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Scheda catechistica 2a Vivere da fratelli Periodo: bambini da sei a otto anni Per tantissime ragioni il tasso di natalità è in forte decremento e il numero medio di figli per donna si è notevolmente ridotto 1 per cui si è al di sotto anche del modello di “due figli per coppia”. Molti ragazzi sono figli unici e le famiglie numerose sono pochissime. L’esperienza quotidiana e continuativa di essere “fratello”, “sorella” e di avere dei fratelli non fa più parte del vissuto di molti ragazzi. Alcuni, già da tempo, ritengono che questa deflessione della natalità non vada interpretata in modo problematico: Ormai, i figli unici stano diventando la maggioranza, e nello stesso tempo il processo di socializzazione dei bambini ha fatto passi avanti con la diffusione degli asili nido e delle scuole materne, che i problemi come tipici dei figli unici sono praticamente superati (…) il loro bambino generalmente non è più l’imperatore della casa, viziato, protetto da una campana di vetro, ma è un bimbo come tutti gli altri; e anzi, magari anche «migliore», perché è costretto a cercare la compagnia di altri bambini estranei al mondo familiare” (BERARDI MARCELLO, Lettere ai genitori sul mestiere di crescere i figli, Salani Editore Firenze 1998, p. 98) Nella percezione quotidiana la parola “fratello” ha perso il suo oggettivo riferimento a persone concrete e ha 1 Nel 2016 si conferma la tendenza alla diminuzione della fecondità in atto dal 2010. Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010). Cfr. https://www.istat.it/it/archivio/206606 1

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Scheda catechistica 2a

Vivere da fratelliPeriodo: bambini da sei a otto anni

Per tantissime ragioni il tasso di natalità è in forte decremento e il numero medio di figli per donna si è notevolmente ridotto1 per cui si è al di sotto anche del modello di “due figli per coppia”. Molti ragazzi sono figli unici e le famiglie numerose sono pochissime. L’esperienza quotidiana e continuativa di essere “fratello”, “sorella” e di avere dei fratelli non fa più parte del vissuto di molti ragazzi. Alcuni, già da tempo, ritengono che questa deflessione della natalità non vada interpretata in modo problematico:

“Ormai, i figli unici stano diventando la maggioranza, e nello stesso tempo il processo di socializzazione dei bambini ha fatto passi avanti con la diffusione degli asili nido e delle scuole materne, che i problemi come tipici dei figli unici sono praticamente superati (…) il loro bambino generalmente non è più l’imperatore della casa, viziato, protetto da una campana di vetro, ma è un bimbo come tutti gli altri; e anzi, magari anche «migliore», perché è costretto a cercare la compagnia di altri bambini estranei al mondo familiare” (BERARDI MARCELLO, Lettere ai genitori sul mestiere di crescere i figli, Salani Editore Firenze 1998, p. 98)

Nella percezione quotidiana la parola “fratello” ha perso il suo oggettivo riferimento a persone concrete e ha acquistato soprattutto una connotazione retorica dal punto di vista linguistico o puramente esortativa dal punto di vista etico. A molti ragazzi manca l’esperienza concreta della fraternità/fratellanza, e i fratelli che

“quando ci sono, contribuiscono ad ampliare il primo nucleo sociale del bambino e a modellare il modo di approccio al prossimo. L’atteggiamento che il piccolo assume con loro è un ottimo indicatore del suo stile vita: essere allevato in una famiglia non nucleare gli consente infatti di collaudare i propri

1 Nel 2016 si conferma la tendenza alla diminuzione della fecondità in atto dal 2010. Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010). Cfr. https://www.istat.it/it/archivio/206606

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dinamismi attraverso una piccola serie di interazioni; gli offre inoltre l’indiscutibile vantaggio di un ulteriore passaggio intermedio prima della piena immersione nella vita comunitaria, a differenza del figlio unico che tra sé e il primo cimento sociale (la scuola) può interporre solo i genitori (cioè degli adulti) e ha come primi interlocutori esterni compagni d’asilo (cioè coetanei)” (BARRILÀ DOMENICO, Educhiamo i nostri bambini con creatività. Edizioni Paoline Cinisello Balsamo 1992, p. 63)

Alla situazione di fatto di famiglie nucleari, per alcuni bambini si aggiunge la circostanza della separazione dei genitori, della convivenza con “nuovi fratelli”, della solitudine in casa, esperienze che possono spingere il bambino a comportamenti adultizzati dovendo “fare/stare da solo”. A livello psicologico è frequente che siano introversi, non abbiano voglia di parlare, non abbiano fiducia e confidenza, sia ridotta la loro capacità di empatia e controllo delle emozioni, sviluppino una minore socialità, perché manca loro la “bella, forte, impagabile, insostituibile esperienza” di avere dei fratelli.

Forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo! A partire da questa prima esperienza di fraternità, nutrita dagli affetti e dall’educazione familiare, lo stile della fraternità si irradia come una promessa sull’intera società».Crescere tra fratelli offre la bella esperienza di una cura reciproca, di aiutare e di essere aiutati. Perciò «la fraternità in famiglia risplende in modo speciale quando vediamo la premura, la pazienza, l’affetto di cui vengono circondati il fratellino o la sorellina più deboli, malati, o portatori di handicap». Bisogna riconoscere che «avere un fratello, una sorella che ti vuole bene è un’esperienza forte, impagabile, insostituibile», però occorre insegnare con pazienza ai figli a trattarsi da fratelli. Tale tirocinio, a volte faticoso, è una vera scuola di socialità. In alcuni Paesi esiste una forte tendenza ad avere un solo figlio, per cui l’esperienza di essere fratello comincia ad essere poco comune. Nel caso in cui non sia stato possibile avere più di un figlio, si dovrà trovare il modo di far sì che il bambino non cresca solo o isolato.

(Papa FRANCESCO, Amoris Laetitia, nn. 194-195, 19 marzo 2016)

La comunità cristiana è e può diventare anche per loro una esperienza di convivialità fraterna e gioiosa, dinamica e

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socializzante, motivata non soltanto dal fattore sociologico ma fondata sulla fede nella comune paternità di Dio che ci affratella.

Contenuti e obiettivi Documentare un percorso

Se anche non si hanno fratelli né sorelle, se anche l’esperienza di famiglia che si vive è “poco fraterna”, se nell’ambiente familiare vi sono scarsa intesa o addirittura conflittualità, è opportuno far desiderare e far apprezzare ai bambini quanto è bello avere ed essere fratelli: è una forma di apertura importante a livello umano e cristiano, psicologico e sociale, etico ed ecclesiale.

Il salmista canta la bellezza del legame fraterno: «Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!» (Sal 132,1). E questo è vero, la fratellanza è bella! Gesù Cristo ha portato alla sua pienezza anche questa esperienza umana dell’essere fratelli e sorelle, assumendola nell’amore trinitario e potenziandola così che vada ben oltre i legami di parentela e possa superare ogni muro di estraneità. (PAPA FRANCESCO, Udienza generale del 18 febbraio 2015)

In una famiglia si è “legati” insieme (nel senso di “uniti”, “interdipendenti” e “vincolati”); insieme si condividono tempi e spazi e soprattutto si dovrebbero condividere apertura, relazioni, intesa, affetto reciproci. Vivere con dei fratelli e sorelle può limitare i miei spazi e tempi che devo condividere e non sono soltanto per me. Magari vi è la sensazione di non essere trattati in modo uguale, senza una stabilità di relazioni perché in affidamento congiunto, ma si tratta di cogliere la bellezza e l’opportunità delle relazioni fraterne.Poi viviamo anche con gli altri a scuola, nel gruppo di amici, nelle attività sportive, durante il tempo libero e con i compagni dovremmo acquisire uno stile fraterno.

La fede ci insegna che siamo insieme non per caso né soltanto per nostra scelta: Dio ci vuole “insieme”, affratellati. Il fondamento della nostra fratellanza è Dio Padre: la nostra fratellanza non dipende da noi ma dal fatto che esiste un unico Dio Padre di tutti.

Noi siamo tutti fratelliperché abbiamo un solo Padre,il Padre nostro che è nei cieli”(Conferenza episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 12)

Potremo avere maggiori e minori simpatie, scegliere gli amici da frequentare maggiormente, ma nessuno può esserci totalmente 3

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estraneo e qualsiasi sia la ragione del nostro ritrovarci, noi avremo a che fare con un “fratello”.Siamo diversi, formiamo gruppi di interesse diversi, ma siamo una unica famiglia legata da vincoli di reciproca solidarietà:

Grazie alla comune origine il genere umano forma una unità. Dio infatti “creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini” (At 17,26) (…) “Questa legge di solidarietà umana e di carità”, senza escludere la ricca varietà delle persone, delle culture e dei popoli, ci assicura che tutti gli uomini sono veramente fratelli. (Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana 1992, nn. 360-361)

Il sacramento del battesimo2 ci rende figli di Dio e fratelli tra di Dio, inseriti nella Chiesa, per cui “insieme camminiamo con Gesù verso il Padre”3.E Dio vuole “santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo”4

Come in una famiglia, l’ideale è che “tutti vivano bene: i bambini e i vecchi, quelli che sono sani e quelli che sono malati.Insegnaci, Signore,a servirci delle mani,della mente e delle cosenon per noi soli,ma per te e per gli altri (…)Padre nostro che sei nei cielisia fatta la tua volontà” (Conferenza episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 27)

Gesù non aveva fratelli, ma visse comunque una fraternità profonda e universale. Essendo il Figlio di Dio Padre, da sempre nell’amore della Trinità, sa amare tutti come fratelli: è “il fratello maggiore”. Fin da ragazzo ama Dio Padre e vive da figlio nella famiglia di Nazaret dove fa esperienza di “fraternità allargata” con i parenti, gli amici, la gente del villaggio (Cfr. Conferenza episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 53-55). Di questa “fraternità allargata” rispetto alla famiglia nucleare o divisa possiamo farne esperienza anche noi nei tanti ambienti e momenti di vita comune (es. la scuola, lo sport, il gruppo di amici, …). 2 cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 111-1233 cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 1204 Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 94

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Ma una dimensione intesa e particolare di fraternità la si vive nella comunità cristiana con i suoi momenti comunitari (la celebrazione eucaristica, la catechesi, l’oratorio, l’animazione estiva, ecc.). E vivere da fratelli è il segno distintivo della famiglia dei cristiani5.“Dio Padre ci domanda di amarlo e di vivere come fratelli”6 e tra fratelli non c’è invidia ma c’è rispetto, sincerità, apprezzamento reciproco perché siamo la famiglia di Dio.7

Suggerimenti comunicativiCome rendere una idea equilibrata e realistica della fraternità

Esaù e Giacobbe: una bella storia di fratelli gemelli

Raccontiamo la storia dei due fratelli gemelli Esaù e Giacobbe, figli di Isacco (Gen 25, 19-34; Gen 27; Gen 32-33)È una storia un po’ conflittuale, di furbizie, imbrogli e complicità ma dal finale

interessante.Durante la gravidanza la madre Rebecca constata che “i figli ora si urtavano nel suo seno” (Gen 25, 22) e alla nascita Giacobbe “teneva in mano il calcagno di Esaù” (Gen 25, 26).I due fratelli crescono con interessi e temperamenti diversi: Esaù ama la caccia, Giacobbe è più tranquillo e i genitori fanno preferenze:

“Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe” (Gen 25, 28).

Con astuzia Giacobbe ottiene dal fratello la primogenitura per un piatto di lenticchie (Gen 25, 29-34) e infatti quando il padre Isacco è vecchio e morente, con la complicità di Rebecca, ottiene la benedizione del padre. Quando Esaù scopre di aver perso la guida del popolo, si infuriò e iniziò a perseguitare Giacobbe. I due si separano ma, dopo che Giacobbe si era sposato e aveva fatto fortuna, mandò dei messaggeri a riallacciare i rapporti con il fratello Esaù. Inizialmente Giacobbe pensa che Esau abbia intenzioni vendicative ma “Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al

5 Cfr. Guardate come si amano, Conferenza episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 97-99; p. 1016 Conferenza episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 1437 Conferenza episcopale Italiana, Io sono con voi, p. 1455

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collo, lo baciò e piansero” (Gen 33, 4) e i due fratelli con le rispettive famiglie si riconciliarono.

La vicenda, a lieto fine, può stimolare la riflessione tra inevitabili concorrenze tra fratelli, tra amici, tra compagni … possibili preferenze da parte dei genitori e degli adulti …furbizie e astuzie non leali …ma se consideriamo le tante fortune e cose belle che abbiamo, possiamo andare oltre le lamentele e insoddisfazioni e incontrarci ancora come fratelli.

Diciamocela tutta: i fratelli che bell’impegno bello!

Vivere con dei fratelli e sorelle è un bell’impegno e un impegno bello.Con la spontaneità e apertura dei bambini, ci raccontiamo come è la vita con i fratelli/sorelle, le cose che facciamo con e per loro e cosa fanno loro con/per noi: dai giochi, ai dispetti, dagli aiuti allo stare insieme, dalle inevitabili limitazioni alle presunte preferenze o svantaggi che subiamo. Ma che cosa c’è di bello nell’avere dei fratelli?Fondamentalmente sei contento di avere fratelli/sorelle?

Arcobaleno di mani

Ogni bambino disegna e colora delle sagome delle proprie mani. Si cercherà di avere una serie di tante sagome di colori diversi che poi vengono incollate vicino formando un arcobaleno colorato e anche multiforme.

Come ogni colore è diverso, anche noi sia differenti ma insieme formiamo qualcosa di bello.L’arcobaleno compare dopo un temporale, come un segno di serenità e pace ritrovata. E l’arcobaleno collega la terra al cielo quasi a significare che tra Dio e noi c’è pace e fraternità.

Se questa attività viene proposta nel tempo liturgico della quaresima, si può fare diretto riferimento alla prima lettura della 1° domenica di quaresima (anno B)

dove compare il simbolo dell’arcobaleno nel racconto dell’alleanza tra Dio e Noè dopo il diluvio (Gen 9, 8-15)

I fratelli di … fratelli con Gesù

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Gesù non aveva fratelli ma è per tutti noi “il grande fratello”, perché considera e tratta tutti da fratelli. E insegna a trattarci da fratelli. Anche san Giovanni, il più giovane degli apostoli e che era particolarmente amico di Gesù, insiste su questo insegnamento di Cristo.Attorno a una immagine di Cristo posizioniamo alcune frasi del Vangelo.

“Lasciate che i bambini vengano a me …” e prendendoli tra le braccia li benediceva.

(Mc 10, 14. 16)

Voi siete miei amici(Gv 15, 14)

Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.

(1Gv 4, 20)

Quel che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25, 40)

Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo (1Gv 4, 20)

Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23, 8)

Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,egli è per me fratello, sorella e madre (Mt 12, 8)

L’albero genealogico della fratellanza

Noi siamo fratelli perché abbiamo alla radice e alla base della nostra vita Dio Padre che tutti ci ha voluti.Gesù ha detto con chiarezza: “Voi siete tutti fratelli …Uno solo è il Padre vostro” (Mt 23, 8).Alla base dell’albero scriviamo “Dio, nostro Padre” e sul tronco mettiamo una immagine di Gesù. La linfa di “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza,

bontà, fedeltà …” (Gal 5, 22) che scorre da Dio Padre attraverso Gesù e in noi è lo Spirito santo. Poi completiamo l’albero genealogico della nostra fratellanza inserendo i nomi dei nostri amici e compagni.

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La preghiera del Padre nostro e lo scambio di pace

Durante la celebrazione della Messa, proprio prima della comunione, vi sono due momenti dove possiamo riscoprire che siamo fratelli, anche se talvolta non viviamo da fratelli:

la preghiera del Padre nostro: non ci siamo scelti come fratelli ma lo siamo perché abbiamo Dio come Padre comune, e per questo ci accogliamo e perdoniamo

lo scambio di un segno di pacePossiamo pregare il Padre nostro e scambiarci un segno di pace come preghiera da farsi insieme a conclusione del momento di catechesi.

Fratelli di battesimo nella famiglia della Chiesa

Visitiamo la chiesa parrocchiale valorizzando il luogo del battistero.Recuperiamo i contenuti del capitolo 7 “Siamo figli di Dio” nel catechismo della Conferenza episcopale italiana, Io sono con voi (p. 108-123).È il battesimo che, rendendoci figli di Dio, ci fa fratelli: Dio ci vuole affratellati, non è una nostra decisione! Siamo fratelli, anche se non viviamo da fratelli!Possiamo valorizzare anche lo spazio per i fedeli, segno della famiglia di Dio attorno alla mensa eucaristica.

Indizi per una (auto)osservazione successiva

Notiamo come si salutano e come chiamano tra di loro i bambini: utilizzano il loro nome, il cognome oppure soprannomi più o meno simpatici?

Lasciamo che prendano liberamente posto in gruppo: a chi si siedono accanto? Su un tempo più o meno lungo, notiamo se in modo spontaneo cambiano vicino di posto e se si trovano a disagio accanto a qualcuno.

Il bambino è sereno nel gruppo o introverso, bloccato? Ha una sua spontaneità naturale? È contento di stare con gli altri o preferisce isolarsi?

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Qualche bambino può essere più timido e introverso. Come viene trattato dagli altri? È lasciato solo oppure viene coinvolto? Come si rivolgono a lui gli altri bambini?

Durante i momenti di gioco (soprattutto spontaneo e libero) notiamo forme di intenzionale emarginazione, scelte preferenziali escludenti, eccessiva arroganza, ritrosia o disinvoltura nelle relazioni?

A messa preferiscono stare con i familiari oppure se vi sono dei compagni fanno gruppo?

Nella preghiera ricorda amici e compagni. Come usa, tratta, presta, mostra le proprie cose agli altri?

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