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XXVI EDIZIONE OLIMPIADI DELLA FILOSOFIA FILOSOFIA, SCIENZA E TECNICA. DALL’HOMO SAPIENS ALL’“HOMO TECNOLOGICUS”. Riflessioni e Relazioni. «Il problema è non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma cosa la Tecnica può fare con noi». Umberto Galimberti Classi III, IV e V tutti Indirizzi Liceali anno scolastico 2018/2019 Prof.ssa Elisa Vannocchi

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  • XXVI EDIZIONE

    OLIMPIADI DELLA FILOSOFIA

    FILOSOFIA, SCIENZA E TECNICA.

    DALL’HOMO SAPIENS ALL’“HOMO TECNOLOGICUS”.

    Riflessioni e Relazioni.

    «Il problema è non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato,

    ma cosa la Tecnica può fare con noi».

    Umberto Galimberti

    Classi III, IV e V – tutti Indirizzi Liceali

    anno scolastico 2018/2019

    Prof.ssa Elisa Vannocchi

  • XXVI Edizione – Olimpiadi della Filosofia I.I.S. Campus “Leonardo da Vinci” – Umbertide

    Filosofia, Scienza e Tecnica. Prof.ssa Elisa Vannocchi

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    «Un insegnante di filosofia non può fornirci certe proposizioni vere

    che rappresenteranno la soluzione dei “problemi filosofici”:

    egli può insegnarci soltanto l’attività o l’arte del pensare

    che ci metterà in grado di analizzare o scoprire il significato di ogni domanda.

    [...]

    Kant aveva detto di poter insegnare non la filosofia,

    ma soltanto a filosofare»1.

    M. Schlick,

    Forma e contenuto. Una introduzione al pensare filosofico (1932).

    Caramente,

    Buone Olimpiadi a tutti.

    Prof.ssa E.V.

    1 M. SCHLICK, Forma e contenuto. Una introduzione al pensare filosofico (1932), a cura di Paolo Parrini, Edizioni

    Boringhieri, 1987, pag. 147.

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    XXVI EDIZIONE

    OLIMPIADI DELLA FILOSOFIA

    ORGANIZZAZIONE del CORSO

    I circa 100 studenti iscritti al corso sono stati divisi in tre gruppi, Gruppo A, B, e C per

    ragioni organizzative e logistiche; gli alunni appartengono a tutte le classi del triennio e a tutti gli

    indirizzi liceali dell'Istituto, offrendo così una varietà sia verticale che orizzontale che di per sé

    rappresenta già un motivo di preziosa ricchezza dell‟iniziativa.

    L‟attività prevede un monte orario complessivo del corso di dieci ore (lezioni + verifica finale);

    il calendario delle lezioni prevede tre incontri per un totale di circa 7 ore, la prova scritta sarà

    nella forma del testo argomentativo a carattere filosofico, sulle cui competenze e modalità il

    corso intende focalizzarsi offrendo contenuti metodologici ad esso inerenti.

    A completare il quadro formativo del progetto, inoltre, si aggiunge la possibilità

    difrequentare una/due lezioni presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università degli Studi di

    Perugia, tenuta da docenti universitari e relativa alla tematica regionale oggetto del concorso,

    Filosofia, Scienza e Tecnica.

    La prova interna d'Istituto, della durata di tre ore e dante diritto alla certificazione del

    credito scolastico, è programmata per martedì 12 febbraio 2019.

    Calendario del Corso

    LEZIONE DATA GRUPPO ORARIO TOTALE

    I Lezione

    Martedì 22 gennaio Gruppo B (35) 14.30 – 17.00

    2.5h Mercoledì 23 gennaio Gruppo A (32) 14.30 – 17.00

    Venerdì 25 gennaio Gruppo C (32) 14.30 – 17.00

    II Lezione

    Martedì 29 gennaio Gruppo B 14.00 – 16.00

    2h Mercoledì 30 gennaio Gruppo A 14.00 – 16.00

    Venerdì 1 febbraio Gruppo C 14.00 – 16.00

    III Lezione

    Martedì 5 febbraio Gruppo B 14.00 – 16.00

    2h Mercoledì 6 febbraio Gruppo A 14.00 – 16.00

    Venerdì 8 febbraio Gruppo C 14.00 – 16.00

    Prova finale

    Martedì 12 febbraio

    Gruppo A

    Gruppo B

    Gruppo C

    14.00 – 17.30

    3.5h

    Totale studenti 99 Totale ciascun corso 10h

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    INDICE

    PREMESSA AL LAVORO

    Presentazione del percorso e delle scelte operative

    Pag. 4

    INTRODUZIONE

    La chiave di lettura. L‟uomo nell‟età della Tecnica: può dirsi ancora uomo?

    Pag. 5

    SEZIONE A Pag. 10

    1. I termini: relazioni e contenuti. Pag. 10

    1.1.a – Filosofia, il sapere teoretico-metafisico. Pag. 10

    1.1.b – Scienza, il sapere sperimentale. Pag. 13

    1.1.c – Tecnica, il sapere pragmatico. Pag. 15

    1.2. Il Mito di Prometeo: l‟origine della Tecnica e dell‟Umanità. Pag. 19

    SEZIONE B Pag. 21

    2. Scienza e Tecnica nella storia della Filosofia Pag. 21

    2.1 – La Filosofia Antica Pag. 21

    2.1.a – Anassagora: l‟origine filosofica della Tecnica e una prima sfida alla Filosofia. Pag. 21

    2.1.b – Platone: Scienza e Filosofia come conoscenza, e il fine della Tecnica. Pag. 22

    2.1.c – Aristotele: tutto è Scienza. La classificazione delle scienze. Pag. 26

    2.2 – La Filosofia Moderna Pag. 29

    2.2.a –FrancescoBacone: il profeta della Tecnica. Pag. 30

    2.2.b – Galileo Galilei: la Scienza diviene scienza applicata e Tecnica. Pag. 35

    2.3 – La Filosofia Contemporanea Pag. 37

    2.3.a – Il secondo Heidegger. Nel tempo della Filosofia come nichilismo, la Tecnica

    è disvelamento della verità.

    Pag. 37

    2.3.b – Hannah Arendt: l‟uomo come animals laborans. Pag. 44

    2.3.c – Hans Jonas: la manipolazione della Tecnica sull‟uomo. Pag. 50

    3. CONCLUSIONE Pag. 54

    BIBLIOGRAFIA Pag. 56

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    PREMESSA AL LAVORO

    Presentazione del percorso e delle scelte operative

    Lo scopo del presente lavoro è condurre una serie di Riflessioni sulla Relazione

    intercorrentesi tra Filosofia, Scienza e Tecnica, nella consapevolezza – che è quanto si cercherà

    di chiarificare e/o analizzare – se siano tre dimensioni del sapere e delle relative competenze

    accomunabili e/o contrastanti.

    In particolare, si intende offrire una specifica chiave di lettura sulla relazione principale che

    sottende l‟intero percorso, quella tra sapere teoretico-metafisico (Filosofia) e quello scientifico

    (Scienza) e tecnico-pratico (Tecnica): quale dei due sia all‟oggi “il più forte” o, quanto meno, “il

    meno in crisi” ed il più doverosamente autentico è quanto questo percorso intende affrontare,

    offrendo non una soluzione dogmatica e con valore assoluto di verità, bensì un coscienzioso –

    quanto personale – spunto di riflessione.

    Per prima cosa, il percorso intende offrire un‟analisi dei termini e dei relativi saperi in

    oggetto, individuando, ove possibile, una relazione di derivazione e/o di distinzione: cosa sia il

    sapere filosofico, cosa lo scientifico e cos‟altro quello tecnico sin dalle rispettive origini e nei

    propri elementi più caratterizzanti, permette una comprensione senza dubbio più idonea delle

    relazioni che intercorrono tra loro. In questa fase, non può essere tralasciato in alcun modo il

    Mito di Prometeo, assunto dalla cultura occidentale come simbolo dell‟origine della Tecnica, nel

    suo essere il perfetto connubio tra mythos, letteratura e filosofia.

    L‟emergere della Scienza e della Tecnica ha realmente condotto alla crisi della filosofia?

    oppure, giacché – come si intende analizzare – entrambe sue derivazioni, è quanto di più alto ed

    efficace la Filosofia stessa abbia prodotto?

    Questa una tesi centrale del corso, che si dibatterà muovendosi o tra i filo-scienziati – nella loro

    visione della Scienza come sapere superiore a tutti – o tra i filo-filosofi – che, contrariamente,

    ergono la Filosofia a madre di tutte le scienze.

    Si intende affrontare Scienza e Tecnica nella Filosofia in chiave storico-storicistica, passando

    dalla filosofia antica, per la moderna e fino alla contemporanea, attraverso nomi ed Autori noti,

    affinché sia un percorso pensato per le tre classi liceali offrendo dal punto di vista dei meri

    contenuti un taglio scolastico (e non accademico), che sappia presumibilmente essere accessibile

    a tutti gli studenti. Va da sé, tuttavia, che il livello del corso sa stimolare un piano logico-

    riflessivo approfondito e realmente idoneo ad eccellenze di pensiero, e a studenti veramente

    “olimpionici”, se necessario anche tramite interpretazioni provocatorie per chi – come

    l‟adolescente di oggi – vive di scienza, tecnica e tecnologia.

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    INTRODUZIONE

    La chiave di lettura. L’uomo nell’età della tecnica: può dirsi ancora uomo?

    Per quanto si trattino sia scienziati che filosofi, il “taglio” adottato nel percorso offre una

    precisa chiave di lettura accettabile o criticabile, ma di certo motivo di riflessione (che è quanto

    più ci interessa). La linea tenuta vuole illustrare come nella storia della cultura – Antichità,

    Modernità, Contemporaneità – il primo sapere per eccellenza sia stato quello filosofico, e come

    da questo poi siano derivati la Scienza prima e la Tecnica poi, fino ad oggi... Ma OGGI è il

    tempo della Scienza? è il tempo della Tecnica? o possiamo dire sia ancora il tempo della

    Filosofia?

    Primo vero spunto di riflessione.

    Preso poi atto di quanto si viva oggi in un rapporto oramai quotidiano con la Scienza e

    con la Tecnica, e con le rispettive innumerevoli manifestazioni, sarà lecito domandarsi che fine

    abbia fatto l‟Uomo, la sua dimensione più autenticamente emotiva, il suo essere un Essere nel

    tempo delle macchine, delle WI-FI e della tecnologia, delle manipolazioni genetiche ed

    ambientali, e di quant‟altro tale sistema può aver creato.

    Scopo di questo percorso è proprio condurre a questa riflessione: quanto oggi, nel tempo dei

    social e degli smartphone, delle App e dei più diversi Programmi – che sono anch‟essi figli di

    Prometeo!!– si possa ancora parlare di Uomo, delle sue pulsioni, delle sue passioni, delle sue

    facoltà squisitamente razionali; quanto il nostro tempo, che è un tempo tecnologico, potenzi

    l‟uomo? oppure quanto in realtà lo annienti e lo annulli? quanto la tecnica, nata per essere al

    servizio dell’uomo, ha poi ridotto realmente l’uomo al suo servizio?

    E allora, dando una lettura negativa, siamo nel tempo del nichilismo dell‟uomo e della sua

    alienazione di fronte al prodotto tecnico-scientifico? O, al contrario, dando una lettura positiva,

    ci si sente nel tempo del trionfo dell‟uomo e della sua creazione (il prodotto tecnico-scientifico

    appunto)?

    Differenti modi di interpretazione per riflettere, benché la linea adottata nel percorso mira a

    conservare un ruolo primario non della tecnica in sé ma del sapere filosofico – com‟è ovvio in

    questa sede.

    Non me ne vogliano gli scienziati, i tecnicisti, i tecnologici... ma cosa realmente è l‟Uomo

    nell‟età della tecnica? Cosa rimane oggi dell‟homo sapiens nel suo esser divenuto un “homo

    tecnologicus”2? Possiamo realmente parlare di evoluzione?

    2 Espressione, questa, che non ha riferimento ad alcuna teoria specifica, ma che utilizzo in senso metaforico quanto

    calzante per indicare la nuova natura ontologica dell‟uomo contemporaneo.

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    Il presente lavoro si propone proprio di evidenziare la trasformazione che l‟uomo ha

    subìto fino all‟oggi nel tempo della Tecnica. Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno

    strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l‟ambiente che ci circonda e ci

    costituisce secondo quelle regole di razionalità che, misurandosi sui soli criteri della funzionalità

    e dell‟efficienza, non esitano a subordinare le esigenze dell‟uomo alle esigenze dell‟apparato

    tecnico. Inconsapevoli, ci muoviamo ancora con i tratti tipici dell‟uomo pre-tecnologico che

    agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee ed un corredo di

    sentimenti in cui si riconosceva.

    Ma la tecnica non tende ad uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non

    svela la verità: la tecnica funziona, e come tale nasce per essere al servizio dell‟uomo e di sua

    utilità; questa la prospettiva umanistica classica che vede l‟uomo superiore alla tecnica e ai suoi

    mezzi e strumenti.

    E poiché oggi la tecnica è diventata l‟ambiente che ci circonda, ed il senso di questo stesso

    ambiente, che – alla maniera heideggeriana3 – “disvela”, dovremmo riflettere su quale

    „evoluzione‟ ha compiuto l‟idea stessa dell‟uomo, l‟essere stesso dell‟uomo, allo scopo di

    formulare riflessioni che, se ancora non consentono all‟uomo di dominare la tecnica, possano

    almeno evitare che la tecnica da „condizione essenziale‟ dell‟esistenza umana, si trasformi in

    causa della „nullificazione del suo essere‟, dell‟insignificanza del suo stesso esistere.

    La domanda di fondo del corso, quindi, non è più “cosa possiamo fare noi con la tecnica”,

    bensì “cosa la tecnica può fare di noi”. Che ne è dell‟uomo in un universo di mezzi che non ha

    in vista altro se non il perfezionamento ed il potenziamento della propria strumentazione?

    Là dove il mondo della vita è per intero generato e reso possibile dall‟apparto tecnico, l‟uomo

    rischia di diventare nient‟altro che un suo “addetto”, e la sua identità viene per intero assorbita

    nella sua funzionalità per cui è addirittura possibile dire che nell‟età della tecnica l‟uomo è

    presso-di-sé solo nella misura in cui è egli stesso funzionale a quell‟altro-da-sé che è la tecnica4.

    Ma la tecnica non è l‟uomo. E l‟uomo non è la tecnica.

    Nata come condizione dell‟esistenza umana, come creazione e prodotto dell‟uomo (Prometeo,

    Scienza/Filosofia antica), come espressione della sua essenza e delle sue abilità razionali, oggi,

    per la portata raggiunta, le dimensioni d‟importanza maturate e soprattutto l‟autonomia

    (dall‟uomo) guadagnata, la tecnica esprime un potere talmente alto quanto artificiale che l‟uomo

    stesso non è più in grado di controllare.

    3 Cfr. paragrafo 2.3.a– Il secondo Heidegger. La crisi della filosofia e della metafisica: nel tempo del nichilismo, la

    Tecnica è disvelamento della verità, pag. 36. 4U. GALIMBERTI, Psiche e technè. L’uomo nell’età della tecnica, Collana di Filosofia – Campi del Sapere,

    Feltrinelli Editore, Milano 1999, pag. 41.

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    In un simile contesto, forse crudo quanto reale, nel suo essere ridotto a “funzionario della

    tecnica”5 significa allora per l‟uomo essere „altrove‟ rispetto alla dimora che ha storicamente

    conosciuto e fondato, significa essere lontano da se stesso. Marx ha chiamato questa condizione

    alienazione: l‟essere alieno, diverso, distante da qualcosa e in quel qualcosa non riconoscersi più

    come soggetto ed identità qualificante, di senso e di valore.

    Ω

    La scienza, che come affermò Bacone è potenza (“scientia est potentia”), la sua

    applicazione pratica (scienza applicata) e che è la tecnica, ha reso l‟uomo capace di produrre e

    dominare la natura; entrambe hanno finito per trasformare l‟uomo da soggetto pensante (homo

    sapiens) a prodotto dell‟alienazione tecnologica e funzionale alla tecnica stessa. Dal punto di

    vista filosofico, la Scienza e la Tecnica hanno spersonalizzato l’uomo, nullificandone il valore

    più autentico riducendolo a mera funzionalità del sistema della tecnica. Così l‟“homo

    tecnologicus”, che è questo modello antropologico e a noi coevo, che siamo noi stessi, è

    realmente uomo? Il trasformarsi da soggetto con una propria singolarità, e tutto ciò che ne

    deriva, a parte di un sistema (la tecnica come ambiente) ad esso stesso funzionale, può essere

    considerato ancora uomo?

    In questa dimensione, il soggetto non rivela la sua identità, ma quella dell‟ambiente all‟interno

    del quale l‟identità personale si risolve in pura e semplice funzionalità.

    Abbiamo creato la scienza e la tecnica per migliorare la nostra esistenza – e in molti

    campi questo è senza dubbio accaduto –; ma l‟uso e l‟abuso di queste hanno finito per farci

    dimenticare dell‟uomo, dell‟individuo.

    «Questa nozione di individuo che è tipicamente occidentale – afferma

    Galimberti – e che ha avuto nella nozione platonica di “anima”, rivisitata dal

    cristianesimo, il suo atto di nascita, ha nell‟età della tecnica il suo prevedibile

    atto di morte. [....] Muore quel soggetto che, a partire dalla consapevolezza

    della propria individualità, si pensa autonomo, indipendente, libero fino ai

    confini della libertà altrui [...] e con lui muore quel sistema di valori che, a

    partire da questa singolarità, hanno deciso la nostra storia»6.

    5 M. HEIDEGGER, La questione della tecnica.

    6U. GALIMBERTI, Ibidem, pag. 43.

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    L‟uomo ha creato la Tecnica, che nella sua estremizzazione ha finito per annientare

    l‟uomo stesso.

    La tecnica da mezzo è diventata fine, non perché la tecnica si proponga qualcosa, qualche fine,

    ma perché tutti gli scopi ed i fini che l‟uomo si propone non si lasciano raggiungere se non

    attraverso la mediazione tecnico-scientifica.

    Ne siamo realmente soddisfatti?

    Riflettiamo.

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    FILOSOFIA, SCIENZA E TECNICA.

    DALL’HOMO SAPIENS ALL’“HOMO TECNOLOGICUS”.

    Riflessioni e Relazioni.

    «Il problema è non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato,

    ma cosa la Tecnica può fare con noi».

    Umberto Galimberti

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    SEZIONE A

    1. I termini: relazioni e contenuti.

    Qualsiasi percorso tematico necessita di un‟analisi a monte della terminologia che intende

    utilizzare. Nello specifico, qui si vuole anche illustrare la relazione di derivazione tra Filosofia,

    Scienza e Tecnica, ponendo in primo piano la Filosofia secondo un‟interpretazione che la vede

    “madre originaria” di tutte le scienze, e quindi anche della tecnica, fatta propria con forza da

    Moritz Schlick, fondatore del Positivismo logico (o Neopositivismo) e del Circolo di Vienna, un

    circolo filosofico e culturale fondato nel 1922 e animato da numerosi filosofi e scienziati del

    tempo.

    «Tutti i più grandi scienziati sono stati anche filosofi,

    ed hanno tratto ispirazione dallo spirito filosofico».

    Moritz Schlick (1882 – 1936),

    Forma e contenuto. Una introduzione al pensare filosofico, 1932.

    1.1.a – Filosofia, il sapere teoretico-metafisico.

    Non si ha intenzione di illustrare cosa sia la Filosofia, il suo significato etimologico ed il

    suo valore teoretico; dati i soggetti cui è rivolto il corso, non è soltanto di auspicio ma forse

    l‟unico reale prerequisito di frequentazione è proprio la conoscenza della disciplina in oggetto e

    delle sue categorie metodologiche.

    Tuttavia, si ha premura di sottolineare – nonché di richiamare – il valore squisitamente teoretico

    che la disciplina filosofica tende ad avere, ed il suo

    approccio metafisico, in quanto disciplina avente per oggetto

    ciò che è oltre il fisico (il metafisico appunto) che in quanto

    tale non è dato oggettivamente, non è empiricamente

    comprensibile, ma solo logicamente accessibile e conoscibile

    (per molti Autori della storia del pensiero, nemmeno in totalità).

    In questa sua essenza (originariamente greca), e nell‟essere

    un puro amore per il sapere, la filosofia non ha altra utilità per

    l‟uomo se non il sapere stesso in sé, esprimendo al massimo

    grado la capacità razionale e riflessiva dell‟uomo (homo sapiens), ed in questa sua dimensione

    logica, metafisica e puramente astratta la Filosofia è da sempre anteposta alla Scienza quale la

    intendiamo nel senso attuale del termine.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Positivismo_logicohttps://it.wikipedia.org/wiki/Circolo_di_Vienna

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    Ma quale relazione sussiste tra le due?

    Prendiamo a riferimento le parole di Schlick che meglio di tante altre pongono l‟accento sulla

    superiorità della Filosofia sulla Scienza, quest‟ultima assunta come sua derivazione.

    Il breve percorso di Storia della Filosofia che qui seguirà, sarà una conferma di questa

    impostazione.

    «Ma allora, cos‟è la filosofia?

    Certo, non una scienza; tuttavia è qualcosa di così significativo e grande,

    da meritare d‟ora in poi, esattamente come un tempo, l‟onore di regina delle scienze. [...]

    La filosofia è [...] quell‟attività mediante la quale si chiarisce

    o si determina il senso degli enunciati.

    Con la filosofia le proposizioni vengono rese perspicue (chiare),

    con le scienze esse vengono verificate.

    Le scienze trattano della verità degli enunciati,

    la filosofia di ciò che gli enunciati significano.

    Il contenuto, l‟anima e lo spirito della scienza naturalmente hanno la loro base (in ultima analisi)

    nel senso effettivo delle sue proposizioni.

    L‟attività filosofica della determinazione dei significati è perciò l‟alfa (A) e l‟omega (Ω)

    di tutta la conoscenza scientifica»7.

    Ed ancora,

    «Finché la gente parlerà e scriverà di più di quanto penserà,

    usando le parole in modo meccanico e convenzionale, non concordando

    sul Bene (in etica), sul Bello (in estetica) e sull‟Utile (in economia e in politica),

    seguiteremo ad avere grande bisogno di uomini con mentalità socratica in tutte le nostre ricerche.

    E poiché anche nella scienza le grandi scoperte sono fatte solo da quelle menti superiori che,

    nella routine della loro ricerca sperimentale,

    seguitano a stupirsi di tutto ciò che le circonda

    e ad impegnarsi perciò nella ricerca del significato,

    l‟atteggiamento filosofico sarà da riconoscere più che mai come la forza più vigorosa

    e la parte migliore dell‟atteggiamento scientifico»8.

    7M. SCHLICK, La svolta della filosofia (1930), in Neoempirismo (1969), a cura di Alberto Pasquinelli, Edizioni

    Utet, 1978, pp. 259-260. 8M. SCHLICK, Forma e contenuto. Una introduzione al pensare filosofico (1932), a cura di Paolo Parrini, Edizioni

    Boringhieri, 1987, pag. 146.

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    Dunque, la Filosofia come “metodologia del pensiero”, come logos, è il fondamento di

    tutti i saperi, compresi quelli scientifici.

    Il mondo delle scienze, oggi composto da tanti campi di studio spesso diversissimi fra loro, e da

    altrettanti ambiti applicativi che investono, in maniera sempre più pervasiva, la nostra vita, ha,

    proprio nella Filosofia, il suo punto di origine.

    Senza il procedimento razionale del pensiero logico, introdotto nella storia dell‟umanità dagli

    antichi Greci, la Scienza come specifica forma di sapere semplicemente non esisterebbe. Non a

    caso, ogni manuale di storia della Filosofia inizia con la presentazione dei pensatori chiamati

    “Naturalisti” o “Cosmologi” proprio perché si interrogavano sulla Natura, sul Cosmo e sulla sua

    origine, ricercando un principio primo (arché) da cui far derivare tutta la realtà. Ha così inizio

    l‟avventura del pensiero filosofico, che nella sua primissima manifestazione è tutt‟uno con quello

    scientifico.

    Per gli antichi Greci, dunque, Filosofia e Scienza erano sinonimi: filosofo era colui il

    quale osservava la Natura per cercare di carpirne i segreti, animato dal senso della meraviglia,

    dello stupore, e come dichiara Aristotele «se gli uomini hanno filosofato per liberarsi

    dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per

    conseguire qualche utilità pratica»9.

    È proprio questo principio di utilità, di funzionalità pratica, a decretare la scissione tra Filosofia e

    Scienza, introducendo l‟avvio della Tecnica. Il subentrare del principio di utilità ha permesso alle

    scienze di acquistare maggiore spazio affermando la crisi del pensiero filosofico-metafisico e la

    sostituzione del sapere logico-astratto con quello empirico-pragmatico: questo quanto accaduto

    nella modernità.

    La metafisica, la logica, l‟ontologia e le differenti espressioni del pensiero filosofico hanno avuto

    il merito storico di aver dato vita ad un sapere tale da rendere l‟uomo capace di ragionare e

    discernere, quindi dedito alla ricerca conoscitiva razionale, cui tuttavia è stato imputato il rischio

    costante di dogmatismo e di eccessivo verbalismo. Ma logica e metafisica hanno anche

    dimostrato poca efficacia in termini di fattività, di operatività, e di stessa certezza della

    conoscenza prive come sono dei criteri di verificabilità: quando il sapere filosofico ha incontrato

    i criteri di oggettività e di verificabilità esso è divenuto Scienza nel senso moderno del termine,

    per la quale non esiste la verità come contenuto metafisico determinato, ma esiste soltanto la

    verità oggettiva, quindi cartesianamente “chiara e distinta” e galileianamente sperimentabile

    (empiria).

    9 ARISTOTELE, La Metafisica.

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    13

    Resta il fondamento filosofico e quindi logico-razionale del sapere scientifico, ma con la

    modernità Filosofia e Scienza non indicano più dimensioni sinonimiche del sapere. A partire

    dalla fine del XVI secolo, dunque, la distinzione fra Filosofia e Scienza diventa netta e ben

    visibile. E con il passare del tempo questo divario diverrà sempre più ampio perché la Scienza ha

    definitivamente cessato di chiedersi il perché delle cose, peculiare della speculazione filosofica,

    e si è limitata a comprendere il come dei diversi fenomeni osservati. Tuttavia, il confine stabilito

    fra Scienza e Filosofia è un confine che rimane, nel corso dei secoli, permeabile: non un muro

    netto ed invalicabile, ma un‟interfaccia capace di garantire scambi, raffronti e „contaminazioni‟

    fra le due tipologie di sapere.

    1.1.b – Scienza, il sapere sperimentale.

    Il termine “scienza” deriva dal latino scientia, che significa „conoscenza’; essa sta ad

    indicare, sin dalla sua origine, qualsiasi formulazione sistematica e/o esatta della conoscenza. Di

    conseguenza in origine la scienza, come già analizzato, aveva lo stesso significato della filosofia,

    sebbene la filosofia, non essendo possesso integrale della verità, non era ritenuta una scienza

    “totale”.

    La scienza non si limitava alle scienze naturali, ma comprendeva anche, ad esempio, le scienze

    etiche e morali; questi due indirizzi si riflettevano nella distinzione tra filosofia naturale e

    filosofia morale.

    Nell'antica Grecia il termine corrispondente a quello odierno

    di scienza era epistème, che indicava un sapere stabilito su

    fondamenta certe, al di sopra di ogni possibilità di dubbio, al

    quale era conferito un valore sacro, che consentiva di acquisire

    saggezza e sapienza.

    A partire dalla Rivoluzione Scientifica del XVI secolo,

    eattraverso l‟Illuminismo prima („700) ed il Positivismo poi

    („800), la Scienza ha perso il suo carattere sacro passando ad indicare, nel senso stretto del

    termine, tutte quelle discipline che chiamiamo scienze naturali e che dovrebbero portare ad

    acquisizioni concettuali che risultano essere determinabili e direttamente verificabili per mezzo

    di appositi esperimenti empirici.

    Si è finito così per intendere la scienza come un sistema di conoscenze ottenute attraverso

    un‟attività di ricerca prevalentemente organizzata (e non semplicemente logico-teoretica) e con

    procedimenti metodici e rigorosi (il metodo scientifico), avente lo scopo di giungere, attraverso

    prove ed esperimenti (empiria), ad una descrizione verosimile, oggettiva e con carattere

    https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_latinahttps://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenzahttps://it.wikipedia.org/wiki/Filosofiahttps://it.wikipedia.org/wiki/Filosofia_della_naturahttps://it.wikipedia.org/wiki/Antica_Greciahttps://it.wikipedia.org/wiki/Epistemehttps://it.wikipedia.org/wiki/Sacrohttps://it.wikipedia.org/wiki/Saggezzahttps://it.wikipedia.org/wiki/Sapienza_(teologia)https://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenzahttps://it.wikipedia.org/wiki/Ricerca_scientificahttps://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_scientifico

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    14

    predittivo (ovvero, in grado di consentire previsioni), della realtà e delle leggi che regolano i

    fenomeni naturali. In tal senso, lo scopo della scienza – nonché il fine per il quale essa stessa è

    nata – è il dominio dell‟uomo sul mondo, sulla natura, la comprensione di questa e la sua

    modellazione al fine di poter prevedere lo sviluppo di uno o più fenomeni.

    Nonostante le aspettative che da sempre gli uomini ripongono sulla scienza, il suo obiettivo non

    sarebbe più, come al tempo della coincidenza con la filosofia, dare una risposta a qualsiasi

    domanda dell‟uomo, né una soluzione a qualsiasi suo problema, ma solo a quelli pertinenti alle

    leggi che regolano le manifestazioni della realtà fisica, cosmica e naturalistica.

    Ad esprimere sinteticamente questo ruolo della scienza, ed il fine stesso per la quale è stata

    fondata nel suo insieme di metodi e principi, ci viene in aiuto Francesco Bacone con la sua

    perentoria quanto sintetica affermazione:

    «La sovranità dell‟uomo è nella scienza. [...]

    La mano nuda e l‟intelletto abbandonato a se stesso servono a ben poco.

    Per compiere le opere sono necessari strumenti e mezzi di aiuto,

    sia per la mano che per l‟intelletto;

    e come gli strumenti meccanici servono ad ampliare o regolare il movimento delle mani,

    così gli strumenti mentali estendono o trattengono il movimento dell‟intelletto.

    [...]

    La scienza e la potenza umana coincidono».10

    In sintesi, la Scienza in senso moderno nasce quando, con l‟introduzione del metodo

    scientifico e del momento dell‟esperimento empirico necessario per la verificabilità delle ipotesi,

    diventa un sapere sperimentale, necessario all‟uomo per il dominio ed il controllo della natura.

    Cessa di essere un tutt‟uno con la filosofia, ed acquista uno statuto epistemologico autonomo che

    la rende differente dalla filosofia stessa, se non addirittura opposta a questa.

    Il metodo rigoroso, l‟esperimento come momento fondamentale per la verifica, nonché l‟ausilio

    di strumenti scientifici, diventano i nuovi mezzi del sapere necessari per il perseguimento di una

    verità il più possibile oggettiva (la mano nuda e l‟intelletto da solo servono a ben poco ci dice

    Bacone!!). Il sapere così inteso diviene empirico e pratico, abbandona completamente la

    dimensione del metafisico esclusivamente logico-razionale, e diviene il prodotto umano più

    eccelso, una “creazione” che esprime al massimo grado la potenza intellettuale dell‟uomo.

    Nella modernità, davvero l‟emergere della Scienza ha comportato la crisi del sapere filosofico.

    Ma quando, allora, è subentrata la Tecnica, e con quale ruolo e funzione?

    10

    FRANCESCO BACONE, Novum Organon – Parte I, Scienza e potenza dell’uomo.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Realt%C3%A0https://it.wikipedia.org/wiki/Leggehttps://it.wikipedia.org/wiki/Fenomeno

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    15

    1.1.c – Tecnica, il sapere pragmatico.

    Ciò che nell‟immaginario comune è forse più direttamente associato alla tecnica è la

    „macchina‟, cioè un oggetto metallico con ingranaggi, molle, ruote e meccanismi vari. Che però

    la tecnica non si riduca alla meccanica lo si coglie subito, pensando che vi è anche una tecnica

    medica, che non sempre – e certo non di principio – ha a che fare con meccanismi e ingranaggi, e

    persino una tecnica retorica e una tecnica culinaria, e così via...

    Di solito la tecnica si contrappone alla natura: vi sono cose

    fatte dall‟uomo con la tecnica e altre che sono naturali,

    finendo per indicare tutto ciò che in qualche modo è artificiale,

    ovvero frutto di un artifex, un artefice, un costruttore.

    In effetti il termine tecnica deriva dal greco téchne,

    e significa “arte” nel senso di “perizia”, “saper fare”, “saper

    operare”; essa indica l'insieme delle norme applicate e seguite in un‟attività, sia essa

    esclusivamente intellettuale o anche manuale. Tali norme possono essere acquisite

    empiricamente in quanto formulate e trasmesse dalla tradizione, ad esempio nel lavoro

    artigianale, o applicando conoscenze scientifiche specializzate e innovative, quando si verifica il

    passaggio dalla manifattura alla produzione industriale.

    Comunemente, oggi s‟intende con Tecnica l‟insieme dei mezzi e degli strumenti di cui dispone

    l‟uomo per il raggiungimento dei propri scopi e necessaria al perseguimento del criterio

    dell‟utile.

    Ma quando in termine Tecnica compare nella nostra cultura?

    Il concetto greco di téchne è molto antico e in origine (Età Classica greca) veniva usato per

    indicare una prerogativa degli dèi, una concessione divina ai mortali, un dono fatto agli uomini

    per sopperire alla loro intrinseca debolezza. Secondo la cultura (mitologica) greca, le divinità

    possedevano le tecniche non perché le avessero apprese o inventate, bensì perché erano a loro

    sostanziali: Efesto e Atena esercitavano le technai perché esse si identificavano con loro, e molte

    altre divinità greche incarnano esse stesse tecniche specifiche.

    Con il passare del tempo, però, le tecniche, da prerogativa divina, divennero invenzione umana:

    così appare infatti nelle opere dei tragediografi e storici Senofane, Eschilo, Sofocle, e questo

    passaggio trovò valore soprattutto con l‟affermazione della nuova classe sociale degli artigiani

    (in greco, demiourgoi, ovvero “coloro che plasmano, che producono qualcosa”). È proprio con la

    divisione del lavoro e lo sviluppo di nuove tecniche e nuovi mestieri, che la Tecnica inizia ad

    essere riconosciuta come un‟invenzione ed una prerogativa tipicamente umana, come l‟insieme

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    16

    di procedure che si acquisiscono e si rinnovano nel tempo; le technai iniziarono così ad avere

    una propria autonomia.

    La simbologia contenuta nel Prometeo è la manifestazione di questa antica considerazione del

    carattere umano della tecnica e, nella forma del mito, rappresenta le conseguenze e i timori legati

    allo sviluppo di quest‟abilità da parte dell‟uomo. Vedremo successivamente nel dettaglio il

    significato del mito di Prometeo proprio in seno all‟origine della Tecnica.11

    È con Platone che la Tecnica assume un ruolo elevato e sublime (come si tratterà più

    avanti). Nel dialogo Cratilo Platoneriferisce che il termine téchne deriva dall‟espressione greca

    “héxis noû” che significa “essere padrone e disporre della propria mente”; essa pur nelle sue

    articolazioni, è definita una forma di conoscenza – sia teorica che pratica – e capace in quanto

    tale di condurre al Vero sulla natura e sul cosmo.

    In sostanza, per quanto possa sembrare impossibile, la téchne nasce in seno a quello

    stesso mondo che ha dato i paternali al pensiero filosofico, e nasce inizialmente come

    prerogativa dell‟attività degli dei, come elemento qualitativo dell‟attività divina, per poi

    diventare un‟invenzione umana capace di esprimerne l‟elevata capacità razionale e pratica.

    Téchne, quindi, come “figlia della filosofia”, come capacità dell‟uomo di mettere in atto

    un‟attività che trasforma la conoscenza dei principinella riproduzione e creazione di un qualcosa

    che ne è il riflesso e l‟espressione sostanziale.

    Falso, quindi, pensare che la Tecnica sia nata nel cuore della Rivoluzione Scientifica seicentesca;

    falso pensare che essa sia derivazione esclusiva della Scienza: vi è nella Tecnica un so che di

    filosofico che è proprio il tratto insito nella sua stessa origine!

    «La questione della tecnica non è mero frutto della modernità,

    ma su di essa i Greci hanno riflettuto,

    lasciando un‟eredità assai importante con cui è utile, e anzi fondamentale,

    confrontarsi per comprendere il nostro tempo

    [...]

    Domandiamoci se la tecnica va sempre e comunque perseguita e usata?

    Se va temuta o amata? Perseguita o evitata?

    [...]

    In fondo, Leopardi non aveva almeno qualche buona ragione per chiamarla “matrigna”?»12

    .

    11

    Cfr. paragrafo successivo su Il Mito di Prometeo: l’origine della tecnica. 12

    E. BERTI, Logos e Téchne. Tecnologia e Filosofia. – Corso Nazionale di Filosofia Romanae Disputationes, 17-18

    Marzo 2017, Roma, Università Pust – Atti del Convegno.

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    Nel mondo greco l‟essenza del sapere consiste nell‟aletheia, nella Verità: la filosofia

    rappresenta la via logica di accesso all‟aletheia, la tecnica sembrava da subito essere la via

    pratica e pragmatica (dal greco pragma, ovverocose, fatti reali e pratici) di accesso alla stessa

    aletheia, come se nel prodotto tecnico (si ribadisce che in greco téchne lo traduciamo sia con

    tecnica che con arte) si assistette ad uno svelamento (pratico, dato ed oggettivo) della Verità che

    è essenza del cosmo, della natura... Le rappresentazioni tecniche diventavano così espressione

    tangibile della Verità su cui la Filosofia continua ad argomentare e ricercare in astrazione e

    metafisicamente.

    Nel momento in cui le creazioni tecniche necessitarono di conoscenze scientifiche per la

    progettazione e la realizzazione di oggetti, opere, strutture... la Tecnica si legò necessariamente

    alla Scienza. È qui che siamo in piena modernità, dove la Tecnica stessa sembra diventare

    Scienza Applicata, e nel contempooffrire alla Scienza in sé strumenti pratici sempre più avanzati,

    che consentono l‟evoluzione delle conoscenze scientifiche.

    Così Scienza e Tecnica diventano fattori indissolubili l‟uno rispetto all‟altro e parte del progresso

    tecnico-scientifico della società, favorito da processi di ricerca scientifica e tecnologica.

    Oggi il legame fra Scienza e Tecnica viene interpretato in modi diversi: come un rapporto

    di stretta dipendenza, intendendo per l‟appunto la tecnica come scienza applicata; di piena

    autonomia, considerando la tecnica dotata di una valenza cognitiva forte anche se non di tipo

    logico-argomentativo come quella scientifica; quasi di „indentificazione‟ tanto da formare un

    tutt‟unico che viene indicato con il conio recentissimo del termine tecnoscienza, che esprime un

    sottinteso polemico, in quanto tende a sottolineare da un lato che la scienza non è affatto

    un‟attività autonoma e disinteressata (spesso essa nasce “per fare”, non “per conoscere”, e le

    tecniche che utilizza ne determinano sia gli spazi di applicazione sia i campi di ricerca),

    dall‟altro che la tecnica non è più una pratica artigianale, ma completamente orientata dalla

    scienza.

    Va da sé che in qualsiasi modo le si intendano, oramai sembra venir meno quell‟origine logico-

    razionale della tecnica, a favore di un carattere squisitamente pratico e scientifico, e sembra pure

    venir dimenticato quel legame originario con il sapere filosofico.

    Lo strano gioco del destino che le ha viste o sinonimiche e coincidenti (Filosofia e

    Scienza), o affini e complementari (Filosofia e Tecnica), ora le pone ben distinte e in antitesi

    netta tra loro.

    Ma qual è il sapere più autentico, e realmente utile all‟uomo?

    Scienza, Tecnica o Filosofia?

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    1.2. Il Mito di Prometeo: l’origine della Tecnica e dell’Umanità.

    Prometeo è un Titano (metà uomo e metà Dio) ma non appartiene alla stirpe degli Dei

    dell‟Olimpo. Il nome Prometeo deriva da “pro-metis” che significa “il preveggente, colui che

    pensa prima degli altri”. L‟alter-ego di Prometeo è il fratello Epimeteo, che al contrario “pensa

    dopo gli altri (epi-metis) ed è considerato uno “sprovveduto”. Rispetto a questo, Prometeo si

    distingue per scaltrezza ed astuzia e nel suo schierarsi sempre a favore degli uomini (è detto

    infatti “amico degli uomini”, in greco filantropo) contro gli Dei, rappresentati dal Divino Zeus.

    Esistono differenti versioni del mito (Prometeo in Esiodo dall‟opera Teogonia, Prometeo in

    Platone dal dialogo Protagora, Prometeo incatenato di Eschilo), ma tutte tendono a

    rappresentare il mito come l‟origine dell‟Umanità conseguente alla frattura tra uomini e Dei, e

    l‟origine della Tecnica come capacità dell‟uomo di creare mezzi e risorse con le quali possa

    sopravvivere e ribellarsi al principio di autorità (gli Dei, appunto). L‟azione di Prometeo èquindi

    posta ai primordi dell'umanità e si esplica in antitesi a Zeus, e nella sua simbologia è assunta

    come origine della condizione esistenziale umana.

    Nel mito, Prometeo, non solo amico dell'uomo ma anche

    delprogresso, ruba il fuoco – simbolo della capacità tecnica –

    agli Dei per darlo agli uomini e subisce la punizione di Zeus

    che lo incatena ad una rupe ai confini del mondo, con un‟aquila

    che quotidianamente gli mangia il fegato; poi lo fa sprofondare

    nel Tartaro, al centro della Terra.

    Nel simbolismo attuale, Prometeo rappresenta dunque la lotta

    del progresso e della libertà contro un potere dispotico e

    sovrumano (ieri Dio, oggi le ideologie o lo stesso principio di autorità), ed esprime l‟origine e

    tutta la forza della Tecnica come prodotto umano.

    Ma vediamo nel dettaglio il mito.

    Zeus e Prometeo si somigliano: sono entrambi astuti, intelligenti ed esseri molto capaci. Zeus

    affida proprio a Prometeo e a suo fratello Epimeteo il compito di collaborare alla creazione degli

    esseri umani; questo perché Zeus non vedeva in Prometeo una minaccia, in quantonon aveva

    partecipato all‟assalto dei titani per sovvertire il potere dell‟Olimpo, tant‟è che questo compito

    assegnato può essere interpretato come un vero e proprio premio del Dio dell‟Olimpo.

    Ecco le parole di Platone su questa leggenda:

    «Quando le stirpi mortali stavano per venire alla luce, gli dei ordinarono a

    Prometeo e a Epimeteo di dare con misura e distribuire in modo opportuno a

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    ciascuno le facoltà naturali. Epimeteo chiese a Prometeo di poter fare da solo la

    distribuzione: “Dopo che avrò distribuito – disse – tu controllerai”»13

    .

    Ma Epimeteo, che non a caso significa „sprovveduto‟, distribuì le varie facoltà agli

    animali (forza al leone, vista acuta all‟aquila, velocità alla gazzella...), in modo talmente

    affrettato e disorganizzato che all‟uomo non rimase nulla. Ecco allora che Prometeo pensò di

    ingannare gli Dèi e di rubare il fuoco (la Tecnica), nella mitologia greca simbolo del potere della

    conoscenza, per rendere l‟uomo in grado di sopravvivere e di adattarsi alle difficoltà della natura.

    Nel mito, quindi, l‟uomo nasce strutturalmente debole e deve ingegnarsi con la sua abilità

    tecnica per sopravvivere e primeggiare: Scienza e Tecnica sembrano essere gli unici strumenti

    salvifici dell‟umanità.

    Poi il mito platonico prosegue:

    «Da questo dono derivò all‟uomo abbondanza di risorse per la vita. Subito,

    attraverso la tecnica, articolò la voce, e inventò case, vestiti, calzari, giacigli e

    l‟agricoltura. Con questi mezzi in origine gli uomini vivevano sparsi qua e là, non

    c‟erano comunità; perciò erano preda di animali selvatici, essendo in tutto più

    deboli di loro. La perizia pratica era di aiuto sufficiente per procurarsi il cibo, ma

    era inadeguata alla lotta contro le belve (infatti gli uomini non possedevano

    ancora l‟arte politica, che comprende anche quella bellica). Cercarono allora di

    unirsi e di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però,

    commettevano ingiustizie gli uni contro gli altri, non conoscendo ancora la

    politica; perciò disperandosi di nuovo, morivano. Zeus dunque, temendo che la

    nostra specie si estinguesse del tutto, inviò Ermes per portare agli uomini rispetto

    e giustizia, affinché fossero fondamenti dell‟ordine delle città e vincoli d‟amicizia.

    Ermes chiese a Zeus in quale modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli

    uomini: “Devo distribuirli come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci

    si è regolati così: se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la

    conoscono, e questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo stesso

    modo per rispetto e giustizia, o posso distribuirli a tutti gli uomini?”

    “A tutti – rispose Zeus – e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero

    comunità, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le

    arti tecniche”»14

    .

    13

    PLATONE, Protagora, cfr. Il mito di Prometeo.

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    Ora, la versione qui ripresa è quella platonica, e, come è ben noto, il pensiero

    dell‟ateniese è tutto volto a valorizzare la scienza della politica; qui la morale conclusiva è che

    l‟abilità tecnica, per quanto elevata, non salva l‟uomo dall‟essere simile ad un animale, ma sono

    le leggi, l‟arte della politica, il linguaggio, il senso di comunità, e la saggezza (filosofica) a

    salvare l‟uomo insieme alla tecnica, che da se sola non può bastare.

    Resta che il mito ha assunto nella cultura occidentale una valenza universalmente

    riconosciuta sul tema della Tecnica e sull‟origine di questa quanto dell‟Umanità, che in nessun

    caso può essere pensata priva della capacità di saper fare qualcosa, di saper utilizzare gli

    strumenti che la natura a tutti i livelli può offrirgli, e che senza questa capacità non possa

    progredire saggiamente.

    Dal mito di Prometeo desumiamo, quindi, che l‟uomo si salva con la Tecnica, coniugata al

    sapere e alla conoscenza, e senza di questa non può esistere.

    In tal senso, l‟Umanità è Progresso, chiave di lettura che sarà profondamente ripresa

    nell‟Illuminismo settecentesco e nel Positivismo ottocentesco europei.

    Prometeo ha difeso gli uomini, trascurati da Zeus, aprendo loro la strada della cultura e della

    civilizzazione; li ha resi riflessivi, “sovrani del proprio intelletto” (che è il concetto di Tecnica

    sopracitato ed espresso da Platone), capaci di apprendere e di migliorare tutte le tecniche.

    L‟apprendimento delle artie della tecnica ha infatti permesso agli uomini di comprendere segreti

    che in precedenza consideravano imperscrutabili e ad appannaggio esclusivo della mente divina,

    oltre che di piegare (ancorché parzialmente) l‟ambiente circostante ai propri scopi e alle proprie

    esigenze. La conoscenza delle téchnai corrisponde in sostanza all‟acquisizione di una coscienza,

    all‟esercizio del pensiero e al dispiegamento della ragione, mediante la pratica del lógos; la

    Tecnica coniugata (e se coniugata) alla Filosofia rappresenta il viatico verso l‟emancipazione

    dell‟umanità.

    In tal senso, tutto quanto l‟uomo abbia creato e prodotto è prometeico.

    Le capacità dell‟uomo di produrre e di sopravvivere con le sue potenzialità (intellettuali e

    produttive) espresse dal mito chiudono l‟età mitica caratterizzata dalla potenza arbitraria degli

    dèi, ed aprono l‟età storica connotata dalla potenza che l‟uomo guadagna attraverso la scienza e

    la tecnica stessa.

    Non è dunque la Tecnica a sconfiggere Zeus, che pure è dotato di innumerevoli tecniche, ma la

    colossale trasformazione antropologica che la tecnica ha comportato.15

    14

    PLATONE, Protagora, cfr. Il mito di Prometeo. 15

    Cfr.U. GALIMBERTI, Psiche e tèchne, pp. 73-74.

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    SEZIONE B

    4. Scienza e Tecnica nella storia della Filosofia.

    La presente sezione, sulle linee di quanto anticipato, vuole analizzare la relazione tra

    Filosofia, Scienza e Tecnica nella storia del pensiero filosofico.

    È un percorso mirato attraverso alcuni degli Autori fondamentali della filosofia, ma è nel

    pensiero contemporaneo che la riflessione sulla Scienza e la Tecnica in termini filosofici

    raggiungemaggiore complessità teoretica; ecco perché si ha intenzione di approfondire la

    tematica dei grandi pensatori, quali Heidegger, Arendt e Jonas.

    2.1 – La Filosofia antica

    2.1.a – Anassagora: l’origine filosofica della Tecnica ed una prima sfida alla Filosofia.

    Filosofo e fisico pluralista del V sec. a.C, considerato tra i padri fondatori del pensiero

    filosofico antico, nonché il primo ad aver portato la filosofia nella sua culla classica, Atene,

    nonostante pochi siano i frammenti conservati di Anassagora, ve ne sono due in particolare che

    meritano tutta la nostra attenzione, a conferma di quanto affrontato in precedenza, ovvero che la

    Tecnica e la sua importanza nella vita dell‟uomo non sono „figlie‟ della moderna Rivoluzione

    Scientifica, bensì del pensiero antico classico.

    Il frammento in questione, in effetti, così cita:

    «L‟uomo è il più intelligente degli animali perché ha il possesso delle mani.»

    Frammento DK 59 A 102

    Cui aggiunge:

    «L‟umanità si sviluppa attraverso l‟esperienza, la memoria, il sapere e la tecnica.»

    Frammento DK 59 B 21

    In altre parole, la crescita dell‟umanità è determinata dal sapere coniugato alla tecnica, intesa

    come le tutte le attività che l‟uomo mette in atto per se stesso e per la sua esistenza, dal lavoro,

    all‟agricoltura, all‟urbanistica, finanche a tutte le forme di arte.

    Nella concezione di Anassagora, il solo sapere e la conoscenza fine a se stessa non servono a

    nulla se non sono abbinate all‟esperienza e alla tecnica intesa come “possesso delle mani”,

    ovvero come loro uso. È la tecnica intesa in tal senso ad elevare l‟uomo nella catena degli esseri

    viventi: senza di questa, rimarrebbe al livello dell‟animale, come a dire che l‟uomo diviene homo

    sapiens perché ha il senso della téchne, della capacità di fare e produrre qualcosa. Del resto,

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    Anassagora vive in quell‟Atene del V secolo a. C., brulicante di cantieri e di lavori architettonici

    ed urbanistici splendidi. In questo contesto si comprende forse meglio il significato del suo

    aforisma, nel quale è la mano – e non l‟intelletto e la ragione – che consente all‟uomo di stabilire

    un diverso rapporto con la realtà: il possesso della mano è il possesso dell‟esercizio delle attività

    tecniche, che appaiono indice decisivo di umanità.

    Aristotele, al contrario,avanzerà un‟ipotesi antitetica rispetto a quella di Anassagora: dal

    momento che l‟uomo è il più intelligente degli animali, la natura gli ha dato la mano, e non

    viceversa.

    Va da sé che con Anassagora si afferma la superiorità della Tecnica sulla Filosofia.

    Al via la sfida.

    2.1.b – Platone: Scienza e Filosofia come conoscenza, e il fine della Tecnica.

    «Non osi entrare chi non ama la Matematica»16

    : queste le parole che dovevano essere

    incise sul frontone dell‟Accademia, la scuola ateniese fondata da Platone.

    Se, come sembra, si tratta di un‟espressione dovuta a fonti

    tarde, è tuttavia ben studiata e perfettamente in linea con

    alcunielementi tipici del pensiero del grande ateniese.

    Essa, in effetti, ben esprime la convinzione del ruolo della

    Matematica come scienza per eccellenza a cuisono ricondotti

    in via di principio tutti gli altri saperi, ruolo che Platone ha

    probabilmente desunto dalla vicinanza ad alcuni Pitagorici, di cuifa propria l‟idea che la

    Matematica sia scienza esatta e vada interpretata in termini di una “teoria dell’armonia cosmica”

    (le regole ed i rapporti matematici che sussistono tra gli elementi del cosmo vanno interpretati in

    termini di rapporti armonicie non conflittuali). Infine, conferma quanto l‟Accademia sia stata un

    centro d‟attrazione per i matematici dell‟epoca, riunendo sotto di sé sia scienziati che filosofi17

    .

    Si è scelto di avviare la trattazione di Platone proprio da questo aneddoto, che già di per sé

    esprime quanto andremo ad analizzare, ovvero la connessione – a tratti sostanziale ed

    16

    Esiste anche un‟altra versione che così cita «Nessuno entri, che non sia geometra». Preme precisare che

    Matematica e Geometria nella cultura scientifica greco-classica sono assunte come saperi affini. 17

    Ancora oggi la vera natura della scuola di Platone rimane un enigma: associazione religiosa, scuola politica,

    centro di ricerche teoretiche e di indagini naturalistiche. Per i discepoli di Platone, le matematiche costituiscono un

    riferimento essenziale nelle discussioni di natura filosofica intorno all‟essere e alla realtà. Ma il punto per noi più

    interessante è che l‟Accademia costituisce un polo d‟attrazione per i matematici dell‟epoca, che vi si ritrovano

    insieme a svolgere le loro ricerche. Eudemo ricorda a questo proposito Leodamante di Taso, Leone, Amicla di

    Eraclea, Menecmo, Dinostrato, Ateneo di Cizico, Ermotino di Colofone, Filippo di Mende, nonché Teeteto ed

    Eudosso... Per noi, in questa sede, semplici nomi, ma nel panorama della Storia della Scienza e delle matematiche,

    antichi fondatori del rispettivo sapere.

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    23

    immancabile – tra Scienza e Filosofia, e di riflesso, Tecnica: tutte tre queste dimensioni vengono

    analizzate dal filosofo in seno alla propria teoria gnoseologica.

    In breve, come era in origine e come si è già analizzato18

    , Scienza e Filosofia erano intese

    come un tutt‟uno ed indicavano forme del sapere della conoscenza più alta e perfetta relativa alla

    realtà intellegibile e trascendente (le Idee), nota con il termine greco di epistéme (che significa

    proprio scienza). Essa era perseguibile attraverso una conoscenza logica e razionale (propria

    della filosofia) o attraverso una scientifico-matematica (propria della scienza); ben differente da

    questa forma di conoscenza era quella rivolta alla realtà sensibile (il mondo delle cose), che più

    generalmente Platone, sulla scia di Parmenide, chiama doxa, opinione, e che fonda la sua

    modalità gnoseologica sul sensibile e l‟immaginazione.

    Sapere scientifico e sapere logico-filosofico, quindi, nella visione platonica, sono saperi

    complementari, ed entrambi consentono all‟uomo la contemplazione e la conoscenza della Verità

    in sé (Idee).

    In questo quadro – molto sommario e generale – cos‟è la Tecnica, e quale ruolo ha?

    Nella posizione platonica, la Tecnica, intesa principalmente come arte, come abilità e capacità di

    artigianale (fondata su un sapere autentico) di produrre oggetti reali per essere usati e necessari

    all‟uomo, nonché la produzione della pittura, dell‟architettura, della poesia, delle arti in genere...

    sono soltanto “imitazione”, rappresentazione tangibile ed apparenza di contenuti più alti ed

    intellegibili (le Idee, appunto). La tecnica è immagine ed imitazione della natura che consente

    all‟uomo di sopperire alle sue mancanze (sulla scia del prometeismo), lo fa progredire e

    determina quella che, anche per tutto il pensiero filosofico postplatonico, sarà la caratteristica

    propriamente umana, ossia la razionalità.

    Tuttavia, essa non può essere ridotta a mero strumento nelle mani dell‟uomo, venendo piuttosto

    ad indicare il modo umano di rapportarsi alla natura, di comprenderla e di assecondarla. Se

    infatti il termine téchne indicava originariamente un fare artigianale, con Platone il suo

    significato si amplia fino ad indicare non un semplice „fare‟ ma un „saper fare‟, specifico e/o in

    generale, ma di carattere ben più elevato.

    Di fronte ad una natura concepita come immutabile, che si sottrae a qualunque tentativo di

    dominio umano, la téchne rappresenta quella forma di sapere che permette all‟uomo dicogliere le

    leggi immutabili della natura, che la tecnica non può dominare, ma dalla quale attinge,

    perimitazione, quelle regole che guidano il suo „saper fare”.

    In altre parole, l‟uomo platonico conosce la realtà intellegibile (attraverso la Scienza e la

    Filosofia) e la realtà sensibile (attraverso l‟opinione); la Tecnica diviene la capacità di tradurre

    18

    Cfr. pp. 9-12 del presente lavoro.

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    24

    questo sapere in „saper fare’, la conoscenza in arte, il mondo intellegibile e sensibile in prodotto.

    La tecnica produce oggetti e mezzi che sono utili all‟uomo per la sua esistenza, e diventa così

    espressione della razionalità dell‟uomo: tanto più è alta la conoscenza, tanto migliore è il

    prodotto creato.

    Ecco perché – come già citato – nel dialogo Cratilo Platoneriferisce che il termine téchne deriva

    dall‟espressione greca “héxis noû” che significa “essere padrone e disporre della propria

    mente”: la Tecnica è una forma di conoscenza in quanto „saper fare‟, e capace in quanto tale di

    condurre alla Verità nella forma della sua rappresentazione.

    Così un oggetto è bello in quanto contiene in sé l‟Idea di Bellezza, contemplata e conosciuta e

    quindi poi rappresentata; un‟azione è giusta in quanto espressione oggettiva dell‟Idea di

    Giustizia; e così via..

    In sostanza, Scienza e Filosofia conducono al sapere vero, mentre la Tecnica lo

    rappresenta fenomenicamente ed oggettualmente; il tutto allo scopo di vivere bene ed il meglio

    possibile. Sì perché il fine del pensiero platonico è, anche in questa sede, il vivere politico (nella

    polis) armonioso e con quanto vi è di più realmente necessario all‟uomo.

    Ce lo dichiara apertamente Platone, rivolgendosi ai giovani nel Repubblica:

    «Si devono cercare quegli artefici e quelle produzioni (téchne)

    che sappiano nobilmente seguire le tracce della natura,

    che sappiano esprimere ciò che è bello ed armonioso,

    affinché i giovani,

    cosìcome anche chi abita in un luogo salubre,

    netraggano vantaggio,

    eda qualunque parte un‟impressione di opere belle tocchi la loro vista,

    o il loro udito, come un soffio di vento che porta buona salute da luoghi benefici,

    e sin dalla fanciullezza li conduca, senza che se accorgano,

    alla conformità alle leggi, all‟amicizia e all‟accordo con la retta ragione»19

    .

    Erano queste una sorta di “linee-guida” del vivere bene, nell‟attenzione costante ed attenta che il

    filosofo ha sempre dedicato alla comunità civile e politica, e qui, da buon educatore, ai giovani.

    Nella sua teoria risulta evidente quanto non basti il sapere ma occorra anche il „saper fare‟. Egli

    propone la ricerca come punto di partenza (“cercare”), e la ricerca degli artefici (ciò che è

    19

    PLATONE, cfr. III Libro del Repubblica, in Opere complete, trad. it. F. Adorno, Universale Laterza, Roma-Bari

    1971.

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    artefatto, prodotto, quindi la tecnica), ovvero degli strumenti adeguati che possano ricalcare

    fedelmente (imitazione) i processi fisici e biologici (“seguire le tracce della natura”) che stanno

    alla base dei processi vitali. Attraverso questi prodotti che esprimono il rapporto uomo-natura, si

    migliora l‟esistenza: nella visione platonica, Scienza e Tecnica aiutano i giovani e l‟uomo in

    genere a vivere bene!

    Ma quale rapporto sussiste tra saper e saper fare? Platone ce lo spiega attraverso

    un‟analisi ancora più approfondita della Tecnica compiuta nell‟Eutidemo, dove distingue due

    differenti tipi di tecnica, la tecnica d’uso e la tecnica di produzione20

    :

    la prima, la tecnica d’uso, si riferisce alle conoscenze della mente, ed esprime il sapere

    acquisito che presuppone il fare;

    la seconda, la tecnica di produzione, incorpora la conoscenza nelle sue produzioni ed

    indica un sapere prettamente operativo.

    Platone sottolinea il primato delle tecniche d‟uso sulle tecniche di produzione e questo in quanto,

    per il filosofo greco, ciò che decide la bontà, la validità, la bellezza di una tecnica è il suo uso ed

    il modus operandi, e non la sua produzione: in altre parole, ciò che conta è il metodo e l‟arte con

    cui si è creato qualcosa, non il creato stesso.

    Questa impostazione, riflettendo bene, ha un so che di pedagogico e di profondamente educativo:

    non è un mero duello machiavellico tra mezzi e fini, fini e mezzi, ma tende a porre l‟attenzione

    sulle conoscenze e sui saperi che l‟uomo investe ed usa per creare un qualcosa, piuttosto che

    mirare direttamente all‟oggetto creato in sé. Come un bambino che impara a disegnare: non

    importa il disegno in sé, ma il bagaglio di conoscenze, di saperi, di metodi e di usi (e quindi

    anche di impegno) che il bambini ha messo in atto nella sua produzione.

    In tal modo, il sapere che presiede all‟uso delle cose èsuperiore a quello che presiede la

    produzione, il sapere al saper fare, la saggezza all‟abilità, e tale discorso vale anche – se non

    soprattutto – per la Politica che Platone chiama non a caso “tecnica del saper governare”.

    Per l‟ateniese, infatti, la politica costituirebbe la “tecnica regia” in quanto rappresenta quel

    sapere che è in grado di indirizzare tutti i saperi particolari, fornendogli il fine adeguato. Non a

    caso, la politica è il fine dell‟intero sistema filosofico platonico e di tutte le teorie in esso

    contenute.

    Tuttavia, tanto il fare tecnico, quanto l‟agire politico restano iscritti nell‟ordine necessario

    e immutabile della natura, che all‟uomo non resta altro che imitare. In effetti, per Platone

    Tecnica e Politica sono le due modalità in cui si esprime l‟azione umana, tanto nella sua

    20

    PLATONE, Eutidemo, in Platone, Opere complete, vol. 5, trad. it. F. Adorno, Universale Laterza, Roma-Bari

    1971, cfr. pag. 42.

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    dimensione poietica (dal vero greco poieo, ovvero creare, fare), ossia la capacità di produrre

    imitando la natura, che nella sua dimensione pratica, che è la capacità di agire in vista di scopi.

    In entrambi i casi, la natura rappresenta il limite insuperabile che determina il confine

    dell‟attività umana21

    .

    In sostanza, iscritta nella natura, l‟azione umana si esprime o come fare (poiesis, poieutica) o

    come agire (praxis, pratica). Il fare consiste nel forgiare qualcosa imprimendogli una forma,

    nell‟esprimere la rappresentazione (imitativa) della natura, e si manifesta come scienza e potenza

    che sono le due caratteristiche fondamentali della tecnica, in quanto, come sottolinea Platone, il

    fare qualcosa presuppone la possibilità di poterlo fare, e tale possibilità si realizza solo se siha

    scienza, ossia conoscenza, della cosa che si intende fare, la quale, dopo aver scoperto le regole

    della natura, è in grado di intervenire per produrle su imitazione.

    Come sarà propria anche di Aristotele, in questa concezione la Tecnica antica non

    produce, non si impone sulla natura con lo scopo di dominarla – come sarà invece nella Tecnica

    moderna legata alla Rivoluzione Scientifica – ma la asseconda. La téchne resta così inscritta

    nella natura, permettendone il dispiegarsi in tutta la sua potenza. La Tecnica è dunque medium

    tra l‟uomo e la natura, in un contesto in cui l‟uomo si rapporta alla natura non con l‟intento di

    sottometterla e controllarla, ma dicomprenderla e di assecondarla: nella filosofia cosmologica

    greca, la tecnica non è pensata come dominio sulla natura ma piuttosto come suo svelamento

    (Heidegger).

    In conclusione, la parola téchne si accompagna alla parola epistéme, almeno fino a

    Platone per il quale la tecnica non è altro che il risultato operativo dell‟epistéme.

    Entrambe indicano un conoscere, un „sapere di qualcosa‟ del tutto particolare che apre, ossia

    „disvela‟, il mondo della natura. Impossibile pensare l‟uomo platonico senza Filosofia, Scienza e

    Tecnica: le prime due precedenti alla terza, che ne rappresenta – in termini del fare e dell‟agire –

    l‟espressione tangibile.

    2.1.c – Aristotele: tutto è Scienza. La classificazione delle scienze.

    Nel primo capitolo del libro VI della sua Metafisica,

    Aristotele traccia la sua celeberrima classificazione delle

    scienze, distinguendole in “teoretiche”, “pratiche” e “poietiche”,

    e sentenziando la superiorità delle prime e,fra esse,

    della Metafisica.

    21

    U. GALIMBERTI, Psiche e téchne, cfr. pag. 277.

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    27

    Tale concezione trova perfetto riscontro nelle indicazioni antropologiche ed etiche del filosofo:

    se, in effetti, l‟ideale umano consiste nella vita contemplativa, è comprensibile che la forma

    suprema di conoscenza sia proprio quella teoretica (il verbo greco theorein significa appunto

    “contemplare”). La superiorità della Metafisica, chiamata non a caso anche Filosofia prima,

    rispetto a tutte le altre scienze è affermata da Aristotele in virtùdel fatto che, mentre la Metafisica

    studia l‟essere in quanto essere, cioè considerato in senso assoluto, le altre scienze esaminano

    determinati settori (o meglio “generi”) dell'essere: l‟una l‟essere in generale ed assoluto, le altre

    l‟essere in particolare. È così che la Metafisica costituisce il punto di vista più universale ed

    elevato da cui guardare la realtà, ed in tal senso, la riflessione aristotelica è perfettamente

    conseguente a quella socratica e platonica: vera scienza si dà solo dell‟universale, ma nel

    contempo non c‟è sapere che non sia Scienza in sé (epistéme).

    Anche in Aristotele, quindi, Filosofia e Scienza coincidono, pur nelle loro differenti declinazioni;

    ma in quest‟ottica, dove è la Tecnica e cos‟è nel dettaglio nel pensiero dello Stagirita?

    La classificazione delle scienze secondo Aristotele fornisce il seguente quadro:

    SCIENZE

    LOGICA

    Strumento

    („Organum’)

    di tutte le

    scienze

    Declinazioni Scienze specifiche

    SCIENZE TEORETICHE

    (dal verbo greco „theorein’)

    Oggetto: il Necessario Conoscenza: Sapere dimostrativo Fine: Sapere per se stesso, Sapere in sé

    1. Metafisica (o Filosofia

    prima)

    2. Matematica

    3. Fisica

    SCIENZE PRATICHE

    (dal verbo greco „praxo’)

    Oggetto: il Possibile Conoscenza: Sapere probabile Fine: Sapere in vista dell‟azione

    1. Etica

    2. Economia

    3. Politica

    SCIENZE POIETICHE

    (dal verbo greco „poieo’)

    Oggetto: il Possibile Conoscenza: Sapere probabile Fine: Sapere in vista della produzione di oggetti

    1. Tecniche

    2. Arti

    3. Poesia

    In Aristotele, tutto è Scienza, e la Tecnica è in particolare una scienza poietica (del fare in

    vista della produzione di qualcosa); tutte le tecniche in tal senso sono scienze produttive, e, come

    nella concezione platonica, esprimono un saper fare che presuppone un sapere.

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    Come in Platone, infatti, anche in Aristotele si trova la stessa concezione positiva delle technai,

    concezione che concepisce la tecnica come quell‟ambito dell‟attività umana che, sebbene si

    distingua nelle modalità da ciò che è generato dalla natura che ha in se stesso la causa del suo

    movimento, rappresenta tuttavia un completamento della natura stessa in quanto procede

    seguendo le sue regole, pur nascendo dalla decisione dell‟artefice.

    La Tecnica è dunque una forma di conoscenza che, generata dall‟esperienza, si eleva dal

    particolare per conoscere il generale e, in quanto tale, è ciò che distingue l‟uomo dall‟animale;

    quest‟ultimo si limita a fare esperienze che però non è in grado di tradurre in una tecnica, in un

    saperfare, capacità di cui dispone invece l‟uomo.

    Solo l‟uomo è essere tecnico perché essere ed animale intelligente (come si è analizzato in

    precedenza, questa è una posizione contraria a quella di Anassagora22

    che, invece, faceva

    conseguire l‟intelligenza umana all‟“uso delle mani”).

    La Tecnica – scrive Aristotele – «si genera quando, da molte osservazioni di esperienza, si forma

    un giudizio generale ed unico riferibile a tutti i casi simili»23

    , sebbene, pur derivando

    dall‟esperienza, subito se ne distingue in quanto essa è una forma di sapere, implica la

    conoscenza delle cause in quanto ragione calcolante e strumentale.

    Anche nella concezione dello Stagirita, la Tecnica, non si impone sulla natura con lo scopo di

    dominarla, ma la asseconda: la téchne resta così inscritta nella natura, permettendone il

    dispiegarsi in tutta la sua potenza. A talproposito è significativo l‟esempio di Aristotele per il

    quale «il principio della salute, ad esempio, non risiede nella tecnica medica, ma nella natura

    che, in presenza della tecnica medica, produce il risanamento da sé»24

    .

    Si può così affermare – come farà più tardi Heidegger – che anche in Aristotele, sulla scia

    di Platone, la téchne non è il mezzo, ma è un modo del disvelamento della natura ed ha dunque a

    che fare con la verità. Il sapere tecnico nasce come conoscenza delle leggi della natura, alle quali

    sottostà, e allo stesso tempo diviene svelamento, attraverso il fare tecnico, della physis (natura)

    portando così alla luce l‟aletheia (verità).

    La téchne antica, nelle espressioni dei pensatori massimi quali Platone ed Aristotele, è

    dunque proprio quel disvelare che produce e ri-produce la verità in ciò che appare, attraverso

    tutte le forme del fare e dell‟arte.

    22

    Cfr. paragrafo 2.1.a – Anassagora: origine filosofica della Tecnica ed una prima sfida alla Filosofia, pag. 20. 23

    ARISTOTELE, Metafisica, trad. it. G. Reale, Rusconi, Milano 1993, 981a 5, p. 3. 24

    U. GALIMBERTI, Psiche e Techne. L’uomo nell’età della tecnica, Collana di Filosofia – Campi del Sapere,

    Feltrinelli Editore, Milano 1999, pag. 350.

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    2.2 – La Filosofia moderna

    Nell‟introduzione al presente lavoro e nell‟esposizione di quella che vuole esserne la

    chiave di lettura, si è già espresso sul tema in oggetto il passaggio epocale svolto con e dalla

    Modernità, nel quale, in sintesi, Scienza e Filosofia cessano di essere forme del sapere

    coincidenti, nella cui coincidenza la Tecnica era espressione del saper fare rappresentante la

    Natura in senso assoluto.

    Quell‟ossequiosa dipendenza dalla Natura stessa, verso cui Scienza e Filosofia tendono, di cui la

    Tecnica è semplice espressione, di cui le arti e le tecniche più svariate sono rappresentazione

    (disvelamento), ora – nella Modernità – si trasforma completamente, e diviene bisogno di

    controllo e di dominio sulla Natura: una sorta di „capovolgimento hegeliano e marxista‟ del

    rapporto riguardante la Natura e l‟Uomo, l‟Uomo e la Natura.

    La Scienza, espressa a pieno dal fermento culturale della Rivoluzione Scientifica, e la

    Tecnica, che ne è rappresentazione pragmatica, ora divengonomezzi e strumenti al servizio

    dell’uomo e rispondono al suo bisogno di controllare la natura per dominarla: dalla visione

    cosmologica, fortemente incentrata su un‟impostazione naturalistica, si passa forse ad una delle

    più elevate visioni antropologiche ed antropocentriche, poiché poter controllare la Natura

    significa, ora, affermare la piena potenza dell‟uomo e delle sue capacità (scientifiche e razionali).

    In questo quadro profondamente rivoluzionario, si inserisce appieno la riflessione di

    Francesco Bacone (Londra, 1561 – 1626) e di Galileo Galilei (Pisa, 1564 – 1642), assunti come

    padri della Rivoluzione Scientifica rispettivamente europea ed italiana.

    Attraverso gli elementi chiamati in causa nella presente ricerca, si ha intenzione di focalizzare

    l‟attenzione proprio sulle considerazioni dei filosofi-scienziati che hanno messo in atto questa

    rivoluzione, ponendo le basi per il tempo contemporaneo, di cui anche il nostro tempo è figlio

    diretto.

    Nella Modernità il sapere scientifico e tecnicosono finiti per sovrastare enormemente quello

    filosofico, generando il tempo attuale – che è anche il nostro tempo –, e che è il tempo

    dell‟“homo tecnologicus”.

    Fondamentale, quindi, analizzare gli elementi di questa fase di transizione così centrale.

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    2.2.a – Francesco Bacone: il profeta della Tecnica.

    Francesco Bacone(Londra, 1561 – 1626) occupa un posto privilegiato tra i costruttori

    della Scienza Moderna. Sebbene nelle sue opere non siano presenti scoperte scientifiche di

    rilievo, nel suo pensiero e nelle sue iniziativesostenne con piena consapevolezza che il fine della

    Scienza dovesse essere il continuo miglioramento delle condizioni

    di vita dell‟uomo e che tale progresso fosse possibile soltanto

    grazie all‟organizzazione e alla pianificazione della ricerca

    scientifica, introducendo così la centralità del concetto di metodo

    scientifico, dell‟empiria e degli strumenti scientifici(tecnici e

    tecnologici), che saranno poi introdotti fattivamente

    – e pure progettati – da Galilei.

    Bacone espresse a più riprese la convinzione che il saperedovesse

    portare i suoi frutti nella pratica, che la scienza dovesse essere applicabile all‟industria, che gli

    uomini avessero il sacro dovere di organizzarsi per migliorare e per trasformare le proprie

    condizioni di vita25

    .

    Partendo da questa nuova idea di scienza e di sapere, Bacone sottopose a revisione l‟intera

    cultura umana per scoprire come essa potesse essere perfezionata nell‟interesse dell‟Umanità. Il

    principale assunto filosofico baconiano è tanto netto quanto in accordo con il suo tempo:

    sviluppare un pensiero differente da quelli del passato, mirante ad acquisire un sapere capace di

    condurre alcontrollo effettivo della natura (e non una sua contemplazione) secondo le finalità e le

    esigenze della società degli uomini.

    Si badi bene, tuttavia, che anche per Bacone la natura non può essere modificata. L‟antica

    convinzione – come si è analizzato, forte in Platone quanto in Aristotele – che le leggi della

    natura sono necessarie ed immutabili, fu anche per Bacone lo scenario su cui si fondava ogni

    ricerca: l‟obiettivo dichiarato dalla filosofia baconiana, tuttavia, fu quello di trovare una strada

    per la comprensione delle leggi della natura al fine di sfruttarle a vantaggio dell‟uomo. La mera

    contemplazione teoretica della natura propria della filosofia antica, nonché l‟idea insita in questa

    delle tecniche come strumenti di sua rappresentazione e svelamento, per Bacone non servono a

    nulla, anzi meritano tutta la più ampia critica e negazione.

    Infatti, Bacone chiama Aristotele “un miserabile sofista”, la sua logica “un manuale di

    sciocchezze”, la sua metafisica “una sovrastruttura di ragnatele elevata su un esiguo fondamento

    di realtà”, ed ancora dichiara che “Platone vada messo alla sbarra, quale sfacciato cavillatore,

    25

    BENJAMIN FARRINGTON, Francesco Bacone filosofo dell’età industriale, trad. it.a cura di S. Cotta, Piccola

    Biblioteca Einaudi, Torino, 1967.

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    questo gonfio poeta, questo delirante teologo!!”26

    : loro la colpa di aver sottomesso l‟Uomo alla

    Natura, e con esso tutte le sue facoltà, benché a più riprese definite intelligenti.

    Al filosofo inglese e alla Scienza Moderna il compito di questo rovesciamento.

    Bacone, benché sia vissuto molto tempo prima della Rivoluzione Industriale di fine

    Settecento, ne presagì l‟avvento, aspirando, come tanti intellettuali suoi contemporanei, ad una

    trasformazione radicale della cultura, in vista dell‟ideale rinascimentale dell‟homo faber,

    dell‟uomo che sa costruire macchine prodigiose sfruttando le forze della natura.

    Ecco il capovolgimento epocale: non più l‟Uomo al servizio della Natura, ma la Natura al

    servizio dell‟Uomo. Ma in che modo? con quale considerazione della Scienza? e della Tecnica?

    La tesi che «la Natura non si vince se non obbedendo ad essa» è contenuta in uno degli

    aforismi di apertura del Novum Organum, opera che rappresenta la prima parte di un progetto

    editoriale ben più vasto, rimasto incompiuto e che avrebbe dovuto intitolarsi Instauratio Magna,

    concepita come una grande enciclopedia del sapere umano, una raccolta dei risultati della

    moderna scienza della natura e dell‟uomo, ma anche di ogni campo del sapere.

    Il Novum Organum, il cui titolo richiama l‟opera di Aristotele dedicata alla logica (il greco

    Organum), si contrappone proprio all‟aristotelismo e, con esso, al carattere contemplativo e

    teoretico di tutte le filosofie antiche, al fine di affermare in contrapposizione a questo la nuova

    via del sapere che è e deve essere quella sperimentale: una logica della scienza e della scoperta

    scientifica contrapposta ad una logica dell‟argomentazione e della spiegazione teoretica.

    Ecc