Voci e volti - maggio 2011

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e e 11 · MAGGIO · 2011 OMMARIO SOMMARIO PER IODICO DELL’A RCIDIOCESI DI M A NFR EDONI A · V IESTE · SA N GIOVA NNI ROTONDO Anno I - n. 10 Convegno Ecclesiale Diocesano pag. 1 Lettera Pastorale dell’Arcivescovo pagg. 2-3 Convegno Ecclesiale Regionale pagg. 4-5 Verso la Giornata Mondiale delle CS pag. 6 Luoghi di vita: Libri pag. 7 La Casa della Carità pagg. 8-9 8xmille pag. 10 150° dell’Unità d’Italia pag. 11 Prospettive sul cinema: il nuovo film di Moretti pag. 12 Dottrina sociale ed Educare alla Vit pag. 13 Offerte per i Sacerdoti/Vicaria di Monte S. Angelo pag. 14 Ecclesia in Gargano pag. 15 Nella luce della corresponsabilità Giovanni Chifari S i apre quest’oggi 11 maggio presso il Centro di Spiritualità “Padre Pio” in San Giovanni Rotondo e prose- guirà anche domani 12 maggio, il nostro Convegno Ecclesiale Diocesano 2011. Animato dal dott. Salvatore Martinez, presidente nazionale del movimento “Rinnovamento nello Spirito”, vedrà l’intera Diocesi riflettere e approfondire la recente Lettera pastorale dell’Arcivescovo “ Andate an- che voi a lavorare nella mia vigna(Mt 20,7). Nel secondo giorno del Convegno si svolgeranno i Gruppi di studi/laboratorio, animati e guidati dai Responsabili e Collaboratori dei Settori Diocesani della Pastorale. CHIAMATI DAL VESCOVO A CONVEGNO Breve profilo di Salvatore Martinez, Presidente di Rinnovamento nello Spirito Santo S alvatore Martinez, na- to ad Enna, sposato con Luciana Leone. Laurea- to in Paleografia e Filo- logia Musicale presso l’Universi- tà di Pavia è tra gli iniziatori del Rinnovamento nello Spirito Santo in Italia. Dal 1997 presiede questo Movimento ecclesiale che in Italia registra circa 1.900 gruppi e co- munità in ogni Diocesi d’Italia, ot- to missioni all’estero, svariati cen- tri di formazione. Benedetto XVI, nel 2008, lo ha nominato Consul- tore del Pontificio Consiglio per i Laici e, nel 2009, Consultore del Pontificio Consiglio per la Fami- glia. Conferenziere in 35 Paesi del mondo, autore di 16 testi di spiri- tualità, compositore di musica sa- cra, è Vice Presidente internazio- nale di Youth Arise International e Consigliere del Organismo ecu- menico International Charismatic Consultation. È il Presidente del- la Fondazione “Istituto di promo- zione umana “Mons. Francesco Di Vincenzo” che ha dato vita in Sici- lia al Polo di Eccellenza “Mario e Luigi Sturzo” dedicato ai detenu- ti e agli ex detenuti. È Presiden- te della Fondazione “Alleanza del RnS”, della Fondazione “Oasi Svi- luppo Città Aperta” e della Fon- dazione “Casa Museo Sturzo”. È tra i soci fondatori dell’Associazio- ne “Scienza e Vita” ed è membro dell’Ufficio di Segreteria di Rete in Opera. sostenute da volontà decise all’im- pegno e opzione fondamentale del servizio di ognuno. La posta in gio- co è davvero importante: la testi- monianza della nostra fede e l’an- nuncio di quella novità del Vangelo che deve poter risuonare nelle no- stre esistenze, quale stile persona- le, virtù provata e consolidata, og- gettivazione concreta e visibile del- la nostra conversione. La prospet- tiva del laico deve forse aprirsi a un’ulteriore scoperta: il passaggio da collaboratore a corresponsabi- le. Questo processo è auspicato nel- le pagine della Lettera ed espresso con parole mirabili, che ritengo op- portuno rilanciare in queste righe: «Collaboratore è chi si ferma al com- pito affidato senza sentirsi parte di un intero; corresponsabile è chi invece sa mantenere vivo l’interesse per il tutto, per l’insieme, è chi scopre la bellez- za di pensare e del progettare insieme… non è solo chi fa le cose insieme ad altri, ma chi prova a sognarle, a pen- sarle, a costruirle insieme» (pag. 73). Ecco dunque il “sogno di Dio”, la chiamata personale ed ecclesiale, l’estrinsecazione autentica, credibile e visibile non dell’entusiasmo avvincente di un idea ma dell’espe- rienza di un incontro con la Persona di Cristo. U no dei punti cruciali del- la recente Lettera pasto- rale di S. E. Mons. Casto- ro, è certamente il riferi- mento al concetto di corresponsa- bilità. Scelta che accoglie il cammi- no della nostra Chiesa italiana che ci indica questa componente teolo- gico-ecclesiale come cifra e misu- ra della comunione che si stabilisce con Dio, ma anche di quel faticoso cammino di maturazione della fede personale e comunitaria. Questo te- ma delicato solleva la necessaria e sempre più auspicata collaborazio- ne e interazione fra i laici con i re- ligiosi e i presbiteri. L’Arcivescovo individua una soli- da base di partenza in quel comu- ne attingere degli uni e degli altri alla profondità e ricchezza della Parola, citando la lette- ra di s. Pietro apostolo, già scelta come guida nel Conve- gno Nazionale di Verona nel 2006. Il brano di 1 Pt 4,10- 11 invita ciascuno ad essere consapevoli della propria identità e a vivere secondo la grazia ricevuta, cercando di manifestare il primato di Dio, in ogni opera e in ogni servizio. Comunione e corresponsabilità sono dunque realtà in costante osmosi, aperte al dono dello Spirito, ma anche [ ] Un C.E.D. per riflettere e approfondire la recente lettera pastorale

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Voci e volti - maggio 2011

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SOMMARIO

P E R I O D I C O D E L L ’ A R C I D I O C E S I D I M A N F R E D O N I A · V I E S T E · S A N G I O V A N N I R O T O N D O

Anno I - n. 10

Convegno Ecclesiale Diocesano pag. 1Lettera Pastorale dell’Arcivescovo pagg. 2-3 Convegno Ecclesiale Regionale pagg. 4-5Verso la Giornata Mondiale delle CS pag. 6Luoghi di vita: Libri pag. 7La Casa della Carità pagg. 8-9

8xmille pag. 10150° dell’Unità d’Italia pag. 11Prospettive sul cinema: il nuovo film di Moretti pag. 12Dottrina sociale ed Educare alla Vit pag. 13Offerte per i Sacerdoti/Vicaria di Monte S. Angelo pag. 14Ecclesia in Gargano pag. 15

Nella luce della corresponsabilitàGiovanni Chifari

Si apre quest’oggi 11 maggio presso il Centro di Spiritualità “Padre Pio” in San Giovanni Rotondo e prose-guirà anche domani 12 maggio, il nostro Convegno Ecclesiale Diocesano 2011.Animato dal dott. Salvatore Martinez, presidente nazionale del movimento “Rinnovamento nello Spirito”, vedrà l’intera Diocesi riflettere e approfondire la recente Lettera pastorale dell’Arcivescovo “Andate an-

che voi a lavorare nella mia vigna” (Mt 20,7). Nel secondo giorno del Convegno si svolgeranno i Gruppi di studi/laboratorio, animati e guidati dai Responsabili e Collaboratori dei Settori Diocesani della Pastorale.

CHIAMATI DAL VESCOVO A CONVEGNOBreve profilo di

Salvatore Martinez, Presidente di Rinnovamento

nello Spirito Santo

Salvatore Martinez, na-to ad Enna, sposato con Luciana Leone. Laurea-to in Paleografia e Filo-

logia Musicale presso l’Universi-tà di Pavia è tra gli iniziatori del Rinnovamento nello Spirito Santo in Italia. Dal 1997 presiede questo Movimento ecclesiale che in Italia registra circa 1.900 gruppi e co-munità in ogni Diocesi d’Italia, ot-to missioni all’estero, svariati cen-tri di formazione. Benedetto XVI, nel 2008, lo ha nominato Consul-tore del Pontificio Consiglio per i Laici e, nel 2009, Consultore del Pontificio Consiglio per la Fami-glia. Conferenziere in 35 Paesi del mondo, autore di 16 testi di spiri-tualità, compositore di musica sa-cra, è Vice Presidente internazio-nale di Youth Arise International e Consigliere del Organismo ecu-menico International Charismatic Consultation. È il Presidente del-la Fondazione “Istituto di promo-zione umana “Mons. Francesco Di Vincenzo” che ha dato vita in Sici-lia al Polo di Eccellenza “Mario e Luigi Sturzo” dedicato ai detenu-ti e agli ex detenuti. È Presiden-te della Fondazione “Alleanza del RnS”, della Fondazione “Oasi Svi-luppo Città Aperta” e della Fon-dazione “Casa Museo Sturzo”. È tra i soci fondatori dell’Associazio-ne “Scienza e Vita” ed è membro dell’Ufficio di Segreteria di Rete in Opera.

sostenute da volontà decise all’im-pegno e opzione fondamentale del servizio di ognuno. La posta in gio-co è davvero importante: la testi-monianza della nostra fede e l’an-nuncio di quella novità del Vangelo che deve poter risuonare nelle no-stre esistenze, quale stile persona-le, virtù provata e consolidata, og-gettivazione concreta e visibile del-la nostra conversione. La prospet-tiva del laico deve forse aprirsi a un’ulteriore scoperta: il passaggio da collaboratore a corresponsabi-le. Questo processo è auspicato nel-le pagine della Lettera ed espresso con parole mirabili, che ritengo op-portuno rilanciare in queste righe: «Collaboratore è chi si ferma al com-pito affidato senza sentirsi parte di

un intero; corresponsabile è chi invece sa mantenere vivo l’interesse per il tutto, per l’insieme, è chi scopre la bellez-za di pensare e del progettare insieme… non è solo chi fa le cose insieme ad altri, ma chi prova a sognarle, a pen-sarle, a costruirle insieme» (pag. 73). Ecco dunque il “sogno di Dio”, la chiamata personale ed ecclesiale, l’estrinsecazione autentica, credibile e visibile non dell’entusiasmo avvincente di un idea ma dell’espe-rienza di un incontro con la Persona di Cristo.

Uno dei punti cruciali del-la recente Lettera pasto-rale di S. E. Mons. Casto-ro, è certamente il riferi-

mento al concetto di corresponsa-bilità. Scelta che accoglie il cammi-no della nostra Chiesa italiana che ci indica questa componente teolo-gico-ecclesiale come cifra e misu-ra della comunione che si stabilisce con Dio, ma anche di quel faticoso cammino di maturazione della fede personale e comunitaria. Questo te-ma delicato solleva la necessaria e sempre più auspicata collaborazio-ne e interazione fra i laici con i re-ligiosi e i presbiteri. L’Arcivescovo individua una soli-da base di partenza in quel comu-ne attingere degli uni e degli altri alla profondità e ricchezza della Parola, citando la lette-ra di s. Pietro apostolo, già scelta come guida nel Conve-gno Nazionale di Verona nel 2006. Il brano di 1 Pt 4,10-11 invita ciascuno ad essere consapevoli della propria identità e a vivere secondo la grazia ricevuta, cercando di manifestare il primato di Dio, in ogni opera e in ogni servizio. Comunione e corresponsabilità sono dunque realtà in costante osmosi, aperte al dono dello Spirito, ma anche

[ ]Un C.E.D. per riflettere

e approfondire la recente lettera

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UNA CHIESA INVITATA AD ALZARE LO SGUARDO

La Lettera Pastorale del nostro Arcivescovo “Andate anche voi a lavorare nella mia vi-gna” (Mt 20,7) dà tanti mo-

tivi di riflessione e occasione di ap-profondimento e ci sarà davvero da lavorare nel prossimo quinquennio per creare o sviluppare un nuovo sti-le di laicato più maturo sia dal punto di vista umano che cristiano, capa-ce di esprimere la sua fede in atteg-giamenti pastorali concreti (cf Lett. Past. n. 4.1, p. 137). Certo, molti se-gnali positivi sono sotto gli occhi di tutti. «Non si tratta di indicazioni pratiche ed operative, ma di orien-tamenti e indicazioni di riferimento generale per l’intera pastorale dio-cesana» (Lett. Past. 4., p. 136). Vo-glio fermarmi su un aspetto di que-sti orientamenti quello, tratto dal do-cumento CEI, Il volto missionario del-le parrocchie in un mondo che cam-bia (n. 13), nel quale si invita la par-rocchia a fuggire la tentazione di chiudersi in se stessa, e nel contem-po si segnala il «dovere di attrezzarsi culturalmente in modo più adegua-to, per incrociare con determinazio-ne lo sguardo spesso distratto degli uomini e delle donne di oggi». Trag-go aiuto da un’icona del Vangelo di Giovanni: Gesù, terminato l’incontro con la Samaritana, dice ai suoi disce-poli: «Alzate i vostri occhi e guarda-te i campi che già biondeggiano per la mietitura» (Gv 4,35). L’invito è ri-volto non solo ai discepoli, ma anche a noi, ancora chiusi dentro “stecca-ti” da noi stessi costruiti, e ci fa capi-re che non siamo capaci di cogliere i segni di Vangelo comunque presen-ti e che sono i segni di speranza, pre-senti nelle nostre parrocchie, nei no-stri ambienti, tra i giovani. Ecco che bisogna «Cercare i dispersi… signi-

fica provocare la domanda dove es-sa tace e contrastare le risposte do-minanti quando suonano estranee o avverse al Vangelo» (Ivi). Pertanto «più che di iniziative si ha bisogno di persone, di credenti, soprattutto di laici credenti che sappiano stare dentro il mondo e tra la gente in mo-do significativo» (CEI, Il volto missio-nario… n. 13). Bisogna dunque alzare lo sguardo, guardare e accorgersi di questi sa-maritani, di questi nuovi poveri di oggi, di questa nostra società. Che cosa cercano? Quale acqua? Accor-giamoci della loro sete e offriamo la nostra acqua. Siamo invitati a vol-gere lo sguardo verso altri orizzon-ti, verso un “oltre” che supera la no-stra quotidianità o meglio a volgere la quotidianità dentro gli ampi oriz-zonti dello sguardo di Dio. Alla luce della realtà culturale del mondo che ci circonda, delle domande che sal-gono da una società sempre più mul-tietnica e multirazziale, siamo chia-mati a superare «anche un’altra ten-tazione che consiste nel dare rispo-ste vecchie a domande nuove, a ri-petere linguaggi obsoleti per la so-la pigrizia di non cercare dei nuovi che riescano a dire con la stessa in-tensità le profonde verità del Vange-lo…» (Lett. Past. 4.6, p. 145). Realtà culturale del mondo, globalizzazio-ne, territorio con i suoi bisogni, sono i campi che già biondeggiano, sono la donna samaritana che si avvicina al pozzo per attingere acqua per la sua sete. Ma, siamo disposti a «lasciare che il Vangelo rompa i nostri vecchi schemi per nuove e inedite forme di mediazione culturale e di comunica-zione della fede» (Ivi)? Ci viene chie-sto di addentrarci per sentieri forse non ancora battuti: cercare di capi-

Periodico dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni RotondoAnno I - n. 10Iscritto presso il Tribunale di Foggia al n. 13/2010 del Registro Periodici - Cronologico 1868/10 del Registro Pubblico della Stampa

Direttore responsabileAlberto CAvAllini, iscritto all’OdG di Roma al n. 12302RedazioneUfficio per le Comunicazioni Sociali dell’ArcidiocesiVia s. Giovanni Bosco n. 41/b - Tel 0884.58189971043 Manfredoniae-mail: [email protected]@tin.it Le foto pubblicate appartengono all’archivio fotografico dell’Ucs dell’Arcidiocesi

Hanno collaborato a questo numero:don Angelo Dinunzio, Enzo Quarto, Emilio Ranzato, Vito Salinaro, Pasquale Troìa, Giovanni Palladino, Giovanni Chifari, Giuseppe Barracane, Michele Illiceto, Mario Azzarone, Francesco Di Palma, Adamo Brunetti, Michelangelo Mansueto, Luigi Remore

Il periodico VOCI e VOLTI è iscritto alla

Stampa:Grafiche Grilli - Via Manfredonia Km 2,200 - 71121 Foggia Il giornale diocesano VOCI e VOLTI può essere letto in formato elet-tronico o scaricato dall’home page del sito della nostra Arcidiocesi: www.diocesimanfredoniaviestesangiovannirotondo.itoppure dall’home page approfondimenti del sito:

www.abbaziadipulsano.it Questo numero è stato chiuso in redazione il 7 maggio 2011

Giuseppe Barracanedocente di Antropologia teologica presso l’ISSR “Giovanni Paolo II” di Foggia

V O C I E V O L T I

re, cogliere i richiami, intercettare le domande, individuare i bisogni, gli appelli, i sussurri e le grida. Come deve essere il nostro sguardo? Innanzitutto dobbiamo chiedere al Signore che apra i nostri occhi per-ché riusciamo a vedere (cf Sal 119,18) e guai a noi se, restando dentro i no-stri steccati, chiudessimo gli occhi per non vedere (cf At 28,27). Dobbia-mo essere capaci perciò di leggere i volti, così come afferma il nostro ar-civescovo Michele: «Ho letto i vostri sguardi, ho ascoltato le vostre richie-ste, ho colto le vostre ansie e il vo-stro desiderio di una Chiesa più at-tenta al mondo dei laici, capace di calarsi nei cambiamenti del nostro tempo senza perdere il proprio radi-camento nel Vangelo di Cristo» (Ivi). Ritengo che l’unico sguardo che ci è consentito verso questa società di emarginanti ed emarginati è quello di Gesù che prova compassione per

le folle, che perdona i tanti peccati, che guarda con benevolenza, che si siede a tavola con i peccatori e pub-blicani, che si fa compagno di delusi che vogliono tornare indietro. Bene-voli, misericordiosi, solidali con que-sto mondo piagato: sono questi gli at-teggiamenti che devono animare il nostro viaggio della vita. Cercando soprattutto di non esprimere giudizi di condanna, specie se inappellabili, ma di dare costruttive visioni segna-te dalla speranza. Se riusciremo ad alzare lo sguardo rendendolo simi-le a quello di Gesù, vescovo, presbi-teri, diaconi e laici potremo «lavora-re insieme affinché possiamo realiz-zare tutti un autentico rinnovamen-to delle nostre chiese, per incammi-narci verso una maggiore comunio-ne per la missione, una maggiore co-munione che generi corresponsabili-tà» (Lett. Past. 4.6, p. 146).

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Una lettera pastorale tra due convegni

Pasquale TroìaPontificia Università s. Tommaso - Roma

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La lettura di un Laico

Vivo geograficamente lon-tano dalla mia diocesi di nascita. La cattolicità del-la fede e la sua comunio-

ne esige una certa mia partecipazio-ne. Ci provo. Anche con questi con-tributi. Non è facile. Nemo propheta in patria.

Laico: un labirinto di significatiÈ un aggettivo sostantivato che deri-va la portata del suo significato e del-la sua importanza dal sostantivo po-polo. E nel lessico cristiano da popo-lo di Dio. Il laico è quel battezzato che da fa parte di quel «popolo sacerdota-le, profetico e regale” (p. 72) e si im-pegna a vivere la sua fede cristiana con tutti i suoi carismi nella fedeltà critica e adulta alla Chiesa, in comu-nione con gli altri battezzati ai quali Dio ha chiesto di partecipare del suo sacerdozio come ministri.Ma il termine laico si è anche ‘eman-cipato’ e viene spesso a significare una persona autonoma, responsabi-le, adulta, capace di rispondere del-le sue azioni, non condizionata (pre-valentemente da opinioni e vincoli ecclesiastici, clericali, partitici, ide-ologici…), disponibile a tutti ma non sottomesso a nessuno.

…“anche voi”Il titolo della lettera pastora-le di S.E. mons Michele Ca-storo è la citazione di un

invito di Gesù (nel vangelo secondo Matteo 20,7). Ed un invito che l’Ar-civescovo rivolge ai laici. Gesù nel raccontare la parabola del regno l’ha rivolto “agli operai [disoccupati] per inviarli a lavorare nella vigna”, il ve-scovo lo rivolge ai laici. E questo “an-che” è ripetuto più volte: «Insieme ai sacerdoti e ai religiosi anche i laici sono responsabili, allo stesso titolo, della Chiesa e nella Chiesa» (p. 69). Ed anche ricordato in testa ad ogni pagina.Pur nella tutela e salvaguardia di noi laici che l’Arcivescovo monita già nella introduzione: «non posso tacere la presenza di situazioni dove invece i laici vengono semplicemen-te utilizzati come pura manovalan-za [«semplici esecutori di decisioni prese dai pastori», p. 72], o ostacola-ti nell’esercizio della loro vocazione battesimale, o ancor più emarginati dalla vita ecclesiale, come se quello che chiedono di essere e di fare ve-nisse inteso più come una concessio-ne che come una naturale esplicita-zione della loro vocazione cristiana radicata nel semplice fatto di essere battezzati» (p. 4). Grazie. È il pasto-re che difende e tutela il proprio po-polo in tutte le sue carismatiche pre-senze e identità.

La lettera pastoraleHo letto la lettera. Fra qual-che mese farei un’indagi-ne per rilevare quanti sa-cerdoti l’avranno letta. E quanti laici? Certo è molto lunga (ben 147 dense pagi-

ne), per favorire la lettu-ra. Ma ben articolata, re-datta anche con attenzio-

ne tipografica nei titoli. Certo l’immagine di co-pertina la si poteva sce-gliere più efficace (e più figurata) e magari più lo-calista (questa è di Mon-reale). È un testo medita-to, studiato, scritto e cita-to bene e soprattutto scrit-to con molta. Una lettera esaustiva. Un piccolo trat-tato sul laicato cattolico. Un elaborato erudito e accade-mico. Quindi una pastorali-tà dottrinaria (indispensa-bile) ma non una pastorale di orientamento, di discer-nimento, di presenza re-sponsabile che risponde ai problemi dei laici che sono i problemi del mondo. Una lettera che in termini eco-nomici si direbbe una ‘lai-cologia’. Nel senso che ten-de a guadagnare e riscat-tare sul piano teorico (te-

ologico ed ecclesiale) il ‘ruolo’ dei lai-ci ed a convincere qualche sacerdo-te (se non fosse convinto) che i laici hanno un ‘ruolo’ da riconoscere gra-zie a quel battesimo di cui si è fat-to ministro. Come ricordava l’Arci-vescovo.

Qual è la portata di una lettera pa-storaleDipende da chi la legge. Dipende da chi la studia. Dipende da chi la mette in pratica. Allora studiamola, leggia-mola ed interroghiamoci come pra-ticarla. Con tutta l’adulteità che ci proviene dall’essere battezzati nella Chiesa e cittadini nello Stato. Perché il Vesco-vo è il pastore e noi con lui siamo la Chiesa.

Quali i destinatariNon solo i cristiani, sacerdoti e (non anche) i laici. Mentre il titolo sembra concedere anche ai laici di “lavorare nella vigna del Signore”, espressione in perfetta sintonia con quella origi-naria proclamata da Benedetto XVI al suo primo parlare e apparire dopo la sua elezione pontificale.

Il diritto a domandare, il dovere di rispondereA quali domande dei laici questa let-tera propone delle autorevoli e pa-terne risposte? I laici hanno anche il “ruolo” (diritto) di domandare per comprendere? Perché ci sono doman-de che oggi noi laici poniamo alla “Chiesa dei vescovi”? Ci sono le domande e le urgenze con le quali il mondo interpella ed invo-ca la testimonianza della Chiesa tut-ta come popolo di Dio (perché non c’è la chiesa dei Vescovi e quella dei lai-ci e quella di… cfr. 1 Cor 1,12). Il laico nella Chiesa e il cittadino nel-lo Stato hanno il diritto di porre do-mande. Chi è loro ministro ha il do-vere di rispondere insieme a loro. Il tutto per la gloria di Dio, cioè per l’uomo da aiutare a vivere secondo la risurrezione di Cristo.

Questo brutto anatroccoloIl laico. È il titolo di un libro di Ful-vio De Giorgi. Con l’unica differen-za che questa realtà non è una favola (quella del brutto anatroccolo di An-dersen). Ma la favola insegna. E rie-sce a farlo quando il brutto anatroc-colo riscatta la sua ritenuta bruttez-za e si fa riconoscere come anatroc-colo. Anche per togliersi quell’epite-to di secolarità «proprio e peculiare dei laici» (p. 81ss; 96ss). La bruttezza del nostro essere ana-troccoli, in quanto laici, a volte è nell’incomprensibilità e arcaicità di come si parla di noi laici.

La speranza: Le pagine di questa Lettera pastora-le, per chi ha l’orecchio e la frequen-tazione a queste parole, concedono un’assonanza e una risonanza con il latente rischio della compiacenza (cioè rischia di essere un dire senza un riscontro nel fare). Deluderebbe le speranze dello stesso Arcivesco-vo. Evidenziano verità ed esprimono intenzioni, preoccupazioni, esorta-zioni, docili rimproveri… con il cuo-re di un pastore e di un padre, come quello del vescovo, verso il suo po-polo. Ma il problema resta sempre lo stesso. Ed irrisolto. Qual è il vino che questi lavoratori (i cristiani, sa-cerdoti con i laici) producono? È a de-nominazione geografica tipica oppu-re è un vino doc o docg? Perché è dal-la qualità del vino che consoceran-no come la vigna del Signore viene coltivata e lavorata. Ed oggi nell’eco-nomia delle responsabilità mondiali dei cristiani i frutti sono molto pochi e non sempre di stagione. Ed ampliando la domanda a due eventi che segnano la contempora-neità della Chiesa locale: riusciran-no le parole e le relazioni (e le pre-ghiere) che – a partire dal Conve-gno Ecclesiale Diocesano (settem-bre 2010) ed altri eventi – si celebre-ranno a san Giovanni Rotondo per il III Convegno Regionale (28 aprile 1 maggio 2011) «che vedrà confluire tutte le Diocesi pugliesi per riflette-re sul tema del laicato» come ricorda l’Arcivescovo (p. 4) a convincere e a proporre un’economia di viticoltura altra a vignaioli ormai abituati al lo-ro vino anche quando è spunto?

L’ora dei laiciÈ questa? È questa «l’ora della cor-responsabilità dei laici» scrive l’Ar-civescovo (interessanti e quanto mai profetiche queste pagine da p. 68). Ma l’ora segnata da quale orologio, quello del popolo di Dio e della “cor-responsabilità” o quello di chi misu-ra il tempo dei laici con l’ora di altre storie ed economie e non con l’ora di Dio scandita nel tempo e nella vita di tutti questi uomini e donne che oggi sono orfani della nostra testi-monianza di noi cristiani? Parliamo-ne. Ma nel frattempo testimoniamo questa fede con l’atteggiamento dei «contepl-attivi» come viveva don To-nino Bello ed è ricordato nella lettera pastorale (p. 139). «In nomine Jesu»: con la paterna guida e benedizione del nostro Arcivescovo nella Chiesa di Dio che abita nella nostra diocesi e nell’intero ecumene.

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ReSPOnSAbILItà e cORALItà

L’On Nichi Vendola, presiden-te della Regione Puglia, ap-prezzando l’iniziativa co-me necessaria in un mon-

do, compresa la società pugliese, che va sempre più verso l’atomizzazione e la perdita di valori di riferimento, ha testimoniato di nutrire una gran-de attesa nei confronti di questo con-vegno. “Chi cerca la luce, ha conclu-so, ha bisogno di ascoltare parole ca-riche di senso”. Sono intervenuti, poi, la dott. Bil-la Consiglio, membro della giunta provinciale di Foggia, la dr.ssa Gra-ziella Patrizi, commissario prefetti-zio del Comune di San Giovanni Ro-tondo, la dott. Paola Dal Toso, segre-tario generale della Consulta Nazio-nale delle Aggregazioni Laicali, e mons. Miguel Delgado Galindo, ca-po ufficio del Pontificio consiglio per i laici, che ha introdotto alcuni spun-ti interessanti contenuti nei “Linea-menta” preparatori al prossimo sino-do dei vescovi dedicato al tema della “nuova evangelizzazione”. ceRcARe cIò che è cOMuneSorprendente è stata poi la relazione, curata dalla prof. Annalisa Caputo – docente dell’università di Bari e del-la Facoltà Teologica Pugliese -, con la

quale ha voluto “semplicemente chia-rire i termini chiave del convegno”. La relazione si è sviluppata intorno ad alcune immagini e metafore scel-te e intrecciate con molta maestria e buon gusto, difficile – senza tradir-ne il senso vissuto dai delegati – da sintetizzare. Il risultato è che, come si è potuto registrare nei lavori di ap-profondimento, ogni delegato ha rea-gito come davanti ad un testo poeti-co e quindi ricco di tante potenziali-tà interpretative, individuando spun-ti e sviluppi spesso originali.L’“Oggi” del titolo del convegno – ha detto la prof. Caputo – è un termi-ne da intendere in senso kairologi-co, cioè della qualità di questo tempo che è “tempo di Dio”, e non in senso cronologico. Questo è il tempo del co-siddetto post secolarismo, vale a dire che si possono intravedere i segni di una “primavera” dei laici, con un ri-chiamo esplicito ad un nuovo Rina-scimento dove il concetto di laicità e di secolarismo non siano più in con-trapposizione alla dimensione reli-giosa ma ne possano costituire l’os-satura.Così la relatrice ha provato a supera-re il divario semantico che la parola “laico” pone, nato com’era per indi-care l’essenziale dell’appartenenza

alla Chiesa finisce poi con l’indicare proprio la non appartenenza ad essa, rivelando come goffi e inutili tutti i tentativi di recuperare il senso del termine in ulteriori separazioni an-ziché seguire la via dell’inclusione.Così il “cercare ciò che è comune” ci rinvia ai significati “inclusivi” del termine “laico”, che sono quelli di “relazione”, di “rispetto dell’opinio-ne altrui”, di “condivisione di un de-stino comune”.La ricerca dell’inclusione pone allora la questione di come intendere l’uni-cità e la diversità. La relatrice ha individuato due meta-fore, quella dell’arcobaleno (splendo-re sia continuo sia distinto) e quella del mosaico di pietre, capaci di spie-gare il senso della laicità e della Chie-sa.

[Convegno Ecclesiale Regionale]

Le provocazioni e le prospet-tive sui Laici contenute nel-la relazione centrale del III Convegno Ecclesiale Regio-

nale della Puglia, conclusosi pochi giorni or sono a S. Giovanni Rotondo, si possono estrinsecare nell’espres-sione “pietre di scarto, fragili e limi-tate” ma riscoperte “scelte e prezio-se” tali da tradursi in un ponte ide-ale tra Chiesa e sensibilità diverse, in una primavera che la filosofia ha già ribattezzato col nome di “post se-colarismo”. E quella relazione è sta-ta affidata a una giovane laica, An-nalisa Caputo, docente di linguaggi della filosofia all’Università di Bari

e di antropologia filosofica alla Fa-coltà Teologica pugliese. È lei a spie-gare che in un tempo in cui “le ca-tegorie del secolarismo e del nichi-lismo non sono più adeguate a com-prendere il nostro presente emerge un nuovo protagonismo del sacro e un nuovo bisogno di religiosità e spi-ritualità”. Smonta, la Caputo, la con-vinzione della cultura contempora-nea che per Laico intende il non cre-dente, l’agnostico, chi prescinde dal-la religione o chi crede nella sepa-razione della sfera del religioso dal-la sfera del pubblico, creando così il paradosso “di un concetto nato per dire l’appartenenza al popolo di Dio

che, invece, giunge a indicare una radicale distanza, una non apparte-nenza alla Chiesa”. Ed allora ecco il vero significato del termine: “Essere Laici significa semplicemente e radi-calmente essere uomini etici” in un momento in cui è “proprio l’umani-tà dell’uomo ad accomunare creden-ti e non credenti”. Essere uomini eti-ci, ha detto ancora la Caputo, signifi-ca desiderare di essere felici, vivendo una vita compiuta in tre dimensioni: il rapporto con se stessi, il rapporto con gli altri, il rapporto con le istitu-zioni. Il Laico è “un uomo del presen-te che non rinuncia a scrivere l’uto-pia del futuro in quanto uomo di spe-ranza”. E d’altra parte il Cristianesi-mo non insegna “a pensare un altro orizzonte, ma questo stesso orizzon-te ci invita ad amarlo. E qui, ha rile-vato la relatrice, ci giochiamo la no-stra laicità cristiana”.

Vito Salinarogiornalista di Avvenire

Ruolo dei credenti

Nel corso dei saluti ai con-vegnisti e agli ospiti, mons. Francesco Cacuc-ci, arcivescovo di Bari-Bi-

tonto e presidente della Conferenza Episcopale Pugliese ha sottolineato come si potrà dare seguito, in futuro, ai risultati del Convegno. “Direi so-prattutto, ha precisato mons. Cacuc-ci, continuando il lavoro di riflessio-ne e approfondimento che proprio la preparazione a questo Convegno di San Giovanni Rotondo ha occasiona-to e promosso. Le relazioni del Con-vegno, le sue riflessioni, le proposi-zioni finali saranno affidate alle sin-gole Chiese di Puglia, perché ognu-na possa accoglierle e viverle secon-do le proprie genialità, la propria vo-cazione. L’importante è sentirci uni-ti, sentirci unica Chiesa di Puglia, superando le appartenenze a parroc-chie, diocesi, movimenti. Ciò non to-glie che si potranno avere anche ini-ziative regionali e diocesane di ap-profondimento, ma dovrà essere so-prattutto la pastorale ordinaria, la catechesi, la liturgia, la vita comu-nitaria, a sviluppare tutto quello che questa occasione di grazia che è il Convegno potrà, con l’aiuto del Si-gnore e con la buona volontà degli uomini, donarci ”. (A.c)

Laici, “trasformare con spirito evangelico

le realtà temporali”

Nella prima giornata del Convegno è giunto anche il Messaggio di Papa be-nedetto XVI che ha esor-

tato “attraverso l’ascolto della Paro-la e la partecipazione all’Eucaristia a trasformare con spirito evangelico le realtà temporali e ad educare al-la speranza le giovani generazioni”. Gli ha fatto eco l’arcivescovo mons. Michele castoro che ha incentrato l’omelia della preghiera d’inizio dei lavori del Convegno proprio sulla Parola e sul Pane eucaristico: “Solo se sapremo spezzare il pane fuori della chiesa, ha sottolineato l’ar-civescovo Michele, potremo porta-re la gente a spezzare il pane nella chiesa”. (A.C.)

ESSERE UOMINI ETICI

A SAN GIOVANNI ROTONDO SI SONO RIUNITE LE CHIESE DI PUGLIA

Francesco Di Palma

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Enzo Quarto

[Convegno Ecclesiale Regionale]

III Convegno Ecclesiale Regionale di san Giovanni Rotondo: “I LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETà PUGLIESE OGGI”Intervista a mons. Michele Castoro,

arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo

C o n f e r e n z a E p i s c o p a l e P u g l i e s e · I S T I T U T O PA S T O R A L E P U G L I E S E

Eccellenza, è questo un tempo propizio per vive-re la sobrietà. come il lai-co cristiano può declinare

questo invito nell’uso dei beni? Siamo continuamente tentati, og-gi, dall’avidità insaziabile di dana-ro, dalla bramosia del possesso sem-pre più grande, che, come ha scritto Benedetto XVI nel messaggio per la Quaresima 2011, provoca “violenza, prevaricazione, morte… ed offusca il primato di Dio … spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illu-de…”. La Chiesa, madre e maestra, raccomanda ai suoi figli l’esercizio delle pratiche della carità attraver-so cui i cristiani – sacerdoti, consa-crati e laici – possono manifestare condivisione e attenzione verso l’al-tro perché l’elemosina fatta ai pove-ri è una testimonianza di carità fra-terna, ma è anche un’opera di giusti-zia che piace a Dio. Chi segue Gesù Maestro si impegna a camminare nella via della libertà dall’egoismo, nella logica del dono e dell’amore, attraverso una vita più sobria che incarna e testimonia gli autentici valori evangelici. È oppor-tuno ricordare che il benessere non può essere calcolato solo in termini di danaro, ma dipende dalla quali-tà della nostra cultura, dalla forza delle nostre relazioni, dalla capaci-tà di saper donare e condividere ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto. Le statistiche ci dicono che spendia-mo molto in cose futili e noi cristia-ni non siamo da meno degli altri, so-prattutto in occasione delle feste nu-ziali o di prima comunione, con spe-se sempre più gravose per pranzi, abiti costosissimi, servizi fotografi-ci e tutto il resto.

Forse, vestiti sobri, amici e paren-ti più intimi, meno fronzoli inuti-li, possono inaugurare stagioni più sagge, più degne di un popolo ma-turo e sensibile, orgoglioso delle ra-dici cristiane. Alcuni giovani ce lo stanno già testimoniando con le lo-ro scelte ispirate al Vangelo, il quale dà coraggio e forza per andare con-trocorrente.

Il denaro è un obiettivo, un mezzo o una necessità ?Timori di guerre monetarie sempre all’angolo, che rischiano di travolge-re i mercati e di compromettere i ri-sparmi di tanti lavoratori, sono i pro-blemi di fronte ai quali dobbiamo sa-per alzare la nostra voce ed educare i fratelli trasmettendo interesse e re-sponsabilità nell’uso più corretto del danaro. Perché esso è solo un mez-zo, utile per il progresso dell’uomo. “Ogni pratica che riduce le persone a non essere altro che puri strumen-ti in funzione del profitto, sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica, asservisce l’uomo, conduce all’idola-tria del denaro...”. Dunque, lo sappia-mo bene noi cristiani, non possiamo «servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24; Lc 16,13): l’uomo stesso è l’au-tore, il centro e il fine di tutta la vita economica e sociale. Il nodo decisi-vo della questione sociale è che i beni creati da Dio per tutti in effetti arrivi-no a tutti, secondo la giustizia e con l’aiuto della carità” (CCC).Disoccupazione, precarietà, lavoro nero sono caratteristiche della con-dizione giovanile soprattutto nella nostra regione.

cosa può fare la comunità cristia-na per ridurre ed eliminare que-sti fenomeni?La disoccupazione ha raggiunto, og-gi, un livello spaventoso: milioni di persone soprattutto giovani e donne si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro per ritrovarsi pre-sto senza alcuna possibilità di occu-pazione. Sono le moderne “vittime” di un’innovazione tecnologica che sostituisce sempre più velocemen-te il lavoro umano con le macchine, in tutti i settori e comparti dell’eco-nomia mondiale. In Italia il tasso di occupazione, il rapporto cioè tra nu-mero di persone che lavorano e nu-mero della popolazione, è di alcuni punti più basso di quello dell’Unio-ne Europea, e nel nostro Sud è anco-ra più basso. Ricordo sempre ai giovani, quando con loro affronto i problemi del lavo-ro, che la vera materia prima del ter-zo millennio è il sapere, la qualifi-cazione, sia per chi deve entrare nel mondo del lavoro sia per chi vi è già e vuole rimanervi. Dunque, il sapere è la nuova risorsa strategica. La povertà e la disperazione aumen-tano dove c’è solitudine ed indivi-dualismo, dove non si investe in edu-cazione ed accompagnamento socia-le, dove mancano luoghi di aggrega-zione e di confronto, dove il cielo si chiude perché manca una prospet-tiva di senso. A me che vivo a Manfredonia e che ho la cura pastorale del vasto terri-torio del Gargano, ad esempio, inte-ressa che i giovani abbiano sempre più spazio nelle comunità per poter progettare e realizzare i loro sogni. Mi sta, ancora, a cuore che la città e il territorio non diventino anonimi e non perdano la loro originalità stori-ca e culturale. Occorre ricostruire la città dell’uo-mo non come il luogo dei consumi o dei diritti privatistici, ma come il luogo degli incontri e delle respon-sabilità condivise, il luogo di acco-glienza e aiuto fraterno: questo è uno dei compiti delle comunità cri-stiane. Il Progetto Policoro avviato in Puglia è un esempio di speran-

za per il nostro Sud così come lo Sportello antiusura e la Fonda-zione Buon Samaritano, espres-sioni autentiche di quella cha-ritas quale “forza straordina-ria che spinge le persone a im-pegnarsi con coraggio e gene-rosità nel campo della giusti-zia” (Benedetto XVI).

come un imprenditore che vuole vivere cristianamente il proprio lavoro può mettere a disposizio-ne dell’intera comunità il suo ta-lento? L’imprenditore cristiano è prima di tutto un testimone della carità del-la Chiesa, un servitore dell’amore di Cristo. Ma, come può testimoniare e servire quest’amore nell’oggi della storia, nelle particolari contingenze della quotidianità? Ponendo l’uomo al centro, facendone il fine del lavoro e non il mezzo, spostando cioè l’as-se della questione: riducendo il lavo-ro a semplice mezzo. Così operando, si priva il lavoro della sua mostruo-sità di fine. Perciò, se è l’uomo il fi-ne del lavoro, allora tutto deve ruota-re intorno all’uomo. L’uomo riacqui-sta la sua signoria, la sua dignità, la sua gloria. Il Catechismo della Chie-sa Cattolica dice al n. 2432 che “I re-sponsabili di imprese hanno, davanti alla società, la responsabilità econo-mica ed ecologica delle loro operazio-ni. Hanno il dovere di considerare il bene delle persone e non soltanto l’au-mento dei profitti. Questi, comunque, sono necessari. Permettono di realiz-zare gli investimenti che assicurano l’avvenire delle imprese. Garantisco-no l’occupazione”. Il che significa che l’imprendito-re cattolico svolge una ben precisa funzione sociale, ha diritto al giusto profitto, ma nel momento in cui pur di aumentare il profitto passa sopra come un rullo compressore ad altre persone, magari rovinandole, com-pie un atto indegno, e di fatto non è un vero cristiano. Se guardiamo ai grandi ricchi, a chi pensa solo ad accrescere il proprio tornaconto, ci accorgiamo che rara-mente questi sono dei veri impren-ditori, più spesso sono degli specula-tori, managers, redditieri. L’impren-ditore, nell’attuale società, esercita sempre più un servizio indispensa-bile allo sviluppo economico, e la sua attività non può essere considerata unicamente una professione, ma una vera e propria “missione” per la re-sponsabilità di cui si è addebitata. Sì, una vera e propria missione sulla li-nea dell’evangelico “padrone della vi-gna che lungo tutte le ore della gior-nata si reca sulla piazza per assume-re operai per la sua vigna” e che dà ragione dei talenti fatti fruttare.

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5 GIUGNO 2011

Èormai prossima la Giornata Mondiale delle Comunica-zioni sociali, che quest’an-no cade il 5 giugno, solen-

nità dell’Ascensione. Il messaggio che il Santo Padre ha pubblicato per la circostanza si può riassumere in un invito alla coerenza con lo “sti-le cristiano” da mantenere sempre e da testimoniare anche nell’era del digitale. Sono in atto profonde tra-sformazioni culturali per l’influen-za delle nuove tecnologie che cam-biano e trasformano il nostro modo di comunicare, tanto che sta nascen-do, scrive Benedetto XVI, “…un nuo-vo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione”. Sono opportunità certamente positi-

ve, verso cui dobbiamo porci “…con stupore per le straordinarie poten-zialità” e tuttavia il Santo Padre non ci nasconde i rischi del mondo vir-tuale con i limiti della comunicazio-ne digitale, la parzialità dell’intera-zione, la tendenza a comunicare so-lo alcune parti del proprio mondo in-teriore, la tentazione della costruzio-ne dell’immagine di sé. Perciò, Bene-detto XVI ci ricorda che “…il contat-to virtuale non può e non deve sosti-tuire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della no-stra vita” e ci richiama alla coeren-za, all’autenticità della testimonian-za, definita nel messaggio “stile cri-stiano” di presenza, nella consapevo-lezza che “…la Verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore

dalla sua popolarità o dalla quanti-tà di attenzione che riceve”. Da questo insegnamento capiamo bene che noi cristiani, testimoni del-la Verità, siamo chiamati in rete a spenderci nell’ autorevolezza della nostra testimonianza e che non dob-biamo rincorrere le novità né aggior-narci o adeguarci ai tempi per il so-lo gusto di essere alla moda. La no-stra prospettiva è diametralmente opposta: siamo chiamati dai tempi moderni a prendere maggiore con-sapevolezza di noi stessi, a discerne-re il Signore del tempo e della storia e con atteggiamento critico e profe-tico dare il nostro contributo positi-vo a ciò che sta accadendo, ma senza mai perdere il nostro “stile cristia-no” così insistentemente ricordato-

ci da Benedetto XVI.Insomma, con la nostra specificità di vita, siamo chiamati a partecipa-re alla trasformazione culturale in atto come grande occasione per ren-dere anche nel web la nostra testi-monianza alla Verità.Il mensile diocesano Voci e Volti vuo-le esserne un esempio. Spero che es-so si diffonda sempre più non solo nelle parrocchie, ma anche nelle as-sociazioni, nelle famiglie e, perché no, anche nelle scuole. Voci e Volti, infatti, si presenta anche come utile strumento per le ore di Religione e per la discussione sui temi oggi più dibattuti, sempre però con uno “sti-le cristiano”.

[Verso la GM delle Comunicazioni Sociali]

Messaggio per la giornata delle

+ Michele Castoroarcivescovo

“La comunità cristiana guarda con particola-re attenzione al mon-do della comunicazio-

ne come a una dimensione dotata di una rilevanza imponente per l’educa-zione” sottolineano gli Orientamenti pastorali, Educare alla vita buona del Vangelo, al n. 51. Il mondo dei media e della comunicazione è spazio di vi-ta e di relazione ove vengono scam-biati pensieri, informazioni, visioni simboliche, nonché luogo ove si svi-luppano nuove forme di testimonian-za. Perciò le categorie media, comu-nicazione e cultura sono da compren-dere in maniera circolare: i media in quanto cornici entro cui si attua la conoscenza sociale e definitori della realtà sociale (Bennet) e la comuni-cazione in quanto aspetto del socia-le e suo stesso fondamento che gene-ra cultura (Gili).E così con l’esperienza vissuta, dap-prima per 20 anni attraverso la pa-gina settimanale del quotidiano ‘Av-venire’ e da ormai un anno attraver-so il giornale diocesano VOCI e VOL-

TI, l’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi e la Redazione del nuovo periodico si sforzano di co-municare l’attività e la vivacità del-la nostra Chiesa del Gargano nel mo-derno contesto massmediale in con-tinua evoluzione, in una maniera ri-spondente a quella “magna Charta” per la comunicazione in ambito cat-tolico, data com’è noto dal Direttorio sulle comunicazioni sociali nella mis-sione della Chiesa, approvato dall’As-semblea dei Vescovi. È la profusione di un impegno-servi-zio per concentrare “l’attenzione edu-cativa” dei lettori “al fine di sviluppa-re la capacità di valutare il messag-gio e gli influssi dei media nella con-sapevolezza della considerevole forza di attrazione e di coinvolgimento di cui essi dispongono” (OP n. 51).Lo strumento della carta stampata a nostra disposizione, pur se antico, è sviluppato, arricchito, non cancella-to e rimane un bisogno inalterato so-prattutto per larghe fasce di età che lo seguono con attenzione, consigli e incoraggiamenti in quanto nell’ot-

tica cristiana, ritenuto valido aiuto per riflettere su diversi temi attra-verso articoli impaginati che danno quel giusto risalto a notizie e rifles-sioni, sempre in una visione del mon-do permeata dalla fede cristiana, pro-posta attraverso questo impegnativo strumento cartaceo, ed accolta con attenzione e rispetto. Insomma, è un mettere in opera la funzione educativa del giornale che accompagna i let-tori con percorsi fatti di mete, pas-si semplici e col-legati da sequen-ze nella visione globale della per-sona. VOCI e VOL-TI è cresciuto e ci auguriamo conti-nuerà a crescere grazie all’appor-to e all’attenzio-ne delle VOCI, riflessioni, con-tributi, suggeri-menti, e all’in-

Alberto Cavallinidirettore usc dell’arcidiocesi

contro dei VOLTI, l’attenzione e il ri-scontro dei lettori.Si tratta, perciò, di una diaconia che parla di Dio e della Chiesa all’uomo del nostro tempo e del nostro terri-torio, ben consapevole del suo ruo-lo che si rivolge non solo ad extra, ai lontani, ma anche ad intra, ai vici-ni, nella coscienza che è un ‘servizio’ verso tutti gli altri Uffici e Comunità dell’Arcidiocesi. Con il cuore abitato dalla speranza e dalla Buona Notizia che accogliamo ogni giorno e che ci sforziamo di in-carnare e annunciare, l’auspicio co-me direttore responsabile del perio-dico VOCI e VOLTI, è quello di incar-nare sempre più quello ‘stile cristia-no’ di presenza che papa Benedet-to XVI nel messaggio per la Giorna-ta mondiale delle Comunicazioni So-ciali di quest’anno esorta a riscopri-re e praticare, chiamando tutti noi credenti a “farlo conoscere nella sua integrità”.

GIORNATA MONDIALE delle CS: I MEDIA, LUOGHI DI DIALOGO,

INCONTRO, SOLIDARIETA’

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Presentato il libro L’OCCUPAZIONE MILITARE TEDESCA A MANFREDONIA“Il Diario” di Mons. CESARANO

Giovanni XXIII e Padre Pio: due vite e due strade che più volte «si sfiorano, sen-za incrociarsi» (pag. 36),

per ritrovarsi spiritualmente, supe-rando barriere ed interpolazioni fit-tizie e pregiudiziali, in quel comune servire la Chiesa, madre e maestra, con la filiale obbedienza dei disce-poli di Cristo e con la grazia del do-no della pace. Cammino ricostruito con acribia scientifica e carità teolo-gale dal libro di Stefano campanel-la, Oboedientia et pax. La vera storia di una falsa persecuzione, edito dal-la Libreria Editrice Vaticana e dal-le Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, presentato presso la Sala Stampa del-la Radio Vaticana il 22 marzo scorso. Uno dei meriti di questo studio serio e rigoroso è quello di offrire una ratio convincente ed adeguata per quanto riguarda l’ordine e la selezione delle innumerevoli fonti a disposizione, ri-uscendo a dipanare una sorta di em-passe nella quale questo squarcio di storia complesso e dibattuto si trova-va ormai da anni. Una seconda nota d’interesse è l’assunzione della vir-tù teologale della carità come crite-

rio metodologico, evidente nella pre-sentazione rispettosa e discreta dei personaggi coinvolti nelle varie vi-cende, evitando anche di citare i no-mi di alcuni di loro. Scelta coraggio-sa e promettente che offre una testi-monianza di disciplina, signorilità e compostezza in un circo mediatico che spesso si nutre di ricerca dello scoop e del sensazionale. Per quan-to concerne lo stile, le pagine risulta-no agili e scorrevoli, ma anche capa-ci di appassionare. Il lettore è infatti avvinto dal parallelismo delle due fi-gure dei protagonisti del libro, e pro-iettato verso la ricerca di una veri-tà che passa attraverso le moltepli-ci mediazioni di svariati personag-gi. Su ognuno di essi è posto un fo-cus, come una “telecamera narrati-va” che li inquadra ed accompagna in tutto il loro percorso, inquadrando e zoommando una parabola biogra-fica che li porterà da una posizione di sostanziale opposizione nei con-fronti di Padre Pio ad un tempo di ripensamento e ritrattazione, in un certo modo di conversione. Così ac-cadrà per Mons. Maccari, che anni dopo la sua dura relazione su Padre

Di mons. Andrea Cesara-no, annota con precisio-ne Antonio Tomaiuoli, di-rettore dell’Archivio sto-

rico diocesano e curatore della pub-blicazione, “va apprezzata una for-midabile dote, quella dell’attenzione al presente che riesce a leggere e ad analizzare con intelligenza e imme-diatezza e ad aprirlo profeticamente a sviluppi imprevedibili”. In queste parole è da rinvenire la giusta chia-ve di lettura di questo Diario inedi-to, relativo al triste e difficile mo-mento della occupazione tedesca di Manfredonia. Il Diario, trovato nel-le carte del Fondo Arcivescovo Ce-sarano, è stato pubblicato per vole-re dell’arcivescovo Michele Castoro che ha così, come Egli scrive nella presentazione, desiderato assolve-re a un “debito di grata riconoscenza per non abbandonare all’oblio una vicenda carica di umanità e di carità … e come un modesto contributo che questa Chiesa Sipontina consegna

alla celebrazione del 150° dell’uni-tà d’Italia”.Per poter parlare dell’opera svolta da mons. Cesarano durante il perio-do dell’occupazione nazi-fascista a Manfredonia, bisogna tener presen-te, a mio giudizio, due importanti fattori: l’esperienza dal nostro ve-scovo acquisita negli anni venti in Turchia presso la Delegazione apo-stolica e l’imitazione del Pastore Buono. L’Arcivescovo, come sottolineano le pagine del suo Diario personale, è conscio della situazione politica grave che si è determinata in Ita-lia e della lotta in atto che sarebbe terminata solo con la caduta del fa-scismo e la fine della seconda guer-ra mondiale, le cui premesse già si potevano, all’epoca, intravedere nel crescente malessere degli Stati non appartenenti al blocco nazi-fascista. Una dura situazione vissuta duran-te l’occupazione nazista di Manfre-donia per la quasi totale assenza

delle autorità civili, per i duri bom-bardamenti avvenuti nell’agosto in Foggia che provocarono centinaia di vittime, per l’alternarsi quotidiano di comandanti tedeschi, per la fu-ga-rifugio di gran parte della popo-lazione nelle frazioni di campagna viciniori e a Montesantangelo. Un contesto fronteggiato soltanto con prudenza, sagacia, coraggio, preoc-cupazione amorosa per il gregge af-fidato, dialogo caparbio e costrutti-vo da parte dell’arcivescovo Cesara-no, che riuscì a trovare quello spa-zio necessario per efficaci soluzioni e costruttive azioni, volte tutte a fa-vore del bene del popolo e della città. Tante sono ancora le testimonianze di quel periodo, ancora presenti tra noi, che possiamo continuare a rac-cogliere e che attestano l’impareg-giabilità della sua umanità e del suo ministero pastorale, simile a quel-la di tanti altri vescovi e sacerdoti dell’epoca, soprattutto nel nord Ita-lia. Mons. Cesarano ha saputo nella

grave situazione generata dal nazi-fascismo decadente, non lasciarsi schiacciare da violenza e prepoten-za, ma si è prodigato con coraggio a favore del popolo, evitando ulte-riori spargimenti di sangue e dan-ni irreparabili. “La storia di un Ve-scovo è qualcosa che non si raccon-ta, piuttosto si coglie tutta nel palpito del cuore” . Ed è proprio vero! Que-sto testo tramanda, in sintesi, l’ope-ra solerte e coraggiosa del nostro ar-civescovo Andrea, promotore di dia-logo e di pace ed ammirevole esem-pio di perfezione cristiana durante un momento difficilissimo della no-stra storia.

Alberto Cavallini

Pio, ammette responsabilità perso-nali nel modo “urtante” di realizza-re l’interrogazione (pag. 135), e del quale Padre Pio stesso avrebbe con-fidato «[…]io in Paradiso lo voglio ac-canto a me»(pag. 136, nota 229), e che poi nel tempo della malattia in-vocava l’intercessione di Padre Pio. Similmente la donna calun- niatri-ce, trovò sempre carità e perdono in Padre Pio, che la ac-compagnò nel tempo della malattia e del-la morte, pre-gando per la sua salvezza (pag. 158, no-ta 268). An-che Padre Phi-lippe ammi-se dopo qual-che anno che la sua relazio-ne su Padre Pio era stata troppo severa e pregiudizia-le (pag. 183).

Queste pagine rivelano dunque l’as-senza di qualsiasi intento persecu-torio del Papa buono nei confronti del Frate Cappuccino, ma soltanto un faticoso cammino di conoscen-za della verità, a volte compromes-sa dai limiti benevoli di quanti furo-no chiamati a mediare tale appren-dimento, ma che tuttavia ebbero un ruolo inconsapevole in quel miste-

rioso agire della Gra-zia divina. Una storia di equilibrio e pruden-za, di due uomini che professano un «iden-tica concezione del-la missione e del ruo-lo del sacerdote e dal-lo stesso modo di porsi all’interno della Chie-sa» (pag. 16).

un libro al servizio della verità

Giovanni Chifari

[Luoghi di vita: Libri]

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CARITÀLA CASA della dell’ARCIDIOCESI

L’organizzazione ecclesiale della Carità, comunemen-te nota come “Caritas”, non è una forma di assistenza

sociale che s’aggiunge casualmen-te alla realtà Chiesa né un’iniziati-va che si potrebbe lasciare anche ad altri. Essa fa parte invece della na-tura profonda della Missione Chie-sa. Questa attività, oltre al primo si-gnificato molto concreto dell’aiutare il prossimo, possiede essenzialmen-te anche quello di comunicare agli altri l’Amore di Dio, che noi stessi abbiamo ricevuto. Dunque, la Cari-tà deve rendere in qualche modo vi-sibile il Dio vivente, reale fonte del-la Carità ecclesiale.Lo spettacolo dell’uomo sofferente tocca il nostro cuore. La Chiesa non può e non deve mettersi al posto del-lo Stato, ma non può e non deve ne-anche restare ai margini nella lot-ta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare. E’ difficile elencare tutto quello che si deve fare, ma nel nome della Cari-tà si deve sottolineare che esistono “le persone” e queste persone devo-no essere accolte nella loro totalità. Bisogna, inoltre, avere coscienza che la Carità non si delega. Questi concetti, espressi dal Papa Benedetto XVI nell’Enciclica “Deus Caritas est” sono stati i presupposti su cui è stato impostato il progetto della Casa della Carità appena inau-gurata e che può costituire un pun-to di riferimento qualificante, un di-

stinto segno di matu-rità sociale e di sensibili-tà collettiva

cevuta dall’Amministrazione Co-munale di Manfredonia, nel Secon-do Piano di Zona, sono stati ubicati gli articolati volumi le cui destina-zioni principali previste sono le se-

guenti:Centro polivalen-te della Caritas: al piano terra, punti di ascolto, sala di pri-ma accoglienza, in-fermeria, docce e servizio mensa; al primo piano, l’acco-glienza con circa 34 posti letto. Residenza sacerdoti anziani. Alloggio delle suore con l’ ospitalità per ragazze madri o bi-sognose.Piano interrato per deposito-conserva-

zione alimenti.Per qualificare l’intervento e per sta-bilire dei legami di un’area periferi-ca con il centro cittadino, il Centro Caritas è stato impostato attorno ad una piazza rettangolare di circa 600 mq su cui si snoda un porticato, ri-chiamante il chiostro di san Domeni-co, sede del Comune, ed una piccola cappella per rendere evidente la rea-le disponibilità del Signore all’incon-tro del prossimo. Ho voluto abbinare come rivestimento due elementi na-turali come la pietra di Apricena ed il cotto creando un equilibrio croma-tico tra rosso e bianco che contraddi-stingue tutto il complesso.

Sento di rivolgere i dovuti ringrazia-menti oltre che alla mia famiglia ed ai miei colleghi dello Studio Tecni-co 80, all’impresa di Costruzioni Co-operativa Mucafer, al suo Presiden-te Pasquale Tomaiuolo, al Direttore Tecnico ing. Mario Salvemini che ha egregiamente coordinato le varie fa-si della costruzione e le diverse dit-te coivolte nella realizzazione, coa-diuvato dal geom. Ciro Borgomastro e dal sig. Gino Carnevale e da Filip-po, dimostrando tutti un’esperien-za professionale di grande livello; al-la ditta Michele Prioletti e Giuseppe de Padova di Monte Sant’Angelo che ha eseguito gli impianti elettrici; alla Ditta Tecnocalor di Manfredonia che ha eseguito i lavori di impianti idri-ci, fognanti e di riscaldamento diret-ti dall’ing. Matteo Ciociola; alla Ditta La Macchia di Zapponeta per la for-nitura degli infissi; alla Ditta Mur-go che ha provveduto alla sistema-zione esterna. Infine, un grazie all’Arcivescovo Mi-chele per tutto quello che ha fatto e che farà, cui consegno questa strut-tura che ha bisogno ancora di parti-colare attenzione affinchè tutto pos-sa essere testimonianza della Divi-na Provvidenza.

[Comunicare l’Amore]

Mario Azzaroneingegnere progettista e direttore dei lavori della Casa della Carità

non solo per questo quartiere e per la città di Manfredonia, ma soprat-tutto per l’intera Arcidiocesi. Con la realizzazione di questa ope-ra si spera di venire incontro a si-tuazioni imprevedibi-li, di emergenza e di emarginazione, di de-grado personale e fa-migliare purtroppo molto frequenti an-che da noi. Si sa che le incombenze grava-no esclusivamente su tante famiglie dispe-rate, che qualche vol-ta accettano e condi-vidono situazioni an-gosciose, ma succede che altre volte rifiuta-no di portare avanti il peso di tutto ciò. L’opera, iniziata nel febbraio 2009, nelle sue strutture principali edili risulta quasi ultimata, ma non può essere completamente agibile perché man-cano le risorse finanziare per poter eseguire alcuni lavori specialmente nel piano interrato e per procedere all’arredamento completo di tutta la struttura. L’onere finanziario soste-nuto dall’Arcidiocesi è stato di circa di 4.500.000 €, rinvenienti dall’ac-cantonamento della maggior parte dei fondi “Ottoxmille” erogati dalla C.E.I. per interventi caritativi.In sintesi dal punto di vista edili-zio sono state realizzate le seguen-ti strutture:Su un’area di circa 12.000 mq, ri-

L’Onorevole Vendola accompagnato dall’Arcivescovo Castoro visita la nuova struttura

La cappella che sarà dedicata alla Madre della Misericordia

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Manfredonia. L’arcive-scovo Michele Castoro ha inaugurato nei gior-ni scorsi la Casa della

Carità, inserita in un contesto di es-senzialità, semplicità, sobrietà. Vo-luta fortemente nei decorsi anni da-gli arcivescovi Vincenzo D’Addario e Domenico D’Ambrosio che l’hanno pensata, preparata, e concretamen-te eseguita da mons. Michele Casto-ro, la Casa della Carità è oggi una re-altà importante per il nostro territo-rio, resa possibile grazie a quella no-stra firma dell’8xmille a favore della Chiesa con cui abbiamo reso tangibi-li tanti progetti pastorali e caritativi,

sostenuto i sacerdoti e soccorso gli ultimi presenti tra noi. La Casa della Carità, costruita su progetto dell’ing. Mario Azzarone e costata circa quat-tro milioni di euro, è una di quelle opere realizzate anche qui tra noi, vicinissima a dove abitiamo, anche se spesso non sappiamo che nel no-stro paese o nel nostro quartiere esi-stono di queste opere parrocchiali o caritative dovute alla firma di tut-ti noi contribuenti. Informare, dun-que, capillarmente sulle opere rea-lizzate è un fatto importante che fa capire come l’8xmille a favore della Chiesa si è concretizzato in un bene realizzato per tutti.

Dunque, inizia la sua avventura la nostra Casa della Carità, ove molti potranno trovare aiuto e fraternità che vanno oltre l’emergenza del mo-mento e ricevere sostegno nel ripren-dere in mano il cammino della pro-pria vita.La grande struttura prevede, tra l’al-

tro, l’abitazione per le suore, un dor-mitorio, una mensa, una casa di ac-coglienza ed una di riposo per sacer-doti anziani. Gli “abitanti” della Casa arrive-ranno nei prossimi mesi, secon-do le necessità, le possibilità e le opportunità. I primi abitanti sono già dati dalle tre Suore della Cari-tà di Santa Giovanna Antida Thou-ret e dal sacerdote responsabile. In questa fase iniziale e di rodaggio è richiesta la solidarietà di una pre-ghiera insistente affinché quest’ope-ra di Dio sia fedele alla sua missio-ne e tutti possano incontrare l’Amo-re di Dio.

Con l’inaugurazione parte la grande avventura della

Michelangelo Mansueto

Alla inaugurazione della Ca-sa della Carità dell’Arcidio-cesi è stato detto a chiare lettere che la struttura an-

cora in fieri darà voce e spesso un nome a tante sofferenze umane che ci circondano. Una struttura che nel dare fin dal prossimo futuro acco-glienza, getterà ponti e ridisegnerà i confini che, ahimè, distinguono gli uomini. Perciò l’arcivescovo Casto-ro ha sottolineato a gran voce che “…la carità è frutto della fede che scal-da il cuore, affina l’attenzione al biso-gno, rende più generosi nel dare, au-menta la gioia. “C’è più gioia nel da-re che nel ricevere”, ha detto Gesù. Certo, perché la Casa vada a regime sono necessari altri lavori per le rifi-niture esterne e l’allestimento inter-no, ma oggi vogliamo già presentarla

alla città e alla diocesi di Manfredo-nia, perché nel dispiegarsi del nostro cammino pastorale appaia chiaro il volto della nostra Chiesa, che vuole essere “Chiesa solidale”, oserei dire “sorella dell’umanità”, cioè capace di interpretare in modo evangelico e umano le attese e le speranze de-gli uomini e delle donne che abitano il nostro territorio… È doveroso farvi sapere che questa opera imponente è stata realizzata per la maggior par-te con i proventi dell’Otto-per-mille assegnato alla Chiesa Cattolica e col contributo di qualche fedele. Per il completamento e il funzionamento della Casa è necessario ora il contri-buto di tutti. Non ignoriamo la cri-si economica che ci sta provando ad ogni livello. Ma una crisi può dive-nire anche occasione di condivisio-

ne, di ridistribuzione, addirittura di nuova fraternità. Siamo fiduciosi…”.Dunque, è nata tra noi un’avventura della carità grazie alla generosità di chi firmando l’8xmille a favore della Chiesa ha pensato a chi è più solo e con lui si è fatto solidale.

[Comunicare l’Amore] 99

da parte della “Sorella dell’umanità”A.C.

Momenti della inaugurazione e benedizione della nuova struttura “Casa della Carità”

Casa della Carità

8XMILLEALLACHIESACATTOLICA

Anchequest’annol’importante è firmare

Anchequest’annoper destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica si puòusare:uil modello 730-1 allegato al modello 730 da presentare entro il 31maggio2011 per chi si rivolge ad un CAF o ad un professionista abilitato;uilmodelloUnico da consegnare entro il 30 settembre2011 direttamente viainternet oppure ad intermediario fiscale. Chi invece non è obbligato all’inviotelematico può effettuare la consegna dal 2maggio al 30 giugno presso qual-siasi ufficio postale;ula scheda allegata almodello CUD. Chi non è più obbligato a presentare ladichiarazione dei redditi (pensionati e lavoratori dipendenti senza altri redditiné oneri deducibili), può comunque destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica

attraverso la scheda allegata al CUD. Questa può essere consegnata gratuitamente entro il 30luglio 2011 in busta chiusa presso tutti gli uffici postali oppure ad un intermediario fiscale (CAF)che può chiedere un corrispettivo per il servizio. Per maggiori informazioni sulle modalità da se-guire per partecipare alla scelta dell’8xmille con il proprio modello CUD si può telefonare al nu-mero verde 800 348 348 (i giorni feriali dalle 9.00 alle 18.00).Il 5xmille si affianca anche quest’anno all’8xmille. Il contribuente può firmare per tutti e dueperché l’uno non esclude l’altro, ed entrambi non costano nulla in più.

Senon ci credi,chiedilo a loroOrmai da 20 anni, quando si parla di“sostegno economico alla Chiesacattolica”, si evocano valori di grandeimportanza: comunione, trasparenza,libertà, partecipazione e corresponsabilitàalla vita e missione della Chiesa in Italia enel Terzo mondo. E anche l’8xmille hacontribuito a dare, fin dall’inizio,un’occasione preziosa per promuovere neicattolici questi valori, proponendo la sfidaper una nuova mentalità capaced’affrontare i problemi delle comunitàecclesiali con una partecipazione ecorresponsabilità del tutto nuove. Infattianche con una semplice firma,consapevole e motivata, ma soprattuttoconfermata ogni anno, molti cattolici sisono presi carico di tante difficilisituazioni delle nostre comunità ecclesiali,difficoltà alle quali hanno contribuito adare delle risposte concrete, tangibili,risolutive. “Se non ci credi, chiedilo aloro” sottolinea il messaggio disensibilizzazione della campagnad’informazione 8xmille 2011, invitandoa proseguire su internetl’approfondimento di temi e vicende vistiin tv, per essere informati a 360 gradi suprogetti locali, ma rappresentativi di unavisione più vasta della missione dellaChiesa oggi. “Dai rivoli di storieevidenziate negli spot tv si potrà risalireall’impegno concreto della Chiesa oggi inItalia, in prima fila con l’8xmille per farfronte alla crisi economica” spiega MatteoCalabresi, responsabile del Serviziopromozione C.E.I. per il sostegnoeconomico alla Chiesa. “Negli oratori delleperiferie urbane a rischio, accanto aglianziani con iniziative pastorali, oltre chea favore delle famiglie, con microcredito efondi anti-crisi diocesani -prosegueCalabresi- spesso è un aiuto che va oltrel’emergenza, e sostiene tanti nelriprendere in mano la propria vita”.

MARIA GRAZIA BAMBINO

IN ITALIA

1|ABari, quartiereSanPaolo, è nata la coo-perativa Campo di Fragole per la forma-zione deiminori del quartiere. Riduzione del-l’abbandono scolastico e attività ludiche rap-presentanoun’alternativa efficace a pomeriggisolo televisivi e al rischio devianza.

2|APantelleria suor Patrizia, con l’aiuto divolontari locali e giovani in servizio civi-le, si occupa degli anziani che non hanno al-cunaiuto familiare. Li visita casaper casa, con-segna loro i pasti quotidiani, provvede alle pu-lizie dell’abitazione, dedica loro attenzione eascolto.

3|ARoma il progetto Borgo Amigò, realiz-zato da padreGaetanoGreconella diocesi

di Porto-Santa Rufina, si rivolge ai giovani chevengonoammessi amisure alternative alla de-tenzione. Qui la giornata è scandita dai com-piti domestici, agricoli, dimanutenzione, di stu-dio o lavoro.

4|A Forlì dal 1987 donne in difficoltà, mol-te in gravidanza o conbambini, hanno tro-

vato alla Tendaunposto sicuro dove ricostruirela propria vita.

5|Ad Andria don Geremia Acri, responsa-bile diocesano della FondazioneMigran-

tes, ha aperto un centro d’accoglienzamulti-

funzionale. Una risposta alla nuova emergenzacaritativa del capoluogoconmensa, docce, am-bulatorio, distribuzione abiti. Il 50% degliutenti registrati è straniero, italiano l’altrametà.

6|A Padova le Cucine popolari arrivano aservire 3mila pasti. Oltre allamensa fun-

zionano, nella stessa struttura, anche uncentro ascolto e di orientamento, docce, la-vanderia, servizi di abiti usati. In ambulatorio25 medici volontari.E ALL’ESTERO

7| In India aMumbai, l’Holy Spirit Hospitalalla periferia della cittàmette a disposi-

zione degli ultimi curemediche d’eccellenza.

8|E a Calcutta Suor Lizy Muthirakala e lesue consorelle della Provvidenza danno

rifugio e formazionealle bambinedi stradanel-laCasad’accoglienza, salvandole daundestinodi sfruttamento, accattonaggio e prostituzio-ne infantile.

9| InUganda la scuola professionale DanielComboni, aperta poco fuori dalla città diGulu, dona una seconda vita ai bambini-sol-dato, sottratti per anni ai loro villaggi e oggi traaule di teoria e officine di falegnameria,mec-canica ed edilizia.

www.chiediloaloro.it

Ecco le 9 storie, rappresentative delle destinazioni 8xmille,che vedremo negli spot in onda in questi mesi.

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L’ FU VOTATA SOLO DALLO 0,9% DEGLI ITALIANI

Giovanni PalladinoCentro Internazionale Studi Luigi Sturzo, Roma

[150° dell’Unità d’Italia] 11

ranza della popolazione. Questa più che essere un “soggetto” era un “og-getto” a disposizione dei “benefatto-ri”, come Gesù definì ironicamente “i re che governano le nazioni” nel cor-so dell’ultima cena con gli Apostoli. I due mestieri più diffusi erano quel-li del contadino e del soldato, sem-pre al servizio dei “benefattori”, con l’utilizzo del solo muscolo del braccio perché l’uso del cervello era consen-tito soltanto ai potenti e alla loro ri-stretta corte,. Di qui millenni di po-vertà diffusa e di vita disumana per i più. Don Sturzo definì il suo dise-gno politico con una parola di nuo-vo conio, popolarismo, perché dopo un lungo percorso storico dominato dai pochi – re, imperatori, papi, dit-tatori, principi, baroni, conti, duchi, marchesi, ecc. – a danno dei molti, il futuro sarebbe appartenuto al po-polo sovrano con un auspicabile van-taggio per tutti. In Italia, a 150 anni da quella svolta storica, siamo anco-ra lontani da questo obiettivo stur-ziano, perché il popolo, a causa di una classe politica ancora non all’al-tezza del suo compito per gravi lacu-ne morali e culturali, si sente ben po-co sovrano e lo dimostra il crescen-te tasso di assenteismo alle elezioni che minaccia di avvicinarsi al 40%. E’ tempo che i “benefattori” capisca-no che il loro compito non è di sta-re a tavola, ma di servire, come ha insegnato Gesù e come don Sturzo ha richiesto ai cattolici impegnati in politica. Pertanto, nel 150° anniver-sario dell’Unità d’Italia dovremmo fare un profondo esame di coscienza, avere il co-raggio di rinnovare in gran parte la nostra classe politica e attua-re seriamente il popo-larismo sturziano, che benché ideato all’inizio del secolo scorso è oggi di una modernità sconvol-gente.

Fatta l’Ita-lia, non r ima-n e v a

che la consa-crazione uffi-ciale da parte di tutti i cittadi-ni con un plebi-scito, svoltosi in un ovvio periodo di reazione da par-te di quelli che erano rimasti fedeli all’antico reame borbonico. Il plebi-scito fu fissato per le provin-ce dell’Italia meridionale al 31 ottobre 1860. Il popolo, riunito in comizi, doveva accettare o ri-gettare, con un sì o con un no, la formula proposta: “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile sotto lo scettro del re costituzionale Vittorio Emmanuele e i suoi legittimi discen-denti”. Grande influsso, bisogna ri-cordare, ebbero sia Luigi Zuppetta, deputato al parlamento unitario per il collegio di S. Severo, che il garga-nico Vincenzo Amicarelli deputato per il collegio di Monte Sant’Angelo, i quali dettarono e formularono pro-prio in tal maniera la domanda ple-biscitaria per le province meridio-nali, contro l’odiosa formula di an-nessione incondizionata al Piemon-te proposta dal Pallavicino e dai Ca-vouriani con cui si lasciava intende-re che le pro-

vince italiane dovessero “piemontiz-zarsi”, mentre il Piemonte, primeg-giando fra tutte le regioni, non dove-va “italianizzarsi”. Il risultato della votazione nella no-stra provincia di Capitanata, spe-dito al Presidente della Corte su-prema di Giustizia di Napoli, fu il seguente: 5.425 voti per il sì, mentre 996 per il no, mancan-do al totale dei voti solo quelli dei cittadini di S. Giovanni Ro-tondo e S. Marco in Lamis che si rifiutarono di votare.

In totale, il plebiscito per il quale votarono i soli pos-

sidenti uomini e che si svolse nelle province

meridionali dell’ex Regno borbonico

fu il seguente: 13 0 . 2 0 6

voti per il si,

e solo 10.312 voti per il no. Nel gennaio 1861

sorsero anche vari circoli elettorali in vista delle ele-

zioni al parlamento che pro-posero e caldeggiarono alcuni candi-dati prescelti a rappresentare il ter-ritorio, ritenuti illustri per merito, personalità, nome del casato, cultu-ra, e soprattutto in quanto proprie-tari, soggetti al censo. Le elezioni si svolsero l’ultima do-

menica di gennaio 1861. Risultarono eletti nel nostro territo-rio di Capitanata: per Manfredonia Domenico Varo, per Monte S. Ange-lo Vincenzo Amicarelli, per Foggia Giuseppe Ricciardi, per S. Severo Lu-igi Zuppetta, per Lucera Gaetano De Peppo, per Sannicandro Garganico

Michele Di Sangro i quali parte-ciparono il 17 marzo 1861 al-la prima riunione, tenutasi in

Torino, del primo Parlamento dello Stato unitario.

Alberto Cavallinidella Società di Storia Patria per la Puglia, sezione garganica

UNITÀ D’ITALIAEcco il voto nel nostro gargano e nel sud Italia

Il contesto storico in cui avvenne la prima tappa dell’Unità d’Ita-lia, il 17 marzo 1861, è poco co-nosciuto dalla maggioranza de-

gli italiani. Infatti molti non sanno che:- negli anni precedenti all’unità,

l’Italia era “disunita” in Regno di Sardegna, Impero Austro-Veneto-Lombardo, Ducato di Parma, Du-cato di Modena, Granducato di To-scana, Stato Pontificio, Regno del-le Due Sicilie;

- nel 1861 la nostra popolazione era di 26.328.000;

- gli elettori ammessi al voto furo-no 418.696, pari all’1% della popo-lazione;

- i votanti effettivi furono 259.583, pari allo 0,9% della popolazione;

- fra gli eletti al Primo Parlamento italiano con sede a Torino vi erano 85 nobili (principi, duchi, marche-si, ecc.), 72 notabili, 52 fra medici, ingegneri e professori universita-ri e 28 alti ufficiali dell’Esercito re-gio.

Emerge da queste cifre una fotogra-fia sociale drammatica della realtà italiana di quel tempo, caratterizza-ta al Nord dal 54% di analfabeti, al Centro dal 75% e al Sud dal 90%. Ma per essere ammessi al voto non ba-stava essere di sesso maschile e sa-per leggere e scrivere, bisognava an-che avere il “censo” cioè essere fra coloro che pagavano le tasse.Quanti garibaldini e patrioti dell’Uni-tà d’Italia furono ammessi la voto?

Certamente pochi, perché il primo Parlamento ita-liano nacque in un contesto

storico che rif letteva

la realtà di millenni dominati dal potere assoluto di una minoranza di “potenti” sulla stragrande maggio-

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UNA CAPACITà SMARRITA

Nanni Moretti prigioniero del suo narcisismo

Emilio Ranzatocritico cinematografico

[Prospettiva sul cinema]12

Ciò che si imputava a Moret-ti fino a qualche anno fa, ossia di indulgere in un ec-cessivo narcisismo, di mo-

nopolizzare l’attenzione dello spet-tatore con la sua personalità, oggi gli si sta rivolgendo contro. Nel sen-so che non riesce più a sottrarsi dal-lo schermo senza comprendere il ri-sultato complessivo dei suoi lavori. A Moretti, insomma, non sta riuscen-do ciò che è riuscito a Woody Allen a partire da metà carriera, ossia re-legare efficacemente il proprio alter ego cinematografico a comprimario, a spettatore, o addirittura cancellar-lo del tutto. Lungi dall’essere opere comiche o leggere, pur se costella-te da tanti momenti esilaranti di cui tutti conserviamo nella memoria al-meno una battuta, i suoi film han-no descritto la solitudine e il diso-rientamento dell’individuo in un’Ita-lia prima reduce dalle laceranti di-visioni politiche, quindi adagiata in una bambagia piccolo borghese, pri-va di valori e falsamente confortan-te. Con Aprile e Caro diario, Moretti ha cominciato però ad optare è per un cinema più composito, forse più complesso ma non altrettanto riusci-to, frutto di un lavoro di squadra in sede di sceneggiatura probabilmen-te inopportuno. In particolare, l’idea di spostare fuori di sé il filtro del-le crisi di volta in volta raccontate, non ha pagato e Habemus Papam lo conferma.

Chiedere a Moretti di impersona-re questo Pontefice sconquassato dai dubbi sarebbe stato troppo, ma ci si aspettava che svolgesse alme-no il ruolo di contraltare dialettico che conducesse fino in fondo quella battaglia che una battuta iniziale del film sembrava propiziare: “Il concet-to d anima e quello di inconscio non possono coesistere”. Invece, chissà perché, forse per un eccessivo pudo-re, Moretti s tira indietro anche da questo compito. Anziché creare un parallelismo fra le due rinunce, pro-duce in tal modo un doppio effetto negativo. Da una parte lo psicanali-sta rimane inutilmente da solo con i cardinali, dando vita a siparietti an-che divertenti ma spogliati del signi-ficato che avevano un tempo nel ci-nema morettino e che non diventa-no mai proiezione di qualcosa di più ampio. Dall’altra, il Papa dubbioso perde un interlocutore che non sia la sua enigmatica coscienza e viene abbandonato al centro di una dram-maturgia troppo inerte.Gli ingredienti messi in scena, quin-di, ci parlano ancora di un autore che non fa fatica a stagliarsi sulla media del cinema italiano contemporaneo. A essersi smarrita è la capacità di comporre quegli ingredienti in un congegno efficace. Almeno da quan-do Moretti ha smesso di scriversi i film da solo e di accogliere per in-tero dentro di sé le crisi che ci rac-conta.

Perché avere paura di un film come quello di N. Moretti “Habemus Papam”? Perché tanta opposizione da parte

di un certo mondo cattolico? Me lo chiedo da cattolico, dichiarando su-bito il mio dissenso da tanta indigna-zione. Penso che sia troppo comodo e semplice indignarsi per un film e non provare indignazione per ben al-tro, come l’emergenza democratica, l’attacco ai giudici da parte di una certa politica, le spinte secessionisti-che di un nord egoista, il silenzio su come vengono gestiti i contratti di la-voro. Non penso sia una colpa mette-re in evidenza, con il linguaggio del-la finzione che è proprio del cinema, il lato “umano” degli uomini di Chie-sa, specialmente se riferita all’alta gerarchia. Penso che la Chiesa deb-ba avere paura non tanto della pro-pria fragilità, quanto piuttosto della presunzione con cui a volte può rite-nere di essere esente. Da credente, non amo la Chiesa per-ché è forte, sicura, rassicurante, per-fetta, esente da dubbi e ripensamen-ti, ma perché proprio essa ha accol-to la mia fragilità, perché la condivi-de ogni giorno, e facendola sua non mi nasconde il lato di quella sua fra-gilità che la rende a me più vicina, più prossima e più incarnata. Vici-na anche a quella fragilità che è di ogni uomo che cerca Dio, o semplice-mente cerca la verità e il senso ulti-mo della propria vita. Certo se il film fosse stato condotto con la pretesa di dare un giudizio storico o morale sull’operato della Chiesa e di qual-che prelato dell’alta gerarchia, allo-ra avremmo avuto da ridire, anche se forse più sul metodo che sul con-tenuto. Certo emerge tutta la lettu-ra laica di Moretti che vede la Chie-sa come un qualcosa fatto solo dagli

uomini. Ma non è questo quello che la maggior parte della gente pensa? La vera fragilità della Chiesa sta pro-prio quando essa fa di Dio il grande latitante.Condivido la lettura che ha dato nel-la sua recensione Marina Corradi sul quotidiano “Avvenire”, ma non con-divido altre letture che sempre sullo stesso quotidiano altri articoli han-no dato e nei quali addirittura viene lanciato una specie di anatema, in-vitando i cattolici a “boicottare” la visione. Ne sono rimasto assai sor-preso. Proprio nei giorni scorsi ab-biamo contemplato la fragilità “uma-na” di Gesù di Nazareth, il punto ze-ro da cui tutto sempre ricomincia. Se la fragilità non ha impedito a Dio di amarmi, perché dovrebbe spaven-tarmi il fatto che agli altri ne vengo-no a conoscenza? “Solo l’uomo fragi-le sa entrare nell’uomo spezzato, pro-va amore e entra nel dolore: perché lo ha conosciuto” (V. Andreoli).Forse Moretti, presentando i cardi-nali come uomini, non ha detto nul-la di nuovo che già non sapevamo. Comunque li riavvicina al popolo dei credenti facendoli apprezzare per la loto umanità, spogliandoli di quell’alone sacro con cui a volte li vediamo come posti fuori dalla pa-sta umana e dalle vicende del mon-do. E invece io che sono nella Chiesa da credente so che così non è. I vescovi e i cardinali sono piena-mente inseriti nelle vicende uma-ne e della storia, sono incarnati nel-le problematiche sociali. Chi si scan-dalizza del film forse non ha mai co-nosciuto tali figure che hanno dato la vita per il vangelo.

ELOGIO DELLA FRAGILITà

Considerazioni di un credente sul film di Nanni Moretti “Habemus Papam”

Michele Illiceto

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Sono stato chiamato ad af-frontare il tema relativo al-la politica secondo la Dot-trina Sociale della Chiesa,

aprendo uno scorcio su quello stra-ordinario documento che ne racco-glie la sintesi, il Compendio di Dot-trina Sociale. Uno strumento il cui obiettivo è quello non solo di lumeg-giare la meta verso cui deve tende-re l’agire sociale di ciascuno, ma an-che di fornire i mezzi necessari per assecondare quella tensione verso il bene di tutti gli uomini che ognuno di noi è chiamato a mettere a frutto in maniera operosa e costruttiva. Fo-calizzando l’attenzione sul cap. VIII del Compendio, quello dedicato alla materia politica, vi è da dire subito che l’uomo sa di avere bisogno de-gli altri ed avverte, quindi, la neces-sità di instaurare relazioni sociali: è dall’insieme di queste ultime che trova luce la comunità politica, defi-nibile come il complesso di relazioni e rapporti la cui ragione di esistere è, appunto, l’integrale realizzazione dei propri membri. Tale meta, tutta-via, non può conseguirsi se non at-traverso la promozione e tutela dei diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla vita, quello al lavoro, alla libertà religiosa, all’istruzione, alla libertà di manifestare il proprio pensiero, nella misura stessa in cui questi costituiscono condizioni es-senziali per una vita coerente con la dignità umana ed i suoi corollari. Da quanto fin qui detto si comprende bene quale sia, non solo il presuppo-sto legittimante la comunità politica, ma anche l’importanza delle respon-sabilità che le sono affidate, che non possono essere assolte senza un’au-torità che la guidi attentamente ed in modo scrupoloso, coordinando le sue molteplici componenti.Il discorso sull’autorità politica è un tema decisivo nell’economia del-la Dottrina Sociale, la cui analisi as-sume, oggi più che mai, un signifi-cato particolarmente complesso al-

la luce della crisi che la attraversa e delle conseguenziali manifestazio-ni, talvolta assai degradanti, che ne discendono. Un’autorità che nasce per essere al servizio della comuni-tà ed esercita un potere funzionale a tale finalità, non ad altre. Seguen-do quest’ottica, allora, si comprende perché provoca indignazione un’au-torità che, distorcendo il potere as-segnatole, lo adoperi per scopi clien-telari, tesi a soddisfare i bisogni di pochi a scapito dell’interesse di tut-ti gli altri.Comunità politica ed autorità, poi, non possono operare senza un mec-canismo che consenta alla prima di poter partecipare alle scelte di go-verno spettanti alla seconda. Detta articolazione è nel Compendio indi-viduata in quel sistema, definito de-mocrazia, in grado di permettere la partecipazione dei cittadini alle de-cisioni dell’autorità mediante l’ele-zione dei propri rappresentanti ne-gli organi di questa. Analizzando la situazione italiana sul punto, vi è da dire che la prerogativa illustrata è, in taluni casi, decisamente limitata se non, addirittura, del tutto compro-messa. Basti pensare ai procedimen-ti di elezione dei nostri parlamentari che da qualche anno non prevedono più il voto di preferenza, permetten-do l’elezione di rappresentanti sul-la base di liste cosiddette “bloccate” determinate dalle segreterie di par-tito. Viene da chiedersi a questo pun-to quale possibilità di verifica possa esservi da parte del popolo sovrano rispetto ai propri rappresentanti. La compressione degli strumenti di controllo democratico, unita al vio-lento conflitto tra poteri in atto nel nostro Paese, dimostra come sia ur-gente, oggi più che mai, adoperarsi per favorire la nascita di una nuova classe politica, che abbia come pro-spettiva un modo nuovo di intende-re la vita istituzionale, più responsa-bile e meglio orientata verso il perse-guimento del bene comune.

NELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Adamo Brunetticonsigliere comunale a Manfredonia

[Dottrina sociale ed educare alla vita] 13

Si è concluso il corso di Bio-etica tenuto dalla dr.ssa Lu-cia Miglionico, pediatra on-cologa di “Casa Sollievo del-

la Sofferenza”, e promosso dalla prof Arcangela Bisceglia del Liceo Classi-co “Aldo Moro” di Manfredonia. Dopo aver affrontato i temi de “L’em-brione umano fra Scienza, Etica e Di-ritto” e dell’ “Affettività e Sessualità nel processo di crescita”, la Miglio-nico ha trattato un tema attualissi-mo e a noi già introdotto dalla prof di Scienze Enrichetta Iannaccone: “Biotecnologie e Progresso”. Che co-sa sono le biotecnologie e a che cosa servono? Per produrre prodotti uti-li all’uomo, migliorare piante, ani-mali o microrganismi, per svilup-pare applicazioni in campo sanita-rio, anche se non tutti positivi sono i loro effetti. Se la creazione di Or-ganismi Geneticamente Modificati, da un lato porta a risultati economi-ci, dall’altro può dare origine a or-ganismi nuovi e pericolosi, resisten-ti ai farmaci e capaci di alterare al-cune funzioni umane. Molte sono le sfide che le biotecnologie ci pongo-no per il futuro ecco perché la “Casa Sollievo della Sofferenza” ha avviato il progetto “Adotta una cellula”, gra-zie al quale sarà possibile il trapian-to di cellule staminali adulte e non embrionali.La vita, infatti, non può essere sa-crificata neppure in nome di fini no-bili. La dottoressa Miglionico ha vo-

luto sottolineare lo stretto rappor-to fra ricerca biomedica e bioetica, che, sul piano della prassi, chiama in causa la responsabilità del ricer-catore e dello scienziato. E’ illecito non ricercare, giacchè la ricerca co-stituisce un’espressione della signo-ria dell’uomo sul creato, ma la ricer-ca stessa ha altresì in sé un valore etico: il progresso e le ricerche devo-no compiersi nel pieno rispetto delle norme morali, a tutela della dignità, libertà e uguaglianza degli uomini, e della natura. La ricerca scientifica, com’è emerso dal dibattito, è simile ad una scalata, per la quale occorro-no una buona meta, un buon percor-so e buoni mezzi, che siano leciti e incapaci di ledere l’altrui libertà. E’ pertanto giocoforza che norma giu-ridica, norma deontologica e norma etica siano strettamente unite e che i principi di beneficialità, autodeter-minazione, libertà, giustizia siano alla base di ogni ricerca che mira al giovamento dell’umanità.La relatrice ha infine precisato che l’obiettivo del corso non è stato l’in-dottrinamento, bensì “un salto di qualità” per contribuire ad accre-scere una cultura, capace di difen-derci e di farci reagire contro i ri-schi della “Babele culturale” in cui viviamo. Come alunni del Liceo Clas-sico ringraziamo la dr.ssa Miglioni-co e ci auguriamo di riaverla al no-stro fianco per un nuovo momento formativo.

Luigi Remore del Liceo Classico “A. Moro”

Biotecnologie e bioetica

Alunni del Liceo “Moro” con la Dott.ssa Miglionico

manfredoniaLA POLITICA

[Convegno Ecclesiale Regionale]14

14,201\

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I sacerdoti aiutano tutti.Aiuta tutti i sacerdoti.

Lo scorso 15 aprile, l’arcive-scovo mons. Michele casto-ro ha inaugurato il percorso della via crucis di via Ma-

donna degli Angeli cui è seguito il primo esercizio della via Crucis con la partecipazione di migliaia di fede-li, del Sindaco con l’Amministra-zione civica, di autorità civili e re-ligiose. Le 15 stazioni, che compongono il percorso spirituale, sono state rea-lizzate a mano in ferro e metallo di 1,00 m per 80 cm dall’artigiano di Monte Sant’Angelo Giuseppe Ricuc-ci, detto “il fiorentino”.

Santuario dell’Arcangelo a Monte S. Angelo

8 MAGGIO: Festa del millenario santuario

dell’Arcangelo Tra i santuari della cristianità, quello del Gargano con una

storia secolare, venutosi a costituire su un più antico tem-pio pagano, per edificazioni e demolizioni, per distruzioni e ricostruzioni, quasi come un organismo complesso, forni-

to di naturale vitalità propria, ha attratto folle di fedeli salmodian-ti e di scettici visitatori e di rapaci e sacrileghi predatori. Diverse costruzioni di questo complesso unico e singolare convivono attra-verso i secoli, l’una accanto all’altra, ma soprattutto l’una nell’al-tra, come in un antico manoscritto dai fogli di pietra, vivo, affasci-nante e multiforme nella sua testimonianza di voci, che dall’an-tichità giungono a noi, disincantati lettori del XXI secolo. Anche quest’anno è stata celebrata la millenaria fe-sta dell’Apparizione dell’Arcangelo con no-vena e celebrazioni eucaristiche. Tra gli appuntamenti culturali, vener-dì scorso è stato presentato il te-sto “Con le ali ai piedi” di Ange-la Maria Seracchioli – l’antico itinerario percorso da s. Fran-cesco, da Assisi alla sacra grotta di Monte S. Angelo, con una con-ferenza cui sono intervenuti tra gli altri il sac prof Mario Sensi, Alessandro Cannavò redattore del Corriere della Sera, Miriam Giovanzana. Martedì 17 maggio, a partire dalle 10, Convegno di stu-di e inaugurazione della sede AIRS – As-sociazione Internazionale Ricerca sui San-tuari con la partecipazione dell’arcivescovo mons. Michele Castoro, di p. Ladislao Suchy, rettore del santuario, del prof. Giorgio Otran-to del Dipartimento Studi classici e cristiani dell’Università di Bari. (A.C.)

In collaborazione con

Città di Monte Sant’Angelo Santuario di San Michele Arcangelo Consulta Universitaria per la Storia

del Cristianesimo e delle Chiese

Associazione Italiana per lo Studio Istituto Storico Italiano della Santità, dei Culti e dell’Agiografia per il Medioevo

Per i soci AIRS che prenoteranno entro il 7 maggio p.v. è previsto il trasporto da Bari a Monte Sant’Angelo con un pullman in partenza alle 17,30 del 16 maggio.

Segreteria Organizzativa

Alessandra Moro – Angela Forte tel. 080 5717935 - e-mail [email protected]

Michele Laricchia - Ottavio Ardillo - Diana Cazzolle tel. 080 5717947 – 080 5717903, fax 080 5717918

Prodotto e stampato in proprio dal Dipartimento (operatore Ottavio Ardillo)

Associazione Internazionale UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO

per le Ricerche sui Santuari Dipartimento di Studi classici e cristiani Centro di Studi micaelici e garganici

Convegno di Studi e inaugurazione sede AIRS

SSaannttuuaarrii ccrriissttiiaannii dd’’IIttaalliiaa ttrraa mmooddeellllii tteeoorriiccii ee rreeaallttàà rreeggiioonnaallii

Sede AIRS Santuario di San Michele Arcangelo

Monte Sant’Angelo (FG) 17 maggio 2011

Monte Sant’Angelo

In collaborazione con

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Per i soci AIRS che prenoteranno entro il 7 maggio p.v. è previsto il trasporto da Bari a Monte Sant’Angelo con un pullman in partenza alle 17,30 del 16 maggio.

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Convegno di Studi e inaugurazione sede AIRS

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Sede AIRS Santuario di San Michele Arcangelo

Monte Sant’Angelo (FG) 17 maggio 2011

Convegno di Studi e inaugurazione

sede AIRSSantuari

cristiani d’Italiatra modelli teorici e realtà regionali

Sede AIRS Santuario di

San Michele Arcangelo Monte Sant’Angelo (FG) 17 maggio 2011

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Per i soci AIRS che prenoteranno entro il 7 maggio p.v. è previsto il trasporto da Bari a Monte Sant’Angelo con un pullman in partenza alle 17,30 del 16 maggio.

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Convegno di Studi e inaugurazione sede AIRS

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Sede AIRS Santuario di San Michele Arcangelo

Monte Sant’Angelo (FG) 17 maggio 2011

con il contributo dellaFondazione cassa di Risparmio di Puglia

L’Associazione Internazionale per le Ricerche sui Santuari (AIRS) è impegnata, da più di un decennio, in attività e iniziative culturali nell’ambito della ricerca sui santuari nazionali e internazionali. Di essa fanno parte studiosi e specialisti di discipline storiche e religiose, che si sono già incontrati in una lunga serie di convegni e seminari, nei quali hanno approfondito i diversi aspetti collegati alla nascita e allo sviluppo dei santuari, sia di quelli ancora attivi che di quelli non più cultualizzati, presenti nel territorio nazionale.

Attualmente l’AIRS si occupa del rilancio del Progetto Censimento dei santuari cristiani d’Italia dall’antichità ai nostri giorni, una delle iniziative culturali più interessanti nel panorama delle ricerche storico-religiose degli ultimi tempi. Il Progetto dischiude una possibilità di indagini ad ampio spettro su una serie di complesse questioni collegate alle realtà santuariali: identità, motivi antropologici, funzioni spirituali, culturali e sociali. L’AIRS, in questo Progetto, coordina i gruppi regionali partecipanti e si propone di promuovere studi e ricerche per la conoscenza e la valorizzazione del ricco patrimonio santuariale italiano, organizzando lavori individuali e d’équipe, seminari e convegni finalizzati alla pubblicazione della collana Santuari d’Italia su base regionale, di cui è già comparso il volume sul Lazio (Roma 2010, De Luca Editori d’Arte).

È gradita la Sua presenza A nome dell’AIRS, esprimo il più vivo ringraziamento a Mons.

Michele Castoro, a Padre Ladislao Suchy e alla Comunità dei Padri Micheliti per aver messo a disposizione, presso il Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, la sede dell’AIRS.

Giorgio Otranto

PROGRAMMA

ore 10,00 Saluti delle Autorità Andrea Ciliberti, Sindaco di Monte Sant’Angelo Stefano Pecorella, Presidente del Parco Nazionale del Gargano

Presentazione AIRS Giorgio Otranto, Presidente dell’AIRS Presiede: Giancarlo Andenna, Vicepresidente AIRS

Inaugurazione della sede AIRS S.E. Mons. Michele Castoro, Arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo Padre Ladislao Suchy, Rettore del Santuario di San Michele Arcangelo

ore 11,00 Il Santuario tra storia, arte e antropologia Sofia Boesch Gajano, Presidente del Centro Europeo di Studi Agiografici ore 11,45 Tavola rotonda, Santuari d’Italia Interventi dei Responsabili Regionali Coordina: Roberto Rusconi Conclusioni Giorgio Cracco, Presidente onorario AIRS

CON IL CONTRIBUTO DELLA Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia

15 Aprile

e15 e

11 M

AG

GIO

201

1

Don Angelo Dinunzioparroco del SS. Sacramento

[Ecclesia in Gargano]

Figure sacerdotali: don Luigi Fasanella a cento anni dalla nascita

Cento anni fa, il 2 aprile 1911 nasceva a Peschici, don Lu-igi Fasanella. Un sacerdo-te che ha segnato profon-

damente la storia di Vieste. Dalla sua pubblicazione ”La parrocchia di San Giuseppe operaio in Vieste narra la sua storia” è possibile apprendere al-cune note biografiche che ci aiuta-no a riscoprire la sua figura. Nato a Peschici il 2 aprile 1911 da Geremia e Angela Stramacchia, dopo gli stu-di dapprima presso i Collegi Serafi-ci dei Cappuccini in Vico del Garga-no e in S. Elia a Pianisi – nell’otto-bre del 1922 sosterà per venti gior-ni anche nel Convento di S. Maria delle Grazie in S. Giovanni Rotondo a contatto con Padre Pio, - entra nel Seminario di Andria, poi in quelli di Molfetta e Benevento. Ordinato Sa-cerdote nella Cattedrale di Vieste il 3 luglio 1938 per l’imposizione delle mani di monsignor Andrea Cesara-no, ha svolto un’infinità di incarichi diocesani e nazionali, che lo impe-gnarono in modo straordinario, dan-do sempre testimonianza del suo ze-lo per Gesù Cristo e curando parti-colarmente i giovani. L’impegno per la GIAC lo portò a lavorare e predi-care nelle Diocesi del Beneventano (1947) poi in quelle della Campania (1948) e del Salernitano (1949). Il pe-riodo difficile del dopo guerra lo ha visto impegnato nell’assistere le fa-miglie bisognose (almeno 150) con la Cucina del popolo, aperta nell’epi-scopio di Vieste, nel fondare l’Orato-rio nella “sede gloriosa di S. Marco”, ove ha ospitato centinaia di giovani e migliaia di ragazzi, la Sala Cine-matografica. In occasione del 25° di sacerdozio, don Luigi diventò Parro-co di Santa Croce in Vieste. Vi rima-se fino al 1966 quando diede vita al-la nuova Parrocchia di S. Giuseppe Operaio della quale rimase parroco fino al 1988. Si trasferì quindi a Pe-schici, sua città natale e aprì anche lì un Oratorio portando una ventata di novità e vita. Il 2 aprile 1995, nel giorno del suo 84° compleanno, don Luigi Fasanella chiuse la sua gior-nata terrena.Ho incontrato don Luigi nel 1966, quando andai ad abitare in una nuo-va casa nella zona che si espande-va sempre più. Avevo appena cinque anni. L’Oratorio è stato per me la se-conda casa: li sono cresciuto, condi-videndo le varie attività: formazio-ne, gioco, teatro. Che meravigliosi ricordi!Quante pellicole ho proiettato nel-la sala cinematografica e quante pagine di Cuori Uniti ho stampato al ciclostile! Avevo diciassette anni quando un giorno, di ritorno da un convegno, don Luigi mi fece una do-manda a bruciapelo: “Hai mai pensa-

14,201\

Ogni giorno 38 mila sacerdoti diocesani annunciano il Vangelo nelle parrocchie tra la gente, offrendo a tutti carità, conforto e speranza. Per continuare la loro missione,

hanno bisogno anche del tuo aiuto concreto: di un’offerta per i l sostentamento dei sacerdoti. Queste offerte arr ivano al l ’ Ist itu to Centrale Sostentamento

Clero e vengono d is t r ibu i te a tu t t i i sacerdot i , spec ia lmente a que l l i de l le comuni tà p iù b isognose, che possono contare cos ì su l l a gene ros i tà d i tu t t i .

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Per offrire il tuo contributo hai a disposizione 4 modalità: • Conto corrente postale n° 57803009• Carte di credito: circuito CartaSi chiamando il numero verde 800.82.50.00 o via internet www.offertesacerdoti.it

• Bonifico bancario presso le principali banche italiane• Direttamente presso l’Istituto Sostentamento Clero della tua diocesi.

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Clero sono deducibili fino ad un massimo di 1032,91 euro annui dal proprio

reddito complessivo ai fini del calcolo dell’Irpef e delle relative addizionali.

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I sacerdoti aiutano tutti.Aiuta tutti i sacerdoti.

2011Agenda

del VESCOVO

maggio

to di diventare sacerdote”? Perbacco! Certo, ero impegnatissimo in parroc-chia però a diventare prete proprio non ci avevo pensato. Ma quella ‘pul-ce’ nell’orecchio cominciò a fare il suo lavoro e sotto la sua direzione spirituale, quella proposta diventò impegno di vita. Diventato sacerdo-te, sono stato viceparroco alla San Giuseppe per i primi anni del mio ministero e nei suoi ultimi anni di parroco a Vieste. Trasferitosi a Pe-schici, tante altre volte sono stato a trovarlo, in quei locali che aveva fat-to preparare per recuperare la gio-ventù peschiciana. Quello che ricor-do di Don Luigi è la sua gioia di esse-re prete, il suo zelo, la sua determi-nazione e caparbietà (a volte anche

testardaggine, ma era il suo caratte-re), la sua signorilità. Era diventato per me un vero padre e tante sono le confidenze che mi ha fatto: dalle sof-ferenze e difficoltà passate, gelosie, invidie, ostacoli, alle cose belle vis-sute sia nella esperienza del semi-nario che nel ministero sacerdotale. Un prete sempre desideroso di lavo-rare nella vigna del Signore e lo ha dimostrato anche nel momento del pensionamento: invece di ritirarsi in santa pace a godersi gli ultimi gior-ni, si è rimboccato le maniche per continuare a dare tutto ciò che pote-va a gloria di Dio per il bene dei fra-telli. La sua memoria resta per tutta Vieste in benedizione e per noi è più che doveroso ricordarci di lui e rac-comandarlo nelle nostre preghiere.Per dovere di cronaca, ricordo altri due sacerdoti viestani “a cento anni dalla nascita”: Don Domenico Desi-mio, primo parroco della parrocchia SS. Sacramento, nato il 30.03.1911, ordinato sacerdote il 08.08.1935 e morto a Vieste il 08.08.1994; e Don Libero Patrone, nato il 23.11.1911, ordinato sacerdote il 30.03.1934 e morto a Vieste il 08.10.1995. Anche per loro il nostro ricordo grato e rico-noscente per il ministero svolto nella nostra comunità viestana.

ACR

giugno

mercoledì 1115.30/19.00 Convegno ecclesiale diocesanogiovedì 1215.30/19.00 Convegno ecclesiale diocesanogiovedì 1318.00 Cresime,SS. Pietro e Paolo, Vico sabato 1419.00 Cresime, S. Maria della Pietà, Cagnano Varanodomenica 15 - IV di Pasqua11.00 Cresime, Stella Maris, Manfredonia19.00 Cresime, SS. Trinità.,Manfredonialunedì 1618.30 Cresime, Chiesa di S. Eustachio, Ischitellamartedì 1719.00 Cresime, Concattedrale, Viestemercoledì 18Omaggio al B. Giovanni Paolo II, Gruppi di preghiera di Roma e del Laziogiovedì 1918.00 Cresime, Parrocchia S.Maria Ass.-S.Marco,

Vico del GarganoVenerdì 209.30 Ritiro del clero della Metropolia, Santuario

Incoronata, Foggia19.00 Cresime, SS. Sacramento, Vieste

sabato 2119.00 Cresime, Carpinodomenica 22 - V di Pasqua11.00 Cresime, SS. Redentore, Manfredonia19.00 Cresime, S. Michele, Manfredonialunedì 23-venerdì 27Assemblea generale della CEI, Romasabato 289.00 Convegno Oncoematologia pediatrica, Casa Sollievo della Sofferenza19.00 Cresime, Parrocchia S. Francesco (Santuario

S.M. delle Grazie) SGRdomenica 29 - VI di Pasqua11.00 Cresime, parr. S. Francesco,Ischitella19.00 Cresime, Parr.S. Carlo, Manfredonialunedì 3019.00 Cresime, Parrocchia Trasfigurazione, San Giovanni Rotondomartedì 3111.00 Cresime, S.M.delle Grazie,Vieste18.00 S. Messa e processione, Santuario S. Maria

delle Grazie, San Giovanni Rotondo

giovedì 2318.00 Corpus Domini Diocesano, Peschicisabato 2511.00 VI Anniversario dell’Ordinazione episcopale di Mons. Castoro, Santuario S. Michele Arcangelo Monte Sant’Angelo

a Carpino in marcia

per la pace

I ragazzi dell’Azione Cattolica dioce-sana insieme ai loro educatori si so-no dati appuntamento quest’anno a Carpino per la tradizionale “Marcia

della Pace”: un corteo festoso e colora-to di ragazzi ha attraversato la cittadina garganica e l’ha animata e vivacizzata portando il messaggio della Pace. “Con-tiamo sulla Pace!” è stato lo slogan gri-dato dai nostri ragazzi. Molte sono state anche le attività di animazione prima e dopo la celebrazione eucaristica presie-duta dall’arcivescovo Michele Castoro il quale ha rivolto ai ragazzi, alle loro fa-miglie e ai responsabili dell’Associazio-ne diocesana, parole di sprono per es-sere autentici operatori di pace nel no-stro tempo.La manifestazione dell’Azione Cattoli-ca ha fatto riflettere sul tema della Pace con una particolare attenzione a “quan-to dà sapore di pace al quotidiano” e a “quanto invece fa perdere alla vita sapo-re e luce.

Francesco Di Palmapresidente diocesano dell’AC

L’UFFICIO PASTORALE DELLA CULTURA presenta la

2ª Edizione del MAGGIO DI CULTURA CRISTIANA10-24 maggio 2011 Sala “Valentino Vailati”Manfredonia

Mercoledì 18 maggio 2011 ore 19.00“LE CHIESE DEL MEZZZOGIORNO E L’UNITA’ D’ITALIA”. Prof. Angelo Giuseppe DibiscegliaDocente di Storia del Movimento Cattolico Università degli Studi di Foggia Giovedì 19 Maggio 2011 ore 19.00“S. WEIL: DIO E IL MALE”.Prof. Paolo FarinaDocente di filosofia presso l’ISSR Trani

Martedì 24 maggio 2011 ore 19.00“GANDHI E IL DIO DEI POVERI”.Prof. A. VigilanteDocente di filosofia Istituto “Roncalli” di Manfredonia

Dal 1918 a misura Del tuo territorio

Rignano Garganico

Foggia

S. Giovanni Rotondo

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Carpino

S.Marco in Lamis

Siamo a:San Giovanni Rotondo

FoGGia

San MaRco in LaMiS

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prossima apertura:Monte Sant’anGeLo

San Giovanni RotondoSan Giovanni Rotondo

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Monte Sant’Angelo

La reaLizzazione di questo numero è stata resa possibiLe daLL’intervento deLLa

banca di credito cooperativo di san Giovanni rotondo che ne ha sponsorizzato La stampa