VOLONTARIATO LIBERO · infatti viveva una specie di letargo e dormiva con la strega tutto l’anno...

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VOLONTARIATO LIBERO PERIODICO ANIMALISTA NUMERO 23 “L’uomo non sa di più degli altri animali; ne sa di meno. Loro sanno quel che devono sapere. Noi, no.” (Fernando Pessoa)

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VOLONTARIATO LIBERO

PERIODICO ANIMALISTA NUMERO 23

“L’uomo non sa di più degli altri animali; ne sa di meno. Loro sanno quel che devono sapere. Noi, no.”

(Fernando Pessoa)

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Sommario

- La storia del gatto della befana pag.1

- 11 meravigliosi cuccioli pag.2

- La storia di Micio pag.6

- Chef Anselmò pag.9

- Conosciamo la nutria pag.13

- La pecora nera pag.17

- Porte aperte al Canile di Chiusa pag.18

- Il flehmen pag.21

- Animali domestici e Natale pag.25

- Auguri pag.30

Auguri di Buon Natale a tutti!

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Dicembre 2019 – Numero 23

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LA STORIA DEL GATTO DELLA BEFANA Un tempo i gatti erano tutti tigrati, solo uno era di colore nero: era quello della Befana e la accompagnava nei suoi lunghi viaggi; a cavallo della scopa vedeva luoghi meravigliosi, ma sempre dall’alto. Il micio ogni tanto si chiedeva come era la vita degli umani: quando il periodo

dell’Epifania si concludeva, lui infatti viveva una specie di letargo e dormiva con la strega tutto l’anno in attesa del 6 gennaio. Una notte il gatto, nel suo viaggio attorno al mondo assieme alla vecchina, si sporse per tentare di vedere più da vicino il mondo, il sacco era aperto e un regalo volò via. Dopo un po' la strega se ne accorse: “Mai era successo un errore così in millenni di viaggi!” Il gatto taceva, ma la vecchia era magica e disse: “Vecchio micione sei stato tu, non mi arrabbio…la vita è stata noiosa e solitaria con me. Ma a questo bambino bisogna pur dare qualcosa: andrai tu!” Così il gatto fu catapultato in un camino e quando arrivò nel grande salone cominciò a tossire per la gran cenere e la famiglia lo guardò stupita, ma il bambino urlava di gioia: “Che bello un amico tutto per me!” Ed i genitori non ebbero coraggio di separarli e da quel giorno i gatti non furono più solo tigrati, perché, a ricordo di quel dono, ci furono gatti neri. E per questo i gatti neri portano fortuna, perché sono un regalo della magica notte in cui i sogni si avverano.

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11 MERAVIGLIOSI CUCCIOLI

Innanzitutto devo fare una piccola introduzione: da quando sono nata ho

sempre avuto un cane in casa con me.

Il primo è stato Ninu, poi è arrivato Lessy e insieme a lui anche Diana e

Paolina, dopo di che mi sono sposata ed è arrivata Zara, poi Mara e

adesso c'è Milla quindi di avventure, ricordi e bei momenti con cani ne

ho avuti parecchi, ma la più bella esperienza in assoluto fin'ora è stata

senza dubbio la nascita dei cuccioli.

Eravamo nel 1974, io facevo la terza media e avevo 13 anni e in casa con

noi a quell'epoca c'era Lessy, un collie di circa 7 anni cieco dalla nascita.

Mio papà stava lavorando alla sistemazione di una cascina a Lombardore

e mentre era là, un bel giorno è arrivata una cagnolina randagia di taglia

medio-grande marroncina che l'ha chiamata Diana e ha cominciato a

vivere in cantiere con lui e gli operai. Le avevano fatto una cuccia e in

attesa di trovare una sistemazione migliore, era ben accudita e stava

benissimo.

A causa di un vicino perfido, mio papà l'ha dovuta portare nel magazzino

che aveva a Torino a pochi passi da casa. Tempo di arrivare a Torino e ci

siamo accorti che era incinta. Una mattina dei primi giorni di dicembre

Diana è scappata dal magazzino e si è fatta trovare davanti a casa

nostra dove mio papà la portava ogni tanto a passare la giornata e così

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mia mamma l'ha fatta salire in attesa che io arrivassi da scuola, poi

pensava di pranzare e dopo la si sarebbe riportata nella sua cuccia in

magazzino, ma li non c'è mai ritornata perchè nel frattempo sono nati la

bellezza di undici cuccioli, uno più bello dell'altro! Ce n'erano di

marroncini, di beige, di neri, di focati, insomma di tutto.

Io e mia mamma non eravamo esperte di nascite di cuccioli ovviamente e

così abbiamo chiesto alcune dritte telefoniche al veterinario, dato che

non poteva venire se non in serata. In pratica ci sono state nascite tutto

il pomeriggio e alla sera, quando finalmente è arrivato il veterinario,

erano nati già tutti questi undici meravigliosi piccoli e siccome erano

veramente tanti, questi ci aveva detto che sarebbe stato necessario

sopprimerne qualcuno per dare la possibilità a Diana di poterli allattare.

Ovviamente la notizia è stata un duro colpo per noi, così ci siamo

guardate io e mia mamma e abbiamo chiesto come avremmo potuto fare

per tenerli tutti perchè era impensabile fare una scelta del genere e

quindi, per farla breve, ci siamo ritrovate ad allattare con il biberon

questa squadra di calcio pelosa ed è stata un'esperienza unica.

Ci dovevamo alzare la notte per sfamarli e, comunque, in ogni momento

della giornata quando si svegliava uno e iniziava a piangere perchè aveva

fame di colpo si svegliavano tutti e piagnucolavano, quindi noi dovevamo

attrezzarci alla veloce a riscaldare il latte e preparare i biberon, ma

era bellissimo avere il cucciolo di turno in braccio da sfamare.

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Ci eravamo organizzate a dividere i piccoli che avevano già mangiato

dagli altri, ma piano piano che crescevano è stato sempre più difficile

fare questa divisione perchè questi bimbetti zampettavano ovunque e

così alla fine non si capiva più niente, erano tutti insieme e non sapevo

dire quanti avessero mangiato tre o quattro volte di fila e quanti una

volta sola, comunque sono cresciuti tutti benissimo. Ricordo che al

pranzo di Natale eravamo in 10 tra noi, i miei nonni e i miei zii e ognuno

dei miei parenti aveva un piccolo in braccio, tranne mia mamma che ne

aveva due, un pranzo di Natale decisamente memorabile!!! Gli avevamo

fatto una specie di cuccia/recinto in salotto, solo che crescendo

riuscivano a scavalcare qualunque cosa e una volta, mentre noi eravamo

a pranzo in cucina, ne abbiamo visto arrivare uno con la sua camminata

sbilenca da cucciolo seguito dagli altri 10 in fila indiana.

Uno spettacolo incredibile.

Purtroppo abbiamo dovuto darli in adozione per ovvie ragioni e abbiamo

cercato di trovare persone a modo che li adottassero, sistemarne bene

10 non è stato facile e ancora adesso penso a loro augurandomi che

abbiano avuto tutti una buona vita. Si, non avete letto male.... ne

abbiamo sistemati solo 10 perchè l'ultima nata, l'undicesima che

avevamo chiamato Paolina, è rimasta con noi, quindi in casa alla fine

c'erano Lessy, Diana e Paolina.

Anche a distanza di tanti anni ne ho un ricordo bellissimo di quel periodo

e sono contenta di averlo vissuto, ma dico a tutti che sono terribilmente

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sbagliate le cucciolate casalinghe, noi ci siamo trovati in questa

situazione senza averla cercata, ma diversamente bisogna sterilizzare il

più possibile per dare l'opportunità a tutti quei poveri cani ospiti nei

canili di trovare una famiglia che li adotti e lo stesso vale anche per i

gatti! Non è giusto che per l'egoismo di una soddisfazione personale o

solo per provare una nuova esperienza, questi debbano rimanere richiusi

nelle gabbie per il resto della loro vita. Allattarli con il biberon è stato

bello, ma adottare un cane o un gatto da un rifugio o da associazioni è

ancora meglio!

Cinzia V.

Una parte dei cuccioli con Diana Paolina (a sinistra) già adulta con sua mamma Diana

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LA STORIA DI MICIO

Questa è la mia storia….

Ero Micio il gatto di una collega di zia Nico, anche se il mio vero nome era Trudi… E’ strano, gli umani ci danno un nome e poi raramente ci chiamano con quello…usano vezzeggiativi, nomignoli…Mamma mi ha sempre chiamato così o Micione…e il mio nome è rimasto quello…

Vivevo con Mamma Lori e papà Luca…mi amavano tantissimo son stato con loro tanti anni… per un micio 15 sono tanti… Mamma mi coccolava, mi viziava come solo le mamme dei pelosi sanno fare e mi volevano tanto bene anche le mie zie la Nico e la Manu. Ero un norvegese…pensa che strano, zia Nico non sa come sono arrivato a casa di mamma (nonostante tutti gli anni che si conoscono) e caso ancor più strano son molto simile al micio di zia Manu ma un po’ più piccolino. Ho passato accanto a mamma tanti momenti belli, tanti difficili…ricordo quando è stata operata alla schiena e rischiava di non poter più camminare bene.

Mi ricordo anche le vacanze con mamma, il Natale: mi piaceva guardare le palline dell’albero, ogni tanto qualcuna la tiravo giù e mamma mi perdonava sempre!

Poi ho iniziato a non stare bene, dimagrivo un po’ e il mio pelo non era più da leoncino. E’ il nemico di tutti i mici longevi, i reni… I mesi passavano e quando zia Nico vedeva una mia foto aveva un groppone in gola…rivedeva il suo Moussino…lo stesso percorso…lo stesso viaggio…era estate, a mamma piace tanto l’estate…le piace il mare, nuota che sembra un pescetto!!!! Stavo sempre peggio: zia Nico e zia Manu facevano il tifo per me.

Per mamma era sempre più difficile darmi le pastigliette che aiutavano i miei reni malandati, aveva tanta pazienza anche le volte che la pastiglia poi la sputavo fuori. A volte si innervosiva un po’ e zia Nico le diceva che era normale, che era il senso di impotenza, ma più passavano i giorni più ero stanco… Mamma lavorava tutto il giorno e al lavoro si faceva chiamare dalla vicina che mi veniva a trovare qualche volta nella giornata. Un giorno stavo tanto male, è corsa via dal lavoro ed è arrivata da me.

Intanto arrivava agosto… le vacanze che mamma e papà aspettavano da un anno, ma io ero un fuscello oramai.

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I messaggi tra le zie e mamma erano quotidiani: un piccolo passo “dai che ha mangiato qualcosa di pappa” oppure “dai che ha preso la medicina”. Poi mamma aveva chiamato il veterinario che gli aveva detto di portarmi a fare gli esami per vedere, ma dal veterinario io non sono più tornato a casa…. Mamma era disperata aveva dovuto fare la scelta che più costa a voi umani, ma che è il segno più grande del vostro amore per noi: poter scegliere di non soffrire più.

Le zie non sapevano: io avevo già attraversato il ponte, non avevo più dolore, non avevo paura, non ero più forma terrena.

Il giorno dopo zia Nico ha mandato un messaggio a mamma: zia Nico era in camera, questo momento se lo ricorda come fosse adesso… Col telefono in mano, impietrita, ha chiamato lo zio Cris e gli ha detto che avevo attraversato il ponte. I giorni che son seguiti mamma e papà erano stravolti dal dolore, non riuscivano a sentirmi! Il loro dolore era più forte del mio stargli accanto…Voi umani siete così avvolti dal dolore che non ci sentite se non dopo molto tempo, ma noi non vi abbandoniamo mai!

Le zie facevano di tutto per stare vicino a mamma e di questo le ringrazio! Loro ci erano già passate con questo dolore immenso e sapevano… Mamma aveva provato ad andare al canile per fare volontariato, ma stava troppo male a vedere quelle piccole anime per un’ ora e poi doverle lasciare al canile. Aveva visto tante inserzioni di adozioni di gatti, con le zie era andata anche ad una mostra di gatti, ma io da lassù vedevo che ogni vola che accarezzava un peloso diventava triste e io non volevo!!! Fino al giorno che ha visto la foto di un batuffolino. Lui sarebbe diventato il piccolo Martin, arrivato dalla provincia di Napoli, uno scugnizzo!!! Dal momento in cui mamma lo ha preso in braccio ecco ho sentito che era tornata “la mia mamma”! Le lacrime questa volta erano di felicità non più di tristezza!

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Finalmente il mio compito era quasi terminato! Ora anche io da lassù son sereno anche perché dopo un po’ di mesi mamma ha fatto il bis!! E’ arrivato un altro monello, si chiama piccolo Ice che fa rigare dritto persino il fratello maggiore tanto è birbante!!!! Da quassù vedo come giocano, fanno i matti anche se Ice a volte ruba i giochi a Martin che da bravo fratello maggiore non dice niente…anche loro per Natale hanno fatto festa all’albero! (Giuro, non gli ho detto io di tirare giù tutte le palline!!!!). A volte come tutti i fratelli fanno la lotta anzi a dire il vero la lotta la inizia Ice, ma poi si addormentano vicini.

Poco dopo che mamma mi ha perso le zie le hanno fatto un regalo: un bracciale con un cuoricino e dentro la mia foto, ma io nel suo cuore c’ero già e da lì non me ne ero mai andato…

Questa è la mia storia fatta di persone dal cuore grande, di amore, dolore, malinconia, ma anche di un amore incondizionato che solo i pelosi sanno dare… e che se termina con un micio poi prende vita di nuovo con un altro che non sarà mai un sostituto, ma sarà una nuova avventura o appunto una nuova storia.

Micio

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Chef Anselmò Pronti per il prossimo Natale?! Io si! Ho tante di quelle idee per la zucca… ehm, testa! Ho pensato di proporVene qualcuna, piatti semplici ma d’effetto! Provare per credere!

Parola di Chef Anselmò

Fagottini di pasta fillo con spinaci, uvetta e sesamo

Ingredienti

• 2 rotoli di pasta fillo • 600 g di spinaci • 70 g di uvetta • 20 g di sesamo • 1 cipolla rossa • 2 cucchiai di aceto di mele • Sale e pepe

Come prima cosa tritate finemente la cipolla rossa e saltatela in un’ampia padella con un filo d’olio e un pizzico di sale fino a quando si sarà ammorbidita. Aggiungete anche l’uvetta e gli spinaci un po’ alla volta con un pizzico di sale e pepe, e lasciateli cuocere 5 minuti. Sfumate quindi con l’aceto e aggiungete i semi di sesamo.

Prepariamo i fagottini

Ritagliate due rettangoli di pasta fillo di circa 8 x 25 cm di lato, spennellateli con un goccio di acqua per ammorbidirli e sovrapponeteli. Ripetete la stessa operazione con altri due rettangoli di pasta fillo, poi sovrapponete le due strisce perpendicolarmente in modo da formare una croce.

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Disponete al centro della croce un cucchiaio abbondante di farcia agli spinaci e richiudete i 4 lembi di pasta in modo da formare un fagottino di forma quadrata. Procedete allo stesso modo anche per gli altri fagottini fino ad esaurimento degli ingredienti.

Inforniamo

Disponete i fagottini ottenuti su una leccarda foderata di carta forno, spennellateli con un po’ di olio e cospargete la superficie con dei semi di sesamo. Infornate in forno statico a 180°C per 25 minuti fino a quando la pasta fillo sarà dorata e croccante. Sfornate e gustateli caldi o tiepidi.

Orecchiette al pesto vegan di fagiolini e nocciole

Ingredienti

• 500 g di orecchiette • 500 g di fagiolini • 100 g di nocciole • 2 cucchiaini di lievito alimentare • Succo di 1 limone • 140 g di olio extravergine d’oliva • 1 spicchio di aglio • Sale e pepe

Sbollentare in acqua bollente leggermente salata i fagiolini fino a che saranno morbidi. Scolateli e passateli subito sotto l’acqua fredda in modo da bloccarne la cottura.

Prepariamo il pesto

Versate i fagiolini nel tritatutto (tenendone da parte qualcuno per decorazione) insieme a olio extravergine d’oliva, nocciole, succo di limone, lievito alimentare, aglio, sale e pepe e frullate a intermittenza lo stretto necessario per ottenere un pesto grossolano.

Condite le orecchiette

Lessate le orecchiette in abbondante acqua salata, scolatele al dente e conditele con il pesto di fagiolini e nocciole, allungandolo se necessario con un goccio di acqua di cottura della pasta se dovesse risultare troppo denso.

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Servite subito ben calde completando ciascun piatto con i fagiolini tenuti da parte e alcune nocciole.

Polpette di zucca, salvia e ceci al forno

Ingredienti

• 340 g di zucca pulita • 250 g di ceci cotti • 40 g di farina di mandorle • 20 g di farina di ceci • 10 foglie di salvia • 2 foglie di alloro • Sale e pepe • Olio extravergine d’oliva

Cuociamo la zucca

Pulite, affettate ed eliminate la buccia della zucca. Tagliatela a cubetti e pesatene 340 g. In una padella scaldate un filo d’olio, fate soffriggere un minuto le foglie di salvia, poi aggiungete la zucca, l’alloro, sale e pepe. Mescolate bene e cuocete a fiamma media per 5 minuti coprendo con un coperchio. Rimuovete le foglie di alloro e frullate la zucca nel tritatutto fino ad ottenere un composto non del tutto omogeneo.

Prepariamo l’impasto

Frullate i ceci insieme a sale, pepe e un giro d’olio, fino ad ottenere un composto non del tutto liscio. Riunite la zucca e i ceci frullati in una ciotola, se necessario regolate di sale e pepe e aggiungete la farina

di ceci. Mescolate bene fino ad ottenere un composto omogeneo.

Formiamo le polpette

Prelevate una cucchiaiata d’impasto e formate una polpetta grande all’incirca quanto una noce, passatela nella farina di mandorle e disponetela su una teglia foderata di carta da forno. Procedete in questo modo fino ad esaurimento degli ingredienti. Infornate in forno statico a 200°C per 20 minuti, poi accendete la funzione grill per altri 5 minuti. Sfornate e servite le polpette calde o tiepide.

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Biscotti allo zafferano e cioccolato fondente

Ingredienti

• 200 g di farina 0 • 90 g di zucchero di canna • 15 g di amido di mais • 1 cucchiaino di lievito a base di

cremor tartaro • 45 g di olio di semi di girasole • 70 g di latte di soia • 1 bustina di zafferano in polvere • 1 pizzico di vaniglia in polvere • 100 g di cioccolato fondente • 1 cucchiaio di granella di mandorle

molto fine

In una ciotola versate la farina, l’amido di mais, lo zucchero, il lievito e la vaniglia e mescolate. Sciogliete lo zafferano nel latte di soia e versatelo sugli ingredienti secchi insieme all’olio di semi di girasole, amalgamate bene il tutto fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo.

Inforniamo

Con il panetto di pasta frolla formate un filone largo all’incirca 10 cm e alto 2 cm e cuocetelo in forno a 180°C per 20 minuti. Sfornate e con un coltello ben affilato ricavate dei biscotti larghi all’incirca 1 cm facendo dei tagli a 45°, disponete nuovamente i biscotti sulla placca del forno e cuoceteli altri 5 minuti rigirandoli a metà cottura per assicurarvi che si asciughino bene da entrambi i lati.

Decoriamo i biscotti

Una volta cotti togliete i biscotti dal forno e lasciateli raffreddare completamente. Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente e intingetevi i biscotti per metà, decorandoli poi con la granella di mandorle. Disponeteli su un tagliere coperto di carta forno e lasciate che il cioccolato si rapprende del tutto prima di gustarli (se fosse necessario potete metterli qualche ora in frigorifero).

Se non volete realizzare la copertura al cioccolato potete decidere di inserire direttamente nell’impasto delle gocce di cioccolato oppure del cioccolato tagliato a pezzetti da una tavoletta: ne basteranno 40/50 g per una resa perfetta. Tempi di cottura e modalità di realizzazione della ricetta non cambiano.

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CONOSCIAMO LA NUTRIA

La nutria è un grosso roditore originario del Sud America, dall’alimentazione prevalentemente vegetariana e amante dell’acqua. Topaccio gigante o piccolo castoro? Chi la disprezza non esita a definire la nutria un grosso ratto, ma a dire il vero assomiglia più al simpatico castoro, almeno nell’aspetto. Appartenente all’ordine dei roditori, la nutria è originaria del Sud e Centro America, ma dopo la sua introduzione per l’utilizzo in pellicceria, si è rapidamente diffusa anche in diversi paesi d’Europa, tra cui l’Italia. Grazie alla capacità di adattamento, alle potenzialità riproduttive e alla resistenza fisica, pochi esemplari di nutria fuggiti dagli allevamenti o incautamente liberati in natura sono sufficienti per colonizzare un’area di vaste proporzioni, intorno a fiumi, laghi e zone umide, dove si insedia con un impatto ambientale non irrilevante. Aspetto Il corpo è tozzo e robusto. La pelliccia è composta da lunghi peli rigidi color bruno-giallastro o bruno-rossastro. Questi peli nascondono quasi completamente il sotto-pelliccia grigio scuro, soffice, denso e vellutato. Le parti ventrali sono giallo chiaro e meno ruvide delle parti dorsali. Il mento è ricoperto di peli biancastri. Durante l'inverno la pelliccia diventa più folta e densa. La pelliccia della sottospecie M.c.melanops è più scura, probabilmente in relazione ai climi più freddi ed umidi delle regioni più meridionali del continente sud-americano dove è presente. La testa è larga e di forma triangolare, gli occhi e le orecchie sono piccoli e, insieme alle narici, sono situate nella parte superiore della testa. Le vibrisse sono lunghe. Gli arti sono relativamente corti.

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I piedi sono più lunghi delle zampe anteriori e sono muniti di 5 dita, di cui le prime 4 sono connesse tra loro da una membrana cutanea, mentre il quinto è libero ed è solitamente utilizzato per pettinare la pelliccia. La pianta dei

piedi è priva di peli. Le zampe anteriori hanno 4 dita lunghe, flessibili, non palmate e con un pollice rudimentale. Gli artigli sono affilati e robusti. Una secrezione oleosa, utilizzata per lubrificare il pelo e probabilmente anche per marcare il territorio, viene emessa da alcune ghiandole poste sui lati del muso nella

zona dove sorgono le vibrisse e intorno alla regione anale. La coda è più corta della testa e del corpo, è ricoperta finemente di peli tranne che alla base e di scaglie. La sua forma è cilindrica, non compressa lateralmente come nel topo muschiato. Le femmine hanno 4-5 paia di mammelle toraciche, situate molto in alto sui lati del corpo, per agevolare il succhiamento dei piccoli anche durante il nuoto. Dove vive la nutria È una specie semi-acquatica, notturna e serale, anche se è spesso visibile di giorno, in particolare durante i periodi più freddi. Vive in acquitrini, rive dei laghi e corsi d'acqua lenti. Sebbene preferisca acqua dolce e fresca, alcune popolazioni delle isole cilene vivono in acque salate o salmastre. Costruisce piattaforme di vegetazione dove si nutre e si cura la pelliccia. Utilizza tane di altri animali come rifugio, oppure scava sistemi di cunicoli che variano da semplici tunnel a complessi di camere e passaggi che si estendono per oltre 15 metri. Traccia anche percorsi nell'erba alta e può allontanarsi fino a 180 metri dai rifugi. La maggior parte del suo tempo lo passa a nuotare o brucare le piante acquatiche. Possono rimanere in immersione anche per più di 10 minuti. In acqua si spinge in avanti con colpi alternati dei piedi posteriori palmati. Vive in coppie o piccoli gruppi basati su diverse femmine imparentate tra loro, ma la presenza di molti individui in condizioni ambientali favorevoli può dare l'impressione di formare grandi colonie. I maschi sono spesso solitari ed erratici.

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Le accuse alla nutria A causa della sua voracità che minaccia, oltre alla fauna acquatica, anche colture di barbabietole da zucchero, mais, patate e altre colture, la nutria è diventata in alcune zone un animale davvero scomodo che si tenta, con scarso successo, di eliminare. Tra le accuse mosse alla nutria, anche quella di essere veicolo di contagio, dopo che alcuni esemplari sono stati trovati positivi al virus della leptospirosi. Tuttavia – dicono gli esperti del Ministero dell’Ambiente – il suo ruolo epidemiologico quale diffusore ambientale dell’infezione risulta solo secondario ed occasionale. La nutria in Italia La nutria è stata introdotta in Italia all’inizio degli anni Venti del secolo scorso, per la prima volta in Piemonte, per la produzione di pellicce. Quando il mercato di queste pellicce entrò in crisi (e concedeteci di aggiungere per fortuna) le aziende chiusero e liberarono gli animali in natura, ignorando la determinazione e la capacità di adattamento delle nutrie che colonizzarono diversi ambienti naturali. Attualmente la nutria è molto diffusa nel centro e nord Italia, ed è anche presente, seppur in numero limitato, nell’Italia meridionale e nelle isole. Le nutrie hanno un indole piuttosto docile e non sono aggressive. Caccia alla nutria In Italia si è tentato diverse volte di arginare la diffusione della nutria tramite l’abbattimento ma con risultati infruttuosi. Questo animale gode dello status di specie naturalizzata e quindi, secondo la Legge 157/92, non cacciabile. Nel 2014 i direttori generali del Ministero della Salute e delle Politiche Agricole emanarono una circolare che legalizzava lo sterminio e la tortura delle nutrie, anche all’interno delle aree protette e al di fuori del periodo di caccia. Tuttavia nel febbraio del 2016 tali ordinanze furono revocate perché giudicate illegittime. Sono in corso progetti di controllo di colonie di nutrie tramite la sterilizzazione che potrebbero rappresentare un’alternativa all’abbattimento.

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Piccola riflessione

Come spesso succede, anche nel caso delle innocue nutrie da tanti

considerate scomode e “da abbattere” (si perché come sempre invece di

affrontare i “problemi” con un po' di etica il tutto viene sintetizzato in

“sterminiamo e via”), se si ragiona sull’origine del loro arrivo nelle nostre

zone capiremo che è riconducibile ad uno scarso, se non inesistente,

rispetto per questi animali e dell’habitat che loro vivono. Noi li abbiamo, per

un motivo o per l’altro, liberate in natura, e noi “decidiamo” unilateralmente

che sono dannose e fastidiose. A Voi le conclusioni…

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LA PECORA NERA

C’era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono

bianche; lei invece era nera, nera come la pece.

Quando passava per i campi tutti la deridevano,

perché in un gregge tutto bianco spiccava come

una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco:

«Guarda una pecora nera! Che animale originale,

chi crede mai di essere? ».

Anche le compagne pecore le gridavano dietro:

«Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono

essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?».

La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non

riusciva a digerirle.

E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là

avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all’ombra dei pini.

Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da

sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava.

Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta

illuminata da una debole luce.

«Dormirò là dentro » e si mise a correre. Correva come se qualcuno la

attirasse.

«Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata.

«Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori

dal gregge».

«La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c’era posto con gli altri

nell’albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria.

Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!».

La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il

piccolo Gesù.

«Avrà freddo, lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!».

Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta

stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana.

Gesù si svegliò e le bisbigliò nell’orecchio: «Proprio per questo sono venuto:

per le pecore smarrite!».

La pecora si mise a belare di felicità. Dal cielo gli angeli intonarono il

«Gloria».

(Autore ignoto)

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“PORTE APERTE” AL CANILE DI CHIUSA PESIO

Dopo diversi mesi di lavori, eseguiti da professionisti con l'aiuto dei volontari di Una Zampa per la Vita, a settembre 2019 il Canile Municipale di Chiusa Pesio ha cambiato volto! Tante le migliorie apportate, sostenute in parte dal Comune di Chiusa Pesio ed in parte da Una Zampa per la Vita Odv, grazie anche all'intesa subito trovata tra il Sindaco e la nostra Organizzazione di Volontariato: il tutto voluto principalmente per migliorare il benessere dei cani ospiti. Canili municipali come quello di Chiusa Pesio, o comunque piccoli, sono la soluzione ottimale per evitare sovraffollamenti, spesso causa di un conseguente minor benessere dei cani ospiti e una minore cura degli stessi.

Ci auguriamo che la “nuova” struttura possa essere un ottimo esempio di come “obblighi di legge” e benessere animale possono convivere in armonia nel pieno rispetto delle esigenze dei 4 zampe ospiti! La parola canile è infatti spesso associata a qualcosa di negativo, brutto, da eliminare ed evitare. Spesso molti articoli che si leggono danno conferma di questo. L'ambiente del canile e il suo funzionamento sono spesso fonte di

domande che non hanno quasi mai una risposta chiara.

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Per noi il canile è un luogo dove un cane abbandonato può, e deve, trovare un nuovo inizio, un luogo di transizione dove i cani possono ricominciare da zero una vita migliore. Questo passa da una struttura decorosa e accogliente, alla dedizione dei volontari, la cura e l'amore che ogni volontario, a modo suo e tutti speciali, può dare loro, fino all'adozione ed all'arrivo per ogni ospite di una nuova, bellissima famiglia. Per sensibilizzare sul tema, nel pomeriggio di sabato 14 settembre è stato organizzato un evento presso la struttura, un'occasione di incontro dove i tanti che sono accorsi hanno potuto conoscere gli ospiti a 4 zampe, vedere le migliorie apportate e inaugurare i nuovi box, hanno

avuto informazioni su come diventare volontari per dare un aiuto concreto nel mantenere la struttura sempre al meglio e garantire coccole e affetto ai cani. Tutti i presenti sono stati positivamente

colpiti dal numero esiguo dei cani ospiti. Siamo orgogliosi e fieri del lavoro svolto: è stato oneroso, ma ne è valsa la pena!

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Un particolare ringraziamento, oltre che al Sindaco Baudino, all’Assessore Giordanengo, al Segretario Comunale e a tutta la Giunta, va a chi ha “donato” alcuni lavori al canile, a chi ci ha aiutati a sostenere le spese dando il proprio personale contributo, ma soprattutto alle volontarie e ai volontari che senza sosta, da luglio a settembre, hanno impiegato il loro tempo, le loro energie e le loro attitudini a rendere migliore la struttura! Grazie di cuore a tutti: senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile!

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IL FLEHMEN

La reazione del flehmen è una tipica smorfia che il gatto effettua

aprendo leggermente la bocca e alzando leggermente il labbro

superiore, a scoprire i denti. Il gatto si immobilizza per qualche

istante, fissando il vuoto, come bloccandosi.

Questa smorfia detta flehmen avviene dopo che il gatto ha

annusato qualcosa, che può essere una superficie, un liquido, un

tessuto, per poi scostarsi da essa e fermarsi in questa strana

posizione. Forse ti sarà capitato che il tuo gatto faccia questa

espressione dopo averti annusato i piedi, e crederai magari che

sia un’espressione schifata.

In realtà con la smorfia del Flehmen il gatto non sta odorando con

il normale olfatto, e non sta analizzando un odore. Sta invece

analizzando i feromoni, dei segnali molecolari che contengono

preziose informazioni tramite i quali i gatti ed altri animali

comunicano.

Attraverso il Flehmen il gatto indirizza i feromoni verso un organo

particolare che ha dietro al palato, che si chiama organo

vomeronasale o organo di Jacobson, che è preposto

appositamente ad analizzare queste molecole particolari.

Il gatto non è l’unico animale ad usare il flehmen, ma è una

smorfia caratteristica di molti felini come tigri e leoni ma anche di

molti mammiferi come il cavallo, la giraffa, le capre, le zebre, il

lama ed i bisonti.

La smorfia del Flehmen è utilizzata molto spesso dagli animali nel

periodo riproduttivo, per analizzare i segnali sessuali nella femmina,

non solo tra animali della stessa specie, ma anche tra animali di

specie diverse, quando analizzano la reciproca urina.

Ma come vengono analizzati i feromoni dopo che il gatto o

l’animale ha fatto la smorfia del flehmen?

Vediamo cos’è l’organo di Jacobson e a cosa serve.

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Organo vomeronasale o organo di Jacobson

L’organo vomeronasale è chiamato anche organo di jacobson

perché lo scopri proprio Ludwig Jacobson nel 1811, anche se era

già stato identificato da Frederik Ruysch.

E’ un organo situato nel palato, dietro agli incisivi superiori, sotto

alla cavità nasale, e collegato al palato tramite le fossette

vomerali. L’organo di Jacobson è presente anche nell’uomo e in

altri animali come il cane, il serpente, e tutti gli animali già citati

per utilizzare la smorfia del flehmen.

I primi studi risalgono proprio a Jacobson, che nel 1811 citò

l’organo vomeronasale, ma fu osservato fin dal 1700. In alcuni

studi si osserva che nell’uomo l’organo vomeronasale è presente

nel feto ma poi scompare in età adulta. La sua scomparsa

nell’uomo pare frutto dell’evoluzione e della mancata necessità di

analizzare i feromoni per l’uomo, anche se in successivi studi la

presenza dell’organo di Jacobson nell’uomo adulto fu

riconfermata.

L’organo vomeronasale è separato dal resto dell’apparato

olfattivo, e pare che i segnali che esso elabora non siano inviati al

sistema nervoso che codifica gli odori, ma alle zone del cervello

che sono legate più alle emozioni. Ci sono ancora molte cose che

non sappiamo sui feromoni e le reazioni umane ad essi, certo non

dobbiamo sottovalutare la funzione che essi hanno senza che noi

ce ne accorgiamo.

Organo di Jacobson serpenti

Che cosa centra l’organo di Jacobson con i serpenti?

Ebbene anch’essi ne sono dotati, infatti i serpenti si servono molto

di questo sistema di analisi del mondo esterno, estraendo la lingua

e trasportando così queste molecole verso la bocca, per essere

poi analizzate dal loro organo di Jacobson.

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Organo di Jacobson cane

Anche nel cane è presente l’organo vomeronasale, che invia al

sistema limbico, dopo aver analizzato i feromoni, segnali che

stimolano le emozioni, la memoria, e le risposte emotive del cane.

Affascinante, vero?

Organo vomeronasale cavallo

Nel cavallo l’olfatto è molto importante, ed è importante anche

l’uso dell’organo vomeronasale per analizzare le urine e i

feromoni, ma anche sostanze che potrebbero essere per lui

irritanti. Il cavallo, assieme a molti altri equini, è uno degli animali

che più spesso fa la smorfia del flehmen, importante anche nel

rituale del corteggiamento.

Organo vomeronasale gatto

Ma torniamo ora ai nostri amici felini. Nel gatto l’organo di

Jacobson è collocato dietro agli incisivi superiori e collegato al

palato tramite le fossette vomero nasali. Attraverso di esse le

molecole vengono analizzate sia che provengano dall’esterno in

forma aerea, ma anche in forma liquida, in modo che il gatto

percepisca ed analizzi i messaggi contenuti nei feromoni.

Anche nel gatto, i recettori dell’organo vomeronasale analizzano i

messaggi e inviano poi i segnali al sistema limbico, dove vengono

governate le risposte emotive dell’animale. Per questo i feromoni

sono molto importanti per il gatto quale segnale di familiarità con

un ambiente o altri esseri o anche come segnale di pericolo, oltre

che segnale sessuale.

Si tratta di un linguaggio invisibile e misterioso per noi umani, ma

che per il gatto è importantissimo e vitale, da cui raccoglie

moltissime informazioni che a propria volta deposita attraverso le

marcature, che possono essere facciali, urinari, graffiature, ecc.

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Speriamo in questo articolo di avervi spiegato un po’ meglio come

funziona l’organo di Jacobson del gatto e degli altri animali

(anche se meno tangibili) e avervi fatto comprendere perchè il

flehmen del gatto è una smorfia non fatta a caso, ma in quel

momento il tuo amico a 4 zampe sta analizzando delle importanti

informazioni.

Hai mai notato il flehmen nel tuo gatto?

Noi pensiamo proprio di si!

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ANIMALI DOMESTICI E IL NATALE

I vostri cani e i vostri gatti (o qualsiasi altro animale domestico) possono soffrire molto durante le feste natalizie, ed è per questo che è essenziale dare loro un'attenzione in più per evitare che soffrano stress e ansia. Durante il mese di dicembre ogni casa si trasforma in un luogo di festa. Pranzi, cene, musica, spumante e, spesso subendoli indirettamente, fuochi d’artificio. L’atmosfera si riempie di colore e allegria ma, com’è logico, tutta questa improvvisa confusione può rendere nervosi o spaventare cani e gatti. Qual è la relazione tra animali domestici e Natale? Vediamo assieme come prendersi cura degli animali senza rinunciare a far baccano e proteggendo la loro salute, sia fisica che mentale. Indubbiamente, il periodo del Natale è il momento più speciale dell’anno. Un modo per stare assieme alla famiglia, addobbare la casa, fare il presepe e l’albero, riempiendo ogni stanza con regali, addobbi e molto altro ancora. Cosa succede con gli animali domestici in questi giorni? C’è tanto trambusto, rumore e un andirivieni di persone sconosciute. I vostri animali possono soffrire molto durante le feste natalizie, ed è per questo che è essenziale dare loro un’attenzione in più per evitare che soffrano stress e ansia. Oltre a comprare deliziose pietanze, fare una miriadi di regali, provare, preparare e stirare il vestito più adatto per l’ occasione o

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decorare l’apparta-mento, è molto importante che vi prendiate cura della salute mentale ed emotiva del vostro animale domestico. E con serietà. Come mai insistiamo tanto?

Semplice: tanto per cominciare, il vostro cane o gatto non capisce cosa sta succedendo. Dentro, l’aspetto della casa cambia, così come le persone che vi abitano, con volti, voci e odori completamente diversi. Fuori, allo stesso tempo, si sentono musiche e rumori forti, esplosioni dovuti al capodanno che li spaventano (e non poco). Mentre alcuni animali non soffrono, eccessivamente, per il rumore generato dai fuochi d’artificio, altri diventano molto nervosi, possono diventare aggressivi o preferiscono andare a nascondersi. Questi suoni forti li alterano. L’animale non sa come reagire e ciò che per noi è un suono di festa, per lui è semplicemente un segnale di pericolo. E’ possibile che il vostro cane cerchi rifugio sotto il tavolo o che, dopo minuti di ricerche, scoviate il gatto tremante sotto un angolo del letto. Il compito di un proprietario responsabile è quello di proteggere sempre la salute del proprio animale. Se non volete creare traumi al vostro miglior amico e desiderate che anche i vostri amici animali festeggino il Natale in modo tranquillo, eccovi una serie di consigli utili da seguire. 1. Una medaglietta identificativa Anche se questo sistema di riconoscimento per cani e gatti dovrebbe essere presente in qualsiasi momento dell’anno, è essenziale che lo utilizziate durante le vacanze natalizie.

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Cioè quando è più probabile che l’animale fugga da casa spinto dalla paura. Quindi, sarà più facile recuperarlo, anche se vi trovate in una località diversa dalla vostra. La soluzione, che consigliamo vivamente, è di tenerli il più vicino a voi, con voi, in modo da ridurre al minimo le possibilità di fuga in caso di paura. 2. Giocate con il vostro animale domestico Una buona idea per far addormentare il vostro cane, o gatto, durante la notte di Natale è quella di stancarlo. Per fare ciò, vi consigliamo di lasciare da parte, per qualche minuto, i preparativi e giocare con lui in modo più vivace del solito. Potreste portarlo al parco (se è un cane) o godervi qualche ora di attività fisica a casa, se si tratta di un gatto. L’importante è che l’animale scarichi tutte le energie e arrivi a desiderare di dormire o riposare. Quindi, anche se è un po’ spaventato o disturbato da rumori, grida, brindisi, verrà sopraffatto dalla stanchezza. 3. Lasciate che si nasconda Sicuramente avrete già notato che gli animali cercano rifugio in determinati luoghi, quando sono spaventati o stressati. Può trattarsi del bagno, della parte inferiore del letto o della zona più protetta del ripostiglio o di un armadio. Così come i vostri piedi o la sua cuccia. In ogni caso, vi consigliamo di non reprimere o punire questo comportamento, soprattutto se si tratta di una reazione a qualcosa che l’animale non conosce e teme.

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4. Mettete un po’ di musica Se il cane o il gatto vengono lasciati soli a casa a Natale o a Capodanno (se potete, evitatelo!), cercate di comporre al meglio l’ambiente in cui trascorreranno diverse ore senza compagnia. Ad esempio, potete mettere della musica strumentale rilassante, e lasciarla suonare a un volume che non disturbi i vicini. Ricordate di lasciare un’adeguata quantità di acqua fresca e cibo: fate fare festa anche al vostro amico! Non dimenticate i suoi giocattoli preferiti. In questo modo, non si sentirà troppo a disagio, si terrà occupato, mangerà e sarà pronto a salutarvi con affetto al vostro rientro. E ricordatevi di dargli un bel premietto al vostro ritorno. 5. Un efficace rimedio domestico Per prendersi cura degli animali domestici a Natale, alcuni proprietari scelgono medicine allopatiche, fiori di Bach o tranquillanti omeopatici, disponibili nelle farmacie, nei negozi di alimenti bio e presso alcuni veterinari. Questi rimedi naturali sono buoni per rilassare l’animale, a patto che vengano rispettate le giuste dosi. Chiedete sempre consiglio ad un veterinario o ad un esperto.

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Concludiamo con un piccolo, utile, vademecum per garantire feste serene e 100% cruelty free anche agli animali (e al nostro pianeta).

- Stop ai pet come regalo: la decisione di convivere con un animale deve essere consapevole e non frutto di un capriccio!

- MAI acquistare esemplari di specie esotiche (non solo a Natale!), oggetto di traffici illeciti e spesso sradicati dal proprio habitat per vivere in un ambiente a loro inadatto.

- Al bando prodotti quali pellicce e avorio (non solo a Natale eh!), fabbricati maltrattando e uccidendo animali. Basta anche al taglio degli alberi: il Natale sarà comunque gioioso senza sacrificarli.

- Scegliamo pranzi e cenoni 100% cruelty free, con piatti vegetariani o vegani. Prendete spunto dalle ricette presenti in questo giornalino, o cercate quelle che più vi incuriosiscono sul web, menù salutari non soltanto per noi e per gli animali, ma anche per il pianeta (ricordiamoci che gli allevamenti emettono gas climalteranti, tra i primi responsabili del riscaldamento globale).

- Stop ai fuochi d’artificio: alcuni comuni li hanno banditi, ma sono ancora troppo pochi! Lanciamo un appello a tutti i Sindaci affinchè mettano al bando i fuori d’artificio rumorosi, pericolosi per tutti gli animali (non solo quelli che abbiamo a casa), a volte anche per le persone.

- Tenete chiusi temporaneamente in un luogo rassicurante TUTTI i vostri animali, anche quelli che normalmente vivono all’esterno, soprattutto la sera del 31 dicembre.

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AUGURI!

Tanti sinceri auguri di buon Natale e buone feste a tutti! In particolare ai nostri volontari, ai soci, agli adottanti, agli amici ed

amiche, ai sostenitori, ai gattari e alle gattare, ai bravissimi veterinari e veterinarie con i quali collaboriamo, ai negozianti e commercianti che ci supportano, al CSV, alle Istituzioni tutte (Comuni, Vigili, Asl, Carabinieri,

Forestale ecc.), alle varie Proloco, alle Associazioni di protezione animali e non, ai giornali locali che ci aiutano con appelli e comunicati, a tutte le

persone di grande cuore incontrate, conosciute, o ritrovate in questo anno. Un pensiero giunga a tutti gli amici a 4 zampe che abbiamo salvato, curato, amato che ora hanno una nuova vita, e a quelli che purtroppo non ce l’hanno

fatta, ma che rimarranno per sempre nei nostri cuori. A tutti quanti

BUON NATALE E BUONE FESTE

Ci scusiamo per eventuali dimenticanze

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