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5S Epidemiologia Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e morbilità nei paesi occidentali. Malgrado si sia osservata nell’ultimo decennio una riduzione dei deces- si legata a più efficaci trattamenti medici e chirurgici, la mortalità e la morbilità sono in aumento nei paesi dell’Est Europa e dell’Afri- ca per l’adozione di stili di vita tipici dei paesi industrializzati 1 . In Italia, la mortalità per cardiopatia ische- mica rappresenta il 12% di tutte le morti (l’in- farto acuto del miocardio l’8%) nella popola- zione di età 35-74 anni ed è maggiore negli uomini rispetto alle donne. Dagli anni ‘80 a oggi, il tasso di mortalità è diminuito in ma- niera lenta e graduale in entrambi i sessi 2 . Il grafico riportato nella Figura 1 illustra il trend del tasso di mortalità per malattie ische- miche del cuore (ICD-9-CM 410-414) e per in- farto miocardico acuto (ICD-9-CM 410) dal 1980 al 2002 in Italia. I tassi di mortalità (per 100 000) sono elaborati per la fascia di età 35- 74 anni, separatamente per uomini e donne, e sono standardizzati con metodo diretto utiliz- zando la popolazione europea come stan- dard. I dati di origine provengono dalla banca dati sulla mortalità in Italia dell’Ufficio di Sta- tistica dell’Istituto Superiore di Sanità. La mor- talità per infarto del miocardio è passata da 166 per 100 000 nel 1980 a 64.6 per 100 000 nel 2002 negli uomini; nelle donne invece da 43.57 a 17.33 per 100 000. Le stime ISTAT 3 più recenti indicano per il 2004 un tasso di mortalità per infarto del mio- cardio di 73 per 100 000 negli uomini e 49 per 100 000 nelle donne (tutte le fasce di età). Al di là della classificazione basata sui co- dici ICD-9-CM, da un punto di vista stretta- mente clinico nella cardiopatia ischemica è uso comune definire le sue manifestazioni acute con la denominazione di sindromi coro- nariche acute (SCA), delle quali l’infarto mio- cardico acuto con sopraslivellamento del trat- to ST (STEMI) rappresenta la forma più grave 4 . Accanto allo STEMI, vi sono forme nelle quali il tratto ST non è sopraslivellato (SCA- NSTE). In questi casi la diagnosi è più com- plessa e dal punto di vista epidemiologico è più difficile stabilirne la reale prevalenza. Questa difficoltà è accresciuta dall’introdu- zione di una nuova definizione dell’infarto la quale, grazie anche all’utilizzo di marcatori di necrosi miocardica ultrasensibili, può estenderne notevolmente i criteri diagnosti- ci. In particolare, il documento congiunto Eu- ropean Society of Cardiology/American Col- lege of Cardiology (ESC/ACC) del 2000 5,6 , ha attribuito ai marcatori di necrosi un ruolo centrale nella diagnosi di infarto miocardico acuto, sia esso con (STEMI) o senza (NSTEMI) sopraslivellamento persistente del tratto ST, o di angina instabile. Quest’ultimo caso, ca- ratterizzato dalla presenza di sintomi ed al- terazioni elettrocardiografiche ma non asso- ciato a rialzo dei marcatori di necrosi, appar- tiene alle SCA-NSTE insieme al NSTEMI. Più recentemente, il documento del 2000 è stato rivisto da una task force internazionale che ha pubblicato un documento sulla definizio- ne universale dell’infarto miocardico 7 . Se da un lato resta difficile valutare l’esatta preva- lenza delle SCA-NSTE, da un punto di vista epidemiologico il problema è di estrema rile- vanza. Secondo quanto riportato nel rapporto American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) del 2007 8 , ri- guardante le linee guida per il trattamento dei pazienti con angina instabile/NSTEMI, nel 2004 negli Stati Uniti si sono verificati oltre 1.5 milioni di ospedalizzazioni per SCA, delle qua- li circa 670 000 per angina instabile e 896 000 per infarto. Come dimostrabile dall’analisi di alcuni si- stemi di sorveglianza attivi nel nostro paese, quale il Registro Nazionale delle Malattie Car- diovascolari (RNMC) 2 , le cifre sono molto im- portanti anche in Italia. Il RNMC è un sistema di sorveglianza degli eventi coronarici e cere- brovascolari, fatali e non fatali, realizzato nel- la popolazione di età compresa fra 35 e 74 an- ni. L’obiettivo del RNMC è di stimare la fre- quenza degli eventi coronarici e cerebrova- scolari acuti in otto aree rappresentative e Epidemiologia, diagnosi e stratificazione di rischio delle sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST (G Ital Cardiol 2009; 10 (Suppl 1-6): 5S-24S) WORKSHOP I

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Epidemiologia

Le malattie cardiovascolari rappresentano laprincipale causa di mortalità e morbilità neipaesi occidentali. Malgrado si sia osservatanell’ultimo decennio una riduzione dei deces-si legata a più efficaci trattamenti medici echirurgici, la mortalità e la morbilità sono inaumento nei paesi dell’Est Europa e dell’Afri-ca per l’adozione di stili di vita tipici dei paesiindustrializzati1.

In Italia, la mortalità per cardiopatia ische-mica rappresenta il 12% di tutte le morti (l’in-farto acuto del miocardio l’8%) nella popola-zione di età 35-74 anni ed è maggiore negliuomini rispetto alle donne. Dagli anni ‘80 aoggi, il tasso di mortalità è diminuito in ma-niera lenta e graduale in entrambi i sessi2.

Il grafico riportato nella Figura 1 illustra iltrend del tasso di mortalità per malattie ische-miche del cuore (ICD-9-CM 410-414) e per in-farto miocardico acuto (ICD-9-CM 410) dal1980 al 2002 in Italia. I tassi di mortalità (per100 000) sono elaborati per la fascia di età 35-74 anni, separatamente per uomini e donne, esono standardizzati con metodo diretto utiliz-zando la popolazione europea come stan-dard. I dati di origine provengono dalla bancadati sulla mortalità in Italia dell’Ufficio di Sta-tistica dell’Istituto Superiore di Sanità. La mor-talità per infarto del miocardio è passata da166 per 100 000 nel 1980 a 64.6 per 100 000nel 2002 negli uomini; nelle donne invece da43.57 a 17.33 per 100 000.

Le stime ISTAT3 più recenti indicano per il2004 un tasso di mortalità per infarto del mio-cardio di 73 per 100 000 negli uomini e 49 per100 000 nelle donne (tutte le fasce di età).

Al di là della classificazione basata sui co-dici ICD-9-CM, da un punto di vista stretta-mente clinico nella cardiopatia ischemica èuso comune definire le sue manifestazioniacute con la denominazione di sindromi coro-nariche acute (SCA), delle quali l’infarto mio-cardico acuto con sopraslivellamento del trat-to ST (STEMI) rappresenta la forma più grave4.

Accanto allo STEMI, vi sono forme nellequali il tratto ST non è sopraslivellato (SCA-

NSTE). In questi casi la diagnosi è più com-plessa e dal punto di vista epidemiologico èpiù difficile stabilirne la reale prevalenza.Questa difficoltà è accresciuta dall’introdu-zione di una nuova definizione dell’infarto laquale, grazie anche all’utilizzo di marcatoridi necrosi miocardica ultrasensibili, puòestenderne notevolmente i criteri diagnosti-ci. In particolare, il documento congiunto Eu-ropean Society of Cardiology/American Col-lege of Cardiology (ESC/ACC) del 20005,6, haattribuito ai marcatori di necrosi un ruolocentrale nella diagnosi di infarto miocardicoacuto, sia esso con (STEMI) o senza (NSTEMI)sopraslivellamento persistente del tratto ST,o di angina instabile. Quest’ultimo caso, ca-ratterizzato dalla presenza di sintomi ed al-terazioni elettrocardiografiche ma non asso-ciato a rialzo dei marcatori di necrosi, appar-tiene alle SCA-NSTE insieme al NSTEMI. Piùrecentemente, il documento del 2000 è statorivisto da una task force internazionale cheha pubblicato un documento sulla definizio-ne universale dell’infarto miocardico7. Se daun lato resta difficile valutare l’esatta preva-lenza delle SCA-NSTE, da un punto di vistaepidemiologico il problema è di estrema rile-vanza.

Secondo quanto riportato nel rapportoAmerican College of Cardiology/AmericanHeart Association (ACC/AHA) del 20078, ri-guardante le linee guida per il trattamentodei pazienti con angina instabile/NSTEMI, nel2004 negli Stati Uniti si sono verificati oltre 1.5milioni di ospedalizzazioni per SCA, delle qua-li circa 670 000 per angina instabile e 896 000per infarto.

Come dimostrabile dall’analisi di alcuni si-stemi di sorveglianza attivi nel nostro paese,quale il Registro Nazionale delle Malattie Car-diovascolari (RNMC)2, le cifre sono molto im-portanti anche in Italia. Il RNMC è un sistemadi sorveglianza degli eventi coronarici e cere-brovascolari, fatali e non fatali, realizzato nel-la popolazione di età compresa fra 35 e 74 an-ni. L’obiettivo del RNMC è di stimare la fre-quenza degli eventi coronarici e cerebrova-scolari acuti in otto aree rappresentative e

Epidemiologia, diagnosi e stratificazionedi rischio delle sindromi coronariche acutesenza sopraslivellamento del tratto ST

(G Ital Cardiol 2009; 10 (Suppl 1-6): 5S-24S)

WORKSHOP I

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geograficamente strategiche del nostro paese: Brianza,Caltanissetta, Firenze, Friuli-Venezia Giulia, Modena, Na-poli, Roma e Veneto. Nel Registro Nazionale convergono idati raccolti sul territorio, sotto il coordinamento dell’Isti-tuto Superiore di Sanità.

Il RNMC permette di produrre stime attendibili dei tas-si di incidenza, di quelli di attacco e della letalità deglieventi coronarici e cerebrovascolari, oltre alla frequenzanell’utilizzo di procedure diagnostiche e terapeutiche infase acuta e post-acuta per Nord, Centro e Sud-Isole.

Dal punto di vista metodologico, la raccolta dati si rea-lizza attraverso l’utilizzo di due fonti di informazione: icertificati di morte (ISTAT) e le diagnosi desunte dalle sche-de di dimissione ospedaliera (SDO). Dall’insieme di questidati appaiati e grazie al controllo della durata della degen-za, è possibile identificare gli eventi coronarici e cerebro-vascolari sospetti. Un sottocampione di questi eventi vienevalidato attraverso l’applicazione delle procedure e criteridiagnostici del progetto MONICA9.

che studi internazionali quali il registro MONICA10 indica-no la letalità preospedaliera intorno al 30% di tutti gli in-farti, si può stimare che, nello stesso anno, circa 44 000 pa-zienti siano deceduti prima ancora di arrivare in ospedale.Pertanto il totale, quantificabile intorno a 147 000 infartidel miocardio nell’anno 2004, conferma l’ordine di gran-dezza ottenuto attraverso i dati raccolti dal RNMC.

Nella Figura 2B è riportato il numero complessivo dieventi SCA (STEMI e SCA-NSTE; codici ICD-9CM 410-411)calcolato dalle SDO nazionali relative agli anni 2001-2005.Anche in questo caso sono stati esclusi i falsi infarti e glieventi ripetuti nell’arco dei 30 giorni dalla data del ricove-ro indice. Nel 2004 si sono registrati in Italia 159 142 even-ti SCA.

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100

150

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1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002

Anno

Ta

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410-14 Uomini 410 Uomini 410-14 Donne 410 Donne

Figura 1. Mortalità per 100 000 per malattie ischemiche del cuore (codice ICD-9-CM 410-14) e infarto miocardico acuto (codice ICD-9-CM 410). Uomi-ni e donne 35-74 anni. Dati standardizzati per età con la popolazione europea.Fonte: www.cuore.iss.it.

I dati raccolti nell’ambito del RNMC permettono distimare un tasso di attacco di eventi coronarici nella po-polazione adulta (35-74 anni) di 33.9 per 10 000 negliuomini e 4.1 per 10 000 nelle donne. Da queste valuta-zioni, calibrate sulla popolazione italiana residente al-l’anno 2004, si può stimare che in 1 anno oltre 135 000individui siano colpiti da un evento coronarico e che diquesti 45 000 siano eventi fatali.

Tutte le quarte cifre, ad eccezione della .7_, identi-ficano l’infarto STEMI e contemporaneamente ne indi-cano la sede. Secondo le linee guida prodotte dai Cen-ters for Medicare and Medicaid Services e dal NationalCenter for Health Statistics11 e quelle già adottate in al-cune regioni italiane come l’Emilia Romagna12, in casodi NSTEMI deve essere utilizzata la quarta cifra .7_, pri-vilegiando quindi il criterio che identifica questo tipo diinfarto, rispetto alla sede.

Tuttavia le modalità di codifica delle SDO non so-no omogenee in Italia e le stime di prevalenza delledue condizioni (STEMI e SCA-NSTE) possono essere

Allo stato attuale l’analisi delle SDO nazionali nonconsente di quantificare con esattezza la prevalenzadel NSTEMI rispetto a quella dello STEMI.

Dati relativi all’analisi delle SDO nazionali per gli anni2001-2005 di fatto confermano queste stime. In particola-re, come riportato nella Figura 2A, su circa 125 000 ricove-ri ospedalieri per infarto del miocardio (STEMI e NSTEMI)per l’anno 2004, si contano 102 867 “eventi” infarto. Perdefinire correttamente il numero di eventi, sono statiesclusi i falsi infarti (pazienti dimessi a domicilio entro 2giorni dalla data di ammissione) e gli eventi infarto ripetu-ti nell’arco dei 30 giorni dal ricovero indice. Considerando

Da un punto di vista strettamente tecnico è importan-te discutere le modalità di codifica nella SDO delle SCA.L’infarto miocardico acuto è descritto nella ICD-9-CM 2002dalla categoria 410. La quarta cifra del codice indica la se-de dell’infarto, ma viene anche utilizzata per distingueregli infarti STEMI dagli infarti NSTEMI.

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A questo proposito lo studio IN-ACS Outcome, condot-to dall’ANMCO tra il 2005 e il 2007 in 44 centri italiani (Car-diologie e Medicine)13, si è posto l’obiettivo di verificare lacorrispondenza tra la diagnosi di dimissione ospedalieraed i dati amministrativi, attraverso operazioni di linkagetra scheda clinica dello studio e SDO. In 3 regioni che uti-lizzano il criterio della quarta cifra .7_ per indicare il NSTEMI(Emilia Romagna, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia) è sta-ta osservata un’ottima sovrapposizione tra la codifica ICD-9-CM STEMI-SCA-NSTE ed i criteri diagnostici adottati nel-l’IN-ACS Outcome.

Nella Figura 3A è riportato il grafico che riguarda l’anali-si SDO 2001-2005 delle regioni Emilia Romagna, Lombardia eFriuli-Venezia Giulia e che illustra il trend degli eventi STEMI

e SCA-NSTE. Tra il 2001 e il 2005 gli eventi STEMI sono pas-sati da 19 733 a 17 574 mentre gli eventi NSTEMI sono piùche raddoppiati passando da 6194 a 12 951. Le angine insta-bili sono leggermente diminuite (da 16 783 a 14 647) e quin-di, tra le SCA, la proporzione di casi con SCA-NSTE è passatadal 53.8% nel 2001 al 61.1% nel 2005. Al contrario la pro-porzione di STEMI è passata negli stessi anni dal 46.2% al38.9%. Chiaramente, come già segnalato, nel 2002 la varia-zione dei criteri diagnostici, con in primis l’utilizzo di analisibiochimiche molto più sensibili, ha contribuito in manieradecisiva a modificare questo assetto aumentando i casi di in-farto miocardico acuto ed in particolare quelli di NSTEMI.

Workshop I

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prodotte solo in quelle regioni che hanno adottato li-nee guida nelle quali, in presenza di diagnosi di infar-to del miocardio (ICD-9-CM 410), si raccomanda quelparticolare criterio di codifica per le forme senza so-praslivellamento del tratto ST.

Al momento l’analisi delle SDO 2004 delle 3 regio-ni con codifica ICD-9-CM validata, come sopra indica-to, permette di stimare un tasso di ricovero per infar-to del miocardio di 2.5 per 1000 abitanti per anno e,più in particolare, un tasso di ricovero per NSTEMI(ICD-9-CM 410.7) di 1 per 1000 abitanti per anno e pertutte le SCA-NSTE di 2 per 1000 abitanti per anno.

IMA

0

20000

40000

60000

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120000

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2001 2002 2003 2004 2005

Anno

Ricoveri

Eventi

Anno

SCA - EVENTI TOTALI

146786

154172

159142

138483

158381

125000

130000

135000

140000

145000

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160000

165000

2001 2002 2003 2004 2005

Figura 2. A: numero di ricoveri e di eventi per infarto miocardico acuto (IMA) (codice ICD-9-CM 410) desunto dalle schede di dimissione ospedaliera 2001-2005. Per definire il numero di eventi, sono stati esclusi i falsi infarti (pazienti dimessi a domicilio entro 2 giorni dalla data di ammissione) e gli eventi IMAripetuti nell’arco dei 30 giorni dal ricovero indice. B: numero di eventi per sindrome coronarica acuta (SCA) (infarto miocardico con sopraslivellamentodel tratto ST e SCA senza sopraslivellamento del tratto ST, codice ICD9-CM 410-411) desunto dalle schede di dimissione ospedaliera 2001-2005.

A

B

IMA

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La prognosi delle SCA-NSTE è diversa e vede un decor-so ospedaliero più favorevole rispetto a quello dei pazien-ti STEMI. L’analisi SDO rivela, infatti, una mortalità intra-ospedaliera fino a 30 giorni dal ricovero indice intorno al15% per lo STEMI e al 3-4% per le SCA-NSTE. Questo para-metro si mantiene più o meno stabile negli anni, con un de-bole trend temporale discendente per gli STEMI e crescenteper le SCA-NSTE (Figura 3B).

Come è facilmente prevedibile, la mortalità intraospe-daliera è molto diversa in relazione all’età dei pazienti, tri-plicando o addirittura quintuplicando nella fascia di etàpiù anziana (>75 anni) rispetto alle classi di età più giova-ni. D’altra parte, l’età è uno tra i più importanti fattori dirischio e spesso porta con sé una serie di altre condizioninotoriamente sfavorevoli per l’esito (comorbilità croni-che).

Il punto di vista degli internisti, secondo i quali i pa-zienti più anziani potrebbero non essere stati ammessi inreparti di Cardiologia, ma trattati prevalentemente in re-parti medici, pare supportato da quanto rilevabile dai si-stemi informativi correnti. Ancora una volta, utilizzando leSDO 2006-2007 messe a disposizione dalle regioni EmiliaRomagna, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, è stato possi-bile identificare il passaggio dei pazienti ricoverati con dia-gnosi di SCA in un reparto di Cardiologia [o unità di tera-pia intensiva coronarica (UTIC) o Cardiochirurgia]. L’anali-si, riportata nella Figura 4A, ha evidenziato che, almenoper le età più avanzate (>75 anni), circa il 24% delle SCA-NSTE, ma anche il 34% degli STEMI, vengono trattati in re-parti di Medicina. Questa proporzione si riduce solo per ipazienti più giovani (età <65 anni), dove è pari al 6.2% perle SCA-NSTE e 5.7% per gli STEMI.

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Il panel auspica l’adozione e l’implementazionedella codifica con la quarta cifra .7_ per le SCA-NSTEmediante linee guida nazionali e regionali per la codi-fica delle SDO in modo da ottenere dati epidemiologi-ci omogenei ed accurati su tutto il territorio nazionale,che consentano l’analisi dei trend temporali in Italia.

0

10

20

30

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50

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2001 2002 2003 2004 2005

Anno

%

SCA-NSTE

STEMI

Mortalità

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2

4

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16

18

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2001 2002 2003 2004 2005

Anno

%

STEMI a 30gg

SCA-NSTE a 30gg

STEMI a 6 mesi

SCA-NSTE a 6 mesi

Figura 3. Schede di dimissione ospedaliera 2001-2005, regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna. A: proporzione di eventi per in-farto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE). Per de-finire il numero di eventi, sono stati esclusi i falsi infarti e gli eventi ripetuti nell’arco dei 30 giorni dal ricovero indice. B: mortalità ospedaliera a 30giorni e a 6 mesi per eventi STEMI e SCA-NSTE.

A

B

Considerando tutte le età, circa il 15% delle SCA-NSTE e il 19% degli STEMI non transitano attraversoun reparto di Cardiologia; da rilevare che solo il 15%delle SCA-NSTE e meno del 9% degli STEMI non tran-sitati in reparti cardiologici sono stati sottoposti a co-

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Inoltre, i pazienti >75 anni ricoverati in reparti non car-diologici beneficiano delle procedure di rivascolarizzazio-ne in misura ancora minore (8.2% per SCA-NSTE e 4.5%per STEMI): questo reperto è simile a quanto rilevato in al-tri studi internazionali14-17.

Come atteso (Figura 5), la mortalità intraospedaliera a30 giorni è molto diversa nelle differenti fasce di età, maanche in relazione al reparto di ricovero18. Per limitare glieffetti confondenti della preselezione e del diverso profilodi rischio, i dati di mortalità analizzati delle SCA-NSTE e de-gli STEMI sono stati aggiustati tenendo conto delle comor-

bilità dei pazienti (diabete, dislipidemia, ipertensione,broncopneumopatia cronica ostruttiva, nefropatie, cardio-patie, malattie ematiche, tumori, precedenti rivascolariz-zazioni) registrate nel ricovero indice o durante ricoveriprecedenti.

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ronarografia e/o angioplastica (Figura 4B). Di contro,tra coloro che hanno avuto la possibilità di essere rico-verati nei reparti specialistici appropriati, circa il 76%dei pazienti con SCA-NSTE e l’81% dei pazienti conSTEMI è stato sottoposto a coronarografia o angiopla-stica.

Nei pazienti con SCA-NSTE transitati in Cardiolo-gia, la mortalità intraospedaliera a 30 giorni dal rico-vero indice, aggiustata per le diverse comorbilità, è ri-sultata circa la metà di quella dei pazienti trattati inreparti non cardiologici, indipendentemente dalla fa-scia di età.

STEMI

65,7

81,288,3

94,3

5,711,7

34,3

18,8

0

10

20

30

40

50

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70

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90

100

<65 65-75 >75 Totale

classi di età

Cardiologia Altro

SCA-NSTE

76,2

85,4

6,29,8

93,890,2

23,8

14,6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

<65 65-75 >75 Totale

classi di età

STEMI

93,387,2

60,1

80,8

24,217,6

4,58,6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

<65 65-75 >75 Totale

classi di età

Cardiologia Altro

SCA-NSTE

87,882,3

60,3

75,8

34,8

26,1

8,2

15,0

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

<65 65-75 >75 Totale

classi di età

Il dato più allarmante è comunque quello relativo allamortalità intraospedaliera a 30 giorni dei pazienti conSTEMI. In questo caso il rischio relativo dei soggetti ricove-rati in reparti di Medicina, rispetto a quello dei ricoveratiin Cardiologia, è di 8.6 per i pazienti più giovani (mortali-

A B

Figura 4. Schede di dimissione ospedaliera 2006-2007, regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna. A: proporzione di pazienti con in-farto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE) che tran-sitano in un reparto di Cardiologia (o unità di terapia intensiva coronarica o Cardiochirurgia) suddivisi per fasce di età. B: proporzione di pazienti conSTEMI e SCA-NSTE che vengono sottoposti ad una coronarografia o procedura di angioplastica suddivisi per fasce di età.

≤64 65-74 ≥75 ≤64 65-74 ≥75

≤64 65-74 ≥75 ≤64 65-74 ≥75

classi di età

Cardiologia Altro

classi di età

Cardiologia Altro

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tà 19.6 vs 2.3%), 3.7 per quelli di età 65-74 anni (23.3 vs6.3%) e 1.6 (26.4 vs 16.7%) per i pazienti più anziani.

che in Italia le SCA-NSTE sono in progressivo aumento ed og-gi hanno una frequenza quasi doppia rispetto allo STEMI. Almomento del ricovero, le SCA-NSTE presentano un minorerischio di eventi precoci rispetto allo STEMI. Poi, colpendosoggetti con un profilo di rischio elevato, perdono a distan-za gran parte del vantaggio prognostico iniziale sullo STEMI.

Età e sede del trattamento determinano non solo dif-ferenze negli eventi dei pazienti con SCA, ma anche nelleterapie. Solo un terzo dei pazienti più anziani ha infatti lapossibilità di ricevere il trattamento adeguato in un repar-to di Cardiologia, indipendentemente dalla diagnosi diSTEMI o SCA-NSTE.

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In generale, soltanto 1 paziente su 10 dei non trat-tati in Cardiologia viene sottoposto ad una coronaro-grafia o ad una procedura di rivascolarizzazione: que-sta disparità di trattamento nei soggetti non trattati inCardiologia rimane anche dopo l’aggiustamento deidati secondo il profilo di rischio (comorbilità e fattoridi rischio individuali) ed indipendentemente dalle ca-ratteristiche dell’infarto (STEMI o SCA-STE) e provocaun aumento della mortalità nei pazienti trattati in Me-dicina, più evidente nelle fasce di età più giovani del-la popolazione.

STEMI - Mortalità aggiustata per comorbilità

2,3

6,3

16,7

19,6

23,3

26,4

0

5

10

15

20

25

30

<65 65-75 >75

classi di età

%

Cardiologia

Altro

SCA-NSTE - Mortalità aggiustata per comorbilità

0,61,6

4,2

1,52,9

7,7

0

5

10

15

20

25

30

<65 65-75 >75

classi di età

%

Cardiologia

Altro

Figura 5. Schede di dimissione ospedaliera 2006-2007, regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Mortalità intraospedaliera a 30giorni per eventi infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST(SCA-NSTE) e per reparto. La mortalità è aggiustata per le comorbilità dei pazienti (diabete, dislipidemia, ipertensione, broncopneumopatia cronicaostruttiva, nefropatie, cardiopatie, malattie ematiche, tumori, precedenti rivascolarizzazioni).

Queste differenze tra i vari reparti si riducono, marimangono statisticamente significative, quando lamortalità viene aggiustata, soprattutto per la fascia dietà più anziana (Figura 5).

Purtroppo, come è noto, l’analisi della mortalità in-traospedaliera a 30 giorni dal ricovero indice non è esau-stiva e pienamente descrittiva delle SCA. È noto infatti chela prognosi delle SCA-NSTE si fa progressivamente e rapi-damente peggiore con il trascorrere del tempo dall’eventoindice, raggiungendo a 4 anni livelli di mortalità >20%19.

È inoltre necessario sottolineare che qualunque descri-zione delle SCA fatta a partire dai dati amministrativi (ades. SDO) riguarda una popolazione selezionata di “soprav-vissuti” che riescono a raggiungere “vivi” l’ospedale e quin-di a lasciare traccia della propria esperienza. Studi impor-tanti e riconosciuti a livello internazionale, quale il proget-to MONICA10, ci insegnano che, sebbene esista con un mini-mo di variabilità legata alla zona geografica, la letalitàpreospedaliera rappresenta circa il 70% di tutte le mortiche si verificano entro 28 giorni dall’insorgenza dei sintomi.

In conclusione, da questa analisi si può desumere che an-

≤64 65-74 ≥75

≤64 65-74 ≥75

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La diagnosi differenziale delle sindromicoronariche acute senza sopraslivellamentodel tratto ST nella pratica clinica

Gestione clinica e organizzativa del dolore toracico

Il dolore toracico legato alle coronaropatie ha di solitoun’intensità variabile (da lieve ad insopportabile), caratte-re oppressivo, è localizzato in sede retrosternale o precor-diale, ma talvolta si localizza o si irradia in sede epigastri-ca, al giugulo, agli arti superiori e al dorso. Il dolore puòcomparire durante lo sforzo (intenso ma anche lieve) o a ri-poso. Esso è di durata variabile (da pochi a 20-30 min, tal-volta più lungo). Il dolore coronarico è scarsamente in-fluenzato dalla posizione del paziente, dal respiro, dal mo-vimento, dalla digitopressione e dall’ingestione di cibo ebevande. Spesso il dolore toracico coronarico è accompa-gnato da sintomi neurovegetativi, quali astenia intensa,diaforesi, dispnea, nausea, vomito, presincope o sincope. Ildolore può essere alleviato dall’interruzione dello sforzo oda farmaci quali i nitrati. È utile ricordare che lo scarso ef-fetto dei nitrati non esclude la diagnosi di SCA; infatti an-che in questo caso potremmo avere un infarto causato daun’occlusione trombotica coronarica.

Proprio per questo, come vedremo in seguito, un dolo-re toracico continuo, resistente alla terapia è una condizio-ne di elevato rischio potenziale e richiede un’attenta valu-tazione. All’opposto in alcuni pazienti (particolarmentenegli anziani, donne, diabetici), l’intensità del dolore tora-cico può essere molto lieve o addirittura assente anche incaso di SCA e questa potrebbe anche manifestarsi con sin-tomi sfumati o fuorvianti; in questi casi la dispnea, l’ipo-tensione o le aritmie vanno considerate come “equivalen-ti ischemici”.

È evidente come la medesima sintomatologia abbia unvalore diverso a seconda della prevalenza della malattianella popolazione a cui il paziente appartiene e quindiun’accurata valutazione anamnestica ha un ruolo chiaveper raccogliere informazioni sulla presenza di fattori di ri-schio cardiovascolare, quali la familiarità, i precedenti car-diovascolari, cerebrovascolari o di arteriopatie perifericheo la presenza di diabete, dislipidemie, ipertensione, taba-gismo25 (Tabella 2).

ElettrocardiogrammaL’ECG deve essere registrato, in Pronto Soccorso, entro 10min dall’arrivo del paziente, qualora il dolore toracico sia

Workshop I

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Il dolore rappresenta il sintomo cardine delle SCA. Ilpanel ritiene che la sua corretta interpretazione assu-ma nel contesto delle SCA-NSTE un valore determi-nante in quanto spesso per l’età avanzata di molti pa-zienti, le numerose comorbilità (diabete, ecc.) la sinto-matologia può essere meno evidente rispetto a quan-to osservato nello STEMI.

Le caratteristiche del dolore, la presenza o meno diuna storia di malattia coronarica, l’età del paziente ela presenza di fattori di rischio di coronaropatia sonogli elementi discriminanti per la diagnosi di dolore to-racico. Un “punteggio” di dolore toracico può essereutilizzato per distinguere, nel modo più specifico e ri-petibile, la “tipicità” del dolore toracico, rispetto ai ca-ratteri più “atipici” (Tabella 1)24.

Il primo passo nella gestione del dolore toracico in am-biente ospedaliero è il triage dei pazienti al Pronto Soc-corso20, cioè l’attuazione di un percorso decisionale checonsenta, attraverso un processo diagnostico e di stratifi-cazione prognostica, di definire la priorità di accesso deipazienti alle visite e alle cure, di ridurre i tempi di attesa edi attribuire la priorità al trattamento dei pazienti più cri-tici21.

Il dolore toracicoIl dolore toracico rappresenta la causa medica più frequen-te di accesso al Pronto Soccorso. Esso può essere seconda-rio a diverse patologie, alcune delle quali sono di notevo-le gravità, quali le SCA, l’embolia polmonare, la dissezioneaortica, ecc. La corretta diagnosi della causa del dolore to-racico è di fondamentale importanza per ricoverare corret-tamente tutti i pazienti che ne abbiano reale indicazione eper evitare invece di accogliere soggetti a basso rischio, neiquali la causa del dolore è difficilmente ascrivibile ad unagrave patologia cardiovascolare e la valutazione diagno-stica completa può essere agevolmente espletata in regi-me ambulatoriale22.

Nel recente documento ANMCO-SIMEU23 viene defini-to come dolore toracico qualsiasi dolore localizzato in unazona che va anteriormente dalla radice del naso all’ombe-lico e posteriormente dalla nuca alla dodicesima vertebradorsale. Questo dolore non deve riconoscere una causatraumatica o comunque clinicamente identificabile. Le ca-ratteristiche qualificanti del dolore toracico sono: la suaqualità, l’irradiazione, l’ampiezza dell’area interessata,l’intensità, il tempo di insorgenza e la persistenza.

Tabella 1. Chest pain score per la valutazione del dolore toracico.

Punti

LocalizzazioneRestrosternale, precordiale +3Emitorace sinistro, collo, mandibola, epigastrio +2Apice -1

CarattereOppressivo, strappamento, morsa +3Pesantezza, restringimento +2Puntorio, pleuritico, pinzettante -1

IrradiazioneBraccia, spalla, posteriore, collo, mandibola +1

Sintomi associatiDispnea, nausea, sudorazione +2

Risultato: score <4 = dolore “atipico”, bassa probabilità di angina pec-toris; score ≥4 = dolore “tipico”, probabilità intermedia-alta di anginapectoris.Da Conti et al.24, modificata.

Il dolore toracico può essere dovuto a:- ischemia miocardica legata a coronaropatia aterotrom-

botica;- ischemia miocardica in assenza di coronaropatia;- altre patologie cardiovascolari (ad es. dissezione aortica);- patologie non cardiache (gastroesofagee, pleuropolmo-

nari, ecc.).

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ancora presente, o appena possibile, qualora il dolore to-racico sia già cessato.

Le SCA-NSTE sono caratterizzate da una o più delle se-guenti modificazioni elettrocardiografiche:- nuovo sottoslivellamento del tratto ST, ad andamentoorizzontale o discendente, >0.05 mV, in più di 2 derivazio-ni contigue;- negativizzazione dell’onda T >0.01 mV in più di 2 deriva-zioni contigue, che abbiano un’onda R evidente o un rap-porto R/S >1.

Anche una pseudonormalizzazione di onde T negativea livello basale può essere espressione di ischemia miocar-dica acuta.

Nella fase di instabilità delle SCA quasi due terzi di tut-ti gli episodi ischemici sono silenti e non facilmente eviden-ziabili dall’ECG: ulteriori informazioni diagnostiche e pro-gnostiche possono essere fornite dal monitoraggio conti-nuo del tratto ST a 12 derivazioni. Numerosi studi27 hannoconfermato che il 15-30% dei pazienti con SCA-NSTE ha fa-si di transitorie modificazioni del tratto ST (sopra- o sotto-slivellamento): questi pazienti hanno un aumentato ri-schio di eventi. Oltre al suo ruolo diagnostico, l’ECG rivesteanche un importante ruolo prognostico: sia la tipologia sial’entità delle modificazioni elettrocardiografiche sono pre-dittive degli eventi nei pazienti con SCA-NSTE7,28.

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Tabella 2. Probabilità che il dolore toracico sia espressione di una sindrome coronarica acuta secondaria a patologia coronarica.

Alta probabilità Media probabilità Bassa probabilità

Una qualsiasi delle seguenti Assenza di caratteristiche di alta Assenza di caratteristiche di alta o media

caratteristiche probabilità ed una qualsiasi delle seguenti probabilità, ma una qualsiasi delle seguenti

Anamnesi Dolore toracico, al braccio sinistro o altri Dolore toracico, al braccio sinistro come Sintomi da probabile ischemia in assenza di

sintomi in precedenza definiti come angina unico sintomo, senza precedente diagnosi caratteristiche di probabilità intermedia

Diagnosi precedente di coronaropatia di coronaropatia Recente uso di cocaina

Età >70 anni

Sesso maschile

Diabete mellito

Esame obiettivo Insufficienza mitralica transitoria, Vasculopatia extracardiaca Dolore toracico riprodotto con la palpazione

ipotensione, sudorazione, edema

polmonare, rantoli

ECG Nuove, o probabilmente nuove, alterazioni Onde Q patologiche, T piatte o invertite nelle derivazioni con

ST (>0.05 mV) o inversione dell’onda T alterazioni ST e dell’onda T, preesistenti onde R dominanti

(>0.2 mV) in presenza di sintomi e stabili

Marcatori cardiaci Troponine o creatinchinasi-MB elevate Marcatori cardiaci normali Marcatori cardiaci normali

Oggi le tradizionali 12 derivazioni devono essereintegrate nei casi sospetti dall’analisi di derivazioniaggiuntive [ventricolari destre (V4R-V6R), posteriori (V7-V9)]

26. Le derivazioni posteriori aumentano la sensibi-lità dell’ECG per la diagnosi di SCA-NSTE, soprattuttonei casi di malattia della circonflessa.

Nel contesto delle SCA-NSTE va poi ricordato cheun marcato sopraslivellamento del tratto ST in aVRpuò essere espressione di un coinvolgimento del tron-co comune della coronaria sinistra.

Per migliorare la sensibilità dell’ECG, qualora il pri-mo tracciato non sia diagnostico ma vi sia comunque unforte sospetto clinico di SCA, è indicata l’esecuzione diECG seriati o di un monitoraggio continuo dell’ECG.

Il panel attribuisce un ruolo diagnostico e progno-stico determinante all’ECG e raccomanda l’esecuzionedi un ECG entro 10 min dal primo contatto medico in unpaziente con dolore toracico sospetto per SCA; auspical’utilizzo di derivazioni aggiuntive (destre e posteriori)e la ripetizione del tracciato a distanza nei casi dubbi.

Va poi ricordato che un sottoslivellamento del tratto STin V1-V3, specie se associato ad un’onda R alta e ad un’on-da T positiva, può essere una rappresentazione specularedi un sopraslivellamento del tratto ST, espressione di unoSTEMI posteriore.

Vi sono modificazioni elettrocardiografiche di base cheostacolano la diagnosi di ischemia miocardica acuta (bloc-co di branca, in particolare sinistra, ritmo da pacemaker) econdizioni che, invece, generano modificazioni elettrocar-diografiche simili a quelle ischemiche acute, quali la mio-pericardite, alcune alterazioni elettrolitiche, la preeccita-zione ventricolare, la sindrome di Brugada, l’embolia pol-monare e l’emorragia subaracnoidea. Nei casi sospetti, ilcardiologo deve rivedere criticamente il tracciato tenendoconto delle diverse diagnosi differenziali.

Marcatori miocardiciI marcatori di necrosi hanno un ruolo chiave nella defini-zione della natura miocardica ischemica del dolore toraci-co. Infatti l’aumento della loro concentrazione plasmaticaidentifica una necrosi miocardica.

Un nuovo documento di consenso7, elaborato congiun-tamente dalle 4 principali Società Cardiologiche mondiali(AHA, ACC, ESC, World Heart Federation), ha recentemen-te rifinito ed espanso la definizione di infarto miocardicoindividuando cinque categorie distinte di infarto miocardi-co basate su differenze fisiopatologiche e sul fatto che l’e-vento sia spontaneo o collegato a procedure di rivascola-rizzazione coronarica percutanea o chirurgica. La nuovadefinizione di infarto, considerata giustamente “universa-le”7, afferma l’importanza dell’individuazione del dannocellulare per la corretta diagnosi della malattia; questa

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può essere ottenuta misurando nel sangue un marcatorespecifico di morte della cellula miocardica, la troponinacardiaca. Tuttavia è il contesto clinico e l’informazione cheviene dall’ECG, talora completati da tecniche di imagingdel cuore, che permettono di accertare se la morte dellecellule miocardiche sia dovuta ad un evento coronaricoacuto primario o sia invece espressione di un danno mio-cardico secondario.

In passato in Italia e nel resto del mondo venivano impie-gati sette differenti criteri biochimici per stabilire se il pa-ziente con malattia coronarica acuta avesse avuto un infar-to28, cosicché il raggiungimento di un consenso rappresentail presupposto per una classificazione omogenea della ma-lattia coronarica su scala mondiale. Il marcatore di necrosioggi preferito è rappresentato dalla troponina, ma il docu-mento segnala che qualora la misurazione della troponinanon sia disponibile, si possa utilizzare per la diagnosi anchela creatinfosfochinasi (CPK)-MB massa, mentre la CPK-MBmisurata come attività, la CPK totale, la latticodeidrogenasie altri marcatori debbano essere considerati obsoleti e nonutilizzabili per la diagnosi di infarto miocardico.

La sensibilità della troponina nell’individuazione deldanno miocardico è tale da consentire la diagnosi anchequando l’ECG non sia alterato: questa elevatissima sensibi-lità consente di individuare quasi il 25% di infarti in più ri-spetto ai metodi tradizionali, rendendo meno probabileuna scorretta diagnosi di SCA. La misurazione della tropo-nina al di fuori del contesto del dolore toracico può con-sentire l’individuazione di un danno miocardico in malat-tie sistemiche, riflettendo la gravità della malattia e sve-lando talvolta la coesistenza di un’importante malattia co-ronarica misconosciuta. Peraltro, il riscontro di valori ele-vati della troponina pone problemi talvolta complessi didiagnosi differenziale con l’infarto miocardico acuto. Lanuova definizione di infarto fornisce anche precisi criteriquantitativi per la diagnosi di infarto iatrogeno nel conte-sto delle procedure di rivascolarizzazione coronarica per-cutanea o chirurgica dove il danno miocellulare conse-guente al trattamento è spesso inevitabile. È utile ricorda-re che, indipendentemente dalla diagnosi o meno di infar-to miocardico, un’elevazione anche minima della troponi-na è legata a una prognosi peggiore della patologia in og-getto, anche non coronarica29.

L’incremento dei marcatori riflette il verificarsi di unanecrosi miocardica, ma non fornisce informazioni sul mec-canismo di questa necrosi e molteplici condizioni cliniche,alcune delle quali piuttosto frequenti, possono causare in-crementi dei marcatori anche al di fuori delle SCA (scom-penso cardiaco, valvulopatia aortica, aritmie, embolia pol-monare, insufficienza renale, ictus, cardiomiopatie infiltra-tive o infiammatorie, pazienti critici in particolare con sep-si o insufficienza respiratoria acuta).

Il reinfarto può essere diagnosticato in presenza di unincremento >20% dei marcatori miocardici misurati 3-6hdopo l’evento ischemico (ad es. una recidiva di dolore to-racico), rispetto al valore immediatamente successivo all’e-vento stesso, con almeno un valore >99° percentile.

I metodi point-of-care hanno tempi di risposta più ra-pidi del laboratorio centrale (15-20 min rispetto a 60-90min), ma una sensibilità inferiore, con falsi negativi a livel-lo di concentrazioni basse di troponina cardiaca (vicine al99° percentile o al limite superiore di riferimento della me-todica) (Tabella 3).

Metodiche non invasive di imagingL’ecocardiogramma è utile nella valutazione diagnosticadel dolore toracico, per rilevare eventuali anomalie dellacinesi regionale, legate all’ischemia miocardica, anomalieevidenziabili anche dopo la risoluzione dell’ischemia, per ifenomeni di stunning del miocardio; inoltre, l’ecocardio-gramma è utile nella diagnosi differenziale di altre patolo-gie legate al dolore toracico, quali la dissezione aortica,l’embolia polmonare, la pericardite essudativa. I limiti del-

Workshop I

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Il panel raccomanda l’esecuzione dei prelievi per lavalutazione della troponina al momento dell’ingressoed a 6-9h; occasionalmente anche a 12-24h, qualora iprimi valori risultino nella norma e vi sia un forte so-spetto di SCA.

L’ingresso delle nuove troponine supersensibili potràabbreviare l’iter dei prelievi ematici seriati30.

Si ribadisce il concetto che per la diagnosi di infar-to l’incremento dei marcatori di necrosi deve essereaccompagnato da almeno una delle seguenti caratte-ristiche:- sintomi compatibili con ischemia miocardica;- modificazioni elettrocardiografiche indicative di

nuova ischemia o sviluppo di onde Q patologiche;- evidenza di nuova perdita di miocardio vitale o nuo-

va anomalia della contrattilità, mediante tecniche diimaging.

Tabella 3. La nuova classificazione dell’infarto miocardico.

Tipo 1Infarto miocardico spontaneo correlato all’ischemia dovuta adun evento coronarico primario, come nel caso di erosione e/orottura, fissurazione o dissezione della placca

Tipo 2Infarto miocardico secondario ad ischemia dovuta ad uno squi-librio tra richiesta ed offerta di ossigeno, come nel caso di spa-smo coronarico, embolizzazione coronarica, anemia, aritmie,ipertensione o ipotensionea

Tipo 3Morte cardiaca improvvisa e inattesa, con arresto cardiaco, spes-so accompagnata da sintomi suggestivi di ischemia miocardica,verosimilmente associata a nuovo sopraslivellamento del trattoST, o nuovo blocco di branca sinistra o riscontro angiografico e/oautoptico di recente trombosi coronarica. In ogni caso, morte ve-rificatasi prima del prelievo di sangue o quando i livelli dei marca-tori biochimici cardiaci non erano ancora rilevabili

Tipo 4aInfarto miocardico correlato ad intervento coronarico percutaneob

Tipo 4bInfarto miocardico associato a riscontro angiografico o autopti-co di trombosi dello stent

Tipo 5Infarto miocardico correlato ad intervento di bypass aortocoro-naricoc

acriterio biochimico: elevazione del marcatore cardiaco (preferibilmen-te la troponina) superiore al 99° percentile della popolazione di riferi-mento; bcriterio biochimico: elevazione del marcatore cardiaco (prefe-ribilmente la troponina) superiore di 3 volte il 99° percentile della po-polazione di riferimento; ccriterio biochimico: elevazione del marcato-re cardiaco (preferibilmente la troponina) superiore di 5 volte il 99° per-centile della popolazione di riferimento.

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la metodica sono legati alla presenza di asinergie preesi-stenti, alla possibile ridotta estensione dell’asinergia e al-l’esperienza dell’operatore.

ri per SCA è di circa 2 milioni/anno e quasi il 20% di questipazienti, specialmente le donne, non ha una malattia co-ronarica critica. Nonostante questo apparente vantaggio, isoggetti con patologia coronarica non ostruttiva devonoessere trattati in modo aggressivo con tutti i presidi medi-ci efficaci per le SCA, per evitare che essi soffrano di un’e-vidente disparità di trattamento.

Il dolore prolungato persistenteLa gestione dei pazienti con dolore toracico persistente eSCA-NSTE pone diversi problemi gestionali non completa-mente affrontati dalle recenti linee guida ESC35. Prima ditutto, all’interno del gruppo di soggetti con dolore toraci-co persistente occorre distinguere quelli con diagnosi diSCA certa e dolore refrattario alla terapia medica ottima-le, da quelli con il medesimo quadro clinico, ma per i qua-li la diagnosi di SCA è ancora da verificare. Nel primo casol’approccio è più semplice35: infatti, nei pazienti con SCA-NSTE, è noto il peso prognostico negativo dell’entità, del-l’estensione e della persistenza delle alterazioni elettrocar-diografiche27,36. Pertanto, pur in assenza di studi clinici ran-domizzati e con la sola forza di un consenso di esperti, inquesti pazienti le linee guida consigliano un approccio in-vasivo immediato [“Nei pazienti con angina ricorrente orefrattaria associata ad alterazioni del tratto ST, scompen-so cardiaco, aritmie potenzialmente fatali o instabilitàemodinamica è raccomandata la coronarografia d’urgen-za (classe I-C)”]35; infatti, in questi casi, l’obiettivo di un ap-proccio invasivo rapido è quello di risolvere con la rivasco-larizzazione la sintomatologia clinica e di migliorare poi laprognosi a breve e lungo termine35.

Diversa è la gestione dei soggetti con dolore toracicopersistente nei quali la diagnosi di SCA non sia altrettantochiara, per l’assenza di alterazioni elettrocardiograficheevidenti. In questi casi bisogna ricorrere a derivazioni elet-trocardiografiche aggiuntive (V3R e V4R, V7-V9) per indivi-duare alterazioni ischemiche nel territorio del ventricolodestro o nella parte posteriore del cuore. Infatti, nella pic-cola, ma non trascurabile quota di pazienti con dolore to-racico persistente, ma senza sopraslivellamento del trattoST, arruolati nello studio CADILLAC37, vi era una netta pre-valenza di occlusione dell’arteria circonflessa (33% NSTEMIvs 15% STEMI) e la prognosi a distanza non era particolar-mente favorevole.

14S

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Il panel raccomanda l’esecuzione dell’ecocardio-gramma nei casi sospetti per SCA nei quali i marcatoribiochimici e l’ECG non chiariscano inequivocabilmen-te la diagnosi. Si sottolinea inoltre l’opportunità dieseguire un ecocardiogramma prima dello studio co-ronarografico nei pazienti nei quali venga applicatauna strategia invasiva immediata od urgente.

Il panel ritiene che, qualora anche questa valuta-zione non confermi la diagnosi di SCA, in presenza didolore toracico protratto e persistente di sospetta ori-gine coronarica sia opportuna l’esecuzione immediatadi un ecocardiogramma.

Il test ergometrico è in grado di incrementare la capa-cità diagnostica nei pazienti con probabilità medio-bassadi SCA, in presenza di dolore toracico atipico, ECG non dia-gnostico e marcatori miocardici persistentemente negativi.Il test ergometrico ha, in questo ambito, un’elevata sensi-bilità e valore predittivo negativo (avendo raggiunto >6METS o >85% della frequenza cardiaca teorica) e consen-te, quindi, di dimettere il paziente con un elevato grado disicurezza. La sicurezza di un test ergometrico massimale inquesta tipologia di pazienti è ampiamente documentata.

La scintigrafia miocardica con tecnezio-99m, utilizzan-do un tracciante a scarsa ridistribuzione, consente una va-lutazione a distanza di tempo della perfusione miocardica,identificando l’area miocardica a rischio di necrosi. Può es-sere indicata nei pazienti con ECG e marcatori di necrosinon diagnostici, pur con le difficoltà logistiche ed organiz-zative legate alla metodica31. Si consiglia di limitare l’uso distress farmacologici (adenosina, ecc.) ai soli soggetti non ingrado di effettuare uno sforzo.

La tomografia computerizzata multistrato (TCMS) a 64strati (e ancora di più le generazioni successive a 128 e 256)ha un’elevata sensibilità e specificità per la diagnosi di ma-lattia coronarica32,33. Nelle popolazioni ad alta prevalenzadi malattia, la TCMS ha un elevato valore predittivo positi-vo (ma non negativo), mentre ha un elevato valore predit-tivo negativo (ma non positivo) nelle popolazioni a bassaprevalenza di malattia. L’assenza di studi di grandi dimen-sioni e la considerevole esposizione radiologica non consi-gliano un’applicazione estensiva della TCMS per escludereuna coronaropatia critica nei pazienti con dolore toracicoa basso rischio; la TCMS può trovare indicazione, invece,nei pazienti con SCA sospetta, a rischio cardiovascolare in-termedio, con marcatori miocardici negativi e stress testdubbi o discordanti e soprattutto quando sia necessariauna diagnosi differenziale con l’embolia polmonare o ladissezione aortica.

Nell’ambito delle SCA-NSTE sono identificabili alcunicontesti particolari che meritano una breve riflessione. Es-si sono rappresentati dal crescente numero di pazienti conSCA-NSTE nei quali non viene riscontrata alla coronarogra-fia una patologia coronarica ostruttiva e dai soggetti condolore toracico prolungato persistente.

La malattia coronarica non ostruttivaIn alcuni pazienti con SCA-NSTE, la coronarografia nonidentifica una patologia coronarica critica come responsa-bile dei loro sintomi: è senso comune ritenere questi sog-getti a basso rischio e con una buona prognosi a distanza.Purtroppo è accertato che il 2% di questi pazienti con unamalattia coronarica non ostruttiva va incontro a infarto omorte entro 1 anno34. Negli Stati Uniti il numero di ricove-

Questa indagine, in mani esperte, consente di riconosce-re durante ischemia alterazioni della cinetica segmentaria,magari transitorie e localizzate, che possono poi regredirealla risoluzione dei sintomi38. L’ecocardiogramma, inoltre,facilita la diagnosi differenziale con altre temibili patologieeventualmente responsabili del dolore toracico, quali la dis-sezione aortica, l’embolia polmonare, la stenosi valvolareaortica, la cardiomiopatia ipertrofica ed altre ancora35,39.Purtroppo queste patologie a volte simulano una SCA, inquanto i marcatori cardiaci possono essere elevati40,41. Inquesto sottogruppo di soggetti con dolore toracico persi-

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stente, ma senza alterazioni elettrocardiografiche diagno-stiche, l’ecocardiogramma assume quindi un ruolo fonda-mentale nella diagnostica differenziale e può essere esegui-to direttamente da un cardiologo esperto in Pronto Soccor-so35,41. In alcuni casi, quando l’ECG, i marcatori biochimici,l’ecocardiogramma od altre indagini non invasive (TC tora-cica per escludere dissezione aortica od embolia polmonare)non consentano di confermare la diagnosi di SCA, ma il so-spetto clinico sia comunque importante e la sintomatologiarefrattaria ai trattamenti, una strategia invasiva in urgenzapuò essere considerata per chiarire la diagnosi.

La stratificazione del rischio nelle sindromi coronariche acute senza sopraslivellamentodel tratto ST

È ormai riconosciuto che le SCA-NSTE hanno una prognosia medio termine non molto diversa da quella dello STEMI.Nella sezione “Epidemiologia” del Workshop I è descrittocome la mortalità a 30 giorni nelle SCA-NSTE sia minore diquella degli STEMI, ma in aumento negli ultimi anni e co-me quella a distanza si avvicini invece a quella dello STEMI.Questo rende opportuno l’utilizzo ottimale delle risorsenei casi più gravi, che devono essere avviati ad una strate-gia invasiva, anche se inizialmente accolti da centri sprov-visti di emodinamica. Nella stessa sezione si è evidenziatocome in Italia il numero delle SCA-NSTE sia pari al doppiodegli STEMI ed ancora in crescita. Da qui l’importanza diuna stratificazione prognostica precoce ed efficace, capa-ce di fornire non solo le indicazioni ma anche le prioritàdelle indicazioni stesse alla coronarografia.

La stratificazione prognostica ai fini della scelta della strategiaLa stratificazione prognostica delle SCA-NSTE è tradizio-nalmente basata sull’uso di variabili il cui valore prognosti-co è stato determinato negli studi clinici randomizzati enei registri più importanti degli ultimi anni.

Sulla base dei risultati di questi studi, la Task Force del-l’ESC nelle linee guida del 200242 ha sintetizzato gli ele-menti predittivi di prognosi a breve ed a lungo termine edha fornito un elenco di variabili predittive di prognosi dautilizzare per la selezione dei pazienti da avviare ad unastrategia interventistica precoce. Questo approccio “mo-novariato”, in cui cioè la presenza di una singola variabiledi alto rischio determinava l’indicazione ad una strategiaprecocemente invasiva, si mostrava però nel tempo pocoadatto a guidare la scelta della strategia terapeutica in unsistema sanitario fortemente differenziato dal punto di vi-sta strutturale ed organizzativo, come quello italiano.

Nello studio BLITZ-243, che includeva una popolazionea basso rischio con mortalità ospedaliera del 2%, l’80% deipazienti arruolati era classificato ad alto rischio in base aicriteri dell’ESC, mentre d’altra parte la percentuale dei tra-sferiti per coronarografia era solo del 25%. Questi trasferi-menti interospedalieri, inoltre, non erano sostanzialmenteinfluenzati dal livello globale di rischio, valutato per mez-zo del TIMI risk score o delle variabili di rischio risultatenello studio predittive della prognosi a breve termine, cioèl’età e la classe Killip >1. Si può quindi ragionevolmente af-fermare che l’elevata frequenza con cui le singole variabi-

li di alto rischio delle linee guida ESC del 2002 erano pre-senti nella popolazione di SCA nelle UTIC italiane e l’assen-za di chiari criteri di priorità hanno contribuito, insieme al-la scarsa attenzione dei cardiologi verso la stratificazioneprognostica, ad aumentare la discrezionalità dei trasferi-menti e dell’uso delle risorse.

Workshop I

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Le nuove linee guida ESC35 sono a favore di una va-lutazione prognostica globale, basata su una combi-nazione di anamnesi clinica, sintomi, ECG, marcatoribiochimici e score di rischio clinico.

Per gli score di rischio è espressa una preferenza per ilGRACE score. Questo score è stato sviluppato con l’analisimultivariata dalla popolazione di 11 389 pazienti con SCAdel registro GRACE; la predittività delle variabili ricavate èstata validata su 3972 pazienti del GRACE e su 12 142 pa-zienti del GUSTO-IIb. Si tratta in questo caso di variabilipredittive di mortalità intraospedaliera ed a 6 mesi, a cia-scuna delle quali, nel calcolo dello score globale, viene at-tribuito un punteggio parziale44,45. Le variabili considerateper la previsione della mortalità intraospedaliera, sulla ba-se delle caratteristiche di presentazione della SCA-NSTE al-l’ingresso, sono ovviamente quelle più rilevanti ai fini del-la scelta di una strategia terapeutica: classe Killip, età,pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, creatini-nemia, arresto cardiaco all’ingresso, deviazione del trattoST, incremento della troponina.

È evidente la differenza profonda rispetto al TIMI riskscore, le cui variabili, ricavate dall’analisi dei dati del TIMI11B e dell’ESSENCE, erano invece predittive dell’endpointcombinato a 6 mesi di mortalità, infarto miocardico edischemia severa richiedente rivascolarizzazione entro 2settimane46. In questo modo, nelle nuove linee guida ESCsi è voluto privilegiare l’utilizzo di predittori globali dieventi “hard”.

È opportuno osservare come nello stesso registro GRACE47

la presenza di scompenso indicasse una prognosi partico-larmente negativa in tutto lo spettro delle SCA, ponendolo scompenso cardiaco stesso come elemento fondamenta-le della valutazione prognostica. Nel BLITZ-3 (dati nonpubblicati) i pazienti con SCA-NSTE con età >75 anni eranoil 38% dei pazienti ammessi in UTIC con questa diagnosi:va ricordato come l’età rappresenti il fattore di rischio piùimportante e come l’evoluzione delle terapie e dei tratta-menti renda sempre più praticabile una strategia invasivain questi soggetti.

La distinzione tra indicazione a coronarografia imme-diata in emergenza o in urgenza entro 72h è in questa edi-zione delle linee guida più chiara: alla prima devono esse-re avviati i soggetti ad altissimo rischio, con angor persi-stente, ricorrente o refrattario alla terapia, con segni clini-ci di scompenso o instabilità emodinamica progressiva ocon aritmie ventricolari maggiori potenzialmente fatali.

L’indicazione a coronarografia entro 72h comprendeinvece tutti i soggetti con le caratteristiche che negli studihanno avuto una prognosi peggiore e, spesso, un vantag-gio dalla strategia invasiva precoce: incremento della tro-ponina, alterazioni dinamiche dell’ST-T, diabete mellito,insufficienza renale, riduzione della frazione di eiezioneecocardiografica sotto 0.40, pregresso infarto miocardico,angioplastica coronarica negli ultimi 6 mesi, pregressobypass aortocoronarico.

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L’elenco di questi parametri richiama una stratificazio-ne prognostica basata sulla singola variabile, ma le lineeguida stesse enfatizzano un approccio multiparametrico.

Una strategia decisionale basata sul singolo parame-tro, diffusa in questi ultimi anni soprattutto nei centri do-ve è possibile effettuare una coronarografia in sede, appa-re di problematico utilizzo da parte di quel 50% di UTICche nell’ultimo censimento della Federazione Italiana diCardiologia (FIC) risultano sprovviste di emodinamica48 edinoltre sembra non essere validata negli studi, comel’ICTUS, in cui erano state selezionate popolazioni di pa-zienti a rischio medio-basso, anche se con troponina posi-tiva49.

Già nel Documento di Consenso sulla rete per lo STEMIdel 2005, la FIC50 aveva sottolineato la necessità di definirei criteri di alto rischio, contestualizzandoli rispetto alle ca-ratteristiche della rete interospedaliera ed adattandolialle capacità organizzative in uno specifico territorio:quanto minori le risorse tanto più restrittivi i criteri di ri-schio, per selezionare una popolazione meno numerosa eperciò realisticamente trasferibile verso i centri Hub di rife-rimento.

È importante a questo punto sottolineare che alcunevariabili di rischio hanno, prese singolarmente, un signifi-cato prognostico scalare: l’angor, ad esempio, se protrat-to e persistente al momento dell’osservazione ha un signi-ficato molto negativo, essendo associato in una consisten-te percentuale di casi all’occlusione coronarica con bene-ficio dal trattamento immediato con angioplastica37; unnumero molto elevato di episodi anginosi nelle ultime48h è d’altra parte indicativo di elevata instabilità, speciese associato ad alterazioni elettrocardiografiche di nuovacomparsa. Ancora, la presenza di un sottoslivellamentodel tratto ST >1 mm è un elemento che ha di per sé un va-lore prognostico negativo, anche se esso non è in definiti-va una variabile indipendente dall’insieme delle caratteri-stiche cliniche del soggetto51. Queste ed altre sempliciconsiderazioni basate sulla clinica devono far parte diquella valutazione globale del rischio che le linee guidaraccomandano nelle SCA-NSTE52, come esemplificato nel-la Tabella 4.

La stratificazione prognostica ai fini della sceltadel timing della coronarografiaCome già ricordato, un piccolo gruppo di pazienti ad altis-simo rischio ha una indicazione immediata all’angiografiacoronarica. È ragionevole poi ritenere che il gruppo di pa-zienti che ha indicazione ad eseguire una coronarografiaentro 72h non sia del tutto omogeneo, ma che al suo inter-no esista e sia identificabile un ulteriore gradiente di ri-schio: senz’altro i pazienti con coesistenza di più variabilihanno una più elevata incidenza di eventi di quelli con unnumero minore di variabili di rischio. Poiché è noto comenelle SCA-NSTE gli eventi siano spesso precoci53, come d’al-tronde abbiamo verificato nello stesso BLITZ-2, è altrettan-to ragionevole ritenere che i pazienti a rischio più alto inquesto gruppo debbano eseguire la coronarografia piùprecocemente degli altri. Questa ipotesi sembra conferma-ta dai primi risultati comunicati dello studio TIMACS54: qui3000 pazienti con SCA-NSTE erano randomizzati a corona-

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Considerazioni analoghe a quelle contenute nelDocumento di Consenso FIC del 2005 spingono il panela raccomandare anche per le SCA-NSTE la stessa stra-tegia che per lo STEMI, con l’uso prioritario della reteinterospedaliera per l’emergenza coronarica per i pa-zienti più gravi.

Per la selezione di questi pazienti può essere usatolo score GRACE-terzili: basso rischio (1-108), medio ri-schio (109-140) ed alto rischio (141-372) o comunquecon un cut-off determinato dalle potenzialità organiz-zative dell’area di rete. In alternativa, per facilitare levalutazioni tra ospedali dell’area di rete interospeda-liera, può essere usato il numero di variabili di alto ri-schio identificabili in un soggetto alla sua presentazio-ne in ospedale.

Nel BLITZ-2 la presenza di tre o più variabili di ri-schio tra le seguenti cinque: 1) età >75 anni, 2) classeKillip >1, 3) diabete mellito, 4) elevazione della tropo-nina, 5) pressione arteriosa sistolica <100 mmHg, iden-tificava un 30% dell’intera popolazione del registroche aveva un elevato rischio di eventi a 30 giorni (mor-

te, infarto o scompenso cardiaco 17%), mentre nel re-stante 70% dei pazienti l’incidenza di eventi avversiera solo del 4.8%. In questo 30% dei pazienti si con-centrava infatti la larga maggioranza (61%) deglieventi avversi registratisi nello studio.

Tabella 4. Valutazione del rischio di morte o infarto a breve termine in pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento deltratto ST.

Rischio alto Rischio intermedio Rischio basso

Almeno uno delle seguenti variabili Nessuna variabile di alto rischio Nessuna variabile di rischio intermedio o

ma almeno una delle seguenti alto ma una delle seguenti

Anamnesi Angina ingravescente nelle ultime 48h Pregresso infarto, vasculopatia periferica,

uso di aspirina

Caratteristiche Dolore a riposo, protratto (>20 min) Dolore protratto ma regredito, angina notturna, Riduzione della soglia dell’angina da sforzo,

del dolore e persistente angina di recente insorgenza (<2 settimane) angina insorta da più di 2 settimane

Segni clinici EPA, comparsa IM, ipotensione, Età >70 anni

età >75 anni

ECG ST in basso >0.5 mm Onda T negativa Normale

Comparsa di BBS Onde Q

Marcatori cardiaci Netto incremento di troponine o CK-MB Lieve incremento di troponine o CK-MB Marcatori normali

BBS = blocco di branca sinistra; CK = creatinchinasi; EPA = embolia polmonare acuta; IM = insufficienza mitralica.

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rografia precoce entro 24h o a coronarografia ritardata ol-tre le 36h. Non vi erano differenze significative tra i duegruppi riguardo all’endpoint primario di morte, infarto edictus a 6 mesi, mentre vi era una riduzione dell’ischemia re-frattaria. Dividendo però i pazienti in tre terzili secondo ilGRACE score, si osservava come nel terzile a rischio più al-to la differenza dell’endpoint primario (14.1 vs 21.6%) fos-se statisticamente significativa (hazard ratio 0.65, interval-lo di confidenza 0.48-0.88, p <0.005). Per quanto i risultatidello studio non siano stati ancora pubblicati, la convinzio-ne che sia opportuno eseguire entro le prime 24h la coro-narografia nei sottogruppi a rischio maggiore esce raffor-zata da questi primi dati.

spetto all’uomo, nelle SCA l’età media delle donne è di 6anni più alta rispetto agli uomini.

Nel BLITZ-2 la percentuale delle donne era inferiore(32.1%), ma non sono disponibili dati per fasce di età43.

Nei vari trial la percentuale delle donne arruolate variatra il 25% e il 40%: essa risulta del 25.5% nel VINO55, del26% nell’ICTUS49, del 32% nel FRISC II56, del 34% nel TAC-TICS-TIMI 1857, del 37.5% nel RITA-358 e del 38% nel CURE59.

La proporzione fra uomini e donne affetti da SCA,quindi, non è molto diversa tra la popolazione dei registrie quella dei trial: le donne con SCA-NSTE sono complessi-vamente meno numerose degli uomini, i quali prevalgononettamente nei gruppi di età più giovane, mentre le don-ne riacquistano numerosità a mano a mano che l’età avan-za, raggiungendo una netta maggioranza nelle classi dietà più elevata.

Presentazione clinicaCome sopra accennato, le donne vengono colpite da SCAin età più avanzata rispetto agli uomini e questo fa sì checon maggiore frequenza le donne con SCA soffrano anchedi comorbilità importanti quali ipertensione arteriosa,obesità, diabete e insufficienza renale; meno frequenti so-no invece la presenza in anamnesi di un precedente infar-to o di una precedente procedura di rivascolarizzazione60.

Per quanto riguarda più propriamente la sintomatolo-gia clinica, è interessante rilevare come le donne con SCAlamentino più frequentemente una sintomatologia atipicae spesso nausea, mentre è nettamente più rara la sudora-zione61.

L’atipicità della presentazione clinica nelle donne nonriguarda solo le SCA; nello studio WISE62, che esplorava lapatologia ischemica, non necessariamente acuta, nelledonne, una sintomatologia caratterizzata da angor tipicoera presente solo nel 35% dei casi.

Accanto a una sintomatologia soggettiva atipica espesso fuorviante, anche il quadro elettrocardiograficopuò confondere e suggerire falsi positivi. È noto infatti co-me spesso, nel sesso femminile, siano presenti, in condizio-ni di normalità, alterazioni riguardanti l’onda T, che si pre-senta spesso negativa nelle derivazioni precordiali antero-settali.

Questo dato e la frequente associata ipertensione arte-riosa con iniziale impegno del ventricolo sinistro e relativaespressione elettrica, può rendere conto di quanto rileva-to nello studio CURE, in cui è stata riscontrata nelle donne,al momento della prima osservazione, una maggiore fre-quenza di quadri elettrocardiografici alterati, rispetto aitracciati elettrocardiografici registrati negli uomini59. Inve-ce, sempre dallo studio CURE59, nelle donne con sospettodi SCA solo il 18.8% mostrava anormalità nel dosaggio deimarker di lesione miocardica.

È anche noto come i test di induzione di ischemia nelsesso femminile siano caratterizzati da sensibilità e specifi-cità più basse. La differenza fra i due sessi in termini di fat-tori di rischio (ad es. il livello di HDL è più importante perle donne che per l’uomo) può portare, inoltre, alla sotto-stima della probabilità pre-test di malattia.

Tutte queste osservazioni spiegano perché possa esserepiù difficile nelle donne con il sospetto di SCA raggiunge-re una certezza diagnostica e un’adeguata stratificazionedel rischio.

Workshop I

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Il panel ritiene che i pazienti con GRACE risk scoreelevato (>140) oppure con tre o più delle variabili di ri-schio sopra elencate, debbano essere sottoposti a co-ronarografia preferibilmente entro 24h, attivando larete interospedaliera in caso di indisponibilità del la-boratorio di emodinamica in sede.

In sintesi è indicata una coronarografia immediatanelle SCA-NSTE in presenza di:a) angor continuo persistente alla prima osservazione,

angina refrattaria o ricorrente;b) segni di scompenso, ipotensione (pressione arterio-

sa <100 mmHg) o instabilità emodinamica;c) aritmie ventricolari maggiori potenzialmente letali

(tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare).È indicata una coronarografia entro 72h ma prefe-

ribilmente entro le prime 24h in presenza di:a) elevato score di rischio clinico (GRACE >140);b) associazione di tre o più variabili di rischio tra quel-

le sopra elencate.Questi due gruppi di pazienti devono essere tra-

sferiti preferibilmente a centri Hub di riferimento, senon è disponibile l’emodinamica in sede.

È indicata una coronarografia entro 72h per i re-stanti pazienti identificati in base alle indicazioni del-le linee guida ESC come a rischio medio-alto e questipazienti possono essere trasferiti nei centri Hub di ri-ferimento se non disponibile l’emodinamica in sede ese le potenzialità organizzative della rete interospe-daliera locale lo consentono.

Nei restanti pazienti è indicata la strategia conser-vativa.

Sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST in popolazioni particolari

Le donneNel registro CRUSADE14 su 56963 pazienti con SCA-NSTEmeno della metà (40.5%) erano donne; tra tutte le donneil 45.9% aveva un’età ≥65 anni. Nel confronto con i maschi,la presenza femminile aumentava con l’avanzare dell’età,dominando poi nettamente nell’età più avanzata (30.1%nel gruppo di età <65 anni, 39.5% fra 65 e 74 anni, 48% fra75 e 84 anni e 62% nel gruppo di età ≥85 anni). Se in ge-nere le prime manifestazioni cliniche della cardiopatiaischemica compaiono nella donna circa 10 anni più tardi ri-

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Aspetti fisiopatologiciIl più importante aspetto fisiopatologico della cardiopatiaischemica nelle donne è rappresentato dalla frequenzacon cui al quadro clinico di una SCA si associa un quadroangiografico caratterizzato da vasi indenni o con lesioniostruttive non critiche.

Nello studio CURE60 il 26.7% delle donne aveva un qua-dro angiografico normale, rispetto al 13.2% degli uomini,mentre il 34.9% mostrava una coronaropatia critica, ri-spetto al 44% degli uomini.

Nello studio WISE63,64, solo il 38% aveva una stenosi co-ronarica del 50% o più severa, anche se, in un sottostudiosempre del WISE, molti dei casi con angiogrammi normalihanno poi mostrato la presenza di ateromasia non eviden-te all’angiografia ma documentata dall’esame con ecogra-fia intravascolare65. È anche noto, inoltre, quanto sia fre-quente nelle donne una complicanza trombotica su erosio-ni di placche non ostruenti e non ulcerate66.

In una metanalisi pubblicata nel 2005, Bugiardini etal.66 hanno descritto nelle SCA una percentuale variabilefra il 10% e il 25% di donne con SCA e coronarie angiogra-ficamente normali o con lesioni non significative; nei pa-zienti di sesso maschile questa percentuale si riduceva al6-10%.

Se le donne con SCA e malattia coronarica ostruttivahanno un follow-up peggiore dei maschi, non è provatoche le donne con SCA e angiogrammi normali abbiano, co-me prima si è sempre ritenuto, una prognosi assolutamen-te favorevole. A prescindere da una cattiva qualità di vita(continuano ad essere sintomatiche) e dal costo assistenzia-le che ne deriva64, nel WISE67, in un follow-up di 4 anni, il ri-schio di morte o infarto non fatale per le pazienti con mini-me o nessuna lesione angiografica evidente è risultato del9.4%, quasi il 2.7% per anno.

L’interpretazione fisiopatologica di questi quadri di an-gina con coronarie “normali” non ha trovato finora unadefinizione univoca. Che la sintomatologia e le alterazionielettrocardiografiche, anche in assenza di lesioni ostrutti-ve, possano essere dipendenti da un flusso miocardico in-sufficiente è stato provato sia da studi metabolici che datecniche di immagine65.

Per quel che riguarda la causa di questa discrepanzafra consumo miocardico e apporto di ossigeno, il meccani-smo non è univoco. Se solo una minoranza ha una malat-tia vasospastica pura, del tipo angina di Prinzmetal, unapatologia della vasomotilità arteriosa coronarica per unadisfunzione endoteliale è stata documentata in un certonumero di pazienti con lo studio delle variazioni del flus-so coronarico all’acetilcolina. Nello studio WISE68, circa unterzo della popolazione di donne senza lesioni ostruttivepresentava una disfunzione endoteliale e tale caratteristi-ca aggiunge un rischio prognostico sfavorevole di circa 4volte più alto, rispetto a quello delle donne senza signifi-cativa malattia coronarica e senza evidenza di disfunzioneendoteliale.

È necessario inoltre ricordare che, come sopra accen-nato, in molte di queste pazienti sono presenti importan-ti fattori di rischio coronarico, quali ipertensione, fumo,dislipidemia e diabete, i quali possono giocare un ruoloconsiderevole nel determinare eventi coronarici nel fol-low-up. Il peso di tali fattori di rischio è probabilmentepiù alto proprio per la scarsa attenzione che viene conces-

sa a pazienti con “coronarie normali” e nelle quali la sin-tomatologia soggettiva è spesso attribuita ad uno statod’ansia.

Sempre nell’ambito delle SCA con vasi angiografica-mente non ostruiti riscontrabili nelle donne, a parte le ra-re forme di vasculite coronarica segnalate nell’ambito del-la sindrome da anticorpi antifosfolipidi69, un cenno a par-te meritano i casi attribuiti alla sindrome di takotsubo, ca-ratterizzata da una disfunzione acuta transitoria del ven-tricolo sinistro70, tipicamente preceduta da un evento for-temente stressante. Essa è più frequente nelle donne nonpiù giovani e ha una sintomatologia clinica, oltre che unquadro enzimatico ed elettrocardiografico, difficilmentedistinguibili da quelli di una SCA (generalmente però asso-ciata a sopraslivellamento del tratto ST)71. L’eziologia diquesta sindrome, finora non definita, è stata attribuita auna disfunzione microvascolare, oppure a un vasospasmocoronarico o ad una miotossicità acuta catecolamine-di-pendente72. Sebbene possa andare incontro a complicanzeanche gravi, fortunatamente la maggior parte delle pa-zienti ha un esito favorevole, mostrando un completo re-cupero della funzione ventricolare sinistra.

Considerazioni sulla terapiaLe donne con SCA non solo sono sottoposte ad una proce-dura diagnostica invasiva e successiva rivascolarizzazionemeno frequentemente di quanto avviene nei pazienti disesso maschile59, ma l’efficacia di una strategia terapeuticaaggressiva risulta meno evidente. Nel FRISC II56 e nel RITA-358 era stato osservato che, nelle donne, la strategia invasi-va non aveva dato lo stesso vantaggio, rispetto al sotto-gruppo maschile. Nel TACTICS-TIMI 1857 la percentuale dieventi risultava minore nel gruppo di donne assegnato al-la strategia invasiva (17 vs 19.6%), ma la differenza nonraggiungeva la significatività statistica, mentre nell’IC-TUS49 il vantaggio della strategia invasiva non era confer-mato per entrambi i sessi. L’OASIS-573,74 era stato disegna-to per studiare l’efficacia del trattamento con fondapari-nux vs enoxaparina. Un sottostudio di questo trial ha cer-cato di vedere se una precoce strategia invasiva fornisse al-le donne un vantaggio, rispetto a una strategia più conser-vativa, che considerava un’angiografia in modo elettivosolo in caso di persistenza di sintomi durante l’ospedalizza-zione o di positività al test da sforzo. Il dato più impressio-nante di questo studio è stato quello di aver arruolato so-lo 184 pazienti su 1600, che era la numerosità prevista.Malgrado questa scarsa numerosità, in un follow-up di 2anni il gruppo assegnato alla strategia invasiva ha mostra-to una mortalità 4 volte più alta e un significativo aumen-to degli eventi combinati.

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Una recente metanalisi, tuttavia, ha suggerito chele donne con un elevato profilo di rischio (ECG e mar-catori positivi) ricevono dalla strategia invasiva un be-neficio a lungo termine analogo a quello degli uomi-ni, ma a spese di un rischio immediato maggiore75.

Importanti risultano nelle donne le complicanze emor-ragiche legate alla terapia antiaggregante aggressiva76-78:questa maggiore propensione all’emorragia può in parteessere anche spiegata con una clearance della creatininaspesso ridotta, per la maggiore anzianità e per le eventua-

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li comorbilità come l’ipertensione e il diabete, così chespesso la terapia antitrombotica risulta sovradosata79.

Non è possibile ricavare nessun dato sull’eventuale di-versità di efficacia della rivascolarizzazione chirurgica neidue sessi dai trial che hanno paragonato la chirurgia vs laterapia medica. Infatti, nella metanalisi di Yusuf et al.80 su10 anni di chirurgia coronarica, a fronte di una popolazio-ne di 2600 pazienti con angina stabile da sforzo, solo 85erano donne. In una analisi post-hoc dei dati del CURE, ri-sultava come la popolazione femminile con SCA venissemeno frequentemente sottoposta ad angiografia e quindiad angioplastica coronarica o a bypass aortocoronarico.Nel follow-up le donne non avevano un’incidenza più altadi morte o di infarto non fatale, ma era più frequente os-servare una recidiva di angina che richiedesse riospedaliz-zazione e ciò era ancora più evidente nel gruppo di donnea rischio più alto59.

Pazienti con coronarie angiograficamente “normali”Come si è visto, la benignità di questa situazione è stata damolti contestata, ma la probabile disomogeneità della fi-siopatologia rende molto difficile stabilire un iter terapeu-tico razionale. Una prima importante osservazione riguar-da l’obbligo di non trascurare, in questi pazienti, il tratta-mento anche aggressivo dei fattori di rischio cardiovasco-lare frequentemente associati, quali ipertensione, dislipi-demia, dismetabolismo glucidico, obesità e fumo. È certa-mente importante escludere una patologia vasospastica,sebbene questa sia poco frequente. La diagnosi di anginaindotta da spasmo coronarico è tuttavia non solo facil-mente sospettabile dai dati clinici, ma anche facile da con-fermare con l’aiuto di note procedure diagnostiche e faci-le da controllare, tranne rari casi, con terapia medica ap-propriata.

Una volta escluse altre patologie extracardiache (dolo-re toracico parietale, patologie organiche o funzionali del-le prime vie digerenti), nella rimanente popolazione restaancora abbastanza difficile confermare l’origine “ischemi-ca” del dolore al petto (in assenza di facilitazioni diagno-stiche strumentali, non alla portata di tutti), e stabilirne lacausa.

Il sospetto di una disfunzione endoteliale può essereconfermato con test la cui esecuzione non è difficile da at-tuare in molti laboratori di emodinamica e talvolta anchein laboratorio di ecocardiografia. Se l’iter diagnostico nonè facile, ancora meno facile è poi disegnare una strategiaterapeutica che possa portare ad un miglioramento dellaqualità di vita e, a lungo termine, a influenzare un esito adistanza che, come si è visto, può essere molto meno favo-revole di quel che si è, per molti anni, ritenuto. La variabi-lissima risposta individuale di una variegata serie di farma-ci finora impiegati con esito alterno sta a confermare, ovece ne fosse bisogno, la grande disomogeneità patogeneti-ca che caratterizza questo gruppo di pazienti.

Pazienti anzianiL’Italia risulta un paese di longevi. Dati ISTAT riferiti al 2001calcolano che 10 556 519 persone hanno più di 65 anni e,tra questi, 4.3 milioni di uomini e oltre 6.3 milioni di don-ne. Gli anziani hanno anche superato il numero dei giova-ni con meno di 25 anni. La stima è che nel 2010 la popola-zione con più di 65 anni sarà pari al 19.5%, nel 2020 tale

percentuale salirà al 22.3% e i cittadini con più di 80 annicostituiranno il 6% dell’intera popolazione.

Se cerchiamo dati che si riferiscano alla patologia di cuisi tratta e tenendo presente che nelle linee guida ESC sul-le SCA-NSTE35 l’età avanzata è attribuita alla popolazione>75 anni, in Italia, nella popolazione esaminata nello stu-dio BLITZ-243, su circa 2000 pazienti con SCA NSTEMI unterzo dei pazienti aveva un’età ≥75 anni. Nel registro CRU-SADE14 il 58% aveva ≥65 anni e ben l’11.2% aveva un’età>85 anni, con il paziente più vecchio di 103 anni. Se in que-sto registro si calcola la prevalenza dei pazienti di età ≥75anni, il dato si avvicina a quello dello studio BLITZ-2(35.5%), ma su una numerosità di pazienti ben più alta(56 963 pazienti arruolati). In altri registri riportati nelle li-nee guida81,82, la prevalenza varia fra il 27% e il 34%.

Si può quindi concludere che questa speciale popola-zione rappresenta una sensibile fetta dei pazienti che en-trano in ospedale affetti da SCA-NSTE (circa un terzo deicasi) e che tale proporzione sarà inevitabilmente destinataad aumentare accompagnando l’invecchiamento progres-sivo della popolazione. Inoltre, malgrado la durata mediadella vita più elevata nel sesso femminile, non sembra che,nel complesso di questa popolazione, i pazienti di sessofemminile siano largamente più numerosi in tutte le fascedi età >75 anni. Nel CRUSADE14 i maschi erano il 51% nel-l’età fra 75 e 84 anni, ma le donne dominavano la popola-zione oltre gli 85 anni (62%).

Presentazione clinicaDue sono le caratteristiche più importanti segnalate neivari registri: 1) sintomatologia spesso non tipica e frequentemente

espressa più come insufficienza cardiaca che come angi-na14,83-85;

2) presenza di comorbilità (ipertensione, ictus, bronco-pneumopatia cronica ostruttiva, insufficienza renale) edi precedenti eventi coronarici o procedure di rivascola-rizzazione14.Interessante osservare invece che, con l’avanzare del-

l’età, tendono a ridursi i fattori di rischio cardiovascolarequali diabete, dislipidemia e fumo14. L’ECG è spesso nondiagnostico, anche perché spesso già alterato per altri mo-tivi (disturbi di conduzione, quadri di ipertrofia/sovraccari-co).

Opportunamente, le linee guida suggeriscono inoltredi prestare attenzione alla difficoltà diagnostica che, inquesta popolazione di pazienti, potrebbe ritardare l’iniziodella terapia.

Stratificazione del rischio e strategia terapeuticaRilevante l’osservazione che i pazienti di età avanzata ar-ruolati nei grandi trial rappresentano non solo una nettaminoranza86, ma che anche quando siano presenti, l’inci-denza di comorbilità sia nettamente inferiore a quella cheè possibile ritrovare in coetanei nella popolazione genera-le; ciò evidentemente genera un notevole bias nella strati-ficazione del rischio e nell’interpretazione dei risultati del-le procedure.

I vecchi con SCA-NSTE si presentano quindi come unapopolazione fragile, a rischio elevato sia per l’età, che rap-presenta di per sé un dato di rischio e per le patologie car-diovascolari preesistenti o attuali (pregresso infarto, ictus,

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insufficienza cardiaca), sia per le comorbilità. Tra questesono da ricordare l’anemia e l’insufficienza renale. L’inci-denza dell’anemia nei vecchi aumenta con il progrediredell’età ed è più frequente nei maschi; la sua presenza è si-gnificativamente associata ad una minore sopravvivenzaed è tanto più importante in quanto spesso misconosciuta,trovandosi fino a 4-5 volte più frequentemente di quantosospettata clinicamente87. L’anemia, infine, rappresenta unfattore prognostico indipendente di più alta mortalità neipazienti anziani che, per una sindrome coronarica, vengo-no sottoposti a procedura interventistica88.

Anche l’insufficienza renale ha un grosso impatto sullaprognosi dei pazienti in età avanzata sottoposti a procedu-ra di rivascolarizzazione: se i pazienti con clearance dellacreatinina ≥70 ml/min hanno una mortalità per annodell’1.5%, questo valore aumenta fino al 18.3% nei pa-zienti con clearance della creatinina <30 ml/min89.

Nel registro CRUSADE14 il rischio di morte intraospeda-liera aumenta progressivamente con il crescere dell’età,dall’1.9% nei pazienti di età <65 anni a circa il 12% nei pa-zienti di età >85 anni; valori di mortalità inferiori sono de-scritti nello studio BLITZ-243, ma sempre maggiori nei pa-zienti più anziani (3% >75 anni vs 0.5% 55-74 anni e 0%<55 anni).

A questa maggiore mortalità si aggiunge l’aumentatorischio di emorragie iatrogene legate alla terapia anti-trombotica utilizzata di routine nelle SCA; questo determi-na un rischio globale molto alto.

Tuttavia, nonostante questi limiti, già dai trial dellatrombolisi nell’infarto acuto si era appreso come proprionei pazienti anziani ed esposti a maggiore rischio il bene-ficio assoluto dell’intervento risultasse maggiore.

Le linee guida ricordano i dati derivati dal TACTICS-TIMI 1890 che ha mostrato come nel sottogruppo di pazien-ti con SCA >75 anni, che trattati conservativamente mo-strano una frequenza di eventi molto alta (21.6% di mor-te o infarto non fatale), una strategia invasiva abbia ridot-to il rischio a meno della metà (10.8%), guadagno rappre-sentato soprattutto dalla riduzione dell’infarto acuto nonfatale. In parte questo vantaggio può essere annullato dalrischio emorragico che i pazienti più anziani possono cor-rere sia per la terapia con eparina sia con quella antiaggre-gante. Questi rischi sono documentati dall’elevata necessi-tà di trasfusioni (nel CRUSADE14: 17.9% nei pazienti fra 6 e74 anni, 19.6% fra 75 e 84 anni, 15.7% in quelli ancora piùvecchi, rispetto al 10.1% di trasfusioni necessarie nel grup-po ≤65 anni).

Uguale vantaggio offerto da una precoce strategia in-vasiva è stato dimostrato nei pazienti anziani >75 anni ar-ruolati nello studio TIME e nello studio APPROACH, dovela strategia aggressiva ha concesso ai pazienti più anzianiuna riduzione del rischio assoluto più grande di quella ot-tenuta nei più giovani91-94.

Il timore di procurare un danno piuttosto che un bene-ficio gioca certamente un ruolo importante nella minoreintensità dei trattamenti terapeutici che i soggetti di etàpiù avanzata con SCA ricevono durante la loro degenza.Oltre alle precedenti giustificazioni (rischio di eventi au-mentato per il fattore età e rischio emorragico iatrogeno),la minore copertura terapeutica trova giustificazione an-che per le frequenti controindicazioni legate soprattuttoalla presenza di comorbilità.

Nel CRUSADE14, nel gruppo di pazienti di età fra 75 e84 anni, sono state registrate nel 2.6% dei casi controindi-cazioni alla terapia con statine, nell’8% verso aspirina, nel7% nei confronti dell’eparina, nell’8% dei betabloccanti enel 18% degli inibitori delle glicoproteine IIb/IIIa.

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Tutto questo, aggiunto al frequente riconoscimen-to difficile e tardivo di una SCA nei pazienti in etàavanzata, fa sì che la popolazione anziana ricevaun’incompleta assistenza terapeutica, più spesso con-servativa, con minore uso dei farmaci e minore ade-renza ai protocolli riportati nelle linee guida.

Sebbene vi siano ripetute osservazioni che l’usoprecoce di aspirina, betabloccanti, clopidogrel e inibi-tori delle glicoproteine IIb/IIIa abbia mostrato gli stes-si vantaggi anche nei pazienti anziani, questi presidivengono usati sempre di meno a mano a mano che l’e-tà aumenta14. Lo stesso accade per le procedure inva-sive, cui i vecchi hanno meno probabilità di essere sot-toposti rispetto ai più giovani.

Nel CRUSADE14 la strategia invasiva con intervento co-ronarico percutaneo entro 48h passa dal 38.7% nei pa-zienti di età <65 anni al 29.6% nei pazienti di età fra 65 e74 anni, al 21% nel gruppo di età fra 75 e 84 anni, per crol-lare al 10.1% nei pazienti più vecchi; solo il 23% dei pa-zienti anziani del BLITZ-243 veniva trattato con interventocoronarico percutaneo, rispetto al 44% dei pazienti piùgiovani.

Le linee guida ESC concludono il capitolo sugli anzianie SCA-NSTE suggerendo molta attenzione nella diagnosi econsigliando una scelta terapeutica individualizzata dovevenga valutato nel singolo paziente il rischio legato allamalattia stessa, alle comorbilità e al trattamento proposto.Tutto questo ricordando l’importanza di considerare la du-rata di vita attesa e la scelta individuale dello stesso pa-ziente, ma non escludendo a priori gli anziani dalla terapiainvasiva precoce, ormai routinaria per i più giovani.

Se è infatti vero che il rischio complessivo è grande, an-che il beneficio assoluto in termini di riduzione degli even-ti maggiori può essere importante. In questo senso è inte-ressante ricordare il suggerimento di sostituire la defini-zione “risk score” con “opportunity score”91, dove que-st’ultimo rappresenta la stima di ottenere un beneficio at-traverso un determinato trattamento. I pazienti vecchi conpiù alto “risk score” di base hanno spesso un più alto “op-portunity score”. In questo modo si potrebbe essere piùconvinti ad applicare anche in questa popolazione di sog-getti le linee guida usate di routine per i più giovani e nonescludere pertanto i primi dai benefici che queste terapiehanno dimostrato di essere in grado di determinare.

Pazienti diabeticiIl diabete mellito rappresenta un fattore indipendente dimortalità nei pazienti con SCA95,96. La prevalenza di talepatologia, nei registri europei, si aggira intorno al 20-30%dei pazienti con SCA. Come sottolineato sopra, la presen-za di diabete mellito in un paziente con SCA-NSTE rappre-senta un elemento di rischio che suggerisce un approccioinvasivo precoce.

Un accurato controllo dei valori glicemici rappresentaun elemento fondamentale nella strategia terapeutica97,da effettuarsi con infusione continua o iniezione sottocu-

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te di insulina, ragionevolmente anche nei pazienti con so-la iperglicemia. L’utilizzo di antidiabetici orali nella faseacuta dell’infarto miocardico ha molte limitazioni. Va ri-cordato che in previsione di uno studio angiografico è rac-comandata la sospensione della metformina nelle 24h pre-cedenti per ridurre il rischio di nefropatia da contrasto, edanche molti altri ipoglicemizzanti orali possono essere con-troindicati qualora coesista una disfunzione renale o vi sia-no segni di scompenso.

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In presenza di malattia coronarica multivasale è anco-ra consigliabile la rivascolarizzazione chirurgica100,101 an-che se un incremento nell’uso degli stent medicati nei dia-betici e un maggiore controllo dei fattori di rischio puòconsentire alla strategia interventistica coronarica percu-tanea di avere migliore risultati102.

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G Ital Cardiol Vol 10 Suppl 1-6 2009