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1 XXII SEMINARIO NAZIONALE DI RICERCA IN DIDATTICA DELLA MATEMATICA Pisa, 26 – 28 maggio 2005 Matematica ed Intercultura: quale didattica? Introduzione, inquadramento teorico e risultati di ricerca [DRAFT] Franco Favilli * , Dipartimento di Matematica – Università di Pisa Introduzione MIUR: Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati nella Scuola Secondaria di 1° grado – 2004 ….. Scuola della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi. Per gli alunni che hanno un retroterra sociale e culturale svantaggiato, comunque, la Scuola Secondaria di 1° grado programma i propri interventi mirando a rimuovere gli effetti negativi dei condizionamenti sociali, in maniera tale da superare le situazioni di svantaggio culturale e da favorire il massimo sviluppo di ciascuno e di tutti. Così essa mira a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che, limitando di fatto la libertà, «impediscono il pieno sviluppo della persona umana» indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali (art. 3 della Costituzione). MIUR – UMI – SIS – MATHESIS: MATEMATICA 2003 – Premessa … consapevole che la matematica ha profonde radici in molte culture e che i più importanti pensatori per migliaia di anni hanno portato contributi significativi al suo sviluppo, e che il linguaggio e i valori della matematica sono universali e in quanto tali ideali per incoraggiare e realizzare la cooperazione internazionale … (Unesco, 1997) Mentre rimandiamo all’Appendice per quanto riguarda alcuni elementi di rilievo che sono presenti nelle citazioni da documenti internazionali ed europei, la lettura delle citazioni italiane mostra chiaramente come in Italia l’attenzione alle problematiche connesse all’insegnamento/apprendimento della matematica a/da parte di alunni appartenenti a categorie socialmente e culturalmente minoritarie sia ancora scarsa. Mentre, infatti, nelle recenti indicazioni ministeriali si fa, solo ed in generale per ogni materia, riferimento alla necessità di interventi che mirino “a rimuovere gli effetti negativi dei condizionamenti sociali” che sembrano essere di per sé la causa di “situazioni di svantaggio culturale”, nella premessa a Matematica 2003 la sopra riportata citazione sembra essere l’unica che renda in qualche modo possibile immaginare che, anche nella * email: [email protected]

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XXII SEMINARIO NAZIONALE DI RICERCA IN DIDATTICA DELLA MATEMATICA

Pisa, 26 – 28 maggio 2005

Matematica ed Intercultura: quale didattica?

Introduzione, inquadramento teorico e risultati di ricerca

[DRAFT]

Franco Favilli *, Dipartimento di Matematica – Università di Pisa Introduzione MIUR: Indicazioni nazionali per i Piani di studio personalizzati nella Scuola Secondaria di 1° grado – 2004 ….. Scuola della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi.

Per gli alunni che hanno un retroterra sociale e culturale svantaggiato, comunque, la Scuola Secondaria di 1° grado programma i propri interventi mirando a rimuovere gli effetti negativi dei condizionamenti sociali, in maniera tale da superare le situazioni di svantaggio culturale e da favorire il massimo sviluppo di ciascuno e di tutti. Così essa mira a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che, limitando di fatto la libertà, «impediscono il pieno sviluppo della persona umana» indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali (art. 3 della Costituzione).

MIUR – UMI – SIS – MATHESIS: MATEMATICA 2003 – Premessa

… consapevole che la matematica ha profonde radici in molte culture e che i più importanti pensatori per migliaia di anni hanno portato contributi significativi al suo sviluppo, e che il linguaggio e i valori della matematica sono universali e in quanto tali ideali per incoraggiare e realizzare la cooperazione internazionale … (Unesco, 1997)

Mentre rimandiamo all’Appendice per quanto riguarda alcuni elementi di rilievo che sono presenti nelle citazioni da documenti internazionali ed europei, la lettura delle citazioni italiane mostra chiaramente come in Italia l’attenzione alle problematiche connesse all’insegnamento/apprendimento della matematica a/da parte di alunni appartenenti a categorie socialmente e culturalmente minoritarie sia ancora scarsa. Mentre, infatti, nelle recenti indicazioni ministeriali si fa, solo ed in generale per ogni materia, riferimento alla necessità di interventi che mirino “a rimuovere gli effetti negativi dei condizionamenti sociali” che sembrano essere di per sé la causa di “situazioni di svantaggio culturale”, nella premessa a Matematica 2003 la sopra riportata citazione sembra essere l’unica che renda in qualche modo possibile immaginare che, anche nella

* email: [email protected]

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pratica della classe, quanto evidenziato dall’Unesco debba essere tenuto in conto dal docente nella cui classe siano rappresentate culture diverse. Proprio questa citazione da un report dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura può essere considerata il punto di partenza ideale per presentare alcune delle idee riguardo alla essenza stessa della matematica che, da circa venti anni, sono oggetto di riflessione da parte di ricercatori nell’ambito dell’educazione matematica. Si dice: … la matematica ha profonde radici in molte culture … … il linguaggio e i valori della matematica sono universali … Esaminando, in maniera criticamente attenta, ciascuna di queste due frasi, ci possiamo porre alcune domande per alcune delle quali indicheremo delle possibili risposte. Cominciamo dalla prima frase che dà origine ad una catena di domande-deduzioni che può essere, comunque, rotta in corrispondenza di un qualunque anello: • Se la Matematica ha profonde radici in molte culture, allora possiamo pensare che molte culture

hanno prodotto idee matematiche? • Se molte culture hanno prodotto idee matematiche, allora possiamo pensare che molte culture

continuano a produrre idee matematiche? • Se molte culture continuano a produrre idee matematiche, allora possiamo dire che la matematica

è un prodotto culturale? • Se la matematica è un prodotto culturale, allora possiamo dire che ogni cultura ha la capacità di

produrre idee matematiche? • Se ogni cultura ha la capacità di produrre idee matematiche, allora possiamo pensare che ogni

società in cui una cultura si sviluppa è anche capace di organizzarle e renderle fruibili al suo interno?

• Se ogni società è capace di organizzare le idee matematiche che produce, allora possiamo dire che esistono molte matematiche?

• Se esistono molte matematiche, allora cos’è la Matematica da cui siamo partiti? • Cosa sono queste matematiche? • Che relazione c’è fra la Matematica e le matematiche? Se passiamo adesso alla seconda frase, allora, tenuto conto anche di alcune delle domande precedenti, ci potremmo domandare: • Il linguaggio usato da una società nella elaborazione ed organizzazione di un prodotto culturale

può essere universale? • Per la Matematica e per le matematiche vengono usati gli stessi linguaggi? • I valori attribuiti ad un prodotto culturale possono essere universali? • Alla Matematica ed alle matematiche vengono attribuiti gli stessi valori? • Cosa hanno in comune, in termini di universalità, la Matematica e le matematiche? Inquadramento teorico A partire dalla metà degli anni ’80, molto si è scritto su possibili risposte a queste domande. Bishop (1988) e D’Ambrosio (1985), fra tutti, hanno provato a delineare un quadro teorico che servisse da supporto alle loro affermazioni. Come è evidente, il punto di partenza sarebbe la nozione stessa di cultura. Ognuno di noi ha sicuramente una propria idea di cultura, ma molti di noi si troverebbero in forte imbarazzo se volessero darne una definizione: da buoni matematici, potremmo dire che è un concetto primitivo o

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che, per lo meno, è meglio che sul tema si confrontino i cultori della materia. I quali peraltro, non sembra proprio che si trovino d’accordo… Proviamo allora ad aggirare l’ostacolo seguendo un percorso che, proposto da White (1958), consente di dire che: • le funzioni della cultura sono di mettere in relazione l’uomo col suo ambiente, da un lato, e

l’uomo con l’uomo, dall’altro; • gli elementi costitutivi di una cultura sono categorizzabili secondo quattro componenti:

• componente ideologica: credenze, filosofie, etc. • componente sociologica: consuetudini, istituzioni, regole di comportamento interpersonale,

etc. • componente sentimentale: attitudini, sensazioni, comportamenti, etc. • componente tecnologica: fabbricazione ed uso di strumenti, attuazioni, etc.

White aggiunge che, sebbene le quattro componenti della cultura siano fra loro correlate, il fattore tecnologico è quello di base: tutti gli altri dipendono da esso. È la componente tecnologica che determina, in generale, la forma ed il contenuto delle componenti sociali, filosofiche e sentimentali. Se le funzioni della cultura sono quelle indicate da White, allora, senza dubbio, la matematica è un prodotto culturale dell’uomo, dell’uomo in quanto inserito in un ambiente, parte di una società, circondato da altri uomini. L’uomo ha bisogno della matematica per relazionarsi con l’ambiente e con l’uomo! Ma gli ambienti e le società in cui gli uomini vivono sono diversi, richiedono da essi l’ideazione e la messa in atto di idonee strategie e tecniche di comunicazione, che non possono essere a priori le stesse, indipendenti dal contesto, anzi saranno, in linea di principio, diverse. È in questo modo che, pertanto, si vengono a creare matematiche diverse. Su questo, pur partendo da esperienze di studio e linee di ricerca diverse, D’Ambrosio e Bishop, sostanzialmente concordano. Il primo, dopo avere inizialmente (1985) introdotto il termine ethnomathematics, come

the mathematics which is practised among identifiable cultural groups such as national-tribal societies, labour groups, children of a certain age bracket, professional classes and so on

ne amplia (D’Ambrosio, 1992) il significato in the arts or techniques developed by different cultures to explain, to understand, to cope with their environment.

Bishop, da parte sua, osserva che mathematics must now be understood as a kind of cultural knowledge, which all cultures generate but which need not necessarily ‘look’ the same from one cultural group to another.

Nelle ricerche e studi sulle differenti matematiche da lui esaminate, Bishop ritiene comunque di cogliere un elemento comune, in quanto condizione necessaria e sufficiente per la nascita e lo sviluppo di ciascuna di esse sembra essere l’utilizzo di sei categorie di attività:

Counting – Locating – Measuring – Designing – Playing – Explaining. Egli mostra in dettaglio come anche la quasi totalità delle idee intorno alle quali la Matematica si è sviluppata si fonda sostanzialmente su queste attività culturali. Sono dunque queste sei categorie di attività matematiche che possono essere indicate, esse sì, come universali; così come è da ritenersi universale la validità di una qualsiasi teoria matematica, indipendentemente dalla matematica in cui sia stata sviluppata. Da quanto sopra detto deriva la necessità di riconsiderare una delle qualità stereotipiche della matematica, l’essere culture-free, che ad essa viene attribuita come conseguenza dell’essere giudicata una conoscenza universale. Ma allora dobbiamo anche riconsiderare, conseguentemente, il suo supposto essere value-free. Come si può pensare infatti che un prodotto culturale non porti con sé dei valori? Analogamente, poiché educare non significa istruire, allora anche l’educazione

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matematica non può prescindere dalla considerazione dei valori che alle conoscenze matematiche vengono attribuiti in contesti culturali diversi, mono- o multi-culturali che siano. Ricordando la categorizzazione delle componenti della cultura suggerita da White, è possibile quindi dire che anche le conoscenze matematiche, ovunque siano prodotte, portano con sé, in quanto elemento culturale, una componente ideologica, sociologica, sentimentale e tecnologica: a queste componenti ciascuna società attribuisce dei valori che non saranno necessariamente gli stessi in culture diverse. La individuazione e definizione di un valore è sempre difficile, in quanto esse portano con sé forti elementi di soggettività. Tale difficoltà è ancora più evidente se si vogliono individuare e definire i valori di prodotti culturali estranei alla cultura della società in cui viviamo e siamo stati educati. Lo stesso accade per la matematica o, meglio, per il complesso di conoscenze che dall’utilizzo delle su citate sei attività matematiche scaturiscono in culture diverse. Del rischio di tentare di interpretare con occhi ‘occidentali’ conoscenze e prodotti di culture non-occidentali e, addirittura, di attribuire ad essi dei valori, siamo oggi consapevoli, anche quando si tratta di conoscenze matematiche. Di questo rischio si sono fatti portavoce Vithal & Skovmose (1997), ma soprattutto, poco prima, Zevenbergen (1995) che, anche con esplicito riferimento a Bishop, critica la propensione degli studiosi occidentali a descrivere le attività, oggetti e relazioni indigene in termini di matematica occidentale (la Matematica), affermando che questo compromette l’insita unicità della cultura indigena. Quello che è possibile fare, quindi, è solo cercare di individuare dei valori attribuibili alla matematica da noi usata, da noi in quanto appartenenti ad una particolare società che ha sviluppato una determinata cultura, anche matematica, e che da tale cultura, anche matematica, ha tratto a sua volta gli elementi che ne hanno consentito e ne consentono lo sviluppo. Anche se consapevoli del fatto che nessuna società può essere considerata monoculturale, pur nella omogeneità delle radici socio-familiari, a livello macroscopico possiamo dire che la matematica della cultura ‘occidentale’, di cui è permeata la nostra società, coincide sostanzialmente con la Matematica, la matematica della scuola. Ripetiamo che, in effetti, anche nella ‘nostra’ società vi sono gruppi sociali per i quali le conoscenze matematiche, che pure essi hanno, non coincidono con la Matematica. Nel suo esame delle componenti della cultura indicate da White, Bishop, con riguardo alla Matematica, individua una coppia fondamentale di valori complementari per le prime tre di esse e precisamente: • razionalismo – oggettivismo, per la componente ideologica; • apertura – mistero, per la componente sociologica; • controllo – progresso, per la componente sentimentale. Alla componente tecnologica, per la sua natura e per il ruolo che gioca nei confronti delle altre, non vengono invece attribuiti dei valori specifici. Solo un corretto bilanciamento fra gli elementi di queste coppie di valori può rendere efficace l’educazione matematica nella società (dice prudentemente Bishop) occidentale. Ci spostiamo dunque dal piano della ricerca storica, antropologica, etnografica a quello della ricerca didattica: dalle matematiche alla Matematica! Non molto dissimile è il percorso che, nel corso degli anni, è stato seguito da coloro che hanno preso a riferimento il termine ‘etnomatematica’, introdotto, come su detto, da D’Ambrosio nel 1985. Come è stato evidenziato anche da Vithal & Skovmose, quattro sono infatti i filoni di ricerca in ambito etnomatematico: • sfida/critica alla ricostruzione tradizionale della storia della matematica [come, ad es., in Gerdes

(1991), Joseph (1991), Zaslavski (1973)] • analisi della matematica delle culture tradizionali (incluse quelle oggetto di colonizzazione)

[come, ad es., in Ascher (1991)]

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• studio della matematica sviluppata ed utilizzata da gruppi (sociali, professionali, etc.) differenti in contesti di vita quotidiana [come, ad es., in Carraher (1988), Saxe (1990), Schliemann & Nunes (1990)]

• relazione fra etnomatematica ed educazione matematica [come, ad. es., in D’Ambrosio (1985), Gerdes (1988), Pompeu (1992)].

Nonostante questo quarto filone di ricerca sia da considerarsi quello unificante perché porta avanti le ricerche emerse dagli altri tre, Vithal & Skovmose lamentano che

This is still an under-researched area compared to the above strands. Perhaps this is because it is in this area that ethnomathematics faces its most difficult challenge – that of impacting on the school mathematics curriculum.

La domanda che sottostà a questa constatazione è, sostanzialmente questa: Come armonizzare le conoscenze acquisite nell’ambito di ricerche di natura etnomatematica (o sulle matematiche) con dei percorsi educativi in ambito matematico già delineati e, spesso, rigidamente strutturati nei sistemi formativi dei vari Paesi? Non è un caso che, soprattutto, proprio a partire dal 1998 vi è stato un crescendo di iniziative scientifiche (dibattiti, tavole rotonde, convegni, etc.) in cui la domanda, anche se non in maniera diretta, è stata oggetto di discussione e di confronto fra un numero sempre crescente di studiosi di educazione matematica. Solo per citare le iniziative più significative, abbiamo infatti avuto le prime due edizioni dell’ICEM – International Congress on Ethnomathematics (Granada, 1998 ed Ouro Preto, 2002) e le prime tre dell’International Conference on MES – Mathematics Education and Society (Nottingham, 1998, Montechoro, 2000 e Helsingor, 2002). Ma anche nelle due ultime due edizioni del CERME (Bellaria, 2003 e Sant Feliu de Guìxols, 2005) e, soprattutto, nelle ultime tre dell’ICME (Sevilla, 1996, Tokyo/Makuhari, 2000 e Copenhagen, 2004) le tematiche correlate all’etnomatematica ed alla didattica della matematica in contesti scolastici culturalmente diversi hanno ricevuto un’attenzione significativa sia in termini di programmi che di contributi alle attività scientifiche in essi previste. Il crescere dell’interesse su queste tematiche ha seguito di pari passo il progressivo modificarsi della struttura di molte società, soprattutto (ma non solo) del mondo occidentale. Il fenomeno dell’emigrazione, che a livello macroscopico aveva interessato fino a pochi anni fa sostanzialmente solo il Nord-America e l’Australia, è diventato una realtà sempre più evidente anche in Europa, dove tale fenomeno aveva interessato, nel passato, solo alcune aree economicamente più forti e, comunque, gruppi culturalmente non troppo diversi, se tralasciamo di considerare i movimenti determinati da passate esperienze coloniali. Ma proprio queste esperienze di post-colonizzazione avevano in qualche modo autorizzato gli esperti di politiche educative a trascurare di esaminare le possibili diverse esigenze educative che da tali movimenti discendevano. Così come, quindi, era stato dato a suo tempo per scontato che i modelli educativi dei Paesi colonizzati dovessero essere modellati su quelli dei paesi colonizzatori, sia in termini di sistemi scolastici che di curriculum, così, quando, nel momento delle decolonizzazioni, un ampio numero di persone hanno lasciato i loro Paesi (in Asia ed in Africa), nei Paesi di arrivo non si è ritenuto di dover in alcun modo considerare che il modificarsi della struttura sociale e culturale delle scuole richiedeva un esame delle relative possibili conseguenze. Questo stesso atteggiamento è stato tenuto fino a che, come dicevamo sopra, il fenomeno dell’immigrazione ha assunto una dimensione rilevante, sia in termini di numeri che di varietà di culture coinvolte. È solo a questo punto, agli inizi degli anni ’90, che in Europa alcune certezze, in ambito educativo, sono divenute dei dubbi e si è cominciato a pensare a come affrontare la nuova realtà delle scuole, tenuto anche conto che le diverse indagini statistiche mostravano con sempre maggiore chiarezza che il fenomeno della multiculturalità non era assolutamente occasionale, ma continuo e con previsioni di crescita di natura esponenziale. Le prime risposte che sono state date hanno riguardato soprattutto l’aspetto pedagogico generale con varie prese di posizione su diversi possibili approcci educativi quali, ad esempio: inculturazione – acculturazione – educazione multiculturale – educazione interculturale. Per quanto riguarda le

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discipline, come è ovvio, particolare attenzione ha ricevuto l’insegnamento/apprendimento della lingua locale come lingua seconda, L2. Poco, pochissimo è stato invece fatto rispetto alle altre discipline: quasi nulla, ripetiamo in Europa, è stato fatto, in particolare, per la matematica. Solo recentemente si sono avute delle prese di posizione anche a livello di policy-makers in ambito educativo, che fanno capire come qualcosa si stia finalmente muovendo, anche sulla scia di alcune indicazioni chiaramente emerse da ricerche presentate in alcuni dei congressi di cui abbiamo fatto cenno sopra. A prova di questo, riportiamo alcuni passaggi di un recente documento ufficiale della Commissione Europea (DG EaC - Implementation of “Education & Training 2010” Work Programme - WG D “Increasing Participation in Math, Sciences and Technology”1: Progress Report – 2004: In its first report in 2003, Group D identified five key recommendations for policy makers to consider in an attempt to increase recruitment in these subject areas. ..... These recommendations follow the key issues contained in the detailed work programme (Education and Training 2010) and the conclusions of the Stockholm European Council which highlighted the need to encourage young people in general and women in particular to develop an interest in careers in the domain of mathematics, science and technology. The five key recommendations arrived at by the Working Group in 2003 were that: • the teaching of mathematics, science and technology should be an entitlement for all children from the

early stages of education and should be mandatory at all levels; • more effective and attractive teaching methods should be introduced in mathematics, scientific and

technical disciplines at both primary and secondary level, in particular by linking learning to real-life experiences, working life and society and by combining classroom-based teaching with extra-curricular activities;

• the professional profile and practice of MST teachers should be enhanced not only by providing them with opportunities and incentives for updating their knowledge of both content and didactics of MST through the provision of effective initial and in-service training and by improving teaching resources, but also through the provision of incentives and special measures to ensure their long-term commitment to the teaching profession;

• measures involving teaching methods, pedagogical tools and assessment measures for special needs groups such as high and low achievers and pupils from ethnic minority backgrounds should be addressed along with measures to address gender-specific attitudes to mathematics, science and technology;

• strong and effective partnerships between schools, universities, research institutions, enterprises, parents and other players should be strongly supported and encouraged at all levels, both to improve the quality and attractiveness of teaching and to effectively prepare young people for working life and active citizenship.

Recommendation 4 – Special groups Although the needs of high ability pupils are fairly well catered for through a range of initiatives, the needs of lower ability and ethnic minority pupils are less well addressed in relation to MST subjects. There is perhaps a danger, that by concentrating so exclusively on the needs of talented pupils, messages about the perceived difficulty of the subject area may be transmitted to other pupils, thus reducing their interest in study in the area. ..... 2.3. MAIN MESSAGES FROM THE MAPPING ..... Special needs The predominant focus in considering pupils with special needs is on more able pupils. These appear in most cases to be well catered for through a range of measures including special classes, specialist schools, extra curricular activities, competitions and Olympiads. The role of the universities is recognised as an important one in this area through the provision of lectures, laboratory resources, seminars and summer schools. The position of low achieving pupils tends to be given less consideration, at least in relation to MST subjects. Whereas special classes, courses and support staff are in many cases in place to assist with basic skills, these 1 L’autore è uno dei componenti di questo Working Group.

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do not generally relate directly to MST. Whilst there may be a perceived need to attract the most able pupils to the subject areas, by concentrating so predominantly on these, the perception of MST subjects being appropriate only for more able pupils may inadvertently be perpetuated. There is a danger that by concentrating so predominantly on talented pupils, messages about the difficulty of the subject areas may be transmitted to pupils who might otherwise be interested, but who lack confidence in their own ability to succeed. Policy measures which address issues of accessibility and inclusion would increase the attractiveness of the subjects for all pupils, and avoid possible perceptions of elitism which may, at present, prevail. The needs of low-achieving pupils in MST should be addressed specifically by implementing MST curricula that are appropriate to their needs, abilities and interests, by providing more opportunities for practical activities and by introducing initiatives such as special classes, inclusion measures, appropriate textbooks and materials, etc. ..... The role of teachers ..... The main barrier to developing more effective and attractive pedagogy is the perceived reluctance of teachers, especially at secondary level, to adopt new didactics. Whilst there may be many reasons for this, including the nature of pre-service training, the age and past experience of teachers, the nature of support provided within schools, or the implicit theories held by teachers about learning and teaching in general, it is an important area for policy makers to address. Until the reasons for teacher reluctance to change are clearly established, the effectiveness of any form of intervention will be in doubt. Once this has been established, policy measures relating to the areas highlighted above may be implemented more effectively. È naturale che, in una situazione quale quella sopra delineata, a livello europeo, di pressoché assoluta assenza, fino a pochi anni fa, di concrete e specifiche proposte di intervento per l’educazione matematica, l’attenzione degli studiosi fosse rivolta alle eventuali esperienze in regioni del mondo, quali il Nord America e l’Australia, in cui la multiculturalità era da tempo (addirittura dalle origini della loro presente organizzazione sociale) una realtà. Ma, come abbiamo fatto presente sopra, ancora nel 1997 Vithal & Skovmose lamentavano che non ci fosse stata una grande attività di ricerca sulla possibile fruizione in ambito educativo di ciò che gli studi di natura storica, antropologica ed etnografica avevano reso disponibile rispetto alle attività matematiche di ‘altre’ culture. Per la verità, del materiale, anche didattico, era disponibile [si veda, ad es.: Addison-Wesley (1992), Zaslavsky (1993), Gerdes (1999], ma si trattava soprattutto di indicazioni di natura generica, senza alcun riferimento ad una loro collocazione e fruibilità all’interno di un qualche curriculum, dell’utilizzo delle quali non risulta che alcun riscontro sia stato reso disponibile. Risultati di ricerca Per riferirsi alla situazione in Italia, gli alunni immigrati, che nel 2002 rappresentavano il 2.3% della popolazione scolastica, si prevede che nel 2011 ne rappresenteranno l’8%, con percentuali nettamente più elevate per quanto riguarda le scuole elementari e medie (Caritas, 2002). Nello studio del fenomeno dell’immigrazione in Italia è interessante, comunque, notare la grande diversità e variabilità che ad esso si accompagna. Una diversità di Paesi ed aree di provenienza (sono rappresentate oltre 184 nazionalità), una diversità di distribuzione sul territorio (oltre il 65% nel Nord, circa il 25% nel Centro e solo il 10% nel Sud), una variabilità e disomogeneità delle presenze in determinate aree (in alcune città la comunità di immigrati più numerosa era prima quella marocchina, poi quella albanese; in alcune città i cinesi sono numerosissimi, in altre completamente assenti). Tutto ciò rende difficile qualsiasi specifica attività di programmazione sia in ambito sociale che educativo, che consenta di passare dall’emergenza alla progettualità.

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Ciò nonostante, quando si parla di educazione e scuola, occorre dire che molto è stato fatto per fornire agli insegnanti italiani le conoscenze di base che potessero consentire loro di affrontare al meglio la nuova realtà professionale, che vede la presenza nelle loro classi di alunni di culture diverse. Quanto è stato finora fatto ha avuto però come scopo principale quello di creare negli insegnanti una cultura dell’accoglienza, che rendesse più facile l’inserimento nella classe dell’alunno immigrato. Anche in Italia, poco o niente è stato invece fatto per fornire agli insegnanti (se si escludono quelli di lingua italiana) gli strumenti di conoscenze che, in ambito disciplinare, consentissero loro di utilizzare metodologie didattiche e di elaborare proposte curricolari che tenessero conto del nuovo contesto culturale dell’aula (Favilli, 2003). Questa scarsa attenzione alla didattica disciplinare in contesti di multiculturalità viene oggi fortemente avvertita, anche per discipline come la matematica, dagli stessi insegnanti, alla ricerca di strategie educative rispettose dell’identità del singolo alunno ma anche didatticamente efficaci nei confronti dell’intera classe (Favilli, 2000). In un contesto come questo si è concretizzata l’idea di un progetto europeo, il progetto IDMAMIM - Innovazione Didattica MAtematica e sussidi tecnologici in contesti Multiculturali, con alunni Immigrati e Minoranze, finanziato nel triennio 2000-2003 dalla Commissione Europea nell’ambito del programma SOCRATES – COMENIUS az 3.1. Partner del progetto sono stati il Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa (project coordinator), il Dipartimento di Didattica della Matematica dell’Università di Granada ed il centro di Ricerche in Educazione dell’Università di Lisbona. Il progetto, il cui target group sono gli insegnanti di matematica delle scuole medie inferiori, è stato sostanzialmente organizzato lungo le seguenti linee:

• acquisizione di informazioni sullo stato dell’arte per quanto riguarda l’insegnamento della matematica in contesti di multiculturalità nei Paesi partner del progetto;

• analisi delle opinioni e delle esperienze descritte dagli insegnanti attraverso le risposte da essi fornite alle domande di un questionario (per l’Italia vedasi: Favilli & Tintori, 2002) ed a quelle di un’intervista semi-strutturata (César & Favilli, 2005 e, per l’Italia, Favilli, 2005), nonché individuazione delle loro esigenze didattiche;

• ciclo di seminari, rivolti agli insegnanti, sulle principali indicazioni emergenti dalla ricerca internazionale sulla etnomatematica (Powell & Frankenstein, 1998), e sull’insegnamento della matematica culturalmente contestualizzata (Bishop), che formano il quadro di riferimento teorico del progetto IDMAMIM (Oliveras, Favilli & César, 2002);

• progettazione, elaborazione, sperimentazione, validazione, valutazione e finalizzazione (su carta e CD) di materiale formativo per gli insegnanti e proposte didattiche per la matematica, specificamente destinate all’utilizzo in contesti di multiculturalità.

Il questionario, elaborato nel 2000 e rivolto agli insegnanti, è stato distribuito nelle Province di Pisa e di Granada ed a Lisbona. È suddiviso in tre sezioni: I – Informazioni sul curriculum vitae et studiorum dell’alunno immigrato o di cultura minoritaria; II – L’alunno visto dal suo insegnante di matematica; III – L’insegnante di matematica visto da se stesso nella sua attività in classi multiculturali. Ogni docente doveva compilare le sezioni I e II per ciascuno dei suoi alunni immigrati o di cultura minoritaria, mentre compilava una sola sezione III. Sono stati analizzati • in I – Pisa (Italia), 106 sezioni II e 68 sezioni III (alcuni docenti avevano più di un alunno

immigrato in aula) • in P – Lisbona (Portogallo), 78 sezioni II e 37 sezioni III (vedi sopra) • in S – Granada (Spagna), 40 sezioni II e 40 sezioni III .

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La sezione I del questionario Fra le finalità principali di questa sezione possiamo includere quella di indurre il docente

• ad acquisire maggiori informazioni sul percorso e sul contesto scolastico dell’alunno/a prima del suo arrivo nella scuola

• a preoccuparsi di capire quali sono i contenuti curricolari che già sono stati presentati all’alunno/a ed a che livello sono stati appresi.

La sezione II del questionario Fra le principali finalità della sezione II del questionario possiamo sicuramente annoverare le seguenti: Rendere consapevoli gli insegnanti, in generale, • della necessità di un inserimento efficace nella classe degli alunni immigrati o di cultura

minoritaria, come base per la loro partecipazione attiva nella scuola e nella società (César, 1998) e, in particolare, • delle difficoltà incontrate nell’apprendimento della matematica da parte di tali alunni. Queste problematiche sono strettamente collegate l’una all’altra e richiedono risposte positive ed efficaci, non di tipo globale, ma individuale, in quanto inerenti al singolo alunno, al suo background culturale ed a quello della classe. Infatti, per poter raggiungere un suo corretto e completo inserimento nella scuola e nella società, l’alunno deve poter raggiungere un adeguato livello culturale. Per questo, il primo gruppo di domande della sezione II è dedicato all’integrazione, con domande volte ad acquisire informazioni sul livello di conoscenza della lingua da parte dell’alunno, sul suo inserimento nella classe, sui suoi rapporti con i compagni, ecc.; il secondo gruppo è dedicato invece alla formazione dello studente ed in particolare alla sua formazione matematica, con domande sulle eventuali difficoltà specifiche incontrate in questo ambito di apprendimento. Partendo da questi presupposti, cerchiamo di sintetizzare alcune delle indicazioni di maggiore interesse emerse dall’analisi quantitativa dei questionari. Tali indicazioni meritavano un maggior approfondimento, cosa che è stata fatta durante le successive interviste ad alcuni dei docenti che avevano riempito il questionario (César & Favilli). È chiaro che i dati sotto riportati non possono essere considerati a priori come rappresentativi di una situazione generale a livello dei tre Paesi, pur tuttavia essi hanno una loro significatività, tenuto conto ad esempio del fatto che il campione utilizzato a Pisa corrisponde al 18% della popolazione scolastica immigrata: II. a) – 1. L’alunno/a ha avuto difficoltà di inserimento nella classe?

MOLTA MEDIA POCAITALIA 26% 35% 39%

PORTOGALLO 12% 41% 47% SPAGNA 30% 42% 28%

2. Tale difficoltà persiste ancora?

SI NO Non soITALIA 31% 69%

PORTOGALLO 14% 62% 24% SPAGNA 38% 56% 6%

3. L’alunno/a ha con i compagni rapporti solo all’interno della scuola?

SI NO Non soITALIA 21% 79%

PORTOGALLO 32% 59% 9% SPAGNA 48% 26% 26%

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4. I genitori si interessano dell’apprendimento dell’alunno/a? SI NO Non so

ITALIA 42% 58% PORTOGALLO 64% 18% 17%

SPAGNA 60% 30% 10% II. b) – 1. La materia in cui il ragazzo incontra maggiori problemi di apprendimento è:

LINGUA MATEMATICAITALIA 37% 32%

PORTOGALLO 50% 36% SPAGNA 47,5% 12%

2. Confrontata con il resto della classe la difficoltà di apprendimento della matematica risulta essere:

MAGGIORE UGUALE MINORE ITALIA 48,5% 46,5% 5,5%

PORTOGALLO 21% 46% 33% SPAGNA 36% 51% 13%

3. Fra gli argomenti di più difficile apprendimento si notano:

ITALIA Problemi: 41% Calcolo: 19% Geometria: 7% PORTOGALLO Operazioni e calcoli: 43% Geometria: 17% Algebra: 5%

SPAGNA Calcolo o aritmetica: 19% Problemi: 15% Geometria: 13% Le evidenti maggiori difficoltà rilevate nell’apprendimento della matematica da parte degli alunni immigrati o di cultura minoritaria rendevano necessaria un’accurata indagine su come gli insegnanti di matematica si fossero inseriti in un tale contesto di chiaro conflitto culturale: a tale indagine era stata interamente dedicata la Sezione III del questionario. Una indagine più raffinata sarebbe anche utile per meglio comprendere se e come a culture diverse corrispondano, sia pure a livello macroscopico, maggiori o minori difficoltà di apprendimento di specifici argomenti di matematica. La sezione III del questionario Fra le principali finalità della sezione III del questionario possiamo sicuramente annoverare le seguenti: Far emergere

• le concezioni degli insegnanti rispetto alla relazione fra cultura e matematica • gli atteggiamenti professionali degli insegnanti di matematica in contesti di multiculturalità • le loro esigenze di formazione specifica • le strategie e le metodologie didattiche da loro utilizzate in tali contesti • le eventuali richieste di sussidi didattici specifici • le convinzioni degli insegnanti riguardo alle possibili cause delle maggiori difficoltà di

apprendimento della matematica da parte degli alunni immigrati e di cultura minoritaria III. a) – 1. Dal punto di vista professionale, gli insegnanti hanno nei confronti di alunni stranieri o di culture minoritarie un atteggiamento di:

INTERESSE INDIFFERENZA FASTIDIO ITALIA 79% 9% 2%

PORTOGALLO 70% 17% 7% SPAGNA 70% 7% 7%

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• “Il mio interesse è stato motivato dal forte desiderio di aiutare l’alunno ad inserirsi in classe”, “Sono curioso di conoscere altre culture (usi, costumi)”, “Sono interessato a conoscere i punti di rottura fra le conoscenze scientifiche della nostra cultura e quelle della cultura dei ragazzi stranieri”);

• “Ritengo di dover considerare gli alunni stranieri come alunni italiani”); • “Ho provato fastidio dovuto alla difficoltà di dover effettuare un lavoro

individualizzato, viste le scarse risorse a disposizione”). III. b) - 1. Gli insegnanti si sono preparati all’esperienza di insegnamento con alunni stranieri o di cultura minoritari in classe:

In nessun modo Seguendo corsi Studiando testi Altro ITALIA 48% 15% 2% 35%

PORTOGALLO 21% 46% 33% SPAGNA 36% 51% 13%

2. Ritiene utile la frequenza di corsi di formazione ed aggiornamento per insegnanti che lavorano con alunni stranieri o di cultura minoritaria?

SI NO Non soITALIA 64% 16% 20%

PORTOGALLO 65% 4% 31% SPAGNA 60% 10% 30%

III. c) – 1. In seguito alla presenza di alunni immigrati o di cultura minoritaria gli insegnanti hanno cambiato le proprie metodologie didattiche?

SI NO Non risponde ITALIA 49% 35% 16%

PORTOGALLO 31% 65% 4% SPAGNA 36% 52% 12%

2. Gli insegnanti hanno svolto un lavoro differenziato per questi alunni?

SI NO Non risponde ITALIA 60% 37% 3%

PORTOGALLO 27% 70% 3% SPAGNA 45% 35% 20%

3. Gli insegnanti hanno utilizzato materiale didattico diverso da quello tradizionale collegato alla cultura di questi alunni?

SI NO Non risponde ITALIA 25% 75%

PORTOGALLO 20% 71% 9% SPAGNA 12% 62% 26%

III. d) – 1. Gli insegnanti ritengono utile interagire con una persona che conosca la cultura di questi alunni?

SI NO Non risponde ITALIA 75% 6% 19%

PORTOGALLO 84% 3% 13% SPAGNA 70% 12% 18%

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2. Gli insegnanti ritengono le risorse didattiche disponibili adeguate al contesto scolastico di multiculturalità?

SI NO Non risponde ITALIA 13% 65% 22%

PORTOGALLO 42% 45% 13% SPAGNA 42% 46% 12%

III. e) – 1. Gli insegnanti ritengono che la differente lingua influisca sull’apprendimento della matematica?

MOLTO POCO Non soITALIA 39% 34% 27%

PORTOGALLO 42% 32% 16% SPAGNA 35% 42% 23%

2. Gli insegnanti ritengono che la cultura originaria degli alunni immigrati o di cultura minoritaria influisca sul loro apprendimento della matematica?

SI NO Non risponde ITALIA 27% 44% 29%

PORTOGALLO 25% 49% 26% SPAGNA 5% 58% 37%

È importante sottolineare che l’insegnante di matematica difficilmente dichiara di essere riuscito a raggiungere gli obiettivi educativi che si era prefissato, nonostante l’attuazione di varie strategie, che vanno dall’utilizzo di software didattici generici alla richiesta di supporto da parte dell’insegnante di sostegno! Risposte non specifiche (o addirittura con specificità in altro ambito: quello dell’alunno handicappato) e inadeguate ad una problematica ben precisa. Questo insuccesso ha portato spesso ad una re-definizione, culturalmente più bassa, degli stessi obiettivi educativi. Un insegnante, per esempio, ha affermato:

Da lei mi accontentavo delle cose essenziali, c’è una pretesa forse sbagliata, da parte nostra, degli insegnanti,…c’era una pretesa minore da parte mia…

Un atteggiamento, questo, che contrasta fortemente col raggiungimento di un articolato e completo patrimonio culturale anche da parte dell’alunno di cultura minoritaria. La scuola sembra in questo modo rinunciare ad uno dei suoi compiti principali: fornire a tutti un’adeguata formazione. È fuor di dubbio che gli insegnanti hanno necessità di imparare a rapportarsi con differenti culture, modi di ragionare, valori, credenze, atteggiamenti, ed aspettative, soprattutto nei confronti della scuola. E questo non è assolutamente facile! Nell’analisi delle interviste che sono state condotte con una cinquantina di insegnanti abbiamo cercato di approfondire alcuni elementi di particolare interesse per la nostra ricerca: in particolare qui evidenzieremo alcuni aspetti che riguardano le loro osservazioni sulle classi multiculturali e la loro disponibilità a promuovere un’educazione matematica di tipo interculturale. Come appare la diversità culturale agli occhi dell’insegnante? È capace di cambiare le sue pratiche didattiche in classi multiculturali o, almeno, vuole cambiarle? Cambiare è tanto più necessario se consideriamo che la matematica è una delle materie con il più alto tasso di insuccessi ed una delle più selettive. Ma, soprattutto, dobbiamo notare che, come abbiamo visto sopra, la società europea ne richiede fortemente una buona conoscenza. Per diventare cittadini partecipativi e critici nell’attuale società, gli studenti si devono appropriare e devono essere capaci di utilizzare una discreta conoscenza matematica. Molti documenti di indirizzo politico nel campo dell’educazione matematica, quale quello su riportato della CE, evidenziano la necessità di fornire nelle lezioni di matematica un’ampia diversità di esperienze di apprendimento così da sviluppare le competenze degli studenti. Nonostante ciò, le pratiche quotidiane di troppi insegnanti sono ancora lontane dal farlo.

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Per quanto riguarda specificamente l’insegnamento in contesti multiculturali, possiamo dire che i libri di testo tendono a fornire solo esempi tratti dalla cultura maggioritaria ed i compiti assegnati nella maggior parte delle classi tendono ad ignorare la diversità culturale esistente. A volte, essere diverso è sentito come essere respinto, così che gli studenti di cultura minoritaria tendono a nascondere le loro radici culturali. Il problema è che questa ‘invisibilità’ è probabilmente una dei principali elementi che contribuiscono ad una maggiore quantità di insuccessi e mancanza di piani di vita concreti, una realtà comune a molti alunni provenienti da altre culture e che vivono oggi in Europa. Su questo punto insiste molto anche Skovmose (1994) che sottolinea come per tali alunni non sia solo importante considerare il relativo background – inteso come la rete, socialmente costruita, di relazioni e significati che sono il risultato della storia del passato da loro vissuto – ma anche il suo foreground, cioè l’insieme di opportunità che il contesto sociale dell’alunno rende a lui possibile percepire come le proprie possibilità per il futuro. Sia il background che il foreground interagiscono e sono interpretati ed organizzati dagli alunni in qualunque significato essi attribuiscano alla scuola od alle attività in classe. Integrando il background ed il foreground si possono comprendere i risultati e le sotto-rappresentazioni in matematica di molti gruppi ‘svantaggiati’, come gli alunni di cultura minoritaria. Il legame fra matematica e cultura d’origine è avvertito in molteplici modi dagli insegnanti intervistati ed è interessante notare come essi si pongano in relazione a tale legame; in particolare si distinguono due atteggiamenti opposti: • un atteggiamento incentrato sul tentativo di spingere il ragazzo a cambiare modo di pensare,

uniformandolo al resto della classe. Una docente ha affermato: Credo che sia difficile smontare quello che hanno dentro e rimontarlo secondo il nostro metodo, penso che la difficoltà sia soprattutto lì, costringerli a pensare in modo diverso…

• un atteggiamento di accettazione della cultura diversa del ragazzo che non è possibile né giusto cercare di modificare. Secondo l’opinione di un’insegnante:

Noi, secondo me, si vuol cambiare la cultura, si vuol mettere la nostra cultura e cambiare la loro, non è possibile, loro hanno la loro cultura…

È opportuno sottolineare che dietro questi due atteggiamenti opposti risiede la medesima consapevolezza del fatto che gli allievi stranieri giungono in classe con una propria cultura: possono avere un bagaglio di conoscenze matematiche non standard (rispetto a quelle del resto della classe), possono usare tecniche di calcolo diverse da quelle conosciute dai compagni (e a volte non accettate dall’insegnante) od avere un diverso modo di affrontare le situazioni problematiche che la matematica presenta. A questo proposito, assume una rilevanza particolare quello che è stato notato da un’insegnante di matematica della scuola media, che aveva in classe una ragazza peruviana:

Mi può incuriosire un certo modo di ragionare che mi sembra di vedere un po’ diverso ma che non saprei neanche ben descrivere; soprattutto la ragazzina peruviana che poi è brava fra l’altro, ha una buona valutazione matematica ma che ogni tanto fa ‘No, no a me questo ragionamento non mi torna per niente!’ ecco ora ci pensavo, non mi vengono in mente esempi, ma ogni tanto colpisce anche i compagni, …perché certi tipi nostri di ragionamento le sono un po’ estranei. (…) Hanno fatto la scuola elementare in Italia quindi tutti gli algoritmi li hanno imparati in Italia ed è per quello che mi incuriosisce ancora di più, perché lo percepisco ecco che c’è ogni tanto un modo di ragionare diverso… soprattutto direi delle strategie di pensiero diverse ma non invece come tecniche, perché è vissuta sempre in Italia sostanzialmente.

Con questo tipo di considerazioni, l’attenzione si sposta più in profondità perché si colgono differenze non solo “esteriori”, a livello tecnico (come può essere il modo di eseguire le operazioni),

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ma più “interiori”, a livello meta-cognitivo, che riguardano il modo di ragionare e le strutture di pensiero. Se torniamo all’analisi delle interviste, il comportamento degli insegnanti nei confronti del riconoscimento delle differenti culture presenti nell’aula è a volte contraddittorio. Da un lato essi parlano di questi studenti come se fossero uguali agli altri – rendendo in questo modo invisibili le loro differenze (Gorgoriò, Planas, & Vilella, 2000) –, dall’altro dicono che questi studenti non hanno un piano di vita o che non hanno successo a scuola, sottolineando in tal modo le loro scarse aspettative rispetto ai risultati scolastici di questi alunni. Riguardo a questo punto, Abreu (1998) evidenzia quanto il valore sociale giochi un ruolo importante nelle prestazioni e nei risultati degli alunni. Sembra che gli insegnanti cerchino di essere politicamente corretti ed accettino l’integrazione scolastica degli alunni di altre culture, ma, nello stesso tempo, le loro convinzioni ed aspettative, così come le pratiche didattiche che utilizzano nella classe costituiscono una barriera ad una vera inclusione. Questo paradosso è mostrato dalle seguenti affermazioni:

o Il mio aveva finito la scuola dell’obbligo [nelle Filippine] … diceva che andava bene con voti alti ma il povero ragazzo era veramente scarso, veramente scarso, non riusciva a capire i problemi di geometria.

o Ho avuto una ragazza cinese per alcuni mesi e non riuscivo a comunicare con lei, ma è andata via, si è trasferita, non parlava una parola di italiano ma aveva una incredibile abilità di calcolo, molto superiore a quella dei ragazzi italiani … tutti gli alunni cinesi nelle scuole italiane sono bravissimi a matematica, veramente bravissimi, non vogliono neppure scrivere, vogliono fare tutto a mente.

o Bene, lavorando con alunni … di altre razze, di altri gruppi etnici è stato come lavorare con gli altri alunni. Ciò che a volte notiamo in una classe è un certo distacco di alcuni studenti … di alcuni studenti rispetto a questi studenti. Bene, ma niente che … col passare delle lezioni non sia superabile … è stato esattamente lo stesso; non posso dire che sia stato difficile … Non posso davvero dire questo, è la stessa cosa.

o Quest’anno ho un alunno ucraino ed in questo caso ho avuto, all’inizio dell’anno, un po’ di paura … paura perché non sapevo come reagire …

Comunque i dati più ricorrenti, tramite il quale i docenti di matematica fanno riferimento all’ esperienza di avere avuto in classe uno o più ragazzi stranieri, sono (Favilli & Tintori) la presenza di: • difficoltà legate alle poche conoscenze nella materia o, in generale, alle scarse preconoscenze del

ragazzo straniero: o Loro geometria non sanno nemmeno cosa vuol dire! o Quando mi sono venuti quei bimbi, mi sembra che entrarono in seconda media,

non avevano fatto praticamente niente, un livello terza o quarta elementare, non di più… 2

• difficoltà dovute al linguaggio, che si evidenziano sia nella scarsa comprensione della lingua italiana da parte del ragazzo, sia più specificamente in un inadeguato utilizzo della stessa nell’ambito della matematica:

o Questi ragazzi hanno difficoltà , intanto, nella lingua, per cui il linguaggio un pochino anche disinvolto del parlare dell’insegnante…i ragazzi cosa apprendono di questo linguaggio?…Credo pochissimo!

o Le difficoltà maggiori, secondo me, vengono a matematica, ma per problemi di linguaggio, cioè la matematica richiede una conoscenza della lingua per la

2 Il diverso livello di preparazione degli alunni provenienti da alcuni Paesi è spesso diretta conseguenza della debole struttura dei relativi sistemi scolastici come, sia pure per un ordine di istruzione diverso, è stato osservato, per la Somalia, in [Favilli & Villani, 1993].

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quale non basta, diciamo, capire il significato dal contesto…perché uno deve essere in grado di analizzare i quantificatori, capire…

• difficoltà dovute ai modi ed ai tempi che caratterizzano il loro inserimento nella classe: Un’altra cosa difficilissima è che questi bimbi stranieri, più degli italiani, arrivano in qualsiasi momento dell’anno, quindi arrivano in una classe dove ci sono già certe dinamiche, si sono già stabiliti i gruppi, come una bomba, perché poi loro non riescono a parlare…molto probabilmente, io non lo so bene ma ho l’impressione che vengano inseriti solo in base all’età e non in base alle conoscenze.

È naturale che gli insegnanti, preoccupati di svolgere nel modo migliore il loro compito istituzionale, risultino principalmente colpiti dalle difficoltà aggiuntive spesso create da una situazione di multiculturalità in classe; bisogna comunque notare che alcuni di loro riescono a cogliere, nell’esperienza che si trovano ad affrontare, anche aspetti positivi, sia pure solo di natura umana:

Una cosa estremamente positiva che ricordo in questa esperienza è il rapporto cordiale, amichevole, direi in alcuni casi affettuoso, che sono riuscita ad instaurare con questi ragazzi.

Di nuovo in analogia a quanto visto nella parte relativa all’alunno, la buona integrazione in classe del ragazzo straniero costituisce per gli insegnanti la prima problematica da affrontare e, al tempo stesso, sembra essere una problematica che essi sono in grado di affrontare con notevole successo. Da ciò si coglie ancora di più la necessità di approfondire la ricerca, in modo da fornire ai docenti strumenti e metodi per affrontare le altre difficoltà, cioè quelle relative alla formazione culturale, ed in particolare matematica, dello studente: questo tipo di difficoltà sembra ancora costituire un problema irrisolto. Numerosissimi e svariati sono stati i modi con cui i diversi docenti hanno cercato di superare le difficoltà presentatesi a livello di insegnamento/apprendimento. A questo riguardo, nell’analizzare le loro risposte alla domanda “Come ha affrontato tale situazione didattica?”, l’attenzione va posta non tanto sulle diverse metodologie attuate dagli insegnanti, quanto sulla comune insoddisfazione, sul comune senso di inefficacia che ognuna di esse, pur molto diverse fra loro, ha prodotto nel docente:

• Ho sperato di poter fare un percorso di questo genere: insegnare loro le quattro operazioni, soprattutto in prima media…ma è difficile.

• Anche per questi due qui, i primi problemi che gli altri avevano il testo e dovevano ricavare i dati, a loro nel compito davo già la figura con le lettere e i dati già scritti, e i dati intermedi con il punto interrogativo…però un poco di difficoltà lo stesso l’hanno trovata.

La presenza di alunni stranieri in classe ha richiesto spesso ai docenti di fornire risposte immediate, da attuare istantaneamente per affrontare un problema già presente e urgente. La situazione di emergenza ha spinto molti insegnanti a cercare di usufruire, nel modo che sembrava loro migliore, di tutto ciò che era già a disposizione:

Per la geometria lavorano volentieri col computer perché noi usiamo Cabri e quindi ci lavorano volentieri, però sempre a livello di gioco. Avevo la fortuna di avere in classe un insegnante di sostegno…che aveva la possibilità di aiutare anche gli altri, non di stare solo con il bambino con handicap, ma di coinvolgere anche il bambino straniero e allargare un pochino il gruppo.

Fra le risposte date, si nota in particolare la frequenza con la quale l’insegnante si è appoggiato, per poter attuare meglio un percorso individualizzato per l’alunno straniero, al docente di sostegno, qualora fosse disponibile per un alunno portatore di handicap presente nella classe. Il voler in qualche misura assimilare le due situazioni – alunno straniero e portatore di handicap – appare una forzatura pericolosa per l’alunno straniero sia a livello psicologico che didattico. È importante sottolineare che sia l’utilizzo di particolari sussidi didattici che l’aiuto dell’insegnante di sostegno costituiscono risposte non specifiche, od addirittura con specificità in altro campo (quello dell’alunno portatore di handicap), ad una problematica ben precisa. Dal momento che anche

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questi “tentativi” non si sono rivelati fruttuosi, appare veramente necessario fornire agli insegnanti il supporto di materiali didattici, di indicazioni metodologiche ed, eventualmente, di personale ad hoc. Quello che emerge dalle interviste è che, comunque, gli insegnanti non adattano né il loro curriculum né i compiti che assegnano alle caratteristiche dei loro alunni3, cercando in tal modo di integrare le loro radici culturali nelle pratiche quotidiane della classe. Colpisce ancora di più il fatto che solo pochi insegnanti dicono cosa andrebbe fatto:

Penso davvero così … assolutamente …, perché penso che solo alcuni insegnanti tengono conto di questa situazione… Così penso che abbia un’influenza sull’alunno… Cioè, se l’insegnante prepara lo stesso compito per tutti, le stesse attività per tutti, se l’insegnante non si accorge che deve spiegare in maniera diversa o usare un linguaggio differente, o che deve mettersi a fianco agli studenti che può aiutare con il linguaggio, io penso che non siano trattati in modo uguale, anche se hanno grandi abilità e potrebbero essere sorprendenti …

Come abbiamo detto il tema della lingua e del linguaggio ricorre molto spesso. A volte sembra però che questo elemento sia l’unico che gli insegnanti sottolineano come causa di difficoltà. Questo significa che, di fronte ad un problema o ad una spiegazione, non sono capaci di individuare differenti strategie o potenzialità matematiche collegate alle radici culturali degli alunni:

• … non sapevo come reagire e lei non sapeva una parola di portoghese … così, durante le prime lezioni, le parlavo in Inglese …

• … questi ragazzi hanno la loro lingua, devono imparare la nostra ed allora devono imparare due differenti linguaggi. È parecchio difficile per loro …

Comunque le difficoltà dovute alla lingua non sono considerate così importanti dagli insegnanti quando gli alunni provengono da Paesi con curricula matematici più impegnativi (come i Paesi dell’Europa dell’Est) o nei quali le abilità di calcolo sono molto valorizzate e sviluppate. Questo è un altro punto di contraddizione per molti insegnanti: la lingua è indicata come una delle cause di maggiore difficoltà nell’apprendimento della matematica, ma poi sembra che non sia così importante per il successo scolastico, dal momento che altri elementi hanno, in maniera implicita, un ruolo più determinante.4

3 Si veda, a questo proposito, il sopra riportato passaggio (pag. 7) relativo alle Special needs tratto da EC - DG EaC - Implementation of “Education & Training 2010” Work Programme - WG D “Increasing Participation in Math, Sciences and Technology”3: Progress Report – 2004. Ancora più dirette sono le indicazioni per gli insegnanti contenute nei documenti prodotti negli USA dal NCTM (2000) ed in Australia dalla AAMT (2002) e riportate nell’Appendice. 4 È indubbio che la lingua, prodotto squisitamente culturale, possa rappresentare una doppia barriera per lo studente che conosce pochissimo quella della classe. La prima barriera consiste nel comprendere quello che il docente sta dicendo nella sua lingua e cercare, inizialmente, di tradurlo nella propria; questo problema però spesso si risolve da solo nel giro di pochi mesi (ad un livello accettabile). La seconda barriera consiste nel decifrare con gli schemi della propria cultura quanto il docente va dicendo con i simboli e valori della sua cultura. Questo secondo aspetto può richiedere più tempo prima che i due mondi possano entrare in proficuo contatto. [Fiorentino (2005), comunicazione personale] Come è noto, sul ruolo della lingua L2 nell’insegnamento/apprendimento della matematica vi sono stati negli ultimi anni interessanti e notevoli contributi da parte di studiosi di didattica della matematica. Vogliamo qui segnalare, a titolo indicativo, i contributi di Ellerton & Clarkson (1996) e, recentemente, di Barwell (2003), Kaiser (2003), soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dell’inglese L2. È comunque importante esplicitare che l’argomento non è di secondaria importanza. La possibilità di conoscere le modalità con cui, in alcune lingue indigene, è stata introdotta la terminologia matematica può fare meglio comprendere come molte delle difficoltà incontrate dagli alunni appartenenti a culture minoritarie siano una diretta conseguenza di scelte equivoche od errate fatte al momento in cui tale terminologia è stata creata. Un esempio di questo, riferito alla lingua somala, si può trovare in Favilli & Jama (1996). Sul tema, riteniamo sia necessario aprire anche in Italia un dialogo di collaborazione con i linguisti, come mostrato in altri Paesi, ad esempio, da Barton & Neville-Barton (2003), Hofmannová, Novotná & Pipalová (2004). Un primo passo in tale direzione può essere considerato il progetto pilota (del MIUR) di formazione in e-learning integrato Italiano Lingua Seconda: Lingua di Contatto, Lingua di Cultura, in fase di attuazione. Si tratta di un percorso di

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Implicazioni didattiche Sia nei questionari, come abbiamo visto sopra, che nelle interviste gli insegnanti, in tutti e tre i Paesi partner del progetto IDMAMIM, si sono lamentati del fatto che avrebbero voluto utilizzare del materiale didattico diverso, più adatto alle pratiche interculturali, ma che questi materiali non erano disponibili. Hanno dichiarato anche di non essere capaci di elaborarli da soli e che la loro formazione iniziale ed in servizio non contribuisce ad aiutarli. Nello sviluppo del progetto abbiamo quindi ritenuto indispensabile richiedere la collaborazione di alcuni insegnanti per le attività di sperimentazione e successiva analisi del materiale didattico che ci proponevamo di produrre (Favilli, César & Oliveras, 2003; Favilli, Oliveras & César, 2003). Il materiale è stato predisposto avendo come riferimento la nozione di situated learning (Lave & Wenger, 1991) e l’approccio etnomatematico, visto come uno strumento per facilitare la mediazione fra le conoscenze di culture diverse e le conoscenze della scuola (Favilli, 2001), in tal modo venendo a corrispondere ad uno strumento che contribuisce ad una pratica scolastica più inclusiva (Ainscow, 1991; César, 2003). Considerare situata l’appropriazione di conoscenze significa anche concepirla come influenzata dalla cultura, il che significa che le prestazioni, i risultati scolastici, le aspettative e le strategie risolutive, fra gli altri elementi, sono influenzate dalle radici culturali degli alunni (Abreu, 1995). Se gli insegnanti non sono consapevoli di questa complessità, le loro pratiche didattiche tenderanno principalmente a valutare il modo di agire, reagire, sentire o valutare le conoscenze propri della cultura dominante nella classe. In tal modo sarà favorita l’esclusione di quegli alunni il cui background culturale è collegato a culture minoritarie (César, 2003). Da un punto di vista pedagogico più generale, il modello educativo cui abbiamo inteso riferirci è quello Interculturale, anche se è facile riconoscere che, finora, nella pratica della classe la gran parte degli insegnanti, al di là degli atteggiamenti personali nei confronti di un contesto di classe di natura multiculturale, ha preferito adottare il modello Assimilazionista. Il concetto di educazione interculturale consiste, oltre che nella consapevolezza dell’esistenza di diverse culture all’interno della classe, in uno strumento dinamico che include diversi obiettivi ed azioni specifiche per arrivare ad una interazione fra le culture e per affermare una cultura stessa nella sua relazione con le altre. Questa interazione renderà possibile non solo l’uguaglianza nel diritto all’ appropriazione delle conoscenze e nelle opportunità per tutti, ma anche nella valorizzazione del pluralismo culturale, mantenendo l’identità culturale di ciascuno e favorendo l’apprezzamento del mescolarsi di culture, visto come un arricchimento per tutta la classe. La condivisione, da parte degli insegnanti, di questi atteggiamenti dovrebbe essere lo strumento per superare le difficoltà ed i conflitti sociali che Vithal & Skovmose segnalano come possibili, come conseguenza di una introduzione nelle classi della matematica di culture minoritarie fatta in maniera semplicistica od addirittura folklorica (Favilli, 2003). L’educazione interculturale, anche in ambito matematico, include infatti, dal nostro punto di vista, azioni rivolte a tutti gli alunni e non solo a quelli di ambienti culturali minoritari, ed ha la sua cornice o base nella stessa filosofia concettuale dell’etnomatematica. La consapevolezza della presenza di culture diverse ed il riconoscimento dei particolari modi in cui ciascuna di esse può sviluppare la matematica sono infatti, come abbiamo visto, nozioni insite al termine etnomatematica. Tenendo conto di tutto questo, nel progetto IDMAMIM si è inteso sviluppare le proposte didattiche secondo il modello dei Microprogetti: si tratta di unità didattiche che mirano a facilitare l’appropriazione da parte degli alunni di determinati concetti matematici, in una prospettiva socio-

formazione per il personale docente, finalizzato a promuovere competenze professionali specifiche per l’insegnamento dell’Italiano come L2, strutturato in moduli, uno dei quali (Favilli, 2004) affronta alcune delle tematiche connesse all’insegnamento della matematica e delle discipline scientifiche in classi multilingue.

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costruttivista, a partire da attività (anche artigianali) di particolare rilievo in una o più delle culture presenti nell’aula. Questo implica la mobilizzazione di risorse globalizzate ed interdisciplinari, con l’utilizzo delle quali vengono a crearsi significati matematici contestualizzati. Queste comprendono alcuni obiettivi, nelle quali il trattamento della diversità culturale è esplicitamente incluso, come ad esempio: • la scelta di alcune attività ‘culturalmente rilevanti’, anche di tipo artigianale, a cui far seguire

una analisi delle varie fasi realizzative; • l’individuazione, tramite una ricerca preliminare, di alcuni contenuti matematici riferibili in

maniera esplicita od implicita alle differenti fasi; • la messa in atto di una metodologia didattica fondamentalmente basata sull’apprendimento

tramite scoperta e lavoro di gruppo; • la determinazione di alcuni criteri e strumenti per la valutazione, da intendersi come indicazione

per l’insegnante e non come sanzione. I microprogetti preparati nell’ambito del progetto IDMAMIM [Favilli, F., César, M. & Oliveras, M.L. (20045, 2004b, 2004c)] sono stati presentati agli insegnanti come possibili attività per una didattica interculturale della matematica, da implementarsi in maniera flessibile, non assolutamente schematizzata, in maniera tale da rendere possibile l’adattarli sia alle esigenze educative e curricolari che ai contesti culturali delle differenti classi. Essi sono stati introdotti, comunque, come esempi puramente indicativi da prendere a riferimento per possibili autonome elaborazioni, da parte degli insegnanti, di analoghe ed indipendenti attività didattiche per il tramite delle quali portare avanti le indicazioni curricolari. Se ritorniamo ai quattro filoni di ricerca in ambito etnomatematico individuati da Vithal & Skovmose, possiamo dire che i microprogetti IDMAMIM possono rappresentare un tentativo di meglio sviluppare, come da loro auspicato, le ricerche sulla relazione fra educazione matematica ed etnomatematica: in particolare, nel caso di IDMAMIM, fra il filone di ricerca sull’educazione matematica e quello sulla matematica sviluppata ed utilizzata da gruppi differenti in contesti di vita quotidiana. Nella direzione, di meglio sviluppare le ricerche sulla relazione fra etnomatematica ed educazione matematica, si possono collocare le due proposte didattiche che si riferiscono ai Sona 6, disegni sulla sabbia appartenenti alla tradizione di alcune popolazioni dell’Angola e dei Tamil, ed alla Yupana 7, l’abaco incaico della tradizione andina. In queste due proposte, si cerca di valutare l’impatto dell’implementazione in un contesto di didattica della matematica di risultati di ricerca etnomatematica negli altri due ambiti: quello antropologico (nel primo caso) e quello storico (nel secondo). Ciò che accomuna queste due proposte è anche il tentativo di mostrare come attività matematiche proprie di culture lontane, sia nello spazio che nel tempo, abbiano una loro fruibilità didattica in contesti assolutamente diversi, quali quelli del mondo ‘occidentale’, e, qui, siano addirittura sviluppabili tramite la loro integrazione con altre conoscenze matematiche, grazie anche all’utilizzo delle tecnologie informatiche. Il creare un ponte fra saperi tradizionali e conoscenze scientifiche, fra tradizione e modernità, strumenti artigianali e nuove tecnologie sembra essere, dall’esperienze fatte finora, una strategia efficace sia dal punto di vista didattico che dal punto di vista sociale. In tal modo, infatti, gli alunni 5 Per maggiori dettagli sul Microprogetto La Zampoña, si rimanda alla presentazione fatta, in questo stesso Seminario, da Stefania Tintori, che ha collaborato alla progettazione di tale microprogetto, ed a [Favilli, César & Oliveras, 2004a] e [Favilli & Tintori, 2004]. 6 Per maggiori dettagli sulla proposta didattica Sona, si rimanda alla presentazione fatta, in questo stesso Seminario, da Laura Maffei, che ha collaborato alla progettazione di tale proposta, ed a [Maffei & Favilli, 2004]. 7 Per maggiori dettagli sulla proposta didattica Yupana, si rimanda alla presentazione fatta, in questo stesso Seminario, da Giuseppe Fiorentino, che ha collaborato alla progettazione di tale proposta, ed a [Fiorentino & Favilli, 2004].

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della cultura maggioritaria progrediscono nel loro apprendimento nel mentre che apprezzano le potenzialità, anche a livello scolastico, di contributi che altre culture ‘povere’ hanno dato ed ancora danno alla conoscenza matematica; contemporaneamente, gli alunni di culture minoritarie hanno la possibilità di vedere valorizzati aspetti della loro cultura, non in maniera occasionale, ma funzionale allo svolgimento di un programma curricolare, accrescendo in tal modo la stima nei confronti della loro cultura e, per conseguenza, in loro stessi. Bibliografia

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Appendice USA: NCTM Standards and Principles for School Mathematics – 2000

The Equity Principle

Excellence in mathematics education requires equity—high expectations and strong support for all students.

All students, regardless of their personal characteristics, backgrounds, or physical challenges, must have opportunities to study--and support to learn--mathematics. This does not mean that every student should be treated the same. But all students need access each year they are in school to a coherent, challenging mathematics curriculum that is taught by competent and well-supported mathematics teachers. Too many students--especially students who are poor, not native speakers of English, disabled, female, or members of minority groups--are victims of low expectations in mathematics. For example, tracking has consistently consigned disadvantaged groups of students to mathematics classes that concentrate on remediation or do not offer significant mathematical substance. The Equity Principle demands that high expectations for mathematics learning be communicated in words and deeds to all students. Some students may need more than an ambitious curriculum and excellent teaching to meet high expectations. Students who are having difficulty may benefit from such resources as after-school programs, peer mentoring, or cross-age tutoring. Students with special learning needs in mathematics should be supported by both their classroom teachers and special education staff. Likewise, students with special interests or exceptional talent in mathematics may need enrichment programs or additional resources to keep them challenged and engaged. The talent and interest of these students must be nurtured so that they have the opportunity and guidance to excel in mathematics. Well-documented examples demonstrate that all children can learn mathematics when they have access to high-quality mathematics instruction. Such instruction needs to become the norm rather than the exception. AUSTRALIA: AAMT Standards for Excellence in Teaching Mathematics – 2002

Domain 1: Professional knowledge

Excellent teachers of mathematics have a strong knowledge base to draw on in all aspects of their professional work, including their decision making, planning and interactions. Their knowledge base includes knowledge of students, how mathematics is learned, what affects students’ opportunities to learn mathematics and how the learning of mathematics can be enhanced. It also includes sound knowledge and appreciation of mathematics appropriate to the grade level and/or mathematics subjects they teach.

1.1 KNOWLEDGE... of students

Excellent teachers of mathematics have a thorough knowledge of the students they teach. This includes knowledge of students’ social and cultural contexts, the mathematics they know and use, their preferred ways of learning, and how confident they feel about learning mathematics.

Students' social and cultural contexts

These aspects of students’ backgrounds shape their response to school and learning. Doing mathematics pervades all cultures and social groups. Its form, and how people view it, varies

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substantially between cultures and social groups. Hence, excellent teachers of mathematics see it as a priority and take deliberate steps to build a knowledge base and understanding of relevant social and cultural practices within the school community. This can relate to distinct cultural groups, or to overall socio-economic groupings. There are also particular factors for individual students. These relate to general aspects of personal background and can include particular issues such as parents’ attitudes to mathematics, or their aspirations for the student. The emphasis is on the mathematical, as part of knowledge of the ‘whole’ student.

Mathematics they know and use

Clearly, a thorough knowledge of the mathematics students have done and learnt at school is essential if teachers are to ‘build on where their students are’. When they first come to school, they can already have extensive experience with mathematics. As they progress through school, students do and learn mathematics outside of school as well — in the family and with friends; playing, working and in a wide range of other activities. This may or may not be uses of mathematics learnt at school. Inevitably, this engagement with mathematics (even if students and others do not recognize it as such) is clearly linked to the contexts, interests and needs of the students’ lives outside of school. In order to have a full picture of their students’ mathematics, excellent teachers of mathematics strive to know about their students’ school and ‘other’ mathematics.