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ELABORATO di CHIARA DI MATTIA (I anno) 1. Riflessioni comparatistiche sui mandati di FED e ECB; riflessi sui rispettivi strumenti di politica monetaria e sul ruolo delle banche centrali nelle crisi finanziarie; Nell'approccio ad uno studio comparatistico delle discipline di riferimento della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea occorre muoversi senza dubbio dalla radicale differenza dei contesti politici nei quali i due Istituti operano. A parità, peraltro meramente eventuale, di strumenti di intervento utilizzati, il loro effetto sembrerebbe dispiegarsi in modo del tutto diverso in termini di efficacia, in ragione della sussistenza o meno di un'unità politica dei paesi coinvolti e dunque della capacità di individuare, nel momento di massima aggressività della situazione di crisi, una politica economica che possa corrispondere e coordinarsi con le scelte di politica monetaria. La lettura degli obiettivi della FED (Federal Reserve Act, sezione 2.A) sottolinea proprio tale impostazione: il mantenimento di una crescita a lungo termine degli aggregati monetari del credito deve essere perseguito in sintonia, in collegamento, con la promozione effettiva degli obiettivi di massima occupazione, della stabilità dei prezzi e di moderati tassi di interessi a lungo termine. Ciò che colpisce è l'assenza di ordine gerarchico tra tali obiettivi, tale da consentire di graduare le diverse misure adottabili in ragione del singolo contesto storico di crisi. Tale impostazione è radicalmente contrastante con quella europea nella quale il principale obiettivo attribuito alla Banca centrale consiste nel mantenimento della stabilità dei prezzi (articolo 2 del Protocollo n. 4) e gli altri obiettivi, individuati indirettamente attraverso il rinvio all'articolo 3 del TUE, sono comunque ad esso subordinati. Ciò premesso, occorre chiarire come la diversità, anche degli strumenti a disposizione, dei due Istituti abbia giocato un ruolo determinate nei primi anni della crisi. Su tutti la questione 1

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ELABORATO di CHIARA DI MATTIA (I anno)

1. Riflessioni comparatistiche sui mandati di FED e ECB; riflessi sui rispettivi strumenti di politica monetaria e sul ruolo delle banche centrali nelle crisi finanziarie; 

Nell'approccio ad uno studio comparatistico delle discipline di riferimento della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea occorre muoversi senza dubbio dalla radicale differenza dei contesti politici nei quali i due Istituti operano.  A parità, peraltro meramente eventuale, di strumenti di intervento utilizzati, il loro effetto sembrerebbe dispiegarsi in modo del tutto diverso in termini di efficacia, in ragione della sussistenza o meno di un'unità politica dei paesi coinvolti e dunque della capacità di individuare, nel momento di massima aggressività della situazione di crisi, una politica economica che possa corrispondere e coordinarsi con le scelte di politica monetaria. La lettura degli obiettivi della FED (Federal Reserve Act, sezione 2.A) sottolinea proprio tale impostazione: il mantenimento di una crescita a lungo termine degli aggregati monetari del credito deve essere perseguito in sintonia, in collegamento, con la promozione effettiva degli obiettivi di massima occupazione, della stabilità dei prezzi e di moderati tassi di interessi a lungo termine. Ciò che colpisce è l'assenza di ordine gerarchico tra tali obiettivi, tale da consentire di graduare le diverse misure adottabili in ragione del singolo contesto storico di crisi. Tale impostazione è radicalmente contrastante con quella europea nella quale il principale obiettivo attribuito alla Banca centrale consiste nel mantenimento della stabilità dei prezzi (articolo 2 del Protocollo n. 4) e gli altri obiettivi, individuati indirettamente attraverso il rinvio all'articolo 3 del TUE, sono comunque ad esso subordinati. Ciò premesso, occorre chiarire come la diversità, anche degli strumenti a disposizione, dei due Istituti abbia giocato un ruolo determinate nei primi anni della crisi. Su tutti la questione della possibilità di adottare misure di quantitative easing, quale, per esempio, l'acquisto sul mercato secondario da parte della Banca centrale di titoli di debito pubblico dei paesi in difficoltà. Come noto tale possibilità è stata a lungo, anche soltanto psicologicamente, rifiutata nel contesto europeo, per più ragioni: da un lato l'atavica paura da parte della Germania di scatenare una spirale inflazionistica e dall'altro la stessa natura dell'unità europea che è, prima di tutto - ed è bene ricordarlo - di tipo economico e monetario e che sembrerebbe incompatibile con strumenti che ridistribuiscano in capo a tutti i membri le diseconomie e le cattive politiche interne degli stati in difficoltà.Coerente con tale quadro sembra essere del resto l’art. 123 del TFUE che espressamente vieta “ la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Baca centrale europea o da parte delle banche centrali degli stati membri a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, coì come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali”.

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2. In particolare: controversie legali sulle politiche “non convenzionali” adottate dalla ECB dall’OMT del 2012 al “ quantitative easing ” iniziato nel 2015;  

Richiamando quanto sommariamente ricostruito nel primo punto, non v’è dubbio che l’inasprirsi della crisi nel 2012 abbia dimostrato l’incapacità degli strumenti utilizzati da parte della Banca Centrale Europea nel difendere i paesi maggiormente esposti alle dinamiche speculative nei mercati dei titoli di stato, originate anche dai timori degli investitori sulla reversibilità dell’euro. È proprio infatti dal 2012, dopo il famoso intervento di Mario Draghi (Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough), che la Banca centrale avvia l’utilizzo di strumenti molto più incisivi come il programma OMT con il quale il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) avrebbe acquistato sui mercati secondari titoli del debito pubblico di Stati membri della zona euro al verificarsi di determinate condizioni.L’avversione da parte di vari gruppi di soggetti privati tedeschi per tale programma fu tale che il solo annuncio a mezzo di comunicato stampa da parte della BCE originò una serie di ricorsi innanzi alla Corte costituzionale federale tedesca (uno dei quali sostenuto da più di 11.000 firmatari) aventi ad oggetto da un lato la legittimità del contributo che avrebbe dovuto fornire la Deutsche Bundesbank all’attuazione del programma e dall’altro l’inerzia del Bundestag e del governo federale dinanzi a tale annuncio. Tali comportamenti, era asserito dai ricorrenti, violando il principio di democrazia sancito dalla legge fondamentale tedesca, avrebbero pregiudicato l’identità costituzionale tedesca.Sul punto la Corte di Giustizia (C-62/14), chiamata a rispondere della compatibilità con i trattati del programma OMT da parte della Corte costituzionale federale tedesca, ha evidenziato la piena legittimità del programma in ragione dell’obiettivo da questo perseguito di preservare l’unicità della politica monetaria e dunque il mantenimento della stabilità dei prezzi. In altre parole un cattivo meccanismo di trasmissione della politica monetaria da parte del SEBC avrebbe compromesso la buona riuscita delle misure da questo adottate al fine di garantire la stabilità dei prezzi.Ciò che è interessante sottolineare è il legame intercorrente tra tale programma e le politiche economiche. Sul punto la Corte di Giustizia, pur ammettendo che alcune caratteristiche del programma incidano con misure di aggiustamento macroeconomico nei confronti dei singoli stati membri interessati, ha evidenziato come tale circostanza non possa determinare che il programma OMT debba essere considerato come una misura di politica economica.La pronuncia affronta peraltro il delicato problema della compatibilità del programma con l’art. 123 del TFUE, risolto alla luce delle caratteristiche del programma stesso: quest’ultimo è in particolare pienamente legittimo in ragione del fatto che l’acquisto dei titoli avviene sul mercato secondario e attraverso meccanismi tali da impedire che tali operazioni possano equivalere all’acquisto sul mercato primario (per esempio, lasso di tempo minimo tra emissione del titolo e riacquisto dello stesso, assenza di garanzia del riacquisto da parte del SEBC).Nonostante il programma OMT sia stato annunciato nel 2012 è solo dal 2015 che la BCE ha iniziato ad operare attraverso misure di quantitative easing, annunciando nel mese di gennaio, accanto al programma di acquisto di titoli emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione (asset-backed securities purchase programme, ABSPP) e al terzo Programma per l’acquisto di obbligazioni garantite (covered bond purchase programme 3, CBPP3), l’acquisto di obbligazioni emesse da amministrazioni centrali dei paesi dell’area dell’euro, agenzie situate nell’area dell’euro e istituzioni

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europee nel mercato secondario, consentendo che gli enti creditizi cedenti potessero con il ricavato acquistare altre attività oppure erogare credito all’economia reale.La decisione della Corte di Giustizia e le argomentazioni in essa contenute possono essere considerate o no una forzatura interpretativa dovuta ad un particolare contesto di crisi? O rappresenta piuttosto una lettura sistematica delle disposizioni dei Trattati?

3. Riflessione sulla gestione dei rischi del sistema bancario, dallo “stress test” allo “scudo” per il sistema bancario italiano, 2016; in particolare: discussione sull’impatto e sulle implicazioni della Direttiva 2014/59/EU (Direttiva c.d. “ bail -in”).  

Tra le maggiori novità degli ultimi anni è necessario sicuramente evidenziare il rafforzamento dei poteri di vigilanza da parte dell’Autorità Bancaria Europea e della BCE nei confronti degli istituti di credito dei singoli stati membri. Particolare attenzione ha destato nel gennaio 2016 la pubblicazione dei risultati del c.d. “stress test” attraverso il quale viene valutata la capacità di tenuta, in condizioni economiche e finanziarie avverse, delle banche dei paesi membri. Nel contesto italiano, su cinque banche italiane, quattro hanno superato il test (è stato bocciato unicamente il Monte dei Paschi di Siena), confermando nel complesso una buona situazione del sistema bancario italiano ma anche dimostrando la necessità di alcune misure finalizzate al miglioramento della qualità e quantità del capitale.

Non v’è dubbio che il risultato del referendum in Gran Bretagna per l’uscita dall’Europa abbia provocato nel sistema italiano un ulteriore situazione di stress per il sistema bancario. È notizia recentissima l’autorizzazione da parte del nei confronti dell’Italia a fornire garanzie pubbliche nei confronti delle banche per facilitare il rifinanziamento sul mercato quando vi è un’improvvisa carenza di liquidità. Questi meccanismi come anche l’adozione della direttiva 2014/59/EU sul c.d. Bail in come si pongono rispetto alle misure adottate negli ultimi anni dalla BCE? Sono la risposta in termini di politiche economiche cui più volte fa riferimento la BCE o rappresentano ancora strumenti emergenziali finalizzati unicamente a non esporre ancora di più all’indebitamento i bilanci degli Stati membri?

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