Vittorio Peri -- l'Unione Della Chiesa Orientale Con Roma- Il Moderno Regime Canonico Occidentale...
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8/16/2019 Vittorio Peri -- l'Unione Della Chiesa Orientale Con Roma- Il Moderno Regime Canonico Occidentale Nel Suo Svilup…
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L'UNIONE DELLA CHIESA ORIENTALE CON ROMA: IL MODERNO REGIME CANONICOOCCIDENTALE NEL SUO SVILUPPO STORICOAuthor(s): Vittorio PeriSource: Aevum, Anno 58, Fasc. 3 (settembre-dicembre 1984), pp. 439-498Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20857889 .
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MISCELLANEA
L'UNIONE
DELLA
CHIESA
ORIENT ALE
CON
ROMA
IL MODERNO REGIME CANONICO OCCIDENTALE NEL SUO SVILUPPO STORICO
Gaspare
Vivianiil
prelato
che nelTanno
giubilare
1575
caldeggio
per
primo
a
Roma la
fondazione del
CoUegio
greco
per
giovani provenienti
dalla
Chiesa
bizan
tina
e
ne
fu
il
piii
convinto
ed
influente
patrono,
stabili
che
vi
?
si
portassero
le
be
rette
tonde
ad
immitatione delli
Signori
Venetiani,
quasi
come
gli
alunni
fossero sud
diti
loro
?
2.
Gia nei
primi
tempi,
probabilmente
neU'anno
1577
3,
?
venendo sei
sug
getti
di
Candia,
gli
Signori
Venetiani
in
Venetia,
accarezzandogli, gli
diedero
stanza
a
San
Giorgio
Maggiore,
e
dopoi,
vestendoli
alia
greca
nobilmente
con
panni
finis
simi, Findirizzorno a
spese
loro in Roma, dove furono ricevuti dal
CoUegio
? 4.
Senza
che
gli
stessi
fautori
ne
abbiano
probabilmente
avuto
piena
consapevolezza,
la
nuova
istituzione formativa
per
i
Greci
del
Levante
era
destinata
ad
apparire
ben
presto
iniziale
risuJtato
e
insieme
storico
elemento catalizzatore del
processo
di
rapida
e
sensibile
trasformazione,
intervenuto
nella
Chiesa
Cattolica
dopo
il
Concilio di
Trento,
nel
modo
di
pensare
e
di
regolare
canonicamente
l'unione
tra
la
Chiesa
Occidentale
e
la
Chiesa orientale. Nel
richiamarci
alia
nascita
a
Roma
di
un'opera
educativa
e
missio
naria
ispirata
ad
un
progetto
per
molte
caratteristiche
innovativo
ed
inedito,
il
primo
dato
da
tenere
presente
sembra il
sorgere
stesso
della
concezione,
che
ne e
alia
base,
in
area
veneta.
Piu
precisamente,
occorre
rilevare
il
suo
originario
intento di
rispon
dere in
modo
concreto
e
piu adeguato
ad
una
esperienza ecclesiale tipica
dei
possedi
menti
della
Repubblica
di
Venezia,
dove,
almeno
dal
tempo
delle
crociate,
vivevano
fianco
a
fianco,
senza
che Puna
fosse
mai
riuscita
ad
assimilare
l'altra,
comunita cri
1
V.
Peri,
Gaspare
Viviani.
XJn
vescovo
filelleno
nella
Creta
del
XVI
secolo,
?
IleTrpaY^va
toO T'
Aie^vou
-
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440
V.
PERI
stiane osservanti
l'uso
liturgico
e
canonico
della Chiesa bizantina d'Oriente
e
della
Chiesa latina d'Occidente. Per quanto realizzato
a
Roma, un piano per prestare un
organico
e
sistematico
soccorso
pastorale
e
cultnrale
alia cristianita
greca
fu
solle
citato
dalla
presa
di
coscienza della
situazione
di
fatto
esistente
in
queste
re
gioni
di
Levante,
cosi
come
essa
era
stata
percepita
e
valutata
da
prelati
e
religiosi
occidentali,
che
ivi
avevano
soggiornato
piu
a
lungo.
La
constatazione
va
tenuta
nella dovuta
considerazione,
quando
si
vogliano
capire
i
successivi
sviluppi
del
Collegio
greco
e
persino
alcune
apparenti
incongruenze
o
ambiguita
del
progetto
ini
ziale,
comprendendo
tra
esse
il
modo
di
esprimersi
della
bolla
di
Gregorio
XIII
cir
ca
i
caratteri della formazione
da
impartire
agli
alunni
e
nella
determinazione
puntuale
delle
finalita
missionarie,
a
cui
essi dovevano venire destinati.
Quando
alia sensibilita
e
alia
visione
ecclesiologica
dei
rapporti
tra
la
Chiesa
Oecidentale e quella Orientale, propria dei vescovi veneti di educazione pretridentina,
si
vennero
sostituendo,
fino
ad affermarsi
nella
conduzione
quotidiana
dell'mternato,
la
sensibilita
e
la visione
ecclesiologica
romana
e
postridentina
dei
principali
respon
sabili
dell'istituzione
nei
decenni
successivi alia
nascita
?
specie
il cardinal
San
toro
e
l'arcivescovo
di Monreale
Luys
De
Torres
5
?,
un
mutamento
sostanziale
nel
modo
stesso
di
pensare
il
Collegio
e
la
sua
funzione
s'impose
come
conseguenza
ineluttabile. Al di la delle dimcolta
personali,
presentate
dalla
scelta dei
rettori
6,
sussisteva
alia base
un
obiettivo
impedimento
derivante da
un
differente
modo
di
concepire
la
rispondenza
del
Collegio
ai
suoi
fini
istituzionali
e,
di
conseguenza,
una
insanabile
disparita
dei metodi educativi
e
degli
orientamenti
teologici
fondamentali,
che
si
dovevano
prospettare agli
alunni.
Anche
se
in nessun autore
ci
e
avvenuto
di
trovare
individuato
o
approfondito
tale radicale
ostacolo
7,
le
cui
implicazioni
su
peravano
di
gran
lunga
la
possibility
di
una
soluzione affidata
alle sole
risorse
o
dei
superiori
o
degli
alunni
di
quel
seminario
greco,
esso
ci
appare
come
sufficiente
a
spiegare
la
contrastata
esistenza
che
il
Collegio
conobbe
a
Roma
nei
quattro
secoli
della
sua
apertura
e
la
considerazione
ambigua,
intrecciata di
rispetto
culturale
e
di
invincibile
diffidenza
religiosa
e
confessionale,
che
i
suoi alunni
hanno
costantemente
incontrato,
ritornando
a
vivere
tra
i
loro
connazionali
e
correligionari.
La
presenza,
nei Domini d'oltremare
della Serenissima
e,
dalla fine del XIII
secolo
in
poi,
anche
nella
stessa
capitale
lagunare,
di
numerosi
cristiani
greci,
i
quali
continuavano
a
rimanere
legati
al
culto
sacro
e
all'obbedienza della
gerarchia
eccle
siastica della Chiesa Orientale, ha falto spesso parlare di una tolleranza di tipo po
litico
quasi
moderno che
lo
Stato
veneto,
interessato
alia
pace
interna ed
ai
commerci
5
Cfr.
V.
Peri,
Chiesa Romana
e
?
rito
?
greco.
G.
A. Santoro
e
la
Congregazione
dei
Greci
(1566-1596)
(?
Testi
e
Ricerche di Scienze
Religiose,
9),
Brescia
1975,
pp.
177-190.
6
Per
il
periodo
che
va
dal 1576
al
1645
si
sono
potute
elencare
le
generality
di ben
28
rettori,
compresi
il
primo
e
il
secondo
affidamento
del
CoUegio
alia
Compagnia
di
Gesii:
cfr.
C.
Koroeevskij,
Saggio
di
cro
notassi
dei Rettori
del
Pontificio CoUegio
Greco di
Roma,
?
Syndesmos
(Bollettino
dell'Associazione
di S.
Atanasio
tra
gli
ex-alunni
del
P.
CoUegio
Greco)
?,
I
(1938),
1,
pp.
4-5;
II
(1939),
pp.
20-22;
i
due
saggi
sono
ora
riprodotti,
con
Paggiunta
di
O.
Raquez
per
i
Rettori del
periodo
benedettino,
ne
II
CoUegio
Greco
di
Roma.
Ricerche
sugli
alunni,
la
direzione,
Vattivita,
a
cura
di
A.
Fyrigos
(=
Analecta
Collegii
Graecorum,
1),
[1984],
pp.
125-134.
7 Per quanto owiamente collegato con esso, si tratta di un fattore diverso dalPindirizzo della politica
ecclesiastica,
che le autorita
romane vennero
precisando
per
il
CoUegio,
provocando
nei
confronti
dell'isti
tuzione
un
mutamento
d'attitudine
?
da
inizialmente
benevolo
a
riservato
e
diffidente
?,
da
parte
della
Repubblica
di
Venezia: cfr.
Z.
N.
Tsirpanlis,
01
Maxedoveg
anovdaareg
rov
'EXXrjVtxov
KoXXeyiov
Pcbjurjg
koX
r\
dgdat]
rovg
arrjv
*EXXd6a
not
arrjv
'Italia
(16??
al.
-1650)
(=
MocxsSovixt) Bi(3Ato#7)
xt),
35),
Salonicco
1971,
pp.
53-57;
To
eEXkr]VtKboXheyio
rfjg
co/xrjQ
al
oi
ua&rjreg
rov
(1576
1700).
Zvfxfiohr}
arrjv
jueXerrj
rfjg
juoQODorixfjg
noXtTMfjg
rov
fiarwavov
(=
'^AvaXlxra
BXaraScov,
32),
Salonicco
1980,
pp.
207-209.
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l'unione
della
chiesa
orientale
con roma
441
con
Pestero,
sarebbe
stato
incline
ad
accordare
ai
propri
sudditi:
una
prefigurazione,
insomma, sia pure in altri termini, di quella che alcuni secoli piu tardi si definira la
liberta
di
religione. L'atteggiamento
colpiva
anche
di
piu,
se
confrontato
con
quello
tenuto da altri
Stati cattohci
contemporanei.
Se,
fino al XV
secolo,
pur
con
molte
restrizioni,
erano
tollerati
in
parecchi
di
essi il
culto
giudaico
o
quello
islamico,
in
nessuno
mai veniva
ammesso
il culto
di
sette
eretiche
o
di
comunita
cristiane
stimate
scismatiche.
Avrebbe
la
conservatrice Venezia
fatto
eccezione
per
dei
sudditi
cristiani
non
appartenenti
alTunica
Chiesa
universale
e non
pienamente
aderenti
alia
sola
e
comune
professione
di
fede
cattolica?
Allorche
si
parla
della
tolleranza
religiosa
dimostrata
dal
potere
politico
di
Ve
nezia
verso
i
cristiani
greci
bizantini
del
suo
territorio,
si
richiede
una
piu
attenta
ade
renza
alTideologia
e
alia
prassi
in
vigore
in
quei
secoli nella
cristianita
occidentale.Per
quanta
rispondenza
ai fatti e alle situazioni si possa e si debba riconoscere nella
descrizione
di
una
politica
religiosa
veneta
relativamente
aperta
8,
la
categoria
della
8
Osservazioni
in
tale
senso
sono
ricorrenti
tra
gli
studiosi;
basti
riferire
alcune delle
principals
F.
Thiriet,
La
Romanie venitienne
au
moyen
age.
Le
developpement
et
Vexploitation
du
domain
colonial
venitien
(XIIe-XVe
siecles)
(?
Bibliotheque
des Ecoles
franchises
d'Athenes
et
de
Rome,
193),
Paris
1959,
p.
403:
?
Venise avait
t?moigne\
dans
le
domain
religieux,
d'une
certaine
tole>ence
et cette
attitude
se
precisa
au
XVe
siecle,
par
la
reconnaissance
de
tous
les
privileges
detenus
par
les
pretres
grecs
de
terres
nouvellement
annexes,
par
une
plus grande
liberty
de
manoeuvre
accorded
aux
orthodoxes
de Crete
et
d'Eub^e;
mais,
en meme
temps,
on
constate
le souci
de maintenir
le
clerge*
grec
des
territoires
venitiens
a
l'^cart du Patriarche byzantin de Constantinople et de son clerge\ dont on redoute la propagande, en
quelque
sorte
nationaliste;
de
meme
l'appui
des
autorit^s
venitiennes
est
maintenu
en
faveur de
l'Eglise
romaine
et
du
clerge*
latin de
Romanie.
En
somme,
la
politique
religieuse
de
Venise
persiste
dans
sa
tradi
tion de
prudence
et
de
relative
indifference:
peu
importe,
au
fond,
que
les
sujets
pratiquent
le culte latin
ou
le
culte
grec, pourvu
qu'ils
se
comportent
loyalement
et
fidelement?;
D.
J.
Geanakoplos,
Greek
Scholars
in
Venice.
Studies
in
the
Dissemination
of
Greek
Learning
from Byzantium
to
Western
Europe,
Cambridge
(Mass.
)
1962,
p.
61:
?
Neverthless,
whatever
the
theory
(and
for the
Venetians
'religion
of
the
state'
was
always
important
in
principle),
Venetian
practice
had
to
be flexible.
Greek
subject
of the
Empire
were
very
numerous
in the
areas
where
the Turkish
power
was
stile
increasing...
Thus
in
this
enjoyed
a
certain
degree
of
religious
toleration
?;
N. G.
Moschonas,
I
Greci
a
Venezia
e
la loro
posizione
religiosa
nei XVsecolo.
Studio
su
documenti
veneziani,
-
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5/61
442
V.
PERI
tolleranza
si rivela
facilmente
troppo generica
?
parte
per
inadeguatezza,
parte
per
anacronismo
?
rispetto al fenomeno, che intende evocare e rappresentare.
In
uno
Stato confessionale
cattolico,
come
la
Repubblica
di
Venezia,
il
rapporto
di
stretta
ed
armonica
interdipendenza
tra
le autorita
politiche
e
quelle
ecclesiastiche
della
Chiesa
locale,
come
anche
la
dichiarata
sottomissione comune
all'autorita del
Pontefice
Romano
in
materia
di
fede
e
di
costumi,
pretendevano
di
sussistere
in
una
misura assoluta
ed
inalienabile. Risulta
impensabile,
al
punto
che
nessun
documento
la
attesta,
una
qualsiasi
ammissione
ufficiale
o
tolleranza
pubbHca
?
che
appaia
di
principio
e non
risulti
mera
registrazione
di
un
prowedimento,
imposto
da
cause
di
forza
maggiore
?
di
un
qualsiasi
culto
cristiano
acattolico
?
per
cio
stesso
giudica
to
eretico
o
scismatico
?
come
anche
una
qualsiasi
interpretazione
riduttiva
e
sog
gettiva
del
dogma
cattolico
ad
opera
del
potere
laico.
?
Prima
cura
.
.
.,
e
con
per
petua
severa costanza
mantenuta
dal
Principato
Veneto,
e stata
quella
di
non
per
mettere nei
Greci
abitanti
profession
di
Religione
diversa
dalla
Cattolica,
esercitata
bensi
con
il loro
permesso
legittimo
rito
solito
ed
antichissimo
?
9.
?
Fra
tutti
i
governi
dell'antica
Europa
nessuno
forse
piu
di
quello
di Venezia
si
mantenne
ligio
al
prin
cipio
della
religione
di Stato
. .
.
;
nel
momento
stesso
delle
loro
piu
gravi
dissensioni
coi
Papi,
i
Veneziani
intendevano
rimanere cattolici?10.
Analoga precisazione
b
doverosa
nel riferirsi
ai
documenti
pontifici
rilasciati
in
favore
dei
cristiani
greci
di
Venezia,
per
riconoscere
loro dei
diritti
o
concedere
dei
privilegi
in
materia
di
culto
o
di
giurisdizione
ecclesiastica. Altrettanto
ed ancor
piu
impensabile
che
nel
caso
dello
Stato
cattolico
di
Venezia
appare
infatti il
rilascio
di Bolle o di Brevi concernenti l'esercizio di qualche diritto sacro o facolta canonica
a
Vescovi
(percid
apostrofati
ufficialmente venerabilis
frater
nei
documenti
curiali
loro
diretti),
a
comunita
ecclesiali,
a
sacerdoti
o
a
singoli
fedeli
della
Chiesa
Orientale,
i
quali
non
fossero
previamente
considerati
in
sacra
e
canonica comunione
con
la
Chiesa
Romana,
da
parte
dei
Papi.
Tale,
dal
1445
al
1564
fu
ripetutamente
il
caso
di
documenti
emanati
da
Eugenio
IV,
Sisto
IV,
Innocenzo
VIII,
Leone
X,
Clemente
VII,
Paolo
III,
Giulio
III
e
Pio IV
11.
Almeno
fino
alia
fine
del
XVI
secolo
(ma
per
la Santa
Sede anche
dopo
questa
data)
nessuna
concessione di
praticare
il
culto
e
gli
usi
della Chiesa
Orientale,
o
di
esercitare
una sacra
giurisdizione episcopale
di
natura
personale
sui
propri
fedeli
da
parte
di
vescovi
greci
in
regioni
comprese
nella
giuri
sdizione
episcopale
e
papale
della
Chiesa
d'Occidente
e
nei confini di
uno
Stato
cat
tolico, venne mai rilasciata ne dalla Santa Sede ne da Venezia o dal Regno delle Due
Sicilie,
se non
nel
caso
di
fedeli
e
di
ecclesiastici,
la
cui
comunita ecclesiale
d'apparte
nenza,
per
quanto
bizantina
rispetto
al
culto
e
agli
usi
sacri,
si
dichiarasse
e
constasse
in
legittima
comunione
con
la
Chiesa
di Roma.
L'unione
di
Firenze
costituiva
il
riferimento
canonico
e
determinava
il
quadro
9
Vettor
Sandi,
Principij
di
storia civile della
Repubblica
di Venezia dalla
sua
fondazione
sino alVanno
di
N.
S.
1700,
III, 1,
Venezia
1756,
p.
455;
anche
p.
461:
?
Ma
poiche
a cuore
del
religioso
fedele
Governo
stava
infisso il
primo
pensiero,
la
professione
cattolica
singolarmente
dei
Cappellani
con
il
dovere di
Prin
cipe
a
protezion
della
fede,
nell'anno
1542
usci
altro
decreto da
quel Consiglio,
che
impose
al
Gastaldo
e
Deputati
alia
Presidenza
de'
Greci
il
non
permettere
alii
Cappellani
di ufficiar
o
esercitar
cura
se
pria
non
saranno esaminati ed
approvati
cattolici dal Patriarca Veneto, o dal Noncio Pontificio inVenezia, o dal
Patriarcale
Vicario;
e
cid
in
pena
di
esiglio,
e
di altre
piu
severe:
punto
assai
grave,
e
che
si
scorgera
voluto
sempre
dal
Principato
?.
10
P.
Pisani,
I
cristiani
di
rito
orientale
a
Venezia
e
nei
Possedimenti
veneziani,
?
Ateneo
Veneto
?,
XX
(1897),
p.
362.
11
Un'ampia
ed
accurata
rassegna
critica,
seguita
in
nove
casi
dalPedizione
e
commento,
dei documenti
pontifici
concernenti
i
Greci
di
Venezia
si deve
a
G. S.
Plumidis,
Al
fiovkhat
rwv
IlaTicbv
tzsqI
tcov
'EMrjvcov ogftodoicov
rfjg
Beverlag
(1445-1782),
?
?TjoauptafxaTa
?,
VII
(1970),
pp.
228-271.
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8/16/2019 Vittorio Peri -- l'Unione Della Chiesa Orientale Con Roma- Il Moderno Regime Canonico Occidentale Nel Suo Svilup…
6/61
i/UNIONE
DELIA
CHIESA ORIENTALE
CON ROMA
443
della
giurisdizione
ecclesiastica,
che
si
supponevano
perdurare
in
vigore
nel
diritto,
perche fondati sui decreti di un concilio, che la Chiesa Occident ale continuava a con
siderare
Fottavo concilio
ecumenico.
?
Se
il
clero latino
tollerava
gU
ortodossi
a
Ve
nezia
era
solo
perche
questi,
almeno
ufficialmente,
avevano
sottoscritto
all'unione
proclamata
nel
concilio
di
Firenze.
E
sempre
in
seguito
si
rifaranno
a
tale
intesa.
Niente
dunque
ecumenismo
inteso
nelle
categorie spirituali,
che
modernamente
al
termine
vengono
riferite
?12;
e
niente,
si
aggiunga,
liherta
religiosa,
diritto
di
culto
e
di
propaganda
confessionale,
liberalismo
ideologico,
tolleranza
civile
?
almeno
intendendo
i
termini
nel
senso
moderno
ed
occidentale
dei
rispettivi
concetti
?,
se
li
si
volesse
riferire
alia
prassi
delle
autorita
statali
veneziane
nei
confronti dei
propri
sudditi
greci appartenenti
alia
Chiesa
Orientale
(alcuni
di
loro,
nei
Possedimenti
veneti,
erano
passati
al
rito
latino,
favorito
dalla
Chiesa
predominante).
Al
massimo
la tolleranza
giungeva,
il
piu
delle volte a stento e
persino
su
pressione
diretta della
Santa
Sede,
a
riconoscere
che
il
concilio
di
Firenze
aveva
ammesso
il
diritto della
Chiesa
Orientale,
nel
ristabilire
Funione,
di
conservare
la
propria gerarchia
episco
pate
e
patriarcale
nell'organizzazione pentarchica
e
di
mantenere
immodificati
gli
antichi
privilegi
da
un
lato,
il
culto
liturgico
e
le
usanze
sacre
tradizionali
dall'altro.
Tutti
i
numerosi documenti
noti
sul culto
pubblico
dei
Greci
appartenenti
alia
Chiesa
Orientale
a
Venezia
e
nelle
terre
soggette
alia
Repubbliea
fino
alia
fine
del
XVI
secolo
13,
cui
devono
aggiungersi
quelli
concernenti la
giurisdizione
dei
metropoliti
12
G.
Fed
alto,
Ricerche storiche
...,
cit.,
pp.
9-10;
h
ovvio
che
qui
Pautore
usa
il
termine
?
ortodossi?
nello stesso senso descrittivo e generate, che ad esso assegnano, dopo ilVeludo, tutti gli autori greci, per
indicare
quanti
hanno
sempre
inteso
appartenere
alia
Chiesa
Orientale ed
obbedire ai
suoi
vescovi. Nel
definirli
cosi,
tali autori
prescindono
di fatto dalla storia
di tale
Chiesa
in
Italia dal
1439
in
poi;
altrimenti
Pespressione
si
riferirebbe
a
degli
scismatici
che al
tempo
stesso sono
e
non
sono
tali,
almeno
per
quanto
concerne la
richiesta
professione pubblica
della loro
fede,
obbligatoria
per
ogni
cristiano;
cfr.
anche
ibid.,
p.
25:
?
La
Repubblica,
come
del
resto
la
Chiesa
latina,
sempre
si
rifaranno
a
tale
accordo
sottoscritto
a
Firenze,
che diventera.
la
Magna
charta,
sulla
quale
ormai
si
misureranno
le
relazioni
e
le
convenzioni?;
D.
J.
Genakoplos,
Greek Scholars
in
Venice
..
.,
cit., p.
61:
?
A
decisive
step
in the
amelioration
of
the reli
gious
situation
of
the
Greeks
in
Venice
was
the
signing
of the decree
of
union
at
Florence.
For the
Venetian
government
was now
induced
to
look with
special
favor
upon
the
Uniates
?
upon
those
Greeks,
that
is,
who
accepted
the
union,
with
its
provision
for
papal
supremacy
over
the entire
Church
?;
N.
G.
Moschonas,
I
Greci
a
Venezia
.
.
.
,
cit.,
p.
113:
?
Nuove
prospettive
nascono
in
seguito
al
concilio di
Firenze
(1439)
Questo
e
1' *unione'
delle
Chiese
da
esso
stabilita,
benche solo
formalmente
e
senza nessun
esito
positivo
nel
campo ecclesiastico,
offrirono
almeno
ai
Greci
stabiliti nei
paesi
d'Occidente
la
possibility
di
aprire
un
dialogo
con
la
Chiesa
latina
e
le
autorita
politiche
da
essa
influenzate.
Cosi
i
Greci
verranno
considerati
'cattolicP,
uniti
con
la
Chiesa
di
Roma,
diversi solo nel
rito dai
Latini?.
13
La
esposizione piu
recente,
sintetica
e
biliograficamente
aggiornata,
si
deve al
piu
autorevole
specialista
della
materia:
M.
Manussakas,
I
Greci
a
Venezia,
?II
Veltro
?,
XXVI
(1981),
pp. 101-111;
Apergu
d'une histoire de
la
colonie
grecque
orthodoxe
de
Venise,
?
?TqaauplafjuXTOC?,
XIX
(1982),
pp.
7-31;
ma
numerosi studi
anteriori,
oltre
a
quelli gia
citati,
pubblicano
ed
illustrano documenti
sull'argomento.
Cosi:
F.
Corner,
De
ecclesia Sancti
Georgii
Graecorum,
in
Ecclesiae
Venetae
antiquis
monumentis
nunc
etiam
primum
editis illustratae
ac
in
decades
distributae,
t.
XII,
Venetiis
1749,
pp.
357-382;
I. Beloydoy
*EX
krjvcov ogd'odo^cov
djioixla iv
Beveriq.,
Venezia
18932
(la
prima
ed.
e
del
1872);
V.
I.
Lamanskij,
Secrets
d'fitat
de
Venise.
Documents,
extraits,
notices
et
etudes
servant
a
eclaircir
les
rapports
de la
Seigneurie
avec
les
Grecs,
les Slaves
et
la
Porte
ottomane
a
la
fin
du
XVe
et
XVIe
siecle,
Saint-P^tersbourg
1884;
G. M.
Thomas,
Diplomatarium
Veneto-Levantinum sive
acta et
diplomata
res
Venetas,
Graecas
atque
Levantis
illu
strantia
a.
1300-1350,
e
Pars
II,
a.
1351-1454
(=
Monumenti
storici
pubblicati
dalla
R.
Deputazione
Veneta
di Storia Patria. Documenti, 5 e
9),
Venetiis 1880 e 1899; B.
Cecchetti,
La
Repubblica
di Venezia e la
Corte
di Roma
nei
rapporti
della
religione,
vol.
I,
Venezia
1874,
pp.
455-473;
M.
manussakas,
cH
TlQcbrrj
adeia
(1456)
rfjg
everixfjg
egovatag yid
to
vad
r&v
'EMrjveov
fjg
Bever
lag
xal
6
Kaqdivdhog
'IoldoQCog, ??7]
Kad"r]yrjrfj
N. B.
Tcop,addxr],
?'A
-
8/16/2019 Vittorio Peri -- l'Unione Della Chiesa Orientale Con Roma- Il Moderno Regime Canonico Occidentale Nel Suo Svilup…
7/61
444
V.
PERI
greci
di
Agrigento
sui
fedeli della
Chiesa Orientale
viventi
in
Italia
e
nelTOccidente
nel
corso
del XVI secolo 14, contribuiscono ad illuminare oggi, meglio che mai in
passato,
la
situazione canonica
e
civile
dei
vescovi,
dei
sacerdoti
e
dei fedeli della
Chiesa
bizantina,
che
potevano
esercitare il
proprio
culto
in
Stati
cattolici
occidentali,
vivendo,
nei confini
politici
di
quelli,
secondo
la
propria
sacra
tradizione
religiosa.
Per evitare
imprecisioni
o
autentiche
confusioni,
quali
sovente
capita
di
rilevare nel
modo di
esprimersi
e
di
giudicare
di diversi
autori,
occorre
richiamare,
sulla
scorta
filologica
dei
documenti
coevi
ai
periodi
trattati,
le
tre
grandi
fasi
storiche, che,
dal
tempo
delle
crociate
alia
fine
del XVI
secolo,
hanno
dato
forme diverse
alia
continua
coesistenza
e
convivenza
sugli
stessi
territori,
soggetti
all'autorita
politica
di
governanti
cattolici,
della Chiesa Occidentale
e
di
quella
Orientale,
ciascuna caratterizzata
dalla
propria
liturgia
e
dal
proprio
ordinamento
giurisdizionale, disciplinare
e
canonico.
L'lNSTALLAZIONE
DELLA CHIESA LATIN
A
IN
AREA
BIZANTINA
Con
una
patente
sfasatura
tra
Fantica
ideologia
e
la
nuova
realta
politica
e
so
ciale,
che
aveva
formalizzato
nell'anno
800
la
proclamazione
di
un
secondo
Sacro
Romano
Impero
in
Occidente
(con
pretesa
di
essere
l'unico
legittimo),
fino
all'
XI
se
colo
sussisteva,
almeno
idealmente,
nella
diffusa coscienza
dei
cristiani,
Fimmagine
deontologica
di
un
solo
Impero
cristiano
e
di
un'unica Chiesa
?
santa,
cattolica
ed
apostolica,
per
descriverla
con
le
note
con
cui
il
simbolo
niceno-costantinopolitano
qualificava
la
sua
ortodossia
?,
coestesa
ai
suoi
confini
politici
e
distribuita
in
un
sistema autonomo di
cinque
patriarcati
con le rispettive sfere di competenza
giuri
sdizionale,
autonomia ecclesiastica
e
suddivisioni
gerarchiche
ulteriori,
quali
metro
polie
e
diocesi.
Quanto
alia
lingua
liturgica,
alle
cerimonie del
culto,
agli
usi
sacri
e
all'ordinamento
disciplinare
interno,
tale
unica
Chiesa,
per
una
tradizione
risalente
fino
ai
primordi
precostantiniani,
era
ripartita
in
due
grandi
porzioni,
geografica
mente
delimitate
sulla
falsariga
della divisione amministrativa
binaria,
decisa
per
il
proprio
Impero
da
Diocleziano
con
le
riforme
del
293:
FOccidentale
e
l'Orientale.
Senza
che
nessuno
piu
lo
ricordasse,
la
Chiesa
Cattolica
restava
debitrice,
in
modo
indiretto
ma
evidente,
della
prima
articolazione
strutturale
ed
amministrativa
della
propria
organizzazione
visibile
unitaria
ad
uno
dei
suoi
piu
risoluti
persecutori.
Ogni
diocesi,
quale
che
fosse la
sua
collocazione
tradizionale
all'interno di
tale
sistema
ecclesiastico
dualistico,
non
poteva
contare
piu
di
un
vescovo,
stabilito di
norma
nella
sede
urbana
preminente
di
una
data
regione.
A lui
facevano
capo
tutti
i
fedeli
viventi
nella
circoscrizione
territoriale,
purche
egli
li
riconoscesse
come
ap
partenenti
alia
comunione
universale
ecclesiastica
in
quanto
professanti
e
praticanti
Fidentica
retta
fede.
Analogamente
il
vescovo
doveva
mantenere
la
Chiesa locale
da lui
governata
nella collocazione
gerarchica,
metropolitica
e
patriarcale
prevista
per
essa,
sia
in
caso
di
coincidenza
che
in
caso
di
non
coincidenza della
lingua
litur
Salonicco
1967;
G.
Fedalto,
La Chiesa Latina
in
Oriente,
vol.
Ill
(=
Studi
religiosi, 3),
Verona
1978,
pp.
5-24.
14 I. Dujcev, Za pravata na ochridskite archiepiskopi ot sredata na XVI v. vurchu nekoj italijski oblasti,
?Izvestija
na
Istoriceskoto Druzestvo
?,
XIV-XV
(1937),
pp. 151-171;
Z.
N.
Tsirpanlis,
'EtcXoyr)
jurj
TQonoXfar)
'iTakiaq
and
rovg
"EXfoqvec,
Trig
'Ayxcbvag
(1543, 1548),
?
AcoScovtj
?,
II
(1973),
pp.
63
76;
S.
L.
Varnalidis,
Le
implicazioni
del Breve
?Accepimus
nuper?
di
Papa
Leone X
(18.5.1521)
e
del
Breve
?
Romanus
Pontifex
?
di
Papa
Pio
IV
(16.2.1564)
nella vita
religiosa
dei
Greci
e
degli
Albanesi del
Vltalia
meridionale,
?
Nicolaus
?,
IX
(1981),
pp.
359-382;
V.
Peri,
I
metropoliti
orientali di
Agrigento.
La
loro
giurisdizione
in
Italia
nel
XVI
secolo,
in
Bisanzio
e
VItalia.
Raccolta
di studi
in memoria
di
Agostino
Pertusi,
Milano
1982,
pp.
274-321.
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8/61
L UNIONE
BELLA CHIESA
ORIENTALE
CON
ROMA
445
gica
e
delle
consuetudini
sacre
proprie
alia
sua
diocesi
con
quelle
della sede
arcivescovile
0
patriarcale
ad
essa
superiore.
Se
fedeli
di altra
estrazione
ed
appartenenza ecclesiale
?
sia
perche provenienti
da
un'altra
diocesi
o
da
un
altro
patriarcato,
sia
perche
legati
ad
espressioni
cultuali
proprie
di
una
diversa tradizione
particolare
?
si
tro
vavano
a
vivere
in
un
certo
numero
in una
diocesi,
essi
conservavano
la
disciplina
cultuale
e
canonica
originaria,
pur
nell'obbedienza
e
nella
dipendenza
dal
vescovo
della Chiesa
locale,
in
cui
temporaneamente
o
definitivamente
erano
emigrati.
Cosi
la
liturgia
e
le
consuetudini
della
Chiesa
Orientale
si
osservavano
regolarmente
in
molti
monasteri
greci
di Roma fino
alPXI secolo
15
e
dei
sacerdoti
e
monaci
occidentali,
per
sette
e
piu
secoli
dopo
i
tempi
di
san
Gerolamo
e
della
sua
comunita
ascetica
latina
di
Betlemme,
officiavano
in
latino
a
Costantinopoli,
sul
monte
Athos16
e
in
vari
centri,
commerciali
o
marittimi,
serviti
dalla
Chiesa
bizantina
e
dalla
sua
gerarchia
episcopale.
Quanto
alia sacra tradizione ? di
impronta
orientale o occidentale ?, custodita
ed
osservata
nelle
singole
diocesi
o
raggruppamenti
di
diocesi,
essa
normalmente si
perpetuava
in
sede
locale
e
poteva
per
se non
coincidere,
almeno
nel
sistema
piu
an
tico,
con
la
liturgia
e
con
le
prescrizioni
canoniche
caratteristiche
del
patriarcato,
da
cui
tab
chiese
giurisdizionalmente
dipendevano.
II
caso
delle
Chiese
greco-bizantine
di
Grecia
e
di
Creta,
inquadrate
ecclesiasticamente
nel
patriarcato
occidentale
e
latino
di
Roma,
e
quello
parallelo
di
tante
diocesi
latine del
limes
orientale
dell'Impero
fino al VII
secolo
o
delle diocesi
dell'Italia
meridionale,
Sicilia
e
Sardegna,
entrate
a
fare
parte,
dopo
l'VIII
secolo,
del
patriarcato
di
Costantinopoli,
ne
sono
una
testi
monianza
palese
e
consistente. Almeno fino
alia
fine
del
IX
secolo la
Sede
Romana
conservava
piena consapevolezza
e
lucida
coscienza
di
simile
organizzazione,
al
punto
da
richiamarvisi
nella
rivendicazione
di
propri
antichi diritti
giurisdizionali
anche
su
Chiese
legate
alia
liturgia
e
alia
tradizione
orientale,
in
vista del
recupero
di
un
perduto
esercizio
della
propria
sacra
autorita
su
di
esse
17.
La
lingua liturgica
e
la
consuetudine
canonica
di
una
Chiesa,
come,
d'altro
canto,
1
confini
politici
nei
quali
il
suo
territorio
era
compreso,
si
stimavano
allora
in
modo
tale
da
prescindere
dalla
sua
appartenenza,
riconosciuta
nei
concili
ecumenici,
alia
giurisdizione
di
uno
dei
patriarcati.
I
rappresentanti
romani
di
papa
Adriano
II,
in
una
conferenza
pentarchica
tenutasi
nelF870
a
Costantinopoli,
al
fine
di
definire
Fappartenenza
ecclesiastica
della
Bulgaria
neoconvertita
e
servita
allora da
un
clero
bizantino,
dichiararono:
?
Linguarum
diversitas
ecclesiasticum
ordinem
non
confun
dit. Nam Sedes Apostolica, cum ipsa Latina sit, inmultis tamen locis pro ratione
patriae
Graecos
sacerdotes
et
semper
et nunc
usque
constituens,
privilegii
sui
detri
menta
sentire
nec
debet
nec
debuit
.
. .
Aliud
ordinant
iura
sedium,
aut
patiuntur
15
Leone
IX,
rimproverando
al
patriarca
di
Costantinopoli
Michele
Cerulario la
chiusura
delle chiese
latine
nel
suo
patriarcato
e
il
trasferimento forzoso
dei
monasteri
della Chiesa
Occidentale
ivi esistenti
a
monaci
bizantini,
contrappone
a
tale
comportamento
quello
della Chiesa
di Roma:
?
Ecce
in
hac
parte
Romana
Ecclesia
quanto
discretior,
moderatior
et
clementior
vobis est
Siquidem
cum
intra
et
extra
Romam
plurima
Graecorum
reperiantur
monasteria
sive
ecclesiae,
nullum
eorum
adhuc
perturbatur
vel
prohibetur
a
paterna
traditione,
sive
sua
consuetudine,
quin potius
suadetur
et
admonetur
earn
obser
vare
...
Scit
namque
quia
nil obsunt
saluti
credentium diversae
pro
loco
et
tempore
consuetudines,
quando una fides per dilectionem operans bona, quae potest, uni Deo commendat omnes ?: cfr. S. Leonis
IX
Epistola
ad
Michaelem
Constantinopolitanum
Patriarcham,
in
C.
Will,
Ada
et
scripta
quae
de
controver
siis Ecclesiae Graecae
et
Latinae
saeculo undecimo
composita
extant,
Lipsiae
et
Marpurgi
1861,
p.
81.
16
A.
Pertusi,
Monasteri
e
monaci
italiani
alVAthos nelValto
medioevo,
in
Le
Millenaire du Mont
Athos.
963-1063.
Etudes
et
melanges,
vol.
I,
Chevetogne
1963,
pp.
217-251.
17
Cfr. V.
Peri,
Gli
?
iura
antiqua
?
sulla
patria
dei
Bulgari.
Un
?topos
?
canonico
per
un
risveglio
missionario,
?
Atti
dell'VIII
Congresso
Internazionale
di Studi
sull'Alto
Medioevo
(Spoleto,
3-6
novembre
1981)?, Spoleto
1983,
pp.
225-268.
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9/61
446
V.
PERI
divisiones
regnorum.
Nos
de
divisione
regnorum
non
agimus,
sed
de
iure sedium
loquimur ?18.
Attenendosi
ad
un
punto
di
vista
storico,
si
potrebbe
osservare
come
la
Chiesa
Romana
?
e
latina
?
fin
dai
primi
secoli
abbia
visto
comprese
nella
propria
giurisdi
zione
primaziale
dell'Occidente
delle
Chiese
e
dei
vescovi di
lingua
greca
e
di rito
orien
tale
e
cio
ben
prima
di
trovarsi ad
accogliere
nella
propria piena
comunione
e
a
rac
cogliere
sotto
la
suprema
e
diretta
giurisdizione
pontificia
le
Chiese
orientali
unite
confluite
in
essa
in
eta
moderna.
Suonerebbe tuttavia
del
tutto
anacronistico ed in
congruo
ogni
tentativo
di classificare
con
semplicismo
la
descritta
situazione tradi
zionale,
peculiare
della
Chiesa
antica
e
normale
per
la
Chiesa
indivisa,
ricorrendo alia
recente
e
polemica
categoria
concettuale
di ?uniatismo
?.
Del
resto
tale
categoria,
ad
un'approfondita
e
puntuale
analisi delle diverse
si
tuazioni,
si
rivela,
a nostro
avviso,
parziale
ed insuniciente
perfino
per
comprendere
in
una
definizione
adeguata
la
moltepfice
re
lt
a
ecclesiale
?
sia
storica
che
attuale
?
delle
Chiese
cattoliche
caratterizzate da
un
rito
liturgico
diverso da
quello
latino,
o,
per
essere
piii
esatti,
da
quelli
latini
(si
pensi
all'ambrosiano,
al
mozarabico,
al
patriar
chino
di
Aquileia,
ecc).
L'odierno statuto
canonico,
che
determina
e
regolamenta
il
loro
regime
di
unione
visibile
con
la
Chiesa
di Roma
e
con
il
suo
Pontefice,
e
infor
mato
infatti
ai
moderni
sviluppi
dell'ecclesiologia
postridentina,
cosi
da
risultare
sensibilmente
modificato
rispetto
alle
antiche
norme,
che
esprimevano
e
garantivano
il
sussistere
della
comunione
gerarchica
tra
le
Chiese,
anche
all'interno
di
uno
stesso
patriarcato.
II presupposto teorico dell'antico sistema di comunione visibile, e, eventualmente,
di
dipendenza
tra
Chiese
di
diversa
tradizione
Hturgica
e
disciplinare,
riposava
sulla
convinzione che
la
Chiesa
universale,
prima
di
ripartirsi
sul
piano
organizzativo
e
canonico
nelle
sue
due
grandi porzioni
tradizionali d'Occidente
e
d'Oriente,
per
sud
dividersi
e
distribuirsi
progressivamente
nelle
giurisdizioni
delle
pentarchie,
costitu
tivamente
sorgesse
dall'unica
ed identica
confessione
di
fede
e
comunione
eucaristi
ca
di
carita,
tab
da
rendere
mutuamente
riconoscibili
tutti
i
fedeli
?
indipendente
mente
dalle
forme
esteriori
diversificate del
rispettivo
culto,
dalla
lingua
liturgica
adottata
e
dalle
consuetudini
rehgiose peculiari
?
come
cattolici
ed ortodossi
allo
stesso
tempo,
secondo
il
valore
etimologico
e
primordiale
dei
due
termini nella
lingua
cristiana.
La
stabilita
e,
almeno
ideologicamente,
la
staticita di
un
Impero
cristiano
esteso all'intero mondo civile, il cui governo garantisse concreta ed ordinata attua
zione
a
tale
organizzazione
ecclesiastica
generate
e
desse
vigore
esecutivo
alle
deci
sioni
collegiali
ed
individuali
dei
vescovi
in
materia
dogmatica
e
disciplinare,
rap
presentava
quindi
la
condizione
preliminare
ed
indispensabile
al
suo
funzionamento.
La realta
storica
non
poteva
assicurare
tale
presupposto
e
tale
condizone
troppo
a
lungo,
tanto
meno
in
perpetuum
come
confidentemente
recitavano
gli
atti
imperiali
ed ecclesiastici
piii
solenni,
quali,
ad
esempio,
quelli
dei
concili
ecumenici.
II
declino
del sistema
aveva
dato le
sue
prime
serie
avvisaglie
con
la
tensione
scoppiata
tra
le
due
Chiese
tra
l'VIII
e
il
IX
secolo,
soprattutto
con
l'iconoclasmo
e
poi
con
la
questione
insorta
per
la
?
diocesi?
bulgara.
Riemerse
in
tutta
la sua
viru
lenza
nell'XI-XII:
per
il
secondo
passaggio
di
giurisdizione patriarcale
*mposto
dai
Nor
18
L.
Duchesne,
Le
?Liber
Pontificalis
?.
Texte,
introduction
et
commentaire,
vol.
II,
Paris
1955,
p.
183.
Scrivendo allo
stesso
Papa,
Anastasio
Bibliotecario
si
esprime
nello
stesso senso:
?Alia
est
in
mundanis
negotiis,
alia
in
ecclesiasticis
dispositio
iuris?
(MGH, Epist.
VII,
413);
Papa
Giovanni
VIII,
nell'878
scrivera
a
Boris di
Bulgaria:
?
Non
patriae
regimen
et
rei
publicae
moderamen
adipisci
cupimus,
sed
dioeceseos
eiusdem
regionis
curam et
dispositionem
more
prisco
resumere
volumus
?
(MGH, Epist.
VII,
59).
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10/61
L
UNIONE
BELLA CHIESA
ORIENTALE
CON ROMA
447
manni
e
dai
Papi
alle
Chiese
di
Puglia,
Calabria
e
Sicilia;
poi
per
Faffermarsi
sempre
piu massiccio e geograficamente espanso, dall'inizio delle Crociate al XV secolo, di
quella
che
si
designer
a
in
seguito
eon
la
denominazione
di
Chiesa
latina
in
Oriente 19.
In tale
occasione,
una
nuova
difficolta fu
aggiunta
alia
gia
minata sussistenza
del
precedente
regime
di
unione
tra
le
Chiese
dal
comportamento
della
Chiesa
Occiden
tal,
e
di
quella
Romana in
particolare,
data
la
sua
responsabilita primaziale.
La
crisi
era
prodotta
dalla
contraddizione
insanabile
tra
il
dichiarato
intento
di
non
modificare
il
presupposto
ecclesiologico
tradizionale
?
un
solo
vescovo
per
ogni
diocesi;
una
giurisdizione
patriarcale
unit
aria
territorialmente definita in
mo
do
indipendente
dalPosservanza cultuale delle
diverse diocesi
canonicamente
incluse
nel
suo
ambito;
un
unico
Impero
confessionale
cristiano,
autorizzato da
Dio
a
proteg
gere
con
la
forza
la sola
vera
Chiesa
e
ad
applicare
il
suo
diritto
e
i
mutamenti
ra
dicali ed unilaterali, gia avvenuti, della struttura politica e civile antica, come anche
il tramonto
dell'ipotesi (o Utopia)
di
Stato,
che
supportava
quel
presupposto
eccle
siologico
tradizionale,
offrendogli
delle
concrete
possibility
di
sussistere
e
di vedersi
almeno
in
parte
realizzato.
Da
tempo
non
esisteva
piu.,
nonostante
le
finzioni
giu
ridiche
e
certe
convenzioni
formali,
cui
ricorrevano
sia
la
diplomazia
occidentale
che
quella
orientale,
un'unica
autorita
politica
cristiana,
capace
di
garantire
e
tutelare,
con
effettivo
potere,
i
limiti delle
circoscrizioni
ecclesiastiche
e
le
loro
ripartizioni,
la
regolarita
dell'esercizio
gerarchico
della
giurisdizione
da
parte
delFepiscopato
cat
tolico
nel
suo
complesso,
ed
un'effettiva
osservanza
universale
di
disposizioni
eccle
siastiche,
prese
a
livello conciliare
ed
ecumenico.
Dallo
spontaneo
riflesso
conservatore, che spingeva
a
proseguire
Fantica
tra
dizione,
derivarono
interventi
dei
Papi,
presto
recepiti
dalFautorevole
Decretum
di
Graziano
come
normativi
oltre
la
contingenza
che
li
aveva
di
volta
in
volta
provo
cati.
Di
tale
natura,
ad
esempio,
appare
la
decretale
?
Quum
secundum
regulas
?
20
di
Celestino
III
del
1191-1192,
spedita
alFarcivescovo
di Otranto
per
vietare
la
com
mistione
dei riti
della
Chiesa
latina
con
quelli
della
Chiesa
greca, presente
nelFarci
diocesi,
al
momento
di conferire
Fordine
sacro
ai
sacerdoti. Si
richiedeva,
specifica
mente,
il
rispetto
dei
tempi
sacri
propri
alia
Chiesa
degli
ordinandi
(in
questo
caso
latini)
nel
caso
che
differissero,
a
causa
del
diverso
rito,
da
quelli
della
Chiesa
dei
ve
scovi
ordinanti
(in
questo
caso
greci).
Altro
caso,
destinato
a
suscitare
grande
atten
zione
tra
i
canonisti
dell'Occidente
medievale,
b
rappresentato
dalla
decretale
?
Quod
translationem ? 21di Innocenzo III, del 1200, che, sciogliendo alcuni quesiti circa i
numerosi
chierici
greci
presenti
in
diocesi latine
dell'Italia
meridionale,
i
quali
si fa
cevano
ordinare
da
vescovi
della
Chiesa
greca,
stabiliva
che,
per
il
fatto
di
essere
sottoposti
alia
unitaria
giurisdizione
delFOrdinario
diocesano,
nel
caso
ormai
latino,
essi
potevano
ricevere
gli
ordini
sacri
solo
da
lui
o
da
altro
vescovo,
pero
?
de eius
mandato
vel
licentia
?,
tendendo
tuttavia ad
escludere
sempre
piu
sistematicamente
un
vescovo
greco.
Sempre
alia
preoccupazione
di
salvaguardare
Fantico
principio
in
vigore
nella
Chiesa
antica
e
presente,
in
particolare,
alia
costante
esperienza
specifica
della
Chiesa
di
Roma,
principio
in
virtu
del
quale
Funita
giurisdizionale
di ciascun
ambito
patriar
cale restava
compatibile
con
la
sussistenza di
una
gerarchia episcopale
e
di
un
culto
liturgico
differenti,
per
lingua
e
per
usanze,
da
quelli
della
Chiesa-madre,
risponde
19
Cfr.
G.
Fedalto,
La
Chiesa latina
in
Oriente
(=
Studi
religiosi,
3),
vol.
I,
Verona
19812.
20
Decret.
Gregorii
IX,
lib.
I,
tit. XI
de
temp,
ordinat.,
c.
9
?
Quum
secundum
regulas
?,
in
Corpus
Juris Canonici... instruxit A.
E.
Friedberg,
II,
Decretalium
collectiones,
Leipzig
1879,
p.
120.
2?
Decret.
Gregorii
IX,
lib.
I,
tit.
XI de
temp,
ordinat.,
c.
11
?
Quod
translationem
?
(Friedberg,
II,
p.
121).
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11/61
448
V. PERI
la
costituzione
?
Sub
catholicae
?22,
con
la
quale
Innocenzo
IV,
nel
1254,
faceva
seguito, per regolamentarlo ulteriormente, al ristabilimento da lui stesso disposto
alcuni
anni
prima
delle
quattordici eparchie
episcopaH
greche
di
Cipro,
dopo
le
som
marie
soppressioni
e
le
drastiche
restrizioni,
cui
esse
erano
state
sottoposte
tra
il
1220
e
il
1222,
con
Fimpianto
nell'isola,
manu
militari,
di
una
gerarchia
episcopate
latina. Ancora
una
volta,
ed
in
senso
anche
piu
riduttivo
per
i
diritti
concessi
ai
ve
scovi
greci
di
Cipro,
si
esprimera
la
costituzione
?
Cultus
iustitiae
?
23
di
Alessandro
IV,
del
3
luglio
1260.
II
dichiarato
intento
di conservazione
fedele di
certe
norme
e
consuetudini,
tra
dizionalmente
recepite
da tutta
la
antica
Chiesa
CattoHca,
quale
questi
decreti
pon
tifici si
proponevano
di
esprimere,
non
teneva
tuttavia
in
alcun
conto
il
fatto
di
ca
dere
e
di
essere
applicato
in
una
situazione
storica
radicalmente
mutata
rispetto
al
l'antico
regime
di sussistenza unitaria
gia
conosciuto dall'unica Chiesa ? cattolica
ed
ortodossa
al
tempo
stesso
?
nell'Impero
cristiano
universale.
Grandi
movimenti
migratori
con
conseguenti
cospicui
insediamenti
di
interi
popoli,
o
di
massicce
colo
nie
etniche,
in
sedi diverse
da
quelle
di
partenza,
avevano
per
secoli fatto
seguito
a
conflitti
bellici
ed
invasioni.
L'ordinamento
stesso
delle
due
parti,
occidentale
ed
orientale,
d'un
unico
Impero
ne
usci
sconvolto
dal
susseguirsi
per
diversi
secoli
di
imprese
militari
e
guerre
di
conquista
(o
di
riconquista),
condotte
nei
due
sensi:
da
est
ad
ovest
e
da
ovest
ad
est.
Con
Pordinamento civile subi rudi
ed
inevitabili
con
traccolpi
l'ordinamento
ecclesiastico
generale
con esso
intimamente
connesso.
Lo
prova
l'alterna vicenda
giurisdizionale
e
canonica,
cui andarono
incontro
prima
l'll
lirico, poi
le
diocesi
dell'Italia bizantina. II
caso
si
estese
ed
assunse
forme
ancora
piii
diffuse ed
evidenti
allorche
dal
regime
affermatosi
dopo
la
conquista
normanna
in
molte
diocesi
dell'Italia
del
Sud
?
dove
numerose
comunita
ecclesiastiche anche
nella
nuova
situazione
restavano
fedeli alia
liturgia
e
al
costume
religioso
della
Chie
sa
greca
orientale
?
il
Papato
passo
all'assegnazione
delle diocesi
e
persino
delle
Sedi
patriarcali
d'Oriente
a
prelati
della
Chiesa occidentale.
Parallelamente
alia ine
dita
prassi
canonica,
si
vennero
istituendo
nuove
diocesi
della Chiesa
latina nei
ter
ritori
occupati.
Vi
si
erano
ormai
insediati
stabilmente
regnanti,
soldati
e
una
classe
dominante
occidentale,
e
le
regioni
stesse,
secondo
la
nuova
ecclesiologia
occidentale,
si
consideravano
ecclesiasticamente
comprese
nella
giurisdizione
universale
del Pon
tefice
Romano
e
dipendenti
in
modo
diretto
dalla
sua
autorita
primaziale.
L'evidente mutamento rispetto alia situazione antica della Chiesa ideaJmente
indivisa
poteva
perfino
invocare
una
giustificazione
teologica
e
pratica,
che,
almeno
alT
origine
dello
sviluppo
piu
recente,
poteva
pretendersi
essa stessa
rispettosa
della
tradizione comune.
Ad
essa
infatti
avevano
fatto
appello,
al
tempo
stesso
dell'icono
clasmo,
sia
gli
Imperatori
d'Oriente
che
i
Patriarchi
di
Costantinopoli,
allorche,
de
nunciando il
preteso
scisma
e
l'effettiva
apostasia
dalla
sudditanza
imperiale
della
Chiesa
di
Roma,
la
vollero
conseguentemente
privare
della
sua
giurisdizione
in
tutte
le
regioni
in
cui
cio
fosse
politicamente
possibile.
Tale
prowedimento
legale
e
cano
nico
supponeva
cioe
che
l'inquadramento
nella
giurisdizione
del
patriarcato
di
Co
stantinopoli
di
diocesi
prima
appartenenti
alia
Chiesa
occidentale
fosse
anche
eccle
sialmente
giustificato
dalla
presunzione
di
uno
scisma
in
atto,
condivisa
dalla
supre
ma
autorita
cristiana
dello
Stato.
22
Ada
Innocentii
PP.
IV...
collegerunt
Th. T.
Haluscynskyj
et
M. M.
Wojnar
(=
Pontif.
Commissio
ad
redigendum
codicem
Juris
canonici Orientalis.
Fontes,III,
4,1.1),
Romae
1962,
pp.
171-175.
23
Ada
Alexandri
PP. IV...
collegerunt
Th.
T.
Haluscynskyj
et
M. M.
Wojnar
(=
Pontif.
Com
missio
ad
redigendum
codicem
Juris
canonici Orientalis.
Fontes
III,
4,
t.
2),
Romae
1966,
pp.
91-102.
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12/61
L'UNIONE
BELLA CHIESA
ORIENTALE
CON ROMA
449
In
modo
del
tutto
analogo,
ed
invocando
il
medesimo
principio
tradizionale,
la
Chiesa
Romana ritenne
rientrassero
nella
propria giurisdizione
universale
anehe
le
diocesi di
Levante,
gia
dipendenti
dalla
gerarchia
episcopale
bizantina,
ed
occupate
nel secoJo
XIII
da
potenze
cattoliche.
II
ragionamento
sottinteso,
e
talvolta
accennato'
suonava
ad
un
dipresso
cosi: dal
momento
che
lo
scisma
e
Feresia
avevano
nel
frat
tempo
staccato i
patriarcati
dalla
loro
primitiva
appartenenza
alia
Chiesa univer
sale
(eattolica), quest'ultima,
in
seguito
a
tale
situazione
e
sul
piano
della
visibility
storica,
era
ormai da
identificarsi
nelFinsieme
delle
Chiese
che
riconoscevano
nel
Papa,
come
in
antico,
il
primo
di
tutti
i
Vescovi
e,
come
nel medioevo
occidentale,
il
proprio
comune
primate.
Ne
nacque,
nelle condizioni
concrete
delle
regioni
me
diterranee,
dove
sussistevano
comunita
ecclesiali
fedeli
all'una
e
alPaltra
Chiesa
per
il
rito
liturgieo
e
le
consuetudini
sacre,
un
regime
canonico
di
fatto
innovato
rispetto
al precedente sistema della Chiesa ecumenica, quale avevano conosciuto i secoli dal
IV
all'XI. Era
un
sistema destinato
a
durare
inalterato,
insieme
agli
inevitabili
attri
ti,
risentimenti
e
tensioni,
che
esso era
fatalmente
condannato
a
suscitare
in tutte
le
regioni
di
misto
rito,
fino
al
1439
e
cioe
fino alia firma
dell'unione
fiorentina.
Torniamo
a
questo
punto
ai
numerosi
sudditi
greci
della
Repubblica
di
Vene
zia,
i
quali
vivevano
nei suoi
Domini
di Levante
oppure
nella
comunita
residente,
in
crescente
aumento,
formatasi
nella
citta
lagunare
nel
corso
dei
secoli
XIII
e
XIV,
e
soprattutto
XV.
E
un
dato
certo
che
la
loro
grande maggioranza
continud
a
rima
nere
attaccata
al
culto
e
alle
usanze
della
Chiesa
d'Oriente.
Tuttavia
h
altrettanto
assodato
che
nella
citta
di
Venezia
essi
non
poterono
osservarli,
per
tutto
questo
periodo,
in
modo
che
fosse
pubblico
e
non
clandestino,
e
pertanto legalmente
vietato
e
perseguibile
24.
In concreto
cid
significa
che
in
nessuna
chiesa latina
della
capitale
veneta
(di
greche
ed orientali
non
ne
esistevano
ed
era
proibito
celebrare
la
liturgia
in
case
private)
era
permesso
esercitare
il
culto
divino secondo
Fuso
della
Chiesa
Orientale,
per
rispettare
il
divieto
deJla
commistione
di
riti
della
Chiesa
latina
e
di
quella
greea,
anche
nelPipotesi
che
i
sacerdoti celebranti
appartenessero
a
comunita
ecclesiali,
delle
quali
si
reputasse
ufficialmente
che
mantenevano
Funita
e
la
pienezza
della
comunione
di
fede
e
di
governo
pastorale
con
i
cristiani
latini.
Tale
era
il
caso
di
molti
fedeli
della
Chiesa
greca,
cui
era concesso
di
osservare
il
proprio
culto
e
la
consuetudine
della
Chiesa
avita nei
Possedimenti
veneziani
di
oltremare,
rispettando
tuttavia
il
regime
canonico
e
legale,
che definiremo
?
prefiorentino
?,
imposto
con
Fautorita dei Pontefici Romani e in tutto simile a quello praticato nello stesso arco
di
tempo
in
molte
diocesi
pugliesi,
calabresi
e
campane
delFItalia
meridionale,
oltre
che
in
Sicilia
e
in
Sardegna.
Ivi
i
sacerdoti
greci
potevano
celebrare
ed esercitare
cura
d'anime,
sempre
che
accettassero
la
giurisdizione
dei vescovi
greci
ivi
riconosciuti
24
II
caso
del
papas
greco
Michele di
Negroponte,
rinviato
davanti
all'Inquisizione
con
decreto
del
Consiglio
dei Dieci
nei
1412,
o
quello
del
prete
Assene
(forse:
Arsenios),
che officiava
in rito
bizantino
in
una
casa
privata,
o
di
Giovanni
di
Nauplion,
che
nei
1418
celebrava
la
liturgia
della Chiesa
Orientale
in
un
oratorio
domestico,
o
dei
sacerdoti Acacio Ataliotis
e
Giuseppe
Perdicaris,
che nei
1430
ancora
di
cevano
messa
nella
cappella
privata
di Demetrio
Filomatis,
depongono
tutti nello
stesso
senso.
Essiinfatti
venivano condannati ominacciati con la pena dell'esilio gia per il semplice fatto di celebrare more Graecorum
a
Venezia,
in
territorio
della
Chiesa latina
e
senza
alcuna
licenza
dell'Ordmario
del
luogo,
ci6
che
non
era
lecito
e
bastava
per
offendere
il
cultus Dei
et
fides
catholica;
ma,
almeno
nei
documenti
citati,la
condanna
non
comporta
alcuna
incriminazione
per
scisma
o
eresia: cfr. N.
G.
Moschonas,
I
Greci
a
Venezia...,
cit.,
pp.
109-113
e
126-132.
Dopo
il
concilio di
Firenzeje
autorita
veneziane
passarono
dal
divieto
assoluto
a
qualche
concessione,
sia
pure
con
misure
restrittive
e
discriminatorie
giustificate
col mantenimento
del
l'odine
pubblico,
se
nei
1457
un
decreto del
Consiglio
dei
Dieci
ammette
che
?
possint
dicti
Graeci
cele
brare
in locis
consuetis,
more
solito
et
sicut
per
elapsum
fecerunt?
(ibid.,
p.
132).
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8/16/2019 Vittorio Peri -- l'Unione Della Chiesa Orientale Con Roma- Il Moderno Regime Canonico Occidentale Nel Suo Svilup…
13/61
450
V.
PERI
canonicamente
dalla Santa Sede
o
dei vescovi
latini
sempre
piu
diffusamente
stabiliti
in quelle regioni dell'Italia meridionale
e
piii tardi nel Levante occupato dalle poten
ze
cattoliche.
A diverse
comunita
e
monasteri
greci
Pesercizio
di tali diritti veniva
infatti
ri
conosciuto
in diocesi
latine,
talvolta
attraverso
un
vieario
episcopale
per
il
clero
greco,
sempre
che
apparisse
accettata
l'obbedienza
e
dipendenza
daUa
Chiesa Romana col
riconoscimento del
suo
ruolo
primaziale
nella
comunione
cattolica
delle
Chiese,
oltre
che
il
ruolo
esemplare
della
sua
Hturgia
in
quanto
espressione
del
dogma
ortodosso.
Su
ta
le
liturgia
e
sulle
consuetudini
romane
andava
verificata
la
correttezza
e
perfino
la
li
ceita
delle formule sacramentali
di
ogni
rito
non
latino,
indipendentemente
dalla
sua
antichita,
come
anche
Fammissibilita
morale
(honestas)
del
suo
costume
religioso.
Le
norme
canoniche
e
liturgiche
deJla
Chiesa
di Roma
rappresentavano
il
criterio
per stabilire, ed imporre, quali dei riti e delle regole della Chiesa Orientale potessero
tollerarsi
e
quali
invece
andassero
soppressi
o
sostituiti.
Nel
1272-1273,
alia
vigilia
del
concilio
di
Lione,
il
domenicano Umberto
di
Romans
descrive
la
situazione del
l'Italia
ex-bizantina,
dando
per
concluso
tale
processo
di ?latinizzazione
?
relativa,
condotto
conservando
la
lingua
greca
nella
Hturgia
e
buona
parte
delle
consuetudini
orientali
stimate
compatibili,
o
almeno
non
in
contrasto
con
quelle
delFOccidente:
?
Graeci,
qui
sunt
in
potestate
Latinorum,
sicut
patet
in
Calabria,
obediunt Romanae
Ecclesiae
?
25.
Si
comprende
cosi
la
concreta
origine
dell'equivalenza
semantica occidentale
tra
Chiesa
Romana
e
Chiesa
Cattolica.
La
situazione dei sacerdoti
greci
e
del
culto
bizantino
della
Chiesa Orientale nelFisola
di
Creta
indica
senza
equivoco
a
quali pe
rentorie
condizioni
restrittive,
e
di
subordinazione
alia
giurisdizione
ecclesiastica
la
tina,
Venezia
tollerasse,
anche
prima
del
1439,
la
continuazione della
liturgia
e
de
gli
usi sacri
della Chiesa
greca.
Analogo
status
canonico
aveva
conosciuto
ancor
prima
il clero
bizantino
la
cui
sussistenza
fu
possibile
in
molte
zone
dell'Italia
meridionale
tra
gli
ellenofoni
calabresi
e
pugliesi,
fino
al
XVI
secolo
26.
25
Humbertus
de
Romanis,
Opus
tripertitum,
II,
11,
in
j.
D.