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Cari Amici, secondo voi, un musulmano puó permettersi di opporsi o anche semplicemente di di-scutere le regole religiose, anche se severe, imposte dall’Islam? Assolutamente no! La stessa cosa vale per gli Ebrei. E peggio ancora per tante “sette”, cosiddette cristiane in giro per il mondo, come per esempio i “Testimoni di geova”, i “Pentecostali”, i “Mormoni”, i “Bambini di Dio”; oppure per tanti movimenti, anche riconosciuti dalla Chiesa, come per es. il “Cammino neocatecumenale”, “Opus Dei”, il “Rinnovamento dello spirito”, “Comunitá di Sant’Egidio”, “Comunione e Liberazione”, “Gioventú Ardente Mariana”, “Movimento dei Focolari”, ecc. All’interno sia dei movimenti riconosciuti dalla Chiesa, sia delle sette, nessuno osa opporsi alle decisioni dei capi. Invece i semplici cattolici che non fanno parte di nessun movimento, si sentono quasi in obbligo di criticare, di solito negativamente, sia la Dottrina Cattolica, sia gli insegnamenti di Cristo e sia la veritá espressa nei dogmi cattolici. La cosa piú buffa è che ogni parere personale sulla Chiesa, sulla Religione Cattolica, e sul Vangelo è ritenuto e vissuto come la “veritá”, come il “vero cristianesimo” mentre la dottrina cattolica e la stessa Chiesa è ridicolizzata e rifiutata come “arretrata” che non capisce il mondo di oggi e che non è al passo con i tempi. In una Missione, che non è la nostra Missione, una mamma doveva far fare la prima co-munione ai suoi due gemelli di otto anni. Le catechiste, descritte da “quella” mamma come delle “invasate”, avevano messo delle condizioni, d’accordo con il missionario; cioè avevano messo 4 regole, a tutti i bambini che dovevano fare la prima comunione; regole giudicate “impossibili”, secondo quella mamma. E quali erano quelle 4 regole? 1) Andare a messa la domenica insieme ai genitori. 2) Il lunedì, discutere a casa quanto era stato detto nel Vangelo del giorno prima. 3) Preferire il catechismo e la S. Messa al gioco del pallone, nel caso capitassero lo stes-

so giorno e alla stessa ora. 4) Divieto di parlare di Halloween e di qualsiasi altra cosa pagana. Quelle richieste fatte dalle catechiste, d’accordo con il parroco, per coloro che davvero credono e che vogliono davvero avvicinarsi alla fede, erano strampalate? Sembra pro-prio di no! Eppure, “quella” mamma, indignata, ha messo tutto su Facebook (come si usa fare oggi dalle persone moderne!), accusando pubblicamente il parroco e le catechi-ste di abuso di potere, di protagonismo e di persecuzione. E sapete i commenti che ha ricevuto quella mamma, con sua grande soddisfazione? Eccetto qualche raro commen-to che ricordava, sia il diritto di una Parrocchia e di una Missione di mettere delle regole, sia il rispetto delle regole di quella Parrocchia o di quella Missione, se si vuole il servizio religioso da quella Parrocchia o da quella Missione, le risposte sono state tutte un fiorire di consigli (banali!). C’è chi diceva, “lascia perdere, non ne tenere conto” e c’è chi dice-va, “cambia parrocchia”. C’è chi si è spinto anche a dare delle “pazze” alle catechiste, pa-ragonandole niente di meno che ai terroristi dell’ISIS.

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Ebbene: coloro che hanno scritto: “Lascia perdere, non ne tenere conto”, fanno capire quanta poca fede ci sia in genitori che vedono la Prima Comunione come una “tradizione”, come una “festa per i bambini” o come un semplice “passaggio” dall’infanzia all’adole-scenza. Coloro che hanno scritto: “Cambia parrocchia”, fanno capire come certi cristiani intendono la religione come qualcosa che deve essere a servizio dei loro privati capricci o bisogni e non a servizio della salvezza della loro anima, a cui non interessa niente. La par-rocchia, così come la Missione, deve essere, per loro, un cagnolino che possono portare a spasso come, quando e dove vogliono loro; oppure un posto a cui ci si rivolge per soddi-sfare i propri gusti, come quando si va in un ristorante. Nel ristorante, siccome “io pago”, ho il diritto di mangiare quello che dico io. Molti, per quanto riguarda la Chiesa, ragionano esattamente allo stesso modo: siccome io pago la tassa alla Chiesa (la “Kirchensteuer”) ho diritto a quanto decido io. Non è il cristiano che rispetta la religione e le sue regole, ma è la religione che deve piegarsi alle esigenze personali e capricciose del cristiano. È la moda del sí, sempre e a tutti. Il Parroco o il Missionario deve dire sempre “sí”. Tutto deve essere facile: niente impegni, niente rinunce, niente sacrifici. Il bambino, o il ragazzo o il giovane può e deve essere campione in tutto: nello sport, nella scuola, nelle attività extrascolasti-che, ma non campione di Cristo. È chiaro che poi ne risentirá la preparazione religiosa, che sará molto scarsa e insignificante. Persone del genere, poi, saranno facile preda delle “sette religiose”, prima fra tutte, quella dei “Testimoni di geova”. E una volta entrate in es-se, è da vedere, poi, se potranno ancora aprire bocca econtraddire! Un caro saluto

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LETTERA DI UNA DONNA

PER DIRE “GRAZIE” AI SACERDOTI

INTEGRI E FEDELI

Mi sono chiesta più volte in questi giorni di dolorosi scandali nella Chiesa Cattolica e di confusione morale

e spirituale, se qualcuno avesse trovato il tempo per fermarsi un istante e pensare che i Sacerdoti sono il

segno visibile del Sacro, sono i Pastori del Popolo di Dio, gli uomini di buona volontà che con il Sacramen-

to dell’Ordine Sacro, hanno accolto la chiamata ad unirsi con un vincolo di amore con Gesù, divenendo un

“Alter Christus” (un altro Cristo). Il Catechismo della Chiesa Cattolica, all’articolo 1536 dice:“l’Ordine Sa-

cro, è il Sacramento grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere eser-

citata nella Chiesa, dai suoi sacerdoti, sino alla fine dei tempi: è, dunque, il Sacramento del ministero apo-

stolico”. “Alter Christus”, il Sacerdote è profondamente unito al Cristo, il quale, incarnandosi, “pur essendo

di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò Se stesso, assu-

mendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò Se stesso

facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil.2).

I Sacerdoti sono dunque i Ministri di Dio, i Suoi Ministri! E noi che non siamo sacerdoti, ma che facciamo

parte del Popolo di Dio, quante volte li abbiamo ringraziati per il loro servizio di amore, di dedizione e di

sacrificio? Chiediamocelo…

Questo Sacerdozio, ci insegna il Catechismo al punto 1551, è un ufficio che il Signore ha affidato ai Pastori

del Suo popolo, un vero servizio interamente riferito a Cristo e agli uomini, che dipende interamente da

Cristo e dal Suo unico Sacerdozio, ed è stato istituito in favore degli uomini e della comunità della Chiesa.

Il Sacramento dell’Ordine comunica «un potere sacro», che è precisamente quello di Cristo. E questo

“potere sacro” consiste nel perdonare i peccati e nell’assicurare ogni giorno il cibo per lo spirito, al Popolo

di Dio, cambiando il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesú, durante la S. Messa. L’esercizio di que-

sto potere deve avere come modello lo stesso Cristo, che per amore si è fatto l’ultimo e il servo di tutti.

Ma la presenza di Cristo nel Sacerdote non deve essere intesa come se il sacerdote fosse liberato da ogni

debolezza umana, cioè dall’orgoglio, dalla superbia, dallo spirito di dominio, dagli errori, persino dal pec-

cato; infatti esistono molti comportamenti in vari sacerdoti, in cui le loro miserie umane lasciano tracce,

che non sono sempre segno della fedeltà al Vangelo e che, di conseguenza, possono essere di scandalo a

tutta la Chiesa e soprattutto al Popolo di Dio di cui quel sacerdote e responsabile. Il Papa Benedetto XVI,

nell’udienza generale in piazza San Pietro il 24 giugno 2009, disse: “Il santo Curato d’Ars ripeteva spesso

con le lacrime agli occhi: <come è spaventoso essere prete!>”. ´

Ed aggiungeva: <Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario!

Com’è sventurato un prete senza vita interiore!>”.

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E poi esortava: “Possano tutti i Sacerdoti immedesimarsi totalmente con Gesù crocifisso e risorto, perché,

ad imitazione di San Giovanni Battista, siano essi stessi pronti a “diminuire” perché Gesú “cresca”; perché,

seguendo l’esempio del Curato d’Ars, avvertano in maniera costante e profonda la responsabilità della lo-

ro missione, che è segno e presenza dell’infinita Misericordia di Dio”. E concludeva affidando alla Madon-

na, Madre della Chiesa, tutti i Sacerdoti.

Le cronache di tutti i giorni, di questi tempi, parlano di fatti scandalosi e indegni che interessano anche i

Sacerdoti: crudeli e ignobili scandali della pedofilia, dell’omosessualitá e della immoralitá. Sono Sacerdoti

che ormai avendo perso lo ‘sguardo soprannaturale’ del proprio servizio, hanno ridotto il loro Sacerdozio

al bassissimo livello dello spirito malvagio di questo mondo. Ci sono, poi, Sacerdoti che si sono allontanati

dalla Verità, che la rinnegano non facendo il loro dovere e comportandosi con opere e parole che tradi-

scono il Vangelo; costoro sono diventati increduli, superbi, mondani, apostati! Hanno smarrito la sublime

dignità della vocazione, e hanno abbracciato ció che di peggiore c’è in questo mondo. Ma non tutti sono

cosí. Bisogna ricordare che ci sono tantissimi degni Sacerdoti di Dio che vivono la propria vocazione Sacer-

dotale accogliendo la speciale chiamata che Gesù ha riservato per loro, con coraggio e sacrificio, mante-

nendo viva la fiammella della fedeltà a Gesú ogni giorno, pur fra mille difficoltá. Ci sono tantissimi Sacer-

doti che in questo tempo nemico a Dio, nemico al nostro Creatore e Padre Onnipotente, sono chiamati a

proclamare la Parola di Dio in una società che ha mosso guerra a Gesù Cristo, alle Sacre Scritture, al mes-

saggio di salvezza della Chiesa Cattolica.

Cosa significa essere Sacerdoti fedeli al Vangelo oggi? Significa, forse, dire cose che piacciono al mondo

pagano e immorale di oggi? Significa cercare l’applauso del mondo pagano, ateo e immorale, tacendo o

ridicolizzando le veritá di fede e dicendo cose assurde e stupide (per es. “Io non credo al CREDO”, come è

stato detto da un parroco durante la Santa Messa, tra le risate cretine di quelli che erano in chiesa; o per

es.: “Ai tempi di Gesú non c’erano i registratori e quindi non sappiamo che cosa abbia detto veramente

Gesú”, come è stato detto dal Superiore Generale dei Gesuiti, senza che il Papa lo richiamasse)? Cosa si-

gnifica oggi essere sacerdoti fedeli al vangelo? Ognuno di noi dovrebbe chiederselo! Vi sembra giusto

mettere a tacere o ridicolizzare come “tradizionalista” o “antico” o “superato” quei sacerdoti che insegna-

no le veritá di fede che la Chiesa ha sempre insegnato e che generazioni di cristiani e di Santi hanno cre-

duto e vissuto fin dall’inizio del cristianesimo e che sono state trasmette dagli Apostoli fino nostri giorni, e

che si chiamano “deposito della fede? Eppure oggi l’Occidente scristianizzato, ha deciso che tutti hanno

diritti di parlare e di esprimere le loro idee anche religiose, tutti…, tranne coloro che intendono restare

autenticamente cattolici e predicare il vero cattolicesimo. I preti possono avere soltanto due possibilità: o

tacere o parlare, ma che sia un parlare “politicamente corretto” (ossia, dire cose che non contraddicono le

idee che vanno di moda e che sono accettate da chi comanda). Il motivo è chiaro: la Parola che portano i

Sacerdoti fedeli a Cristo è scomoda perché smaschera tutti gli inganni della società odierna, società di car-

tone, e soprattutto smaschera l’inganno che oggi si possa fare a meno di Dio, come molti vanno dicendo.

Ma il sacerdote fedele a Gesú, questo non lo dirá mai! E perció viene ridicolizzato e costretto a tacere.

Poche settimane fa, abbiamo festeggiato il Santo Natale, cioè la nascita del Salvatore dell’Umanitá. Il Na-

tale ci ha ricordato che c’è un Salvatore, e se c’è un Salvatore, vuol dire che c’è anche una via di salvezza

e questa via è Gesù Cristo: via, verità e vita e questa vita ci viene portata dai Suoi Sacerdoti solo se resta-

no saldi e fedeli nella Verità custodita dalla Dottrina Cattolica in questi 2.000 anni.

Al di fuori della Veritá che è Cristo non c’è salvezza perché regna la menzogna, perché è Cristo

“LA VERITÁ”. In nome di questa Verità, molti Sacerdoti che hanno esercitato degnamente il loro Ministe-

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ro, sono stati costretti al silenzio, sono stati ridicolizzati sono stati costretti all’isolamento, alla riforma

mentale, quasi fossero dei disturbati psichici. Ebbene a quei sacerdoti che sono fedeli a Gesú Cristo,

che sono fedeli alla loro Missione, e che sono la maggioranza, vada il grazie dei veri cattolici; e vada

anche la lode e la riconoscenza a Dio per il dono del Sacerdozio che ha fatto all’Umanitá. Infine, perché

no? vada anche la nostra preghiera per loro. “Oh! Che cosa grande è il Sacerdozio! Non lo si capirà be-

ne che in Cielo… se lo si comprendesse sulla terra, si morirebbe, non di spavento ma di amore!” ha

detto

S. Giovanni Maria Vianney, conosciuto meglio come il “curato d’Ars”. Il Curato d’Ars era umilissimo,

ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente: “Un buon pastore, un

pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parroc-

chia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.

Speriamo che San Giovanni Maria Vianney parli ancora oggi al cuore di tutti quei Sacerdoti ormai lon-

tani dal Vangelo, ripiegati sul loro egoismo e orgoglio, smarriti negli errori dell’eresia o della immora-

litá, per scuoterli dall’accecamento spirituale in cui vivono. Possa il Santo Curato d’Ars con le sue mera-

vigliose parole, risvegliare in tutti i sacerdoti la sollecitudine apostolica, senza compromessi con il pec-

cato e con il male; e possa spingere tutti i cristiani non sacerdoti a seguire veramente Gesú Cristo, vi-

vendo secondo i suoi santi insegnamenti!

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È sacro ciò che riguarda Dio, non ció che riguarda le cose ordinarie. È sacro ciò che ci conduce a Dio e alla

sua adorazione. Se si toglie Dio, si toglie anche il sacro. Oggi la gente, avendo tolto Dio dalla loro vita,

puó fare benissimo a meno della parola «sacro». Se per le civiltà precedenti tutto era sacro, per noi oggi

nulla è sacro, e anzi pensiamo che sia anche una cosa bella e utile il “dissacrare”, cioè criticare e ridicoliz-

zare tutto ció che è sacro, ossia tutto ció che riguarda Dio. È difficile negare che un aspetto caratteristico

del nostro tempo è proprio la negazione del sacro, la negazione di Dio. Non ci sono più spazi per il sacro,

né tempi riservati a Dio. Tutto è mescolato. Non ci sono più spazi e tempi rispetto ai quali l’uomo fa un

passo indietro e lascia il posto a Dio. Anzi, spesso, anche da parte di uomini di Chiesa, si ha la pretesa che

sia Dio a dover fare un passo indietro, per lasciare spazio all’uomo. Perfino le persone che credono in Dio

dimostrano di non possedere più un’idea del sacro. Non c’è bisogno di essere esperti della religione. Ba-

sta andare in una qualsiasi chiesa cattolica, in una qualsiasi domenica per rendersene conto. I fedeli en-

trano nella chiesa, luogo che dovrebbe essere sacro, come se entrassero in una sala per riunioni o in un

cinema prima di iniziare lo spettacolo. Pochissimi sono quelli che si genuflettono, guardando e pregando

il Santissimo; pochissimi quelli che si fanno un segno della croce, come si deve, degno di questo nome.

Pochissimi quelli che assumono un atteggiamento di rispetto. Il silenzio, espressione del sacro, è a sua

volta eliminato e sostituito dal chiacchiericcio e dalle risatine e da un parlottare generale, anche a voce

alta. Il risultato è che anche per noi cattolici, non è piú niente sacro; e perfino quando celebriamo la S.

Messa, per quanto solenne possa essere, in realtà non rendiamo gloria a Dio, ma pensiamo a tutt’altro e,

a volte, piú a chiacchierare tra di noi, di qualsiasi stupidaggine, che a chiacchierare con Dio di problemi

importanti. La religione, da cosa seria, frequentata soprattutto da uomini (come è nell’Islam), è diventata

cosa tipicamente femminile, e i nostri ragazzi, giovani e anche uomini adulti, considerano un onore e una

prova di maturità disprezzarla; tanto è vero che appena un ministrante o una ministrante diventa mag-

giorenne o si fa la sua ragazza o il suo ragazzo, se ne va, non frequenta piú e non fa piú il ministrante: si

vergogna!». “Nella Chiesa bisogna dare più spazio alla donna” ,si sente dire ogni tanto, come un disco

rotto. Ma chi dice cosí fa capire che non conosce per niente la realtá attuale della Chiesa, perché oggi

nelle parrocchie, le donne hanno già spazio, moltissimo, forse troppo. Non per colpa loro, sia chiaro, ma

per colpa di maschi che non ci sono, che sono spariti o che si vergognano di farsi avanti. E così è facile

capire come nel cattolicesimo sia in atto un processo di femminilizzazione. L’uomo di oggi vive senza reli-

gione e non ne avverte nemmeno il bisogno, a meno che non ne sia costretto (da chi poi?) quando si de-

ve sposare: allora sí! E a che scopo? Oggi, l’uomo non ha piú la capacitá di credere e di sperare. Che tri-

stezza, dirà qualcuno. Invece no! Un libro della Bibbia, chiamato “l’Ecclesiaste” dice: «ogni tempo ha il

suo significato». E quindi anche il nostro tempo. Un perché, ce l’avrá! Che significato ha, allora, il nostro

tempo? Cerchiamo di capirlo e di riconoscerlo, con l’aiuto del Signore. E soprattutto cerchiamo di darglie-

lo noi un significato! O un significato profondo, vivendo Dio e vivendo il sacro; oppure, un significato su-

perficiale, continuando a fare a meno di Dio e a eliminare il sacro dalla nostra vita.

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Ecco cosa risponde un cattolico convinto e praticante: Aldo Maria Valli! “Ho sessant’anni

suonati, sono sposato da trentaquattro (con una donna, sempre la stessa), ho sei figli e

tre nipoti. Sono sempre stato aperto alla vita e a favore delle nascite, sono sempre stato

contro l’aborto, tanto che la mia tesi di laurea fu “contro il diritto di abortire”.

Recentemente, in questo nostro tempo, segnato dalla confusione delle idee e dei valori

morali mi è capitato di confrontarmi con un pensiero completamente e radicalmente op-

posto al mio. Un mio amico affermava che “non nascere è molto meglio che nascere”.

Anzi, diceva che “venire al mondo è sempre un male”. “Ognuno di noi, diceva ancora, ha

subíto un oltraggio nel momento in cui è stato messo al mondo. E non si tratta di un ol-

traggio da poco, poiché anche le vite migliori sono pessime, e molto piú di quanto ricono-

sca la maggior parte delle persone”.

Cosa voleva dire questo mio amico? Semplice. Voleva dire che, poiché la vita, inevitabil-

mente, è dolore, e poiché nessuno chiede di venire al mondo, dare la vita è qualcosa di

“moralmente cattivo”. In pratica condannava la procreazione. Siccome la procreazione,

secondo lui, provoca una grande quantità di dolore a una persona innocente, venire al

mondo è sempre un grave male. Dunque, diceva, “le persone non devono più fare bam-

bini”, “è bene essere a favore dell’aborto” e “sarebbe meglio se non ci fossero piú esseri

umani sul nostro pianeta..”

Roba da pazzi! E infatti, questo mio amico è stato anche in psichiatria. E intanto diffonde

le sue stranezze, e c’è gente cretina che gli va dietro, dandogli ragione. Come rispondere

a ad un modo di pensare del genere? Giá soltanto parlando dal punto di vista umano,

senza ricorrere alla fede religiosa e all’esistenza di un Dio creatore, si può rispondere che

non è vero che la vita è solo dolore; ci sono anche le gioie e i momenti positivi, che alcu-

ni sentimenti (quali l’amore e l’amicizia) e alcune esperienze (per esempio l’emozione di

fronte alla bellezza della natura) fanno della vita umana un’esperienza che merita di es-

sere vissuta. Se poi alziamo un po’ lo sguardo verso l’alto e diamo una risposta religiosa,

anzi, meglio ancora, cristiana, le cose cambiano radicalmente e si arricchiscono. Infatti la

fede cristiana in un Dio-Creatore, in un Dio-Amore, in un Dio-Padre che ci vuole bene,

può mostrarci la vita non come condanna o come regalo avvelenato, ma come dono bel-

lo e buono. Bello e buono non solo perché, mentre siamo in vita, possiamo rivolgerci a

lui, stare in sua compagnia e avvertire il suo amore, ma perché tale paternità ci assicura

che, nonostante ci sia la morte, non finisce tutto, bensì tutto ha inizio. Dopo la morte,

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infatti, potremo stare faccia a faccia con lui e addirittura potremo vivere in lui, unendoci al

suo amore eterno. Inoltre, riflettendoci sopra, si nota che le cose vanno meglio di come

sembra, che il bello è superiore al brutto, che nel mondo c’è più bontà che malvagità, che ci

sono piú lati positivi che lati negativi. E poi, io posso sempre aiutare mio figlio che ho messo

al mondo, oltre che a farlo passare da una bella esperienza a un’altra bella esperienza, an-

che a fargli trovare un senso alla vita. Il che significa trovare un senso anche alla sofferenza,

anche al dolore e anche alla morte. Quando dico che il regalo più bello che un genitore pos-

sa fare a un figlio sia aiutarlo a trovare un senso alla vita, penso in effetti alla fede religiosa,

e specialmente alla fede cristiana come la insegna la Chiesa cattolica. La vera differenza che

c’è tra chi crede che la vita sia bene, e che dunque sia un bene trasmetterla anche agli altri,

e chi pensa, invece, che la vita sia un male e che dunque sia necessario non trasmetterla

agli altri, è la disponibilità ad accettare e a rivolgersi a Qualcuno che sta sopra di noi. Se ci

fermiamo su un piano strettamente umano e materiale, il pessimismo, per quanto possa es-

sere spiacevole, potrebbe trionfare. Se invece ci innalziamo su un piano spirituale e divino,

allora l’ottimismo ha sempre ragione, e mi permette di dire che il regalo più prezioso che io

possa fare ai miei figli e nipoti, non è quello di aiutarli ad evitare il dolore e la sofferenza,

ma è quello di invitarli a cercare Dio; o, come direbbe il Papa Benedetto XVI, a lasciarsi tro-

vare da Lui.

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Il principale bisogno di una moglie è sentirsi amata.

Il principale bisogno di un marito è sentirsi rispettato.

Quando questi bisogni vengono vissuti e praticati, la coppia trova pace, riscopre una nuova intimità,

entrambi si sentono profondamente apprezzati e, inoltre, si sperimenta una relazione di coppia, alla

divina, cioè così come l'ha intesa Dio, da sempre.

Non è vero che "l'unica cosa di cui si ha bisogno è l'amore". L'amore è vitale in una relazione, ma da

solo non è abbastanza! Cinque matrimoni su dieci finiscono con un divorzio, proprio perché manca nel

matrimonio una parte, altrettanto importante quanto l'amore! E questa parte è il rispetto! AMARE LA

MOGLIE e RISPETTARE IL MARITO sono i due passi importanti e necessari. È un segreto semplice, che

è nascosto proprio nella Bibbia. Nella lettera agli Efesini (5,33) S. Paolo scrive: "Ciascuno da parte sua

ami la propria moglie come se stesso, e la moglie rispetti il proprio il marito." Il progetto di amore reci-

proco che ci offre Dio, è questo:

1. L'amore incondizionato dell'uomo verso la moglie ("ciascuno ami la propria moglie"). È da sottolinea-

re che il termine usato è AGÁPE (parola greca), che significa proprio “amore incondizionato”, che ama

senza chiedere nulla in cambio. Il marito quindi è chiamato ad obbedire a questo comando, anche se la

moglie non obbedisce al comando di rispettarlo! Non è giustificato un uomo che dica: amerò mia mo-

glie solo dopo che lei mi avrà rispettato.

2. Il rispetto della donna verso il marito ("la donna rispetti suo marito"). Anche in questo caso si tratta

di mostrare un rispetto incondizionato. Il che vuol dire che la moglie deve sempre rispettare il marito

anche se questi non obbedisce al comando di amarla. Non è giustificata una donna che dica: rispetterò

mio marito solo dopo che lui mi avrà amata. Chi ragiona cosí, crea un vero e proprio circolo vizioso!

Con meno amore, lei reagisce con meno rispetto. Con meno rispetto, lui reagisce con meno amore. E

così via, fino alla nausea e ai dispetti reciproci. Amore e rispetto sono bisogni primari per la donna e

l'uomo. Questa verità è confermata anche da ricerche psicologiche. Spesso, nel corso delle chiacchiera-

te con le coppie in difficoltá, si chiede al marito: "Tua moglie ti ama?". E lui risponde: "Certo che sì". Poi

si chiede ancora: "Ti apprezza?" e la risposta solitamente è qualcosa del genere: "Non proprio...". Spes-

so l'uomo ha l'impressione che la moglie sia cambiata e non sia più quella donna da cui si sentiva ap-

prezzato e approvato ai tempi del fidanzamento. Ora lei non lo approva più, e glielo comunica anche

apertamente… Certo si puó dare per scontato che la moglie ami ed è vicino a suo marito. Ma é sempre

in grado di dimostrargli che lo rispetta, lo apprezza e lo considera una persona di valore, nelle grandi

come nelle piccole cose di tutti i giorni? Pensa ad esempio a come una moglie reagisce ai suoi successi:

é in grado di dimostrarsi orgogliosa e ammirata per le qualitá positive del suo marito? O non rischia

invece di sottovalutarle? Inoltre, come reagisce ai suoi errori? È in grado di continuare a pensare bene

di lui e a considerarlo comunque una persona apprezzabile, o invece glieli fa notare, magari glieli rin-

faccia? Maschi e femmine sono strutturalmente diversi, hanno modi diversi di comunicare e di reagire

e hanno bisogni diversi. Per esempio: una coppia si trova davanti all'armadio, per vestirsi, prima di ini-

ziare la giornata. Entrambi dicono: "Non ho niente da mettermi". Ma mentre lei intende che non ha

niente “di nuovo” da mettersi, lui invece intende che non ha niente “di stirato”!

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Spesso si creano incomprensioni e difficoltà, perché si è troppo concentrati sui propri bisogni personali,

finendo spesso per dare per scontato che anche i bisogni dell'altro siano simili ai nostri. E quando si arri-

va allo scontro con il proprio coniuge, spesso il motivo del litigio non lo si conosce ...! Non vi è mai capi-

tato di ritrovarvi a litigare con vostro marito o vostra moglie, senza sapere esattamente il perché? Vi ar-

rabbiate, discutete e intanto pensate: "Dov'è il problema? Cosa sta succedendo?" In questi casi è impor-

tante rendersi conto che si é diversi; maschi e femmine sono diversi! Le donne sono abituate al concetto

di amore incondizionato. È un'idea che esse hanno presente e che considerano corretta. Per loro sembra

giusto, ad esempio, affermare che il proprio marito dovrebbe amare la sua moglie nonostante i suoi di-

fetti e i suoi limiti. Poi, invece, credono che il rispetto verso il loro marito debba essere guadagnato,

quindi quando sentono che il loro marito non merita rispetto, lo dimostriamo con il loro modo di fare,

con il loro tono di voce, con i loro sguardi. Ma questo è sbagliato. La via per amare pienamente il proprio

marito è quella del rispetto. Un rispetto che deve essere dimostrato! Bisogna imparare a capire e ad usa-

re la parola rispetto, perché, davvero, questo è il valore più profondo per un uomo! Il rispetto è la chiave

per motivare un marito! Qualcuna, peró, puó pensare ancora: “Ma se io mostro rispetto incondizionato

verso mio marito, è come se gli dó piú potere su di me!". Non è proprio cosí. Un marito normale e di

buona volontà non sta sempre lí a cercare nuovi modi per opprimere e mostrare la sua superiorità alla

moglie! No! Le donne si devono rendere conto che hanno il potere di cambiare il loro matrimonio, molto

più di quanto mai hanno immaginato!

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1) VARIARE GLI ALIMENTI: i nostri corpi sono complessi e nessun singolo alimento contiene tutti i

nutrimenti di cui abbiamo bisogno. Le nostre diete devono quindi contenere una grande varietà di

cibi freschi. Occorre consumare quotidianamente grano, mais, riso e patate, legumi come lenticchie

e fagioli, molta frutta fresca e verdura, e alimenti di origine animale (carne, pesce, uova e latte). È

bene prediligere cibi integrali e non raffinati.

2) MODERARE IL CONSUMO DI SALE: la maggior parte delle persone in tutto il mondo mangia troppo

sale. Il limite raccomandato è di 5 grammi (equivalente a un cucchiaino) al giorno. E anche se non lo

aggiungiamo a ciò che cuciniamo, dobbiamo sapere che il sale è presente giá negli alimenti o nelle

bevande industriali, spesso in quantità elevate. Uno dei consigli di grande importanza è eliminare i

condimenti salati dalla nostra tavola.

3) RIDURRE IL CONSUMO DI GRASSI E OLI: I grassi industriali sono i più pericolosi per la salute per-

ché aumentano il rischio di infarto del 30%. Per questo si consiglia di sostituire burro, strutto e lardo

con oli più sani come quello di soia, colza, mais o girasole. Preferire la carne bianca alla carne rossa

come pollame, o pesce. Eliminare comunque il grasso visibile dalla carne e limitare il consumo di

quella lavorata (salumi, per esempio).

4) LIMITARE GLI ZUCCHERI: come per il sale, occorre limitare l'assunzione di dolci e bevande come

bibite gassate, succhi di frutta, acqua aromatizzata, energy drink, tè e caffè giá preparati, pronti da

bere, e bevande al latte aromatizzate.

5) EVITARE L'ABUSO DI ALCOL: non esiste un livello sicuro di consumo di alcol. Per molte persone

anche pochissimi alcolici possono essere associati a significativi rischi per la salute. Non si dovrebbe

poi bere alcolici in gravidanza o in fase di allattamento o con l'assunzione di farmaci.