(18) Si veda NAFZIGER, The principle of fairness in the lex sportiva of Cas Awards and

beyond, in The international sports law journal, n. 3-4, 2010, 5.(19) RIGOZZI, Arbitrato e sport, cit., 18 ss.; più in generale, sull’utilità dell’arbitrato per

l’affermazione della lex sportiva, ID., L’arbitrage international en matière de sport, Bruylant,2005, passim.

(20) V. per approfondimenti PATOCCHI, Justice by specialists: advantages and risks (realand perceived), in AA. VV., Sports Arbitration: A Coach for Other Players?, cit., 31 ss.; larevisione della regolamentazione avvenuta nel 2013 ha introdotto la possibilità di creare liste digiudici specializzati per determinate materie (in particolare il calcio) e, giustamente, RIGOZZI,HASLER, Le riforme del codice dell’arbitrato in materia sportiva (codice Tas) nel 2011, 2012 e2013, cit., 426 osservano che questa possibilità ha il risvolto negativo di restringere ancor più lascelta degli arbitri.

(21) Se il contenzioso fosse lasciato in mano ai giudici dei singoli Stati, afferma la Corte,questa esigenza sarebbe irrimediabilmente frustrata. Sul punto, MAISONNEUVE, L’arbitrage deslitiges sportifs, Parigi, 2011, 325 ss. parla di una funzione “visant a créer un droit omnisportapplicabile à tout litige sportif”; VEUTHEY, Re-questioning the independence of the court ofarbitration for sport, in light of the scope of its review, in Int. sports law review, 2013, 13, 105 ss.

(22) NETZLE, Sports arbitration: what are its limits as a model for other fields of arbitra-tion?, cit., 29 ss.

(23) NIEDERMAIER, Arbitration agreements between parties of unequal bargaining power -balancing exercices on either side of the atlantic, in Zdar, 1, 2014, 12 ss. nell’ambito di unainteressante comparazione fra ordinamento tedesco ed americano.

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anti-doping ed al conseguente pilastro di garanzia rappresentato, appunto,dal giudizio della Cas.

Peraltro, proseguono i giudici, neppure sul piano concreto, cioè dellacontroversia in esame, è possibile sostenere che l’atleta sia stata indotta astipulare la clausola compromissoria con abuso di posizione dominante.

Infatti, — una volta assodato che non vi è stata alcuna costrizionefisica o morale (24) —, se è vero che la clausola compromissoria impediscealla pattinatrice di esercitare il suo diritto fondamentale all’esercizio liberodella propria professione, è altresì vero che questo diritto si scontra conquello, altrettanto fondamentale, della federazione ad esercitare la pro-pria libertà di associazione, attraverso la tutela dei valori sportivi, chepossono essere garantiti, come si è visto, unicamente dalla sussistenza diun sistema di giustizia unitario.

La valutazione della legittimità del contratto compromissorio nonpuò prescindere dall’esigenza di realizzare un giusto equilibrio fra i duecitati diritti.

Nella specie, a fronte di una compressione del diritto dell’atleta, vi èla garanzia di un sistema arbitrale a cui la federazione stessa è vincolata(non potendo anch’essa scegliere strumenti diversi dal giudizio della Cas)e che presenta tutti i requisiti idonei a tutelare appieno il medesimo atleta.

Passando all’effettivo riscontro di dette garanzie, la divergenza con igradi di merito si fa radicale.

Ribadendo la più generale rispondenza dell’arbitrato Cas ai principidel giusto processo di cui all’art. 6 della Convenzione europea dei dirittidell’uomo (25), il punctum dolens dell’equidistanza del collegio arbitraleviene risolto positivamente attraverso i seguenti argomenti.

a) In primo luogo, non può dirsi che la federazione parte della lite(cioè la International skating union, Isu) abbia avuto una influenza pre-ponderante sulla composizione, sia della lista degli arbitri dai quali trarrei nominativi del collegio arbitrale, sia del collegio arbitrale medesimo.

La Corte rifiuta la generalizzazione di chi vede le federazioni e icomitati olimpici, tutti insieme, come un solido blocco contrapposto agliatleti. I componenti della comunità sportiva, osserva, sono una realtàmultiforme, perché una singola federazione può prendere le parti dell’a-

(24) I giudici adottano un significato di assenza di consenso assai ristretto: MAVROMATI,The legality of the arbitration agreements in favour of Cas, in Tas/Cas Bulletin, 1, 2016, 34.

(25) Che la Corte assume dunque non essere stata violata, ma occorrerà attendere sulpunto anche la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo, come si dirà oltre. Sulproblema dell’applicazione della Carta dei diritti umani all’arbitrato sportivo, con riferimentoparticolare al consenso, HAAS, Role and application of article 6 of the European convention onHuman Rights in Cas procedures, in International sports law review, 12, 2012, 43 ss.; LUKOMSKI,Arbitration clauses in sport governing bodies’ statutes: consent or constraint? Analysis from theperspective of Article 6(1) of the European Convention on Human Rights, in Int. Sports LawJournal, 2013, 13, 60 ss.

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tleta, convinta dell’innocenza di quest’ultimo, o può al contrario contra-starlo, come nella specie; mentre, a loro volta, gli atleti possono sostenerel’azione della loro federazione. Neppure è possibile accomunare sotto lostesso “cappello” di interessi federazioni dedicate a sport differenti.

Poiché, nella specie, la Isu ha eletto, per giunta di concerto con le altrefederazioni, soltanto 4 dei 20 membri dell’Icas, nonché solo un quintodegli arbitri inseriti nella lista (26), non può dirsi che siano realizzati gliestremi dell’art. 1034 del codice di procedura civile tedesco, in base alquale, se la nomina del giudice arbitrale è frutto di una “influenzapreponderante” di una sola parte, tutti gli arbitri dovranno essere desi-gnati dal giudice statuale.

b) In secondo luogo, il regolamento della Cas offre tutte le garan-zie necessarie per assicurare l’imparzialità (27) degli arbitri, tramite l’ob-bligo per questi ultimi di rendere la dichiarazione di indipendenza(rule 33) e la possibilità della ricusazione (rule 34).

A quest’ultimo proposito, la pattinatrice ha prospettato il rischio che,nel sistema a lista chiusa, si instaurino fra le federazioni ed alcuni arbitrirapporti di fiducia emergenti da nomine ripetute, ma la Corte si liberadell’argomento piuttosto frettolosamente: “il fatto che la federazioneabbia, in principio, più spesso l’opportunità di nominare un arbitro,rispetto al singolo atleta è nella natura delle cose; non significa chel’arbitro nominato dalla federazione possa essere considerato un suorappresentante”.

In realtà, il problema dell’arbitro di fiducia si è posto varie voltenell’arbitrato specie internazionale, tanto che le Iba Guidelines on con-flicts of interest inseriscono nella lista arancione (soggetta a rigorosoobbligo di disclosure) il caso in cui l’arbitro sia stato nominato dalla partedue o più volte nei tre anni precedenti, benché aggiungano che indeterminati settori, molto specializzati, si potrebbe attenuare il rigoredella regola. I giudici, a quest’ultimo proposito, sposano l’esegesi restrit-tiva mostrata dal Tribunale federale svizzero sul punto (28).

(26) La corrispondenza matematica fa riferimento al sistema pre-modifiche, completatenel 2016 e su cui v. nota 12.

(27) Requisito introdotto esplicitamente nel 2013, nelle rules 33 e 34 del regolamentoCas, come notano RIGOZZI, HASLER, Le riforme del codice dell’arbitrato in materia sportiva(codice Tas) nel 2011, 2012 e 2013, cit., 441, ma già immanente al sistema.

(28) DE LA ROCHEFOCAULD, L’independence des arbitres devant le Tas, in Cas/Tas Bulletin,2011, 2, 34, riporta una decisione non pubblicata dell’Icas (4 maggio 2011), su una istanza diricusazione fondata sulla ripetuta nomina dell’arbitro da parte della stessa organizzazione, cheesclude la parzialità, proprio facendo leva sull’eccezione posta dalle Iba Guidelines. Nel casoMutu (su cui infra), il Tribunale federale svizzero (4A.458/2009) esclude l’applicabilità delleGuidelines (pur in una circostanza di presunta parzialità diversa dalla nomina ripetuta), salvoperò ritenere, in altro caso — 4A.506/2007 del 20 marzo 2008 — che le linee guida siano un“instrument de travail précieux, susceptible de contribuer à l’harmonisation et à l’unification desstandards appliqués dans le domaine de l’arbitrage international pour le règlement des conflitsd’intérêts”. Per l’atteggiamento restrittivo del Tribunale federale svizzero, circa la ravvisabilità

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c) In terzo luogo, vi è l’ulteriore garanzia dell’ammissibilità delsindacato davanti ad un giudice statuale, dato che i lodi possono essereimpugnati, ai sensi della legge svizzera di diritto internazionale privato(art. 190 ss.), davanti al Tribunale federale svizzero: impugnazione che,secondo una nota pronuncia del citato Tribunale, non può essere oggettodi rinuncia (29), in deroga alla previsione dell’art. 192.

Ça va sans dire, il sindacato non è certamente pieno, ma soggetto ailimiti dettati dalla citata legge (30) e la via per l’annullamento del lodoappare non facile, anche tenendo conto della prassi giurisprudenziale delTribunale federale (31).

4. La sentenza stimola qualche considerazione a prima lettura.Prima di tutto, a me sembra che la decisione della Corte sia frutto di

della violazione del principio di terzietà, v. nota 14. Sul problema della nomina ripetuta v. ancheMAVROMATI, REEB, The Code of the Court of Arbitration for Sport: Commentary, Cases andMaterials, The Hague, 2015, 142 s.

(29) Trib. federale svizzero, 22 marzo 2007, Atf 133 III 235, par. 4.3.2.2, nel caso Canas:i giudici hanno ritenuto che il consenso “attenuato” dell’atleta sia legittimo solo se sia sempregarantito un controllo davanti al giudice statuale, in sede di impugnazione del lodo; significativoè l’assunto della Corte circa il diverso parametro sul quale misurare il sacrificio del consensoall’arbitrato e quello della rinuncia all’impugnazione del lodo: “Qu’il y ait un certain illogisme,en théorie, à traiter de manière différente la convention d’arbitrage et la renonciation conven-tionnelle au recours, sous les rapports de la forme et du consentement, est sans doute vrai [...].Toutefois, en dépit des apparences, ce traitement différencié obéit à une logique qui consiste,d’une part, à favoriser la liquidation rapide des litiges, notamment en matière de sport, par destribunaux arbitraux spécialisés présentant des garanties suffisantes d’indépendance et d’impar-tialité [...], tout en veillant, d’autre part, à ce que les parties, et singulièrement les sportifsprofessionnels, ne renoncent pas à la légère à leur droit d’attaquer les sentences de la dernièreinstance arbitrale devant l’autorité judiciaire suprême de l’Etat du siège du tribunal arbitral.Exprimée d’une autre façon, cette logique veut que le maintien d’une possibilité de recoursconstitue un contrepoids à la “bienveillance” avec laquelle il convient d’examiner le caractèreconsensuel du recours à l’arbitrage en matière sportive”; sul punto COCCIA, La giurisprudenzadel tribunale federale svizzero sulla impugnazione per nullità dei lodi arbitrali internazionali delTas, cit., 42 ss.

(30) Si tratta infatti, di regola, di un arbitrato internazionale (MAVROMATI, Selected Issuesrelated to Cas jurisdiction in the light of the jurisprudence of the Swiss Supreme Court, in Cas/TasBulletin, 2011, 3 ss.). Tuttavia, va menzionato che, nel caso Hondo (su cui YI, op. cit., 58; criticiMITTEN, HOPIE, in Lex sportiva: what is sport law?, a cura di Siekmann e Soek, The Hague, 2012,205 in nota), il lodo Cas del 10 gennaio 2006 fu impugnato davanti alla Corte d’appello delCantone di Vaud, avendo entrambe l’atleta residenza in Svizzera: in quel caso la Corte sospesel’esecutività del lodo, ma il provvedimento fu poi revocato.

(31) DUVAL, The BGH’s Pechstein Decision: A surrealist Ruling, 8 June 2016, inwww.asser.nl scrive ironicamente: “Winning an appeal against a CAS award in front of the SFTis a bit like Leicester City winning the Premier League, an oddity”. In effetti, si trova indottrina l’impressione che il Tribunale federale svizzero sia particolarmente largo, talvoltaeccessivamente, nel risolvere le concrete questioni di indipendenza e di imparzialità a luisottoposte; secondo VAITIEKUNAS, The court of arbitration for sport: law making and thequestion of independence, Berna, 2014, 168 ss., il Tribunale avrebbe implicitamente scelto dinon “scoprire” il velo dell’Icas; critico anche DOWNIE, Improving the performance of sport’sultimate empire: reforming the governance of the Court of arbitration for sport, in MelbourneJourn. of Int. Law, 2011, 12, 315 ss.; diff., MAVROMATI, The legality of the arbitration agreementsin favour of Cas, cit., 36 osserva che un giudizio più ampio frustrerebbe la funzionedell’arbitrato.

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una scelta obbligata a monte, in una sorta di machiavelliano fine chegiustifica i mezzi.

Per assicurare la piena realizzazione della lex sportiva, non vi sonoalternative ad una Corte unica ed è altresì inevitabile che si faccia ricorsoallo strumento arbitrale, data la connaturata esigenza di sottrarre gliappartenenti al mondo sportivo ai loro giudici naturali.

E su questo non si può non consentire (32).Partendo da questo assunto, i giudici ritengono di dover trarre coe-

renti conseguenze, riconoscendo la legittimità dell’intero sistema.Al contrario, sono convinta che ammettere l’esigenza di migliorare

detto sistema non avrebbe certo significato minarne le fondamenta (33):non si tratta, cioè, di assunti inconciliabili.

Ciò premesso, il perno della decisione sta in un mutamento diprospettiva. I giudici, infatti, convertono l’ottica “collettiva” (34) adottatadai giudici di merito e diretta a verificare l’indipendenza istituzionale dellaCas rispetto alle organizzazioni sportive, in una visione imperniata sullaspecifica lite e sicuramente più centrata dal punto di vista giuridico: vale adire, se vi sia o meno una violazione dell’equidistanza del collegio arbi-trale rispetto alle parti della controversia.

Ora è indubbio che il problema, visto da questa angolatura, si mani-festi piuttosto sfumato (35).

In primo luogo, l’atleta ha certamente la possibilità di scegliere,all’interno della lista, uno degli arbitri di derivazione non direttamentefederale. L’assunto può valere, però, solo a condizione che egli sia postoin grado di verificarne l’origine, problema che rimane tuttora aperto, comeha giustamente riconosciuto anche il Tribunale federale svizzero nel casoLazutina (36).

In secondo luogo, immaginare un grande blocco costituito dallefederazioni e dai comitati olimpici, posto in netta contrapposizione con gliatleti ed in grado di influenzare indiscriminatamente l’operato degli arbitri

(32) Cfr. PAULSSON, Assessing the usefulness and legitimacy of Cas, in Yearbook ofinternational sports arbitration, a cura di Duval e Rigozzi, The Hague, 2015, 355; YI, op. cit., 18,riporta il caso americano Butch Reynolds.

(33) Mi sembrano in questo senso anche le osservazioni di DUVAL, The BGH’s PechsteinDecision: A surrealist Ruling, 8 June 2016, in www.asser.nl.

(34) Osservano infatti DUVAL, VAN ROMPUY, The compatibilità of forced cas arbitrationwith Eu competition law: Pechstein reloaded, cit., loc. cit., che, nella prospettiva della Corted’appello, non è tanto questione di equidistanza degli arbitri rispetto alle singole parti in causa,bensì di influenza preponderante dell’entità collettiva delle federazioni (e dei comitati) sui suoiappartenenti.

(35) Trib. federale svizzero, 27 marzo 2003, cit., par. 3.3.3.2, nel caso Lazutina; conf.COCCIA, op. cit., 52; Giustamente nota STRAUBEL, op. cit., 1232: “Subtle institutional pressureslike these are rarely demonstrable and would not create the objective circumstances sufficientto create partiality”.

(36) Come osserva VAITIEKUNAS, The court of arbitration for sport: law making and thequestion of independence, Berna, 2014, 150.

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a proprio favore, non tiene conto delle complessità che le specifichecontroversie presentano, con riguardo all’assetto dei diversi interessi ingioco.

Ragionando su un piano metagiuridico, poi, accettare una siffattacontrapposizione finirebbe per negare l’aspirazione a realizzare i piùgenuini valori dello sport: aspirazione che, al contrario, rappresenta unideale a cui non si deve rinunciare e presuppone che tutti i protagonisti delmondo sportivo remino nella stessa direzione.

Tuttavia, anche volendo adottare un’ottica imperniata sui casi con-creti, la soluzione data dal Bundesgerichtshof non mi convince piena-mente.

Nella vertenza in esame, infatti, è indubbio che l’atleta abbia assuntouna posizione di netta opposizione alla sua federazione di appartenenza;ed è altrettanto indubbio che ella non abbia potuto nominare, anchetramite una sua rappresentativa, né i membri dell’Icas, né i membri dellalista degli arbitri, mentre la federazione ha avuto modo di influire sullesuddette nomine, seppur con un apporto minimale, tenuto conto che ledesignazioni vengono fatte dall’intero gruppo delle federazioni.

Occorre aggiungere che l’Icas assume un ruolo centrale nell’assicu-rare le garanzie di imparzialità giustamente evocate dalla Corte tedesca,sia perché nomina il President of division (37) a cui spetta, nei casi previsti,la nomina dell’arbitro unico o del terzo arbitro (38) — attività particolar-mente delicata, tanto che anche il suddetto Presidente può essere ricu-sato (39) —, sia perché gli è affidato l’eventuale procedimento di ricusa-zione (40).

(37) Secondo la previsione S6 dello statuto che regolamenta l’Icas e la Cas. Sostiene lanecessità di garantire una particolare indipendenza del President of appeals division DUVAL, TheCourt of Arbitration for Sport after Pechstein: Reform or Revolution?, in Asser internationalsports law blog, www.asser.nl.

(38) Nell’arbitrato da “procedura ordinaria”, cioè per effetto di un patto arbitralestipulato dalle parti per un arbitrato amministrato dalla Cas, l’arbitro unico (tale per volontàdelle parti o, nel loro silenzio, quando il President of division lo ritenga opportuno, secondo larule 40.1) è scelto su accordo delle parti e, in mancanza, provvede il President of division (rule40.2); quest’ultimo provvede altresì alla nomina del presidente del collegio arbitrale, quando gliarbitri nominati dalle parti non si siano accordati. Nell’arbitrato riservato alle impugnazioni deiprovvedimenti adottati dalle organizzazioni sportive, quando è previsto un arbitro unico (o pervolontà delle parti o per scelta dello stesso President of division, nel silenzio delle parti, v. rule50), questo è nominato dal President of division, che nomina altresì il presidente del collegioarbitrale (rule 54). Ritiene la circostanza irrilevante il Tribunale federale svizzero, 27 marzo2003, nel caso BgeAtf 129 III 445: “Il ne s’agit là toutefois que d’une hypothèse, assez théoriqueà vrai dire, qui n’entre pas en ligne de compte en l’espèce”. La Corte d’appello di Monaco avevainvece ritenuto che la circostanza rilevasse in termini di squilibrio fra le parti: sul punto VAN DEN

HARST, op. cit., 274 ss. Sulla nomina del presidente del collegio arbitrale, in commento allepronunce dei gradi di merito, VIGNA, La saga Pechstein: crollano le colonne del tempio Tas?, inRivista di Diritto ed Economia dello Sport, 2015, 17.

(39) Cfr. la previsione S21 dello statuto Icas-Cas, a termini della quale “The President ofeither Division may be challenged if circumstances exist that give rise to legitimate doubts withregard to her/his independence vis-à-vis one of the parties to an arbitration assigned to her/his

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Sono tutte circostanze che potranno non rientrare, secondo l’avvisodella Corte, nell’accezione dell’art. 1034 del codice di procedura civiletedesco, o in una ristretta concezione dell’ordine pubblico con specificoriguardo al principio di equidistanza dell’organo arbitrale rispetto aicontendenti (41), ma che costituiscono, comunque, evidenti sbavature,almeno “in the eyes of the parties”.

Sorge spontaneo il riferimento al sistema italiano dell’arbitrato deigruppi (42), che, seppur incentrato sulle liti endosocietarie, dà una signifi-cativa indicazione di come debba essere assicurata la terzietà del collegioarbitrale che giudica dei conflitti interni al gruppo.

L’art. 34 d.lgs. n. 5 del 2003 impone infatti, a pena di nullità dell’interaclausola compromissoria, l’“estraneità” dell’ente designatore e va in pro-posito sottolineato come la dottrina interpreti detto criterio in modo assairigoroso: non basta, cioè, che l’estraneità sia formalmente assicurata, maoccorre che non vi siano contatti privilegiati con una delle parti (43).

Insomma, emergono da più parti riserve sul sistema rimediale dellosport (44), anche con riguardo ad altri non secondari aspetti, come il costo

Division”. Inoltre, “She/he shall pre-emptively disqualify herself/himself if, in arbitrationproceedings assigned to her/his Division, one of the parties is a sports-related body to whichshe/he belongs, or if a member of the law firm to which she/he belongs is acting as arbitrator orcounsel”.

(40) La rule 34 del regolamento di procedura prevede che sia competente il Boarddell’Icas, a meno che quest’ultimo non decida di deferire il caso all’organo completo. Il Boardè composto dal “President, the two Vice-Presidents of the ICAS, the President of the OrdinaryArbitration Division and the President of the CAS Appeals Arbitration Division”.

(41) V. TIZI, L’imparzialità dell’arbitro e del tribunale arbitrale, Santarcangelo di Roma-gna, 2015, 197 ss. I giudici adottano in proposito un criterio basato sulle specificità del lodostraniero, per cui il riconoscimento può essere negato solo quando la violazione del principio diimparzialità abbia avuto concrete conseguenze sul procedimento, il che non sarebbe accadutonel caso di specie.

(42) Mentre l’art. 832, comma 4º, c.p.c. si riferisce alle liti fra un soggetto interno algruppo ed uno esterno; e comunque ribadisce la necessità di una inderogabile equidistanza delterzo designatore, questa volta dal punto di vista “ideologico” (TIZI, op. cit., 220). Parimenti, sisegnala la direttiva 2013/11/Ue sui metodi alternativi i soluzione delle liti di consumo, che insisteparticolarmente sulla necessità di una rigorosa indipendenza, oltre che degli arbitri, anchedell’organismo amministratore.

(43) Ad esempio, non potrebbe essere chiamata a nominare l’arbitro una istituzioneindipendente o associazione di categoria, a cui sia associata la società contrapposta al socio (chepure appartiene al “gruppo”). Cfr., per una indipendenza sostanziale e non solo strutturalerispetto agli interessi in controversia, LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc.,2003, 705 ss.; mi permetto altresì di rinviare, anche per la casistica, al mio L’arbitrato societarionell’applicazione della giurisprudenza, in Giur. comm., 2007, 935 ss.

(44) Cfr. https://www.fifpro.org/news/despite-decision-pechstein-must-trigger-reform/en/;cfr. anche http://www.uniglobalunion.org/news/players-will-continue-claudia-pechsteins-heroic-fight-reform-sports-justice-system. Si inquadra nel tema dell’imparzialità anche il dibattitoamericano sull’opportunità che il leader della National Football League assuma le vesti diarbitro: PANZAROLA, L’arbitrato sportivo statunitense nelle leghe professionistiche. Sul problemadell’imparzialità del “Commissioner” della NFL (“National Football League”) nel procedimentoarbitrale in materia di sanzioni disciplinari, in questa Rivista, 2015, 17 ss.

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del processo (peraltro affrontato nelle più recenti riforme (45)) o il finan-ziamento della Cas (46): non è un caso che l’azione della Pechstein sia statasupportata, a quel che risulta anche economicamente, da alcune associa-zioni rappresentative di un grande numero di atleti (ad es. FIFPro, WorldPlayers’ Union).

In un report (47), commissionato dalla Fifa sulla tutela dei dirittiumani nel calcio, il suo autore, pur consapevole della ineliminabile esi-genza di poter contare su un sistema uniforme e veloce, osserva signifi-cativamente che “in cases that raise significant human rights issues, theability for players to access effective remedy — including, where they sochoose, through domestic courts or tribunals — must be a real and notmerely a theoretical possibility” (48).

Stando così le cose e ferma la necessità di salvaguardare un sistema digiustizia sportiva unitario, più che disquisire in termini di stretta legitti-mità, conviene studiare un rimedio di opportunità, diretto a rafforzarel’indipendenza istituzionale dell’ente amministratore e ad aumentare legaranzie di imparzialità degli arbitri.

Le soluzioni possono essere le più disparate: ripensare alle modalitàdi composizione dell’Icas (49); permettere agli atleti di essere maggior-

(45) Va segnalato che la Cas prevede da qualche tempo un aiuto per le parti menoabbienti: RIGOZZI, ROBERT-TISSOT, “Consent” in sports arbitration: its multiple Aspects, in AA.VV., Sports Arbitration: A Coach for Other Players?, cit., 67; per il commento alla modifica del2013, RIGOZZI, HASLER, Le riforme del codice dell’arbitrato in materia sportiva (codice Tas) nel2011, 2012 e 2013, cit., 428.

(46) Che YI, op. cit., 33 nota essere ancora in gran parte proveniente dal Cio, nonchédalle associazioni che riuniscono le federazioni. Cfr. anche DOWNIE, op. loc. citt.; GUBI, TheOlympic binding arbitration clause and the Court of arbitration for sport: an analysis of dueprocess concerns, in Fordham Intell. Prop. Media & Entertainment Law Journal, 2008, 18, pp.1018 e 1024. Il Tribunale federale svizzero nel caso Lazutina, cit. supra, ha escluso che lacircostanza possa minare l’indipendenza del Tas.

(47) RUGGIE, For the game. For the world. Fifa and human rights, in https://www.hks.har-vard.edu/centers/mrcbg/programs/cri/research/reports/report68, osserva che la Fifa “should en-sure that its own dispute resolution bodies have adequate human rights expertise and proce-dures to address human rights claims, and urge member associations, confederations and theCourt of Arbitration for Sport to do the same”. L’a. aggiunge che “if an arbitration system isgoing to deal effectively with human rights-related complaints, it needs certain procedural andsubstantive protections to be able to deliver on that promise. While the FIFA dispute resolutionsystem and the CAS’ 300-plus arbitrators who sit at the peak of the system may be wellequipped to resolve a great variety of football-related disputes, they generally lack human rightsexpertise”.

(48) Si legge nel rapporto a p. 26.(49) VAITIEKUNAS, The court of arbitration for sport: law making and the question of

independence, cit., 198 s., suggerisce che non facciano parte dell’Icas membri dei comitati e dellefederazioni, nonché che non siano nominati come arbitri associati a dette organizzazioni;aggiunge poi la necessità di uno stipendio fisso degli arbitri ma questo, com’egli stesso riconosce,trasformerebbe la Cas in una corte internazionale. Per l’auspicio di una riforma anche COCCIA,op. cit., 35, secondo cui occorrerebbe diminuire i membri dell’Icas nominati dai comitati e dallefederazioni, nonché eliminare i membri che siano tali anche nelle dette organizzazioni. Auspicache il comitato Cio non abbia più alcuna influenza sia sull’Icas sia sulla Cas, KANE, Twenty YearsOn: An Evaluation of the Court of Arbitration for Sport, in Melbourne Journal of International

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mente attivi nella formazione della lista arbitrale — ad es. assicurando lapresenza di ex atleti o dando l’opzione di nomina anche ad associazionirappresentative degli atleti o tecnici (50) —; garantire maggiore traspa-renza attraverso l’azione di organi di controllo (51); permettere una piùampia fruizione dei poteri di ricusazione — ad es. fornendo dettagliateinformazioni su eventuali collegamenti fra arbitri e parti, o sulla prove-nienza di nomina di ciascun arbitro (52) —; prevedere il vincolo della IbaGuidelines (53).

In questo modo, si eliminerebbe definitivamente ogni perplessità e sitornerebbe al reale significato del sistema rimediale sportivo: i gruppidebbono assicurare la realizzazione dei valori sui quali fondano la lorosussistenza, sicché è indispensabile che l’entrata del singolo importi accet-tazione incondizionata delle loro regole, a patto, però, che l’attenuazionedel consenso verso uno strumento di soluzione delle liti alternativorispetto al giudice statuale sia bilanciata da un procedimento dotato diparticolari garanzie per l’individuo che compie il sacrificio.

Il caso, comunque, non è ancora chiuso: la tenace pattinatrice aspettala decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (54) e — risulta darecente cronaca (55) — ha altresì fatto ricorso alla Corte costituzionalefederale tedesca, contro la pronuncia del Bundesgerichtshof.

Nel frattempo, pende davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomoanche il ricorso del calciatore Mutu (56), nella “saga” che lo ha coinvoltocontro il Chelsea e che è sfociata, da ultimo, nella decisione del Tribunale

Law, 2003, 4, 611 s. Sull’opportunità di una riforma v. anche ZEN-RUFFINEN, La necessariereforme du tribunal arbitral du sport, in Melange en l’honneur de Denis Oswald, a cura diRigozzi, Sprumont, Haffner, Basilea, 2012, 483 ss.

(50) DUVAL, op. loc. ult. citt.(51) STRAUBEL, Enhancing the Performance of the Doping Court, cit., 1232 ss.; COCCIA, op.

cit., p. 35.(52) DUVAL, op. loc. ult. citt.; DUVE-TROSHCHENOVYCH, Seven steps to reforming the Court

of arbitration for sport, in World sports law report, aprile, 2015, 9 aggiungono l’opportunità diestendere il termine per la ricusazione.

(53) DOWNIE, op. loc. citt.; l’a. auspica altresì l’eliminazione del party-appointed arbitrator,(soluzione che, peraltro, desta le stesse perplessità mosse in Italia sull’analoga disciplinadell’arbitrato societario, specie se si tiene conto della pronuncia del Consiglio di Stato del 17ottobre 2003, n. 6335, pubblicata fra l’altro in questa Rivista, 2003, 743, con nota di LUISO, inmateria di arbitrato degli appalti pubblici); ritengono invece che debba essere dato maggiorspazio alle parti DUVE-TROSHCHENOVYCH, op. cit., 8; STRAUBEL, op. cit., 1238, propone invece chela nomina effettuata dalla Cas vada mantenuta ma effettuata con criteri di casualità.

(54) Corte europea dei diritti dell’uomo, Pechstein v. Suisse, n. 67474/10, communicatedcase 12/02/2013. Si chiede alla Corte di rispondere alle seguenti domande: l’art. 6, par. 1, dellaconvenzione dei diritti dell’uomo è applicabile alla procedura seguita dal Tas? In particolare, ilTas è un “tribunale indipendente ed imparziale” ai sensi della predetta disposizione? Il rifiutodel Tas di tenere un’udienza pubblica è contrario all’art. 6, par. 1 della convenzione?

(55) Si v. ad es. la notizia riportata da WITTINGHOFER-STEIN, A Never Ending Story:Claudia Pechstein’s Challenge to the CAS, in http://kluwerarbitrationblog.com/2016/06/14/a-never-ending-story-claudia-pechsteins-challenge-to-the-cas/.

(56) N. 40575/10.

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federale svizzero resa in sede di impugnazione del lodo Cas del 31 luglio2009 (57).

Il caso è diverso, perché oggetto di censura è la presunta parzialità didue dei tre arbitri nominati (58) e non l’intero sistema di designazione dellaCas; tuttavia, non è da escludere che le osservazioni della Corte europeapossano assumere una valenza oltre la specifica vicenda.

Non resta dunque che attendere.

ELENA ZUCCONI GALLI FONSECA

(57) Il caso è scaturito da una pronuncia della Cas, che ha accertato la risoluzione delcontratto di lavoro senza giusta causa, da parte del calciatore nei riguardi della propria squadra,all’epoca il Chelsea, (Cas 2005/A/876), seguita poi da un’altra pronuncia della Cas (2006/A/1192) circa la competenza della Dispute resolution chamber della Fifa a giudicare del risarci-mento danni a favore del Chelsea; decisione, quest’ultima, emessa il 7 maggio 2008 edimpugnata dal calciatore davanti alla Cas che, con l’ennesima decisione (2008/A/1644), haconfermato l’ingente risarcimento a carico di Mutu (euro 17.173.990). Il calciatore, che avevaricusato senza successo l’arbitro nominato dal Chelsea (per la sua partecipazione alla decisionedel 2005) ha impugnato il lodo davanti al Tribunale federale svizzero, che ha rigettatol’impugnazione (4A_458/2009). La vicenda è poi continuata fra le squadre di calcio Chelsea,Juventus e Livorno.

(58) L’atleta lamentava che l’arbitro nominato dal Chelsea aveva già conosciuto dellaquestione, avendo fatto parte del collegio nella prima delle decisioni della vicenda; inoltreriferiva di avere avuto notizia di una presunta collaborazione fra lo studio legale di apparte-nenza del presidente del collegio ed un uomo d’affari legato al Chelsea. Il Tribunale federalerespinge entrambi gli assunti. Con riguardo al primo motivo, incentrato sul richiamo alla IbaGuidelines on conflicts of interest, i giudici si sbarazzano della questione, ribadendo la naturanon vincolante di dette regole ed affermando che, nel primo lodo, l’arbitro aveva deciso su fattidiversi da quelli in oggetto, dunque non suscettibili di indicare un possibile pregiudizio nelgiudizio successivo. Con riguardo al secondo motivo, i giudici ritengono decisivo il fatto che ilcalciatore, di fronte ad una puntuale risposta del Presidente del collegio circa i dubbi diparzialità mossi dalla parte, non avesse ritenuto di confutare con altrettanta specificità detteragioni.

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REGNO UNITO - HIGH COURT OF JUSTICE, QUEEN’S BENCH DIVISION,Commercial Court, sentenza 15 febbraio 2016, His Honour Judge Wasksman QC;Essar Oilfields Services Limited v. Norscot Rig Management PVT Limited.

Il combinato disposto degli artt. 59(1) e 63(3) dell’English Arbitration Actconferisce ampia discrezionalità al tribunale arbitrale per decidere quali costidell’arbitrato prevedere nella sentenza arbitrale. Tale discrezionalità include ilpotere di considerare oltre ai costi legali anche “other costs” e tra questi rientranoquelli sostenuti per ottenere la copertura dei costi relativi alla controversia dedotta inarbitrato (Sentenza, 56,58). Come previsto dall’art. 37(1) del Regolamento diarbitrato della CCI, applicabile in questo caso, questi costi sono valutati come“reasonable” dal tribunale arbitrale sia nel loro importo che per essere stati causatidalla parte soccombente (Sentenza, 69). La sentenza arbitrale non ha causato“substantial injustice” alla parte soccombente ai sensi dell’art. 68(2) dell’EnglishArbitration Act in quanto, come accertato dal tribunale arbitrale, è stata tale parteche ha costretto l’altra parte ad ottenere il finanziamento da parte del terzo(Sentenza, 69, 77) (*).

MOTIVI DELLA DECISIONE. — INTRODUCTION

1. This is an application made under s.68 of the Arbitration Act 1996 (“theAct”) to set aside the fifth partial Award of the sole arbitrator, Sir Philip Otton,made on 17th December 2015 and as clarified on 3rd March 2016 (“the Award”).The Award was concerned only with the question of interest and costs, andfollowed earlier awards in which he found the applicants on this application andthe defendant in the arbitration, Essar Oilfields Services Limited (“Essar”), liableto pay damages to the present respondent and claimant in the arbitration, NorscotRig Management Pvt Limited (“Norscot”), for repudiatory breach of an opera-tions management agreement dated 14th August 2007 (“the Agreement”). He alsoawarded to Norscot various sums which were due, but unpaid under the Agree-ment.

2. The present position is that Essar is now liable to Norscot for the total sumof around US$12m. This includes around US$4min respect of the costs order thatis in issue here. There is one further award to be made dealing with some quantumissues and new claims.

3. As will become clear, the arbitrator was highly critical of Essar’s conducttowards Norscot, both during the currency of the agreement and also for most ofthe arbitration period, so as to justify an order for indemnity costs.

4. The arbitration proceeded according to the ICC Rules. It is common

(*) A questa pronuncia si riferisce il saggio di P. BERNARDINI pubblicato in questofascicolo, nella rubrica Dottrina.

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ground that, by Article 28(6) thereof, the parties have excluded any right of appealunder s.69 of the Act.

5. By the Award, the arbitrator held, among other things, that Norscot wasentitled to the costs of litigation funding which it had obtained in order to bring thearbitration. The litigation funder, Woodsford Litigation Funding, had made anagreement with Norscot in 2011, whereby it advanced to it the sum of around£647,000 for the purpose of the arbitration. That agreement entitled it, in the eventof Norscot’s success, to a fee of 300 per cent of the funding or 35 per cent of therecovery. In that regard, Norscot sought as against Essar the total sum of just over£1.94 million, being the sum now owed to Woodsford. The precise quantificationof this Award of costs has yet to be done, but it will be in that region. Thearbitrator held that he was entitled so to order in his discretion, because suchlitigation funding costs were “other costs” for the purpose of s.59(1)(c) of the Act,which refers to “legal or other costs of the parties”.

THE ISSUES

6. At first blush, Essar’s present challenge is simple. It says that, as a matterof construction of s59(1)(c), “other costs” do not include the costs of litigationfunding of the kind claimed here, so the arbitrator had no power to include themin his costs order. Therefore, there was a serious irregularity under s.68(2)(b) ofthe Act, because the arbitrator exceeded his powers and, given the amountordered, it would cause substantial injustice to Essar if it had to be paid.

7. However, Norscot contends that such simplicity is deceptive and, in truth,there is no basis for setting the award aside for the following reasons or any ofthem:

(1) This arbitration claim in the High Court was made on 31 st March 2016.However, it was out of time, because Essar had only 28 days from the date ofAward, made on 17th December 2015, and there had been no extension oftime granted. So it is out of time, and should be dismissed for that reasonalone. In that regard, (a) the fact that the Award was clarified on 3rd March2016 makes no difference and does not set the 28 day clock running again, and(b) there is no prospect whatever of any retrospective extension of time beinggranted, having regard, in particular, to the length of the day and the absenceof any good reason for it (“the Time Issue”);(2) Further or alternatively, there was no serious irregularity within themeaning o f s.68(2)(b). At best, there was an error of law, in that thearbitrator erroneously thought that “other costs” could encompass the costsof litigation funding, and so he could exercise his undoubted powers to Awardcosts under s.61(1), so as to include them. An erroneous exercise of suchpower is not the arbitrator exceeding his powers (“the CharacterisationIssue”);(3) Even if the alleged error would constitute a serious irregularity unders.68(2)(b), there was no substantial injustice to Essar by reason thereof (“theSubstantial Injustice Issue”);(4) Even if there was otherwise a claim under s.68(2)(b), Essar lost its rightto make it by reason of statutory waiver as a result of its pre and post Awardconduct (“the Waiver Issue”);

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(5) Finally, in the yet further alternative, there was, in fact, no error of lawanyway because the arbitrator’s construction of “other costs” so as to includethe cost of litigation funding, was correct (“the Construction Issue”).

I will now consider those issues, though in a slightly different order.

THE CHARACTERISATION ISSUE

Introduction

8. Some initial observations are appropriate. First, it is well established thatthe categories of serious irregularity as set out in s.68(2) are closed and exist in acontext which is designed to permit such applications only in very narrow circum-stances. In para.27 of the judgment of Lord Steyn in the leading case of Lesothov. Impregilo [2006] 1 AC 221, he approved the oft-cited para.280 of the DACReport, which said that:

“Section 68 is really designed as a longstop, only available in extreme caseswhere the tribunal has gone so wrong in its conduct of the arbitration that justicecalls out for it to be corrected”.

9. As to s.68(2)(b) itself, Lord Steyn also stated that it only applies where thetribu nal has purported to exercise a power which it did not have, not where iterroneously exercised a power that it did have:

“It must always be borne in mind that the erroneous exercise of an availablepower cannot by itself amount to an excess of power”.

— see his paras.24 and 32.

10. Secondly, and again referring to the judgment of Lord Steyn at paras. 31and 32:

“Section 68(2)(b) does not permit a challenge on the ground that the tribunalarrived at a wrong conclusion as a matter of law or fact. It is not apt to cover amere error of law. ... A mere error of law will not amount to an excess of powerunder the section”.

11. Furthermore, as Hamblen J. (as he then was) put it in the case of AbujaInternational v. Meridien [2012] 1 Lloyd’s Rep 461, at paras.49 to 50:

“The focus of the inquiry under s.68 is due process, not the correctness of thedecision. ... For there to be a ’serious irregularity’ because the tribunal hasexceeded its powers it is necessary to establish that the arbitral tribunalpurported to exercise a power it does not have. The erroneous exercise of apower which the tribunal does have involves no excess of power. It is notengaged if the tribunal merely arrives at a wrong conclusion of law. ... Anerror, however gross, in the exercise of a power does not involve an excess ofthat power”.

— see his paras.49, 50 and 52.

12. Finally, I refer to some observations of Cooke J. in New Age v. RangeEnergy [2014] EWHC 4358, at para.15, referring to Lord Steyn:

“The erroneous exercise of an available power could not of itself amount toan excess of power. [It] is only engaged where there is no power at all under

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the Arbitration Agreement, the terms of reference or the 1996 Act to do whatthe Arbitrators did”.

and at para.42:“Any error of law or fact, or error of reasoning ... when making a declaration,an order for specific performance, any other mandatory order, or whengranting other relief does not involve an exercise of powers which theTribunal does not possess”.

13. I now turn to the relevant provisions of the Act governing the question ofcosts. First of all, s.61(1) provides that:

“The tribunal may make an Award allocating the costs of the arbitration asbetween the parties, subject to any agreement of the parties”.

14. s.61 (2) then provides that:“The tribunal shall Award costs on the general principle that costs shouldfollow the event except where it appears to the tribunal that it is inappropri-ate”.

15. Then, by s.63:“(1) The parties are free to agree what costs of the arbitration are recover-able;(2) If there is no such agreement, the following provisions apply;(3) “The tribunal may determine by an Award the recoverable costs of thearbitration on such basis as it thinks fit. If it does so, it shall specify -(a) the basis on which it has acted, and(b) the items of recoverable costs and the amount referable to each”.

16. Section 59 is a defining section. It states that:“(1) References in this Part to the costs of the arbitration are to -(a) the arbitrators’ fees and expenses, and(b) the fees and expenses of any arbitral institution concerned, and(c) the legal or other costs of the parties.(2) Any such reference includes the costs of or incidental to any proceedingsto determine the amount of the recoverable costs of the arbitration”.

17. Article 31(1) of the ICC Rules provides in substantially the same termsand, in particular, says that the costs of the arbitration shall include the reasonablelegal and other costs incurred by the parties for the arbitration.

18. In addition to referring to ss.59 and 63 of the Act and Article 31(1) o f theICC Rules, the arbitrator also referred to CPR 44.2 with its general provisions oncosts and 44.3 on the basis of costs (i.e. standard or indemnity), and 44.4 on howto assess costs on either basis, including the conduct of the parties.

The arbitrator’s decision

19. Norscot sought its costs of the litigation funding, and both sides madesubmissions to the arbitrator on this question. Norscot submitted that he couldcompensate it for the costs of the litigation funding, either through it being costsunder s.59(1)(c) or by making an Award of interest at a very high implicit rateunder s.49 of the Act.

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20. At para.33, the arbitrator noted that the principal sources of jurisdictionwere the Act and the ICC Rules, and noted that the concept of costs was not merely limited to legal costs, but extended to reasonable other costs. At paras.34 to 43,he dealt with the principles governing when Awarding indemnity costs and, atpara.48, he considered that an Award of indemnity costs was appropriate.

21. I here refer to various observations that he made as to the conduct ofEssar, which is relevant to one or more of the issues before me. In para.44, he saidthat Essar had set out to cripple Norscot financially by resolutely refusing to makepayment and it had flouted its agreement to pay the crew wages. At paras.45 and46, he said its conduct created a vicious circle by which their withholding of fundsmeant that the crew could not be paid, and Essar would not pay Norscot becauseof the lack of proof of payment. Also Essar had withheld payment to the suppliersand paid only after being ordering by the tribunal to do so some three years later.In para.50, he said it intended to exert and did, in fact, exert commercial pressureon Norscot before and throughout the arbitral process and it was a David andGoliath battle, and such conduct forced Norscot’s managing director to re-mortgage his home for the best part of $1 million. At para.52, he said that for overthree years, Essar made and persisted in unjustifiable personal attacks andallegations of fraud and dishonesty against Norscot’s Mr. Tollefsen, a professionalrig manager, and Mr. Sharma which were so serious and without foundation thatNorscot was entitled to costs on an indemnity basis.

22. In para.84, the arbitrator referred to the exploitative manner in whichEssar had acted towards Norscot prior to and during the dispute and said that:

“As a consequence, Norscot had no alternative, but was forced to enter intothe litigation funding to the full cost of 300 per cent of the sum advanced bythe funder or 35 per cent of the sum recovered, whichever was the higher. Thefunding costs reflect standard market rates and terms for such facility, asevidenced by the expert statement of Mr. Blick, a broker in litigationfunding”.

23. In para.90, he observed that:“The magnitude of the arbitration resulted in a substantial amount for theclaimant’s costs in the region of US$3 million. Essar was undoubtedly awarethat Norscot’s costs could not be financed from its own resources ... and it wasforced into ‘litigation funding’... “It was blindingly obvious to [Essar] that theclaimant was at a distinct financial disadvantage ... and would find it difficultif not impossible to pursue its claims by relying on its own resources. Therespondent probabl y hoped that this financial imbalance would force theclaimant to abandon its claims”.

24. In para.91, the arbitrator said he was satisfied that the claimant wasconsequently forced to enter into a litigation funding arrangement, and acceptedthe evidence of Mr. Tollefsen that there was no credible alternative source offunding:

“The conduct of the respondent before and during the dispute was a blatantattempt to drive Norscot ’from the judgment seat’. ... They pursued theirclaims with courage and determination. They undertook a huge financialburden and gamble in entering into the funding arrangement. The claimant’s

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conduct throughout ... cannot be faulted. Justice and the merits point in [thedirection of the claimant’s]”.

25. At para.92, he accepted Mr. Blick’s evidence that the litigation fundingcosts reflect standard market rates in terms of such facilities:

“This entails the higher of a fixed lump sum multiple of the [sum] advanced... or a percentage of the sum recovered”.

26. Then he set out what the sums were.

27. Then, in para.94, he said there was no reason to believe that the deed ofagreement was other than genuine and concluded that Norscot’s impecuniositywas deliberately caused, or substantially contributed to by Essar”.

28. Finally, in para.97, he said that:“The tribunal has a discretion to include in ’other costs’ the costs of litigationfunding ... and it reflected market rates and the terms of such a facility. Theclaimant was forced to enter into such an arrangement if it was to securejustice. It succeeded substantially in all its claims”.

29. As to the notion of “other costs”, at para.85, the arbitrator noted Essar’ssubmissions that that the costs of litigation were not recoverable, and that “othercosts” could not mean all types of economic loss such might be sustained inlitigation. He referred to the submission that:

“The statutory focus is narrow. As a matter of natural and ordinary inter-pretation to the statute and the rules such funding is not included and hasnever been recoverable at common law”.

30. He then referred to various submissions made by Mr. Hogan, Counsel forEssar, who also appears before me.

31. At para.86 under the heading “Discussion”, he said that:“The [arbitrator] has no hesitation in deciding that the combined effect of theprovisions in the Act and the rules give it a wide discretion as to what costsit can Award to the winning party. The discretion includes the power toinclude in ’other costs’ the cost of litigation funding. Arguments based on’maintenance’ and ‘champerty’ are outdated and can be safely ignored”.

32. Such a discretion was within the overarching consideration of ’what justicerequires’ this was a trend which was reflected in legislation and in the authorities.

33. At para.88, he agreed with the force and logic of Norscot’s submissionthat:

“As a matter of principle, it was difficult to see the difference between, on theone hand, allowing a party to recover pre-judgment on the interest on costs,which is routinely Awarded ... and allowing a party to recover the interest ithas had [itself] had to pay to the third party to cover those pre-judgment legalfees on his behalf”.

34. In para.89 he said that:“In deciding whether to exercise its discretion, the arbitrator said it is entitledto take account of the conduct of the parties. The tribunal has already

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condemned the conduct of the respondent in severe terms in the previousAward and in the instant Award”.

35. He then then went onto award those costs by reason of these key findings,which I have noted, that Essar had forced Norscot by its unreasonable conduct intoa position where it had no alternative, but to obtain litigation funding from thisparticular source of the fees referred to.

Clarification

36. On 13th January 2006, Essar sought clarification of para.86 as follows. Itasked whether it was a combination of s.59 and ICC Article 31 which made specificreference to “other costs” upon which the tribunal based its decision to award thecosts of litigation funding rather than s.63, which was concerned with the basis ofcosts, i.e. standard or indemnity basis.

37. The arbitrator dealt with this in the addendum as follows. He referred,first of all, to what he had said in para.86. In para.29, he referred to Article 31 ofthe ICC Rules, and then s.59 and s.63 of the Arbitration Act was set out at para.31and Part 44 was set out at para.32. He then says that:

“With hindsight and in the light of the respondent’s helpful observations, itwould have clarified the matter if the tribunal had expressly referred tosections 59 and 63(3) of the Act”.

38. His revised version said as follows:“The tribunal has no hesitation in deciding that the combined effect of theprovisions of the Act [and then he inserts ’i.e. s.59(1) and s.63(3)’] and bothrules give it a wide discretion as to what costs it can Award. This discretionincludes the power to include in ’other costs’ the cost of litigation fundingand, if so, whether on the indemnity and standard costs basis.

39. At para.32, he observed that it would not have caused the respondent toconsider that the tribunal might have exercised its discretion whether to Award thecosts in principle under s.63, rather than s.59.

40. It is not suggested that his reasoning in the Addendum has any significantimpact on the characterisation issue.

Analysis

41. As Lord Steyn noted, in order to see if what the arbitrator did fell withins.68(2)(b) as being in excess of his powers or whether it was no more than anerroneous exercise of a power that he did have, it is necessary to focus “intenselyon the power concerned”. In my judgment, the relevant power here is theundoubted power to award costs. If the arbitrator fell into error, it was an error asto the scope of such costs by reason of his allegedly erroneous interpretation ofs.69(1)(c) and Rule 31(1).

42. I accept that, if one characterised the relevant power as being the powerto order that one side pays the other side’s costs of obtaining litigation funding, orconversely, the power to order by wayof costs such sums which do not include thecosts of litigation funding, one could say as a matter of language that he was

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exercising a power that he did not have. But, if that was the correct approach, onecould re-describe many, if not all, errors of law in that way. Indeed, an erroneousexercise of power itself could in theory almost alwa ys be re-described as an excessof power. However, according to Lesotho, there is a real and vital distinction to bemade between the two. In my judgment, to characterise the arbitrator’s error herein that way would be wholly unrealistic and artificial, and it goes against the grainof the strict and narrow confines in which s.68 is to operate.

43. Mr. Hogan submits that this case is analogous to the example given byLord Steyn of a true excess of power, where the arbitrator has an express powerto award simp le interest, but awards compound interest instead. I do not acceptthe analogy. One can see the force of his example, because the substantive powerin question is expressly framed as one to award simple interest, and there was astraightforward and clear departure from that. Not so here. Again, it all dependsin every case on what in substance power at issue really is. Put another way, it mustbe the exercise of a power which the arbitrator did not have “at all”, to borrowfrom the words of Cooke J. in New Age.

44. Mr. Hogan also submits that, if in purported exercise of his power toAward costs the arbitrator awarded an amount to compensate the claimant foremotional or inconvenient “cost”, that would have to be characterised as an excessof power, but, if so, why not here as well? Again, the analogy does not follow. Insuch cases, it is artificial to use the word “costs” at all and, therefore, there is littledifficulty in saying that such an award would be wholly outside the arbitrator’spowers to Award costs. The same could hardly be said ofthe costs of litigationfunding, where the line to be drawn is a matter of construction of s.59(1)(c).

45. In my view, our case is analogous to Lesotho itself, where the majority ofthe House of Lords found that the erroneous award by the arbitrator in a currencyconverted from local currency at a particular date was no more than an erroneousexercise of its power to make Awards in “any currency”.

46. Finally, although the arbitrator himself used the word “power” in para.86of his Award, such a nomenclature is of little relevance when considering properlyand objectively the characterisation of what he did in the context of s.68(2)(b).

47. For all of those reasons, I conclude that there was no serious irregularitywithin the meaning of s.68(2)(b), even if the arbitrator was wrong in his construc-tion of “other costs”. That disposes of this application altogether. But, in deferenceto arguments made on the other issues, I deal with them as well.

THE CONSTRUCTION ISSUE

The Context

48. This is the underlying substantive point of Essar’s complaint, which is thatthe expression “other costs” does not, as a matter of construction, include the costsof obtaining litigation funding in respect of the arbitration in question. I havealready set out the relevant provisions in the Act and the ICC Rules.

49. As a preliminary point, Essar contends that the relevant sections in theAct must be construed essentially by reference to what a court would or could

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allow by way of costs in litigation under the CPR. I reject that. Of course, botharbitration and litigation are forms of formal dispute resolution and there aremany similarities, but it is crucial to keep in mind that the Act was designed to beand is a complete code as to the conduct of arbitration, s ubject to somewell-established exceptions. In particular, s.81(1) of the Act provides that:

“Nothing in this Part shall be construed as excluding the operation of any ruleof law consistent with the provisions of this Part, in particular, any rule of lawas to -(a) matters which are not capable of settlement by arbitration; or(b) the effect of an oral arbitration agreement; or(c) the refusal of recognition or enforcement of an arbitral Award on groundsof public policy”.

50. Mr. Hogan submits that this provision means that the Act and, inparticular, ss.61 and 59 are to be read subject to whatever the common law rulesas to recoverable costs under the CPR are. I reject that also. Section 81 isconcerned with the particular matters as set out within it, all of which arefundamental questions going to jurisdiction, enforcement and the like. It is notconcerned with procedural differences which may exist between the arbitral andCPR regimes on matters such as costs. Section 81 is, therefore, irrelevant.

51. The difference between these contexts is made abundantly clear wheres.59(1)(c) defines the costs of arbitration as including, not just legal costs, but“other costs” too. There is no parallel provision in the CPR. The CPR’s owndefinition of costs in 44.1 is clearly m ore limited. It is true that the arbitrator didrefer in the Award and the addendum to CPR 44, but it is plain that this wasessentially because of the provisions dealing with standard and indemnity costsand the different bases of assessments, as opposed to going to the meaning of“other costs”. Accordingly, the approach taken by the courts under the CPR as towhat can and cannot be Awarded by way of costs is of little direct relevance here.The relevant context is thus the Act itself and the wide scope of procedural powersconferred upon the arbitrator.

The language

52. In fact, of course, the correct starting point is not the wider context, butthe language of the provisions themselves. Sections 63(3) and 61(1) allow thearbitrator to determine the recoverable costs of the arbitration as he sees fit.Section 59(1)(c) then deliberately includes a head of costs, other than legal costs.

53. Essar seeks to cut down on the scope of the provision by saying that thegoverning expression is really “costs of the arbitration” and that in itself wouldexclude the costs of third party funding, since the latter is not the cost of thearbitration, but the costs of funding it. However, that is the wrong way round. Itis the collection of items in s.59(1) itself which defines what the costs of thearbitration are. “Costs of arbitration” is not some prior limiting definition.

54. I accept, of course, that “other costs” has to be seen as other costs whichrelate to the arbitration proceedings. But, in my judgment, that does not help Essarvery much, because the question then is what such costs are or might be. Certainly,

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where a party to an arbitration is funding it by obtaining specific litigation fundingwhich is now available in a variety of forms, so as to enable him to specificallyenforce his legal rights, it is very hard to see how that is excluded for all purposesfrom the expression “other costs”. Indeed, Mr. Hogan in his submissions cameclose to accepting that when he said that other costs connoted “somethingnecessary to get the arbitration off the ground or on the road”. Here, at least, thatcould be said to include the costs of third party funding.

55. Essar, of course, has to volunteer something for “other costs” to coverotherwise the expression would be wholly meaningless. It says that it wouldinclude some costs not available in a court-based costs order, for example, internalexpert fees or managerial time, but without extending to litigation funding. That isa somewhat arbitrary distinction to draw. The better view, as noted above, is tolook at the expression functionally.

56. Subject to the question of assessments of, for example, proportionalityand reasonableness and the like, conventional legal costs in the sense of lawyer’sfees and disbursements are incurred in order to bring or defend the claim inquestion. There can be other costs also incurred to the same end. These could bemanagement time and they could also be the costs of obtaining funding for thedispute.

57. Mr. Hogan also contends that the expression “other costs” must beconstrued eiusdem generis with legal costs being a residuary class, and accordingly,it is to be construed narrowly so as to cover only those costs that are trulyanalogous to legal costs. That would allow only modest extensions therefrom theexamples that have already been cited.

58. I do not accept that the eiusdem generis rule can be said to apply in thisway here. “Legal costs” is not some defining “genus” whereby the use of “other”may be expressed simplyto catch any costs which almost by accident, as it were, falloutside the definition of “legal costs”. The better “genus”, in my view, is the costsof the arbitration to be regarded in a broad sense. There are legal costs of thearbitration and there are other costs of the arbitration. The real limiting factor, inmy view, is the functional one. Do the costs relate to the arbitration and are theyfor the purposes of it? If the costs have not been incurred in order to bring ordefend the claim in question, I would accept that they fall outside the definition of“other costs” and they would not relate to the arbitration - but that is not the casehere.

59. Mr. Hogan also points to the fact that s.59(1) does not refer expressly tocosts of obtaining third party funding, but that is hardly surprising, for, if it wereotherwise, s.59(1) would have to include each and every example of what could ordid include “other costs”. The lack of a specific reference to third party funding isimmaterial, in my view.

60. Mr. Hogan also contends that the true source, if any, of the arbitrator’sability to award the costs of third party funding is not this part of s.63 and s59 oncosts, but rather, its power to Award interest under s.49. He accepts that, if thecurrent Award was set aside, it would have to be remitted to the arbitrator and

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Essar would have to deal with the merits of an argument that Norscot was entitledto such costs by way of an interest Award. I do not here analyse the scope of s.49.But, even if the arbitrator could so Award on that basis, I fail to see why that, inand of itself, narrows the scope of s.59(1)(c). Such entitlement on the part ofNorscot could exist side by side. For the same reason, I do not see how the Awardis somehow in fundamental conflict with the scheme of the Act.

61. Since Rule 31(1) of the ICC Rules is expressed in substantially the sameterms as s.59(1)(c), the ICC Commission Report of 2015 headed “Decisions onCosts in International Arbitration” is relevant. Its preliminary note reads:

“The considerations contained in this Report are intended to inform users ofarbitration how tribunals may allocate costs in accordance with the parties’agreement and/or any applicable rules or law.

However, they should not be regarded as affecting a tribunal’s discretion toallocate costs”.

62. The Report did not endorse any particular approach to decisions on costs,nor establish guidelines or checklists.

63. Then, under the heading “Third Party Funded Costs”, at para.87 it said:“The successful party will itself ultimately be out of pocket upon reimbursingsuch costs to the third-party funder and may therefore be entitled to recoverits reasonable costs, including what it needs to pay to the third-party funder,from the unsuccessful party. The tribunal will need to determine whetherthese costs were actually incurred and paid or payable. The fact that thesuccessful party must in turn reimburse those costs is, in itself, largelyimmaterial”.

64. And at para.90:“If there is evidence of a funding arrangement that is likely to impact on thenon-funded party’s ability to recover costs, that party might decide to applyearly in the proceedings for interim or conservatory measures”.

65. Then, at para. 92, under “Success fees and uplifts”, it says that:“In reality, funding arrangements are rarely limited solely to the costs of thearbitration. Usually, the third-party funder will require payment of an upliftor success fee. ... As a tribunal only needs to satisfy itself that a cost wasincurred specifically to pursue the arbitration, has been paid or is payable, andwas reasonable, it is feasible that in certain circumstances the cost of capital,e.g. bank borrowing specifically for the costs of the arbitration or loss of useof the funds, may be recoverable”.

66. And finally at para. 93:“The requirement that the cost be reasonable serves as an important checkand balance in protecting against unfair or unequal treatment of the partiesin respect of costs, or improper windfalls to third-party funders. Tribunalshave from time to time dealt with this when assessing the reasonableness ofcosts in general, sometimes including the success fee in the allocation of costsand sometimes not, depending on their view of the case as a whole”.

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67. I regard all of those observations as highly pertinent here. Of course, theyare not determinative on the issue, nor are they authorities, but they do in theirreasoning support the functional view that I have expressed above and the notionthat the ICC regime is not to be regarded as subservient to the CPR regime onsuch costs issues.

Conclusions

68. Therefore, as a matter of language, context and logic, it seems to me that“other costs” can include the costs of obtaining litigation funding. The expressionshould not be confined by some legal straightjacket imposed by reason of what acourt might or might not be permitted to order. All that this conclusion entails isthat such litigation funding costs falls within the arbitrator’s general costs discre-tion. Whether and, if so, how the arbitrator exercises that discretion in anyparticular case is an entirely different matter. Indeed, the ICC bulletin at para.93reminds one that the overall requirement of reasonableness can act as an impor-tant check and balance here.

69. The arbitrator’s exercise of his discretion here to award to Norscot thecosts of its third party funding, while, of course itself not under challenge, isnonetheless a telling example of the good sense of reading “other costs” in thisway. This was a case, perhaps unusual, where the arbitrator ruled in detailed androbust terms that Essar drove Norscot into this expensive litigation because of itsown reprehensible conduct going far beyond technical breaches of contract, inorder to vindicate its rights. Further, as the tribunal found, Norscot had no option,but to obtain this funding from this third party funder. As a matter of justice, itwould seem very odd and certainly unfortunate if the arbitrator was not entitledunder s.59(1) (c) to include the costs of obtaining third party funding as part of“other costs” where they were so directly and immediately caused by the losingparty.

70. In my judgment, therefore, I unhesitatingly conclude that the arbitrator’sinterpretation of “other costs” was correct, in that it extended in principle to thecosts of obtaining third party legal funding. Whether then to Award it is a matterof discretion.

71. There is a subsidiary issue between the parties as to whether, in fact, thecourt could not order by way of legal costs some of the items that Essar said itcould not and which Norscot said it could or might. A further group of cases wasdebated here. I accept that there are instances where the court has been preparedto include by way of costs under the CPR somewhat more than Essar would allow,but nothing much turns on this for the rea sons already given.

72. Thus the arbitrator was entitled to interpret “other costs” so as to includethe costs of third party funding. There was therefore no error of law anyway.Given my decisions on the two key issues of Characterisation and Construction infavour of Norscot, I deal with the remaining issues somewhat more shortly.

SUBSTANTIAL INJUSTICE

73. Even if there had been serious irregularity, it must have caused substantial

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injustice to the party now complaining of it. In one sense, it can be said that it did,because, as a result, Essar has to pay something approaching £2 million, which, onthis hypothesis, it could and should never have been ordered to pay by thearbitrator.

74. However, Norscot argues that there is no substantial injustice since it wasE ssar which, on the clear findings of the arbitrator, forced Norscot into purchasingthe third party litigation funding in order to vindicate its rights anyway, and I havereferred to the relevant paragraphs above. Norscot further contends that, indeciding if there has been substantial injustice, the court must enter into some sortof balancing exercise and pay regard to the justice or otherwise of the other party’sposition if the serious irregularity is not set aside.

75. Mr. Karia referred me, in particular, to the decision of Burton J. in CNHv. PGN [2009] 1 CLC 807. Here, the arbitrator had power to award interest ondamages from the date of breach, but, for some reason, only awarded them fromthe date of the claim. The arbitrator subsequently purported to correct the awardby adding a further and very substantial amount for interest; i.e. doing what hecould and should have done in the first place. Having found that the arbitrator hadno power to take that course by means of a corrective power, Burton J. went ontoconsider the question of substantial injustice. He said here that:

“All that is required is to reverse the procedural irregularity. A reversal ofthis procedural irregularity [he said] would then cause that substantial injus-tice - namely [to pay the interest be removed]. In my judgment it cannot bepossibly arguable that it would cause substantial injustice to the Claimant ifthe procedural irregularity were reversed and the correction of the howlerprevented, if so doing, would cause, on the one hand, a substantial injusticeto the Defendant and, on the other, a wholly undeserved windfall to theClaimant”.

He said much the same in para.43.

76. I follow all of that, but the core point on those facts surely was that therewas no true injustice caused to the claimant in that case, because, had thearbitrator not made the original error, he would have made the payment of interestall the way through at the outset and it could not be just for the claimant to escapethat by reason of the irregularity. The converse, of course, was that it would beunjust to deprive the other party of such interest. I do not read from that aprinciple that the court should, in fact, undertake a wide-ranging balancingexercise looking at justice in the round. The question of whether substantialinjustice has been caused may arise more acutely where it is not clear if theirregularity has led to any loss at all. But, in our case, at least on the footing thatthe arbitrator was wrong and it was an irregularity, he could not have Awarded thethird party funding in the first place. So, in setting that order aside, it could not besaid that Essar was obtaining a windfall.

77. I accept that, on the arbitrator’s finding on the facts, Essar did causeNorscot to incur the third party funding costs. But, if, in truth, they wereirrecoverable in the arbitration, then its conduct in this context is much lessrelevant. The more important direct point, therefore, is that, absent the irregular-

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ity, Essar would not have had to pay the substantial s um awarded against it. Widerquestions of justice and fairness in respect of Norscot do not trump that, in myview. Accordingly, had s.68(2)(b) otherwise been made out, the serious irregular-ity here on substantial injustice would also have been made out. In the event, it isacademic.

WAIVER

78. Section 73 of the Act provides that“If a party to arbitral proceedings takes part, or continues to take part, in theproceedings without making, either forthwith or within such time as isallowed by the arbitration agreement or the tribunal or by any provision ofthis part, any objection inter alia that the proceedings have been improperlyconducted or that there has been any other irregularity affecting the tribunalor the proceedings, he may not raise that objection later, before the tribunalor the court, unless he shows that at the time he took part or continued totake part in the proceedings”.

79. Norscot contends that, on any view, Essar waived its right to object by wayof its present s.68(2) claim, because it took part in and continued to take part in thearbitration without making any objection that the arbitrator had improperlyconducted the proceedings or that there had been any other irregularity. It iscommon ground that the complaint now made is subject to the s.73 regime. It isalso common ground that the time for any objection will be or will start in advanceof any proposed course of action intimated by the arbitrator which is thencomplained of later under s.68(2) once it is done.

80. Norscot contends that waiver has occurred for two reasons:(1) While Essar contended that Norscot was not entitled to any sum by wayof the cost of litigation funding, it did not express that in terms of anirregularity or improper conduct and, in the context here, an excess of power;(2) After the Award, it continued to participate in the remaining arbitralquestions, including the form of the order regarding third party funding andquantum issues relating to that without objecting at all. In response, Essarcontends first that, in making the objections that it did in the form of itswritten submissions as to the correct construction of “other costs” andwhether they would allow for third party funding costs, it had done enoughfor the purpose of s.73. Second, as to the lack of objection post the Award,that was immaterial.

81. Norscot relied upon the judgment of Cooke J. in New Age, where anumber of alleged irregularities were, on any view, found to be dressed up errorsof law, as he went onto find. But he said that the parties had engaged in thequestion of the content of orders which it was now said were remedies which therewas no power to award at all. He said that entirely different arguments had beenput previously as to why the orders should not be made and this was a paradigmcase for the operation of s.73(2) of the Act. The orders were specifically sought andknown to be sought during the course of the arbitration, though sometimes inwider terms without any objection being made that there was no power to makesuch orders.

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82. I accept that the paradigm case for the operation of s.73 might be wherethere is a procedural irregularity later complained of and which the arbitratormight have put right, had the objection been made at an earlier stage (see, forexample, the observations of Popplewell J. in Terna v. Al Shamsi [2013] 1 Lloyd’sRep 86, at paras.126 and 127). But the words of s.73 are plain, and the statutorywaiver is not confined to cases where an earlier objection might have broughtabout a different course of action on the p art of the arbitrator or indeed the otherside at the time. There is no causal requirement in s.73.

83. Furthermore, I consider that it should be applied strictly in order to giveeffect to the underlying aim which is that any intended objection based on irregularity or improper conduct of the arbitrator should be expressed by the partycomplaining about it in those terms at the time, so that there is no doubt about it.

84. Against that background, I conclude that there was a statutory waiverhere. It is true that Essar made clear in its submissions prior to the Award that theother costs did not include third party funding costs, but it did not state that thiswas something which amounted to an irregularity or improper conduct in theproceedings. Secondly, what happened after the Award is not immaterial, becausethe parties took forward the issue of the wording of the order about third partyfunding and then discussed the question of assessment. At that stage, there was nofurther objection in substance to the ar bitral award already made, and thatinvolvement persisted for some time through the addendum submission processuntil 31 st March, when this claim was finally made.

85. Mr. Hogan suggests that, provided the claim form here is itself issued ontime, whether with or without the benefit of an extension, then s.73 must besatisfied, but I disagree. The time limits and the waiver provisions are two entirelydifferent things. Accordingly, had it been relevant (and it is not), I would havefound that there was a statutory waiver so as to defeat the claim.

THE TIME ISSUE

When does time start to run?

86. Section 70(2) provides that:“An application or appeal may not be brought if the applicant has not firstexhausted -(a) any available arbitral process of appeal or review, and(b) any available recourse under section 57 (correction of Award or addi-tional Award)”.

87. Subsection (3) says that:“Any application must be brought within 28 days of the date of the Award or,if there has been any arbitral process, of the date when the applicant orappellant was notified of the result of that process”.

88. I now consider the position on time if, contrary to above, the claim wasotherwise well - founded. Here, among the other clarifications sought, Essar hadsought clarification from the arbitrator as to whether his conclusion at para.86,which referred to the provisions in the Act and the Rules, was based upon s.59 and

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Rule 31, as opposed to s.63. The arbitrator’s addendum dealt with that at paras.28to 31, as I have read.

89. On the question of time, Essar submitted, first, that the 28 day time limitonly ran from the addendum, in which case, the claim was filed in time. But, if not,an extension should be granted now and retrospectively pursuant to court’s powerunder s.85, and it should be given permission to amend to seek it.

90. I deal first with whether the claim was made in time. The legal positionregarding corrected Awards in this context emerged clearly from the observationsof Teare J. in K v. S [2015] 2 Lloyds Rep 363, which I gratefully adopt. First, thereference to arbitral review in s.73 which could be the starting point for the 28 dayperiod, if there was such a review, does not apply to corrected Awards, which arenot the same thing. The fact that the arbitrator has power to correct an Awardunder s.57 is not to the point (see the judgment at paras.17 to 19).

91. As to corrected Awards, the position on time was as follows. Merelybecause the relevant party had sought a corrected award pursuant to s.57(3), thatdoes not without more extend time, so that the 28 days now runs from the date ofthe corrected award. In that regard, I respectfully prefer the view of Teare J. to thevery brief observations of Jackson J. in Surefire v. Guardian [2005] EWHC 1860.However, if the application to correct was material to the issue now being raisedunder s.68(2), then the 28 days would indeed run only from the date of thecorrected Award (see paras.18 to 20 of the judgment).

92. As to what is material, I again respectfully adopt the formulation of TeareJ. in para.24, which is that the correction is material if it is “necessary to enable theparty to know whether he has grounds to challenge the Award or not”. As TeareJ. went onto say, if the grounds of challenge were known and were not dependenton the outcome of the correction application, time indeed should run from the dateof the original Award.

93. Both parties before me accepted that, for present purposes, the materi-ality test is the right one with Norscot reserving its position, should the matter gofurther, given the Jackson reforms and the advent of the stricter approach tononcompliance with court orders, as set out in cases such as Denton. As to thequestion whether Essar’s application to correct was material, it is true that italways knew what its key point was. It was, on the present hypothesis, that thisclaim is otherwise well-founded, and that an award of costs could not include costsof third party funding. But that does not mean that there was no point in seekingclarification. As Mr. Hogan says, Essar was still entitled to see why the arbitratorso found and, in particular, which provisions he ultimately relied upon as support-ing his conclusion. The arbitrator clearly thought it was a useful point to be raisedas well. The fact that thereafter the submissions in support of the claim do notespecially turn on the outcome of the requested correction is not fatal, becausethat would be to apply hindsight. On balance, I think that the correction soughthere was material and so time did not run until 3rd March, in which case, the claimwas made in time.

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Extension of time

94. This would now only arise if (a) the s.68 claim was itself well-founded, but(b) time only ran from the 17th September, so that (c) an extension was necessary,contrary to what I have just found. On this (by now) highly artificial footing andhaving regard to the factors relevant to the exercise of the court’s power to extenttime under s.85, as set out by Popplewell J. in Terna, at paras.27 to 31, I would haveconcluded as follows:

(1) There was a long delay in making the application to extend time orapplying for leave to amend the claim form to ask for it 77 days from theexpiring 28 day period;(2) Although not supported by much detail, Essar’s evidence is that it workedon the erroneous assumption that time only ran from 3rd March and it wasonly later that it became aware that Norscot was saying that it was out of time.Mr. Hogan here relied on Norscot’s respondent’s notice of 11th May 2016;(3) In fact, Essar was first put on notice somewhat earlier, on 4th April, andthere is no explanation as to why it took until 20th May to seek extra time.However, on the facts of this case, I can see how Essar and its legal teammight have thought, even if wrongly, that time did not run until 3rd March;(4) No specific prejudice to Essar has been caused by this delay. It is not asif, for example, the application has had a material impact upon the remainingparts of the arbitration;(5) On this footing, where the extension of time is to be considered by thiscourt (i.e. me) at the same time as the substance of the application itself, itwould be wholly artificial to view the question of merits by reference toanything other than what the court has now decided (see the observations ofPopplewell J. in paras.32 to 33 of his judgment in Terna). Thus, on thishypothesis, the merits become a powerful factor in favour of granting theextension;(6) There is no basis for me to conclude such delay as there was resulted froma deliberate decision to gain some advantage.

95. In all those circumstances, I would, on these assumptions, have allowedEssar to seek the extension of time and then granted it. Again, in the event, thatis academic.

96. For the reasons given above, this application must be dismissed, and I willnow hear counsel on all consequential matters.

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La res judicata nell’arbitrato commerciale internazionale:note a margine della monografia di Silja Schaffstein

FLAVIO PONZANO

1. Il tema della res judicata solleva complesse questioni teoriche stret-tamente collegate alla natura e all’oggetto del processo e riveste fondamentaleimportanza pratica per gli operatori del diritto. Già in ambito “domestico”esso è caratterizzato da notevoli incertezze (1). In prospettiva “internazio-nale”, esso è fonte di incertezze ancora maggiori in ragione del collegamentodella sentenza con almeno due ordinamenti — quello dal quale proviene e

(1) Basti pensare, ad esempio, alla giurisprudenza italiana che negli ultimi anni si èconfrontata con i limiti oggettivi del giudicato nei giudizi di impugnativa negoziale. SecondoCass. Civ., SS.UU., 4 settembre 2012, n. 14828, in un giudizio promosso per la risoluzione delcontratto, (i) l’accertamento della nullità dello stesso a seguito del rilievo officioso del giudiceavviene incidenter tantum, ossia senza efficacia di giudicato, in assenza di esplicita domanda diparte, mentre (ii) di regola si forma giudicato implicito sulla validità del contratto a seguito dellapronuncia (di accoglimento o rigetto) sulla risoluzione. Autorevole dottrina ha evidenziato chesi trattava di una soluzione incoerente, nella misura in cui permetteva la formazione delgiudicato nella seconda situazione, ossia quando il tema della nullità non era oggetto di dibattitoprocessuale, ma non nella prima quando esso veniva discusso (così MENCHINI, Le Sezioni unitefanno chiarezza sull’oggetto dei giudizi di impugnativa negoziale: esso è rappresentato dalrapporto giuridico scaturito dal contratto, in Nuovi Quaderni del Foro Italiano, Quaderno n. 2,3 febbraio 2015, disponibile su www.foroitaliano.it). Le Sezioni Unite sono successivamentetornate sul punto in due sentenze “gemelle”, Cass. Civ., SS. UU., 12 dicembre 2014, n. 26242 e26243, le quali superavano la suddetta incoerenza affermando che l’espresso accertamento dellanullità conseguente ad un rilievo officioso avviene sempre con autorità di cosa giudicata, anchequando contenuto in motivazione (in ragione dell’assenza di domanda di parte sulla nullità).Veniva anche confermato che la pronuncia di merito su una domanda di impugnativa negoziale(sia essa di risoluzione, annullamento, rescissione o scioglimento del contratto) è idonea aprodurre giudicato implicito sulla validità del contratto, sempre nel caso di pronuncia diaccoglimento e di regola per quella di rigetto, salvo che quest’ultima sia fondata su una ragionepiù liquida (come ad esempio la prescrizione, l’adempimento, la palese non gravità dell’ina-dempimento o la compensazione legale). V’è da chiedersi se la soluzione della Suprema Cortesia interamente soddisfacente considerato che quando il rigetto avviene sulla base di unaragione più liquida della nullità, la validità del contratto rappresenta necessariamente unpresupposto logico, di cui il giudice può non essersi occupato esattamente come, ad esempio, nelcaso in cui accolga la domanda di risoluzione del contratto. Tuttavia, solo in quest’ultimaipotesi, vale a dire nel caso di pronuncia di accoglimento, si forma il giudicato implicito sullavalidità del contratto.

RASSEGNE E COMMENTI

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quello in cui viene richiesto il riconoscimento — che in astratto potrebberoavere titolo per disciplinare le questione (2).

Il tema è ancora più complesso nel contesto dell’arbitrato internazionaledove può presentarsi in molteplici situazioni. Innanzitutto, il valore di giudi-cato di un lodo può essere invocato in un procedimento giudiziale o arbitrale,in relazione alla medesima o ad una diversa controversia. Se la controversia èla medesima, si tratterà di verificare i cd. “effetti negativi”, ossia “preclusivi”,del lodo (3); se la controversia è diversa, a rilevare saranno invece i cd. “effettipositivi” o “conclusivi” della decisione. Quando un lodo viene invocato in unprocedimento arbitrale, si può ulteriormente distinguere a seconda che siainvocato nel medesimo o in un diverso arbitrato (per la prima ipotesi, si pensiad un lodo parziale).

Il ventaglio delle situazioni possibili si amplia poi significativamenteconsiderando, in prospettiva complementare, i casi in cui è il valore digiudicato di una sentenza di un tribunale statale ad essere invocato in unarbitrato internazionale. La sentenza può avere ad oggetto il merito dellacontroversia o la giurisdizione degli arbitri, oppure riguardare un precedentelodo (anch’esso invocato nel procedimento arbitrale). Peraltro, con riferi-mento a quest’ultima tipologia di decisioni, il tema del giudicato emerge anchein relazione agli effetti che le sentenze sull’annullamento o sul riconoscimentodel lodo potrebbero produrre in un successivo procedimento straniero diriconoscimento (4). Al riguardo, è particolarmente noto il dibattito sulla sortedi un lodo annullato, nel cui ambito una delle posizioni è quella secondo laquale un lodo annullato non dovrebbe essere riconosciuto qualora sia possi-bile riconoscere la sentenza di annullamento (con i relativi effetti preclu-sivi) (5). Se a ciò si aggiunge che un problema di giudicato potrebbe presen-

(2) Sul tema della res judicata nel contenzioso internazionale, in particolare con riferi-mento alle sentenze straniere, v. BARNETT, Res Judicata, Estoppel, and Foreign Judgments,Oxford University Press, 2001; VAN DE VELDEN e STEFANELLI (British Institute of Internationaland Comparative Law), Comparative Report on The Effect in the European Community ofJudgments in Civil and Commercial Matters: Recognition, Res Judicata and Abuse of Process,2008, disponibile su www.biicl.org.

(3) In realtà, quando un lodo viene invocato in un procedimento giudiziale avente adoggetto la medesima controversia, è dubbio che la questione si ponga in termini di eccezione dicosa giudicata e non di giurisdizione. La giurisdizione arbitrale, infatti, di regola esclude quelladei tribunali statali, i quali dunque non potrebbero decidere nel merito la controversia giàoggetto del lodo.

(4) Ad esempio, secondo la giurisprudenza inglese, se tali decisioni sono riconoscibilisecondo le regole del diritto internazionale privato, esse sono idonee a produrre gli effetti delgiudicato. Dunque, i giudici inglesi trattano tali pronunce sui lodi arbitrali al pari di qualsiasialtra sentenza straniera, seguendo così la cd. “judgment route” (o “DIPiste” in francese). Ingenerale su questo tema (e anche per i riferimenti alla giurisprudenza inglese), v. SCHERER,Effects of Foreign Judgements Relating to International Arbitral Awards: Is the ‘Judgment Route’the Wrong Road?, in Journal of International Dispute Settlement, v. 4, n. 3, 2013, 587 ss.; BOLLÉE,RADICATI DI BROZOLO, SCHERER e ZAJDELA, Table Ronde: L’Autorité de chose jugée des decisionsrelatives au contrôle des sentences, in Revue de l’Arbitrage, n. 1, 2016, 183 ss.

(5) Per una sintesi dei diversi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia, v.BORN, International Commercial Arbitration, II ed., 2014, 3624-3628; SILBERMAN e SCHERER,

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tarsi anche in relazione alle misure cautelari (si pensi alla medesima misurarichiesta sia ai giudici che agli arbitri) è immediato percepire la complessità ei molteplici aspetti del tema.

Alcuni di questi aspetti sono trattati nel recente pregevole lavoro di SiljaSchaffstein (6), che rappresenta la prima monografia sulla res judicata nell’ar-bitrato commerciale internazionale. Finora il tema era stato esplorato solo informa di articolo, oltre che dalle “Recomendations on Res Judicata andArbitration” (con relativi reports accompagnatori) dell’International Law As-sociation (“ILA”). Il lavoro della S. considera il valore di giudicato neiprocedimenti arbitrali sia delle sentenze di tribunali statali, sia dei lodi emessiin precedenti giudizi arbitrali. In continuità con le ILA Recomendations (chesi occupavano solo del valore di giudicato dei lodi), l’Autrice si dichiarafavorevole al ricorso a principi “transnazionali” per risolvere i complessiproblemi della materia.

2. L’analisi della S. prende le mosse dalla res judicata nel contenziosogiudiziale. In particolare, vengono esaminati, secondo il diritto inglese, statu-nitense, francese e svizzero, gli elementi costitutivi del giudicato, i suoi effettipositivi e negativi, e i requisiti per invocarli in un giudizio successivo. Lacomparazione evidenzia che, al di là di un “common core”, esistono notevolidifferenze tra i diversi ordinamenti (7). È noto, ad esempio, che l’ambito delgiudicato è più ampio nei Paesi di common law che in quelli di civil law (8).

Forum Shopping and Post-Award Judgements, in FERRARI (ed.), Forum Shopping in theInternational Commercial Arbitration Context, 2013, 313 ss. Secondo una posizione restrittiva,ancorata al principio ex nihilo nihil fit, a seguito dell’annullamento nel Paese della sede, il lodonon avrebbe più alcuna esistenza giuridica e pertanto non potrebbe in alcun modo esserericonosciuto all’estero (v. VAN DEN BERG, Enforcement of Annulled Awards, in ICC InternationalCourt of Arbitration Bulletin, v. 9, n. 2, 1998, 15 ss.; REISMAN e RICHARDSON, Tribunals andCourts: An Interpretation of the Architecture of International Commercial Arbitration, in VAN DEN

BERG (ed.), Arbitration - The Next Fifty Years, ICCA Congress Series n. 16, Proceedings of the50th Anniversary Conference, Ginevra, 2011, 17 ss.). Per una critica a tale impostazione, chepostula l’esistenza di una “architettura” dell’arbitrato internazionale secondo cui i tribunalistatali della sede avrebbero giurisdizione esclusiva sulla validità del lodo, v. RADICATI DI

BROZOLO, The Control System of Arbitral Awards: A Pro-Arbitration Critique of MichaelReisman’s “Architecture of International Commercial Arbitration”, in VAN DEN BERG (ed.),Arbitration - The Next Fifty Years, ICCA Congress Series n. 16, Proceedings of the 50th

Anniversary Conference, Ginevra, 2011, 74 ss.; e più di recente, RADICATI DI BROZOLO, TheEnforcement of Annulled Awards: an Important Step in the Right Direction, in Cahiers del’Arbitrage/Paris Journal of International Arbitration, n. 4, 2013, 1027 ss.; e RADICATI DI BROZOLO,The Enforcement of Annulled Awards: Further Reflections in Light of Thai Lao-Lignite, in TheAmerican Review of International Arbitration, v. 25, n. 1, 2014, 47 ss.

(6) SCHAFFSTEIN, The Doctrine of Res Judicata Before International Commercial ArbitralTribunals, Oxford University Press, 2016, 301.

(7) In prospettiva comparatistica, v. di recente CHAINAIS, L’autorité de la chose jugée enprocédure civile: perspectives de droit comparé, in Revue de l’Arbitrage, n. 1, 2016, 33 ss., in cuil’Autrice evidenzia come l’approccio al giudicato dei Paesi di civil law e di quelli di common lawdifferisce in ragione di concezioni diverse della funzione del processo e del ruolo del giudice.

(8) Con riferimento agli “effetti negativi” del giudicato, spesso considerati come comunedenominatore di questo istituto nella tradizioni di civil law e common law, così MAYER,

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Basti pensare al cd. issue estoppel del diritto inglese, il quale impedisce ilriesame di questioni di fatto e di diritto già risolte in un precedente giudizioperché necessarie alla decisione, o alla dottrina dell’“abuso del processo” cheestende il giudicato a tutte le questioni che le parti avrebbero ragionevol-mente dovuto sollevare nel corso del primo procedimento. Le differenze sononotevoli anche tra Paesi della medesima tradizione giuridica. Ad esempio, inFrancia una decisione ha autorité de chose jugée dal momento in cui è resa,mentre in Svizzera è necessario l’esaurimento dei mezzi ordinari di ricorso;ancora, i giudici elvetici, al contrario di quelli francesi, devono considerare exofficio il giudicato, ritenuto questione di ordine pubblico processuale.

Il giudicato viene anche esaminato nella prospettiva del diritto interna-zionale privato e pubblico. Per l’Autrice, sia il Regolamento “Bruxelles I bis”sia la Hague Convention on Choice of Court Agreements, pur non contenendoprevisioni in materia, richiedono implicitamente il riconoscimento degli effettidi giudicato delle decisioni straniere destinate a circolare tramite gli stessi,anche se rimangono indeterminate la portata del giudicato e la legge regola-trice dei suoi effetti. Secondo la S., la più recente giurisprudenza della Cortedi Giustizia dell’Unione Europea (9) avrebbe accolto una nozione autonomadi giudicato (che copre non solo il dispositivo ma anche la ratio decidendicontenuta nella motivazione), superando la “teoria dell’estensione” secondocui gli effetti di giudicato di una sentenza in un successivo giudizio stranierosono quelli che essa ha nel Paese in cui è stata resa (10). Quanto al diritto

L’autorité de chose jugée des sentences entre les parties, in Revue de l’arbitrage, n. 1, 2016, 99:“Dans les pays de civil law on s’attache à ce qui a été effectivement jugé: c’est ce qu’indique le mot‘autorité’: l’autorité est celle de la sentence. En revanche les pays de common law s’attachent,visiblement, à ce qui a été demandé. Ils parlent de cause of action estoppel ou de claim estoppel”.

(9) V., in particolare, CGUE, 15 novembre 2012, Causa C-456/1, Gothaer AllgemeineVersicherung AG et al. v. Samskip GmbH.

(10) Una previsione espressa sugli effetti delle sentenze straniere è contenuta nell’art. 9del nuovo progetto di convenzione sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze stranieredella Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato. Come noto, si tratta di un progettodi ampio respiro per l’elaborazione di una convenzione internazionale in tema di giurisdizionee riconoscimento ed esecuzione delle sentenze straniere, originariamente intrapreso negli anni’90 e che, dopo un ridimensionamento di oggetto, ha portato all’adozione della HagueConvention on Choice of Court Agreements del 30 giugno 2005 (in vigore dall’1 ottobre 2015).Il progetto originario è stato ripreso nel 2012 e la proposta del Working Group è ora al vagliodella Special Commission il cui secondo incontro si è tenuto il 16-24 febbraio 2017. L’art. 9prevede che “A judgment recognised or enforceable under this Convention shall be given thesame effect it has in the State of origin. If the judgment provides for relief that is not availableunder the law of the requested State, that relief shall, to the extent possible, be adapted to relief witheffects equivalent to, but not going beyond, its effects under the law of the State of origin” (il testodella versione corrente del progetto è disponibile su https://www.hcch.net/en/projects/legislati-ve-projects/judgments/special-commission). Il commento a questa disposizione (originaria-mente l’art. 13) nella nota esplicativa del Working Group considera esclusivamente il suosecondo periodo che è volto a regolare, attraverso il meccanismo dell’adattamento, il ricono-scimento di provvedimenti contenenti misure ignote all’ordinamento del Paese in cui è richiestoil riconoscimento (v. in particolare Preliminary Document No. 2 del 2 aprile 2016, p. 44,disponibile all’indirizzo web sopra menzionato). In questo senso il secondo periodo dell’art. 9è analogo all’art. 54 del Regolamento “Bruxelles I Bis” che, secondo autorevole dottrina,

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internazionale pubblico, l’Autrice riscontra che, benché il principio del giudi-cato sia riconosciuto come principio generale di diritto, sussistono incertezzeapplicative nelle aree in cui maggiori sono le divergenze tra gli ordinamentidomestici, con alcune corti inclini ad adottare un approccio flessibile inmateria.

3. Su queste premesse si innesta la parte del libro dedicata all’arbitratodove, in via preliminare, l’Autrice evidenzia che il tema incide direttamente susituazioni idonee a mettere in discussione la ragion d’essere dell’arbitrato. Èdi tutta evidenza, infatti, che la duplicazione di procedimenti — che ilgiudicato mira ad evitare — produce uno spreco di risorse, rende indebita-mente onerosa la posizione di chi ha ottenuto una decisione favorevole egenera il rischio di decisioni contraddittorie, con ovvie ricadute negative sullagiustizia, credibilità ed effettività dell’arbitrato internazionale (si pensi alladifficoltà di riconoscere un lodo in contrasto con una precedente decisione).

L’indagine della S. mette in luce la perdurante grande incertezza attornoalla res judicata in arbitrato, già evidenziata più di dieci anni fa da A. Sheppardche la definiva una “no man’s land, with considerable uncertainty as to itsappropriate application” (11). L’Autrice osserva che le legislazioni e i regola-menti arbitrali non forniscono indicazioni significative in materia, in quantogeneralmente non vanno oltre l’affermazione della natura vincolante deilodi (12). Lo stesso vale per la Convenzione di New York, benché vi sia chicome G. Born vede nell’art. III (13) lo strumento per l’applicazione di unaconcezione ampia degli effetti preclusivi dei lodi (simile a quella conosciutanei Paesi di common law) fondata sulle presunte aspettative di chi scegliel’arbitrato internazionale. In tale contesto, l’Autrice rileva che i tribunalinazionali, per lo più senza particolare analisi, sembrano considerare i lodiequivalenti alle sentenze locali (o straniere come accade in Svizzera qualora si

codifica la teoria dell’estensione, o della continuità, degli effetti della sentenza stranieraall’interno dell’Unione Europea (v. CARBONE - TUO, Il nuovo spazio giudiziario europeo inmateria civile e commerciale. Il Regolamento UE N. 1215/2012, Torino, 2016, 324). Ai presentifini appare più rilevante il primo periodo dell’art. 9 che ha una portata più ampia e non trovacorrispondente nel Regolamento “Bruxelles I Bis”, secondo cui alla sentenza straniera deveessere attribuito lo stesso effetto di cui essa gode nel Paese d’origine. Malgrado il silenzio alriguardo della nota esplicativa, il riferimento all’effetto della sentenza nel Paese d’originepotrebbe essere inteso come comprendente anche il valore e gli effetti di giudicato dellasentenza secondo la legge di tale Paese. Seguendo una tale interpretazione si prospetterebbe unriconoscimento della teoria dell’estensione degli effetti assai più esplicito di quello in baseall’art. 54 del Regolamento “Bruxelles I Bis”.

(11) SHEPPARD, The Scope and Res Judicata Effect of Arbitral Awards, in ArbitralProcedure at the Dawn of the New Millennium, Reports of the International Colloquium ofCEPANI (15 ottobre 2004), Bruxelles, 2005, 265 ss.

(12) Ma v. l’art. 26(8) delle LCIA Arbitration Rules 2014 che sancisce il caratterevincolante dei lodi anche in relazione alle motivazioni.

(13) Art. III della Convenzione di New York: “Each Contracting State shall recognizearbitral awards as binding [...]”.

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tratti di lodi stranieri) per quel che attiene al giudicato, generalmente appli-cando ai primi regole molto simili a quelle valevoli per le seconde.

Nella rassegna della giurisprudenza arbitrale, la S. non rinviene prassiconsolidate sulle diverse questioni poste dalla res judicata, ad esempio quelladella legge applicabile agli effetti del giudicato. Il più delle volte gli arbitrihanno applicato le regole del contenzioso domestico per determinare glieffetti di una precedente sentenza o lodo, in particolare le regole processualidella legge della sede dell’arbitrato, il ricorso alla quale è stato talvoltagiustificato sul presupposto che la res judicata sarebbe una questione diprocedura, come tale regolata da detta legge. L’Autrice critica questo approc-cio sottolineando che gli arbitri non hanno una lex fori e che le leggi arbitralihanno ormai abbandonato la presunzione dell’applicabilità delle regole pro-cessuali interne della legge della sede in assenza di accordo delle parti.Peraltro, viene sottolineato che talvolta è difficile comprendere a che titolouna data legge sia stata applicata (o se gli arbitri intendessero applicare piùleggi cumulativamente) poiché in certi casi la legge della sede coincideva conquella dello stato da cui proveniva la decisione o con la legge applicabile almerito. Particolarmente interessante è il rilievo che, specie di recente, diversitribunali arbitrali sembrano aver tentato di evitare un’applicazione strettadelle regole domestiche sul giudicato, sposando un approccio flessibile epragmatico, apparentemente valorizzando l’autonomia dell’arbitrato (in qual-che caso si è fatto ricorso a presunti principi non collegati ad uno specificoordinamento). La S. rileva anche l’assenza di uniformità circa il cd. “tripleidentity test” (identità di parti, causa petendi e petitum) generalmente invocatoper stabilire se il giudicato su una data domanda debba operare in unsuccessivo arbitrato e che in giurisprudenza verrebbe applicato in maniera“intuitiva, pragmatica e flessibile”.

4. Gli ultimi due capitoli tentano di offrire soluzioni. L’Autrice discutequattro possibili approcci al tema del giudicato nell’arbitrato internazionale:(i) l’“autonomia arbitrale”, (ii) il metodo “conflittuale” tipico del dirittointernazionale privato, (iii) quello comparatistico e (iv) quello cd. “transna-zionale”. Il primo, che lascia agli arbitri l’individuazione di soluzioni ad hoc,viene criticato per l’incertezza che può ingenerare in assenza di prassi conso-lidate, con conseguente frustrazione delle aspettative delle parti. L’approccio“conflittuale” sarebbe anch’esso insoddisfacente per l’incerta qualificazionedella res judicata (come questione procedurale o sostanziale) e perché, aprescindere dalla qualificazione, nessuna delle leggi potenzialmente applica-bili alle questioni di giudicato ha un chiaro ed incontrovertibile titolo ad essereapplicata. La S. ribadisce anche che solitamente l’individuazione di unaqualsiasi legge nazionale tramite il metodo conflittuale non sarà risolutiva inquanto la maggior parte delle leggi non contiene previsioni specifiche sulgiudicato arbitrale. Inoltre, l’applicazione delle regole processuali domestiche

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all’arbitrato risulterebbe per lo più insoddisfacente per le significative diffe-renze tra contenzioso domestico e arbitrato internazionale.

Principalmente in ragione di tali differenze la S. si dichiara favorevoleall’approccio transnazionale, ossia alla formulazione di principi uniformi eautonomi sulla res judicata nel contesto arbitrale, ponendosi in continuità conun’autorevole linea di pensiero (14) e con il precedente studio dell’ILA (cheproponeva un modello “misto”, in cui le regole transnazionali non investonotutti gli aspetti del giudicato). Tale approccio viene dall’Autrice giustificatocon riferimento alla natura e alle caratteristiche fondamentali dell’arbitratointernazionale e, in particolare, la sua autonomia dagli ordinamenti dome-stici (15), il carattere contrattuale e privato, la flessibilità, neutralità e confi-denzialità che impattano direttamente su come il giudicato deve essere trat-tato. Il carattere contrattuale imporrebbe di considerare attentamente leprevisioni della convenzione arbitrale, la quale, benché nella maggior partedei casi silente sul giudicato, ben potrebbe regolarlo o quanto meno veicolareaspettative di finalità, efficienza ed efficacia rilevanti ai fini dell’interpreta-zione del valore di giudicato del lodo. Il carattere privato dell’arbitratopostulerebbe poi la natura privata, e pertanto disponibile, degli effetti delgiudicato, con la conseguenza che gli arbitri non dovrebbero considerarli exofficio e che l’applicazione della res judicata non dovrebbe di per sé esseremateria di ordine pubblico. Una corretta valorizzazione delle caratteristicheessenziali dell’arbitrato confermerebbe quindi l’adeguatezza del metodotransnazionale, che dovrebbe considerare una pluralità di fonti eterogenee, inprimis le regole e le prassi specifiche dell’arbitrato internazionale, ma anche leregole del contenzioso domestico e i principi comuni ricavabili con il metodocomparatistico, i quali possono però funzionare solo come “punto di par-tenza” in arbitrato.

Benché le tesi della S. non si possano qui esaminare nel dettaglio, èopportuno soffermarsi su alcuni aspetti salienti e conclusioni. Con riferimentoal valore di giudicato delle sentenze dei giudici nazionali in arbitrato, ilmetodo transnazionale viene innanzitutto impiegato per individuare i requisiti

(14) V. BREKOULAKIS, The Effect of an Arbitral Award and Third Parties in InternationalArbitration: Res Judicata Revisited, in The American Review of International Arbitration, v. 16,n. 1, 2005, 205 ss.; HASCHER, L’autorité de la chose jugée des sentences arbitrales, in Recueil destravaux du Comité français de droit international privé, sessione del 7 febbraio 2001, Parigi, 2004,25 ss.; JARROSSON, L’autorité de la chose jugée des sentences arbitrales, in Procédures, n. 8, 2007,Etude 17, para. B.1.a; MAYER, Litispendance, connexité et chose jugée dans l’arbitrage interna-tional, in Liber Amicorum Claude Reymond, Autour de l’arbitrage, Parigi, 2004, 190 ss.;RADICATI DI BROZOLO, Res judicata, in TERCIER (ed.), Post Award Issues, ASA Special Series, n.38, 2011, 143 ss.; SHEPPARD, cit., 283; STIER, Arbitral & Judicial Decision: Preclusive Effects of anInternational Arbitral Award, in American Review of International Arbitration, v. 15, 2004, 321,325; VOSER e RANEDA, Recent Developments on the Doctrine of Res Judicata in InternationalArbitration from a Swiss Perspective: A Call for a Harmonized Solution, in ASA Bulletin, v. 33,n. 4, 2015, 762 ss.

(15) L’autonomia, non assoluta, dell’“arbitral legal order” viene spiegata con la teoria delpluralismo degli ordinamenti giuridici di Santi Romano.

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di una sentenza suscettibile di avere effetto di giudicato. La legge dello Statod’origine della sentenza rileverebbe solo per accertare la sussistenza di alcunidi tali elementi, quali il carattere “final and binding”. Quanto al requisito percui la sentenza deve essere sul “merito”, vengono esaminate le sentenzerelative alla giurisdizione degli arbitri, cui non dovrebbe essere attribuitovalore di giudicato, salvo casi particolari, come per la decisione precedente deigiudici della sede non manifestamente abusiva. Gli effetti preclusivi dellasentenza dovrebbero determinarsi secondo principi transnazionali che ten-gano in debito conto la natura e gli obiettivi dell’arbitrato (16). In particolare,alle sentenze andrebbero riconosciuti effetti di giudicato ampi, sul modello dicommon law, che dovrebbero poter essere oggetto dell’autonomia privata.Sulla base di “policy considerations”, e in linea con quanto proposto dall’ILAper i lodi, dovrebbe valere per le sentenze l’“issue preclusion”, tranne per lequestioni decise in via preliminare nella sentenza ma che sono l’oggettodell’arbitrato. Conforme alla soluzione dell’ILA per i lodi è anche la propostadi applicare alle sentenze la dottrina dell’“abuso del processo”, prescindendoda una nozione oggettiva di giudicato e prendendo in considerazione sola-mente il carattere abusivo del comportamento della parte. Quanto al “tripleidentity test”, la S. ne propone un’interpretazione pragmatica, atta a farprevalere la sostanza sulla forma e guidata dal principio dell’abuso del diritto.In quest’ottica, viene tra l’altro suggerito di abbandonare la distinzione tra“object” e “cause of action” in favore del solo requisito dell’identità dellaquestione controversa, da valutarsi sulla base di tutti i fatti posti a fondamentodelle domande e senza considerare gli argomenti di diritto utilizzati. Infine,secondo l’Autrice, per attribuire effetti di giudicato ad una sentenza resa in unPaese diverso dalla sede dell’arbitrato, sarebbe appropriato sostituire algiudizio sulla riconoscibilità della sentenza nel Paese della sede un criterio(uniforme) incentrato sulla “validità” della stessa, e in particolare sull’accer-tamento che non sia stata resa in violazione di una clausola arbitrale e rispettiil “due process”.

I principi proposti per disciplinare il valore di giudicato delle sentenze inarbitrato dovrebbero secondo l’Autrice valere mutatis mutandis per i lodi.Volendo soffermarsi su qualche aspetto peculiare, viene individuata comeregola transnazionale quella che valorizza, per determinare quando il lododiviene “final and binding” ai fini del giudicato, il momento in cui esso non èpiù soggetto ad impugnazione con effetto sospensivo sul merito (salvo diversoaccordo delle parti). In questa prospettiva, la res judicata si formerebbe aprescindere dall’instaurazione del procedimento di annullamento del lododavanti ai giudici della sede, anche se l’eventuale annullamento priverebbe il

(16) In buona sostanza, si tratterebbe di applicare la teoria dell’“equivalenza deglieffetti” (che nel contenzioso internazionale si contrappone a quella dell’“estensione deglieffetti”) identificando gli effetti che la decisione produrrebbe nel sistema dell’arbitrato inter-nazionale.

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lodo del valore di giudicato in un successivo arbitrato. V’è da chiedersi sequesta soluzione, dettata da “reasons of efficiency and coherence”, sia piena-mente coerente con il carattere autonomo dell’arbitrato il quale, in ultimaistanza, viene usato a giustificazione dello stesso approccio transnazionale algiudicato. In tema di lodi sulla giurisdizione, la S. ritiene che gli arbitridovrebbero generalmente astenersi dal riconsiderare la validità di una con-venzione arbitrale già oggetto di un precedente lodo non contestato o con-fermato dalle corti della sede, così discostandosi dalla soluzione proposta conriferimento alle sentenze nazionali relative alla giurisdizione degli arbitri,determinata dalla preoccupazione di proteggere l’arbitrato da indebite inter-ferenze statali. Infine, in relazione al requisito, previsto dalle ILA Recomen-dations, della riconoscibilità del lodo nella sede del successivo arbitrato in cuiesso dovrebbe spiegare gli effetti del giudicato, la S. ritiene che, laddove ilriconoscimento del lodo venga negato nella sede in applicazione dell’art. V.2della Convenzione di New York (che impone di valutare arbitrabilità econtrasto con l’ordine pubblico secondo la legge locale), gli arbitri potrebberonondimeno considerare l’effetto preclusivo del lodo, poiché questo rimanepotenzialmente riconoscibile in altri Stati (con il caveat che gli arbitri dovreb-bero però accertarsi che ciò non renda annullabile il loro lodo).

5. Il lavoro della S. conferma nel complesso le soluzioni proposte dallelinee guida dell’ILA, estendendone per molti versi la portata alle sentenze. Ènaturale, dunque, che esso si esponga in parte ad osservazioni analoghe aquelle che hanno accompagnato le scelte dell’ILA, da alcuni ritenute “audaci”non soltanto per il superamento del metodo conflittuale in favore di regolemateriali transnazionali, ma anche per il fatto che la fonte delle regoleproposte si rinverrebbe essenzialmente nelle stesse proposizioni dell’ILA, enon in soluzioni ampiamente condivise (17). In ogni caso, il lavoro della S. hail pregio di segnalare con vigore l’inadeguatezza dell’applicazione automaticain arbitrato delle regole sul giudicato del contenzioso interno. Tale messaggiostimola una più generale riflessione critica su molte questioni che si pongononell’arbitrato internazionale e sulla possibilità ed opportunità di affrontarleprescindendo da un singolo ordinamento di riferimento. Peraltro, come visto,il problema del giudicato attiene anche alla più ampia e delicatissima tematicadel rapporto tra arbitri e giudici, che costantemente impegna e divide glistudiosi dell’arbitrato internazionale. In quest’ambito sarebbe interessanteverificare se analoghi principi transnazionali possano valere davanti alle cortidomestiche che si confrontano con un lodo internazionale.

Sebbene non possa, né si proponga, di rispondere a tutti gli interrogativiposti da un tema complesso e multiforme come quello del giudicato, non v’è

(17) Cf. SERAGLINI, Le droit applicable à l’autorité de la chose jugée dans l’arbitrage, inRevue de l’Arbitrage, n. 1, 2016, 69 ss.

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dubbio che questo lavoro è destinato a divenire una pietra miliare per lacomprensione e lo studio della materia. Non resta che augurarsene unadiffusione realmente “transnazionale”, che contribuisca all’emergere dei prin-cipi transnazionali che propone, consentendo di superare, a beneficio deglioperatori dell’arbitrato internazionale, la comprensibile obiezione della man-canza di certezza, che peraltro vale, e con controindicazioni ulteriori esignificative, anche per gli altri approcci più “tradizionali” al tema.

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Le procedure di ADR nel settore finanziario: dalla Cameradi Conciliazione e Arbitrato presso la CONSOB all’Arbitroper le Controversie Finanziarie

GIUSEPPE PERCOCO

1. Evoluzione normativa. — Le procedure stragiudiziali di risoluzionedelle controversie in ambito finanziario sono state introdotte nel nostroordinamento dall’art. 27 della l. 28 dicembre 2005, n. 262. In particolare, sidelegava l’Esecutivo affinché adottasse apposito decreto legislativo al fine diistituire procedure arbitrali e conciliative per la risoluzione di controversieinsorte fra risparmiatori o investitori — esclusi gli investitori professionali —e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degliobblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti con-trattuali con la clientela. Nel corso del 2007, dette procedure sono state estesealle controversie sorte fra investitori e soggetti abilitati relative alla presta-zione di servizi e di attività di investimento e di servizi accessori e di gestionecollettiva del risparmio (1).

Queste procedure sono state definite con d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179,recante Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di

(1) Nell’ambito di un ampio disegno legislativo, volto a regolare il mercato deglistrumenti finanziari, l’Unione europea ha emanato la c.d. Direttiva MIFID (direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004); questo testo normativo, trai diversi interventi, prevedeva specifiche misure al fine di tutelare gli interessi collettivi deiconsumatori nel settore finanziario. In attuazione della l. 6 febbraio 2007, n. 13, è stato inseritol’art. 9-bis alla l. 18 aprile 2004, n. 62, che ha conferito apposita delega al Governo, indicandospecifici principi e criteri direttivi a cui l’Esecutivo era chiamato ad attenersi nell’emanare ladisciplina delegata necessaria per conformarsi alle previsioni comunitarie. La delega è stataesercitata per mezzo del d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164, con il quale al d.lgs. 24 febbraio 1998,n. 58 è stato aggiunto il capo IV-bis del titolo II della parte II, rubricato “Tutela degliinvestitori” e contenente gli artt. 32-bis (Tutela degli interessi collettivi degli investitori) e 32-ter(Risoluzione stragiudiziale di controversie).

Per quanto di interesse in questa sede, la legge delega stabiliva che la regolamentazioneattuativa dovesse, da un lato, estendere a questo specifico ambito le previsioni di cui al Codicedel Consumo (l. 18 aprile 2004, n. 62, art. 9-bis, co. 1, lett. u)), dall’altra, prevedere procedureper la risoluzione stragiudiziale di controversie relative alla prestazione di servizi e di attivitàdi investimento e di servizi accessori da parte delle imprese di investimento (art. 9-bis, co. 1,lett. v)).

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indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori per mezzodel quale è stata istituita presso la CONSOB la Camera di Conciliazione eArbitrato (CCA) (2).

Su sollecitazione dell’Unione europea, in attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, nel2015 il Legislatore è intervenuto nuovamente sulle procedure de quibusriorganizzandole profondamente ed introducendo l’obbligo, per i soggettivigilati dalla CONSOB, di aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale dellecontroversie con gli investitori diversi dai clienti professionali (3).

Con delibera CONSOB n. 19602 del 4 maggio 2016, è stato istituitol’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ed emanato il regolamento dicui all’art. 2, co. 5-bis e 5-ter, del d.lgs. n. 179 del 2007 (4).

Dal quadro normativo così come poc’anzi ricostruito, non proprio linearee chiaro nella sua composizione topografica, deriverebbe la coesistenza dellaCamera di Conciliazione e Arbitrato e dell’Arbitro per le ControversieFinanziarie; tuttavia, il Legislatore — resosi conto dell’inefficienza e dell’inu-tile duplicazione creata — ha opportunamente provveduto, per mezzo dell’art.1, co. 47, l. 28 dicembre 2015, n. 208, ad abrogare le disposizioni del citatod.lgs. 179/2007 che regolavano la CCA (5).

2. La Camera di Conciliazione e Arbitrato presso la CONSOB. — Si ègià dato conto dell’iter normativo che ha portato all’istituzione e alla recentecessazione dalle sue funzioni della Camera di Conciliazione e Arbitrato pressola CONSOB. Ad ogni modo, per comprendere il valore delle ricordate novitàlegislative, è opportuno — seppur sinteticamente — ricordarne i tratti essen-ziali.

(2) Con delibera 29 dicembre 2008, n. 16763, la CONSOB ha adottato il regolamento diattuazione del decreto legislativo de quo; nel 2012, con il precipuo obiettivo di rivederel’organizzazione della Camera alla luce dell’esperienza maturata, nonché per contenerne i costie al fine di adeguare la disciplina della CCA e delle relative procedure alle norme in tema diconciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, venneadottato un nuovo Regolamento di Funzionamento della Camera con delibera CONSOB 18luglio 2012 n. 18275.

(3) Questa previsione, contenuta nell’art. 2, co. 5-bis, del d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179introdotto dal d.lgs. 6 agosto 2015, n. 130, va letta in combinato disposto con il successivocomma 5-ter in base al quale viene deferito alla CONSOB il compito di emanare appositoregolamento onde determinare i criteri di svolgimento delle procedure stragiudiziali di risolu-zione delle controversie.

(4) Con successiva delibera n. 19700 del 3 agosto 2016, sono state adottate le disposizioniorganizzative e di funzionamento dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie, ai sensi dell’arti-colo 19, comma 3, del regolamento.

(5) Da quanto detto si desume che, in base all’attuale sistema normativo, in caso dicontroversie tra investitori ed intermediari, qualora dovessero sussistere i presupposti soggettivied oggettivi, lo specifico strumento ADR utilizzabile è l’Arbitro per le Controversie Finanziariegiacché, come previsto dalle disposizioni transitorie di cui all’art. 2, co. 2 e 3, della delibera n.19602 del 4 maggio 2016 la Camera di Conciliazione e Arbitrato presso la CONSOB resta incarica per l’amministrazione delle procedure pendenti, fino alla loro conclusione.

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In primo luogo, va precisato che la CCA, composta da un presidente e daquattro membri, era un organismo tecnico, strumentale alla CONSOB, manon distinto da questa: sebbene dotato di autonomia funzionale e statutariaera priva di proprie risorse e strutture; non le era riconosciuta personalitàgiuridica (6).

Alla Camera, rectius alla CONSOB, non venne attribuita la funzione didecidere le controversie tra investitori ed intermediari ma, come vedremomeglio oltre, le venne assegnato solo il compito di gestire le procedure diconciliazione ed arbitrato (7).

2.1. I soggetti interessati. — Come previsto all’art. 1, co. 1, lett. d) delRegolamento di Funzionamento della Camera di Conciliazione e Arbitratocontenuto nella delibera CONSOB 18 luglio 2012 n. 18275 (d’ora in poiRegolamento CCA), potevano richiedere l’avvio di un tentativo di concilia-zione, ovvero, di un procedimento di arbitrato amministrato gli investitoridiversi dalle controparti qualificate di cui all’articolo 6, comma 2-quater, letterad) e dai clienti professionali di cui ai successivi commi 2-quinquies e 2-sexiesTUF.

La nozione di investitore, come riconosciuto in dottrina, andava intesa inmodo non restrittivo, nel senso che la legittimazione attiva andava attribuitanon solo ai “clienti al dettaglio di diritto” ma a tutti coloro i quali erariconosciuto tale status, anche per i soggetti la cui attribuzione derivava daloro espressa richiesta (8).

Affinché la controversia potesse essere gestita dalla CCA doveva neces-sariamente insorgere tra un investitore — per come definito poc’anzi — e unintermediario. Quest’ultima nozione era fornita dall’art. 1, co. 1, lett. e) delRegolamento CCA, in base alla quale andavano considerati intermediari isoggetti abilitati di cui all’articolo 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni e la società Poste Italiane -Divisione Servizi di Banco Posta.

Di questa definizione assume particolare rilievo l’ultimo periodo dellalett. r) a cui fa rinvio il Regolamento CCA. Proprio in tale norma, infatti, ilTUF fa riferimento agli intermediari finanziari e alle banche (nazionali,comunitarie o extracomunitarie) autorizzate all’esercizio dei servizi o delle

(6) Cfr. Consiglio di Stato, Parere del 20 ottobre 2011 sulla natura giuridica della Cameradi conciliazione e arbitrato presso la CONSOB, in www.camera-consob.it/.

(7) Come osservato da GASPARRI, Commento alla Delibera 29 dicembre 2008, n. 16763, inFRATINI-GASPARRI (a cura di), Il Testo Unico della Finanza, Torino, 2012, 2792, è stata la stessaCommissione, con l’emanazione della normativa secondaria che disciplinava la CCA, a far inmodo di « preservare e garantire la sua posizione di neutralità, posizione che le è stata semprericonosciuta sin dalla sua costituzione. Il punto più delicato nella regolamentazione secondaria,da adottarsi sentita la Banca d’Italia, era dato proprio dal meccanismo di nomina di conciliatoried arbitri, che doveva garantire nel modo più assoluto la loro indipendenza, neutralità, impar-zialità e professionalità ».

(8) Cfr. GASPARRI, Commento alla Delibera 29 dicembre 2008, n. 16763, cit., 2786.

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attività di investimento, ne deriva che la competenza della Camera era esclusain tutti i casi in cui le controversie avevano ad oggetto operazioni e servizibancari e finanziari; in questi ultimi casi la competenza era demandataall’Arbitro Bancario e Finanziario (9).

Infine, si ricorda che la Camera era competente solo per i contrastinascenti dalla violazione di obblighi di informazione, correttezza e trasparenzaprevisti nei rapporti contrattuali con gli investitori (10).

2.2. La procedura di conciliazione amministrata. — Per ciò che riguardale procedure devolute alla CCA, la Camera gestiva un procedimento diconciliazione amministrata. Tale procedimento, come previsto dall’art. 11 delRegolamento CCA, doveva essere avviato dall’investitore a mezzo di istanzaredatta senza particolari formalità e indirizzata alla Camera. L’investitorepoteva, qualora avesse voluto, farsi assistere da un procuratore oppure daun’associazione dei consumatori sia nella fase introduttiva, sia durante ilprocedimento conciliativo.

Ad ogni modo, l’istanza poteva essere presentata se preventivamentefosse stato inoltrato reclamo all’intermediario a cui fosse stata fornita espressarisposta ovvero, nel caso in cui fosse decorso un periodo di novanta giorni, oil termine più breve eventualmente stabilito dall’intermediario per la tratta-zione del reclamo, senza che l’investitore avesse ottenuto riscontro.

Ulteriore condizione necessaria per presentare istanza era indicata allalett. a) del medesimo art. 11 in base al quale non dovevano essere stateavviate, anche su iniziativa dell’intermediario a cui l’investitore avesse aderito,altre procedure di conciliazione.

Disponeva l’art. 12 del Regolamento CCA che l’investitore era tenuto adepositare l’istanza alla Camera, corredata dalla documentazione attestante

(9) Questa divisione, in astratto netta ed incontrovertibile, ricorda GASPARRI « non è ingrado di eliminare completamente possibili dubbi interpretativi. Si pensi, infatti, all’attività dicollocamento di prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari: da un lato, essa rientra trale attività e i servizi cui non si applica il Titolo VI, Capo I, TUB, con conseguente esclusionedall’ambito di applicazione dell’ABF; dall’altro lato, tuttavia, a stretto rigore essa non rientre-rebbe neppure nel novero dei servizi di investimento, che hanno riguardo ai soli “strumenti”finanziari (e non già anche a tutti i “prodotti” finanziari) e, pertanto, sembrerebbe esclusa anchedall’ambito di applicazione della Delibera n. 16763 » (Commento alla Delibera 29 dicembre2008, n. 16763, cit., 2788).

Proprio per le situazioni in cui potevano sorgere dubbi sugli istituti applicabili in caso dicontroversia, la Delibera 16763, ma non la successiva Delibera di revisione, obbligava all’art. 4,co. 2, la CCA a stipulare un protocollo d’intesa con l’Arbitro Bancario e Finanziario chedisciplinasse le relative sfere di competenza.

(10) La relazione sull’attività della CONSOB per il 2015, in www.consob.it, 201, precisache « con riguardo alla tipologia di prodotti finanziari oggetto delle istanze di conciliazionepervenute, si segnala la forte incidenza di controversie relative alla vendita da parte degliintermediari di propri strumenti finanziari (azioni e obbligazioni), seguiti da altre obbligazioni(Repubblica Argentina, Lehman Brothers, Cirio, etc.) e strumenti derivati (quali interest rateswap e certificates). Un minor numero di procedimenti si riferisce a fondi comuni di investi-mento, ETF e polizze a contenuto finanziario ».

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l’avvenuto pagamento delle spese di avvio e l’espletamento del reclamoformale nei confronti dell’intermediario; se l’istanza era reputata ammissibile,la Camera invitava entro otto giorni dal deposito l’intermediario ad aderire altentativo di conciliazione trasmettendo l’istanza (11).

L’intermediario non era obbligato a partecipare al procedimento conci-liativo e aveva dieci giorni di tempo per decidere se aderire o meno (12).

La comunicazione della decisione — anche in caso di mancata adesione— andava effettuata all’investitore e alla Camera. In capo all’intermediarioaderente sorgeva il dovere di rispettare gli obblighi di riservatezza e diproduzione documentale, in particolare era tenuto a produrre copia delcontratto consegnato al cliente e dell’ulteriore documentazione afferente alrapporto contrattuale controverso.

A questo punto era compito della Camera, verificati i presupposti perl’avvio della conciliazione sulla base della documentazione prodotta dalleparti, nominare un conciliatore e comunicare tale nomina sia alle parti sia allostesso conciliatore che, entro cinque giorni, era tenuto a esprimere la suaaccettazione. A cura della CCA, inoltre, doveva essere trasmessa a quest’ul-timo la documentazione prodotta dalle parti.

La procedura conciliativa — ispirata ai principi dell’immediatezza, dellaconcentrazione, dell’oralità, della riservatezza nonché ai principi di imparzia-lità e garanzia del contraddittorio — era condotta dal conciliatore che eratenuto a fissare la prima riunione entro cinque, ma non oltre quindici, giornidall’accettazione. Il procedimento doveva concludersi entro sessanta giornidal deposito dell’istanza.

Nel caso in cui si fosse addivenuto ad un accordo tra le parti eranecessario redigere processo verbale allegando l’accordo stesso. Il verbale diaccordo andava omologato con decreto del Presidente del tribunale nel cuicircondario aveva avuto luogo la conciliazione. A seguito dell’omologazione siattribuiva al verbale la natura di titolo esecutivo per l’espropriazione forzata,per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

(11) L’avvio della procedura era diversamente regolamentato nella delibera 29 dicembre2008, n. 16763, come ricorda GASPARRI, il Regolamento affidava « direttamente alle partil’instaurazione del contraddittorio: una volta redatta, l’istanza dev’essere, a cura dell’investi-tore, comunicata all’intermediario (con mezzo idoneo a dimostrarne l’avvenuta ricezione) edepositata presso la CCA nei successivi 30 giorni. Ricevuta l’istanza, la CCA, entro cinquegiorni dal suo deposito, è tenuta a valutarne l’ammissibilità e può invitare l’istante a procedere,entro un congruo termine, a eventuali integrazioni e correzioni. La CCA, ove ritenga chel’istanza (eventualmente dopo le integrazioni fornite dall’investitore) soddisfi le prescrittecondizioni di ammissibilità, entro cinque giorni dal suo deposito (ovvero dal ricevimento delleintegrazioni e correzioni) invita l’intermediario ad aderire al tentativo di conciliazione (tra-smettendogli le eventuali integrazioni e correzioni) » (Commento alla Delibera 29 dicembre2008, n. 16763, cit., 2799 s.).

(12) In base ai dati contenuti nella Relazione annuale sull’attività della CONSOB per il2016, in www.consob.it, 2016, 199 s., risulta che nel corso del 2015 gli intermediari avevanoaderito solo al 35% delle procedure conciliative; invece, nel 2014 tale valore si era attestato al47% e nel corso del 2013 al 53%.

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In caso di mancanza di accordo il conciliatore poteva formulare propostadi conciliazione che le parti erano libere di accettare o rifiutare.

Ad ogni modo, se la conciliazione non si fosse conclusa con un accordo,il conciliatore formava processo verbale con l’indicazione della eventualeproposta da lui formulata che andava sottoscritta anche dalle parti.

Al termine tutti gli atti della procedura dovevano essere trasmessi allaCCA a cura del conciliatore. Era quest’ultima a rilasciarne copia alle parti.

Infine, per ciò che attiene alle indennità per fruire della proceduraconciliativa, si stabiliva che esse erano costituite dalle spese di avvio dellastessa (che l’investitore doveva versare al momento del deposito dell’istanza el’intermediario al momento dell’adesione), del compenso per il conciliatore edalle spese sostenute da quest’ultimo per l’espletamento del suo compito.

Tutte le indennità venivano stabilite sulla base della tabella allegata alRegolamento CCA; l’ammontare del compenso per il conciliatore e il rim-borso spese venivano liquidati dalla Camera e tali somme venivano poste incapo alle parti, solidalmente fra loro.

2.3. Il procedimento di arbitrato amministrato. — Oltre alla proceduraconciliativa, la Camera gestiva un procedimento di arbitrato amministrato, adire il vero il d.lgs. n. 179/2007 contemplava due forme di arbitrato: l’arbitratoordinario e quello semplificato. Mentre il primo era volto al risarcimentopieno del pregiudizio subìto dall’investitore, il secondo venne istituito al finedi riconoscere un indennizzo all’investitore a titolo di ristoro del mero dannopatrimoniale subìto.

Come statuiva l’art. 22 del Regolamento CCA, si trattava di arbitratorituale a cui erano applicabili, oltre alle specifiche previsioni contenute nelRegolamento medesimo, le previsioni di cui agli artt. 806 ss. c.p.c.

Affinché la Camera potesse amministrare lo svolgimento di un arbitratoera necessario che le parti ne facessero concordemente richiesta, ovvero, chesussistesse tra le medesime una convenzione di arbitrato richiamante espres-samente le norme del decreto legislativo e le disposizioni di attuazione dellaCONSOB o facesse comunque rinvio all’arbitrato amministrato dalla Camera.

Con riferimento alla clausola compromissoria, l’art. 6 del d.lgs. n. 179/2007 stabiliva che se inserita nei contratti stipulati con gli investitori, relativiai servizi e alle attività di investimento, compresi quelli accessori, nonché neicontratti di gestione collettiva del risparmio, la stessa era vincolante solo perl’intermediario, a meno che questo non provasse che fosse frutto di unatrattativa diretta (13).

(13) Questa previsione, ricorda GASPARRI, Commento alla Delibera 29 dicembre 2008, n.16763, cit., 2806, riconosceva « all’investitore, quale parte debole del rapporto, la possibilità diricorrere liberamente all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, a meno che, all’esito di una trattativaeffettiva e libera, non abbia raggiunto un accordo con l’intermediario, finalizzato a compro-mettere in arbitri le eventuali future controversie ».

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In altre parole, nonostante la presenza della clausola compromissoria, incaso di insorgenza di controversie l’investitore poteva liberamente decidere seadire la giustizia ordinaria oppure gli arbitri; qualora avesse optato per ilgiudice statuale, nel caso in cui l’intermediario avesse voluto far valere laclausola compromissoria, era tenuto a dimostrare che fosse frutto di trattativaindividuale e diretta con l’investitore.

Salva diversa disposizione delle parti, l’arbitrato aveva sede presso laCCA e la controversia era decisa da un arbitro unico nominato congiunta-mente dalle parti. L’arbitro andava scelto dagli elenchi tenuti dalla Camera, incaso di loro inerzia era la stessa CCA a provvedere alla sua nomina.

Così come accadeva per la procedura conciliativa, anche in questo caso laCamera non entrava nel merito della controversia; infatti, il suo compitoatteneva a una verifica di sussistenza delle condizioni per l’esperimento delprocedimento, alla raccolta della documentazione, alla formazione del fasci-colo e, eventualmente, alla nomina dell’arbitro.

Entro centoventi giorni dall’accettazione l’arbitro era tenuto a rendere illodo che, sussistendone i presupposti, poteva essere impugnato nei modi e neitempi previsti dal codice di procedura civile.

Da ultimo occorre dare conto delle spese procedimentali. In primo luogole parti dovevano versare alla Camera una tariffa per il servizio di arbitratonella misura prevista dalla tabella allegata al Regolamento CCA; inoltre,erano tenute in solido al pagamento dell’onorario dell’arbitro ed al rimborsodelle spese che aveva sostenuto.

Così come avveniva per il conciliatore, le spese erano liquidate dallaCCA su proposta dell’arbitro; inoltre, era sempre la Camera a stabilire —sulla base della tabella allegata al Regolamento CCA — l’onorario che le partierano tenute a liquidare. Al pagamento di tali somme erano tenute le parti insolido, tuttavia, era stabilito che la ripartizione fosse effettuata, avuto riguardoai principi contenuti negli artt. 91 e 92 c.p.c.

3. L’Arbitro per le Controversie Finanziarie. — L’impianto delle proce-dure di ADR nel settore finanziario, come si è anticipato, è stato modificatosignificativamente a partire dal 2015, in particolare, accanto all’abbandonodella funzione conciliativa, si è registrata una rimodulazione della funzionearbitrale (14).

(14) A queste scelte, evidentemente, hanno contribuito anche i dati relativi ai procedi-menti gestiti dalla Camera nel corso degli anni. Dai dati contenuti nella Relazione annualeCONSOB per il 2015, cit., 199 s., si desume che nel corso del 2015 la CCA è stata impegnatanell’amministrazione di 80 procedimenti di conciliazione (121 nel 2014). Complessivamente, ilnumero delle istanze trattate nel 2015 è stato pari a 71 (116 nel 2014). Con riferimento alleistanze di attivazione di arbitrato ordinario, così come nel corso del 2014, non è pervenutaalcuna domanda nel 2015; nello stesso periodo è pervenuta un’unica istanza di arbitratosemplificato, peraltro, successivamente ritirata.

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Con l’art. 1 della delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, la CONSOB haistituito l’Arbitro per le Controversie Finanziarie e ha adottato il Regola-mento di attuazione dell’art. 2, co. 5-bis e 5-ter, del d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179(d’ora in poi Regolamento ACF), con il quale sono stabiliti i criteri disvolgimento delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversiepresso l’Arbitro e individuati i criteri di composizione del relativo organodecidente.

L’Arbitro per le Controversie Finanziarie costituisce un sistema di riso-luzione extragiudiziale delle controversie composto da un organo collegialedecidente e da una segreteria tecnica.

Con l’art. 3 della delibera de qua è stata abrogata, a decorrere dalla datadi avvio dell’operatività dell’ACF, la delibera n. 18275 del 18 luglio 2012 cheregolava la CCA presso la CONSOB e le relative disposizioni di applicazionee attuazione.

3.1. Composizione del collegio ed attribuzioni dei membri. — Le carat-teristiche del collegio sono indicate all’art. 5 del Regolamento ACF, si tratta diun organo composto da un presidente e da quattro membri, scelti tra personedi specifica e comprovata competenza ed esperienza, di indiscussa indipendenzae onorabilità. È anche prevista la nomina di uno o più membri supplenti chesaranno chiamati a sostituire i membri effettivi ove necessario (15).

Stabilisce l’art. 5, co. 1 del Regolamento ACF che la nomina dei membridel collegio è effettuata dalla CONSOB; tuttavia, al successivo comma 4 siprecisa che è prerogativa della Commissione deputare il Presidente e duemembri del consesso, mentre la designazione degli altri due spetta, per unmembro, all’indicazione congiunta delle associazioni di categoria degli inter-mediari maggiormente rappresentative a livello nazionale, per l’altro membro,al Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (16).

(15) Stabilisce l’art. 7, co. 2, del Regolamento che i componenti del collegio, dopo essereinvestiti di una specifica controversia, verificano di non avere rapporti con le parti o con i lororappresentanti, tali da incidere sulla loro imparzialità e indipendenza e/o di non versare inconflitto di interessi relativamente all’oggetto del contendere. I membri effettivi, in caso dipresenza di circostanze — anche diverse da quelle poc’anzi indicate — tali da incidere sulla loroindipendenza o imparzialità sono obbligati a comunicarle, senza indugio, al Presidente e allasegreteria tecnica al fine di essere sostituiti dai membri supplenti (così il comma 3).

(16) Con riferimento alla designazione ed alla nomina dei membri del collegio è stataripresa l’impostazione seguita per l’Arbitro Bancario e Finanziario. Tale schema, come ricor-dato da AULETTA, Arbitro bancario finanziario e « sistemi di risoluzione stragiudiziale dellecontroversie », in Le società, 1, 2011, 85, « assicura che l’Organo deliberante abbia prevalenticaratteri di terzietà ed equidistanza ». Peraltro, sul tema è il caso di ricordare che per quantoriguarda la nomina dei membri che non devono essere indicati dalla CONSOB, al fine di evitarela paralisi del collegio, è previsto all’art. 5, co. 5 che ai soggetti preposti a tale designazione èassegnato un termine pari a 60 giorni per provvedere; tale termine decorre da un atto formalecon cui la Commissione intima la nomina. In caso di inerzia dei citati soggetti, spetteràall’autorità di vigilanza il compito di individuare un arbitro provvisorio che rimarrà in carica finoalla designazione dei soggetti competenti.

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Il corpus normativo che regola l’ACF contiene una serie di previsioni atutela dell’indipendenza dei componenti del collegio. In primo luogo ne èprevista l’inamovibilità: il presidente resta in carica per cinque anni, invece, glialtri membri per tre anni con possibilità di un solo rinnovo; inoltre, prima dellascadenza del mandato, non possono essere revocati se non per giusta causa. Larevoca spetta alla CONSOB con provvedimento motivato previa audizionedel componente da revocare.

Oltre all’indipendenza, la Delibera n. 19701 contenente il codice deon-tologico per i componenti del collegio dell’ACF, richiama anche l’autonomiadei membri nell’adottare le proprie decisioni, prevedendo che costoro sidevono limitare ad applicare i principi e le norme stabilite dalle fonti supe-riori, respingendo qualsivoglia indebita pressione, diretta o indiretta, edevitando di creare o di fruire di situazioni di privilegio.

Il tema dell’indipendenza e dell’autonomia assume un carattere peculiarecon riferimento all’ACF, dal momento che — a differenza di quanto accadevacon la Camera di Conciliazione e Arbitrato — è chiamato a conoscere e adecidere direttamente delle controversie che insorgano tra investitori edintermediari. All’Arbitro viene così attribuito un ruolo decidente.

Ne deriva che, onde evitare possibili commistioni tra autorità di vigilanzaed autorità decidente, deve essere garantito il più alto grado di indipendenzaai membri del collegio anche perché, come vedremo più oltre, l’ACF èchiamato anche a valutare il comportamento degli intermediari con riferi-mento all’applicazione ed al rispetto delle disposizioni regolamentari dellaCONSOB. Proprio per questo motivo — accanto all’autonomia di giudizio —sarebbe stato opportuno prevedere anche autonomia funzionale senza incar-dinarlo nella CONSOB (17).

3.2. L’ambito di operatività. — Passando all’analisi dell’ambito di ope-ratività dell’arbitro, così come già previsto per la Conciliazione e l’Arbitratodella CCA, i soggetti interessati sono gli investitori e gli intermediari. Sepossiamo affermare che la nozione di investitore di cui al Regolamento ACFè sovrapponibile a quella di cui al Regolamento CCA, ciò non è proponibileper quella di intermediario. Con riferimento a quest’ultima, infatti, si registral’intervento del Legislatore delegato che all’art. 2, co. 5-bis, del d.lgs. n.179/2007, ha espressamente previsto che la normativa è applicabile ai soggettinei cui confronti la CONSOB esercita la propria attività di vigilanza.

Tal ultima nozione, conseguentemente, è ampliata e comprende, oltre aisoggetti di cui si è detto con riferimento alla conciliazione e all’arbitrato,anche i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria dicui, rispettivamente, agli articoli 18-bis e 18-ter del TUF, i gestori di portali per

(17) Con riferimento all’assenza di personalità giuridica per l’ACF, si rinvia alle consi-derazioni svolte supra 2.

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la raccolta di capitali per start-up innovative e PMI innovative di cui all’articolo50-quinquies del TUF, ovvero, le imprese di assicurazione limitatamente all’of-ferta in sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari di cui all’articolo1, comma 1, lettera w-bis), del TUF dalle stesse emessi (18).

Si noti che non figurano tra i soggetti obbligati ad aderire le banche e leimprese di investimento UE che operano nel nostro Paese in libera presta-zione di servizi (19).

Con riferimento agli intermediari, il Legislatore ha introdotto un’ulte-riore innovazione di particolare importanza. Stabilisce l’art. 2, co. 5-bis, deld.lgs. n. 179/2007 che gli intermediari devono aderire a sistemi di risoluzionestragiudiziale delle controversie con gli investitori diversi dai clienti professio-nali; peraltro, l’art. 3 del Regolamento ACF precisa che gli intermediariaderiscono all’arbitrato: in altre parole, costoro sono obbligati ad aderire aquesto meccanismo stragiudiziale di risoluzione delle controversie. Si tratta diuna previsione importante considerato che ciò non avveniva per le proceduredi ADR gestite dalla CCA. Ad ogni modo — al contrario di quanto avvieneper l’Arbitro Bancario e Finanziario — non è prevista alcuna sanzione in casodi mancata adesione da parte degli intermediari (20).

(18) La CONSOB, negli Esiti della consultazione sulla proposta di adozione del regola-mento attuativo delle disposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di risoluzione extragiu-diziale delle controversie in materia finanziaria, in www.consob.it, 2016, 3, ha precisato che « Isoggetti che attualmente prestano il servizio di consulenza in virtù del regime transitorio (cfr.art. 19, co. 14, del d.lgs. n. 164/2007) non sono, allo stato, vigilati dalla CONSOB; di conseguenzamanca il presupposto giuridico per la loro adesione al sistema. La delibera di adozione del testoregolamentare contiene a tal fine una disposizione transitoria volta a precisare che l’adesionedei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza dovrà essere effettuata una voltadivenuto operante il relativo albo ».

(19) La Commissione, negli Esiti della consultazione sulla proposta di adozione delregolamento attuativo delle disposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di risoluzioneextragiudiziale delle controversie in materia finanziaria, cit., 4, nel motivare questa scelta, precisache tale decisione è stata assunta « anche alla luce della recente implementazione presso laCommissione europea della piattaforma ODR prevista dal Regolamento (UE) n. 524/2013, chefaciliterà lo svolgimento di procedure per la risoluzione di controversie online, anche transfron-taliere, e della disciplina delle procedure ADR contenuta nella normativa europea di riferi-mento per l’intermediazione finanziaria (direttive MiFID I e MiFID II).

Più in particolare, l’analisi della normativa europea evidenzia come il tema della tratta-zione delle controversie transfrontaliere sia considerato essenzialmente attraverso le forme dicooperazione tra gli organismi ADR e il rafforzamento delle relative reti europee (fra le qualirientra anche la rete Fin.Net, specificamente competente per la risoluzione delle liti nel settoredei servizi finanziari, alla quale aderirà anche il nuovo Arbitro). [...]

Rendere obbligatoria l’adesione all’organismo della CONSOB in capo alle società cheoperano in libera prestazione di servizi comporterebbe una duplicazione di oneri per talisoggetti, i quali, in virtù delle disposizioni attuative della MiFID II nei propri paesi di origine,saranno comunque obbligati ad aderire a piattaforme ADR negli stessi istituite. Una diversainterpretazione da parte di ogni Stato Membro porterebbe alla necessità di aderire ad organismiADR in ogni Stato in cui si intende prestare l’attività, innestando un processo moltiplicativodelle adesioni non coerente con la normativa in materia e con i principi che improntano lavigilanza sui soggetti operanti in via transfrontaliera in virtù del passaporto europeo ».

(20) Osserva AULETTA, Arbitro bancario finanziario e « sistemi di risoluzione stragiudi-ziale delle controversie », cit., 84, che « gli intermediari sono obbligati ad aderire all’ABF perché

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Si aggiunge, inoltre, che questa previsione conforma il nostro ordina-mento a quanto previsto dalla c.d. Direttiva MIFID II (Direttiva 15 maggio2014, n. 2014/65/UE) che, all’art. 75 (rubricato Meccanismo extragiudiziale peri reclami dei consumatori), impone l’obbligo per i Paesi membri di istituireprocedure efficaci ed effettive di reclamo e di ricorso per la risoluzioneextragiudiziale di controversie in materia di consumo relative alla prestazione diservizi di investimento e di servizi accessori da parte delle imprese di investi-mento e garantire che costoro aderiscano a uno o più organi che attuano taliprocedure di reclamo e ricorso.

Così qualificati i soggetti interessati, occorre delineare il perimetro dicompetenza dell’Arbitro dal punto di vista oggettivo.

Riguardo alla competenza per materia, è l’art. 4, co. 1, a stabilire che sonodevolute all’ACF le controversie afferenti alla violazione da parte degliintermediari degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e traspa-renza previsti nei confronti degli investitori nell’esercizio delle attività discipli-nate nella parte II del TUF. Ne consegue che rientreranno nella cognizionedell’arbitro tutte le attività tipicamente poste in essere dagli intermediari econformate dagli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza conte-nuti nella disciplina del d.lgs. n. 58/1998 dedicata agli intermediari (servizi eattività di investimento, gestione collettiva, servizi accessori etc.; o, ancora, lealtre specifiche attività cui detti obblighi espressamente si applicano) (21).

Si percepisce sin dalla prima lettura l’ampiezza di questa disposizione, laquale indica le condotte che assumono rilevanza per la determinazione dellacompetenza dell’ACF ma non precisa se tali comportamenti assumano rile-vanza solo in vigenza di un contratto stipulato tra investitore ed intermediario,ovvero, anche precedentemente a tale stipula.

In altre parole, « è l’inosservanza degli obblighi di diligenza, correttezza,informazione e trasparenza che conformano l’attività degli intermediari — aprescindere dalla riconducibilità della lite a questioni di ordine contrattuale

in caso contrario risulteranno inibite le attività suindicate (art. 128-ter) o irrogabili sanzioniamministrative (art. 144, co. 4), in quanto l’inadempimento e valutato dalla Banca d’Italianell’ambito della “sua azione di controllo ».

(21) La CONSOB ha precisato che non sono escluse dalla cognizione dell’ACF lecontroversie che derivano da comportamenti illeciti del dipendente o del consulente finanziarioabilitato all’offerta fuori sede. Ciò è conseguenza della diretta riferibilità all’intermediario dellacondotta del dipendente o del consulente, per la quale quest’ultimo risponde in solido neiconfronti dei terzi dei danni arrecati, anche nei casi in cui « tali danni siano conseguenti aresponsabilità accertata in sede penale » (art. 31, co. 3, del TUF). Ovviamente dovrà riscontrarsiun nesso causale tra fatto illecito del preposto, dipendente o promotore, e l’esercizio dellemansioni a lui affidate, da inquadrarsi nell’ampio significato del rapporto di occasionalitànecessaria. Sul punto cfr. Esiti della consultazione sulla proposta di adozione del regolamentoattuativo delle disposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di risoluzione extragiudizialedelle controversie in materia finanziaria, cit., 11.

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ovvero precontrattuale — a costituire condizione necessaria e sufficiente perl’attivazione della tutela » (22).

Da un’attenta lettura del d.lgs. n. 58/1998 si desume che gli obblighi dequibus posti in capo all’intermediario sorgono dal primo contatto con l’inve-stitore e non dal momento della stipula del contratto di investimento. Questoè anche l’orientamento della Corte di Cassazione: tali obblighi caratterizzanoil rapporto tra investitore ed intermediario sin dal primo “contatto” checostituisce, di per sé, fonte di obbligazione la cui lesione è attratta nell’orbitadella responsabilità contrattuale (23).

Ad ogni modo è stabilito che l’arbitro può conoscere solo dei danni che sonoconseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione daparte dell’intermediario degli obblighi de quibus e solo dei danni patrimoniali.

All’art. 4, co. 2, è anche previsto un limite di valore; infatti, non sonosottoponibili alla cognizione dell’ACF le controversie che implichino la richie-sta di somme di denaro per un importo superiore a euro cinquecentomila (24).

Infine, per ciò che attiene ai possibili conflitti che potrebbero insorgeresulla delimitazione delle competenze rispetto ad altri organismi di risoluzionestragiudiziale delle controversie, così come già previsto per la CCA, l’ACF ètenuto a promuovere forme di collaborazione con questi soggetti.

3.3. Il procedimento. — Riguardo all’atto introduttivo del procedi-mento, l’art. 10 del Regolamento ACF stabilisce che la procedura si avvia conla proposizione di un ricorso. È precisato che possa essere presentato dal-l’investitore anche per mezzo di procuratore oppure per il tramite di un’as-sociazione rappresentativa degli interessi dei consumatori.

Come stabilito dall’art. 3, co. 4, del Regolamento ACF il diritto ricono-sciuto all’investitore di ricorrere all’Arbitro non può formare oggetto dirinuncia da parte dell’investitore ed è sempre esercitabile, anche in presenza diclausole di devoluzione delle controversie ad altri organismi di risoluzioneextragiudiziale contenute nei contratti (25).

(22) Cfr. Esiti della consultazione sulla proposta di adozione del regolamento attuativodelle disposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di risoluzione extragiudiziale dellecontroversie in materia finanziaria, cit., 8.

(23) Sull’ammissibilità della responsabilità da “contatto” dell’intermediario cfr. Cass.SS.UU., 19 dicembre 2007, n. 26724; Cass., I, 10 aprile 2014, n. 8692; Cass., I, 26 ottobre 2015,n. 21711. Sulla differenza tra responsabilità precontrattuale e contrattuale riguardo ai contrattifinanziari cfr. Cass., I, 15 febbraio 2016, n. 2900; Id., id., 8 febbraio 2016, n. 2414. Sullaqualificazione come responsabilità contrattuale cfr. Cass. I, 13 ottobre 2015, n. 20560.

(24) Elaborando i dati contenuti nelle relazioni annuali sull’attività della CONSOB siricava che — con riferimento alle istanze di conciliazione presentate alla CCA — il valore mediorichiesto dagli investitori era di circa E 430.000,00 nel 2015 e di circa E 150.000,00 nel 2014. Siprecisa inoltre che sono state presentate nel 2015 quattro istanze di valore superiore al milionedi euro e a una superiore ai 15 milioni di euro. Queste ultime domande non si sarebbero potutepresentare all’ACF perché superano il valore massimo previsto.

(25) Sul punto precisa la CONSOB negli Esiti della consultazione sulla proposta diadozione del regolamento attuativo delle disposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di

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Da queste previsioni emerge ancora una volta la funzione dell’ACF checostituisce uno strumento di tutela per la parte debole del contratto rappre-sentata, appunto, dall’investitore (26).

Così come previsto per le procedure di ADR gestite fino a qualche tempofa dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato presso la CONSOB, costituiscecondizione necessaria — ma non sufficiente — alla ricevibilità del ricorsol’aver preventivamente presentato reclamo per lo stesso oggetto direttamenteall’intermediario (27).

Il Regolamento ACF non richiede necessariamente che l’intermediarioabbia dato risposta al reclamo; infatti, è possibile proporre il ricorso trascorsisessanta giorni dall’invio dello stesso anche se non si sia avuto riscontro.Peraltro, dal tenore letterale dell’art. 10, co. 2, lett. b), del Regolamento ACFsi ricava che potrà comunque procedersi con la presentazione del ricorsoanche in caso di accoglimento parziale del reclamo.

L’investitore ha un anno di tempo per la presentazione del ricorso chedecorre non dalla risposta dell’intermediario, o comunque dallo spirare delsessantesimo giorno del suo invio, ma dal giorno della sua presentazione. Adogni modo è onere dell’investitore allegare al ricorso tutta la documentazioneche dimostri l’assolvimento di tale obbligo.

Questa condizione di ricevibilità — anche alla luce della non necessariapresenza di un procuratore — va intesa nel senso più ampio possibile, senzacadere nella tentazione di richiedere particolari forme per il reclamo e senzaintendere in modo restrittivo l’equivalenza tra l’oggetto del reclamo e delricorso; peraltro, si tratta dell’unica interpretazione che sia compatibile con la

risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia finanziaria, cit., 6 s. che si tratta di unaprevisione in linea con l’obiettivo di « consentire al consumatore la piena libertà di accesso adorganismi ADR. Di qui [...], la tassativa individuazione dei casi in cui l’organismo può “rifiutareil trattamento di una determinata controversia” (art. 141-bis, comma 2, codice del consumo): fraquesti casi non ricorre quello di una clausola contrattuale che individui, in via preventiva,l’organismo ADR cui devolvere eventuali controversie, ovvero escluda determinati organismi.Conseguentemente, una eventuale clausola di questo tipo sarebbe:

— contrastante con il citato art. 141-bis, comma 2, del codice del consumo;— inopponibile all’organismo ADR;— suscettibile di rilevare nel giudizio di vessatorietà di cui all’art. 33, comma 2, lettere

v-bis) e v-ter), del medesimo codice del consumo ».(26) Con questa previsione, peraltro, sono venuti a mancare tutti i problemi che sorgono

dalla disparità tra le parti che si erano manifestati sotto il regime dell’Arbitrato amministratodalla CCA. Come si è dato conto in precedenza — supra 2.3. — all’abrogato art. 6 del d.lgs.179/2007 si stabiliva che l’obbligo di cui alla clausola compromissoria contenuta nei contratti diinvestimento fosse vincolante solo per l’intermediario, lasciando all’investitore la possibilità diadire direttamente la giustizia ordinaria.

(27) Come rilevato da DOLMETTA-MALVAGNA, Sul nuovo « ADR CONSOB », in BancaBorsa Titoli di Credito, 3, 2016, 257 si deve necessariamente concludere che « il requisito dellanecessità di un preventivo reclamo debba — di necessità — essere inteso in modo informale esostanzialmente lato. Andando ben oltre, cioè, il livello rappresentato dall’ovvia constatazioneche pretese rigoristiche appesantirebbero in modo inaccettabile la procedura. Per integrare ilpre-requisito in discorso, quindi, dovrebbe essere sufficiente una qualunque richiesta formulatadel cliente, che resti dotata di traccia documentale e che sia atta a fare intendere la sostanzadella questione all’intermediario ».

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funzione di tutela dell’investitore a cui tende l’intero impianto del Regola-mento ACF.

È inoltre previsto che il ricorso sarà irricevibile qualora dovessero essereavviate preventivamente altre procedure di risoluzione extragiudiziale dellecontroversie. In questo caso il Regolamento ACF precisa che l’attivazione didiverse procedure di ADR può avvenire anche su impulso dell’intermediario.Ne deriva che le pretese dell’investitore potrebbero essere frustrate dalsistematico avvio, da parte dell’intermediario, di procedure di ADR piùcostose ed amministrate da soggetti con una competenza ed una specializza-zione in ambito finanziario che potrebbe risultare carente; per questo motivo,affinché assuma rilevanza ai fini dell’irricevibilità della domanda, è necessarioche l’investitore abbia aderito alla diversa procedura.

Ad ogni modo, l’insorgere di ulteriori procedure di ADR riferite almedesimo petitum assume importanza anche se ciò dovesse accadere dopo laproposizione del ricorso; infatti, l’art. 13, co. 1, del Regolamento ACF prevedeche in questo caso il Presidente dichiarerà l’interruzione del procedimento.

Va inoltre rilevato che il ricorso può essere proposto anche in pendenzadi procedimento giurisdizionale o arbitrale relativamente alla controversia.Questa scelta è stata assunta valutando i « possibili vantaggi in termini dirapida risoluzione della controversia derivanti dal ricorso all’Arbitrostesso » (28).

Per ciò che attiene alle cause estintive del procedimento, oltre che perrinuncia dell’investitore (che può aversi in ogni tempo purché sia manifestatacon atto espresso) l’art. 13, co. 3, del Regolamento ACF lo prevede se suimedesimi fatti oggetto del ricorso vengano avviati procedimenti arbitrali ovveroprocedimenti giurisdizionali e non risulti la dichiarazione di improcedibilità el’adozione del provvedimento previsto dall’articolo 5, comma 1-bis, del decretolegislativo 28/2010. Con tale proposizione, infatti, l’investitore manifesta im-plicitamente la sua decisione di non proseguire la procedura innanzi all’ACF.

Si è diffusamente trattato delle condizioni di ricevibilità. Per ciò cheattiene a quelle di ammissibilità si precisa che il ricorso deve determinare lacosa oggetto della domanda ed esporre i fatti costituenti le ragioni della stessa,con le relative conclusioni; in caso contrario il ricorso sarà dichiarato inam-missibile. Alla stessa sorte saranno destinati i ricorsi per i quali la controversianon rientri nell’ambito di operatività dell’Arbitro, come definito dall’art. 4 delRegolamento ACF.

Con riferimento al procedimento, il ricorso, trasmesso telematicamente,viene valutato dalla segreteria tecnica; se reputato irricevibile o inammissibile,dopo aver eventualmente richiesto all’investitore le integrazioni documentalied i chiarimenti necessari, la segreteria lo trasmette al Presidente allegando

(28) Esiti della consultazione sulla proposta di adozione del regolamento attuativo delledisposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di risoluzione extragiudiziale delle controversiein materia finanziaria, cit., 16.

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una relazione contenente la descrizione delle relative ragioni di inammissibi-lità.

Il presidente, effettuate le opportune valutazioni, può dichiarare l’irrice-vibilità o l’inammissibilità del ricorso; in alternativa lo rimette nuovamentealla segreteria per consentire il proseguimento del procedimento. In ogni casotale facoltà resta salva per il collegio che, nell’ambito della piena cognizionedella controversia, in fase decisoria — dopo le valutazioni del caso — potràsempre procedere con tali declaratorie.

Laddove la valutazione della segreteria tecnica dovesse concludersi senzarilievi, quest’ultima trasmetterà il ricorso all’intermediario il quale, entrotrenta giorni, è tenuto ad inviare le proprie deduzioni, corredate di tutta ladocumentazione afferente al rapporto controverso (29).

Riguardo agli obblighi di produzione documentale posti in capo all’in-termediario da assolvere contestualmente alla sua costituzione, come osser-vato in dottrina, l’unico limite posto è rappresentato dalla pertinenza alrapporto controverso, pertanto, ricomprende « oltre alla documentazione dimatrice strettamente negoziale relativa alla relazione con il cliente (contrattie comunicazioni in corso di rapporto), anche le relative scritture contabili,nonché ogni altro documento — generato dall’impresa o anche da ter-zi: promotori, ad esempio — che sia nella disponibilità dell’intermedia-rio » (30).

Sul punto, tuttavia, occorre rilevare che non è stata prevista alcunasanzione esplicita laddove venisse opposto un rifiuto oppure la produzionefosse solo parziale. Ad ogni modo, come sostenuto in dottrina, in questi casiil comportamento dell’intermediario andrà valutato negativamente ai finidella decisione con sua relativa soccombenza (31).

Trascorso il termine per le deduzioni integrative dell’investitore, per lequali si hanno quindici giorni dalla ricezione di quelle dell’intermediario edecorso l’ulteriore termine di quindici giorni entro cui l’intermediario puòreplicare alle deduzioni integrative, la segreteria tecnica — dopo aver formatoil fascicolo, averlo messo a disposizione delle parti ed averne dato a costoronotizia della data del completamento — redige una relazione per il collegio sui

(29) Precisa l’art. 11, co. 4, che la costituzione dell’intermediario può avvenire anche peril tramite di una associazione di categoria ovvero di procuratore, pertanto, resta la possibilitàdella costituzione diretta che, sebbene infrequente in caso di ente complesso e strutturato, saràusuale laddove l’intermediario chiamato in causa fosse un consulente finanziario autonomo.

(30) DOLMETTA-MALVAGNA, Sul nuovo « ADR CONSOB », cit., 262.(31) Riconoscono DOLMETTA-MALVAGNA, Sul nuovo “ADR CONSOB”, cit., 263 che

« non sempre risulterà semplice e/o immediato comprendere che la documentazione in concretoprodotta dall’intermediario è davvero completa. Come pure sarebbe eccessivo dar peso deter-minante a carenze solo marginali o non significative. La strada, tuttavia, deve essere univoca-mente tracciata; e sin da adesso. Nel progredire della propria esperienza, sicuramente nonmancherà all’ADR CONSOB la possibilità di formare prassi dialettiche con gli intermediarivolta a volta coinvolti, né quella di dare vita a opportuni set di presunzioni hominis: fermocomunque restando — com’è naturale — che alla valutazione di piena sufficienza delladocumentazione prodotta non potrà mai concorrere la voce dell’intermediario ».

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fatti oggetto della controversia. È interessante notare che, mentre il fascicoloè reso disponibile alle parti attraverso il sito internet dell’Arbitro, la relazioneredatta dalla segreteria tecnica rimane un atto interno che non viene portatoa loro conoscenza.

Lo svolgimento del procedimento è de plano, la decisione è assunta sullabase delle allegazioni e dei documenti prodotti dalle parti. Con particolareriferimento agli oneri probatori, peraltro, facendo applicazione del principiodella vicinanza della prova, il Regolamento ACF stabilisce espressamente chela prova di avere assolto agli obblighi di diligenza, correttezza, informazione etrasparenza nei confronti degli investitori spetta sempre all’intermediario (32).

L’ACF — entro novanta giorni dal completamento del fascicolo —emette pronuncia motivata; nell’adottare le proprie decisioni applica le normegiuridiche che disciplinano la materia e deve tener conto degli atti di caratteregenerale emanati dalla CONSOB e dall’AESFEM, delle linee guida delleassociazioni di categoria validate dalla CONSOB, dei codici di condotta delleassociazioni di categoria ai quali l’intermediario aderisce.

Si tratta di un collegio perfetto, pertanto, è regolarmente costituito allapresenza di tutti i membri. A norma dell’art. 7, co. 2, della Delibera conte-nente le disposizioni organizzative e di funzionamento dell’arbitro, alle riu-nioni assiste un componente della segreteria tecnica con funzioni di segretarioverbalizzante. È anche previsto che la cadenza delle riunioni sia settima-nale (33).

Per ogni ricorso il Presidente attribuisce il ruolo di relatore a un membrodel collegio o a se medesimo; costui — dopo aver esaminato il fascicolo — hail compito di esporre al collegio gli aspetti di fatto e di diritto della contro-versia e propone la possibile soluzione. La delibera con la quale si decide lacontroversia è adottata a maggioranza. In un secondo momento, il relatoreredige la decisione, che è trasmessa al Presidente per la sottoscrizione.

Prevede l’art. 8, co. 3, del Regolamento di funzionamento dell’ACF chela delibera, una volta sottoscritta dal Presidente, viene, a cura della segreteria

(32) Ciò favorisce la celerità del procedimento, infatti, come rileva la CONSOB negliEsiti della consultazione sulla proposta di adozione del regolamento attuativo delle disposizionidi legge relative ad un nuovo sistema di risoluzione extragiudiziale delle controversie in materiafinanziaria, cit., 23, « la rapidità del procedimento è direttamente correlata alla cognizionesommaria dei fatti di causa e degli elementi probatori che le parti portano a sostegno delleproprie pretese. Di qui la decisione di ridurre l’ambito probatorio ai soli documenti prodottidalle parti e, in particolare, dall’intermediario. Naturalmente, eventuali perizie o analisitecniche poste a corredo delle argomentazioni delle parti saranno prese in considerazione, masenza la possibilità di procedere ad audizione ovvero di assumere dichiarazioni testimoniali informa scritta ».

(33) In presenza di un elevato numero di ricorsi l’ACF può anche riunirsi più volte asettimana e, eventualmente, possono essere chiamati, anche in prima convocazione, i membrisupplenti.

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tecnica, numerata progressivamente, conservata in un apposito archivio elettro-nico, inserita nel fascicolo della controversia e comunicata alle parti (34).

La decisione non è vincolante per le parti né, tantomeno, ha forzaesecutiva. Si tratta di « pronunce aventi un valore autenticamente decisoriodella lite, capaci perciò di incidere sulla realtà del diritto sostanziale e di creareun vincolo per le parti in forma analoga a quella prodotta dal lodo irri-tuale » (35).

Si aggiunge che, tali decisioni, peraltro, assolvono — oltre che alla finalitàdi composizione della specifica lite — anche alla più generale funzione diinformazione, di orientamento e di educazione finanziaria della platea deirisparmiatori e degli operatori; infatti, vanno a costituire istruzioni per icomportamenti che gli intermediari terranno nelle operazioni future (36).

Nel termine di trenta giorni, o in quello diverso contenuto nella decisione,l’intermediario deve conformarsi alla decisione arbitrale ed è suo onerecomunicare all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla medesima. Lasegreteria può invitare le parti a fornire chiarimenti nel termine di trentagiorni in caso vi sia anche solo il sospetto di mancata esecuzione delladecisione.

La mancata esecuzione, anche parziale, della decisione da parte dell’in-termediario, ove accertata dal collegio, comporta l’irrogazione di una sanzionedi tipo reputazionale (37).

Da ultimo si segnala che il favor per l’investitore — di cui peraltro èpervaso l’intero assetto dell’ACF — traspare anche nella regolamentazionedella ripartizione delle spese della procedura. Stabilisce l’art. 18 del Regola-mento ACF che l’accesso all’arbitrato è gratuito per l’investitore; infatti, lespese di avvio della procedura sono interamente a carico del fondo per latutela stragiudiziale dei risparmiatori e degli investitori di cui al d.lgs. 179/

(34) È previsto che la delibera debba contenere: l’indicazione della composizione delcollegio, del relatore e delle parti, una adeguata motivazione, con la sintetica esposizione deipunti di fatto e di diritto ritenuti risolutivi, il dispositivo, il luogo e la data.

(35) GUIZZI, Il valore delle decisioni dell’ABF (e dell’ACF) in un libro recente, inOsservatorio del diritto civile e commerciale, 2016, 571. L’Autore attribuisce alle pronuncedell’ACF la medesima natura di quella riconosciuta alle decisioni dell’ABF. Ad ogni modo, conriferimento all’efficacia delle decisioni dell’ABF, non vi è unanimità in dottrina. In particolareoccorre segnalare la ricostruzione proposta da AULETTA, 2011, 90, in base alla quale « il giudiziodell’ABF modifica la realtà sostanziale del rapporto bilaterale Banca d’Italia-intermediario(agendo in senso prevalentemente determinativo) ed è capace di modificare la realtà proces-suale dell’altro rapporto intermediario-cliente (agendo in senso prevalentemente assevera-tivo) ».

(36) Cfr. Esiti della consultazione sulla proposta di adozione del regolamento attuativodelle disposizioni di legge relative ad un nuovo sistema di risoluzione extragiudiziale dellecontroversie in materia finanziaria, cit., 9.

(37) È infatti previsto che tale inadempienza debba essere resa nota mediante pubblica-zione sul sito web dell’Arbitro e, a cura e spese dell’intermediario inadempiente, su due quotidiania diffusione nazionale, di cui uno economico, e sulla pagina iniziale del sito web dell’interme-diario stesso per una durata di sei mesi.

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2007. Di contro, in caso di soccombenza, l’intermediario è tenuto a versareuna somma di denaro proporzionale al valore della controversia.

In questo modo l’investitore è incentivato ad adire questa procedura,rispetto alla conciliazione e all’arbitrato amministrato dalla CCA; infatti, nondeve sopportare alcun esborso né in favore della Camera né, tantomeno, infavore del conciliatore/arbitro e ciò a prescindere dal risultato del giudizio.L’unica spesa da sostenere sarà quella per il procuratore; infatti, non èprevisto che l’intermediario soccombente rifonda tali spese. Ad ogni modo,non è obbligatorio farsi rappresentare innanzi all’ACF e, comunque, non siesclude che il collegio faccia rientrare tali somme di denaro nella liquidazionedel danno subìto dall’investitore.

4. Conclusioni. — Dopo aver passato in rassegna le procedure stragiu-diziali di risoluzione delle controversie insorgenti tra investitori ed interme-diari relativamente a controversie finanziarie, appare evidente l’evoluzionenormativa e regolamentare che ha comportato l’introduzione di procedimentipiù semplici e lineari.

Da quanto si è dato conto, le procedure amministrate dalla CCA eranosolo gestite dalla Camera giacché l’attività conciliativa ed arbitrale era eser-citata da soggetti terzi. La Camera fungeva da raccordo tra le parti e ilconciliatore o l’arbitro. La presenza della CCA era indispensabile in fase diavvio (per la raccolta dei documenti e la valutazione di ammissibilità delladomanda) ed in quella finale (con la liquidazione di compensi ed onorari e ladeterminazione delle spese rimborsabili) ma, né in un caso né nell’altro,conosceva del merito della controversia. Queste procedure, peraltro, richie-devano all’investitore la sopportazione di spese sin dall’avvio ed anche nelcaso in cui l’intermediario non vi avesse aderito; infatti, era in potestate diquest’ultimo l’adesione alle procedure conciliative ed arbitrali.

Con l’introduzione dell’ACF — in larga parte disciplinato sul modellodell’ABF — molti problemi sono stati superati. In primo luogo, l’aver accen-trato la funzione decidente in un unico organo collegiale favorisce la celeritàdel procedimento e garantisce uniformità nelle decisioni. A ciò si aggiunga chel’introduzione dell’adesione obbligatoria per l’intermediario favorisce la riso-luzione di un maggior numero di controversie che, in precedenza, sarebberorimaste in sospeso. Peraltro, l’aver previsto la gratuità per l’investitore con-sente l’abbattimento di una barriera all’entrata che scoraggiava molti investi-tori dal far valere i propri diritti trattandosi di operazioni che, se singolar-mente considerate, sottendono una dimensione così ridotta dell’interesseeconomico da scoraggiarne l’approdo nelle aule giudiziarie.

Ad ogni modo, considerato l’iter di svolgimento del procedimento, lasegreteria organizzativa è chiamata a svolgere un’importante attività. Proprioper questo motivo, analogamente a quanto previsto per l’ABF, è importanteche la dotazione di mezzi e di personale ad essa assegnata sia proporzionata

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alle funzioni attribuite. Non sarebbe pensabile una mera trasformazione dellasegreteria della CCA in segreteria tecnica del neo istituito ACF; infatti, per lesue caratteristiche si prevede che dovrà gestire un numero di procedimentiben maggiore rispetto a quelli amministrati dalla Camera di Conciliazione eArbitrato.

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Nominato il nuovo Segretario Generale della Corte di Arbi-trato ICC

È stato reso noto a metà febbraio il nome del nuovo Segretario Generaledella Corte di Arbitrato ICC: si tratta di Alexander G. Fessas, avvocato diorigini cipriote ma cresciuto ad Atene, dove ha svolto la libera professioneprima di assumere il ruolo di Counsel presso il Segretariato ICC per il teamdell’Est Europa. Fessas, che ricoprirà anche il ruolo di Direttore dell’ICCDispute Resolution Services, sostituirà quindi Andrea Carlevaris a partire dal1° giugno 2017. Al suo fianco, con funzioni di Deputy Secretary General, èstata nominata la portoghese Ana Serra e Moura, già Counsel nel Segreteriatoper il team America Latina e penisola iberica. Ana Serra e Moura subentra aJosé Ricardo Feris ed è inoltre responsabile come project manager dell’aper-tura dei nuovi uffici del Segretariato della Corte a San Paolo del Brasile.

La Direzione della Rivista, nel formulare i migliori auguri ai nuoviresponsabili del Segretariato, desidera rivolgere un sentito ringraziamento aJosé Feris, particolarmente ad Andrea Carlevaris per il lavoro da lui svolto inquesti anni, attraverso il quale ha offerto alla comunità internazionale dell’ar-bitrato un’immagine di alto livello dei professionisti italiani.

DOCUMENTI E NOTIZIE

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comitato scientificoGUIDO ALPA - FERRUCCIO AULETTA - PIERO BERNARDINI - PAOLO BIAVATI - MAURO BOVE - FEDERICO CARPI - CLAUDIO CONSOLO - DIEGO CORAPI - GABRIELE CRESPI REGHIZZI - FABRIZIO CRISCUOLO - GIORGIO GAJA - FRANCESCO PAOLO LUISO - RICCARDO LUZZATTO - NICOLA PICARDI † - EUGENIO PICOZZA - CARMINE PUNZI - LUCA RADICATI DI BROZOLO - PIETRO RESCIGNO - GIORGIO SACERDOTI - LAURA SALVANESCHI - FERRUCCIO TOMMASEO - ROMANO VACCARELLA - GIOVANNI VERDE - VINCENZO VIGORITI - ATTILIO ZIMATORE.

già diretta da ELIO FAZZALARI.

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MARIA BEATRICE DELI (direttore responsabile).

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Page 220: arbitratoaia.comarbitratoaia.com/images/riviste/ottava/Anno XXVII - N.1...comitato scientifico GUIDO ALPA - FERRUCCIO AULETTA - PIERO BERNARDINI - PAOLO BIAVATI - MAURO BOVE - FEDERICO

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2017

ISSN 1122-0147

ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATO

Pubblicazione trimestraleAnno XXVII - N. 1/2017Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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