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Federico II imperatore di Germania . Federico II di Svevia, statua di Palazzo Reale Napoli Federico nacque il 26 dicembre 1194 a Jesi provincia di Ancona, nelle Marche, dall'imperatore Enrico VI di Svevia e da Costanza d'Altavilla e morì a Castel Fiorentino (presso Foggia), in Puglia, il 13 dicembre 1250. Federico Ruggero Costantino di Hohenstaufen è stato re di Sicilia, Duca di Svevia, Re dei Romani e poi Imperatore del Sacro Romano Impero e re di Gerusalemme. Apparteneva alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen e fu l'ultimo sovrano a regnare in Sicilia ad appartenere a tale dinastia. Alla morte di Arrigo di Svevia (1197), sia in Germania che in Sicilia si presentarono una serie di difficoltà che difficilmente un erede al trono bambino come Federico (aveva solo 3 anni) o la madre Costanza, potevano fronteggiare. Ne seguì che, grazie a ben calcolati intrighi, il piccolo Federico, perse i diritti di successione al trono di Germania in favore di Filippo, fratello di Arrigo, e Costanza nel tentativo di salvare per suo figlio almeno la corona del regno di Sicilia, avallò le pretese di Filippo riguardo il trono di Germania e quelle di vassallaggio del regno di Sicilia nei confronti del papato. Fu per questi motivi che il piccolo Federico venne trasferito a Palermo e qui educato, come futuro re di Sicilia sotto la tutela di papa Innocenzo III. Che non era quella brava

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Federico II imperatore di Germania

. Federico II di Svevia, statua di Palazzo Reale Napoli

Federico nacque il 26 dicembre 1194 a Jesi provincia di Ancona, nelle Marche, dall'imperatore Enrico VI di Svevia e da Costanza d'Altavilla e morì a Castel Fiorentino (presso Foggia), in Puglia, il 13 dicembre 1250.

Federico Ruggero Costantino di Hohenstaufen è stato re di Sicilia, Duca di Svevia, Re dei Romani e poi Imperatore del Sacro Romano Impero e re di Gerusalemme. Apparteneva alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen e fu l'ultimo sovrano a regnare in Sicilia ad appartenere a tale dinastia.

Alla morte di Arrigo di Svevia (1197), sia in Germania che in Sicilia si presentarono una serie di difficoltà che difficilmente un erede al trono bambino come Federico (aveva solo 3 anni) o la madre Costanza, potevano fronteggiare. Ne seguì che, grazie a ben calcolati intrighi, il piccolo Federico, perse i diritti di successione al trono di Germania in favore di Filippo, fratello di Arrigo, e Costanza nel tentativo di salvare per suo figlio almeno la corona del regno di Sicilia, avallò le pretese di Filippo riguardo il trono di Germania e quelle di vassallaggio del regno di Sicilia nei confronti del papato. Fu per questi motivi che il piccolo Federico venne trasferito a Palermo e qui educato, come futuro re di Sicilia sotto la tutela di papa Innocenzo III. Che non era quella brava persona amorevole e disinteressata che tutti credono tanto che nella lettera che inviò a Federico al raggiungimento della maggiore età tenne a sottolineare “Noi ci siamo assunti la tutela non tanto per disposizione di tua madre, quanto in conformità del nostro diritto sul regno” . Costanza dovette pagare un prezzo altissimo per mantenere almeno una corona al figlio, la rinuncia all’impero ed il vassallaggio alla Chiesa, ma non credo avesse molte scelte e tutta la “carriera” di Federico fu certamente avvelenata da questo “peccato originale”.

Crescere in Sicilia fu certamente importante per Federico e proprio questo lo rese più siciliano che tedesco. L’identità la si acquista da piccoli a prescindere da dove si nasce. Un inglese educato in Cina è certamente più cinese che inglese e così Federico, tedesco di nazionalità, fu certamente siciliano d’educazione, e quindi poliglotta, abituato alla multietnia, raffinato, colto e soprattutto “assolutista”, poco incline al perdono e alla bontà.

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Per Innocenzo III era fondamentale che Federico non rivendicasse l’impero e che il regno di Sicilia non ne diventasse provincia, sfuggendo così al vassallaggio. Ma, nel 1208, Filippo di Svevia viene ucciso ed a lui succede Ottone IV di Brunswick e questi si impegna con Innocenzo III a rispettare l’indipendenza del regno di Sicilia. Nel dicembre dello stesso anno, Federico raggiunge la maggiore età (14 anni) e “viene sposato” con Costanza, sorella di Pietro d’Aragona e vedova del re d’Ungheria. Queste circostanze inducono i duchi di Puglia ed i principi di Capua, da sempre contrari all’egemonia del regno di Sicilia sui loro possedimenti, a fare pressione su Ottone per rivendicare le pretese imperiali dinastiche sul regno di Sicilia. Per i baroni meridionali era certamente meglio avere un “padrone” lontano ed una maggiore libertà locale. Ottone non si fa pregare e, nonostante l’impegno assunto con il papa (rispetto cioè per l’integrità del regno di Sicilia), muove contro Federico. Ma dovette fare i conti con il papato, che gli tolse il sostegno presso i principi tedeschi e rimise in discussione la sua nomina imperiale. Questa fu una mossa sbagliata da parte della Chiesa, perché i principi tedeschi offrirono proprio a Federico I, re di Sicilia, l’impero con il titolo di Federico II.

Innocenzo III cercò di minimizzare i danni e assicurò a Federico il suo sostegno ed il suo aiuto per conquistare la corona di Germania a patto che “mai” il regno di Sicilia fosse unito all’impero. Federico che nel 1212 Federico era stato incoronato Re dei Romani , accetta queste condizioni e per rassicurare il papa (e certamente dietro consiglio dello stesso papa) designa come re di Sicilia il figlioletto Enrico, nato da appena un anno, e come reggente la madre Costanza (Kantorowicz)..

A questo punto della storia potremmo considerare conclusa l’esperienza di Federico come re di Sicilia. Ma così non fu. Nel 1216, alla morte di Innocenzo III, Federico richiamò in Germania il figlio Enrico, re di Sicilia, e Costanza. Il nuovo Pontefice, Onorio III, ritenne che l'unico modo di controllare Federico fosse quello di nominarlo imperatore, e così avvenne il 22 novembre 1220 in San Pietro a Roma. Federico, non ritenendosi più in dovere di ubbidienza a papa Onorio III, uomo rivelatosi assai debole, fece quindi eleggere Re dei Romani il figlio Enrico, riunendo così in un’unica persona il regno di Sicilia ed il regno di Germania. Con questo “escamotage” Federico mantenne formalmente separato dall’impero il regno di Sicilia ma in realtà, in quanto tutore del figlio riunì nelle sue mani la corona imperiale e quella di Sicilia e quest’ultima cessò di fatto di essere regno indipendente e feudo della Chiesa. Anche la titolazione assunta è emblematica: Federico in quanto re di Sicilia avrebbe dovuto essere I, in quanto imperatore, II. Federico II pertanto è soprattutto imperatore e, in quanto tale, re di Sicilia e di Gerusalemme. Non solo, ma Federico non è più, come ai tempi dei normanni, re di Sicilia, duca di Puglia e principe di Capua, ma viene creato un unico reame comprendente tutto il meridione, un regno non più autonomo ma provincia dell’impero distinto in due distinte regioni, una insulare e l’altra peninsulare (Sturner). Dopo la incoronazione ad imperatore furono poche le volte che Federico soggiornò in Sicilia.

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Che Federico avesse ben altre intenzioni che assecondare il papato lo si può notare dai suoi comportamenti. Dal 1212, anno in cui fu incoronato re dei romani, al 1220 egli abbandonò il regno di Sicilia e si dedicò completamente alla conquista della corona imperiale. Raggiunto lo scopo abbandonò la Germania, il regno d’Italia, l’impegno della crociata (assunto con il papa) e si diresse in armi verso il regno di Sicilia per riconquistare quanto perduto dopo la morte di Guglielmo II. Varcato il Garigliano per prima cosa convocò a Capua la curia generale del regno (successivamente chiamata Parlamento) dove promulgò la legge “sui privilegi da rassegnare” cioè la restituzione di quei beni demaniali che erano stati concessi ai feudatari e alle città dopo la morte di Guglielmo II. Egli vuole così ripristinare il regno monopolistico e assoluto degli antichi re normanni. La restaurazione dell’assolutismo normanno ebbe inizio proprio dai baroni ed i principi più potenti: quelli della Puglia, della Campania e della Calabria, che si erano sempre opposti alla sovranità degli Altavilla ed erano quelli che si erano schierati con Ottone di Brunswick. L’imperatore pretese la restituzione dei castelli e delle rocche e per ottenere ciò dai baroni più potenti si servì dell’aiuto di quelli meno potenti, privi di castelli, che egli richiamò al dovere del vassallaggio feudale. Sconfitti i baroni della penisola ed incamerati i loro beni passò all’isola, dove le cose procedettero abbastanza celermente fino a quando non pretese la restituzione dei privilegi doganali e commerciali acquisiti in Sicilia dalle repubbliche di Genova e Pisa, con le immaginabili conseguenze commerciali e politiche.

Alla restituzione dei privilegi doganali e commerciali seguì la statalizzazione dei porti e la loro attività fu controllata esclusivamente dall’imperatore con lo scopo di garantirsi l’autonomia commerciale ed una flotta navale siciliana per i propri commerci. Con questa legge Federico divenne il più grande latifondista ed il più grande produttore di grano e di cereali, cosa che lo rese uno dei sovrani più ricchi d’Europa. Ancora oggi c’è chi crede che il potere assoluto e la ricchezza privata possano fare la grandezza di uno stato. Ma la storia da torto a queste idee visto la fine che hanno fatto Federico ed il suo regno e, come lui, chiunque ha creduto nel potere assoluto. La centralizzazione del potere naturalmente comportò enormi conseguenze politiche, sociali ed economiche per l’intero regno, in negativo. Tanto per cominciare privare le città siciliane dei pochi privilegi e delle poche libertà conquistate impediva lo sviluppo e la formazione di una borghesia come stava avvenendo nel resto d’Europa e nell’Italia settentrionale. Di questo paghiamo ancora le conseguenze e continuiamo a chiederci, ingenuamente, perché un popolo così ricco di storia sia da paragonare ad un paese del terzo mondo.

L’impegno dell’imperatore nell’isola non poteva comunque fermarsi al ripristino delle proprietà demaniali. Nell’isola c’erano ancora gli arabi e questo era un problema, perché dove c’erano arabi non c’erano cristiani e viceversa. Esisteva ancora uno stato islamico e la “riconquista” di questi territori rientrava in una riconquista della cristianità. E c’erano ancora gli ebrei. Cosa fece allora Federico? Dobbiamo riconoscere la sua genialità! Sbarcò in Sicilia e appena messo piede a Messina convocò il parlamento!

In questa dieta (1221) furono promulgate leggi apparentemente secondarie, di poca importanza: ci si occupò di regolamentare la vita degli attori, dei giullari, delle prostitute, dei bestemmiatori … e degli EBREI. Il problema degli ebrei era serio: in uno stato cristiano essi erano tenuti ai margini della società, ma tuttavia erano artigiani e finanzieri ineguagliabili ed il loro ruolo era fondamentale! In Germania gli ebrei erano proprietà del regio demanio e quindi protetti dallo stato e Federico II non poteva inimicarsi i grandi elettori, ma in Sicilia non usò lo stesso metro, non aveva oppositori e li equiparò ai musulmani: fu fatto loro obbligo di farsi crescere la barba e di portare, tutti, maschi, femmine, vecchi e bambini, un marchio giallo sui vestiti così come era stato deciso dal Concilio Laterano del 1215 (niente di nuovo sotto il sole!). Chi non ubbidiva subiva la confisca dei beni, se ricco, ed il marchio a fuoco sulla fronte, se povero (Kantorowich) E i musulmani? Il problema era più grande, perché i musulmani erano numericamente più degli ebrei ed il loro controllo non era facile, anche perché buona parte di loro, come gli ebrei, si era “convertita”, erano diventati “marrani”; in pubblico, cioè, si professavano cristiani ed in privato officiavano riti islamici o ebraici.

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Ma non c’era solo il marranismo, in quel periodo c’era anche “l’irredentismo” perché gli arabi di Sicilia, dopo due o tre secoli di permanenza si sentivano siciliani, così come oggi si sentono americani o australiani i nipoti degli emigrati dei primi del Novecento. E poi non esisteva neanche una pretesa superiorità della civiltà cristiana. Gli arabi di Sicilia erano sicuramente più civili e colti dei cristiani venuti dal nord! La pretesa “cristiana” di prevaricare gli arabi era pertanto solo “violenta” e non c’erano più i “furbi” normanni, capaci di volgere a loro favore le attività delle “ormai” minoranze musulmane ed ebree rispettandole ed integrandosi ad esse.

Ai tempi di Federico si era venuto a creare una sorta di stato entro lo stato e l’imperatore non aveva scelta, poteva solo perseguire un obiettivo “exterminare de insula Saracenos” (Riccardo di San Germano, in Renda). Non fraintendete, “exterminare” non significa sterminare, uccidere, ma “portare fuori dai confini”. Ma persone che almeno da due secoli vivevano in Sicilia, “erano” siciliani e nell’isola avevano tutti i loro beni ed i loro parenti, potevano andarsene? Ed infatti non lo fecero: si riunirono e decisero di rispondere alla guerra con la guerra. La guerra fu dura, crudele e difficile, durò più di 25 anni e si concluse con la vittoria dell’imperatore a prezzo di stermini (questa volta veri, fisici; in senso moderno), schiavizzazioni (di donne e bambini) e deportazioni, la più celebre è quella a Lucera.

La Sicilia cessò di essere quella perla plurietnica, plurireligiosa, plurilinguistica, multiculturale che tanto aveva dato allo stesso Federico per diventare un enorme serbatoio di feudi spopolati, da regalare a emigranti lombardi fedeli all’imperatore.

La vicenda politica del casato Hohenstaufen ebbe inizio nel 1079 con il conferimento a Federico il Vecchio del titolo di duca di Svevia. Nel 1138 il figlio Corrado fu eletto imperatore del Sacro Romano Impero dalla dieta di Coblenza. Il casato manterrà il titolo imperiale con Corrado III (1138-1152), Federico I Barbarossa (1155-1190), Enrico VI (1191-1197), Federico II (1220-1250) e Corrado IV (1250-1254). Gli ultimi tre imperatori furono anche re di Sicilia.

Costanza D’Altavilla figlia postuma di Ruggero II re di Sicilia.

Gli Altavilla (in francese Hauteville) sono stati una delle famiglie più importanti e influenti del popolo dei Normanni. La dinastia reale è stata originata da Tancredi conte di Hauteville (oggi Hauteville-la-Guichard) in Normandia (IX secolo), i cui figli Roberto il Guiscardo e suo fratello Ruggero d'Altavilla intrapresero nel 1061 la conquista dell'Italia meridionale, fino a quel momento in gran parte in mano ai Bizantini (Calabria e Puglia) e arabi (Sicilia), mentre in una fase successiva si perfezionò l'unificazione politica.

A Napoli fondò l'Università nel 1224, dalla quale sarebbe uscito il ceto di funzionari in grado di servirlo, senza che i sudditi a lui fedeli dovessero recarsi fino a Bologna per studiare. Favorì anche l'antica e gloriosa scuola medica salernitana. La "Scuola" si fondava sulla sintesi della tradizione greco-latina completata da nozioni provenienti dalle culture araba ed ebraica. Essa rappresenta un momento fondamentale nella storia della medicina per le innovazioni che introduce nel metodo e nell'impostazione della profilassi. L'approccio era basato fondamentalmente sulla pratica e sull'esperienza che ne derivava, aprendo così la strada al metodo empirico e alla cultura della prevenzione. Di particolare importanza, dal punto di vista culturale, è anche il ruolo svolto dalle donne nella pratica e nell'insegnamento della medicina. Le donne che insegnarono e operarono nella scuola divennero famose col nome di Mulieres Salernitanae.

Princìpi e metodo

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Le basi teoriche erano costituite dal sistema degli umori elaborato da Ippocrate e Galeno, tuttavia il vero e proprio bagaglio scientifico era costituito dall'esperienza maturata nella quotidiana attività di assistenza ai malati. Con la traduzione dei testi arabi, si aggiunse a questa esperienza una vasta cultura fitoterapica e farmacologica. Nella storia della "Scuola Medica" si possono distinguere tre periodi: IX-X secolo: primo periodo, di cui si hanno scarse notizie XI-XIII secolo: periodo del massimo splendore XIV-XIX secolo: periodo della decadenza.

l'opera maggiore, che contiene tutta la teoria delle arti falconiere rimane il suo libro: "De Arte Venandi cum Avibus". E' chiaro che il De Arte appartiene agli ultimi anni della vita di Federico che l'aveva completato sotto urgente richiesta di Manfredi a cui è dedicato. Sappiamo, infatti, che nel 1241 egli stava ancora raccogliendo materiale sotto la supervisione del falconiere Mohamin, che abitava ala sua corte. L'opera si compone di sei libri: - Il primo libro è un trattato generale sulle abitudini e la struttura degli uccelli. - Il secondo libro tratta degli uccelli da presa, la loro cattura e addestramento. - Il terzo libro spiega i diversi generi di trappole e i loro usi. - Il quarto libro parla della caccia alle gru con i girifalchi. - Il quinto libro tratta della caccia agli aironi col falco Sacro - Il sesto libro descrive la caccia agli uccelli acquatici con i falchi minori. -5 Federico II di Svevia e la Scuola siciliana La forma del trattato è generale e scientifica, e non porta nessuna storia di caccia. Egli si dichiara indipendente da Aristotele concludendo che il filosofo non aveva quasi nessuna pratica di falconeria, e sostiene che le opere falconiere esistenti sono mal scritte e trattano solo relativamente la suddetta materia. Oltre a far venire degli abili falconieri dall'Oriente, l'imperatore fece tradurre i loro scritti; una di queste opere è il trattato del falconiere arabo Mohamin, e cioè il: "De scientia venandi per aves". Prima di chiudere, posso citare una celebre frase dell'Imperatore, a conclusione di tanti anni di passione e esperienza intorno alla materia affascinante di caccia col falco: "Niente è più difficile di quest'arte, ma niente di questo suo sapere più bello.

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LE QUATTRO MOGLI DI FEDERICO II FRA MITO E REALTÀ

di Alberto Gentile

Federico II ebbe quattro mogli: le prime tre gli furono imposte dalla ragion di Stato ben rappresentata dai papi, mentre amò sinceramente l’ultima con la quale visse un rapporto avvolto dal mistero, sotteso fra storia e leggenda.

In realtà le mogli di Federico furono utili solo per fornire qualche erede legittimo alla Casa di Svevia, in aggiunta ai più numerosi bastardi; ma nessuna di loro riuscì a giocare un ruolo politico apprezzabile, schiacciate dalla personalità del marito ed oltre tutto sempre chiuse nei palazzi dorati della Corte.

Costanza d’Aragona

Federico sposò Costanza d’Aragona quando aveva 15 anni, nel 1209. Al matrimonio fu quasi costretto da Innocenzo III che aveva esercitato su di lui la tutela richiesta dalla madre, Costanza d’Altavilla, in punto di morte. Con questa iniziativa il pontefice intendeva affiancare al giovane e recalcitrante delfino della Casa di Svevia una donna religiosissima, affidabile, molto più anziana di lui, in grado di indirizzarlo sulla via dell’obbedienza verso l’autorità romana: si sbagliava di grosso.

Il camaleuco di Costanza D'Aragona, Palermo tesoro della cattedrale.

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Federico accettò l’imposizione obtorto collo e non modificò la sua vita. Dall’unione nacque Enrico VII, ( re di Germania e di Sicilia ) un uomo che assunse nei confronti del padre atteggiamenti di vivace competitività quindi di aperta sfida; morì forse suicida mentre era prigioniero nelle carceri imperiali. Costanza morì nel 1222.

Jolanda di Brienne

Le nuove nozze di Federico con Jolanda (o Isabella) di Brienne furono paternamente sollecitate da Onorio III in vista della VI Crociata in Terra Santa.

La giovane infatti era figlia del cattolicissimo Giovanni, un valoroso crociato che le avrebbe lasciato in eredità la Corona di Gerusalemme: un titolo di scarso valore patrimoniale ma utile per il successo della nuova spedizione. Anche Federico ambiva fregiarsi del nuovo il titolo, ma per motivi un po’ diversi: egli considerava la corona un elemento determinante per concludere l’impresa con un accordo diplomatico, dimostrando che era possibile affermare la fede pacificamente, senza spargimento di sangue. L’unione fu benedetta il 9 novembre 1225 nel duomo di Brindisi, ed ebbe un avvio decisamente difficile.

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Papa Onorio III da in moglie a Federico II la giovane Jolanda di Brienne, figlia di Giovanni di Brienne re di Gerusalemme, dalla Cronica di Giovanni Villani - Città del Vaticano, Bibblioteca Apostolica vaticana.

Jolanda aveva allora 13 anni; era immatura, bruttina, poco all’altezza di figurare accanto ad un trentenne colto, avviato alla gloria. Giusto la prima notte di matrimonio, Federico trovò il modo di consolarsi: e lo fece con la cugina della moglie, Anais, una dama di compagnia ventenne, procace, disinibita, tutto sommato un bocconcino da buongustai. Venuto a conoscenza dell’increscioso fatto, Giovanni di Brienne si rivolse al pontefice che si guardò bene dal disturbare Federico ed evitò lo scandalo limitandosi ad indennizzare il deluso padre con un remunerativo incarico presso la Corte romana.

Jolanda diede al marito due figli — Corrado IV e Margherita — e morì nel 1228, a soli 16 anni, per postumi da parto.

Isabella d’Inghilterra

Figlia di Giovanni Senzaterra re di Inghilterra e di Isabella d'Angouleme e sorella del re d'Inghilterra Enrico III. Inizialmente Isabella fu promessa sposa di Enrico, figlio di Federico II, ma nel luglio 1235 nella Cattedrale di Worms sposò Federico, che era rimasto vedovo nel 1228 di Iolanda di Brienne. Fu papa Gregorio IX a caldeggiare queste nozze per consentire all’imperatore di avvicinarsi ai ricchi guelfi germanici che nemmeno lui riusciva a controllare ed ai potentati d’oltre manica. In realtà l’obiettivo fu raggiunto solo in parte; prima che Federico potesse complicare da par suo i rapporti familiari con la corona inglese, il quadro delle operazioni diplomatiche e militari si spostò in Italia, né si ridussero le pretese dei nobili tedeschi.

Isabella d'Inghilterra e Federicco II da un codice medievale.

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Isabella fu madre di Margherita e di Enrico detto Carlotto, morto in giovanissima età; e calerà nella tomba nel 1241, in pieno conflitto del marito con Gregorio IX.

Isabella morì nel dare alla luce una bambina, che morì subito dopo la nascita, e venne sepolta nella cripta della sua Cattedrale di Andria.

Bianca Lancia

Bianca Lancia, della nobile famiglia piemontese dei Lancia, fu l’unica donna che riuscì a conquistare veramente il difficile cuore di Federico. I due si conobbero nel 1225, pochi mesi dopo lo sfortunato matrimonio con Jolanda di Brienne: fu un reciproco colpo di fulmine.

Miniatura medievale che ritrae l'augusta coppia, Codex Palatinus Germanicus 848 (Codex Manesse).

Non potendo convolare a giuste nozze, i due mantennero una relazione clandestina ma tutt’altro che segreta, tanto che da essa nacquero due figli, forse tre: Costanza nata nel 1229/1230 che nel 1244 andò in moglie a Giovanni III Duca Vatatze e divenne imperatrice di Nicea con il nome di Anna, seguita nel 1231 da Manfredi re di Sicilia; più incerta è la data di nascita, situabile tra il 1228 e il 1233, della terza figlia, Violante, che nel 1245/1246 sposò il conte Riccardo di Caserta.

Oltre a ciò Federico II ebbe varie relazioni fuori dal matrimonio, dalle quali nacquero i suoi numerosi figli illegittimi.