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Ilaria Celani (matricola 1212940)

Cdl in Letteratura e Lingua, Studi Italiani ed Europei

Corso di Letteratura Inglese a.a. 2013\2014.

IL VAMPIRO: TRA ORRORE E BELLEZZA

A partire dalla metà del Settecento, in una realtà artistica dominata dalla

presenza di molteplici categorie, il brutto ed i suoi aspetti periferici si

presentano con le medesime credenziali del bello: non più quindi

subordinati alla nozione prevaricatrice di bellezza.

Partendo da questo presupposto, è giustificabile l’esistenza di una

categoria del “vampiresco” che agisce con gli stessi meccanismi estetici

del brutto, confondendosi alle volte con le altre categorie del negativo ed

allacciandosi al tema della paura.

Quest’ultimo, sotto l’influsso del Romanticismo tedesco, conquista la

sensibilità dell’epoca, divenendo un concetto estetico ed uno stile nella

letteratura e nelle arti. Così, accanto alle altre creature terrificanti, la

figura del vampiro come idea estetica legata all’orrore comincia a tracciare

la propria storia.

In principio, tuttavia, vi è la dimensione popolare e folklorica. Di origine

slava, il vampiro nascerebbe, secondo gli studi di Massimo Izzo, dal

processo di iperdeterminazione, il quale produce forme caratterizzate da

anomalie: egli è un morto che tuttavia, rispetto alle leggi biologiche,

prolunga la propria vita. Alla sua origine ci sarebbe, quindi, una sorta di

“ribaltamento” delle normali leggi di natura.

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Sfidando l'ordine divino, il vampiro risorge, cercando di perpetuare in

eterno la propria esistenza. Attraverso il sangue, simbolo di vita, il mostro

sconfigge la morte.1

Montague Summers nel suo volume The Vampire: His Kith and Kin ha

sostenuto la tesi della origine universale del vampiro, poiché esistono

esempi tratti dal folklore di numerose tribù africane e di popoli antichi.2

Un’altra tesi, invece, ricollega la credenza del vampiro all’ambiente

religioso sciamano, dove è diffusa l’idea del “morto che ritorna”.3

A prescindere dalla sua autentica provenienza, è possibile delinearne dei

tratti specifici già a partire dalle varie tradizioni popolari, che concordano

in taluni aspetti fisici e comportamentali: il vampiro, pertanto, sarebbe un

mostro o uno spettro senz’anima e senza cuore dal viso pallido, i denti

aguzzi, le mani scarne, le orecchie appuntite e l’alito pestilenziale; Il suo

unico scopo è quello di soddisfare il proprio desiderio di fame, che placa

succhiando il sangue delle sue vittime.

Soggetto archetipale che da sempre incarna la paura dei morti ed il

desiderio di eternità dell’uomo4, può essere certamente considerato un

antecedente del vampiro letterario Settecentesco.

Si giunge così al personaggio di Dracula, mito creato da Bram Stoker5, in

cui sono condensati secoli di tradizione folklorica, dalla quale l’autore

prende spunto per delineare una fisicità che recupera gli elementi propri

del mostro leggendario.

1 M. Izzo, Il dizionario illustrato dei mostri, Gremese, Roma, 1989.2 M. Summers, The vampire: His Kith and Kin, Kegan Paul, London, 1928.3 C. Corradi, Musi, vampiri europei e vampiri dell’area sciamanica, Soveria Mannelli, Messina, 1995.4 C. Gabutti, Vampiri, sepoltura e morte, Pratiche, Parma, 1994.5 B. Stoker, Dracula, 1897.

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Stoker non si ferma qui, bensì va oltre, aggiungendo caratteristiche

derivanti da fonti storiche e letterarie precedenti.

In particolare l’autore innesta il personaggio sulla figura storica del

principe Vlad III di Valacchia, noto per il suo atteggiamento dispotico e

sanguinario, nonché per la tendenza ad impalare i malcapitati nemici.6

Ad arricchire Dracula, inoltre, è l’influsso letterario dell’opera The

Vampyre di John William Polidori, il cui protagonista-vampiro Lord

Ruthven ispira largamente Stoker nella caratterizzazione “aristocratica” e

nobile del suo personaggio.7

Ora il vampiro non è più un semplice cadavere animato dal demonio, o un

mostro errante con il solo intento di bere sangue, ma diviene figura a

“tutto tondo”, anima maligna dai piani diabolici e vendicativi, dallo

spessore psicologico ed appartenente alla “upper class”, in grado di

sostenere conversazioni di alto livello nei salotti.

Folklore, Storia e Letteratura si mescolano in una creatura dai risvolti

ambigui e contraddittori. La sua evoluzione lo porta ad assumere in sé il

duplice aspetto di mostro orrendo e di individuo dal fascino tenebroso, ed

il risultato è quello di un unico essere che suscita paura, disgusto ed

attrazione al contempo. Ma com’è possibile la convivenza di principi così

antitetici?

Secondo l’analisi fatta da Rosenkranz nella sua Estetica del Brutto, il

“Nosferatu” non è solo un essere ambiguo che abita tra la vita e la morte,

ma è anche un essere mostruoso che disgusta.

6 G. Guerzoni, Storia e Mistero del Conte Dracula. La doppia vita di un feroce sanguinario, Piemme, Casale Monferrato, 1996.7 J. W. Polidori, The Vampyre, 1819.

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Distaccandosi dalle teorie di Burke8, egli afferma che l’orrore non è più

solo il momento negativo del sublime, in contrapposizione al brutto e

fonte di un terrore misto a piacere attrattivo, bensì è anche l’istintivo

sentire del corpo che reagisce per il nauseante, il rivoltante, ciò che fa

ribrezzo. L’orrendo compartecipa ora delle due categorie opposte di

sublime e di brutto, ed il vampiro sintetizza in sé rispettivamente quel

terrore affascinante tipico dell’una e le sensazioni repellenti proprie

dell’altra.9

Con Dracula, ad ogni modo, la dimensione della fisicità non è ancora

riscontrabile ed esplicitata, dato che il Conte si presenta piuttosto come

un’entità sfuggente di cui è avvertita la sola presenza, le cui parole sono

presentate in forma indiretta, e le cui azioni sono narrate in maniera

evanescente.

A rivelare e sottolineare i plurimi aspetti del “succhiasangue” sono le

successive rivisitazioni ed i successivi adattamenti letterari e, soprattutto,

cinematografici.

Fino agli anni ottanta del Novecento i film ispirati all’opera stokeriana

sembrano marcare gli aspetti negativi ed orripilanti del vampiro, non solo

dal punto di vista etico ma anche nell’aspetto esteriore: in Nosferatu il

vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau, pellicola muta proiettata nel 1922 e

considerata uno dei capisaldi del cinema horror ed espressionista, il Conte

Orlock, interpretato da Max Schreck, è un vampiro sanguinario che dorme

in bare piene di terra.

8 E. Burke, A philosophical Enquiry into the origin of our ideas of the sublime and beautiful , 1757.9 K. Rosenkranz, Estetica del Brutto, tr. it. di S. Barbera, Aesthetica, Palermo, 1984.

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Dal volto pallido, con le mani e le orecchie allungate ed i denti affilati,

rispecchia a pieno la descrizione del vampiro di Stoker, recuperata a sua

volta dal folklore.10

Sulla stessa linea prosegue, nel 1979, Werner Herzog con il remake

Nosferatu il principe della notte, dove il personaggio di Dracula, affidato a

Klaus Kinski, presenta gli stessi spaventosi lineamenti.11

Non è certo un caso che queste prime raffigurazioni siano accompagnate

dalla simbolica presenza del ratto: nella versione di Murnau l’arrivo di

Dracula in Inghilterra è accompagnato da un’invasione di topi che

infestano il porto. In tal caso il vampiro-roditore rimanda al tema

dell’infezione, del contagio e del degrado, paure ancestrali dell’uomo che

non possono non suscitare il freudiano senso di “perturbante”.

Ma non è tutto. La rappresentazione negativa del vampiro cela anche delle

motivazioni sociali e politiche: nella Storia della Letteratura del Terrore,

Punter descrive Dracula come portatore di una lunga tradizione nobiliare,

esempio della decadenza dell’aristocrazia stessa. Il critico afferma che

«Dracula è l’ultimo aristocratico… i legami materiali con il “disonorevole”

mondo borghese sono stati tagliati: l’aristocratico ha pagato il prezzo del

soppiantamento sociale… Defraudato del suo diritto al dominio, il suo

potere si esercita nella pura e semplice sopravvivenza, che non è

personale bensì quella della casa».12

Il sangue, a cui si fa continuo riferimento, non è solo elemento fisico di

nutrimento ma è anche segno di nobiltà, una nobiltà ormai degradata, 10 F. W. Murnau, Nosferatu il vampiro, Prana Film Berlin GmbH, Berlino, 1922.11 W. Herzog, Nosferatu il principe della notte, Werner Herzog Filmproduktion, Gaumont, 1979. 12 D. Punter, Storia della letteratura del terrore. Il “gotico” dal Settecento a oggi, tr. It. di O. Fatica e G. Granato, Editori riuniti, Roma, 1997, p. 231.

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fatta di individui al margine della nuova società borghese, dei veri e propri

“outcasts”.

Dal punto di vista politico il vampiro esprime la cosiddetta “anxiety of

reverse colonization”, ossia l’ansia degli inglesi di un’ ondata colonizzatrice

da parte di nuove potenze, che andrebbero a minacciare la stabilità

dell’Inghilterra. Per comprendere tale posizione è importante

contestualizzare la figura di Dracula, includendola in quell’epoca tardo-

Vittoriana caratterizzata dal declino dell’impero Britannico come potenza

mondiale e dalla crescita politica ed economica di paesi quali la Germania

e gli Stati Uniti.

Stephen Arata nel suo saggio scrive: «Dracula expresses the fear that the

“civilized” world is on the point of being colonized by “primitive” forces …

the colonizer finds himself in the position of the colonized, the exploiter

becomes exploited, the victimizer victimized. Such fears are linked to a

perceived decline - racial, moral, spiritual - which makes the nation

vulnerable to attack from more vigorous, “primitive” peoples».13

La caratterizzazione del personaggio mette in evidenza tratti peculiari

dell’Europa dell’est, e di un potere antico ma ormai più forte di quello

inglese, destinato dunque ad avere il sopravvento. Dracula è l’Est stesso

alla conquista dell’Inghilterra decadente, è la conferma del fatto che ogni

impero forte è destinato a crollare e ad essere inglobato da una forza

maggiore.

La legge darwiniana, insomma, non potrà mai essere smentita. Lo stesso

finale dell’opera di Stoker è significativo in tal senso: Jonathan e Mina

danno alla luce un figlio che viene chiamato con il nome di Quincey

13 S. D. Arata, The Occidental Tourist: “Dracula” and the Anxiety of Reverse Colonization , in Victorian Studies, Indiana University Press, Chicago, 1990, vol. 33, n. 4, p. 623.

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Morris, uno dei personaggi fondamentali della storia, che muore nel

tentativo di uccidere il Conte. Quincey non è altro che il simbolo della

potenza Americana in fervente crescita, anch’essa tendente alla

minacciosa conquista dell’isola Britannica. Il suo spirito vive nel bambino,

proprio come il sangue stesso di Dracula, il quale aveva precedentemente

morso Mina contaminandola. Usando le parole di Arata: «The “little band

of men” can thus rest assured that the threats to English power have been

neutralized on both fronts, East and West, through the appropriation of

Dracula's blood and Morris's spirit. The cost of such assurance is great,

however. Quincey Harker stands as a mute reminder of the violence upon

which the stability of the nation, as well as the family, rests.».14 La vittoria

è solo apparente, la verità nascosta è quella di due nemici che distruggono

dall’interno, oltre che dall’esterno, le fondamenta e le certezze

dell’impero.

A lungo andare il cammino evolutivo del vampiro segue in modo via via

più insistente la direzione della bellezza e del fascino misterioso, ponendo

l’accento sugli aspetti fisici e comportamentali positivi del personaggio.

Cinema e Letteratura mostrano sempre più l’immagine di un nobile

raffinato, spesso in abito elegante e dai modi suadenti ed accattivanti.

Già nel Dracula diretto da Tod Browning nel 1931 è riscontrabile quella

caratterizzazione attraente che avrà ampio respiro nel resto della

produzione successiva.15

14 Ibidem, p. 643. 15 T. Browning, Dracula, Universal Picture, USA, 1931.

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La “performance” di Bela Lugosi, statico ed in abito da sera, si basa sugli

adattamenti teatrali dell’omonimo romanzo, prodotti tra la fine del XIX

secolo e l’inizio del XX secolo: Le versioni sul palcoscenico necessitavano di

una scenografia interna e di un abbigliamento che richiamasse un po’ i

gusti dell’epoca Vittoriana. Come spiega il professor Bignell: «The 1931

film's dependence on interior settings and the static performance by Bela

Lugosi as a charming and attractive Dracula in an evening suit have

become an enduring image for the character, but Lugosi's characterisation

derived from decisions made for easier staging of the story in the theatre,

rather than on the novel's emphases… The need to turn Dracula into a

melodramatic tale of mystery taking place indoors was the reason for the

costuming of Dracula in evening dress and opera cloak, making him look

like the sinister hypnotists, seducers and evil aristocrats of the Victorian

popular theatre».16

Nel 1992 Francis Ford Coppola, sebbene dia alla luce un rifacimento

strettamente fondato sul romanzo stokeriano, tuttavia se ne distacca

nell’evidenziare la bellezza del personaggio, soprattutto nelle scene in cui

egli stabilisce un contatto con Mina.17

Ad accentuare i tratti positivi è, inoltre, l’introduzione della tematica

amorosa che caratterizza, in modo del tutto originale, il rapporto tra il

Conte e la protagonista femminile, e che può essere giustificata dalle

nuove esigenze di un pubblico degli anni Novanta, senza dubbio

16 J. Bignell, A taste of the Gothic: film anda television versions of Dracula, in E. Sheen e R. Giddins, From Page to Screen: Adaptations of the Classic Novel, Manchester University Press, Manchester, 2000, p. 13.17 F. F. Coppola, Dracula di Bram Stoker, F. F. Coppola, F. Fuchs, C. Mulvehill, USA, 1992.

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condizionato dalla dimensione romantica e sentimentale. A questo punto

Dracula, oltre ad essere fisicamente piacente, è anche in grado di amare.

A provare amore ed affetto è, ancora, il protagonista di uno dei racconti

vampireschi di Anne Rice, Intervista col vampiro, da cui è tratto l’omonimo

film del 1994 di Neil Jordan (nel quale non a caso il ruolo del bel vampiro è

interpretato da un giovanissimo Brad Pitt).18

Si tratta della storia in prima persona di Louis, un vampiro di New Orleans

e delle sue avventure nel Nuovo e Vecchio Mondo, in cerca di una

spiegazione alla propria condizione e di compagni della sua specie.

La Rice riesce qui a rappresentare la realtà del vampiro come ricca,

brillante e luminosa: una realtà nella quale i sensi sono espansi a

dismisura, dove ogni cosa può essere gustata fino in fondo.

Lo stesso Louis appare come un buono che si sforza di uccidere solo

animali, in un insolito slancio vegetariano, al contrario di quanto fa il suo

“creatore” nonché sodale Lestat, convenzionalmente violento. L’umano in

Louis non è stato del tutto annientato, mosso com’è da principi etici e

spinto a frequenti dimostrazioni affettive rivolte a Claudia, la bambina-

vampiro che lo accompagna nel suo viaggio.

La sua bellezza estetica viene più volte sottolineata nel corso del testo,

spesso come motivo che spinge gli altri personaggi ad essere attratti da lui

e a rimanerne totalmente affascinati e soggiogati.19

Il cambiamento è in atto, ma la metamorfosi non è del tutto compiuta. Nel

personaggio della Rice, come in quello di Coppola, la bellezza ed il fascino

celano ancora un lato “oscuro”, un’inquietudine resa lacerante dalla

stessa coscienza dei protagonisti, consapevoli della loro amara condizione:

18 N. Jordan, Intervista col vampiro, S. Woolley, D. Geffen, USA, 1994. 19 A. Rice, Interview with the vampyre, 1976.

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Il vampiro è pur sempre un’anima dannata e protesa al male, costretta ad

un’eternità che solo in apparenza è positiva, ma che in realtà priva

l’esistenza di ogni suo significato.

L’impossibilità di trovare una soluzione a tale supplizio, spinge il Dracula di

Coppola ad esitare per un istante di fronte alla possibilità di

“contaminazione” della sua amata, onde evitarle la sofferenza eterna. E la

stessa impossibilità è perfettamente simboleggiata, nell’ Intervista col

vampiro, dal dolore di Claudia che, sebbene destinata ad una giovinezza e

ad una bellezza senza fine, lamenta la negazione della crescita e del

divenire donna.

Uno spirito in pena, dunque, senza epoca e senza legami, in lotta contro

tutto, come afferma di sé malinconicamente Louis in un dialogo con il

vampiro parigino Armand. E la risposta di quest’ultimo è imperante: «Ma

è proprio questo lo spirito del tuo tempo. Non capisci? Tutti provano

quello che provi tu. La tua caduta dalla grazia e dalla fede è la caduta di un

secolo».20 Il dissidio interiore del vampiro, eclissato dalla bellezza

esteriore, rispecchia quello dell’uomo moderno.

Il XXI secolo si apre con una simile contraddizione in seno, per poi

raggiungere progressivamente il pieno riscatto del vampiro, sia dal punto

di vista fisico che da quello etico. Il percorso di perfezionamento è al

termine, l’immagine del mostro orrendo e maligno appartiene ormai ad

un passato da cui prendere le dovute distanze.

La posizione di molta Letteratura e Cinematografia odierna favorisce

l’ingresso di una figura completamente ed inequivocabilmente positiva: La

20 A. Rice, Intervista col vampiro, tr. it. M. Bignardi, Tea, Milano, 2009, p. 302.

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disgustosa creatura, al servizio del demonio e dalla quale fuggire, lascia il

posto al vampiro dalla bellezza sovrumana e dalle qualità morali

invidiabili. Esempio lampante non può non esserci dato dalla famosissima,

se non famigerata, saga di Twilight, ciclo di romanzi paranormali scritto da

Stephenie Meyer a partire dal 2005, che narra della vita di Isabella Swan,

un’adolescente che si trasferisce a Forks nella penisola di Washington, e

che si innamora del vampiro Edward Cullen.21

Il successo dell’opera, al quale segue l’adattamento cinematografico22, è

certamente dovuto ad una miscela di azione, fantasia e dramma

sentimentale, ma soprattutto alla caratterizzazione dei protagonisti, prima

tra tutte quella del personaggio di Edward: All’interno del racconto, il suo

cammino può considerarsi un vero e proprio tragitto di redenzione

personale.

Se inizialmente anche lui rientra nella categoria dei vampiri in eterno

conflitto con sé stessi, successivamente, grazie all’amore di Bella, riesce a

ritrovare una certa pace interiore che lo rende perfetto agli occhi di tutti.

Con la sua bellezza eterea, la capacità di brillare alla luce del sole, la bontà

ed i solidi principi, Edward costituisce la decostruzione totale del

tradizionale vampiro, emblema dell’anti-eroe e dell’ “outcast”, repellente

e terrificante. Il “Nosferatu”, da questo momento, oltre a ripudiare il

sangue umano, ad innamorarsi e a voler bene, può addirittura rischiare la

propria incolumità per la salvezza dei cari.

Eroe per eccellenza, non meno di tanti personaggi della Marvel, il “nuovo”

vampiro affonda le sue radici in un’epoca di crisi, di guerre e di profonde

21 S. Meyer, Twilight’s saga, USA, 2005-2008.22 C. Hardwicke, C. Weitz, D. Slade, B. Condon, The Twilight’s saga, Summit Entertainment, USA, 2008-2010.

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divisioni, nella quale i valori ed il bene sono messi troppo spesso in

secondo piano, calpestati dalla violenza e dall’egoismo individuale.

Una simile realtà giustifica a tutti gli effetti la necessità da parte di un

pubblico, specialmente giovanile, di recuperare la bontà, l’amore e la

solidarietà attraverso la Letteratura ed il Cinema, trasponendole anche in

figure negative per tradizione.

Si tratta di un grido di speranza, una lezione di vita che dà forza all’idea

che sia possibile per tutti migliorare, e far prevalere il lato “buono” su

quello “malvagio”. Dopo tutto, in ogni uomo vive l’infinita lotta tra positivo

e negativo, tra bene e male, ed in tal senso si potrebbe considerare il

vampiro come un simbolo della stessa umanità.

Le parole di Jesi sono chiare al riguardo: «È lecito chiedersi se il vampiro

sia l’ “alter ego” umano, pronto a far la sua comparsa nel complesso

rapporto fra l’uomo e la sua immagine, quella stessa immagine suscitata

dal porsi innanzi alla propria realtà paradossale».23

Al termine della metamorfosi affrontata, al di là della questione

riguardante la fedeltà rispetto alla Tradizione letteraria gotica, il traguardo

raggiunto è la definitiva identificazione tra bello estetico e bello interiore,

a sancire così un concetto di Sublime più originale ed al passo con i tempi,

ovvero quello di “Sublime della Perfezione”.

23 F. Jesi, Spartakus. Simbologia della rivolta, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, p. 95.

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