Web Album n. 2 - Milano Fashion Global Summit

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DOSSIER MFGS 2012_FIRENZE GLOBAL LUXURY Dicembre 2012 - WEB Album N°2 Dossier speciale di MFF dedicato all’analisi dei mercati internazionali del lusso in occasione dell’edizione di Firenze dell’MFGS-Milano fashion global summit di dicembre 2012. Sotto i riflettori il Giappone, gli Usa, il Brasile, la Russia e la Cina Valentino haute couture f/w 2013/14

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DOSSIER MFGS 2012_FIRENZE

GLOBAL LUXURY

Dicembre 2012 - WEB Album N°2

Dossier speciale di MFF dedicato all’analisi dei mercati internazionali del lusso in occasione dell’edizione di Firenze dell’MFGS-Milano fashion global summit di dicembre 2012. Sotto i riflettori il Giappone, gli Usa, il Brasile, la Russia e la Cina

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MF fashionII venerdì 30 novembre 2012

MagazineFor

FashionMFF

UN GRANDE PORTFOLIO PER SVELARE IL FUTURO DELLA CREATIVITÀ. NEW ICONIC. FIGLIA DEI CONTEST. OSANNATA DAL WEB. RITRATTA NEI SUGGESTIVI SPAZI

DI VILLA NECCHI CAMPIGLIO. NEL CUORE DI MILANO, DOVE TUTTO È INIZIATO

MagazineFor

FashionMFFw w w . m f f a s h i o n . i t

INTERNATIONAL

EDITION

Nella foto, da sinistra, Margherita Missoni, Delfi na Delettrez Fendi, Bianca Brandolini d'Adda, Andrea Incontri, Anna Dello Russo e Fausto Puglisi in uno scatto di Stefano Roncato

Il primo e unico magazine che racconta la moda In diretta

Un grande POrTFOlIO Per SVelare Il FUTUrO della creaTIVITà made In ITaly, rITraTTa neI SUggeSTIVI SPazI dI VIlla necchI camPIglIO nel cUOre dI mIlanO

interviewalexander wang

tomas maier@Bottega veneta

damir domaanna molinari

@BlumarineisaBel marant

the bestCalvin Klein

tom FordFendi

dolCe & gaBBanaPrada

valentinodries van noten

trend smoKing Please!ChiC PlexiFiCato

lady oPart-à-Porter

vedo nudo

hit listil risiKo

del made in italyBrand new

duelli di modaBuyer, le Pagelle

women spring/summer 2013

una divisione diè un progetto

in ediCola Con MF

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MF fashion IIIvenerdì 30 novembre 2012

MagazineFor

FashionMFF

UN GRANDE PORTFOLIO PER SVELARE IL FUTURO DELLA CREATIVITÀ. NEW ICONIC. FIGLIA DEI CONTEST. OSANNATA DAL WEB. RITRATTA NEI SUGGESTIVI SPAZI

DI VILLA NECCHI CAMPIGLIO. NEL CUORE DI MILANO, DOVE TUTTO È INIZIATO

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FashionMFFw w w . m f f a s h i o n . i t

INTERNATIONAL

EDITION

Nella foto, da sinistra, Margherita Missoni, Delfi na Delettrez Fendi, Bianca Brandolini d'Adda, Andrea Incontri, Anna Dello Russo e Fausto Puglisi in uno scatto di Stefano Roncato

Il primo e unico magazine che racconta la moda In diretta

Un grande POrTFOlIO Per SVelare Il FUTUrO della creaTIVITà made In ITaly, rITraTTa neI SUggeSTIVI SPazI dI VIlla necchI camPIglIO nel cUOre dI mIlanO

interviewalexander wang

tomas maier@Bottega veneta

damir domaanna molinari

@BlumarineisaBel marant

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tom FordFendi

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vedo nudo

hit listil risiKo

del made in italyBrand new

duelli di modaBuyer, le Pagelle

women spring/summer 2013

una divisione diè un progetto

in ediCola Con MF

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MF fashion IIImartedì 18 dicembre 2012

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MF fashion il primo quotidiano della moda e del lusso Direttore ed editore Paolo Panerai 05.12.12

Il MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012 di ieri ha messo a fuoco il carattere sempre più globale del settore e le sue prospettive rosee, sia nei mercati

consolidati che in quelli emergenti, destinati a delineare il domani dei luxury goods

Usa, Giappone e Brasile scrivono un futuro di lusso

llusso avrà una connotazione sempre più globale e il suo sviluppo continuerà sia nelle economie consolidate sia in quelle emergenti. Una prospettiva che è emersa

nitidamente ieri a Firenze durante il conve-gno MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, organizzato da Class editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera nazio-nale della moda italiana e Bank of America Merrill Lynch. Che, dopo la giornata de-dicata alla Cina dello scorso settembre, in questa tornata ha preso in esame i casi di tre Paesi chiave per lo sviluppo passato, presen-te e futuro dei luxury goods: Usa, Giappone e Brasile. I primi due sono stati analizzati

come pilastri del mercato dei beni di lusso, dalla «conferma degli Usa», al «ritorno del Giappone», dopo un periodo di sofferenza legato anche al sisma del 2011. Il Brasile, invece, è stato preso in esame come realtà sempre più in forte espansione, nazione che tra l’altro nei prossimi anni avrà i riflettori di tutto il mondo puntati per due importanti eventi sportivi come i Campionati mondia-li di calcio nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016. L’apertura dei lavori e i primi spunti di rifles-sione della giornata sono stati affidati a Paolo Panerai (direttore e ceo di Class editori),

continua a pag. II

SUL NUOVO SU WWW.MFFASHION.COMUN WEB ALBUM SPECIALE CREATO PER IL MFGS 2012 DI FIRENZE E DEDICATO

AI MERCATI CHIAVE DEI LUXURY GOODS

NELLE FOTO, IN ALTO DA SINISTRA: 1) PAOLO PANERAI ; 2) MARIO BOSELLI; 3) GAETANO MARZOTTO; 4) MARCO MORELLI; 5) MICHELE NORSA E BRUNELLO CUCINELLI; 6) MICHELE

TRONCONI; 7) VALENTINO GARAVANI; 8) LISA CLYDE; 9) FRANCO PENÈ; 10) PEDRO LOURENÇO; 11) RENZO ROSSO; 12) STEFANO SACCHI, PAOLA DURANTE ED ENO POLO; 13) MARCO

TRONCHETTI PROVERA; 14) YVES CARCELLE; 15) CLAUDIO PIOVESANA; 16) MARK LEE; 17) STEPHEN SADOVE; 18) MONICA MENDES; 19) FRANCESCO BOTTIGLIERO, ANTONIO TOMARCHIO

E ANDREA PANCONESI; 20) GIANCARLO GIAMMETTI E 21) CHIARA ALTOMONTE E LUCA ARNABOLDI FOTO GIOVANNI GIANNONI

STRA: 1) PAOLO PANERAI UNELLO CUCINELLI; 6) MICHELENELLE FOTO, IN ALTO DA SINISINIS

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CO MORELLI; 5) MICHELE NORSA E BRUBRU

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I ; 2) MARIO BOSELLI; 3) GAETANO MARZOTTO; 4) MARCI ; 2) ARC

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MF fashionII mercoledì 5 dicembre 2012MFGS-Milano Fashion Global Summit

Con un giro d’affari generato del lusso di 2,3 miliardi di dollari, cresciuto del 45% nel periodo che va dal 2003 al 2011 e un mercato costituito per il 75% da con-sumatrici donne orientate sul segmento moda e beauty, il Brasile rappresenta più che una promessa per le aziende italiane. Ma un bacino di queste dimensio-

ni e di alto livello richiede una adeguata struttura da parte delle realtà del made in Italy che desiderano raccogliere le opportunità di crescita. A partire dalla ricerca di personale e manager che segua il mercato in loco. «Il livello di competenza richiesto è in crescita», ha ammesso Chiara Altomonte, general manager della società italiana Consea specia-lizzata nell’executive search durante il suo intervento al MFGS-Milano Global Fashion Summit 2012 «non a caso stanno sviluppando anche nel paese mba con un focus par-ticolare sul lusso». Conoscenza del settore, flessibilità e capacità di adattamento sono i requisiti principali richiesti dal mercato del lusso in Brasile oltre a un inglese fluente e a un background formativo di alto livello. «I professionisti devono dimostrare di conoscere la

storia e il valore del brand e avere un’apertura mentale», ha aggiunto Altomonte. Che spesso signifi-ca una comprovata dimestichezza con il web, altro canale di crescita per i marchi del lusso. Questo apre però un nuovo capitolo. «Internet rappresenta un’opportunità ma po-trebbe anche diventare un rischio se non si conoscono a pieno le re-gole del gioco, come nel caso della contraffazione dei brand», ha ag-giunto Luca Arnaboldi, senior partner dello studio legale associa-to Carnelutti. «Ci sono stati casi negativi in passato, come la catena

americana di pizzerie fast food Domino’s messa alla gogna da un video diventato subito virale in rete che ha fatto crollare il titolo del 10%», ha aggiunto Arnaboldi, «il mio con-siglio è tutelarsi sempre prima di muoversi sull’online, che rappresenta una realtà difficile d acontrollare, complice anche un grande quantità di messaggi virali che possono anche diventare dannosi per la credibilità di un marchio». (riproduzione riservata) Milena Bello (Firenze)

Formazione

PROFESSIONALITÀ E WEB PER CRESCERESecondo Chiara Altomonte di Consea e Luca Arnaboldi di Carnelutti ci vogliono alte competenze per i mercati stranieri

Mario Boselli (presidente di Cnmi-Camera nazionale della moda italiana), Marco Morelli (vicepresidente Emea Gcib - Italy country executive di Bank of America Merrill Lynch Italy) e Gaetano Marzotto (presidente di Pitti Immagine). «Siamo a Firenze, città in posizione di avamposto tra quelle italiane capaci di attrarre flussi di turi-smo», ha spiegato Paolo Panerai. «Ma per trasformare i visitatori in opportunità dob-biamo saper far squadra e creare capacità attrattiva. Per esempio, abbiamo da risol-vere un problema Paese, cioè la scarsità di voli diretti con l’Italia: infatti la buona parte dei turisti che arriva da questi luoghi sbar-ca prima in Germania o Francia». Panerai si è soffermato anche su una ricetta per con-trastare questo momento di crisi interna al nostro paese: «Le difficoltà del sistema Italia sono evidenti e lo saranno di certo il prossimo anno. L’unica sfida che possia-mo raccogliere e combattere è saper attrarre chi ha capitali e soprattutto voglia di spen-derli». Boselli ha invece analizzato le tre economie partendo dell’export totale della moda italiana nel 2007 verso ciascun Paese, anno giudicato dal presidente di Cnmi co-me simbolo, perché precedente alla crisi nel 2008. «L’export verso gli Usa nel 2007 è stato di 3.034 milioni di euro, nel 2011 si è attestato a 2.560 milioni di euro, mentre nei primi otto mesi di quest’anno è aumentato del 18%, andando quindi sostanzialmente a pareggiare i livelli di cinque anni fa. Verso il Giappone le esportazioni sono state pa-ri a 1.470 milioni di euro nel 2007, scese a 1.365 milioni l’anno scorso, in crescita del 20% i primi otto mesi di quest’anno, quindi in aumento rispetto ai livelli di cin-que anni fa». Su numeri più bassi, ma con lo stesso trend il Brasile: «Esportazioni per

90 milioni di euro nel 2007, 74 milioni di euro l’anno scorso e una crescita del 21% nel periodo gennaio-agosto 2012». Boselli ha però fatto notare che anche se le nuove economie dei paesi Bric (che sono passa-ti negli ultimi dieci anni dal 3,2% al 7,9% della quota export italiana), sono fondamen-tali per lo sviluppo del lusso delle nostre aziende, ancora oggi oltre il 90% delle ven-dite oltreconfine avviene verso nazioni del nord del mondo, sottolineando quanto sia importante continuare a puntare su queste economie più mature. Per Marco Morelli la scommessa dell’Italia verso Usa, Giappone e Brasile si giocherà su quattro parole chia-ve: Arte, cultura, lusso e moda, secondo il manager parole tra le più cliccate sul web quando si cercano informazioni sul Bel pa-ese. «L’impegno di chi rappresenta l’Italia a tutti il livelli, da istituzionale a industria-le, è assolutamente quello di cercare di far leva su queste quattro aree di eccellen-za». L’intervento di Gaetano Marzotto ha invece analizzato i profili della clientela wholesale e retail per ogni realtà. «Come Pitti Immagine siamo molto vicini a questi tre mercati. I buyer Usa vengono in Italia non solo per vedere le collezioni, ma anche per immergersi nella creatività e nel nostro stile di vita. Sono attratti dalla cultura, dal-la moda, dal design e dall’enogastronomia. Quelli giapponesi invece apprezzano mol-to il nostro stile sartoriale, concentrato di innovazione e look, ma si aspettano anche alta qualità e servizio, vogliono per esem-pio rapidità nelle consegne». Per Marzotto in Brasile ci sono ancora molte potenzialità: «Per il momento i brasiliani, popolazione la-tina, concentrano molto gli acquisti in Nord America, ma in futuro se sapremo mette-re in atto le leve di cui stiamo parlando il successo sarà garantito». (riproduzione riserva-ta) Matteo Minà (Firenze)

Il lusso in Usa continuerà a crescere, anche se è in atto un profondo cam-biamento del mercato, della clientela e degli investimenti dei vari brand. Il

tema è stato affrontato ieri a Firenze da Lisa Clyde, capo della divisione Retail investment Banking di Bank of America Merrill Lynch, nel suo intervento all’in-terno del MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012 che si è svolto ieri a Firenze a Palazzo Vecchio. «Il lusso Usa rappre-senta circa un terzo di quello di tutto il mondo e a nostro avviso crescerà del 13% fino al 2020», ha spiegato Clyde. «Parlando a breve termine ci sentiamo di dire che nei prossimi due anni il lusso sa-rà in aumento di circa l’8%». Secondo lo studio della banca di investimento ci sono vari precisi fattori che ne determineranno la crescita. Il primo è il turismo che si sta modificando da prevalentemente europeo a più asiatico, con la Cina in testa. Il se-condo è legato al Pil Usa che, in base alle stime di Bank of America Merrill Lynch, se per la prima metà del prossimo anno sa-rà pari all’1%, passando poi negli altri sei mesi 2013 al 2%, nel 2014 si attesterà a circa il 2,8-3%, segnando quindi un trend

in aumento. «Un ulteriore fattore», ha pro-seguito la manager, «su cui sia i retailer americani sia i brand operanti in questo settore si stanno focalizzando è l’amplia-mento della base di clientela a un target più giovane. Alcune importanti catene Usa stanno mettendo a frutto collaborazioni con marchi rivolti a un consumatore gio-vane: Nordstrom con Topshop e Neiman Marcus con Target». E questa potrebbe essere una carta importante per affronta-re il futuro del segmento. (riproduzione riservata)

Overview

L’America cambia ma ama il lussoBank of America Merrill Lynch prevede una crescita del 13% annuo fino al 2020 dei luxury goods Usa e un forte ricambio generazionale. Matteo Minà (Firenze)

Le griffe quotate in Italia sono le più performanti del mondo: è quanto emerso nel corso del dibattito su investimenti e valore del brand, andato in scena al MFGS-Milano Global Fashion Summit 2012 grazie alle testimonianze di tre diversi interpreti del sistema moda. Da una parte, quella aziendale, con Eno Polo, pre-

sidente EMEA per Alpargatas, e Stefano Sacchi, amministratore delegato di Giuliano Fujiwara (che ha peraltro colto l’occasione per annunciare una capsule collection del brand per gennaio). Dall’altra, quella finanziaria, con Paola Durante (direttore della divisione Investment banking e Head of the corporate broking Italy di Bank of America Merrill Lynch). Così il numero uno di Fujiwara ha sottolineato quanto il valore di un brand, e la sua garanzia, sono dati dalla propria storia, tanto che il prossimo progetto è appunto quello di una capsule col-lection ispirata alla prima collezione del-la maison. Mentre Eno Polo ha raccon-tato il curioso caso di Alpargatas, azienda calzaturiera da 1,1 mi-liardi di euro, il 70% dei quali realizzati in Brasile, famosa per essere la controllante di Havaianas, il celebre marchio delle infradito, tanto di moda in Europa e Usa, quanto popolari in Brasile. Una storia fatta di contraddizioni, dove un capo nato nelle favelas è diventato icona di stile. «La nostra sfida per l’Europa, che a differenza del Brasile cer-ca sempre la novità, è riuscire a studiare brand extension che siano in linea con il dna di Havaianas». Infine le buone notizie da Paola Durante, che, illustrando una ricerca di Merrill Lynch, ha spiegato che «i titoli del lusso negli ultimi 5 anni hanno sovraperfor-mato in tutti i mercati anche in Borsa». Rivelando poi che negli ultimi dodici mesi le aziende del lusso hanno generato un valore più alto del 72% rispetto a quelle degli altri settori, e soprattutto che quelle quotate in Italia, alla Borsa di Milano, sono state le più performanti a livello mondiale, venendo trattate per valore, a cifre 14 volte l’Ebitda. E per il futuro: «Il lusso per le società quotate crescerà a doppia cifra, 16%, e continuerà più o meno su questi ritmi nei prossimi due anni, oltretutto recuperando di marginali-tà». (riproduzione riservata)

Brand & Investimenti

La moda made in Italy vince anche in BorsaLe matricole italiane best performer del segmento luxury, che a sua volta ha realizzato il 72% di valore in più degli altri settori. Fabio Gibellino (Firenze)

segue da pag. I

LA TORTA DEL LUSSO MONDIALE

Fonte: Bain & Company e Fondazione Altagamma, 2012GRAFICA MF-MILANO FINANZA

Restodel mondo

5%

Asia Pacifico 20%

Europa35%

Americhe31%

Giappone9%

Sopra, Chiara Altomonte e Luca Arnaboldi

Da sinistra, Eno Polo, Stefano Sacchi e Paola Durante

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MF fashion IIImercoledì 5 dicembre 2012 MFGS-Milano Fashion Global Summit

È l’imprenditore ormai celebre per aver venduto jeans made in Italy agli ameri-cani e per aver veicolato nel mondo una nuova idea di moda contemporary, cre-

ando un impero, la Otb-Only the brave, da oltre 1,36 miliardi di euro di ricavi. Per Renzo Rosso ormai gli Usa sono una grande certezza, insie-me al Giappone, ma non promettono meno aree strategiche come il Sud America, Brasile in testa, dove Diesel, marchio vedetta del gruppo, conta già cinque punti vendita, tra cui due recentemen-te aperti a San Paolo (vedere MFF del 26 luglio). «Il Brasile è sicuramente un mercato difficile per colpa dei dazi», ha spiegato l’imprenditore in occasione dell’MFGS-Milano fashion glo-bal summit 2012, in collegamento via Skype da Breganze (Vicenza), sede dell’azienda, «ma dove già realizziamo circa 30/35 milioni di euro di rica-vi destinati a crescere in maniera esponenziale (nell’intervista rilasciata a MFF a luglio si citava un obiettivo di 100 milioni di euro nel 2016, ndr). Basta pensare al fatto che i brasiliani sono i nostri primi acquirenti all’estero». Una scommessa che per certi versi può ricordare quella, pienamente vinta, con gli States. «All’inizio degli anni novanta sono partito per gli Stati uniti con un obiettivo, quello di dimostrare che il mio prodotto era estremamente valido», ha poi proseguito Rosso, «e ci sia-mo riusciti portando il Nord America a essere il nostro primo

mercato sia per Diesel, con cui realizziamo un giro d’affari di oltre 230 milioni di dollari, sia con le collezioni di prêt-à-por-ter del gruppo Otb, che fatturano circa 50 milioni di euro». Ultimo ma non ultimo c’è poi il Giappone. «Questo è il no-stro secondo mercato dopo gli States», ha poi concluso Rosso in partenza per Miami, «è un paese di grande stimolo dove la moda corre veloce. È dove in futuro consolideremo la nostra presenza grazie allo sviluppo delle linee di ready to wear». (ri-produzione riservata)

Espansione

La cavalcata di Dieseldagli States al BrasileForte dell’andamento di due mercati consolidati come gli Stati Unitie il Giappone, Renzo Rosso, patron di Otb-Only the brave, guarda con attenzione alla nuova frontiera del Sud America. Chiara Bottoni (Firenze)

Valentino Garavani, una vita per la coutureA pochi giorni dall’inaugurazione del-la grande mostra «Valentino: master of couture», che fino al prossimo 3 marzo il-luminerà gli spazi della Somerset house di Londra, il Valentino Garavani (nella foto sotto) è intervenuto con un video-contri-buto al MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012 a testimoniare un percorso creativo scandito nel sogno dell’alta mo-da. «Ho iniziato la mia carriera nel 1960», ha raccontato lo stilista, «disegnando esclusivamente alta moda, il prêt-à-por-ter non esisteva ancora. Per me è sempre stato un modo privilegiato per esprimer-mi. Come ad esempio nella realizzazione nel 1992 dell’abito da sposa per una gio-vanissima Marie Chantal di Grecia: solo per il velo, preziosissimo, sono stati utiliz-zati 25 differenti tipi di pizzo per un lavoro di confezionamento durato circa un mese che ha richiesto l’impiego di una quindici-na di ragazze (nella foto in basso il vestito). Questa è davvero l’essenza della couture». E nel segno di un colore, il rosso, testimo-ne inconfondibile di un successo indelebile:

«Ero molto giovane, avrò avuto 19 anni», ha continuato, «e andai a Barcellona per una prima teatrale. Rimasi letteralmente affascinato dall’incredibile quantità di ros-so che vidi. Da lì decisi che dal momento in cui avrei creato la mia prima collezione da solo, nella mia sartoria, quel colore sarebbe stato il mio portafortuna. Poi è diventato il mio colore, l’ho studiato con attenzio-ne e in profondità, in tutte le sue tonalità. Fino a quel rosso, che riconosco da un mi-glio di distanza». In una storia oggi portata avanti con grande rispetto da Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, eredi crea-tivi della griffe in fermento nell’anno del 50° anniversario e che continua a celebra-re il suo fondatore. «Me ne sono andato nel 2008», ha poi concluso il couturier, «ma non mi sono mai fermato. Ho continuato a creare e a disegnare, con progetti sempre nuovi. Vorrei proseguire proprio così, per-ché quello che faccio in questa mia nuova fase artistica mi diverte molto». (riprodu-zione riservata) Elisa Rossi (Firenze)

VideoContributi

Cina ma non solo. Due mar-chi emblema del Made in Italy nel mondo, Salvatore Ferragamo e Brunello

Cucinelli, continuano a trovare nel mer-cato statunitense una conferma. Grazie al consumo locale ma anche grazie al flusso di turisti, prevalentemen-te provenienti dall’Asia. Una certezza che sta permettendo alle due neoquotate di guarda-re con ottimismo al futuro e di continuare a investire nella pro-mozione e nella veicolazione dei valori del Made in Italy nel mondo. Anche nei nuovi mer-cati ancora in fase embrionale di evoluzione ma con un gran-de potenziale, come il Brasile. «Il quadro dei mercati interna-zionali sta diventando sempre più complesso», ha sottoli-neato Michele Norsa, ceo di Salvatore Ferragamo, maison che ha chiuso i primi nove mesi del 2012 con ricavi per 832,6 milioni di eu-ro (+18,7%), «gli Stati uniti continuano a essere il paese con un ruolo guida a livello di consumi per Ferragamo con vendite oltre le aspettative anche gra-zie ai turisti. Negli Usa stiamo puntando in particolare sulle grandi città, come Chicago o San Francisco, dove apri-remo prossimamente un nuovo punto vendita. Il Brasile invece», ha prosegui-

to, «è ancora molto limitato dai dazi e penalizzato da infrastrutture insufficien-ti ma ha un grande potenziale se visto in un’ottica di lungo periodo. Mentre il Giappone, pur essendo un mercato ma-turo, continua ad avere una marginalità elevata, senza dimenticare che i giappo-

nesi restano big spender in Europa». Gli Usa si confermano il primo mercato per Brunello Cucinelli. «Un paese dal quale provengono oltre il 30% dei nostri ricavi (attestatosi nei nove mesi a 220,2 milio-ni di euro in crescita del 15,2%, ndr)», ha spiegato l’imprenditore umbro, re del cashmere. Dietro queste performance nessun segreto, solo la capacità di vei-colare una corretta immagine del Made in Italy. «Il mondo intero è affascina-

to dall’italianità e credo che questo ci aiuterà a fare bene anche in futuro, sia come imprese singole sia come siste-ma», ha spiegato Cucinelli. «Oggi con la Brunello Cucinelli siamo presen-ti in 54 paesi e vogliamo crescere con garbo, cercando di mantenere l’esclu-

sività e una selettività che possa essere apprezzata da un consuma-tore sempre più maturo. Il nostro compito sarà quello di far respi-rare la cultura italiana, ridando dignità morale ed economica al la-voro artigianale. Una priorità della quale non ci dobbiamo dimenti-care». Insieme alla promozione del turismo nel Paese. «La com-binazione tra l’unicità dei nostri prodotti e quella del nostro paese devono andare di pari passo», ha aggiunto Norsa, «dei 78/80 milio-ni di cinesi che hanno viaggiato quest’anno nel mondo abbiamo avuto solo le briciole. Dobbiamo

stimolare i viaggi e far venire i consu-matori promuovendo l’Italia all’estero, anche attraverso uno strumento fonda-mentale come il web». E attraverso la trasparenza e l’internazionalità data dal-la quotazione in Borsa. «Ho appena fatto dieci giorni di roadshow, un roadshow per l’Italia, per valorizzare il nostro pae-se e per dire al mondo che su di noi non ci sono veti», ha concluso Cucinelli. (ri-produzione riservata)

Strategie

Il meglio del lusso Made in Italyinizia il suo roadshow nel mondoLe neoquotate Ferragamo e Cucinelli hanno indicato nella promozione dell’artigianalità e dell’unicità dei valori italiani il segreto per mantenere le posizioni in Usa e per poter crescere in Brasile. Chiara Bottoni (Firenze)

Sopra, Renzo Rosso durante il suo intervento al MFGS 2012

Brunello Cucinelli, a sinistra, e Michele Norsa

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MF fashionIV mercoledì 5 dicembre 2012MFGS-Milano Fashion Global Summit

Louis Vuitton, fa rotta sui nuovi mercati

Una maison che guarda con attenzione ai nuo-vi mercati, li avvicina e li conquista. Louis Vuitton, marchio considerato il top dei luxury brand dalla clas-sifica annuale di Millward Brown optimor’s 2012, che l’ha valutato 25,9 mi-liardi di dollari (quasi 20 miliardi di euro), è pionie-re nella scoperta di nuove e potenziali aree del lusso di domani. «Nel caso della Cina ciò che è affascinan-te è la crescita del tenore di vita», ha raccontato al Mfgs Yves Carcelle (nella foto), passato alla vicepre-sidenza della Fondation d’entreprise Louis Vuitton pour la Création, senza lasciare il comitato esecu-tivo del gruppo di Bernard Arnault, e protagonista ie-ri durante l’MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012. «È interessante os-servare come, anno dopo anno, il numero di perso-ne in grado di accedere al mercato del lusso au-menti esponenzialmente, con un potere d’acquisto considerevole. Un pae-se di oltre 1,3 miliardi di persone, con un tasso di crescita superiore al 10% annuo da molti anni, è di per se stesso un conti-nente che si dirige verso il lusso. Nell’ex Celeste im-pero ci sono 200 città con oltre 1 milione di abitanti, mentre in tutta Europa so-no solo 35. Questo mostra la dimensione potenzia-le del mercato. Ma quello che accade in Cina av-viene anche in altre parti del mondo, basti pensa-re al Brasile di oggi. Un paese che ha conosciu-to cicli di alti e bassi, ma che ora si sta sviluppando molto rapidamente, con il desiderio di acquistare prodotti di lusso che cresce allo stesso ritmo (vedere altro articolo a pagina X)». Cina e Brasile quindi, ma anche Giordania, dove la maison ha aperto uno sto-re ad Amman a giugno e Kazakhstan, dove è sta-ta inaugurata una vetrina a ottobre, ad Almaty, all’in-terno del nuovo luxury mall Esentai. A conferma della volontà della mai-son di Lvmh di guardare ai nuovi mercati per il futuro. (riproduzione riservata) Elisa Rossi (Firenze)

Interviste

I l mercato del lusso americano continua ad essere il più im-portante del mondo, continua a crescere, ma sta cambiando.

Così anche il mercato giapponese che, per il 63% degli amministra-tori delegati delle case di moda, non ha sofferto degli ef-fetti dello tsunami. Come il 40% del-le classi abbienti di tutto il Sudamerica che vive in Brasile, soprattutto a San Paolo. A dirlo, in occasione del MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, è stato Claudio Piovesana, Associate publisher Europe di WSJ Magazine. Per quanto ri-guarda il mercato Usa, continua a rappresentare da solo, il 25,5% del totale generato dai luxury go-ods nel mondo: per l’anno in corso crescerà del 13% e continuerà a farlo anche in futuro. Negli Stati

Uniti, l’alto di gamma può contare su 11,4 milioni di famiglie, defini-te Affluent, che hanno una grande capacità di spesa, a cui ne vanno aggiunte 1,4 milioni che fanno parte di quell’1% di ultra-ricche.

Però, come si di-ceva, le dinamiche di acquisto stanno cambiando. Oggi infatti chi ha ca-pacità di spesa ha iniziato a compra-re anche oggetti a basso costo. E continua a farlo nei department store (58%) pur iniziando a fidar-si della rete, con la

quota in salita internet (35%), per un diagramma in continua crescita che, partendo dai 5 miliardi dollari del 2006 raggiungerà i 15 miliar-di nel 2015. In sostanza: «Tutti continuano a parlare di Cina, ma oggi la piazza più importante so-no ancora gli Usa». (riproduzione riservata)

Focus

Usa e Giappone sempre leaderPiovesana del WSJ Magazine invita a guardare con grande interesse ai luxury big spender. Fabio Gibellino (Firenze)

La provocazione al MFGS-Milano global fashion summit 2012 porta la firma di Giancarlo Giammetti, fondatore del Valentino Garavani virtual museum, quando dice che: «Credo che la gente si sta abituando a comprare su internet, oggi più

di ieri un cliente capisce cosa gli sta bene, che taglia indossa e co-me, quindi tanto vale presentare le collezioni non sei mesi prima, ma su internet quando posso-no essere acquistate». D’altronde internet è lo sguardo sul futuro, anche per il mondo della moda e del lusso. Fiere, e-shop e musei si stanno espandendo sempre più, sia per numero che per importan-za. È sufficiente pensare che oggi la rete vale circa il 3,3% dell’inte-ro mercato dell’alto di gamma. E

Scenari

UN FUTURO WEBPER IL FASHION La provocazione di Giammetti: «Portiamo in internet anche le sfilate e facciamole on-season»

Lusso e Brasile con una certezza: tropicalizza-re il marchio e renderlo vicino allo spirito del

cliente carioca. La liason tra il segmento dei luxury goods e il Paese sudamericano sta di-ventando sempre più strategica per i brand globali. Che da un paio d’anni a questa parte han-no cominciato a moltiplicare la presenza a San Paolo, principale città dello shopping brasiliana, puntando sui punti vendita di-retti. «Zegna aprirà a breve la settima boutique, Chanel ha inaugurato la terza boutique a San Paolo e Louis Vuitton ha recentemente tagliato il nastro a un global store», ha raccontato Monica Mendes, presidente di Monica Mendes communications ed esperta del mercato brasiliano durante il suo speech al MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012. «Il Brasile è un bacino che ha una forte predi-sposizione nei confronti degli acquisti di lusso, dimostrato dai flussi di turisti che acquistano prodotti di lusso all’estero». Ma allo stesso tempo rappresenta appunto un mercato che ha una conoscenza maggiore nei confronti del lusso rispetto ad altri paesi emergenti. E questo significa adeguare la shopping experience a seconda delle richieste dei clienti. «Possono spendere cifre alte nelle boutique», ha concluso, «ma si de-vono sentire coccolati. Non cercano l’acquisto d’impulso, vogliono conoscere ogni marchio, la sua storia, il suo know how. Ovvero tropi-calizzarlo». (riproduzione riservata) Milena Bello (Firenze)

Consumi

TROPICALIZZARE LO SHOPPINGÈ la ricetta di Monica Mendes per i luxury brand in corsa alla conquista del mercato brasiliano

Guardare a Est diventerà una necessità sempre più im-prorogabile per la moda. E in particolare per il fashion

di alto livello. «Chi non sfonderà nei prossimi anni nei paesi emergenti è destinato a fallire». Lo ha dichiara-to senza mezzi termini, nel corso del suo interventi all’interno di MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, Franco Penè, presidente e ceo di Gibò, il gruppo italiano nato nei primi anni 90. «Il motivo sta nella pa-rola globalizzazione. Con il trasloco dell’attività manifatturiera nei paesi in via di sviluppo nel tempo si è tra-sferita in pratica anche la ricchezza. E il potere d’acquisto continuerà a crescere in Asia mentre proseguirà a diminuire in Europa». Una previ-sione che però non rappresenta il requiem del Vecchio continente. «La sua importanza nello scacchiere della moda si manterrà inalterata», ha continuato il numero uno del gruppo che ha al suo attivo numerose li-cenze quali Michael Kors, Paul Smith, Antonio Berardi, Rochas fino all’ultimo accordo con l’enfant prodige della moda Jean-Paul Gaultier, «perché già ora rappresenta una destinazione privilegiata per lo shopping da parte dei turisti. Penso per esempio ai flussi di brasiliani che arrivano in Europa per fare acquisti». Meno promettente il mercato giapponese, ben conosciuto dal gruppo Gibò per il suo consolidato rapporto con il partner Onward. «Sono piuttosto scettico sulla sua ripartenza», ha con-cluso Penè, «la prima parte dell’anno si è conclusa positivamente ma il raffronto è con il Giappone post tsunami. E poi bisogna fare i conti con un Paese che diventa sempre più anziano». Così continueranno i paesi emergenti a fare la differenza, che dovrebbe influire positivamente sui conti a partire dal 2014, dopo una chiusura d’anno in crescita a singola cifra e un inizio del 2013 che farà sentire ancora il peso della crisi. Prima dell’avvio dei nuovi player. (riproduzione riservata)

Intervento

Penè: Il futuro vola verso EstIl numero uno di Gibò resta scettico sulla ripresa dei consumi giapponesi ma spinge sull’Asia. Milena Bello (Firenze)

Sopra, Franco Penè

Monica Mendes

Claudio Piovesana

In alto, Giancarlo Giammetti. Qui sopra, Francesco Bottigliero, Antonio Tomarchio e Andrea Panconesi

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MF fashion Vmercoledì 5 dicembre 2012 MFGS-Milano Fashion Global Summit

Da grande bacino per la moda italiana, il Brasile si sta ritagliando un posto sem-pre più importante come avanguardia del fashion e dello stile globale. Che unisce

contrasti e i colori della creatività carioca alla sen-sibilità di un prodotto internazionale. Promessa del mondo brasiliano è Pedro Lourenço che ha lan-ciato il suo marchio nel 2010 a Parigi e che presto potrebbe scegliere l’Italia proprio come partner cre-ativo per la seconda fase della sua crescita. «Entrare nella moda è stata una scelta naturale», ha raccon-tato lo stilista brasiliano ieri al MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, «ho lavorato a lungo nell’azienda di famiglia. Quando è arriva-to il mio momento ho cercato di trovare un giusto equilibrio tra il mood intellettuale e sexy ricalcan-do i colori e i contrasti tipici di San Paolo». Un mix tra caratteristiche regionali e aspirazioni globali che ha permesso al giovane brand di entrare nei cana-li della distribuzione worldwide. «Dopo la prima presentazione a Parigi ho cominciato a tessere una rete di negozi a Londra, negli Usa e in Asia», ha continuato, «e a vestire grandi nomi del calibro di Gisele Bundchen e Lady Gaga, alle quali mi ispiro nell’ottica di una donna elegante, classica e indipendente. Il mio obiettivo per il 2013 è consolidare gli Usa, dove il marchio è già presente da Barneys, e in Europa. Il tutto prima di guardare all’Ita-lia, Paese che considero interessante per realizzare alcuni prodotti di alto livello. Manterrò comunque il legame forte con il Brasile. Credo sia fondamentale tenere salde le radici con il Paese e sostenere la filiera locale». (riproduzione riservata) Milena Bello (Firenze)

Designer

PEDRO LOURENÇO, LO STILE CARIOCA GUARDA ALL’ITALIAIl designer brasiliano vuole rafforzarsi in Usa ed Europa. E pensa all’Italia per una futura produzione alto di gamma

Pirelli, cuore verdeoro

Il Brasile: un Paese in via di trasformazione che per Pirelli rappresenta il mercato più importante, poggiandovi le basi dal 1929. «Il Brasile è parte fondamentale della sto-ria Pirelli», ha raccontato Marco Tronchetti Provera (nella foto), numero uno del grup-po che ha presentato la scorsa settimana a Rio de Janeiro The Cal 2013 scattato dal reporter Steve McCurry. «Vi siamo pre-senti da 83 anni, lì produciamo un terzo del nostro fatturato, con cinque fabbriche e 10 mila addetti», ha aggiunto l’imprenditore durante il suo intervento al MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, «quello che da un decennio sta succedendo in Brasile è un cambiamento oramai strutturale, con l’inserimento di persone, soprattutto nel nord, nell’area del benessere o comunque della sostenibilità. Un Paese molto giovane destinato a una forte crescita, che ha ridato speranza a tutti i suoi cittadini». Un mer-cato appetibile su cui puntare, forte di una popolazione formata da 190 milioni di abi-tanti e che cresce ogni anno, che gode di un’economia in rapido sviluppo anche in vista dei prossimi campionati mondiali di calcio nel 2014 e delle Olimpiadi del 2016, e che con un pil gigante occupa il 6° posto nella classifica mondiale. (riproduzione ri-servata) Elisa Rossi (Firenze)

VideoContributi

La vera missione è salvare la produ-zione. Questo è il concetto espresso da Michele Tronconi, presidente di Smi-Sistema moda Italia, nel cor-

so del MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012. Secondo il numero uno di Smi ancora oggi, e nonostan-te tutto, la parte bassa della filiera interessa ancora circa 50 mila aziende e 430 mila addetti. E per sottolinearne l’importanza ha citato an-che le elezioni presidenziali americane, durante le quali il presidente Barack Obama ha puntato molto sul ritorno delle produzioni negli Usa. «Noi possiamo vincere an-cora in futuro se torniamo a gestire bene capacità di offer-ta, che significa sostenere produzione», ha dichiarato Tronconi che, toccando poi le at-tività di Governo ha sottolineato come: «Le riforme più importanti sarebbero da fare con la gomma, perché ogni provvedimento in più è sempre più diretto alla creazione di un cortocircuito». Aggiungendo che in Italia, in realtà: «Non c’è un problema di domanda, ma di offerta». Secondo il presidente di Smi

si dovrebbe poi porre attenzione anche al-la qualità delle esportazioni: «Se è vero che quelle extraeuropee crescono del 7%, quelle intraeuropee sono in calo del 4%, con la dif-ferenza che quest’ultime sono più pesanti». In conclusione, il presidente di Smi-Sistema

moda Italia si è detto con-vinto che occorra fare più squadra, e soprattutto in verticale: «Ci sono aziende forti, dei rompighiaccio, che dovrebbero trascinare dietro tutto il sistema anche perché, è bene ricordarlo, il made in Italy, oltre ad essere il terzo marchio più riconosciuto al mondo, è anche un elemen-to differenziale, riconosciuto e invidiato persino dai fran-cesi, è per questo che non

dovrebbe essere svenduto per un piatto di lenticchie». Durante il suo intervento poi, Michele Tronconi ha anche ricordato come nei prossimi mesi si dovrà iniziare la trattati-ve per il rinnovo del contratto nazionale ma che, pensando all’intervento di Brunello Cucinelli: «Capiamo e condividiamo, ma per distribuire ricchezza prima dobbiamo crearla». (riproduzione riservata)

Strategie

Smi, la produzione deve essere salvataSecondo il presidente Michele Tronconi è necessario sostenere la parte bassa della filiera, che interessa un totale di circa 50 mila aziende. Fabio Gibellino (Firenze)

Cartina di tornasole dell’andamento delle vendite sul mercato statuni-tense sono i department store. La loro visione privilegiata del mer-

cato del lusso lascia intravedere prospettive ancora rosee per i marchi dell’altissimo di gamma, un segmento nel quale le oppor-tunità di crescita sono decisamente alte, come sottolineato in occasione dell’MF-

GS-Milano fashion global summit 2012 da Mark Lee, ceo Barneys, e da Stephen Sadove, chairman e ceo di Saks incorpor-ted. «Siamo ottimisti per l’andamento delle vendite del settore del lusso», ha spiegato Lee, dal 2010 alla guida di uno dei depart-ment store più hot del momento, che in occasione delle festività natalizie ha presen-tato un esclusivo progetto di comunicazione sviluppato insieme a Walt Disney (vedere MFF del 22 novembre). «Le cose si stan-no muovendo nella direzione che volevamo

e questo ci permette di essere positivi sulla chiusura dell’anno». Altro gruppo storica-mente legato ai brand europei del lusso è Saks, di cui Diego Della Valle è secondo azionista. Department store che, nonostante l’impatto dell’uragano Sandy sulle vendite dell’ultimo trimestre, prospetta di chiudere il 2012 con performance rimarchevoli. «Per il quarto trimestre ci aspettiamo di rispettare

le nostre guidance», ha sottolineato Sadove, «il consumatore ricco può spendere e la con-ferma arriverà dalle vendite natalizia. Saks è lusso assoluto e i prodotto di fascia alta, in particolare la gio-ielleria, continuano a essere al top delle no-stre richieste. Perciò è su questi stiamo orien-tando le nostre scelte». Da parte di entrambi

poi c’è una certezza: nonostante gli inve-stimenti sullo sviluppo dell’online siano consistenti e le prospettive di crescita di questo business siano notevoli, l’unicità dell’esperienza d’acquisto in store resterà un valore prioritario. «Nei negozi regalia-mo qualcosa di unico per creare emozioni», ha concluso Lee. «Il nostro obiettivo sarà offrire prodotti unici e servizi esclusivi dal nostro store di New York sino al più pic-colo negozio in provincia», ha poi aggiunto Sadove. (riproduzione riservata)

Retail

Il lusso corre nei department storeBarneys e Saks chiudono in positivo grazie alle vendite di prodotti high end. Chiara Bottoni (Firenze)

basta osservare i numeri elencati da Antonio Tomarchio (fonda-tore e amministratore delegato di Beintoo) quando dice che «in Cina ci sono 200 milioni di utenti che usano tablet o smartphone, in Corea ci sono più smartphone che popolazione, il rapporto è di 1,1:1 e negli Stati Uniti l’utente medio passa circa dieci ore al giorno a digitare sul suo apparecchio mo-bile». Con Andrea Panconesi di Luisa via Roma che dipinge le abitudini dell’e-shopper: «Un cliente che agisce nel corso della settimana, meno durante il we-ekend, e ha il suo picco nelle pause di lavoro, soprattutto se piove». Aggiungendo che, «certo il futuro è integrazione, anche perché sono gli stessi clienti a crearsela, andan-do in un negozio provandosi un capo mentre con lo smartphone cercano offerte in zona». E allora ecco che anche l’acquisto online diventa sempre più importan-te, come ha spiegato Francesco Bottigliero, amministratore dele-gato di FieraDigitale/e-Pitti.com: «Oggi siamo arrivati a 3 milioni di visitatori al mese, effettuiamo mille spedizioni al giorno e il no-stro fatturato 2011 ha toccato i 50 milioni di euro, cosa inimmagina-bile qualche anno fa». Ma il futuro del lusso, continua Bottigliero, è fatto di un mix tra virtuale e ne-gozio fisico. Intanto, conclude Tomarchio: «Più tecnologia mo-bile significa meno tv; è per questo che marketing e pubblicità devono studiare e agire sui nuovi device, anche perché è il modo più effica-ce per raggiungere quei luoghi che oggi sono anche quelli strategici». (riproduzione riservata) Fabio Gibellino (Firenze)

Michele Tronconi Sopra, Pedro Lourenço

Sopra, Stephen Sadove e Mark Lee

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MF fashionIV giovedì 6 dicembre 2012

Moda e lusso. Due concetti che ormai rientrano pienamente nelle corde del Brasile, grande promessa per i brand stranieri del segmento luxury. Lo pro-

vano i dati delle vendite di prodotti di lusso in Brasile, cresciute del 45% tra il 2003 e il 2011 fino ad arrivare 2,3 miliardi di dollari. Ma, soprattutto, lo confermano le dinamiche di acquisto nel pae-se e di quella fascia di popolazione middle class che già rappresenta la metà dei 200 milioni di abi-tanti. «Le brasiliane amano fare shopping, sono innamorate delle griffe e della moda. Le occasioni mondane non mancano e, nonostante gli alti da-zi, non si fanno problemi a spendere. A patto però di trovare qualità, cura nel servizio al cliente. Che in Brasile significa allettare il cliente, accompa-gnarlo nella shopping experience e dimostrare di conoscere tutti i suoi gusti», come ha spiegato in quest’intervista a MFF Monica Mendes, presi-dente di Monica Mendes communication, che cura la comunicazione in Brasile di molte fra le principali griffe internazionali oltre a quella del-le fashion week locali. Come sta cambiando il mercato brasi-liano del lusso?Il primo ad aprire le frontiere ai brand luxury fu Daslu, il multibrand simbolo di San Paolo. Due an-ni fa le aziende straniere hanno cominciato a entrare

direttamente nel paese realizzando una rete di ne-gozi soprattutto a San Paolo e Rio de Janeiro. Solo San Paolo per intendersi catalizza qualcosa come l’80% del totale. Ma non basta aprire un paio di negozi per ottenere successo nel paese. Qual è il vademecum per le azien-de? Il mio consiglio principale è trovare perso-ne in loco, dal manager fino alle commesse dei negozi, che dimostrino di conoscere be-ne la storia del marchio che devono essere in grado di veicolare. Ma che conoscano al-trettanto bene anche la clientela. Come vengono percepiti i brand brasiliani? La moda in Brasile c’è sempre stata e il pae-se si è aperto al lusso straniero solo vent’anni fa. Perciò i brand carioca fanno parte della no-stra cultura e del sistema moda, dove peraltro il Brasile si sta impegnando con il rafforzamen-to delle fashion week. Non c’è poi il rischio di competizione tra i brand carioca e quelli interna-zionali perché i marchi «locali» possono contare su una presenza capillare nel paese. Il Brasile non è davvero solo calcio e Carnevale. C’è anche il lusso. Che continua a crescere. (riproduzione ri-servata)

Interviste/1

In Brasile il fashion va spiegato per beneAffidarsi a chi conosce il tessuto sociale verdeoro è decisivo per conquistare una nazione che comunque ama sempre più lo shopping, come ha spiegato Monica Mendes. Milena Bello

Il Brasile sta cambiando sempre più velocemente. Accanto ai famosi happy few, è nata una nuova classe sociale attirata dal mondo luxury. Un mercato interes-sante ma da affrontare con regole ad hoc data la sua

specificità. In primis, la concentrazione dello shopping in grandi città, soprattutto San Paolo. Grande potere d’acqui-sto e sentiment aspirazionale ma poca cultura di moda e del lifestyle di alta gamma. Una delle vie di successo? Dopo il marketing virale, il lusso virale. Come ha spiegato in un’intervista a MFF Cristian Bernardi, direttore sales and marketing per il Brasile del gruppo Tivoli, multinaziona-le alberghiera con 12 hotel in Portogallo e due in Brasile. E proprio il Tivoli hotel di San Paolo è uno dei fulcri del turismo da shopping.Si parlava del 5% della popolazione di ricchi e milionari. Come è cambiato il consumato-

re del lusso?Negli ultimi cinque anni questa piramide è cambiata in ma-

niera veloce. La classe A con il 5% della popolazione ora è miliardaria. La grande rivelazione è la classe media, chiamata classe BC che ora ha accesso al lusso, senza esservi mai stata esposta prima. La prima reazione è un comportamento bulimi-

co. Ma a differenza, ad esempio, del cliente russo attirato dallo status symbol, il brasiliano compra per status e per piacere. Il nuovo ricco compra la marca per mostrarla per potere e ricono-scimento ma con un lato ludico.Cosa rappresenta San Paolo?È la capitale economica del Brasile, non c’è nessuna altra città che si avvicini. È come New York per il resto degli Stati Uniti, la capitale del lusso per il Brasile e funziona come polo di attra-

zione per tutte le altre città. La forte immigrazione italiana è recente ma ha aiutato a modificare il consumo del paulistano, che è più raf-finato. Com’è il turismo di lus-so?Avviene soprattutto nel weekend. Sono solitamente persone dell’in-teriore o di altri stati, molto ricchi e molto complessati. Vengono da Goyas, stato vicino a Brasilia do-ve ci sono i proprietari terrieri. O dal Nordest, da Salvador in su. Quando arrivano in città, non c’è limite di spesa.Cosa comprano?Se un consumatore non ha mai avuto accesso al lusso, vuo-le scoprire e provare tutto. Comprano a prezzo pieno, non chiedono sconti perché voglio-no mostrare di poter comprare. Il brasiliano però non è presuntuo-so, sa di non sapere. Per questo la risposta a tutti gli eventi anche culturali è sempre ottima. Una delle prime sfide ad esempio è far comprendere che il benessere non è solo estetica, in un paese dove la cura del corpo è un’ossessione e anche la chirurgia estetica è norma-le. Abbiamo creato una Spa che infatti va oltre quei concetti consueti locali. Per educare. Lo stesso Tivoli di San Paolo è nato nel 2009 come hotel di lusso per i brasiliani. È un problema di comunicazione.Che linguaggio usare?È la vera sfida. La classe A è educata, vicina a un sensibilità europea. La nuova classe media BC è più difficile. Qui non si leggono molti libri o giornali, esiste un analfabetismo puro e un analfabetismo di ritorno. Il Brasile si ferma per le novelas del canale Globo. Sono nate delle riviste ma non si sa ancora che tipo di linguaggio verbale o visivo utilizza-re per captare attenzione. La grande sfida dei marchi di lusso è come raggiungere il consumatore. Che è impazzito per i social network, con una grande passione per la tecnologia. È un mercato che funziona per layers, per strati da colpire in modo attento uno per uno. Con un lusso virale. E bisogna affidarsi a chi conosce questa realtà.Come affrontare il Brasile?Il grande problema di chi viene qui a fare business, soprattutto ita-liano e francese, è che quello che funziona in Europa non è detto che funzioni qui. Quando si arriva in Brasile si ricomincia quasi da zero. È questa la vera sfida. (riproduzione riservata)

Stefano Roncato (San Paolo)

Interviste/2

LUSSO VIRALEPER VINCEREA SAN PAOLOChristian Bernardi di Tivoli racconta

le caratteristiche di un mercato dove il lato ludico fa la differenza

Un look Pedro Lourenço

MagazineFor

Living

w w w . m f f a s h i o n . i t

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CINA, COREA, GIAPPONE. UN COLLAGE ESTETICO MADE IN FAR EAST, PER DIPINGERE UN ORIENTE SEMPRE PIÙ ESTREMO

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L’hotel Tivoli di San Paolo

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MF fashion IIImartedì 18 dicembre 2012

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VI MFGS-Milano Fashion Global Summit

Convegni

Firenze porta in scena il nuovo lusso globale Dopo l’evento dedicato alla Cina lo scorso settembre, oggi l’MFGS-Milano Fashion Global Summit accende i riflettori su tre realtà fondamentali per i luxury goods: Usa, Giappone e Brasile. Grazie alle testimonianze di numerosi manager e personalità internazionali. Pagine a cura di Natalia Chebunina e Fabio Gibellino

Tre big per tre diverse dinamiche. Oggi a Firenze, nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, è di scena l’edizione 2012 del MFGS-Milano Fashion Global Summit,

evento organizzato da Class editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, Bank of America Merrill Lynch, intitolato «La conferma degli USA, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile». Dopo la Cina, protagonista del summit di Milano dello scorso autunno (vedere MFF dell’8 e dell’11 settembre), il nuovo MFGS ha cercato quindi di prendere in considerazione tre realtà fon-damentali per i luxury goods, che hanno costruito e che alimenteranno il mercato dell’alto di gamma. Così, dopo l’introduzione ai lavori che sarà affida-ta a Paolo Panerai (direttore e ceo di Class editori), Mario Boselli (presidente di Cnmi-Camera nazionale della moda italiana), Marco Morelli (vicepresiden-te Emea Gcib–Italy country executive di Bank of America Merrill Lynch Italy) e Gaetano Marzotto (presidente di Pitti Immagine), saliranno sul palco

i principali esponenti del mondo del lusso. Punta di diamante dell’edizione sarà Valentino Garavani, che dall’alto della sua formidabile carriera spiegherà co-me sta cambiando il mondo dell’haut de gamme. Ma non solo, perché allo stilista seguiranno altri pezzi da novanta dello stile, come Yves Carcelle, vicepresiden-te della Fondation d’Entreprise Louis Vuitton pour la Création, che farà il punto sul monogramma alla con-quista del mondo, o la maison Salvatore Ferragamo, che per bocca del suo ceo, Michele Norsa, racconte-rà il savoir-faire italiano alla conquista del mondo. E poi ancora Brunello Cucinelli, presidente e fonda-tore dell’omonima griffe, che illustrerà i segreti di un modello di impresa etica e responsabile, e Renzo Rosso, presidente di OTB-Only the brave, che svelerà i segreti di un modello di imprenditoria senza confi-ni. Mentre Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, parlerà di the Cal, iconico calendario che per l’edizione 2013 ha scelto proprio il Brasile come cor-nice alle sue immagini raffinate. La tornata del made in Italy avrà poi protagonisti Michele Tronconi (pre-

sidente di Smi-Sistema moda Italia), che parlerà dello scenario italiano del tessile, e Franco Penè (presiden-te e ceo della italo-giapponese Gibo) che discuterà su come possono convivere la produzione made in Italy e la creatività globale. Per la parte finanziaria del dibattito, invece, saranno di scena prima Lisa G. Clyde (head of Americas retail investment ban-king managing director di Bank of America Merrill Lynch), che illustrerà i cambiamenti del merca-to internazionale del lusso. Poi toccherà a Eno Polo (presidente Emea di Alpargatas), a Stefano Sacchi (ceo di Giuliano Fujiwara) e a Paola Durante (diret-tore di Investment banking division e Head of the corporate broking Italy di Bank of America Merrill Lynch) spiegare gli investimenti globali e il valore del brand. Mentre come approcciare i mercati del lusso sarà un tema affrontato da Luca Arnaboldi (senior partner di Carnelutti studio legale associato) e Chiara Altomonte (general manager di CONSEA executive search). I protagonisti del simposio invece, cioè Stati Uniti, Giappone e Brasile, saranno raccontati in pri-

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f a s h i o n

Tutti i protagonisti del MFGS 2012

Valentino Garavani

Chiara Altamonte

Stilista, fondatore dell’omonima casa di moda da cui si è ritirato nel 2008. Considerato tra i mag-giori creatori del mondo, celebre per il suo rosso e per aver vestito attrici, celebrities e icone mon-diali, è stato insignito dei titoli di Cavaliere di Gran Croce in Italia e Chevalier della Légion d’Honneur in Francia e riconosciuto con nu-merosi premi. In questi giorni è protagonista di una grande mo-stra a Londra, «Valentino: Master of couture» alla Somerset hou-se, che racconta proprio la sua maestria nell’universo dell’alta moda.

Laureata in psicologia all’Uni-versità degli studi di Torino, nel 2004 entra in Consea aprendo la prima filiale estera e iniziando il processo di intenazionalizzazione della società di headhuntig. Dal 2009 gestisce anche la nuova divisione Fashion&Retail, foca-lizzata nella ricerca di talenti nel settore della moda, in Italia e all’estero.

Avvocato, senior partner di Carnelutti studio legale asso-ciato. Si occupa di finanza nei settori lusso, immobiliare, me-dia. È tesoriere dell’American chambers of commerce in Italia dal 2010. Luca Arnaboldi è pro-fessore a contratto di diritto industriale e della concorrenza presso la LIUC, Università Carlo Cattaneo di Castellanza.

Luca Arnaboldi

Mario Boselli

Presidente della Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, ha cominciato la sua attività nel 1959 nell’azienda di antica tradi-zione serica del padre, la Carlo Boselli di Garbagnate Monastero. Oggi è il punto di riferimento per la moda italiana nel mondo, am-basciatore e nume tutelare del made in Italy, cura i rappor-ti internazionali della Cnmi e ha sviluppato una solida rete di lega-mi per le passerelle italiane.

È amministratore delegato di Fiera Digitale, società fonda-ta e controllata assieme a Pitti Immagine, con cui ha creato e lanciato e-Pitti.com. Ovvero ha trasportato nella realtà digitale la fiera toscana dando la possibilità ai singoli marchi di potersi rac-contare attraverso web-stand in grado di mostrare la collezione senza vincoli di tempo e di loca-tion. Il progetto ha raccolto grandi consensi di pubblico.

Francesco Bottigliero

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mis da Claudio Piovesana (associate publisher Europe, WSJ Magazine), che svelerà il merca-to del lusso negli Usa, Brasile e Giappone visto dal Wall Street Journal. Soprattutto ora che al di là dell’Atlantico non esiste più il consuma-tore puro di lusso: perché chi può permettersi di spendere mille dollari per un paio di stiva-li, infatti, vuole anche acquistare magliette a 20 dollari (fonte: American research centre affluenza). Quindi si aggiungeranno le espe-rienze di Mark Lee, ceo di Barneys New York e Stephen Sadove, anima si Saks. I due saranno protagonisti di un faccia a faccia sulla distri-buzione, due colossi a confronto per capire come questo ambito sta cambiando. Laddove per la fascia di gamma più alta, occorre forni-re un’esperienza legata anche ad aspetti propri dell’arte e del design, cioè qualcosa di unico. Perché il lusso esperienziale oggi vale il 55% circa dell’intero mercato mondiale ed è in ra-

pida crescita: il 50% più veloce (fonte: Boston consulting group Luxe Redux: Raising the bar for Selling of Luxuries, 2012). Quindi Pedro Lourenço (stilista) accompagnerà gli ospi-ti nell’avanguardia di moda che arriva dal Brasile, mentre Mônica Mendes (presidente di Mônica Mendes Communications) illustre-rà i confini potenziali del mercato brasiliano. Infine lo sguardo sul futuro, il nuovo mondo digitale tra fiere, musei ed entertainment, ver-rà dibattuto da Francesco Bottigliero (ceo di FieraDigitale/e-Pitti.com), Antonio Tomarchio (fondatore e ceo di Beintoo) e da Giancarlo Giammetti (Fondatore del Valentino Garavani virtual museum). Perché oggi l’online, secondo una ricerca di Altagamma–McKinsey observa-tory, vale il 3,3% del mercato del lusso globale e sta crescendo a un ritmo tre volte più rapido rispetto al totale del mercato del lusso perso-nale. (riproduzione riservata)

sul sito WWW.MFFAsHion.coM un Web AlbuM speciAle dedicAto

Ai MercAti del lusso: giAppone, stAti uniti, brAsile, russiA e cinA

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MF fashionVIII martedì 4 dicembre 2012VIII f a s h i o nMFGS-Milano Fashion Global Summit

Laureato in Scienze politiche all’U- niversità Cattolica di Milano, oggi è presidente di Smi-Sistema moda Italia. (riproduzione riservata)

Storico socio di Valentino Garavani sin dalla fondazione della maison valentino, ha fondato e creato il Valentino virtual museum.

Esperta nel settore delle pubbliche relazioni e communications strategy in Brasile, è presidente di Monica Mendes communications.

Insieme a Onward Kashiyama ha fon-dato la Gibo, di cui è anche presidente e amministratore delegato, specializ- zata in produzione moda deluxe.

Dal mese di aprile 2012, e dopo oltre un decennio trascorso in azien-da, è amministratore delegato della maison Giuliano Fujiwara.

Lisa G. Clyde

Paolo Panerai

Michele Tronconi

Pedro Lourenço

Managing director della divisione ban-king di Bank of America Merrill Lynch è anche responsabile in Italia del di-partimento di corporate broking.

Presidente di Pitti Immagine e del gruppo Santa Margherita, è anche vi-cepresidente di J.Hirsch & Co. Milano e figura nel cda di Zignago Vetro.

È ceo di Class editori Spa, da lui fon- data nel 1986. Oltre che azionista di controllo è anche direttore responsa- bile di tutte le testate giornalistiche.

Fondatore di Diesel è presidente del gruppo OTB-Only the brave, al quale fanno capo Maison Martin Margiela, Viktor&Rolf e Staff international.

Maggiore azionista, presidente e ad di Pirelli, è anche vicepresidente del Cda di Mediobanca-Banca di Credito Finanziario.

Mark Lee

Marco Tronchetti Provera

Eno Polo

Yves Carcelle

Michele Norsa

Renzo Rosso

Responsabile della divisione Retail in-vestment banking di Bank of America Merrill Lynch; ne presiede il Global di-versity committee Usa.

Ceo di Barneys New York dal 2010. In passato è stato dirigente da Gucci, Yves Saint Laurent, Jil Sander America, Giorgio Armani e Saks Fifth Avenue.

È vicepresidente EMEA e count-ry executive Italy di Merrill Lynch International-Milan branch e Merrill Lynch international bank.

Editore associato per l’Europa del Wsj magazine, la rivista sul lusso del Wall Street Journal, è anche diret- tore direttore vendite multimedia.

Laurea all’Hamilton College e MBA con lode presso la Harvard business school, è presidente e amministra- tore delegato di Saks incorporated.

Stephen Sadove

Mônica Mendes

Paola Durante

Franco Penè

Presidente e ad di Brunello Cucinelli e del Teatro Stabile dell’Umbria; è con-sigliere di Pitti Immagine Firenze e della Fondazione Altagamma.

Stilista brasiliano. Con un passato in-sieme ad Alber Elbaz da Lanvin; nel 2010 ha lanciato il suo brand. Ha col-laborato con Swarovski e Melissa.

Dal 2006 è amministratore delega- to e direttore generale di Salvatore Ferragamo. In precedenza aveva di- retto Valentino fashion group.

Dal 2008 è presidente di Alpargatas EMEA, responsabile del business di Havaianas e Dupé per Europa, Medio Oriente e Africa del Nord.

Laurea in ingegneria matematica al Politecnico di Milano e in Scienze dell’ingegneria a l’école centrale de Paris, è fondatore e ceo di Beintoo. Un look Pedro Lourenço

Giancarlo Giammetti

Marco Morelli

Claudio Piovesana

Antonio Tomarchio

Stefano Sacchi

Brunello Cucinelli

Gaetano Marzotto

Oggi è vicepresidente della Fondation d’enterprise Louis Vuitton pour la création. È stato presidente e ceo di Lvmh Fashion Group.

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MF fashion Ivenerdì 30 novembre 2012

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2013

Il Giappone mostra i muscoli

nemmeno uno dei più disastrosi terremoti della storia è ri-uscito a fermare il Giappone. Eppure quando l’11 marzo 2011 arrivò il sisma del Tohoku, seguito da uno tsunami che distrusse la centrale nucleare di Fukushima, il col-

po di grazia sembrava inferto senza pietà. E l’arcipelago del Sol Levante sembrava ormai destinato ad abbandonare il grande palcoscenico del mondo che conta, già provato da una profon-da crisi economica interna, quella del 2005, da quella planetaria del 2008 e a cui andava sommato un debito pubblico enorme. Invece nulla di tutto questo, perché la patria dei samurai, come aveva detto Armando Branchini, segretario di Altagamma: «Ha dimostrato una reattività incredibile, emozionale, psicologica e ricostruttiva. È riuscito in pochissimo tempo a mettere a posto i danni causati dalla tragedia come prima e meglio di prima». Ma non solo, perché, a fronte di un dramma nazionale non ancora del tutto risolto, stiamo parlando della radioattività nella zona di Fukushima, tre settimane dopo il disastro, anche i consumi d’alto di gamma riprendevano vigore contro ogni previsione. E a sot-tolinearlo sono proprio i dati che Altagamma e Bain&Company hanno presentato in occasione del 2012 Luxury goods worldwide market study. Numeri che raccontano di come il Giappone, do-po aver compiuto un piccolo balzo tra il 2010 e il 2011, segnando un passaggio da oltre 17 miliardi a 18 miliardi di euro, ha rispo-sto allo tsunami con una crescita superiore al 9% per un valore assoluto di 19,7 miliardi di euro. E di questo si parlerà al prossi-mo Mfgs-Milano fashion global summit che martedì 4 dicembre, nella cornice di Palazzo Vecchio a Firenze, analizzerà: La con-ferma degli Usa, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile (vedere altro box in pagina). Durante l’evento, l’evento organiz-zato da Class Editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera Nazionale della Moda Italiana e Bank of America Merrill Lynch, si parlerà di come il Giappone, nonostante tutto, rappresenti an-cora il 9% del valore globale espresso dal segmento dei luxury goods e di come Tokyo resti, sempre e comunque, una metropoli chiave per il mondo della moda, come hanno attestato le conti-nue iniziative che le griffe hanno dedicato alla capitale. Perché se è vero che il paese vale il 9% del mercato globale, i suoi abitanti, travel-shopper perfetti, e ne sanno qualcosa i duty free coreani, valgono ben il 14%. Certo, nel 1995 il loro peso specifico era al 31%, ma bisogna tenere conto di come nelle ultime due decadi, sul mondo si siano affacciati nuovi mercati e nuovi clienti, diluen-do inevitabilmente ogni sorta di percentuale. E ancor di più va tenuto conto di come non si stia parlando di un paese normale, ma di un arcipelago poco più grande dell’Italia ma con più del doppio degli abitanti, e che di fatto è ancora il secondo mercato per valore nell’alto di gamma, dove i suoi 19,7 miliardi di euro sono secondi solo ai 59 miliardi degli Stati uniti. Il tutto con poco più di un terzo della popolazione Usa e addirittura un decimo se il paragone è fatto con la Cina. Questa è la fotografia di un pae-se che è ancora oggi un mercato fondamentale per i bilanci dei player del lusso, ma che può riservare ancora molte sorprese. Come quella di tornare ai fasti del 2005-2008, quando l’arcipe-lago vale oltre 20 miliardi di euro, con punte oltre i 22 miliardi. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino

Il Sol Levante, colpito nel 2011 da una serie di calamità, ha rialzato la testa e continua a essere il punto di riferimento per il mercato mondiale dei luxury goods

la creatività avantgarde guarda sempre più a oriente overview

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Da Fast retailing a onward, tutti i colossi del fashion nipponico

Sono pochi gli attori davvero importan-ti nel frastagliato panorama moda giapponese. Pochi ma pesanti. I grup-pi, le holding della moda, infatti, so-no coloro che fanno la voce grossa. Al di là dei nomi più importanti, delle maison più acclama-te, il mondo fashion giapponese si muo-ve attraverso grossi gruppi di wholesale e retail, che hanno cre-ato col tempo un sistema stabile e che ha avuto successo anche in terra Occidentale. Mediante acquisizioni intelligenti e mo-vimenti mirati. Il nome che guida la lista è quello di Fast retailing, compagine che controlla tra gli altri anche il colosso del fast fashion Uniqlo (nella foto un adv). Un gigante della moda, che vanta al suo interno anche Comptoir des cotonniers, Helmut Lang e Theory, solo per citarne al-cuni. Nell’anno chiuso ad agosto 2012, il gruppo ha superato gli 11 miliardi di dolla-ri di vendite, attestandosi come una delle super potenze dell’estremo oriente, che ie-ri ha annunciato di aver acquisito un altro piccolo gioiello made in Usa: il marchio J Brand (vedere altro articolo a pagi-na II). Di diverso valore, o almeno, che si è mosso su strade differenti è la Onward holding. Nota in Europa per l’acquisizio-ne di Jil Sander nel settembre del 2008, accompagnata dalla sua sussidiaria euro-pea, la Gibo co. spa, Onward è tra i nomi più in forma del panorama moda giappo-nese. La chiusura di esercizio di febbraio 2012 riporta quasi 3 miliardi di dollari di vendite. Altro nome con interessi, alme-no in passato, in Europa è Renown. Negli anni 90, il marchio era proprietario di Aquascutum. Ora, le acque non sono più così tranquille: la chiusura dell’anno 2011 segna un rosso di quasi mezzo milione di dollari. Questo nonostante l’acquisizione del 40% delle quote da parte del gruppo cinese Shandong Ruyi nel 2010, per cer-care di salvarla dal periodo non felice che il gruppo stava attraversando. Più picco-la, ma con grandi potenzialità di sviluppo, la World co. ltd. I marchi che gestisce sono più che altro locali, con una distribuzione consolidata attorno al Giappone, occu-pandosi direttamente sia di retail che di wholesale. Il suo risultato 2011 è un utile consolidato di 143 milioni di dollari. (ripro-duzione riservata) Matteo Zampollo

protagonisti

La moda volge con più attenzione il suo sguar-do verso Oriente. Ed è proprio la terra del Sol Levante a ospitare dal 2005 e per due volte l’an-no, a marzo e a ottobre, uno degli appuntamenti più importanti per il Giappone, la Mercedes-Benz fashion week Tokyo. Che ha portato in passerella lo scorso mese di ottobre oltre 30 marchi di prêt-à-porter e un carnet di eventi so-cial oltre a sostenere, come di consueto, una nuova generazione di talenti nipponici a livello internazionale. Un paese in continuo fermen-

to, grazie alla creatività dei designer dei brand come Facetasm, Beautiful people, Dresscamp, Fur Fur, Whiz Limited, Etw Vonnegvet ed Everlasting Sprout. In una carrellata di col-lezioni dedicate alla primavera-estate 2013, che hanno accesso i riflettori su tre nomi ma-de in Japan. Occhi puntati sul marchio Alice Auaa, nato nel 1995 con lo stilista Yasutaka Funakoshi, grazie alla sua visione avantgar-de, a metà tra fiaba e decadentismo (nella foto un look primavera-estate 2013). Sotto le luci

hanno marciato creature animate arrivate di-rettamente dal mondo di Alice in wonderland, riletto in chiave gotica e vicino alla visione di Tim Burton. Che ha preso forma nelle regine nere avvolte negli abiti scultorei, nei coat de-strutturati, nelle crinoline destroyed, nei pizzi e accostamenti black & white fedeli all’ultimo decennio dell’800. Dal 1993 anche Ato entra nel girone fashion, per approdare nel 2000 al-le passerelle di Parigi. Il marchio fondato dal nipponico Ato Matsumoto si è contraddistinto

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Bpi-Beaute prestige international prosegue nello sviluppo serrato dei pro-dotti derivanti dalle quattro licenze in portafoglio, Jean Paul Gaultier, Issey Miyake, Narciso Rodriguez e, ultimo arrivato due anni fa, Elie Saab. Il tutto mentre si avvicina il probabile termine della liaison per la

produzione e la distribuzione delle fragranze firmate dalla maison dell’ex enfant prodige d’Oltralpe, partnership iniziata nel 1990, alla naturale scadenza a metà 2016 e che presumibilmente andrà in house allo spagnolo Puig, dal 2011 posses-sore del 45% della griffe. Un vuoto che i vertici si preparano a colmare in tempo con la ricerca di un nuovo partner che risponda alle esigenze e alle modalità di creazione dell’azienda franco-nipponica, con base a Parigi ma che finanziaria-mente riporta alla nipponica Shiseido, azionista unico Bpi. Come ha raccontato in questa intervista a MFF Rémy Gomez, ceo worldwide del gruppo da 470 mi-lioni di euro di fatturato. il vostro portafoglio fragranze è costituito da quattro mar-chi molto differenti tra loro. Sono stati scelti per soddisfare ogni tipo di target?Non si tratta semplicemente di una strategia consumistica. I criteri di scelta porta-no all’interno del portafoglio licenze soggetti non in concorrenza tra loro. Questo vuol dire stringere legami con partner non in conflitto per quanto riguarda mer-cato, creatività, stile e posizionamento, sviluppandone il business in maniera diversa. Il rapporto che si viene a creare tra il mio gruppo di management e l’equipe dello stilista è di affectio societatis, che non è solo vo-lontà di essere soci, ma volontà creativa, un piacere e una fiducia di lavorare insieme per offrire un pro-dotto ma soprattutto un’esperienza unici. Un rapporto emozionale, perché ciò che è in grado di creare gioia, produce fatturato. Nel 2012 il giro d’affari del gruppo si è attestato intorno ai 470 milioni di euro, in cresci-ta del 10% rispetto l’anno precedente, con Francia, Germania, Spagna, Italia e Inghilterra in testa. Negli Stai Uniti le performance sono migliorate negli ulti-mi tre anni, e andiamo bene anche in Medio Oriente e Russia. Mentre l’Asia non rappresenta al momen-to per noi una priorità, in quanto propone un mercato profumi ancora poco sviluppato.Qual è il link che si instaura nella fase di creazione?Stiamo parlando di una vera e propria co-creazione atti-va. Tra le due parti esiste un rispetto mutuale profondo, che sopravvive giorno dopo giorno in un dialogo co-mune. L’obiettivo si raggiunge nel momento in cui, all’interno del prodotto, non è più distinguibile chi ha fatto cosa. La voce diventa una, la storia si fa comune, ed ecco che il sogno si materializza. Proprio per la fede in questo processo relazio-nale, la ricerca di nuovi mondi al quale legarsi diventa molto esclusiva.nel 2016 scadrà il contratto di licenza con jean paul Gaultier. puig porterà in house la produzione?La probabilità è alta. Quella di Jean Paul Gualtier è per noi una licenza molto importante, sicuramente non sostituibile nel proprio territorio di espressione. Ci impegneremo a farlo invece in termini di business. La ricerca riguarderà brand di largo appeal e con un posizionamento alto, capaci di un potenziale internazionale e con una bella presenza in Europa, che siano forti almeno in un altro continente. E, non da ultimo, che abbiano una storia, un immaginario e un mercato che non entri in collisione con i brand già in portfolio. Nella nostra storia non si era mai giunti al termine di un rapporto: ma strutturalmente questa è la vita delle licenze. I risul-tati ottenuti negli anni hanno comunque dimostrato la nostra credibilità, il nostro particolare know how e una ricezione creativa che permettono ai nostri partner di risplendere nel mondo piuttosto noioso della profumeria moderna.Quali sono le novità per elie Saab, narciso rodriguez e issey miyake? Per Elie Saab, ultimo arrivato in ordine temporale, è in programma un’estensione nella gamma dei prodotti. Data la recente nascita, la fragranza è ancora in fase di crescita e sviluppo. Dopo la prima concentrazione, l’eau de parfum, pochi mesi fa è stata lanciato in Europa l’eau de toilette, mentre per l’anno prossimo è pre-vista l’espansione verso un’ulteriore diversificazione di concentrazioni. Narciso Rodriguez rappresenta, ancora dopo più di otto anni dal lancio, una case histo-ry di vendite, in continuo aumento. Infine, anche per l’Eau d’Issey di Miyake, a 20 anni dalla nascita della prima fragranza, continueranno le variazioni olfatti-ve. Inoltre, appena due mesi fa è stato presentato in Francia e Spagna un nuovo femminile, questa volta completamente diverso, ispirato alla moda dello stilista giapponese, Pleats please.avete pensato di investire in altre categorie beauty?Le nostre due esperienze, il make up per uomini firmato Jean Paul Gaultier e lo skin care di Issey Miyake, rappresentano prodotti derivati più che linee autono-me. La priorità di sviluppo, va sicuramente al nostro core business: le fragranze. (riproduzione riservata) Elisa Rossi

Interviste

BpI cREScE a 470 MILIonIla società beauty, che fa capo alla giapponese Shiseido, continua a svilupparsi grazie ai profumi deluxe

Il profumo Classique di Jean Paul Gaultier

«Se pensassi solo ai vestiti, la mia mente sarebbe troppo ristret-ta». Forse mai una frase ha così ben riassunto la filosofia che c’è

dietro a un brand. Rei Kawakubo è la men-te, assolutamente non ristretta, e l’anima del marchio Comme des garçons. Di più, è sua fondatrice e amministratrice, assieme al marito Adrian Joffe, ceo della maison/gruppo. Una realtà fondata ormai quasi 40 anni fa, ma a cui la desi-gner aveva già iniziato a lavorare nel 1969. Da allora, Comme des garçons ha rappresentato l’eccel-lenza del design jap, prendendo sotto la sua ala anche il marchio Junya Watanabe, il quale col-labora in prima persona anche alla creazione di alcune linee targate Cdg. Ma oltre ai vesti-ti, additati da più designer come tra le creazioni più visionarie e accattivanti dell’intero panora-ma moda, Comme des garçons si è saputa costruire negli anni un alone di interesse e coolness, anche ge-stendo nel migliore dei modi la struttura del marchio. Un business famigliare, per un fattu-rato che nel 2007 (da dichiarazioni dello stesso Adrian Joffe) si attestava attorno ai 180 milioni di dollari. Una rigidità assoluta, ma necessaria, di cui Rei Kawakubo è direttamente respon-sabile. E grazie alla quale ha saputo battere sul tempo tutti i colossi del lusso del mondo Occidentale. Con decenni di anticipo, infat-ti, ha saputo racchiudere sotto il suo ombrello marchi e linee differenti, gestire i monomar-ca, i concept store e affrontare tutta una serie di trovate business che hanno saputo fare la

differenza col tempo. Inconsapevolmente, pare. «Non so cosa sia il marketing», aveva dichiarato Adrian Joffe in una recente intervi-sta a MFF. Pionieri inconsapevoli, quindi. Con una ventina di marchi differenti, tra quelli dise-gnati dalla stessa Kawakubo, quelli diretti da Junya Watanabe, quello (dopo la sospensione dell’etichetta Tao, avvenuta l’anno passato,

ndr) curato da Tao Kurihaera e le linee accessori. Un ma-re di collaborazioni, da Nike ad H&M, da Louis Vuitton a Fred Perry e Lacoste. E ulti-ma quella firmata con Hermès (vedere MFF del 27 novembre), che porterà a unire i due marchi in una collezione di sciarpe limi-ted edition chiamata a marchio Comme des carrés. In più, i propri negozi, su tutti il Dover street market a Londra, mul-tibrand cool diventato meta di pellegrinaggi per shopping ad-dict. Oltre ai Guerrilla shop, anticipatori dei pop-up store hi-

gh fashion, aperti dal 2004 in poi un po’ in tutto il mondo. E poi il magazine, Six, uscito tra il 1988 e il 1991, e ora tramutato in un’app per iPad (vedere MFF del 2 novembre), col nome di Moving six. Un universo illimitato e in continua espansione. Che sembra avere un solo modo di finire. Quando Rei Kawakubo di-rà basta, allora si fermerà anche Comme des garçons. Ma il team, come da più parti hanno fatto sapere, continuerà a esistere. Anche per-ché, tutta l’energia visionaria, tutta la tensione creativa che regge la maison non si può tro-vare in altri luoghi. Ma soltanto nella testa di Kawakubo sensei. (riproduzione riservata)

Big player

Il pensiero globale di Comme des garçonsIl marchio di Rei Kawakubo e di Adrian Joffe rappresenta l’eccellenza nipponica. Che crea un lifestyle doc utilizzando la moda come un mezzo per sviluppare, inconsapevolmente, pionieristiche idee di fashion marketing. Matteo Zampollo

overview

Dossier mFGS 2012_Giappone IV

da sempre per il suo appeal giovane e fresco, lega-to a una sartoria dal tocco urban. Che viaggia con boys in passerella muniti di zaini in raso e comode sneakers, nelle giacche a intarsi scamosciati e nel-le camicie in seta, nei giubbini e nei pants dal taglio morbido. Ravvivati dai colori sabbiati, lilla, ama-ranti e turchesi. L’eleganza si fonde invece con l’arte da Fur fur, il marchio disegnato da Koichi Chida. Abiti superlight diventano tele dipinte da effetti acquerellati. Un inno alla leggerezza, di spi-rito e di stile. Che sottolinea la necessità di un contatto con la natura e con l’essenza più profon-da dell’essere umano nella cultura metropolitana di oggi. (riproduzione riservata) alice Merli

Sopra, Rei Kawakubo

Negli Stati Uniti non esiste più il consumatore puro di lusso: chi può per-mettersi di spendere mille dollari per un paio di stivali, infatti, vuole anche acquistare magliette a 20 dollari. Questa tendenza sta influenzando la do-manda di beni di moda e di lusso negli Usa, dove ora la partita si gioca tutta sul cross shopping, dai jeans ai diamanti. Con l’obiettivo di conquistare sem-pre più quote di un mercato stimato in 11,4 milioni di famiglie della fascia definita affluent e in 1,4 milioni di famiglie, considerando la parte ultra ric-ca. È quanto emerge dallo studio sulle nuove frontiere dello shopping che il The Wall Street Journal presenterà martedì 4 dicembre a Firenze, in occasio-ne dell’MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, l’evento organizzato da Class Editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera Nazionale della Moda Italiana e Bank of America Merrill Lynch.

Ricerche/Gli usa scelgono il cross shopping

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Stati Uniti, la vera Mecca dei luxury goods La Cina è sulla bocca di tutti ma intanto l’America vale il 27,8% del mercato e fra il 2009 e il 2012 è passata da 41,8 a 59 miliardi di euro di prodotti di lusso acquistati

le designer-celebrity ridisegnano il fashion system americano overview

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rosen, l’imprenditore che sogna di diventare l’arnault d’america

Andrew Rosen (nella foto a si-nistra) è uno di quei nomi che in Europa si igno-rano, a patto di non essere de-gli addetti ai lavori nel seg-mento del lusso. A casa sua in-vece, negli Usa, quel nome ha un suono specia-

le, tanto da aver condotto la famigerata Anna Wintour, potente direttore di Vogue America, a dire di lui: «In questo paese non abbiamo un Gucci o un Lvmh, ma a modo suo Andrew sta cercando di creare qual-cosa di simile anche qui». D’altronde in Rosen, emulo di François Henri Pinault o di Bernard Arnault, la moda scorre nelle vene. Suo padre Carl infatti era proprie-tario di una grande sartoria a New York. Alla guida dell’attività di famiglia dal 1982, il suo primo vero passo è avvenu-to nel 1997 quando insieme a Elie Tahari ha fondato Theory (sotto un look della li-nea Theyskens’ Theory). Marchio che, grazie alle sue geometrie confortevoli e li-neari e all’utilizzo in massa di fibre come la Lycra, conquistò in breve tempo il mer-cato americano e, soprattutto, nel 2003 le attenzioni di Fast retailing, già proprieta-ria di Uniqlo, che ne ha acquistato l’89% delle quote per poi salire al 100% due anni dopo. Oggi Rosen è an-cora presidente di Theory (700 milioni di dollari di fatturato pari a circa 540 milioni di euro), che nel frattempo (era il 2005) ha acquistato Helmut Lang da Prada. Ma possiede anche il controllo di una manciata di marchi del-la moda a stelle e strisce tra cui Proenza Schouler, acquisita nel 2011 da Permira, Rag & Bone, Alice+Olivia, Griphon, Kiki de Montparnasse e Aiko. Ma soprattut-to è riconosciuto come un talent-scout il cui so-gno è quello di riportare a New York city anche la produzione della moda e non solo gli uffici stile. (riproduzione riserva- ta) Fabio Gibellino

protagonisti

Victoria Beckham, Mary-Kate e Ashley Olsen, ma anche Katie Holmes. Da celebrità a designer di moda il passo è breve, ma negli ultimi tem-pi anche sempre più credibile. E dimenticati gli esperimenti disastrosi, e spesso semplicemen-te mass-market, delle linee moda firmate da Jennifer Lopez, Madonna e Gwen Stefani, arriva alla ribalta una nuova generazioni di creative ce-lebri consacrate da stampa e buyer internazionali. «Quando questi volti noti si sono affacciati al-la moda, era in fase discendente la tendenza delle stiliste-star, naufragate con i loro progetti fashion.

Per questo motivo gli addetti ai lavori erano scetti-ci inizialmente. Ma oggi nomi come Beckham o le Olsen sono la nuova linfa vitale del sistema delle sfilate newyorkese», ha raccontato a MFF Linda Fargo, vicepresidente del visual merchandising di Bergdorf Goodman. Non è un caso se dopo aver mandato sold out nei negozi la sua collezione di abbigliamento e accessori, Victoria Beckham (fo-to 01) è stata insignita lo scorso anno del premio designer brand 2011 all’interno dei Bfa-British fashion awards, organizzati dal British fashion council. Stesso registro per le gemelle più famo-

se d’America, Mary-Kate e Ashley Olsen, (foto 02) osannate dai department store per la loro linea The Row, premiate dalle vendite degli ac-cessori blockbuster e nominate dal Cfda-Council of fashion designer of America come Best wo-menswear designer of the year nel 2012. Per un incredibile connubio di moda avante-garde e sen-so del business. Dopotutto, le biondissime sorelle sono a capo di un impero da 1,5 miliardi di dollari di fatturato annuo, dove al vertice si trova la col-lezione divertissement che però fa sul serio, The Row, e alla base la linea per bambini Mary-Kate

Va bene, la Cina è sulla bocca di tutti, è costantemente sotto i ri-flettori dei media e tra i sogni degli attori del mondo del lusso è quello più d’oro. C’è un però. La Cina sarà anche la gran-de manna dal cielo ma non è ancora (e ci vorrà ancora un

bel po’ di tempo prima di esserlo e se mai lo sarà), il più grande e im-portante mercato del luxury goods. Prima di lei ci sono gli Stati Uniti che senza tanti clamori, esclusi i servizi di costume sul black friday, rimangono l’unica vera piazza in grado di determinare il successo, la sopravvivenza o la morte commerciale di un vero big player. Tanto per mettere le cose nero su bianco, e con l’aiuto dei dati prodotti da Altagamma e Bain&Company per il 2012 Luxury goods worldwide market study, si scopre che al di là dell’oceano Atlantico il mercato va-le da solo il 27,8% dei 212 miliardi di euro che tutto il mondo porta nelle casse delle maison (inteso come beni di lusso personali). Il che, tradotto in numeri assoluti, significa una cifra che per il 2012 è stimata in 59 miliardi di euro. Ma non è solo questo; perché il dato veramente più interessante, soprattutto visti i tempi, è che quello americano è un mercato in forte cre-scita e che per l’anno che sta per concludersi porterà con sé una variazione sull’anno precedente in positivo del 13%, bissando così il +10% del 2011, per un totale di oltre 53 miliardi di euro, cioè il 27,6% del totale worldwide. E se questi numeri sono incredibili, ancora di più lo diventano se si analizza il valore di crescita del mercato a stelle e strisce partendo dall’anno horribilis 2009, quando il lusso, dalle parti di Washington, si era fermato a 41,8 miliardi di euro. Oggi, quattro anni più tardi, il volume stimato toccherà i 59 miliar-di di euro, per un differenziale di ben 17,2 miliardi di euro, cioè molto più dei 15 miliardi del valore che la Cina registrerà al 31 dicembre di quest’anno. Il progresso è stato notevole, repentino e figlio dello spirito americano. Perché dopo le crisi di Wall Street il sistema, pragmaticamente, si è organizzato, siste-mato e a ricominciato a camminare. Così nel 2010 il balzo in avanti vale già 6,3 miliardi, nel 2011 si aggiungono altri 4,5 miliardi e quest’anno, in previsione, ce ne saranno altri 6,2 di miliardi. D’altronde si sta parlando del paese in cui la sua città simbolo, New York, da sola varrà, a fine esercizio, circa 20 miliardi di euro, questo perché gli americani non sono tanto un popolo di spendaccioni, quanto gli Usa sono una nazione in cui ci si va anche per comprare. Infatti, se il merca-to vale il 27,8% del totale mondiale il peso specifico degli americani sugli acquisti arriva solo al 20%, cioè 42,4 miliardi di euro, compresi quelli effettuati all’estero. I restanti 16,6 miliardi provengono dunque dai turisti internazionali che, oltre al-la Grande Mela, guardano soprattutto alla Florida, alla California e alle Hawaii come mete dello shopping, da effettuare nei grandi department stores. In conclu-sione, nonostante l’Europa sia attanagliata da crisi e incertezze, negli Usa ci sono liste d’attesa per i capi più esclusivi, come nel caso dell’abito di paillette da 9 mila dollari firmato Chanel da Nordstrom, e i grandi magazzini esauriscono le scor-te degli oggetti cult, come la Bianca di Christian Louboutin da Neiman Marcus. Questa è l’America. E anche di questo si parlerà al MFGS-Milano fashion global summit 2012; intitolato La conferma degli Usa, il ritorno del Giappone e la promes-sa del Brasile andrà in scena martedì 4 dicembre nella cornice di palazzo Vecchio a Firenze. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino

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la donna più potente del mondo del-la moda secondo la rivista americana Forbes. Diane Von Furstenberg, classe 1946, scalza di ben 18 po-

sizioni il temutissimo direttore di Vogue America Anna Wintour, ferma solo al 51° posto nella classifica delle personalità più in-fluenti, e si aggiudica il primato nel fashion system. Belga di nascita, cittadina del mon-do per definizione, Diane ha vissuto 100 vite, tra il matrimonio con il principe Egon Von Fürstenberg, passando attraverso le not-ti scatenati allo Studio54, ai successi del suo wrap dress. Fino al ruolo di presidente del Cfda-Council of fashion designers of America ricoperto dal 2006. Una vita al po-tere, la sua, raccontata a MFF nel backstage della sua ultima sfilata newyorkese. come si finisce nella classifica delle per-sonalità più potenti di Forbs? Non lo chieda a me... non lo so davvero! Nella vita spesso non sai dove stai andando fino a quando non ci sei arrivata. Io la mia vita l’ho vissuta giorno per giorno, scegliendo quello che mi sembrava giusto fare in quel determinato momento. Avere istinto e seguirlo spesso è l’unica scelta da fare.È ancora difficile per le donne arrivare al potere?Assolutamente sì. O almeno per quanto riguarda posizioni alla luce del sole, perché spesso le donne

detengono il potere, ma è più facile farlo nell’om-bra. Ci sono alcune cose che non cambiano mai, e il vedere in maniera diffidente una donna al potere è una di queste.Qual è il traguardo più ambizioso che ha raggiunto?Spesso alcune persone ferme solo all’immagine esterna mi dicono: «Sei una donna forte, un model-lo di riferimento per tutti, hai successo, popolarità, una buona posizione economica». Ma sono certa che il successo più grande di tutti sia la mia famiglia. E questo è un traguardo che nessuna classifica può ana-lizzare, forse per tale motivo è ancora più prezioso. (riproduzione riservata)

Interviste

von Furstenberg, potere alle donneStilista di successo e numero uno del Cfda, la designer è entrata nella classifica di Forbes tra le donne più influenti del mondo. «Ho scelto di vivere la mia vita giorno per giorno». Fabio Maria Damato

per bLACk FriDAy e Cyber MonDAyil 57,7% degli americani che hanno partecipato al venerdì di vendite ha acquistato un capo di moda

Forse gli analisti si aspettavano di più, ma alla fine il black friday 2012 è stato ancora una volta il motore delle vendite pre-nata-lizie. Questo perché 89 milioni di americani si sono riversati nei negozi di tutto il paese alla ricerca dell’affare, 3 milioni in

più di quanti lo avevano fatto lo scorso anno. Poi tra questi, il 57,7% (51,4% nel 2011) ha scelto di compare un capo di moda o un acces-sorio, soprattutto cashmere e capospalla, mentre il 15,2% (13,8%) ha optato per le gioiellerie. Questi sono i dati forniti dalla National retail federation che nel computo dello scorso weekend lungo (le promo-zioni erano iniziate giovedì, ndr) ha ratificato in 59,1 miliardi di dollari la somma che i 247 milioni di americani scesi in strada hanno lasciato nei registratori di cassa di boutique e grandi magazzini. Una cifra che è cresciuta del 13% rispetto a quanto ottenuto l’anno scorso ma, co-me hanno sottolineato alcuni analisti, più bassa del +16% che il 2011 aveva catturato sul 2010. Aspettative che, ad onor del vero, non hanno tenuto conto di Sandy, l’uragano che poche settimane fa aveva mes-so in difficoltà New York e parte della East coast, ferendo quella parte d’America generalmente più propensa all’acquisto. Quello che inve-ce ha destato maggior interesse è stato il grande passo compiuto dagli acquisti online, che grazie ai 57,3 milioni di internauti sono cresciuti del 26%, tanto da superare, per la prima volta nella storia, il miliardo di dollari nel solo Giorno del ringraziamento, secondo le stime forni-te da CamScore. Record che però è ancora saldamente nelle mani del Cyber monday che nella sua edizione 2012 ha chiuso con vendite per 1,63 miliardi di dollari, cioè il 30,3% in più di quanto fatto 12 mesi fa. E questa volta gli analisti, che avevano fissato l’asticella a un miliardo e mezzo di dollari, saranno decisamente soddisfatti. (riproduzione ri-servata) Fabio Gibellino

Shopping

Un 2012 reCorD

overview

Dossier mFgs 2012_usa V

and Ashley prodotta e distribuita da Macy’s, Olsenboys etichetta mass market in collabo-razione con J.C. Penney e la label di enorme successo per ragazzi, Elizabeth and James, po-sizionata nel mid-market. E se non dovesse bastare, a fare il suo debutto super-blinda-to con un mini-show riservatissimo durante la scorsa New York fashion week, arriva l’ex si-gnora Cruise, Katie Holmes (foto 03). Pronta a prendere il timone creativo, in tandem con l’amica stylist Jeanne Yang, di Holmes & Yang, già forti di una collaborazione con il marchio di pelletteria alto di gamma Valextra. (riproduzione riservata) Fabio Maria Damato

Sopra, un grande magazzino Usa durante il black friday

Qui sopra, tre look Diane Von Furstenberg primavera-estate 2013 dal backstage della sfilata. In alto, la stilista insieme a Sarah Jessica Parker

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MF fashionVI venerdì 30 novembre 2012

U n focus a 360 gradi sul retail in-ternazionale e una strategia ad hoc basata sul rafforzamento del canale e-commerce. Stuart

Weitzman ha tracciato con decisione le di-rettrici di sviluppo per il proprio futuro. Il brand di calzature di lusso che fa capo alla statunitense Jones group aprirà un centi-naio di negozi nel mondo, che andranno a più che raddoppiare l’attuale network di 85 boutique, tra monomarca e shop in shop. A partire da 50 store in Cina e nel Sudest asiatico, insieme a un nuovo monomarca italiano che aprirà i battenti a Milano en-tro la fine del prossimo anno. «Il nuovo spazio di via Sant’Andrea a Milano è uno step fondamentale dei nostri piani di svi-luppo. Triplicheremo la nostra area rispetto alla location di via della Spiga. Con il lus-so di avere una vetrina in uno dei luoghi più ambiti, mostreremo prodotti esclusi-vi e avremo più spazio per creare una top location», ha raccontato a MFF il vicepre-sidente del marchio Wayne Kulkin. «Non abbiamo un piano preciso di quanti punti vendita apriremo. Questo dipende da ciò che è meglio per il marchio e dai miglio-ri servizi che possiamo creare per il nostro cliente, ma pensiamo di arrivare a un tota-le tra 75 e 100 negozi monomarca e shop

in shop nei prossimi tre anni». Un proget-to audace per l’azienda di calzature deluxe, che verrà accelerato dal canale e-commer-ce, in questo momento ai primi posti negli obiettivi del marchio. «Possiamo migliora-re il nostro brand grazie a mirate strategie

tecnologiche», ha continuato Kulkin, «l’e-shop è sicuramente il gemello siamese del retail off-line. E il suo punto di forza è pro-prio quello di non avere orari e limiti, dal momento che può raggiungere un’enor-me porzione di popolazione che non ha la possibilità di acquistare nello store o nello

shopping mall vicino a casa». Il canale in-terattivo è infatti appena sbarcato in Europa ed è pronto a toccare l’Asia nel 2013. «Il nostro obiettivo è quello di offrire un’am-pia scelta di prodotti su tutto il territorio europeo in oltre 50 paesi e in 5 lingue di-

verse, per poter collegare più consumatori. Grazie all’on-line possiamo anche raccon-tare la storia della nostra azienda e creare una comunità globale nei forum dei social media». Un percorso guidato dalla passione e dalla creatività del fondatore e designer Stuart Weitzman che ha sempre studia-

to un prodotto legato non solo al design, ma soprattutto alla comodità stylish. «In generale, ho sempre pensato che una scar-pa deve farti sentire a proprio agio, perché stai indossando qualcosa di speciale che non è solo stile ma anche comodità a tutti

gli effetti», ha aggiunto lo stilista. Una filosofia condivisa dal vice-presidente Kulkin, salito alla guida dell’azienda lo scorso agosto. «Al primo posto della nostra impresa c’è un’estrema cura nel realizza-re un prodotto dinamico con un alto contenuto stilistico, che sap-pia unire un’attenzione hi-tech a comfort e vestibilità», conferma il manager. Quanto all’andamen-to economico: «Il nostro business continua a crescere a doppia cifra anno su anno, ma c’è sicuramente da parte nostra un atteggiamento più cauto. Cercheremo di trovare un giusto prezzo finale da offrire

al consumatore». Nel prossimo futuro, infi-ne, c’è una top celebrity: «Sto collaborando con una della più importanti star al mondo, questo contribuirà a fortificare l’immagine del marchio e a rendere la nostra maison an-cora più forte», ha poi concluso Weitzman. (riproduzione riservata)

Interviste

Stuart Weitzman verso 100 openingIl marchio di Jones group punta a più che raddoppiare l’attuale rete di 85 monomarca e shop-in-shop. Nuove vetrine anche a Milano. Intanto si espande l’e-commerce nel mercato europeo, come hanno spiegato il designer e il vicepresidente Wayne Kulkin in questa chiacchierata a due voci. Alice Merli

Dossier MFGS 2012_UsaVI

Da sinistra: Stuart Weitzman, Wayne Kulkin e un modello del brand

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MF fashion Ivenerdì 30 novembre 2012

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Il Brasile cresce veloce

solido, silenzioso e con un unico grande difetto. Il Brasile sta lasciando la categoria di mercato emergente per passare al gradino superiore. Dove la novità lascia lo spazio alla cer-tezza e dove la crescita non è più una lieta sorpresa di fine

anno, ma una voce di bilancio sulla quale contare già da gennaio. D’altronde stiamo parlando di un paese che, nonostante le revi-sioni al ribasso del suo pil 2012 a +2,5%, continua comunque a crescere, e nel 2013 tornerà persino a correre. Perché secondo le stime del Fondo monetario internazionale la sua economia com-pirà un balzo in avanti del 4,5%. Lo farà perché il paese è ricco di risorse naturali, perché può contare su un’industria agro-alimentare in continua espansione, favorita anche da clima e dimensioni del territorio, sulle nuove scoperte di giacimenti di gas e petrolio, che a oggi ne fanno il nono produttore mondia-le di greggio, e su un’industria manifatturiera che continua a espandersi. Non c’è quindi nulla da stupirsi quando si sco-pre che oggi il Brasile ha superato la Gran Bretagna al sesto posto tra le nazioni più industrializzate del mondo e, non so-lo, sta persino mettendo la freccia per scalzare la Francia dalla quinta posizione. Anche di questo si parlerà al prossimo MFGS-Milano fashion global summit 2012 che, nella cornice di palazzo Vecchio a Firenze, sarà intitolato La conferma degli Usa, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile. Si discuterà, per l’appunto, di come il gigante sudamericano stia diventando sempre più un riferi-mento per il segmento dei luxury goods. Non a caso, Mauro Ponzé, capo di Coletivo Frescobol, nel corso di un convegno organizzato da Smi-Sistema moda Italia in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e l’agenzia per la Promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle im-prese italiane, aveva snocciolato numeri per «26 miliardi di euro di consumi di abbigliamento nel 2010, 30 miliardi nel 2011 e 32 alla fine di quest’anno. Le stime degli addetti ai lavori sul mercato della moda in Brasile sono da ca-pogiro». Dati ancor più interessanti se si considera che il 30% dei consumi di abbigliamento è concentrato in 27 città, che oltre il 50% della popolazione è di età compresa tra gli 11 e i 44 anni, con un’età media di 28 anni, e che no-nostante la ancora forte diseguaglianza, negli ultimi dieci anni la metà dei brasiliani meno agiati ha visto il proprio reddito crescere del 68%. Il tutto considerando una popolazione di circa 190 milioni di abitanti: «105 milio-ni dei quali ora appartenenti alla classe media», aveva sottolineato Michele Tronconi, presidente di Smi. Uno scenario che si traduce per il mondo del lusso in 155 mila milionari, cioè più che in Russia e India, e 5 mila ultramilionari, a cui fanno da contorno altri 10 milioni di potenziali acquirenti moda della clas-se media-superiore con capacità di acquisto. Il tutto concentrato per il 70% a San Paolo e per il 25% a Rio de Janeiro, il che significa un bacino d’utenza pro-vetrina estremamente vantaggioso per le griffe. E che si traduce, secondo i dati prodotti da Altagamma e Bain&Company per il 2012 Luxury goods worldwi-de market study, in 2,7 miliardi di euro di valore, per l’1,3% del totale mondiale, e per una prospettiva di crescita nel prossimo quinquennio compresa tra il 15 e il 25%. Senza dimenticare che con la coppa del mondo di calcio del 2014 e con le Olimpiadi di Rio del 2016, queste previsioni potrebbero anche essere riviste al rial-zo. Scritto questo non si può non ricordare l’unico grande difetto, significativo per i brand del lusso mondiale, che è rappresentato dai dazi doganali. Che uniti alla complessa forma di burocrazia, obbligano i brasiliani a pagare i beni d’alta gam-ma molto di più di quanto non avvenga in occidente e costringono le griffe a correre, per ora, con il freno a mano tirato. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino

Con consumi per 32 miliardi e 155 mila milionari il mercato carioca è uno dei più corteggiati. Ma mostra un difetto: gli alti dazi doganali

I designer brasiliani corrono per guadagnarsi un posto al soleOverview

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Nasce smb per tutelare il tessile verde-oro Fare sistema. Per far diventare gran-de in made in Brasil. Questo l’obiet-tivo primario della moda verde-oro. Smb-Sistema moda Brasil è il primo pas-so, a seguito della trasformazione de-gli schedule sfilate. Un’operazione istitu-zionale, sostenuta da Abit e messa in atto dai maggiori esponen-ti del Governo federale, in particolare il Mdic-Ministero per lo sviluppo, l’industria e il trade internazionale, Apex-Brasil, agenzia brasiliana per la promozione d’investimento e trade, il Ministero del-la cultura e l’associazione calzaturiera brasiliana. Un varo ormai obbligato. Per fronteggiare lo sbarco sul mercato dei brand internazionali. «I cambiamenti che stiamo apportando sono fondamentali per rendere il mercato più competitivo», ha spiegato a MFF Paulo Borges (nella foto), presidente di Luminosidade, la so-cietà che gestisce le fashion week di San Paolo e Rio de Janeiro, «perché è solo ri-pensando le strategie di management che potremo espandere le possibilità di per-formance». Il progetto va a integrare il Plano Brasil maior presentato nel 2011 dal Presidente Dilma Rousseff e mira a fortificare i segmenti della moda, incen-tivando il coordinamento tra pubblico e privato, al fine di sviluppare una catena produttiva delle fashion industry brasilia-ne. Si articola in otto asset: brand, design, innovazione, trade promotion, sostenibili-tà, organizzazioni locali (APLs), struttura legale e capacity-building. Un’intesa tra le aziende leader del tessile e abbigliamen-to, pellami e calzature, gemme e gioielli, volta a potenziare l’industria locale, in-crementare l’export e fortificare micro e macro imprese, scommettendo a livello economico su risorse umane e moderniz-zazione tecnologica. Tutto ciò coadiuvato da un piano economico che riguarda le industrie con varie esenzioni d’imposta volte ad alleggerire il carico fiscale per le imprese. Poi l’istituzione di un margine preferenziale del 20% sulle commes-se di prodotti locali destinati ad appalti del Governo (un esempio, le divise per il Ministero della difesa vengono prodot-te da aziende locali, ndr). Tra gli obiettivi anche il lancio del Programma naziona-le di cultura dell’export, oltre alla difesa del commercio con misure antielusione e dichiarazione del made in. (riproduzione riservata) Francesca Manuzzi

Iniziative

Brazilian vs Brazilian. Questo il dilemma dei brand verde-oro. Che si trovano tra due fuochi decisamente ardenti. Un customer locale, super estero-oriented, che desidera prodotti europei e statunitensi e riversa il suo potere d’acquisto nelle nuove boutique pauliste di Cicade Jardim o Jk Iguatemi e carioca di Shopping Leblon. Poi, il contraltare. Rappresentato da tutti quei consumatori che dal Vecchio continente ap-prodano in Brasile e pretendono di trovare abbigliamento e accessori che abbiano quel quid

riconoscibile worldwide e una specificità tro-pical maggiore. La soluzione si trova in brand come Neon. Marchio super cool di São Paulo, ideato da Rita Comparato e Dudu Bertholini, che fa dello stereotipo brasiliano il suo punto di forza. Con imprimé esclusivi creati in part-nership con artisti del territorio per un esprit playful e shocking. Ma a gente trasforma, come si dice in portoghese. Cambia per seguire il cam-biamento delle esigenze. E sorgono realtà come Amc textile. Una holding, fondata nel 2004 dal-

la famiglia Menegotti (oggi maggiore realtà del Sud America, con cinque poli industriali, 2.600 dipendenti, una produzione annuale di 10 mila tonnellate di tessuto e 2,8 milioni di pezzi, ndr), che nella sua orbita vanta il TF group, proprie-tario di brand come il big Forum o Tufi Duek, designer formatosi all’Istituto Marangoni di Milano e ora hot name del panorama brasilia-no. Con creazioni che sublimano le architetture del corpo in stretto accordo a un trait cosmo-polita e materie prime d’alta qualità. Poi, Ellus

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Unico marchio fashion di un paese Bric ad avere boutique an-che in tutti i continenti, un export che raggiunge 30 Paesi, ma un turnover ancora al 95% generato in patria: Osklen, nata verde-oro nel 1989, oggi scommette sull’internazionale. Da

un bimestre nell’orbita di Alpargatas, il colosso brasiliano da 980,9 milioni di euro di fatturato, forte di una chiusura di esercizio 2011 a 140 milioni di dollari di ricavi (circa 110 milioni di euro) e tassi di crescita a +20% nell’ultimo biennio, si affaccia con decisione sul mer-cato worldwide. Con 63 boutique che da San Paolo e Rio de Janeiro, si spingono verso Tokyo, New York, Miami, Milano e Roma, tutto lascia presagire un focus sempre più attento sull’espansione globale. Partendo dalla serie di showroom aperti a Parigi, Barcellona, Porto e Atene, passando all’esordio sulle passerelle della Grande Mela lo scorso settembre, per un posto in prima fila nella conquista degli Usa. Fino alla collezione autunno-inverno 2013, presentata alla Sao Paulo fashion week, che mixa Europa e Sud America. Tra essenzialismi dai ricami barocchi, pochi colori e materiali sostenibili, accorgimento catching per la stampa worldwide. Infatti, alpaca, pelliccia di pecora, pelle e mohair portano tutti la sigla E-Fabric, progetto dell’Istituto E fondato da Oskar Metsavaht, l’ex medico e poi stilista che ha creato il brand, istituto che si occupa di promuovere una cultura di produ-zione e consumo consapevoli nel tessile, per trasformare il Brasile in ambasciatore di questa causa nel mondo. Il brand di sportswear haut de gamme, posizionato nella fascia di prezzo medio-alta (borse con pricing sul migliaio di euro e T-shirt che non scendono sotto ai 150), mira a spostare la tacca dal 95% di turnover generato in patria ver-so l’estero. Con comunicazione e controllo di stile ancora nelle mani di Oskar Metsavaht e del suo team, e il 30% controllato dal gruppo cui fa capo anche Havaianas e detentore delle licenze per il mercato brasiliano di Mizuno e Timberland. Per l’acquisizione, Alpargatas (vendite nel primo semestre 2012 in crescita del 16,2%) ha versato 67,5 milioni di reais (circa 25 milioni di euro) e a un anno dall’acqui-sizione corrisponderà la differenza tra la somma già data e 13 volte l’ebitda della griffe per l’anno a venire. Dopo la seconda tranche, il gruppo verde-oro, potrà esercitare entro sessanta giorni l’opzione di acquisire un ulteriore 30% e passare quindi in maggioranza. (ripro-duzione riservata) Francesca Manuzzi

È corsa agli spazi retail in Brasile. La sesta eco-nomia al mondo (le previsioni dicono che

entro il 2015 supererà anche l’In-ghilterra, ndr) continua a crescere e con il 50% della popolazione di età compresa tra i 14 e i 45 an-ni è la meta numero uno per chi vuole fare retail nel mondo. Secondo l’ultima edizione del Global retail development in-dex condotto annualmente da A.T.Kearney, il Brasile è alla

guida della classifica, per il se-condo anno consecutivo, seguito a ruota da Cile, Cina e Uruguay. A determinare il successo carioca e soprattutto la continua crescita della capacità di spesa della mid-dle-class che rispetto al passato è più preparata e orientata allo shopping anche nei confronti del-le marche internazionali. Così se multinazionali come Walmart e Carrefour operano attraverso il canale tradizionale ma anche quello on-line, nuovi player co-me il colosso di vendite tv Usa Qvc sono pronte a debuttare sugli schermi carioca. Sul fronte beni di lusso è soprattutto l’area di San Paolo a interessare alla maison di primo piano. Così si attende l’arri-vo di Topshop, Sephora, Lanvin, Miu Miu e Gucci nel nuovo JK Iguatemi mall mentre Cidade Jardim, un altro shopping cen-

ter, si prepara ad accogliere, tra gli altri, di Prada e Balmain. «Il Brasile è sostanzialmente diviso in due macro aree: quella del Sud-Sudest più ricca, che comprende città come San Paolo, Rio, Belo Orizonte e Puerto Alegre, con una media di income mensile compre-sa tra i 700 e i 1.400 dollari e dove si prediligono gli shopping mall per gli acquisti sia di grocery che di altri beni e poi l’area del Nord-Nordest meno benestante dove sono i negozi su strada a farla

da padrone», ha spiegato a MFF Matteo Bertolucci, principal di A.T. Kearney. «Riteniamo che il Brasile si confermerà una destina-zione chiave per gli investimenti diretti di big player tanto statuni-tensi quanto inglesi ed europei con la Francia che precede Italia e Germania. E se sul fronte gro-cery big del calibro di Carrefour e Walmart si muovono già da tempo, non sono da meno le altre realtà dello shopping internazio-nale anche grazie agli opening di grandi shopping center nelle aree più interessanti». Le grandi cat-tedrali dello shopping sono una caratteristica tipicamente cario-ca, di strada e metriquadrati se ne sono fatti tanti. Dal 1966, anno di apertura del primo centro com-merciale, secondo le proiezioni effettuate da Abrasce, l’associa-zione che riunisce gli shopping

center carioca, il settore è cresciu-to costantemente e oggi si contano 430 strutture capaci di generare nel 2011 un giro d’affari pari a 108 miliardi di real (circa 40,18 miliardi di euro), con un incre-mento del 18,2% rispetto all’anno precedente, pari al 18,3% dell’in-tero segmento retail e al 2,7% del pil. A fine 2012 saranno 28 i nuo-vi mall aperti mentre in cantiere ci sono già 48 nuove realtà per il 2013. «A oggi le città chiave so-no sicuramente San Paolo e Rio

de Janeiro ma il Brasile ha alme-no 230 città con una popolazione compresa tra i 100 mila e i 600 mila abitanti che nel breve me-dio termine si affacceranno sul mondo dello shopping», ha poi sottolineato Cristina Cristovão, associate director retail division Jones Lang LaSalle in Brasile, «gli acquisti si effettuano soprat-tutto nei grandi shopping center, si pensi che a fronte di 200 mi-lioni di abitanti totali in Brasile esistono solo due factory outlet e non ci sono retail park né leisure center di un certo livello. Le stra-de a più alto tasso commerciale sono solo a San Paolo e Rio, va da sé il potenziale di questo pa-ese. Un potenziale che riguarda sia l’area Sudest ma anche e so-prattutto il nord che per il 2015 registrerà vero exploit». (riprodu-zione riservata)

Analisi

Gli shopping mall danno fiato al retailNel 2011 gli shopping center hanno registrato vendite a +18,2% per un totale di oltre 40 miliardi di euro. Barbara Rodeschini

Brand

osklen, è l’oRa dI aCCeleRaRe sull’esteRoIl marchio entrato nell’orbita di Alpargatas è presente in tutto il mondo ma vende il 95% in patria

Overview

Dossier MFGs 2012_Brasile V

ed Ellus 2nd floor. In corsa dal 1977, gra-zie a Nelson Avarenga e Adriana Bozon, coniano una moda edgy e rock, tra denim e must-have da it girl. Party people anche per Auslander e non è un caso che il par-ty del marchio sia il più atteso di tutta la settimana della moda carioca. Poi, i gra-fismi siderali di Gloria Coelho o le donne bcbg del pluripremiato Vitorino Campos. Il giovane designer di Salvador è entra-to nelle hit list worldwide come uno dei migliori stilisti dell’America Latina, con un futuro assicurato nella scena inter-

nazionale. E tutto è cominciato proprio dall’hub di talenti Rio moda hype solo quattro anni fa. Idem per Juliana Jabour. Il brand, nato nel 2005, con il suo logo cherry e i tratti baby è nei guardaroba di tutte le addicted. Da non dimenticare brand che le passerelle madre le hanno in parte abbandonate alla volta di realtà internazionali, come Pedro Lourenço a Parigi, Osklen e Alexandre Herchcovitch a New York. Per far del Brasile il Paese sulla bocca di tutti. (riproduzione riserva-ta) Francesca Manuzzi

Da sinistra, una veduta del department store Citade jardim e un interno di Iguatemi

Qui sopra, due look Osklen. In alto, Oskar Metsavaht

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I consumi dell’ex Repubblica sovietica rialzano la testa, prevedendo un +7% per la fine dell’anno. E si confermano particolarmente attenti all’haute de gamme italiano

La Russia è sempre più di lusso

Una certezza per i luxury goods mondiali. Se i mercati emergenti sono destinati a salvare l’economia globale gli acquisti di beni di lus-so in Russia sono attesi in aumento del 7%.

Si risveglia così il paese, che si conferma un Eldorado per gli enologi e i calzaturieri. Dopo le turbolenze de-gli anni scorsi, la Federazione Russa torna sulla via della crescita registrando i più veloci tempi di svi-luppo (tra il 15 e il 20% all’anno), insieme a India e Cina. L’economia russa è la nona al mondo in valo-re nominale e la sesta per purchising power. Infatti, gli acquisti nel 2012 saliranno a 5,5 miliardi di euro, dei quale 4 miliardi di euro generati solo a Mosca, la città più popolata d’Europa con circa 12 milioni di abitanti. Questa dato è ancora più importante se confrontato con i numeri del 2009 quando la Russia, diminuita del 5% a 4,5 miliardi di euro, è uscita dalla top ten dei consumatori di lusso. Dopo aver recupera-to la perdita, l’anno scorso il mercato è salito del 12%. Secondo uno studio elaborato da McKinsey a spinge-re la ripresa sono soprattutto il segmento spirit: circa il 45% dei consumi totali corrisponde all’alcol, il 36% all’abbigliamento, il 3% a gioielli, orologi, elettronica e altri prodotti premium class. In termini assoluti, la Russia è ancora molto indietro rispetto all’Europa e la Cina. Gli esperti russi, invece, affermano che valu-tare correttamente fashion&luxury nel paese è quasi impossibile, perché i player principali non rivelano interamente le loro performance. Di conseguenza le stime delle vendite annuali fluttuano da 5 a 7 miliardi di euro. I clienti russi, infatti, preferiscono ancora fa-re shopping all’estero e l’Italia rimane la preferita in assoluto. Ma esiste la tendenza a spendere di più «in casa» guadagna terreno e a favorire il tutto è anche il disgelo doganale, dopo l’ingresso della Russia nel Wto a giugno 2012 (entro sette anni saranno ridotte le tas-se sui prodotti di fascia alta e secondo le previsioni locali saranno i settori automobilistico e calzaturiero a risentirne maggiormente, ndr). Secondo uno studio di Bain & Company proprio il segmento di accessori è destinato a spingere i beni di lusso. Il mercato rus-so rimane dunque un boccone ghiotto per il made in Italy, visto lo scambio commerciale nel 2011, aumen-tato del 31,2%, a 82,5 miliardi di euro. (riproduzione riservata) Natalia Chebunina

I talenti degli Zar alla conquista delle passerelle internazionali Overview

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Un’estetica in divenire. Un istante storico in cui il passato si intreccia con il futuro, quan-do le radici diventano un’ispirazione piuttosto che il diktat di turno. Cambiano i ritmi, i siste-mi e cambiano anche i gusti. Viene archiviata l’opulenza zarina, che cede posto a una femmi-nilità pulita o a un’atmosfera minimal. Salgono in passerella i maestri del secolo scorso, ma è arrivato il momento d’oro per le nuove genera-zioni, pronte a conquistare il mondo. La moda in Russia accumula le sue esperienze, focaliz-

zandosi sulla qualità deluxe, lavorazioni cut edge e un approccio quasi aggressivo. Ci sono già creativi, che, portando i loro uffici di sti-le fuori dei confini euroasiatici, svelando una sinfonia worldwide. Tra di essi spuntano il ge-orgiano, allevato sul terreno sanpietroburghese, David Koma (foto 2), che oggi è un favori-to londinese di numerose icone pop. O ancora Veronica Basharatyan con la sua Basharatyan V, uscita dalla Central Saint Martins e arrivata al recente debutto durante Milano moda donna.

Mentre i talenti, fedeli alla loro residenza rus-sa, scelgono il palcoscenico della Ville Lumière per mostrare la loro evoluzione stilistica. Così nell’ultimo calendario dell’haute couture parigi-no è emerso il nome di Ulyana Sergeenko (foto 1), una nota socialite moscovita, che per la sua collezione very russian & very luxury ha raccol-to un gran numero di pareri positivi. Ma tutti i riflettori del mondo in vogue puntano su l’al-tra stilista-fashionista, Vika Gazinskaya (foto 3) che, essendo già una style icon anche fuori del

«La moda russa vive negli atelier e sta lavorando per uscire a conquista-re il mondo». Parola di Alexander Shumsky, presidente dell’agenzia

Artefact, che da 25 stagioni organizza la Mercedes Benz Fashion Week Russia, alla ricerca di nuovi talenti e con la sfida di costruire una piattaforma di fashion professionals, per un’industria con grandi potenzialità. Come ha raccontato a MFF in que-sta intervista.Come si è evoluto il mercato e la moda russa in questi ultimi anni?Il mercato è in divenire e il consumo è un importan-te tassello di self-identification. Abbiamo fatto tante ricerche per capire perché il compratore dell’Est-Eu-ropa non spendeva per il prodotto made in Russia. E fino a 2009 la risposta è stata sempre che non lo conosceva. Dopo la crisi, invece, nel centro c’è la scelta personale e il consumatore richiede identità. Non è più kitsch, ma cerca un vero lusso, qualità ed eleganza, invece dei soli noti brand da show off. E quel fermento nei gusti ha influenzato il settore, per questo ora anche i designer locali cercano di soddi-sfare queste esigenze.Che cosa rappresenta oggi la fashion in-dustry russa?Il sistema della moda non è ancora maturo. Ci sono i grandi talenti e anche grandi ambizioni. E il proble-ma più grave è il prezzo. Per il momento la maggior parte degli stilisti realizzano le collezioni nella cor-nice di un atelier, che garantisce, oltre a un approccio semi-couture, anche la quasi inaccessibilità dei loro creazioni. E mentre i buyer e i retailer sono pronti, gli stilisti, spesso per la sfida finanziaria o per poca espe-rienza, non sanno ancora organizzare la produzione e offrire una tiratura. Anche se i giovani cominciano di adottare processi operativi mutuati dell’estero.A proposito dei designer emergenti, so-no loro il punto di riferimento della Mbfw Russia?Loro sono il futuro del made in Russia. Noi fac-ciamo una selezione molto rigorosa per elevare l’asticella della qualità. L’obiettivo è formare le prossime generazioni professionali. Per questo abbiamo tanti concorsi e l’iniziativa di sponso-rizzazione, e per questo abbiamo deciso anche di limitare i nomi internazionali nel calendario, per sviluppare di più i talenti russi.Quali sono i nomi da tenere d’occhio?Ci sono tanti bravi creativi nella moda russa di og-gi. E di questi per il momento solo il trenta per cento sarà capace di crescere e potenziarsi. Il futuro è nelle mani di ragazzi come, ad esempio, Maria Golubeva, che in poche stagioni riuscirà a presentare un prodotto maturo e competitivo a livello internazionale. (ripro-duzione riservata) Natalia Chebunina

Interviste

oRa è tEmpo dI USCIRE dagLI atELIERHa detto Shumsky, numero uno della Mbfw Russia tracciando il futuro del sistema fashion del Paese

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La grande mostra «Nation of fashion» chiude i battenti a Mosca e conferma la Russia come principale piazza per il

made in Italy. L’exhibition dedica-ta al sistema moda italiano inaugurata lo scorso 7 novembre all’interno di Exhibitaly-Eccellenze italiane d’og-gi, la manifestazione promossa dalla presidenza del Consiglio dei ministri in collaborazione con i ministeri dello Sviluppo economico e dei Beni cul-turali e con l’Ice (vedere MFF del 20 novembre) inaugurata lo scorso settem-bre, ha chiuso ieri i battenti registrando un grande successo in termini di af-fluenza. Come ha raccontato a MFF Beniamino Quintieri, coordinatore del programma Exhibitaly: «Il grande suc-

cesso di «Nation of Fashion» conferma due importanti tendenze: da un lato che la moda made in Italy non conosce crisi sul mercato russo, dall’altro che la crea-tività dei designer dell’Europa dell’Est è in continua evoluzione e attinge qua-si ed esclusivamente dal nostro gusto. Sono stati tantissimi, infatti, i designer emergenti russi che hanno visitato gli spazi di Krany Oktyabr, abbigliati dal-le nostre griffe più importanti e ritengo che il connubio tra l’estro e la manualità italiana con la creatività di questi stilisti emergenti potrebbe aprire nuove strade di collaborazione. La moda è un polo d’attrazione senza eguali, all’inaugura-zione c’erano più di novecento persone e l’affluenza durante i giorni in cui la mostra era aperta al pubblico hanno re-

gistrato numerosi picchi, soprattutto nei week end». Un successo che conferma l’importanza che la Russia riveste per il made in Italy in termini di export. Nei primi cinque mesi del 2012 le esporta-zioni di abbigliamento hanno generato un giro d’affari di 324 milioni di euro (+7%), così come la maglieria è cre-sciuta del 27% a quota 129 milioni di euro; a doppia cifra anche l’export di calzature e borse, rispettivamente a +14% e +22%. Dopo l’ottimo riscon-tro di «Nation of fashion» e della prima mostra dedicata all’arredo «Welcome to design» Exhibitaly si prepara a bissa-re con l’ultimo appuntamento dedicato alla tecnologia «Tech me to future», in calendario dal 5 dicembre al 6 gennaio 2013. (riproduzione riservata)

Exhibition

Il lusso del made in Italy conquista la città di MoscaCon un boom di presenze si chiude «Nation of fashion» organizzata da Exhibitaly per raccontare il savoir faire italiano. alessia Lucchese

Società Italia si prepara per i suoi primi 20 anniLa ripresa economica, lo sviluppo stilisti-co, il gusto maturato e un perpetuo amore per Italia: la Russia ha tutti gli ingredien-ti per incoraggiare Società Italia e dargli ulteriore sprint in vista del 20° anniversa-rio. Lo showroom milanese, uno dei più importanti b2b per l’area post-sovietica, tifa la fashion evolution e attraverso un evento doc si prepara a festeggiare. Come rivelano a MFF Tatiana Souchtcheva e Roberto Chinello, soci e fondatori dell’azienda.Come si è evoluto il sistema della mo-da in Russia?In questo ultimo decennio la Russia si tro-va in continua evoluzione. Prosegue uno sviluppo socio-economico importante e questo processo coinvolge anche sistema della moda: tantissime province si stanno ampliando e innovando a grande velocità. Tutti paesi post-sovietici stanno raggiun-gendo vette altissime di trasformazione della loro economia, ma anche il proprio volto urbanistico. Quindi il mercato è in ripresa?Il mercato è stato influenzato fortemen-te dal 2008 in poi. Ma già nel 2010 ci sono stati i primi segnali di ripresa e la Russia è uscita prima di altri paesi dalla crisi. Oggi i consumatori dopo anni di euforia han-no avvertito la necessità di porre un freno ai consumi e adottare un atteggiamento diverso, più maturo e equilibrato, ma nel 2011 e 2012 i budget degli ordinativi co-munque non si sono contratti.Quale sono l’ultime tendenze dell’ex-port made in Italy verso la Russia?Un grande incremento dell’export nel settore tessile-abbigliamento, nell’eno-gastronomia e nell’interior design e, tendenzialmente, in tutto quello che rap-presenta l’eccellenza del made in Italy. L’Italia continua a rappresentare il mito assoluto per i russi; tutto ciò che è italiano è amato, benvoluto, desiderato e ammira-to con profondo rispetto.Nel 2013 Società Italia compirà i suoi primi vent’anni di attività. Come pen-sate di celebrare?Abbiamo aperto infatti nel 1993; 20 anni di Russia, ci hanno resi testimoni e pro-tagonisti di tantissimi eventi di carattere epocale che hanno interessato i territo-ri dell’ex Urss. Per noi essere arrivati a questo traguardo è un risultato davvero grande e siamo certi che il segreto del no-stro successo sia legato al nostro team che ha raggiunto ottimi livelli di professionali-tà. Stiamo ancora studiando il calendario di eventi commemorativi. Ma sicuramen-te Società Italia vedrà radunare in grande stile tutti i designer che hanno partecipato alle sei edizioni del nostro Festival. (ripro-duzione riservata) Natalia Chebunina

Celebrazioni

Overview

VDossier Russian style

paese, dopo cinque anni di intense fatiche ha presenta-to a Parigi la sua primavera-estate 2013 con lavorazioni raffinatissime e un’allure un po’ birichino. Intanto, il pubblico post-sovietico inneggia anche i sofisticati abiti ladylike firmati Alexander Terekhov (foto 4), un talen-to fresco, che gode della benevolenza delle dive locali. Tuttavia la sfida fashion è ancora dura. Il format di un atelier privilegiato spesso rimanda l’incontro con il consumatore finale. Ma nascono già i primi creativi che puntano, oltre a svilupparsi esteticamente, anche sulla produzione professionale, come dimostra, ad esempio, l’ucraina Poustovit o Leonid Alexeev con il suo cool menswear dai tratti sartoriali. (riproduzione riservata) Natalia Chebunina

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in alto, da sinistra in senso orario: l’esterno del krany oktyabr, un abito Versace a/i 2012/13 e un look Valentino p/e 2013, la Baguette e la peek a boo di Fendi, un long dress della collezione a/i 2012/13 di Alberta Ferretti, una veduta d’insieme della mostra e una creazione storica di Fernanda Gattinoni

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MF fashion Ivenerdì 30 novembre 2012

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INFORMATION: +39 02 58219.688 / [email protected] - www.fashionsummit.it

SAVETHE DATE4 Dicembre 2012Palazzo Vecchio, Salone dei CinquecentoFirenze, Piazza della Signoria

La conferma degLi USa, iL ritorno deL giappone e La promeSSa deL BraSiLe USa momentum, the return of Japan and the promise of Brazil

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