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Questo libro raccoglie una selezione di testi realizzati dagli studenti del corso di licenza media e dei corsi di alfabetizzazione del CTP di Ugento. Abbiamo voluto testimoniare attraverso questo lavoro il grande impegno e la grande partecipazione che hanno contraddistinto questo anno scolastico. Il titolo è una citazione di un alunno pakistano che frequenta il corso di licenza media. Spiega in maniera perfetta l'approccio che hanno questi ragazzi verso la vita. Ci sembrava bello usarlo come titolo del libro: esprime il rifiuto dei pregiudizi e del razzismo, l'accoglienza come base della civiltà, il rispetto e il riconoscimento dei diritti umani per tutti, senza eccezioni. Il libro ha diverse sezioni indicate da un hashtag come quelli che si utilizzano nei social network: una presentazione anche in inglese degli studenti che hanno partecipato ai corsi offerti dalla scuola, la descrizione della loro famiglia, il racconto del loro viaggio per arrivare in Italia, il loro giorno più bello e quello più brutto, i loro sogni per il futuro e infine una raccolta di note realizzata nel corso dell'anno dalla collega di lettere. Gli alunni hanno lavorato tanto per realizzare questi brevi e semplici testi che, soprattutto per i ragazzi stranieri, rappresentano la fine di un percorso che li ha impegnati a lungo, difficile e pieno di ostacoli. Di solito sono gli alunni a ringraziare i loro professori; l'esperienza al CTP di Ugento è stata talmente piena di significato per noi insegnanti che è legittimo provare a capovolgere la situazione. Fin dal primo giorno di scuola non c'è stato un momento in cui non ci si sia meravigliati di uno sguardo, di un atteggiamento, di un modo di fare. Uno studio approfondito, reciproco e incessante tra noi e loro. Noi a cercare di cogliere l'interiorità di questi ragazzi

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Questo libro raccoglie una selezione di testi realizzati dagli studenti del corso di licenza media e dei corsi di alfabetizzazione del CTP di Ugento. Abbiamo voluto testimoniare attraverso questo lavoro il grande impegno e la grande partecipazione che hanno contraddistinto questo anno scolastico. Il titolo è una citazione di un alunno pakistano che frequenta il corso di licenza media. Spiega in maniera perfetta l'approccio che hanno questi ragazzi verso la vita. Ci sembrava bello usarlo come titolo del libro: esprime il rifiuto dei pregiudizi e del razzismo, l'accoglienza come base della civiltà, il rispetto e il riconoscimento dei diritti umani per tutti, senza eccezioni.

Il libro ha diverse sezioni indicate da un hashtag come quelli che si utilizzano nei social network: una presentazione anche in inglese degli studenti che hanno partecipato ai corsi offerti dalla scuola, la descrizione della loro famiglia, il racconto del loro viaggio per arrivare in Italia, il loro giorno più bello e quello più brutto, i loro sogni per il futuro e infine una raccolta di note realizzata nel corso dell'anno dalla collega di lettere. Gli alunni hanno lavorato tanto per realizzare questi brevi e semplici testi che, soprattutto per i ragazzi stranieri, rappresentano la fine di un percorso che li ha impegnati a lungo, difficile e pieno di ostacoli.

Di solito sono gli alunni a ringraziare i loro professori; l'esperienza al CTP di Ugento è stata talmente piena di significato per noi insegnanti che è legittimo provare a capovolgere la situazione. Fin dal primo giorno di scuola non c'è stato un momento in cui non ci si sia meravigliati di uno sguardo, di un atteggiamento, di un modo di fare. Uno studio approfondito, reciproco e incessante tra noi e loro. Noi a cercare di cogliere l'interiorità di questi ragazzi senza sapere che sarebbe stata, per certi versi, un'impresa epica. Loro, invece, che cercavano disperatamente di capire chi avevano di fronte. Dovevano farlo al più presto e non si potevano fidare solo dei sorrisi e della disponibilità che noi offrivamo. Alcuni avevano alle spalle storie a volte atroci, che noi non conoscevamo e che hanno deciso di farci ascoltare soltanto alla fine dell'anno scolastico, concedendo una fiducia piena ma mai scontata. A settembre eravamo spaventati per le difficoltà che si incontrano in una classe di studenti che vanno dai 15 ai 60 anni, che arrivano da quattro continenti diversi e che hanno in comune solo il fatto di trovarsi nello stesso momento in quel luogo, per gli sguardi interrogativi dei ragazzi stranieri durante le lezioni, per il chiedersi continuamente quanto sia utile il lavoro che si fa per loro, per lo scoramento e la quasi rassegnazione che ogni tanto si affacciava nei loro sguardi man mano che i giorni passano e i contenuti si facevano più difficili.

Ti colpisce la maturità di questi ragazzi così giovani e già ricoperti di responsabilità che schiaccerebbero molti adulti “occidentali”. Ti colpisce il fatto che siano sempre puntualissimi, il rispetto degli arredi e degli ambienti scolastici, che finita le lezione risistemino con cura il loro banco e la sedia, che aiutino l'insegnante a portare le borse e i registri, che richiudano le finestre e spengano la luce. Sono gesti autentici che fanno comprendere quanto grande sia la

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considerazione che hanno per l'istituzione scolastica nel suo complesso. Alcuni di loro quando sono arrivati nella nostra classe non sapevano leggere né scrivere. La gratitudine che dimostrano queste persone verso gli insegnanti la si può comprendere soltanto che si riflette sul contesto sociale dal quale provengono e che non garantisce a tutti una istruzione minima. La possibilità di leggere e di scrivere apre scenari immensi a queste persone che possono finalmente essere libere dalla schiavitù dell'ignoranza e aumenta notevolmente le possibilità di integrazione. Ti colpisce l'orgoglio smisurato che dimostrano quando si impegnano nello studio, la determinazione quando ascolti i loro sogni, i loro desideri, le loro semplici aspirazioni.Ti colpisce anche il senso di appartenenza, indispensabile in un paese straniero che non si conosce ancora bene che però non esclude mai la condivisione, l'amicizia sincera e la collaborazione con tutti gli insegnanti e i compagni di classe. Ti colpisce il fatto che la corsista statunitense e lo studente afghano dialoghino nel loro incerto italiano; un'immagine che sintetizza un'ulteriore peculiarità dell'esperienza che abbiamo vissuto. Ti colpisce la loro caparbietà, incessante e inesorabile, nell'apprendere o la richiesta continua di nuovi esercizi da fare nel fine settimana, di libri da leggere, di cose da fare per diventare più bravi. Ti colpisce la voglia di vivere che nonostante tutto hanno, la risata pronta, la battuta giocosa e mai volgare. Ti colpisce la delusione dei ragazzi del corso di alfabetizzazione quando è stato detto loro che per un mese un insegnante sarebbe stato impegnato in un'altra scuola. Quello che in una classe “normale” avrebbe provocato urla di giubilo, qui ha invece assunto i toni di una vibrante protesta.Ti colpisce infine anche il loro fatalismo, le storie di disperazione che hanno vissuto o di cui sono stati testimoni che si esprimono attraverso una serenità rassegnata rispetto agli eventi quotidiani della vita che a volte intimorisce.

Perciò sento come dovere quello di ringraziare tutti i colleghi, i ragazzi e le persone con le quali ho diviso quest'anno perché sono stati loro a insegnarmi tantissimo e ad arricchirmi come persona e come insegnante. Le lezioni che ho ricevuto da loro attraverso la loro tenace volontà, l'onesta sincerità e la leggerezza dei loro anni rimangono impagabili.

Luigi Abaterusso