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Io sono anche un esperto di internet. Va bene connettere solo le zone industriali, ma ci sono molti problemi se altre regioni della Corea del Nord avranno l’accesso 24 uesta settimana il menù è DA NON SALTARE Matulli a pagina 2 Q ICON Farulli a pagina 5 Setti a pagina 6 Cecchi a pagina 7 L’occhio olandese di Gennari RIUNIONE DI FAMIGLIA Volare oh oh... a pagina 4 Bronzi in letargo Storia di un manoscritto Bowie e Yorke musica “nuova” SU DI TONO OCCHIO X OCCHIO Baudrillard fotografo Kim Jong Il L’amata guida della Corea del Nord, padre di Kim Jong Un 5 ottobre 2008

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Io sono anche un esperto di internet.Va bene connettere solo le zone industriali,ma ci sono molti problemi se altre regioni

della Corea del Nord avranno l’accesso

24uesta settimanail menù è

DA NON SALTARE

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L’occhio olandesedi Gennari

RIUNIONEDI FAMIGLIA

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“Storia di unmanoscritto

Bowie e Yorkemusica “nuova”

SU DI TONO

OCCHIO X OCCHIO

Baudrillardfotografo

Kim Jong IlL’amata guida della Corea del Nord,

padre di Kim Jong Un5 ottobre 2008

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CCUO

.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.2

AGiovanni PapiniSe dentro una settimana nonavrò ricevuto il manoscritto e lealtre carte che vi consegnai tre

anni sono verrò a Firenze con un buoncoltello e mi farò giustizia dovunque vitroverò

Dino Campana.Marradi, 23 gennaio 1916.

Questo documento testimonia ilmomento di tensione più dramma-tica nella vicenda del manoscritto deIl più lungo giorno.Papini rispose pochi giorni dopo, sucarta intestata de “La voce”:21.1.1916A Dino Campana MarradiLe ho ripetuto centinaia di volte che isuoi manoscritti li ha Soffici. E Sofficiè ufficiale a Pistoia, scriva dunque aLui (Via G. Verdi, 2).Ho frugato in tutte le mie carte e hotrovato soltanto questi che le metto quidentro. Tutti gli altri sono a casa diSoffici

Giovanni Papini

In effetti il manoscritto era statoconsegnato nel 1913, quando Cam-pana si era presentato nella reda-zione de “L’Acerba” per proporretimidamente (ricorda Soffici) unasua collaborazione alla rivista. Ilprimo lettore del manoscritto fu

di Giuseppe [email protected]

DA NON SALTARE

giorno

La storiadelmanoscrittodi DinoCampanaperdutoe ritrovato

Un

lungo

1secoloTutto il manoscritto de Il più lungogiorno può essere consultato nel sitodella biblioteca Marucellianawww.maru.firenze.sbn.it/CAM-PANA/home.htm

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.3DA NON SALTARE

Giovanni Papini che lo passo a Sof-fici dicendo che conteneva “cosemolto buone”. Soffici fu dello stessoparere ma, secondo le memoriedello stesso Soffici, Campana era nelfrattempo scomparso, e quandoriapparve non fece parola a Sofficidel manoscritto. Nella primavera del1914 Soffici ricevette una lettera diCampana che gli richiedeva il mano-scritto avendo intenzione di pubbli-carlo. Ma Soffici rispose che, dopoun trasloco della sua biblioteca, nonriusciva e ritrovare il manoscritto echiedeva tempo per ricercarlo. Sof-fici ricorda di non aver più incon-trato Campana finché vide in libreriaCanti Orfici freschi di stampa. Sulla “riscrittura” dei testi presentinel manoscritto de Il più lungo giornosi sono fatte inevitabilmente molteconsiderazioni, ma non è mancato ilfondato sospetto che Campanaavesse comunque intenzione di ap-portare diverse modifiche al mano-scritto scomparso (e non soltantorelativamente al titolo), come poi siè rivelato nel confronto fra i testi. Maquelle, sulle intenzioni del poeta,sono e rimangono soltanto illazioniche non potranno mai essere pro-vate.La storia del manoscritto de Il piùlungo giorno vede il secondo tempoaprirsi con un articolo di Mario Luzisu “Il Corriere della Sera” del 7 giu-

Giro d'Italia in bicicletta (1° arrivato al traguardo di Marradi)Dall’alta ripida china precipiteCome movente nel caos d’un turbineCome un movente grido del turbineCome il nocchiero del cuore insaziato.Bolgia di roccia alpestre: grida di turbe ridesteVita primeva di turbe in ebbrezze:Un bronzeo corpo dal turbineSi dona alla terra con lancio leggero.Oscilla di vertigine il silenzio dentro la muta catastrofe dirocce ardente d’intorno.- Tu balzi anelante fuggente fuggente nel palpito indomoUn grido fremente dai mille che rugge e scompare con teBalza una turba in caccia si snoda s’annoda una turbaVola una turba in caccia Dionisos Dionisos Dionisos

Amo le vecchie troieAmo le vecchie troieGonfie lievitate di spermaChe cadono come rospi a quattro zampe soprala coltrice rossaE aspettano che le si innaffiiE sbuffano e ansimanoFlaccide come mantici

gno 1971, nel quale il grande poetafiorentino ricostruisce nei partico-lari la comunicazione della figlia diSoffici, Valeria, poi i contatti anchecon la signora Maria Soffici e la lorodeterminazione di donare il mano-scritto ad una qualche importantebiblioteca come proponeva lo stessoLuzi che, informando del ritrova-mento, anticipa una sintetica valuta-zione. Secondo Luzi, laricostruzione a memoria del testo haconsentito a Campana di realizzare“una maggiore condensazione... unapiù decisa fusione... una più forte in-tensità ritmica”.Successivamente gli eredi Campana(figlie nipoti del fratello Manlio cherisiedono a Palermo) rivendicano lalegittima proprietà del manoscrittoche così rimane per diversi anni inSicilia.Il 25 maggio 2002 si celebrò a Bolo-gna il premio di poesia intitolato aCampana e assegnato ad AndreaZanzotto. In quella occasione il Co-mune di Bologna e la bibliotecadell’”Archiginnasio” organizzanouna notevolissima mostra documen-taria su Campana. Una cornice piùche dignitosa e prestigiosa peresporre per la prima volta al pub-blico il famoso manoscritto. Ma allarichiesta del sottoscritto, la rispostafu netta e irremovibile. Il valore,anche affettivo del manoscritto eratale che gli eredi non avrebbero maiconsentito a correre il rischio di untrasferimento del prezioso reperto.Perciò nulla da fare!Non erano ancora trascorsi tre anniquando si apprese che il manoscrittosarebbe stato messo all’asta. Il co-mune di Firenze con l’Assessore allacultura Simone Siliani si fece pro-motore di una sottoscrizione perpartecipare all’asta. Da parte mia cer-cai di agevolare l’operazione parlan-done con Aureliano Benedetti allorapresidente della Cassa di RisparmioS.p.A. nonché appassionato biblio-filo, col quale partecipai alla esposi-zione all’hotel Baglioni delmanoscritto. Fu Aureliano Benedettia suggerirmi di intervenire su Carmi,Presidente della Fondazione a cuiavrebbe parlato anche Benedetti.Scrissi a Carmi pregandolo di soste-nere la iniziativa del Comune eCarmi mi telefonò per informarmiche avrebbe partecipato diretta-mente l’Ente Cassa per acquisirlo econsegnarlo alla biblioteca Marucel-liana che, fra l’altro era la bibliotecache aveva dimostrato con diverseiniziative sensibilità e interesse perla vita e le opere di Campana. Cosìaccadde il 4 marzo 2005 e la biblio-teca Marucelliana, confermando lafama di “simpatie Campaniane”, haprovveduto a mettere in rete l’interomanoscritto. Il tormento de Il piùlungo giorno terminava così nel mi-gliore dei modi realizzando al me-glio l’auspicio che Mario Luzi avevaformulato nel 1971 convincendo inquel senso anche la vedova e la figliadi Ardengo Soffici.

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Bisogna far presto, questa melina è in-sopportabile. Parole di Renzi che riaprela propria campagna elettorale dopoaver perso le primarie. E giù applausi,rilanci di tutta la stampa, analisi, finicommenti, sondaggi e tutto l’armamen-tario mediatico che accompagna la bril-lante carriera del sindaco di Firenze.Il quale nonostante l’autonotizia delladieta da socialnetwork non rinuncia alcinguettio e infatti il 4 aprile tweetta:“Le soluzioni tecniche, se si vuole, si tro-vano, ma bisogna volerle e smettere dipensare ai destini dei leader politici, epensare ai problemi del Paese”. E noi glidiamo ragione, però proponiamo unacorrezione. Si tolga la P maiuscola aPaese e si scriva paese, intendendo (nonse ne offendano i cittadini fiorentini) perpaese quella città di Firenze che aldilàdei destini individuali Renzi dovrebbeamministrare. Si faccia presto e si trovila soluzione tecnica (se si vuole si trova)per far partire i cantieri della tramvia.

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.4

Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

www.facebook.com/cultura.commestibile

“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

LO ZIO DI TROTSKY

Bronzi in letargoL’inverno quest’anno sembra nonvoler passare: pioggia, grandi nevi-cate (anche grandi annunci, perla verità), temperature rigide.Così la natura sembra ancoraa riposo e gli animaletti delbosco ancora in letargo.Ma non solo loro. Ci hacolpite la “notizia” cheanche Tideo il giovane eAnfiarao il vecchio(alias, rispettivamente,Polinice e Eteocle a se-conda degli studiosi), idue bronzi di Riace, se ladormono della grossa ada-giati sui lettini in una sala diPalazzo Campanella, sededel Consiglio regionale dellaCalabria, e non hanno al-cune intenzione di svegliarsidal loro letargo che ormaidura da tre anni e mezzo.Tanto che si svegliano a fare:non saprebbero dove andare,

perché il Museo Archeologico Na-zionale di Reggio Calabria che do-vrebbe ospitarli non è ancorapronto. Si dice che per la fine del-l’anno o gli inizi dell’anno prossimol’allestimento dovrebbe essere com-pletato e finalmente i bronzi sa-ranno rimessi in piedi. Possiamosolo immaginare il mal di schiena

dei poveri guerrieri di Riace!La Soprintendente archeolo-gica Simonetta Bonomi ha

voluto rassicurare il mondo interodicendo che “il processo è stato av-viato”. Pare che a queste paroleTideo e Anfiarao si siano guar-dati e l’uno abbia sussurratoall’altro “Anfiarao, sentisti? Uprucessu vonnu fari, accussì sindi va bonu passamu n’terra iprossimi centu anni”. L’altrogli ha risposto “Tideo tu si giu-vani ma a mia l’artrosi non mida paci. E’ megghiu si dur-mimu”.

LE SORELLE MARX I CUGINI ENGELS

Volare...oh oh...

Certo, da un creativo comeFelice Limosani ci saremmo

aspettati qualcosa di un po’ più...creativo per la Notte

Bianca di Firenze. Vabene che, citando ilsindaco Renzi,non è la notte dello“sbraco”, ma se

deve essere “una nottedi cultura, riflessione e approfondi-mento” (sempre Renzi dixit) bisognainventarsi qualcosa di meglio della cita-zione di Richard Bach da Il gabbianoJonathan Livingston per interpretare i“significati metaforici, suggestivi e fan-tasiosi” del tema prescelto, Volare. Nonche l’uomo non abbia nelle sue corde lepossibilità per volare alto e guardarelontano: se navigate (pardon, sorvo-late) nel suo sito, vi farete un’idea dellepotenzialità del Felice (www.felicelimo-sani.com). Ha lavorato e creato con-cept, immagini, idee, progetti per grandiimprese, convegni culturali, Università:un lavoro rimarchevole. Ma allora, per-ché non si è impegnato per Firenze, cheè un brand altrettanto figo della Levis odella Mercedes? Più che Limosani que-sto concept sembra di Girolimoni. Mac’è tempo, di qui alla notte del 30 aprile.Coraggio Felice, stupiscici! No, per fa-vore, non questa: Volare oh, oh cantareoh, oh nel blu dipinto di blu felice distare lassù ma tutti i sogni nell’albasvaniscon perché quando tramonta laluna li porta con sé. Fin qui ci arriva-vamo anche noi!

Fateprestoo perdo il tram

L’ignoto ai più, o forse a tutti, Charles Pierre A.Dufay ci presenta una lunga seriedi aforismi e racconti brevi di una presunta gemella di E.A.Poe. Charles ci diceche, persa la madre e il padre, Edgar fu diviso dalla sorella Sarah che fu allevatain un postribolo dove scrisse racconti erotici con lo pseudonimo di Teresina Frufru.Il tutto parafrasando i racconti del vero Poe. La Teresina ci dice che la casa di ap-puntamenti degli Husher rovinò per gli effetti di un focoso amplesso della prosti-tuta più grassa del mondo (182 kg.) e del suo cliente, certo Gordon, più grasso dilei 10 chili. L’apocrifo racconto descrive le avventurose ricerche di entrambi pertrovarsi zone erogene e, rotolando dal letto fecero crollare l’edificio. Banale, anchese in certe parti divertente, e la storia della “Pozza e il batacchio”. La “Discesa alMaestrum” è, invece, triviale e racconta come una giovane di Boston riuscisse, neigiorni del ciclo mensile ad attrarre nel proprio “gorgo” tutto coloro che le si pre-sentassero davanti. Una squallida e vomitevole operazione di bassa editoria.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.5ICON

“Il mio modo di conoscere lecose [è] quello di dipin-gerle, costruirle: farle”, diceAndrea Gennari parlando

del rapporto della sua pittura con ilviaggio. Tra il 1988 ed il 1989 Gennarirealizza alcune tele triangolari. La sceltadel formato, come scrive Burckhardt,“[salvaguarda] l’arte dal suo disperdersinell’infinito”. Nel delimitare uno spic-chio del visibile, il triangolo confermala pittura come veicolo di conoscenzae costruzione del mondo visibile, strap-pato alla mera superficialità. Invece discivolare velocemente sul e nel visibile,il modo linguistico del triangolo sceltoda Gennari in questi quadri, funge, in-fatti, da lente di ingrandimento, da ral-lentatore del tempo della visione e cispiega anche la sua vicinanza con ilinema. Per Walter Benjamin la frui-zione dell’immagine cinematografica sidifferenzia da quella contemplativa,meramente visiva, in quanto, al paridella fruizione di opere architettoniche,il soggetto umano al cinema non vive larealtà dell’immagine solo nella distanzadella visione, ma quasi entrandovi den-tro, compiendo un’esperienza ravvici-nata. Il soggetto rappresentato non siesaurisce in se: guardando una foto difamiglia, occorre ricordare che esisteanche chi non appare: ovvero l’occhiodi chi vede e restituisce l’immagine. Leopere di Gennari vivono in una serenitàpriva di pathos: hanno a che fare con lecose quotiadiane, tema caro alla pitturaolandese del Seicento. La serenità diGennari è una attenzione parimenti di-stribuita sul tutto; distesa, aperta, im-pegnata nella restituzione della qualitàatmosferica degli ambienti, nella loro‘chiarità’. È passando attraverso questonodo, che si coglie la natura tutta parti-colare del rapporto esistente tra viaggioe pittura in Gennari, tra immagini di-pinte e tecnologie della visione chemira ad una rappresentazione “esatta enon selettiva della natura”, come se sitrattasse di uno strumento da viaggia-tore professionista: una carta geogra-fica, una immagine scientificamentefondata. “All’inizio degli anni ‘80 – af-ferma Gennari – avevo dipinto un qua-dretto con una piccola sfinge in ungiardino a New York: era l’idea delmondo in casa […]. Ho sempre pen-sato allo studio come riferimento e hosempre immaginato che tutte le cose sisvolgessero lì. È un modo di trasferirela realtà esterna dentro di noi, mentredi solito tendiamo a non vederla”. Lecose viste, le cose amate, le cose segnatecome rilevanti si riproiettano nello stu-dio, accompagnano, come la voce dellaradio sempre accesa nell’atelier di Gen-nari, l’andamento delle cose quoti-diane: ma non solo per goderne nelprivato. La pittura torna, ancora, comeveicolo di conoscenza. “Per me – ri-corda Gennari in un’altra confessione –è il lavorare, manualmente intendo, epoi il tornare a lavorare su quelle stesseimmagini che mi permette di farle mie,e nello stesso tempo di rapportarmi al

di Luca [email protected]

Fork Dance – 1985, olio su tela, cm. 72x100

Piccolo omaggio a Paolo Conte 1991olio su tela , cm. 75X150

L’occhioolandeseGennaridi

tempo di osservazione di un ipoteticospettatore. Nella manipolazione delleimmagini, nel lavorarle per piani, performati, c’è studio, attenzione, ‘tene-rezza per le cose di questo mondo’, ma,soprattutto, la trasparenza dell’imma-gine perde a favore della opacità dellarappresentazione pittorica. Ha luogo,attraverso di esse, quella che HansGeorg Gadamer ha chiamato “crescitanell’essere”. Esse non sono gli stessi luo-ghi, gli stessi oggetti visti, ma luoghi se-gnati del visibile, punti rilevanti dellamappa, luoghi della memoria, espe-rienze. Che tornano a farsi visibili, stu-diabili, ma nella forma di cose vissute,amate; con il suo testimone oculare,che non c’è più e si fa nuovamente pre-sente. Andrea Gennari (1952-2011) – Retro-spettiva all’Accademia delle Arti del Di-segno Firenze dal 3 al 31 marzo – il

testo è una sintesi del saggio pubblicatonel catalogo edito da Polistampa.

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.6

Nei migliori (e ultimi) negozi didischi, e ovviamente in tutto ilweb planetario, sono usciti re-centemente due nuovi album.

Nuovi in tutto e per tutto, di duratautile per ritenerli realmente una nuovacreatura musicale autosufficiente. Suc-cede troppo spesso che escano cd di 12minuti e mezzo, due singoli e 4 live e trequarti e via e via. No, finalmente sonodue pubblicazioni complete, esaurienti.Gli autori: niente meno che ThomYorke e David Bowie. Si, certo, Yorke sinasconde dietro un nuovo nome di unnuovo gruppo, ma la verità è che le ideesono sue, è tutto suo, si sente. Infatti èin piena linea con il suo precedentealbum solista. Bowie invece è Bowie,senza maschere. Pochissimi legami di-retti tra i due album: la data di uscita (equindi anche il contesto storico-arti-stico che stiamo vivendo) e il fatto chei due singoli (Ingenue per Yorke eWhere are we now per Bowie) sianoaccompagnati e rappresentati sulla reteda due video strepitosi.I video: già in Lotus Flower Yorke bal-lava. Il rapporto del suo corpo con lasua musica è la prima novità che pro-pone come solista. Ora, in Ingenue, èaccompagnato da un corpo femminiledi bravura assoluta. Si nota, certo dalmontaggio, che Yorke non è un “profes-sionista” della danza, ma è qui il punto?No. Il punto è che ci conduce in una di-

mensione di grande energia, compli-cità, rischio. Bowie ha un’altra età, e lasua vita di recente si vede che ha attra-versato vie difficili. Il video è unosguardo, più sguardi, al passato, all’arte,su Berlino, su ciò che è stato (mezzibu-sti neoclassici), ciò che è e ciò che sarà.L’unica cosa mobile, insicura: il nostrovolto, la nostra immagine, il nostro io.La copertina stessa dell’album, strepi-tosa, rimanda all’inutilità di un’identità,e all’unica cosa che conta, che la musicasia bella e continui, nonostante tutto.Si arriva infine a parlare di musica,anche se Zappa ci ha insegnato che“parlare di musica è come ballare di ar-chitettura”, quindi impossibile ed inu-tile. Ma credo sia giusto così: nei nostritempi, tempi in cui escono contempo-raneamente questi due album, la mu-sica richiede di essere compresa in un

Allora: questo signore è David Bowie,che solo per completo amore ci regalaun nuovo album. Non solo le stellettele lascerei a chi oggi ha il triste destinodi doverle ancora subire perché“nuovo”, ma proprio se sei costretto nedevi mettere 14 di stellette. Perché si, ebasta.Yorke prosegue il suo percorso, coe-renza assoluta, band mostruosa, produ-zione perfetta. Rimane la scelta, a miomodo di vedere irrisolta, di voler rinun-ciare ad una parte di sé (i Radioheadovviamente) solo per la volontà di vo-lerci rinunciare. È come se ci dicesse“qui faccio ciò che di là non posso fare”.Penso che questo sia il neo fondamen-tale di Yorke solista. La prova che tentodi produrre ha precisi riferimenti mu-sicali; con i Radiohead Yorke aveva

inaugurato un percorso che ho ritenutoda subito rivoluzionario, quello di ap-plicare alcune grandi novità della mu-sica del Novecento (sappiamo il suoamore per Penderecki e altri grandidella musica dei nostri tempi) alla suavicenda musicale. Il Novecento intestocome quello che ha nascita dal Brahms“progressivo”, nel quale la melodia ini-zia a sparire, si confonde fra i registri, sieclissa e ricompare. La melodia dissoltaha generato alcuni dei più importantifrutti musicali di sempre. Ecco, adesempio I Will è il punto massimo conil quale i Radiohead portano il pop aduna svolta. Che sono sicuro avrà svi-luppo, ma non in Yorke solista eviden-temente. La struttura nelle canzoni deidue album solistici è infatti altra: unabase ritmico-elettronica estrema, ine-luttabile; la sua voce e infine una seriedi suoni-contrappunti-linee di bassofletless (che rappresentano in breve ac-cordi-melodia dissolti). La voce rap-presenta il punto di riferimento fisso, lasegui, non ci si “perde” mai in questecanzoni, è come uno stato di estremavigilanza inamovibile. Ciò a cui puòcondurre questa scelta è una dimen-sione epica, fortissima, che come nelprecedente album si materializza nel-l’ultimo pezzo (Amok): qui la voce sidissolve, la melodia non c’è più, e nona caso si sente subito di raggiungere unadimensione nuova. La speranza è cheYorke torni presto, prestissimo, a so-vraincidere la sua voce più e più volte,tra vari registri, fino a farci smarrire neisignificati del testo e dei suoni.

di Mario [email protected]

SU DI TONO

I freschissimiThom Yorke

David Bowie

contesto che intende comunicazione,immagini, altre dimensioni temporali,più esigenze.I brani di Bowie sono una serie di can-zoni, tutto qui. Una band, classica (ov-viamente di bravura marziana), percanzoni assolutamente tradizionali. Inalcuni casi reazionarie: Valentine’s day(pezzo bellissimo) ci propone addirit-

tura chitarre anni ottanta che sulla vocesi producono in soli a dir poco vintage.Mai si sentono suoni di pianoforte intutto l’album. Cura dei particolari,ovunque, poca elettronica: dal vivo ri-proponibili solo in piccoli teatri…chissà. Luca Valtorta sul Venerdi di Re-pubblica consegna all’album tre stellesu cinque. Ripeto, tre stelle su cinque.

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.7OCCHIO X OCCHIO

Vedere è un atto creativo, che ri-chiede la partecipazione attivadi chi guarda, ma fotografare èqualcosa di più, è un vero e pro-

prio atto filosofico. Secondo Jean Bau-drillard (1929-2007) “vedere” la realtàoggi è diventato impossibile, perchéessa è nascosta dai “simulacri” impostidalla politica, dall’economia e dall’indu-stria culturale, che si presentano comeuna realtà costruita ad arte per sostituirela realtà vera. Nel confronto fra la realtàoggettiva e la realtà soggettiva, Baudril-lard dichiara l’illusorietà di ambedue.Ammettendo l’esistenza di un mondoesterno, conosciamo solo la rappresen-tazione di esso dentro di noi, ed ognitipo di rappresentazione o sensazione èuna rappresentazione fittizia. Il com-pito della filosofia, ma anche della foto-grafia, è quello di smascherarel’illusione della realtà oggettiva. L’im-magine, non essendo legata né alla ve-rità né alla realtà, è pura apparenza, èl’illusione del mondo, e ci ricorda che ilreale non è mai certo e che il mondopuò fare a meno del principio di realtà.Le immagini fotografiche costituisconouna àncora di salvezza, un modo di“contemplazione” che oltrepassa ilmuro della finzione imposto da una re-altà sempre più virtuale e costruita inmaniera artificiale. Baudrillard resisteallo scatenarsi della comunicazione edell’informazione attraverso il segretodella fotografia, resistendo ad ogni ir-rompere automatico delle immagini.Oltre l’indagine teorica, ed al contrariodei filosofi (Flusser, VanLier) e dei se-miotici (Schaeffer, Dubois, Floch) chehanno trattato della fotografia, Baudril-lard compie un atto di forza e di corag-gio, scegliendo di dedicarsi egli stesso,in maniera seria e continuativa, peroltre un decennio, alla produzione diimmagini fotografiche, meritandosi inquesto modo l’appellativo di filosofo-fotografo.“La fotografia è il nostro esorcismo, lasocietà primitiva aveva le sue maschere,la società borghese i suoi specchi, noiabbiamo le nostre immagini. L’imma-gine fotografica è la più pura, perchénon simula né il tempo, né il movi-mento, e si attiene all’irrealismo più ri-goroso. Il mio sogno sarebbe quello diessere un fotografo senza obiettivo, dimuovermi per il mondo senza fotoca-mera, andare oltre la fotografia e vederele cose come se fossero esse stesse al dilà dell’immagine, come se fossero giàstate fotografate, ma in una vita prece-dente.” Le immagini fotografiche prodotte daBaudrillard indicano una strada, soffer-mandosi su luoghi, oggetti o dettagli ap-parentemente insignificanti,minimalisti, spogliati da qualsiasi vel-leità estetica, descrittiva o utilitaristica,ma di fatto evocativi e pervasi da unasottile vena poetica, tasselli recuperatidi una realtà in via di estinzione. Le suesono immagini pacate, sottili, impalpa-bili, che si “oppongono” in maniera dia-metrale al fiume in piena delle

di Danilo [email protected]

Jean Baudrillard

immagini scaricate incessantementenegli occhi e nei cervelli dai media.Sono l’anomalo contributo di un filo-sofo che non ha esitato ad usare, ac-canto ai linguaggi delle “parole” e della“scrittura” anche quello delle “imma-gini”. Nel duemila Baudrillard ha espostopubblicamente le sue opere ed ha te-nuto una lettura durante gli incontri fo-tografici di Arles.

Il sistemadelle

foto

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L’eroticaMarianadi JohnEverettMillais

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.8

Mariana è un personaggio diben poca rilevanza all’in-terno del canone shake-speariano. Fa la sua

comparsa in Misura per misura rima-nendo però ai margini della storia: pro-messa sposa di Angelo, vicario delDuca di Vienna, e da lui abbandonatadopo la perdita della sua dote nel nau-fragio del vascello sul quale viaggiavaanche il fratello, decide di ritirarsi inuna casa di campagna circondata da unfossato, dove trascorre i suoi giorni insolitudine rimpiangendo colui che la haabbandonata.La “oscura” vicenda di Mariana co-nobbe in epoca vittoriana una certa for-tuna, anche grazie alla lirica a leidedicata da Tennyson, all’interno dellacorrente letteraria e pittorica dedicataalle donne distrutte dall’amore e dal de-siderio dove trovava spazio la rappre-sentazione della frustrazione sessualecausata da un sentimento non corrispo-sto con l’immagine di una donna solache, senza aver trasgredito, si consuma.A Mariana è dedicata l’opera ritenuta daJohn Ruskin la più rappresentativadell’esperienza preraffaellita. Dipinta daJohn Everett Millais un anno prima diiniziare la composizione di Ophelia,Mairana ne è il perfetto contraltare sti-listico esemplificando la maestria delrealismo preraffaellita nella riprodu-zione di un ambiente chiuso. È l’interno di una stanza con poca lucel’ambiente in cui Millais immagina loscorrere della vita solitaria di questadonna, che troviamo in piedi di frontead una vetrata gotica, mentre si porta lemani alla vita come se cercasse sollievostirandosi le membra dopo essersi al-zata dallo sgabello dietro di lei. Tra glioggetti che spiccano intorno al corpodi Mariana, oltre allo sgabello imbot-tito, un tavolo sul quale lei stava cu-cendo presso la finestra e alla suadestra, in ombra, una specie di taberna-colo sul quale sono poste immaginisacre assieme ad una candela votiva. Lacritica vittoriana nell’elogiare la cura deldettaglio che in ambiente interno riu-sciva ad eguagliare con successo la rap-presentazione della natura, non fecemai riferimento ai numerosi simbolisessuali contenuti nel dipinto. Primo fratutti quello costituito dalla singolareposizione assunta dalla donna: tenendole mani sui fianchi Mariana effettiva-mente porge il proprio grembo alla fi-gura maschile, l’arcangelo Gabriele,raffigurata nella vetrata. Tra l’Annuncia-zione riprodotta nel quadro e la storiadi Mariana vi è inoltre una curiosa sim-bologia: Maria e Mariana ed Angelo,l’uomo che l’ha abbandonata, e l’Arcan-gelo Gabriele. Esaminando l’altra ve-trata nel quadro, di fronte allospettatore, troviamo uno stemma aral-dico con un bucaneve sormontato daun elmo con sopra un braccio armato.L’immagine porta con sé un’altra chiaraallusione sessuale: il bucaneve, fiore as-sociato al giorno della Candelora festadella purificazione di Maria, viene sor-

Le passeggiate dei poetie la salita dei moccoli

di Caterina [email protected]

di Franco [email protected]

E’ pur vero, come ci ricorda Ar-dengo Soffici nella poesia “Via”, chei poeti illustri possono dare nomealle vie ( “Palazzeschi eravamo intre/noi due e l’amica ironia/a brac-cetto per quella via/ così nostra alleventitrè./Il nome, chi loricorda?/dalle parti di San Gerva-sio;/Silvio Pellico o Metastasio”).Ma, s’intende, più che importava alpoeta era la via come luogo dellavita.Così Giovanni Papini nell’Ottavotesto di “Poesia in versi”.“Mai come in questa mattinanuova,/ con nuovo cuore martellocol passo/ la strada che il corpo ri-trova/ tra le muraglie doppie disasso.”Camminare per entrare nel mondodella poesia, “fuori dal vero e dall’or-dinario”.“Alla fine, e per sempre, solitario;/lieto, leggero, sigaretta in bocca;/fuor del vero e dell'ordinario/vodove nulla mi tocca.” Anche Dino Campana nella “Petitepromenade du poète” s’inoltra dalla

ICON

SPIRITI DI MATERIA

città alla campagna per “stendersisull’erba”“La stradina è solitaria/non c'è uncane; qualche stella/nella notte soprai tetti:/e la notte mi par bella.(…) ecammina e via cammina,/già le caseson più rade./Trovo l'erba: mi cistendo/a conciarmi come un cane”.Le strade predilette dai poeti sonoperciò Vie con la maiuscola, veri epropri percorsi di una liberazione in-teriore.Così è accaduto anche a un poeta dioggi, Alessandro Dell’Anno, facenteparte del gruppo di Hellas di Car-melo Mezzasalma, caratterizzato dallaricerca intorno al mito cristiano.E, casualmente, Dell’Anno ha sceltouna strada in salita, quasi per unaascesi, anche se porta il nome di unaimprecazione.Infatti Gino Bartali, consideratal’asperità della collinetta fiorentina, lachiamò la “salita dei Moccoli”, e talenome è rimasto.Dell’Anno, con un’asciuttezza visivo-sonora postnovecentesca, affidal’ascesa al poggio a “un sentiero d’ac-qua” formatosi nelle zanelle “chespecchia il fondo/e il cielo/ e noi”fino “…a guardar Firenze”.

UN MATTINO PRESTO

La salita dei Moccolisi fa a piediseguendo le pieghe dei muridi mattoni rossiche occhieggianodall’intonaco sbreccatoe grigio di muffe.Gli archi a terrascolano sulle pietreun sentiero d’acquache specchia il fondoe il cieloe noi,che forziamo il passoe il respirofino al murettodi fianco alla canonica,a guardar Firenze.

Da Che non si senta,Nuova Cappelli, Bologna, 1983

montato dalla lancia, simbolo fallico,che punta verso il capo della Verginenella vetrata al suo fianco.Le foglie ai piedi della donna e sul suotavolo suggeriscono l’idea dell’estateche sta cedendo il passo all’autunno,così come la sua gioventù, spesa nell’at-tesa dell’uomo che l’ha abbandonata,ad un’età più matura.

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appare inanimata e inane metafora pri-mordiale, da tempo della pietra ap-punto. Non si vede all’orizzonte nondico una persona, ma un pensiero "per-bene". Vedetelo, ne discuterete...

CCUO

.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.9KINO&VIDEO

Come pietra paziente di Atiq Ra-himi, afgano trapiantato a Pa-rigi, scrittore, dall’omonimosuo libro, magari è proprio que-

sto il caso in cui si potrebbe dire che èmigliore il libro del film, ma non l’holetto quindi posso solo immaginarlo. Ame il film non è piaciuto, gli do comu-que un giudizio medio alto per il temae la intensa e sensibile interpretazionedella protagonista assoluta, una attriceiraniana, e per l’innegabile merito diaverci mostrato una città, Kabul, unmondo, l’Iraq, una umanità, un mododi vivere ai limiti dell’impossibile, utilequindi a farci apprezzare l’acqua incasa,i vetri alle finestre,i solidi muri inpiedi delle nostre case, cose basilari eminime che basterebbero, molto altroabbiamo e non siamo contenti. Passe-rei ai demeriti, primo l’improbabiledoppiaggio, la donna usa la parolapene, il substrato socioculturale ne ipo-tizzerebbe l’impossibile conoscenza(del termine intendo), il muezzin cheparla italiano! Secondo, non sembrache sappia questo film definirsi fra me-tafora e realismo, le parole e il percorsoautoterapeutico attraverso il raccontodi sè, delle proprie mortificazioni eumilianti esperienze al marito in comaprofondo in una casa semidistruttasotto bombe, missili e incurisioni disoldati che sparano e volentano, men-tre le sue due bambine piccole nonhanno nè acqua nè cibo, appare dav-vero troppo ricercato, preciso e consa-pevole, troppo verboso e complesso.Aggiungo che al contempo tropposemplicistico appare l’indicare come ri-solutiva la scoperta della propria gio-vanile baldanza ormonale e il suodiritto ad affermarsi. L’Iraq ne escecome un paese senza speranza direi, lasituazione della sua umanità vede il ge-nere maschile o in coma o armato finoai denti in nome di un misticismo pri-mordiale, crudele e ingoiato acritica-mente, il meglio balbetta, ruba ed èschiavo di un uomo cattivo più po-tente. Le donne mute, nascoste, usate,picchiate e anche vendute magari soloper sanare una perdita alle scommessenei combattimenti fra quaglie, la me-glio è una tenutaria di bordello, ha uc-ciso il suocero suo violentatoreabituale e uguagliata con l’omicidio laviolenza dei maschi li uguaglia rita-gliandosi un minimo spazio di libertàe autonomia. Tutto sembra giocarsinelle parti basse, chi non fa benel’amore fa la guerra, chi non scopa libe-ramente non ha nè diritti nè capacità dipensiero. Aggiungo, senza giudicare, laprotagonista, che con un unico gestod’impero e forse rabbioso si copre lafaccia con il burqua, giovanissima ha ri-petutamente tradito l’odioso e impo-tente marito per avere le figlie, senzaavrebbe potuto essere ripudiata. Furbi-zia e ambiguità connaturate. La pietrapaziente del titolo è l’oggetto cui ledonne possono, se la trovano, raccon-tare l’enorme mole delle loro pene finoa frantumarne la potente compattezza,

di Cristina [email protected]

a cura di Aldo [email protected]

I am AmericaGinsberg a PontederaNell’ambito di Una Stagione per la To-scana sabato 6 aprile alle ore 21 al Tea-tro Era di Pontedera, si replica L’OpenProgram del Workcenter of Jerzy Gro-towski and Thomas Richards presentaI Am AmericaI Am America con la regia di Mario Bia-gini, con artisti provenienti da tutto ilmondo, riporta in vita la poesia di AllenGinsberg in uno spettacolo basato sullinguaggio poetico tipico dei testi diGinsberg e sui canti tradizionali del suddegli Stati Uniti. Lo spettacolo è fruttodi una ricerca sull’azione sul senso dellaparola poetica.L’Open Program, sotto la direzione diMario Biagini, ha esplorato numerosipoemi dell’autore statunitense e li hautilizzati come base di partenza per lacreazione di canti, musiche e azioni. Composizioni originali dei membri delWorkcenter, sviluppate attraverso unprocesso di intensa collaborazione di

circa tre anni, dialogano con i testi diGinsberg per riscoprire l’aspetto vivodella parola poetica come strumento dicontatto e di azione, le sue qualità ritmi-che e soniche, la sua complessità di sensie significati.Il poema Americadi Allen Ginsberg, in-

fatti, è il filo rosso che attraversa lo spetta-colo. In I Am America gli elementi dram-matici sono funzionali a rendere chiari ivari significati dell’opera poetica. L’attività del Workcenter of Jerzy Gro-towski and Thomas Richards si fonda suuna pratica di lavoro fra le più innovativee radicalmente legate alla tradizione; af-fronta cioè le tecniche performative allaluce del teatro, del rituale e delle anticheradici delle arti drammatiche, qui gli ele-menti dell’artigianato artistico sono vei-colo dello sviluppo individuale.

SCENA&RETROSCENA

Le donne nascostein Iraq

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.10LUCE CATTURATA

di Sandro Biniwww.deaphoto.it

I confini della cittàUn racconto per immagini

dalla periferia fiorentina (2001-2013)

di Cristina [email protected] Gabbietta

pergrilloniegrillini

BIZZARRIA DEGLI OGGETTI

Gabbietta da grillo, per la “festadel grillo” alle Cascine- Firenze.Anni 50La Festa del grillo è una anticatradizione di Firenze, direi senon perduta fortemente snatu-rata, si tiene il giorno del-l’Ascensione nel Parco delleCascine. La Festa prevedevapic-nic sull’erba e ricerca o ac-quisto di un grillo vero, che noncantava mai malgrado l’insalata,in apposita gabbietta . Parefosse un omaggio all’inizio dellaprimavera, sottolineata dal cricri serotino dei grilli, ma forseanche un modo per eliminarlivisto che, se fossero stati troppi,avrebbero potuto danneggiare iraccolti. Ora squallidi grilli elet-tronici in brutte gabbiette pla-sticose e non più coniglio frittosu una candida tovaglia portatada casa, ma hot-dog e hambur-ger... Una gabbietta per Grilloora farebbe parecchio comododirei...

Sandro Bini - I Confini della Città - Sorgane - Firenze 2011

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.11

Audizionidi Susanna Stigler

[email protected]

Aprile 2013

PUÒ ACCADERE

ANTIQUARIUM

Visitando la mostra “Lusso edeleganza. La porcellana fran-cese e la manifattura Ginori”,in corso a Palazzo Pitti, viene

ancor più da indignarsi per l’incapa-cità della classe imprenditoriale no-strana e delle Istituzioni, a salvareun’azienda storica e potenzialmente

ancora produttiva, come la Ginori.La quale dovrebbe essere salvata, siacome ‘bene culturale’ e storico, siaper i risvolti sociali e occupazionaliche comporta. La secolare manifat-tura, fondata nel 1735, ha segnato isecoli dialogando ,specie in età na-poleonica, con la Francia delle ma-nifatture di Sèvres e producendo,fino ad oggi, non solo serviti da ta-vola e oggetti d’arredamento d’eccel-lenza, diffusi in tutto il mondo, maopere d’arte vere e proprie, per lapresenza, ancor viva, di manod’opera qualificatissima e irripeti-bile, se abbandonata. Farò un unicoesempio. Solo tre anni fa.-. vale lapena di ricordarlo.-.è uscito dallamanifattura un nuovo, bellissimoesemplare in porcellana della “Pietà”di Massimiliano Soldani Benzi(Montevarchi 1656-1740) il cui ori-ginale (conservato nel museo di Se-attle, Usa) fu realizzato in bronzo,nel 1708, come opera di devozioneprivata dello stesso scultore. Da que-sto fu tratto il primo esemplare inporcellana (1745), oggi conservatonella Galleria Corsini .Dopo tre se-coli di dimenticanza e abbandono, lascultura è stata, per così dire, ‘clo-nata’ nuovamente. Parlare di ‘esem-plare’, infatti, suona riduttivo, se nonsi conosce il percorso tecnico-arti-stico che si è dovuto seguire per rea-lizzare un’opera di questo tipo. Si ètrattato di ripulire i calchi in gesso,

di Annamaria [email protected] Piacere e indignazione

La mostra a Pittidella Manifattura Ginori

ben 54, con una complicata proce-dura; colarvi dentro la porcellanacruda e liquida, cuocerli a 1400gradi, e, infine, assemblare i pezzi in-sieme con un’operazione che ri-chiede non solo esperienza tecnica,ma sensibilità artistica, fino a vederrinascere la scultura. Per tutto que-

sto lavoro si è dovuto ricor-rere a un artista artigiano

- Piero Luchi - ormai inpensione, l’unico in

grado di svolgere lecomplesse opera-zioni di assemblag-gio, essendo leprocedure traman-

date ad personam,con la pratica.

E’ perciò una follia la-sciar morire una manifat-

tura di questa qualità epotenzialità, lasciando senza lavorooltre 300 fra maestranze e operaispecializzati, anziché cercar di incre-mentare, con la produzione, una ri-sorsa importantissima per ilterritorio e per l’artigianato artistico,che il mondo continua ad ammirare,e che noi sprechiamo

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.12

di Dario Collini

SU DI TONO

Il concerto di Pasqua della Scuola diMusica di Fiesole, quest’anno svoltosii giorni 22 e 23 marzo presso laChiesa episcopale americana di St.James, è un appuntamento fisso. Sulpalco l’Orchestra “Vincenzo Galilei” -che dal 1992 raccoglie tra le sue file igiovani allievi dei corsi superiori dellaScuola; dirige il Maestro GiampaoloPretto, primo flauto dell’Orchestra na-zionale della RAI, concertista, mem-bro del Quintetto Bibiena e ormai daanni istruttore di gruppi giovanili. Le due serate prevedono un pro-gramma per molti aspetti interessante.Il filo della memoria si dipana riavvol-gendosi dal presente al passato lonta-nissimo, attraverso un percorso divera e propria archeologia musicale,storica e della parola (sul fondo tace labiblica Passio Christi).In principio il contemporaneo ArvoPärt (nato nel 1935 e tutt’oggi in vita),compositore cresciuto in Estonia altempo dell’Unione sovietica, studiosodi musica antica monodica e polifo-nica. Potente la carica religiosa del suosingolare Cantus in memory of Benja-min Britten (1977), in cui la voceviene letteralmente a mancare la-sciando spazio alla strumentale itera-zione, fortemente ossessiva, di scalediscendenti a diverse velocità.

L’absentia vocis evoca lo spettro delcompositore dedicatario, autore dellaCantata misericordium op. 69 – chesegue in programma - in cui il canto(ri)nasce con il tenore Stuart Patter-son, il baritono George Mosley e ilCoro della Schola cantorum “F. Lan-dini” (direttore Fabio Lombardo).Segue indietro nel tempo il celebreStabat mater per soprano (MariacarlaSeraponte), contralto (Sandra Buon-grazio), archi e basso continuo di G.B.Pergolesi (1710 – 1736), su testo diJacopone da Todi. Nella mente sicompone la sequenza delle immagininarrate, la chiesa spoglia lascia mas-

simo spazio all’immaginazione. Pas-sione vibrante e tangibile, sostenuta erestituita dalla musica di un composi-tore morto a soli ventisei anni ma ca-pace di toccare una profonditàdisarmante.Ecco più chiaro il tracciato, la via: ilprius senza il quale non esiste il post, ilverbum (cantato) riflesso nel gioco dispecchi della storia. Siamo tutti figlidell’uomo.L’ultima nota lascia spazio al silenziofinale nella sala piena di giovani, asse-tati di sacro e di cultura, senza parole.E forse il cerchio si chiude riapren-dosi. Applausi.

ODORE DI LIBRI

“Dall’imponente portonedel Palazzo Pubblicodi Lucca il 14 marzodel 1814, due carrozze

scortate dalla Gendarmeria esconovelocemente nella grande piazza. Sullecarrozze hanno preso posto Elisa Ba-ciocchi, la figlia Napoleona, il giovaneLucchesini, la nuova fiamma dellaprincipessa, e poche persone del se-guito. Attraversata piazza Napoleone,passano Porta San Donato e si diri-gono verso Massa Apuania, il confinedel Principato, ormai caduto per sem-pre. Sono trascorsi dieci anni dalgiorno del trionfale ingresso della so-rella dell’Imperatore nella città diLucca.”Si parla di questa fuga da Lucca nelleultime pagine del libro: Elisa Baciocchie il fratello Napoleone. Storie francesi daPiombino a Parigi, R. Mosi (EdizioniIl Foglio, 2013, pagg. 132, euro 12). Illibro illustra alcuni percorsi legati allastoria del Principato di Lucca, delPrincipato di Piombino, delle terre diMassa e Carrara nei primi anni del-l’Ottocento, dal 1804 al 1814, attra-verso la figura della principessa Elisa,donna forte e ambiziosa, formata nelturbine dei cambiamenti che scuote laFrancia e l’Europa.Il libro illustra anche momenti parti-colari della storia di Napoleone, dallavisita, nel 1796, a San Miniato, luogo

di Roberto [email protected]

di origine della famiglia, dove ancoraviveva lo zio canonico Filippo Buona-parte, all’arrivo in esilio, nel 1814, nelminuscolo regno dell’Elba, dopo chesi è difeso come un leone sul suolofrancese contro gli eserciti di mezzaEuropa. E’ facile nelle province costiere dellaToscana trovare oggi i segni del pas-saggio di Napoleone, di Elisa e deiloro familiari. La guida segue dunquele tracce lasciate dalle storie di questipersonaggi. Sono illustrati i cambia-menti sia della vita quotidiana sottol’influenza francese, con Parigi al cen-tro delle novità, sia della cultura, dellatecnologia e dell’ingegneria, aspettiimportanti per comprendere gli stra-ordinari cambiamenti emersi anche inToscana nel passaggio da un’epocaall’altra. Per riprendere ancora la fuga di ElisaBaciocchi, le carrozze nella corsaverso il confine, passarono “ vicino aCarrara e ai magazzini pieni fino all’in-verosimile delle statue e dei busti dimarmo, di ogni dimensione, di Napo-leone e dei personaggi più illustri. Saràdi non poco conto l’impegno per libe-rare questi magazzini, come quellisparsi per tutta l’Europa, predispostiper accogliere le immagini e i miti fis-sati nel marmo dei nuovi potenti.”“Un fine interprete dei pensieri diElisa, l’erudito Eugenio Lazzareschi,che ha scritto la storia della sua vita, cirassicura che passato il confine, Elisariprese animo, svanì dopo tanti giornidi tribolazione, la “commozione dei ri-cordi”. Sorrise “con gli occhi più splen-didi, irrorati di lacrime”, al marcheseLucchesini, l’uomo “giovane e forte”che le stava a fianco nella carrozza.” E’ il momento di riprendere il filo deiprogetti per il futuro e di affrontarecon determinazione le avversità delpresente facendo forza sul suo carat-tere. Quest’atteggiamento la porterà asuperare ancora infinite prove e ad ap-prodare ai giorni felici di Villa Vicen-tina, presso Trieste, nell’ultima partedella vita, dal 1816 al 1820, l’annodella morte.

La storia dell’uomoda Pärt a Pergolesi

La vitadi Elisa Baciocchidonnaappassionatae intraprendente

Esserela sorella

diNapoleone

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.13NUVOLETTE

www.martinistudio.euLe storie di Pam

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I giovedì di Casa Martelli

CCUO

.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.14

certo bruciare le tappe e passare sul ca-davere di molti!Quindi i burattini non mettono in scenasolo fiabe popolari, ma attingono a pienemani anche dal repertorio più nobile e

tradizionale.Ormai abbiamo un po’esaurito la pur ricchis-sima vena delle fiabe po-polari e ci siamo datempo rivolti anche alle

fiabe “celebri”. Del resto nei Cartellonidelle rassegne per ragazzi i titoli con-tano moltissimo. Saranno certo più nu-merosi gli spettatori che sceglierannodi acquistare il biglietto dei vari “Cene-rentola”, “Raperonzolo”, “Bella Addor-mentata” di quelli che si fiderannosemplicemente del nome della Com-pagnia.Enrico, modestie a parte, la tua compa-gnia è conosciuta in tutta Italia, ormai.

In effetti lavoriamo a Firenze in variteatri, dal grande Puccini al microsco-pico Teatrino del Gallo, modulando lestrutture, i titoli e gli orari. Poi giriamol’Italia (nelle ultime tre settimane ab-biamo visto Cuneo, Pescara e Amalfi,in aprile Domodossola, Torino, Mi-lano, Pisa e Cortona) e siamo al tempostesso burattinai, camionisti, magazzi-nieri, fonici, elettricisti. Poi ci fer-miamo un po’ a fare gli organizzatori,scrittori, contabili e soprattutto contri-buenti fiscali! Ci vuoi spiegare, da vero artigiano dellospettacolo, la differenza tra burattino emarionetta. A noi sembrano in effetti lastessa cosa, ma forse così non è.Il burattino è la versione popolare delpupazzo animato, la marionetta è il cu-gino nobile. I burattini nascono nellepiazze dove recitano “all’improvviso” esu canovaccio, le marionette stannonei salotti dove allietano i bimbi ricchie si accompagnano alla musica operi-stica. Oggi il Teatro di Figura (ancheombre, pupi e oggetti animati) è la me-diazione di tutto questo, ha accesso aiteatri, continua ad animare le piazzeseppure con le necessarie infrastrut-ture ed entra nelle scuole. In Italia èpoco tutelato e viene ritenuto una“cosa da bambini”; in Europa invecesiede con pari dignità accanto al piùconvenzionale teatro “d’attore”. Ai Pupidi Stac piace mescolare le carte, alter-nare personaggi in carne e ossa ai bu-rattini, mostrare gli animatori, svelarei trucchi. Resta comunque forte ancheil repertorio tradizionale, raccolto daLaura Poli, da più di quarant’anni sem-pre in scena per il pubblico di grandi epiccini, stranieri e fiorentini.E per conoscere le vostre iniziative?Su www.pupidistac.it/repertorio.htmci sono tutti i nostri spettacoli.

SCENA&RETROSCENA

Venerdì 15 marzo i Pupi di Stacsi sono esibiti nel centro com-merciale Unicoop di Novoli, aFirenze, presentando i loro bu-

rattini a un pubblico prettamenteadulto, quel pubblico che, in quell’Ot-tocento che ha visto nascere le ma-schere, assiepava i teatri improvvisatidei burattinai.Enrico Spinelli è l’anima dei Pupi di Stace con lui ci piacerebbe fare una chiacchie-rata su questa esperienza che ha visto lacreazione di un teatro di burattini per di-vertire gli adulti.Ma prima, Enrico, chi sono i Pupi diStac?Sono una compagnia fondata a Firenzenel 1946 da Carlo Staccioli (1915-1971) caratterizzata da burattini dilegno con le gambe, o “marionettesenza fili”, nello stile di Pinocchio. Il re-pertorio, basato sulla fiabistica popo-lare toscana, fu sviluppato da LauraPoli (1926-1991) che affiancò lo Stacdal 1958 sostituendo il fratello Paolo.Dal 1990 l’attività prosegue, ormai adimensione europea, nella linea tradi-zionale di sempre, condotta da EnricoSpinelli (1951) figlio della Poli. Quando con Cooperativa Archeologiaavete deciso di realizzare un vostro spet-tacolo alla Nuvola di Novoli, su qualefiaba “per adulti” vi siete orientati?Abbiamo scelto “Il Gatto con gli Sti-vali”. In effetti la nostra messinscenadella celebre fiaba, di cui si conoscononumerose versioni, anche toscane o to-scanizzate, è piuttosto scanzonata equasi “cabarettistica”; i bambini se-guono la vicenda immedesimandosinel Gatto e nelle sue scaltrezze, gliadulti colgono il registro ironico e ve-dono all’opera gli animatori, quasisempre allo scoperto.Insomma, avete deciso di giocare a faccescoperte.In effetti sì, abbiamo voluto smitizzareproprio questa storia. A pensarci bene,in effetti, si tratta dell’apologia di un in-ganno, perpetrato a più riprese dalgatto per favorire la rapida carrieradello sprovveduto padrone. Quasi uninvito a essere arrivisti e senza scru-poli…Ma come tutte le fiabe che si rispettino,c’è la morale finaleCertamente sul finale la confessionedel finto Marchese di Carabà restitui-sce allo spettacolo e alla sua discutibilemoralità una sorta di redenzione.Anche il fatto che la selvaggina cattu-rata per essere donata al Re non debbaessere cucinata, ma serva per scopi piùnobili, ci fa prendere le distanze dal ci-nismo opportunista che “Le ChatBotté” (titolo originale usato da Char-les Perrault, cortigiano del Re Sole)non esita ad adoperare per raggiungerein fretta il suo scopo.Brutta fine fa anche l’Orco (seppureavido e presuntuoso) le cui proprietàfiniranno al Marchese. Insomma perpassare da povero diseredato a ricco enobile sposo della Principessa, nel girodi un’oretta di spettacolo, bisogna di

di Barbara Settitwitter @Barbara_Setti

a cura di Aldo [email protected]

L’APPUNTAMENTO

Giovedì 13 aprile ore 17,00, nellasplendida cornice dello storico Palazzodella famiglia Martelli, in Via Zannetti8, a pochi passi dal Duomo di Firenze,avrà luogo uno straordinario evento de-dicato alla primavera. Un duo musicaledi riconosciuta fama e bravura, la so-prano Silvia Lombardi, accompagnataal pianoforte da Andrea Orlandi saràprotagonista di un sofisticato e riccoOmaggio floreale a Casa Martelli.Uno dei salotti fiorentini più significa-tivi e ricchi di fascino, si apre dunque,come è ormai consuetudine, per unaltro interessante pomeriggio dedicatoalla musica e non solo. Questo con-certo, che nasce come un omaggio flo-reale nel ricordo della stanza-giardinodi Casa Martelli., affianca ai preziosi in-trecci vegetali dipinti nel palazzo musi-che legate al paesaggio campestre e aisentimenti di gioia, amore e malinconiasuscitati per tradizione dalla rinascitadella natura a primavera. Questa pas-

seggiata musicale percorre le più varieinterpretazioni della bella stagione, spa-ziando dalla divina creazione delmondo vegetale di Haydn, ai cammeidelle melodie mozartiane dedicate albosco, agli uccelli e ai fiori, alle donne-fiore di Strauss. Un’occasione imperdibile per immer-gersi in uno dei più bei salotti fiorentini

cullati dalla magia di Haydn, Mozart,Chopin e StraussIl concerto è ad ingresso gratuito finoad esaurimento posti.Per info e contatti, e per avere il calen-dario completo della programmazionedel Museo di Palazzo Davanzati e delMuseo di Casa [email protected]

Pupi di Stac

Burattinaidal1946

Enrico Spinelli e Pinocchio (Foto tratta dal sito www.pupidistac.it)

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La giovane artista fiorentina Martinadella Valle e la francese Sabine Dela-fon espongono dall’11 aprile all’11maggio a alla Galleria Artopia (ViaLazzaro, 2 Milano) www.artopiagal-lery.it/.Nei due piani della galleria sono pre-sentati due percorsi differenti contemi comuni quali il tempo e la parolascritta, opere eteree e sussurrate ches’incontrano nella materialità dell’og-getto. Multipli a tiratura limitata ciraccontano l’arte non come distanzama come oggetto amico, vicino, utile,da vivere. I due ambienti conducononell’interno di una casa archetipica,sottolineato dalla presenza dei com-plementi d’arredo Leftover di AlfredVon Escher***.Il suono di un dialogo,il video, gli orologi a parete e le operedipinte su tessuto danno vita, nellaprima stanza ad un’atmosfera lumi-nosa e rarefatta che si farà invece con-creta salendo al secondo piano. Catalogo realizzato da Elisa Cambiolicon racconto di Silvia Schirinzi. Martina della Valle. Nata a Firenze,nel 1981, si è laureata nel 2003 in fo-tografia presso l’Istituto Europeo di Design a Milano. Haesposto le sue opere al MART, allaGalleria METRONOM, ad ARTO-

PIA gallery, ed alla Fondazione San-dretto Re Rebaudengo. Lavora traBerlino e Firenze. martinadellavalle.blogspot.it/Sabine Delafon.Artista francese resi-dente a Milano. Lavora con vari

media che vanno dalla fotografia all’installazione, dalla per-formance all’arte urbana passando perla scrittura. Ha esposto Edisyon aIstanbul, da Room galleria a Milano,da Carrie Haddad a New York, alla

Doppia personale di Martina della Vallee Sabine Delafon

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.15ICON

di Sara [email protected]

Quando l’esperienza teatrale diGiancarlo Cauteruccio incon-tra l’esperienza storico-arti-stica di Sergio Risaliti accade

che l’arte moderna e contemporaneasi apra al pubblico, svelando e ren-dendo accessibile, grazie al linguaggiodel teatro, i meccanismi dell’arte. Èquanto avvenuto con il Teatro del-l’Opera, ciclo di lezioni spettacoloche da febbraio allo scorso 4 aprile siè svolto presso il Cenacolo dell’Acca-demia di Belle Arti di Firenze, il Tea-tro Studio di Scandicci e il CentroPecci di Prato. Nella seconda edi-zione dell’iniziativa, si è cercato di in-dagare il pensiero di maestri dell’artequali Lucio Fontana e Piero Manzoni,insieme ai toscani Daniela De Lo-renzo e Francesco Carone. Quest’ul-timo, senese, classe 1975, è statoprotagonista dell’appuntamento con-clusivo svoltosi giovedì al Teatro Stu-dio, che ha visto l’attore AlessioMartinoli e lo scrittore Enzo FilenoCarabba leggere alcune sue opere;nello spazio scenico, in contraltare vi-sivo, l’installazione Epilogo, compo-sta da più di 120 edizioni italiane delromanzo di Herman Melville MobyDick: disposte ordinatamente, rap-presentano una linea di confine da ol-trepassare verso nuove conoscenze.

L’artedi FrancescoCaronechiude la rassegna il Teatro dell’Opera

ICON

In chiusura è stata proiettata in ante-prima l’opera video Senza titolo (Lafine della Serpe), in cui lo scoppio diuna montagna di palloncini coloraticrea una turbolenza benefica e salu-tare, un momento ludico e dionisiacocontro chi vive l’arte in dimensioneovattata e immobile.

Fondazione Sandretto Re Rebau-dengo a Torino, da Mediamatic adAmsterdam, al Museo de L’Elysée a Lausanne, al Centre d’Art Santa Mo-nica a Barcelona, alla Biennale deigiovani artisti a Napoli e al Castello di Rivara. http://sabinedelafoncorporation.blogspot.it/ LEFTOVER. Concepito a Palermoda Alfred von Escher/studio427, ilprogetto mescola Interior e SpecialDesign, promuove esperienze socio-culturali, affrontando la creativitàcome una pratica dell’ abitare spazi pubblici conil design di qualità. studio. Il designersvizzero Alfred von Escher, nato a Zu-rigo, vive in Sicilia da anni, e ha de-ciso di portare nell’isola l’idea delcoworking al suo studio427, nato aPalermo nel 2010. Gli arredi per in-terni ed esterni sono concepiti su mi-sura in diverse e infinite dimensioni, esi adattano a seconda del luogo e delfruitore. Pezzi unici creati attraverso ilriciclo di legni provenienti da pon-teggi, palcoscenici teatrali o set cine-matografici, spot pubblicitari, earchivi, con finiture in resina ad hoc. www.studio427.it/leftover/index.htm

Una montagnadi palloncini ci salverà

Martina della Valle, Blumen- stampa fotografica alla gelatina ai sali d'argento,cm 24x30 dalla serie “Mein Alles” 2013

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.16KINO&VIDEO

di Annalena [email protected]

Èuna delle zone più calde del mondoe non solo per le temperature cheraggiungono gradi elevatissimi neideserti, ma perché è una zona senza

pace; culla della civiltà e perenne fonte diconflitti: è il Medio Oriente vicinissimoalla nostra penisola, geograficamente eper storia. E’ giusto, quindi, l’interessedell’Italia nei confronti della sua cultura,vittima spesso di tanti pregiudizi edespressione non di un solo Paese ma dimolte Nazioni, distinte per usi, costumi,religione. La quarta edizione del Festival“Film Middle East Now” si svolge a Fi-renze dal 3 all’8 aprile ed offre l’occasionedi assistere a lungometraggi, documen-tari, mostre, partecipare a dibattiti e adeventi culinari. Una panoramica a tuttotondo per avvicinarsi alla cultura di 14Paesi: Iran, Iraq, Kurdistan, Libano,Israele, Palestina, Egitto, Giordania, Emi-rati Arabi, Afghanistan, Siria, Bahrein, conun ampliamento verso il Nord Africa peruna sezione dedicata all’Algeria e al Ma-rocco. Inserito nel progetto “Primavera dicinema orientale” della Fondazione Si-stema Toscana-Quelli della Compagnia,il Festival (programma dettagliato sulsito www.middleastnow.it) presenta 44film (molti in anteprima nazionale) al Ci-nema Odeon e all’Istituto Stensen con unfitto calendario: sono titoli anche multipremiati e che hanno riscosso successi in-ternazionali ma che, senza questo Festival,sarebbero tagliati fuori dal circuito cine-matografico italiano.Va detto però che, al di là dei film, colonneportanti della rassegna, sono di estremointeresse anche gli eventi collaterali. Tra itanti, la presenza di Rana Salam, pop gra-phic artist tra le più note, che esporrà evenderà i suoi oggetti d’arte in un tempo-rary shop in via della Mattonaia fino allafine del mese; una sua installazione èanche presente al Cinema Odeon neigiorni del Festival. E il marocchino Has-san Hajjaj, artista multiforme e star inter-nazionale, mette in mostra i suoi lavori allaAria Art Gallery di Borgo Ss. Apostolifino al 5 maggio.Gli incontri spaziano dai dibattiti sui con-flitti in Medio Oriente, alle presentazionidi libri: sabato  Il nuovo sogno arabo diLapo Pistelli, una riflessione sul processodella cosiddetta “primavera araba”, e lu-nedì Gad Lerner presenta il libro dellascrittrice libanese Joumana Haddad Su-perman è Arabo. A cornice di tutto ciò, gliappuntamenti gastronomici. Il MedioOriente ha una cucina che solo apparen-temente è simile per tutti i Paesi che nefanno parte: le differenze ci sono e vale lapena conoscerle e assaggiarle. Tre le seratedi degustazione che precedono le proie-zioni all’Odeon: giovedì è stata la voltadell’hummus, il piatto a base di ceci pro-prio di tutti i Paesi mediorientali e che nelfilm Make Hummus not Wardiventa sim-bolo della pace; venerdì si è potuto assag-giare le specialità marocchine; e lunedìsarà la volta delle specialità persiane. Ilmodo più giusto e piacevole per entrarenel clima dei film che seguono, a dimo-strazione che la cultura è commestibileanche “in senso stretto”!

La tavoladella pace

FilmMiddleEast Now

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McDonald's, San Jose 1972

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.com sabato 6 aprile 2013no24 PAG.17L’ULTIMA IMMAGINE

Restiamo ancora sul“notturno” e parliamoancora di automobili!Chi era stato negli Sta-tes aveva già familiariz-zato con il “brand” machi li aveva visti solo neifilms americani nonaveva gli strumenti percapire esattamente l’im-portanza della rete delpiù noto “fast food”made in USA. Panino eautomobile si integranoa vicenda facendospesso parte di un ri-tuale quotidiano e nonsolo tra i giovani. Que-sto può sembrarestrano in uno Stato incui la cultura del buoncibo è molto diffusa,ma panino e birra, pa-nino e Coca-Cola sonodecisamente familiari inuno stato in cui si passamolto tempo sullastrada e gli spostamentifanno parte dell’ordina-ria amministrazionegiornaliera. Una cosa ècerta, per chi fosse an-cora interessato a que-sto brivido, aereo epassaporto non sonopiù necessari, bastauscire di casa, fare duepassi e vivere l’espe-rienza, ormai pur-troppo non più esotica,appena svoltato l’angolodi casa.

Dall’archivio di Maurizio Berlincioni

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