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Quali conoscenze di base per comprendere l'innovazione? XI Edizione Scienza inForma – La Forma nella Scienza Le Dune Sicily Hotel (CT), 24-29 luglio 2017 Programma e riassunti delle Relazioni Lun 24 Mar 25 Mer 26 Gio 27 Ven 28 Sab 29 9:00 Alfieri Serroni Morini Caccamese Bentivegna 10:00 Monsù Grasso Villani Cazzolla Gatti Mannino 11:00 INTERVALLO 11:30 Randazzo D’Arpa Venanzi Di Maggio Chiusura e saluti 13:00 PRANZO 15:00 Registrazione Perconti Workshop Didattica Programma Sociale Lavoro di gruppo 15:30 Laboratorio Fisica Häusermann 16:00 Saluti Relazione MIUR 17:00 Villani 18:00 Sìneo 20:30 CENA 21:00 Breaking Bad Il Cambiamento De Guidi, Alfieri, Icardi Relazione di apertura Anna Brancaccio, MIUR D.G. per gli ordinamenti scolastici e per la valutazione del sistema nazionale di istruzione. Il declino dell’interesse dei giovani nello studio delle scienze, buone pratiche per un radicale cambiamento

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Quali conoscenze di base per comprendere l'innovazione?

XI Edizione

Scienza inForma – La Forma nella Scienza Le Dune Sicily Hotel (CT), 24-29 luglio 2017

Programma e riassunti delle Relazioni

Lun 24 Mar 25 Mer 26 Gio 27 Ven 28 Sab 29

9:00

Alfieri Serroni Morini Caccamese Bentivegna

10:00 Monsù Grasso Villani Cazzolla Gatti Mannino

11:00 INTERVALLO

11:30 Randazzo D’Arpa Venanzi Di Maggio Chiusura e saluti

13:00 PRANZO

15:00 Registrazione

Perconti

Workshop Didattica

Programma Sociale

Lavoro di gruppo

15:30 Laboratorio

Fisica Häusermann

16:00 Saluti Relazione MIUR

17:00 Villani

18:00 Sìneo

20:30 CENA

21:00

Breaking Bad Il Cambiamento

De Guidi, Alfieri, Icardi

Relazione di apertura

Anna Brancaccio, MIUR D.G. per gli ordinamenti scolastici e per la valutazione del sistema nazionale di istruzione.

Il declino dell’interesse dei giovani nello studio delle scienze, buone pratiche per un radicale cambiamento

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Alessandro Alfieri, Dipartimento di Filosofia Università Sapienza di Roma, Accademia di Belle Arti di Roma. Email: [email protected]

La forma nella riflessione di Adorno, dalla lettura di Aristotele all’arte moderna Nella storia del pensiero occidentale, fin dalle sue origini, il concetto di “forma” ha assunto significati molteplici, ponendosi come una delle parole chiavi della filosofia di ogni tempo; tale importanza coincide col carattere plurale e complesso del concetto, dal momento che “forma” sfugge a una definizione rigorosa ed esaustiva. Spesso la forma ha coinciso nel dibattito filosofico con l’astrazione concettuale rispetto alla contingenza concreta della dimensione sensibile, e in questo “forma” condivide la sua origine etimologica col termine proprio della ricerca scientifica e matematica che è “formula”; ma d’altronde, la filosofia moderna e quella contemporanea hanno messo in discussione molti dei principi propri della tradizione antecedente. Un autore del Novecento che ha attribuito grande importanza alla “forma”, soprattutto in ambito estetico, è Theodor W. Adorno, che nel 1965 tenne un corso universitario dedicato alla Metafisica di Aristotele. La lettura adorniana del testo fondativo del pensiero occidentale mette in luce le trasformazioni avvenute, rispetto all’epoca classica, nella comprensione del rapporto tra universale e particolare, tra atto e potenza, e per l’appunto tra materia e forma. Rispetto alle prospettive speculative di Aristotele, la forma nella modernità ha per molti versi capovolto il suo significato: da modello iperuranico e astratto, identico a sé stesso perché eterno, e in questo senso contrapposto alla materia, la forma è diventata sinonimo di dimensione sensibile, concreta, e questo è evidente nell’arte dove la forma coincide con gli elementi strutturali che si pongono dinanzi ai nostri sensi, e senza i quali non sarebbe possibile alcuna percezione. La materia e il sensibile, in Aristotele, sono precari, illusori, perché appartengono al mondo della molteplicità e della contingenza, mentre la forma è il corrispettivo aristotelico delle idee platoniche. Ma la differenza di Aristotele rispetto a Platone sta proprio nella volontà di comprendere il legame tra le due sfere, se vogliamo la dialettica tra forma e materia. Come dicevamo, la stessa nozione di forma è lontana dalle connotazioni che ha assunto nel corso dei secoli, e specie in epoca moderna; se comunemente la forma è ritenuta ciò che può essere osservato nel mondo sensibile, Aristotele considera la forma nel suo senso trascendente e metafisico: la forma è l’archetipo iperuranico, il concetto sempre identico, che per farsi reale nel mondo della molteplicità diviene materia, snaturando la sua essenza eterna. La riflessione dialettica di Adorno, però, torna a mettere in connessione i due piani: la stessa forma aristotelicamente intesa non può mai darsi come concetto assolutamente indipendente; se non si “degradasse” nella realtà attraverso il suo confondersi nella materia, l’uomo non potrebbe mai renderne conto e resterebbe inconoscibile. Intesa in questi termini, la forma aristotelica in quanto eidos è quanto di più lontano dal concetto di forma estetica sviluppato da Adorno, molto più consonante al concetto greco di morphé; ciò che appare particolarmente suggestivo però è che, nella complessità dialettica della teoresi adorniana, persino alcuni caratteri dell’eidos sembrano poter essere recuperati nella trattazione del concetto di forma in quanto apparenza. La necessità dell’eidos è infatti la necessità dell’apparenza, ovvero il carattere insopprimibile e irrinunciabile della forma estetica, mentre la morphé si pone sul piano della contingenza e, nei termini aristotelici, della potenza piuttosto che dell’atto. Il problema dialettico del rapporto tra concetti adorniani e concetti aristotelici emerge però proprio a proposito della priorità aristotelica attribuita all’atto piuttosto che alla potenza. Partendo dalla riflessione estetica di Theodor W. Adorno e alla sua interpretazione della filosofia aristotelica, si tratterà di mettere in evidenza i paradossi costituivi del concetto di “forma” nell’arte moderna. Fin dagli anni dei suoi scritti musicologici infatti, il filosofo tedesco è ben cosciente di come la dialettica incarnata dalla forma costituisca il perno per comprendere le tendenze dell’arte del Novecento, e in Teoria estetica la forma stessa diventa l’unica opportunità di esistenza dell’arte moderna, seppur si tratti di una forma sempre destinata al fallimento. Torna al programma Eloisa Bentivegna, Dipartimento di Fisica e Astronomia Università degli Studi di Catania. Email: [email protected]

La gravità nella fisica moderna

Dall’introduzione della teoria della Relatività Generale nel 1915, la fisica del campo gravitazionale ha subito una profonda revisione concettuale, che ha a sua volta rivoluzionato la nostra comprensione della natura dell’Universo e dei meccanismi che lo governano sulle scale più ampie oggi osservabili. Questa relazione esporrà brevemente la teoria e le sue principali previsioni osservative, quali l’espansione dell’Universo e l’esistenza delle onde gravitazionali. Torna al programma

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Salvatore Caccamese, Dipartimento di Scienze Chimiche, Università degli Studi di Catania. Email: [email protected]

La Chiralità nella Natura e nell’Arte: osservazioni personali L’uomo è stato inconsciamente consapevole da millenni della chiralità e già nel 1783 Kant si rese conto della chiralità osservando l’immagine allo specchio di una mano. Ciò accadde quasi un secolo prima che Pasteur fondasse la stereochimica (la chimica nello spazio tridimensionale) come una nuova area della scienza e Van’t Hoff e Le Bel avanzassero l’ipotesi del carbonio tetraedrico e asimmetrico. Non solo la Natura è chirale ma esiste in gran parte come solo un enantiomero (immagine speculare non sovrapponibile all’originale) e in ogni caso sa distinguere il senso di una struttura o oggetto elicoidale, destrorso o sinistrorso. I sistemi biologici hanno un marcato senso di chiralità e l’attività biologica è spesso correlata con le proprietà stereochimiche. Anche se nascosta esiste inoltre una relazione tra un modello di tetraedro e una elica. Molti esempi di asimmetria ed elicità possono essere osservati nel mondo delle piante come gli avvolgimenti dei rampicanti, i fiori di alcune specie, le comuni pigne. Nel mondo animale l’area più studiata è l’asimmetria delle lumache e dei molluschi. Le famose escargot francesi sono ad esempio destrorse e solo una su ventimila è sinistrorsa. L’elicità delle corna di alcune capre e delle ammoniti sono esempi di strutture meso cioè di oggetti in cui una metà è l’immagine speculare non sovrapponibile dell’altra metà. In opere d’arte vari tipi di colonne elicoidali, di scale e decorazioni a spirale in chiese e chiostri tentano di collegare la terra al cielo e danno leggerezza a facciate ed altari. In questa relazione presento, attraverso mie foto, osservazioni di chiralità nel mondo della Natura, in opere d’arte e oggetti di artigianato. Torna al programma Roberto Cazzolla Gatti, Biological Diversity and Ecology Laboratory, Bio-Clim-Land Centre of Excellence Biological Institute, Tomsk State University. Email: [email protected]

L'Autocatalisi: Il processo che dà forma alla vita Se la competizione è il driver evolutivo principale, perché ci sono tante specie in grado di coesistere all'interno dello stesso ecosistema, invece di ritrovarne poche che dominano? Questa è un'annosa e importante domanda in ecologia. Molte idee sono state proposte nel tentativo di spiegare un simile paradosso evolutivo. La maggior parte di esse sono basate sull'importanza delle nicchie ecologiche per il mantenimento di ambienti differenziati contro quelli dominati. Nel 2011 ho proposto la «Teoria della differenziazione delle nicchie biodiversità-dipendenti, BNDT», sostenendo che le specie sono gli architetti stessi della biodiversità, in quanto aumentano in proporzione al loro numero il volume di nicchia potenzialmente disponibile in un determinato ecosistema. Seguendo un simile ragionamento, ma in modo indipendente, l'idea di vedere l'economia, la biologia e l'ecologia come sistemi autocatalitici emergenti (reti autosufficienti di entità reciprocamente "catalitiche") è stata suggerita dal Dr. Wim Hordjik, ricercatore presso l'Istituto Lorenz Konrad (Austria) e dal rinomato biologo, vincitore del McArthur Fellowship, Prof. Stuart Kauffman dell'Istituto per i Sistemi biologici di Seattle (Usa). Insieme, quest'anno, abbiamo proposto per la prima volta un'idea che potrebbe racchiudere in sé molte risposte sull'origine, l'evoluzione e il senso della vita: “la biodiversità è autocatalitica!”. Torna al programma Carolina D’Arpa, Museo Geologico G.G. Gemmellaro dell’Università degli Studi di Palermo. Email: [email protected]

Il Nautilus una conchiglia dalla “forma” vincente Il Nautilus, oltre ad essere l’immaginario sottomarino dei romanzi di Jules Verne, è un mollusco della classe Cephalopoda i cui progenitori hanno popolato i mari di tutto il pianeta sin dai tempi antichissimi della storia della terra (Era Palozoica). Unico cefalopode con conchiglia esterna, rappresenta il solo genere sopravvissuto dell’ordine Nautilida con 5 specie che popolano la parte sudoccidentale dell’Oceano Pacifico. Il guscio ha funzione di protezione, di apparato idrostatico e di baricentro. E’ costituito da due parti chiamate fragmocono e camera d’abitazione con funzioni differenti. La camera d’abitazione contiene la massa viscerale e gli altri organi molli. Il fragmocono, la parte più sviluppata della conchiglia, è diviso in camere da setti. Le camere, che ricordano le "camere stagne" di un sommergibile, contengono una miscela costituita da liquido e aria, e sono poste in comunicazione tra loro e con l’ambiente marino dal sifone, un sottile tubo costituito da sostanza organica. Per mezzo del sifone il Nautilus varia la densità della miscela e compie i movimenti verticali. Il guscio del Nautilus costituisce in natura una “forma” vincente in quanto, pur essendo molto simile a quello degli Ammonoidi, altro famoso gruppo di cefalopodi con elevata risoluzione stratigrafica, contrariamente a questi utimi estintisi alla fine dell’Era Mesozoica, il Nautilus è sopravvisuto sino ai giorni nostri, premiato dai processi evolutivi. Inoltre tutte le conoscenze scientifiche sulle ammoniti, sul loro guscio e sulla loro anatomia si devono ai recenti e dettagliati studi biologici condotti sui nautili. Torna al programma

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Cipriano Di Maggio, Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare (DiSTeM), Università degli Studi di Palermo. Email: [email protected]

La forma del rilievo terrestre e il problema della convergenza morfologica Il rilievo terrestre può essere raffigurato come un grande mosaico i cui tasselli sono grandi e piccoli versanti. Ogni versante può essere individuato come un piano (superficie) caratterizzato da una determinata esposizione e da una specifica inclinazione. Un singolo versante costituisce a sua volta una forma del rilievo ben definita. Ogni cambiamento nell’esposizione di un versante ed ogni rottura di pendenza nella superficie terrestre segnano pertanto il passaggio ad una diversa forma del rilievo, la cui genesi è riconducibile ad un caratteristico processo morfogenetico. Complessivamente, tutti i processi morfogenetici tendono a creare forme del rilievo che, sebbene siano prodotte da meccanismi profondamente differenti, mostrano sempre topografie simili (convergenza morfologica). Le forme semplici (costituite da un solo versante) possono infatti assumere l’aspetto o di una pianura (superficie orizzontale) o di un pendio a media inclinazione (superficie inclinata) oppure di una scarpata (superficie verticale); mentre le forme complesse (date dall’insieme di più versanti) possono assumere l’aspetto o di un rilievo o di una depressione o di una superficie a gradinata. Le tematiche associate alla convergenza morfologica, con il problema di distinguere forme del rilievo differenti ma dall’aspetto simile, saranno argomento della presente relazione. Torna al programma Gianleonardo Grasso, STMicroelectronics Srl, Catania. Email: [email protected]

Materiali funzionali: le leghe ed i polimeri a memoria di forma La capacità di manipolare e produrre nuovi materiali, che hanno dato vita a tecnologie sempre più raffinate, ha scandito la storia dell’Umanità sin dalle sue remote origini. Mentre il XIX secolo è stato dominato da continui avanzamenti incrementali quasi esclusivamente confinati al campo della siderurgia, il XX secolo è stato caratterizzato dall’avvento delle materie plastiche, innovazione tecnologica di tipo differenziale che è diventata di uso quotidiano ed ha profondamente accelerato l’evoluzione delle Società Industrializzate. Metalli speciali e materie plastiche sono esempi acclarati di materiali classificabili come strutturali, ossia caratterizzati da particolari proprietà termo-meccaniche di resistenza, robustezza ed elasticità che li rendono adatti a costruire oggetti, manufatti e strutture stabili. Tuttavia, la scoperta delle sorprendenti caratteristiche dei semi- e super- conduttori, che nello stesso XX secolo hanno portato alla nascita di dispositivi quali il transistore e a sviluppare applicazioni come la risonanza magnetica-nucleare (RMN) rispettivamente, ha salutato una rivoluzione tecnologica differenziale e di tipo concettuale. Questi materiali si distinguono per le capacità di svolgere un compito precipuo (in questo caso di produrre un segnale in risposta all’applicazione di un campo elettromagnetico), superando il concetto legato ai materiali strutturali ed aprendo la via per lo sviluppo di nuovi materiali a proprietà cosiddette funzionali. Lo scopo di questa dissertazione è quello di accennare alle enormi potenzialità delle leghe metalliche e dei polimeri a memoria di forma, nuova e particolare classe di materiali funzionali le cui proprietà sorprendenti il nostro XXI secolo ha accolto con grande favore. Essi, infatti, già oggi aprono la strada ad applicazioni che fino a poco tempo fa potevano essere esclusivamente frutto di fantasie fantascientifiche, promettendo sviluppi tecnologici che nel prossimo futuro costituiranno ulteriori soluzioni di tipo differenziale. Torna al programma Anna Maria Mannino, Dipartimento STEBICEF (Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche), Università degli Studi di Palermo. Email: [email protected]

Viaggio alla scoperta delle diatomee: microscopiche forme di vita dai mille segreti Le Diatomee (Heterokontophyta, Bacillariophyceae), alghe unicellulari eucariotiche, rappresentano il gruppo algale più ricco in specie (circa 300.000). Sono ubiquitarie, le troviamo, infatti, sia in ambiente acquatico (acque dolci, marine, salmastre) che terrestre. Queste alghe possono vivere sia isolate che in colonie, sia adese a diversi substrati (bentoniche) che libere (planctoniche). Sono caratterizzate da un involucro esterno composto di silice (frustulo), costituito da due teche che si incastrano l’una sull’altra, che conferisce loro elevata resistenza meccanica e nel contempo incredibile leggerezza. Il frustulo presenta tutta una serie di ornamentazioni (pori, processi, fessure, spine, sete) utili per il movimento, l’adesione al substrato, il galleggiamento, l’adesione tra cellule, la protezione dal disseccamento e dai predatori. Il frustulo è inoltre in grado di resistere ai processi degradativi conservandosi nei sedimenti (diatomite o farina fossile, depositi di frustuli fossili). Questo gruppo di alghe ha una notevole importanza dal punto di vista ecologico: forniscono alimento a molti organismi, contribuiscono fino al 30% circa della produttività globale e fino al 40% circa della produzione globale di O2. Alcune Diatomee possono dare origine a blooms tossici (HABs) che producono biotossine, come l’acido domoico che ha effetti neurotossici. Diversi sono i campi in cui le Diatomee trovano applicazione. Possono essere utilizzate ad es. come bioindicatori delle condizioni ambientali, nelle diagnosi di morte per annegamento, nei campi della Biomimetica e della Nanofotonica, per la produzione di biodiesel.

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Inoltre, la straordinaria bellezza delle loro forme ha catturato l’immaginazione di numerosi scienziati ed artisti, diventando fonte di ispirazione per la realizzazione di gioielli, sculture e oggetti di design. Torna al programma Luigi Monsù Scolaro, Dipartimento di Scienze Chimiche, Biologiche, Farmaceutiche ed Ambientali Università di Messina. Email: [email protected]

Chiralità: dalle molecole all’universo Partendo dalla classica definizione di Lord Kelvin, la chiralità viene definita operativamente come la specifica proprietà ascrivibile ad un qualsiasi oggetto, qualora la sua immagine speculare, anche idealmente realizzata, non risulti sovrapponibile all’oggetto stesso. Prendendo spunto da questa definizione si estenderà il concetto dal mondo delle molecole a quello delle macromolecole, per passare infine al mondo macroscopico ed alle galassie. In campo molecolare saranno forniti esempi di molecole chirali, e ne saranno esaminate le proprietà, e le implicazioni. Verrà discussa brevemente la polarizzazione della luce e sarà mostrato un semplice esperimento sulla rotazione del piano della luce polarizzata operata da una sostanza chirale. In campo macromolecolare, saranno discusse le implicazioni della chiralità nel riconoscimento di farmaci o di generici substrati da parte di proteine o acidi nucleici. Infine, saranno discusse alcune delle teorie sull’origine dell’omochiralità, ovvero del fatto che solo una delle due forme chirali possibili degli amminoacidi o degli zuccheri sia stata selezionata dalla Natura per la costruzione delle impalcature complesse delle proteine e degli acidi nucleici, rispettivamente. Torna al programma Gabriella Morini, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Pollenzo (CN). Email: [email protected]

Il gusto: dare un senso alla chimica Riconoscere i composti chimici con cui veniamo in contatto (o a cui siamo esposti) è molto importante, perciò due dei nostri sensi, il gusto e l’olfatto, sono sensi chimici. Siamo in grado di percepire un’ampia gamma di entità chimiche, ma qualitativamente esse suscitano un numero limitato di sensazioni gustative, gradevoli o meno, attraverso l’attivazione di recettori specifici. La chemorecezione, cioè l’interazione ed il riconoscimento, in base alla complementarietà di forma e carica, tra recettori specifici e “ligandi” è alla base del gusto e dell’olfatto. Il seminario metterà in rilievo la rilevanza della forma e della geometria sia dei composti che hanno sapore, che dei recettori preposti al loro riconoscimento, codificati da geni specifici di cui sono noti diversi polimorfismi. Torna al programma Pietro Perconti, Dipartimento di Scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali, Università degli Studi di Messina. Email: [email protected]

La mente è fatta solo di forme Una volta la mente era considerata come qualcosa di immateriale. Anzi, l’immaterialità era il suo principale tratto caratteristico. La scienza cognitiva ha modificato radicalmente questa idea ed ha esplorato, invece, la possibilità che la mente non sia che una delle cose che fanno i corpi, ossia una delle loro funzioni. Se, da un lato, tale prospettiva è radicalmente materialistica, d’altro lato, essa introduce una nuova forma di “immaterialismo", fatta di forme invece che delle vecchie sostanze immateriali. Nel corso del mio intervento tenterò di mostrare in che senso la scienza cognitiva è una scienza di forme volta essenzialmente all’individuazione di architetture computazionali astratte. Torna al programma Giuseppe Randazzo, Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT), Università degli Studi di Messina. Email: [email protected]

Evoluzione della forma della terra emersa: dalla deriva dei continenti all’erosione costiera Fattori geologici e caratteristiche climatiche, naturalmente in evoluzione, hanno determinato, nel corso delle ere geologiche, cambiamenti della forma della terra emersa che oggi minacciano il nostro tessuto ampiamente urbanizzato. Già i grandi matematici e filosofi greci avevano compreso la sfericità della terra, anticipando la geografia di Tolomeo e soprattutto le verifiche empiriche di Galileo Galilei. Ma soltanto con i primi voli aerostatici si poté iniziare ad apprezzare dall’alto la forma delle terre emerse. Così dall’800 l’interesse per le riprese dall’alto è cresciuto in maniera esponenziale soprattutto per finalità militari e di pianificazione. Queste, per lungo tempo, sono rimaste limitatamente fruibili se non sotto forma di foto aeree e immagini satellitari, scattate per ampi territori da quote molto elevate.

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La miniaturizzazione degli apparecchi fotografici e di diversi altri sensori, nonché l’avvento nel mondo civile degli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR - droni) ha reso disponibile, al grande pubblico dei liberi professionisti, la possibilità di acquisire informazioni aeree di estremo dettaglio a costi sempre più competitivi. Questa evoluzione tecnica ha permesso di fotografare i matrimoni dall’alto, ma anche di rileggere il territorio da un punto di vista diverso. Torna al programma Scolastica Serroni, Dipartimento di Scienze Chimiche, Biologiche, Farmaceutiche ed Ambientali Università di Messina. Email: [email protected]

Alberi molecolari: i dendrimeri, dai primi esempi alle applicazioni più recenti La forma dendritica è senza dubbio una tra le più diffuse in natura. Negli anni novanta del secolo scorso questo tipo di architetture molecolari ha catalizzato un notevole interesse scientifico testimoniato da un imponente numero di pubblicazioni. I primi dendrimeri di sintesi basati su subunità organiche, preparati dai gruppi di ricerca di F. Vögtle, D.A. Tomalia e J.M.J Frechet, sono stati seguiti poi da numerosi ed interessanti esempi di sistemi contenenti anche metalli. Nella lezione verrà presentata una breve storia di questo tipo di sistemi: la loro progettazione in funzione delle proprietà attese, le strategie possibili per ottimizzare le loro sintesi e le diverse proprietà e possibili funzioni legate e conseguenti alla loro forma. In particolare, tali sistemi possono trovare applicazioni in ambiti molto diversi che vanno dalla fotosintesi artificiale alla nanomedicina. Torna al programma

Luca Sìneo, Dipartimento STEBICEF (Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche), laboratorio di Antropologia, Università degli Studi di Palermo. Email: [email protected]

Le forme dell’uomo Homo sapiens è un mammifero di grandi dimensioni, una delle specie più recenti tra i Primati. Sviluppatosi nel Continente africano nel Pleistocene Medio finale Homo sapiens ha, a cominciare dal Pleistocene superiore, iniziato un’intensa attività migratoria che lo ha portato, in tempi e modi diversi, ad occupare diverse ecologie. Tutti gli uomini appartengono alla specie sapiens, che risulta oggi altamente polimorfica e politipica. Discuteremo delle differenze fenotipiche tra uomini e dei motivi genetici ed ambientali alla base di queste differenze. Torna al programma Mariano Venanzi, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche, Università di Roma Tor Vergata. Email: [email protected]

Crescita e Forma: un approccio molecolare Self-assembly, cioè la spontanea organizzazione di componenti molecolari in strutture ordinate, è la strategia usata dai sistemi biologici per costruire unità funzionali complesse. Lo stesso tipo di approccio (bottom up) è usato dalle nanotecnologie per costruire strutture a livello nanometrico e mesoscopico da semplici unità molecolari. Nanotubi, nanodischi, strutture globulari, fibrille, dendrimeri, clusters di nanoparticelle sono tutte strutture facilmente ottenibili da mattoni molecolari. La questione centrale è: come controllare la crescita di queste strutture? Come determinarne la morfologia in funzione delle condizioni operative (temperatura, solvente, forza ionica, concentrazione dei componenti molecolari)? Molti di questi processi sono di tipo cooperativo, e procedono spesso attraverso più step, passando dalla formazione di nuclei di aggregazione alla crescita, più o meno veloce, di strutture supramolecolari. Variando le condizioni operative, si può passare da un controllo cinetico della crescita di queste strutture, ad un controllo termodinamico, legato alla stabilità delle strutture intermedie. Qual è dunque il rapporto tra meccanismo di crescita e la morfologia finale degli aggregati, e cosa determina la loro evoluzione temporale? Queste domande rimandano a problemi tecnologici (la riproducibilità delle strutture) e funzionali (la forma determina la funzione). Il caso paradigmatico è quello della formazione di strutture amiloidi, responsabili di una serie di malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer o il Parkinson). In quel caso la formazione di fibrille da proteine in stato nativo, passa attraverso la formazione di strutture intermedie a basso peso molecolare, spesso di forma globulare, che si

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aggregano in beta strands, orientati perpendicolarmente all’asse di crescita di fibrille, per poi evolvere in fibre micrometriche di tipo amiloide, fino alla formazione di placche che vanno ad inibire il funzionamento dei centri neuronali. Dei meccanismi di crescita di queste nanostrutture e di come questi determinano la morfologia degli aggregati, parleremo nel corso di SPAIS 2017, focalizzandoci sugli aspetti molecolari dei processi descritti. Torna al programma

Giovanni Villani, Istituto di Chimica dei Composti Organometallici, CNR, PISA. Email: [email protected]

La forma degli atomi/molecole e quella degli orbitali La forma degli enti microscopici da sempre è stata impiegata per spiegare le loro proprietà e, di seguito, quello delle sostanze macroscopiche da loro formate. Qui analizzeremo il rapporto tra la Meccanica Quantistica e la forma geometrica di atomi, molecole, orbitali, ecc. La problematicità di questo rapporto è evidente a più livelli. Da un punto di vista strettamente “tecnico”, il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, con la conseguente impossibilità di “posizionare” nello spazio come nella Meccanica Classica gli atomi e i suoi componenti, pone, ovviamente, problemi alla loro “forma”. Vi è poi il problema della struttura molecolare. Essa è legata all’approssimazione di Born-Oppenheimer, nota anche come approssimazione adiabatica, che consente una trattazione quantistica per gli elettroni e una classica per i nuclei atomici. La forma delle molecole è, quindi figlia di un’approssimazione? Infine, da un punto di vista più generale, anche la visione probabilistica della Meccanica Quantistica apre problemi rispetto alla forma di atomi e molecole. Torna al programma

La forma delle molecole biologiche. Esempi di strutture del DNA Le molecole di interesse biologico sono spesso grandi e possono presentare delle “forme naturali” (note come struttura secondaria, terziaria e quaternaria). Di recente, la Chimica Quantistica ha raggiunto un livello da poter trattare con una certa precisione “pezzi” consistenti di queste molecole. Qui ci occuperemo di analizzare sia il rapporto tra la dinamica quantistica e la “forma” di queste molecole, sia le informazioni che la loro forma può suggerire per capire le interazioni con altre molecole. Il semplice modello “chiave-serratura” va dettagliato e approfondito, ma tale modello coglie alcuni aspetti importanti di tali interazioni. In particolare, analizzeremo alcuni esempi di “pezzi” di DNA, da quelli “classici” a doppia elica ad alcuni “innovativi” a quadrupla elica che sembrano essere coinvolti in fondamentali processi biologici, come l’invecchiamento o i tumori. Torna al programma Laboratori Giorgio Häusermann, Il Giardino della scienza, www.scatoladieinstein.com. Email: [email protected]

Le forme nella Scatola di Einstein La conferenza/spettacolo presenta come si può studiare la scienza, e in particolare la fisica, divertendosi. Osservare, ragionare, sperimentare, stupirsi e imparare sono gli elementi che accompagnano tutta la presentazione che si basa sull’utilizzo di giocattoli e di semplici esperienze. Con l’aiuto del pubblico sono presentate esperienze che sembrano magiche ma che ritrovano la loro spiegazione nelle leggi della fisica. L’attività è stata presentata oltre un centinaio di volte dalla fine degli anni novanta ad oggi in Svizzera, Italia, Belgio, Messico e Spagna in contesti molto diversi: dalle scuole dell’infanzia ai corsi di formazione per insegnanti, da piccoli gruppi-classe e alle platee dei festival della scienza. Gli argomenti sono trattati come se fossero presi da un immaginario manuale di carattere scientifico dove al posto delle pagine, delle formule, delle definizioni, degli esercizi ci sono giocattoli e semplici esperienze che mostrano come nel loro funzionamento si possano ritrovare i concetti e i fenomeni studiati nei corsi scolastici. Considerando il tema della scuola SPAIS 2017, nella presentazione sarà messo in evidenza come il funzionamento dei giocattoli dipende dalla sua forma o anche solo da quella di un particolare elemento, come il movimento di un oggetto prenda

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determinate traiettorie/forme indipendentemente dalla sua natura e più in generale come la forma sia determinante per permettere di… inFormare su come sia affascinante la scienza. Torna al programma Dalla Ricerca ai concetti di base

Workshop, discussione e lavori di gruppo Tutor: Maria Concetta Consentino, Claudio Fazio, Patrizia Gasparro L’attività pomeridiana prevede un dibattito tra i partecipanti alla Scuola sulla possibile trasposizione didattica di alcuni dei contenuti trattati durante le relazioni mattutine, in presenza di alcuni dei relatori, che parteciperanno al dibattito. A seguire i partecipanti saranno impegnati in lavori di gruppo, con realizzazione di un prodotto finale a scelta tra mappa concettuale di didattica integrata, schema di un iter progettuale di scienze integrate, indicazione di elementi di innovazione didattica e sostenibilità del percorso didattico individuato. Torna al programma Serata Speciale “Breaking Bad – Il Cambiamento” Discussione coordinata da Guido De Guidi, Dipartimento di Scienze Chimiche Università di Catania. Email: [email protected] Partecipano Alessandro Alfieri, Dipartimento di Filosofia Università Sapienza di Roma, Accademia di Belle Arti di Roma. Email: [email protected] Mauro Icardi, Prealpi Servizi Varese, Chimico di laboratorio redattore e collaboratore del blog “La chimica e la società”. Email: [email protected]

La serie TV “Breaking Bad” descrive le vicende di Walter White, professore di chimica di una scuola della provincia americana, costretto a una vita mediocre che soffoca il suo indubitabile talento e la sua genialità. Essa rappresenta e racconta in maniera lucida le ansie e le inquietudini del nostro tempo; allo stesso tempo è come se l’intera serie fosse attraversata da una sottile ironia che evidenzia i limiti dell’ingenuità che ognuno di noi può commettere quando denuncia le responsabilità del mondo esterno, o ancora quando ritiene possibile astrarsi e rinnegare quel mondo per riappropriarsi del proprio presunto “autentico” io. Da questa prospettiva, significativo è il ruolo che assume la scienza e nello specifico la chimica, definita “scienza del cambiamento” e utile espediente narrativo, dal momento che sono evidenti nella serie alcune incongruenze. Il problema centrale della serie è quello relativo alle modalità attraverso le quali si costituisce un soggetto, al ruolo della natura nel processo di costituzione dell’io, alla funzione che assume l’esperienza concreta e le convenzioni sociali e morali nella definizione della propria identità. A questi temi sono collegati gli interrogativi di tipo morale: l’errore e la colpa che commette Walter White è ritenere possibile una trasformazione migliorativa della propria vita, ed è in questi termini che può venire compreso il passaggio

da Walter White ad Heisenberg, ovvero come ricerca di un riscatto e di una liberazione dal proprio passato; per tutto il corso della sua parabola narrativa, il professore pecca nella convinzione di poter riappropriarsi di un “io originario”, come se esistesse un io a prescindere da quelle norme e da quelle condizioni che, anche se negativamente, si ripropongono costantemente nel corso della sua avventura. “Breaking Bad” si può paragonare ad una reazione chimica. Per la semplice ragione che la vicenda che si dipana in cinque stagioni e 62 episodi inizia in maniera lenta, per poi sviluppare la narrazione in maniera vertiginosa. La stessa metamorfosi di White in Heisenberg è costellata da dubbi, ripensamenti, necessità di costruirsi degli alibi giorno per giorno. Fino a quando, superata l’inerzia, la reazione/trasformazione di White in Heisenberg procederà con maggiore velocità e sarà a quel punto irreversibile. E questo è solo uno dei tanti spunti che il chimico può cogliere guardandola. Perché durante questo processo di trasformazione e cambiamento Walter White farà comunque sempre riferimento alla chimica. E per diverso tempo non si considererà un criminale, ma un chimico che ha messo a punto un prodotto unico. Prima di arrivare ad ammettere di aver rinnegato ogni tipo di morale, per lui tutto sarà sempre “questione di chimica”. Torna al programma