Vite Senza Fine

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INTRODUZIONE 1. obiettivo In questo lavoro di tesi è stato studiato il problema dell’usura per rotolamento-strisciamento per 2 tipi di accoppiamento, il primo tra bronzo (G-CuSn-12) e acciaio (42CrMo4V) e il secondo tra antagonisti dello stesso tipo di ghise nodulari austemperate (ADI o ghisa duttile). Questo studio è stato condotto per poter comprendere e migliorare l’usura presente nel sistema di trasmissione del moto denominato vite senza fine e ruota elicoidale. Il sistema in questione è usato in maggior parte per movimentare gli ascensori ma anche per altre applicazioni. Lo scopo della tesi è quello di verificare qual è il tipo di usura che si ha tra i provini in bronzo e acciaio, studiare durande la prova tribologica il tasso di usura, determinare la microstruttura del bronzo, le proprietà meccaniche attraverso prove di trazione e analisi al microscopio SEM per analizzare il danneggiamento. 1

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Tesi triennale ingegneria

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INTRODUZIONE

1. obiettivo

In questo lavoro di tesi è stato studiato il problema dell’usura per rotolamento-

strisciamento per 2 tipi di accoppiamento, il primo tra bronzo (G-CuSn-12) e

acciaio (42CrMo4V) e il secondo tra antagonisti dello stesso tipo di ghise nodulari

austemperate (ADI o ghisa duttile).

Questo studio è stato condotto per poter comprendere e migliorare l’usura

presente nel sistema di trasmissione del moto denominato vite senza fine e ruota

elicoidale. Il sistema in questione è usato in maggior parte per movimentare gli

ascensori ma anche per altre applicazioni.

Lo scopo della tesi è quello di verificare qual è il tipo di usura che si ha tra i provini

in bronzo e acciaio, studiare durande la prova tribologica il tasso di usura,

determinare la microstruttura del bronzo, le proprietà meccaniche attraverso

prove di trazione e analisi al microscopio SEM per analizzare il danneggiamento.

È stato inoltre presa in considerazione l’ipotesi di sostituire il tradizionale

accoppiamento tribologico bronzo-acciaio costituente l’accoppiamento vite senza

fine con un altro materiale, le ghise ADI.

Sono state perciò eseguite alcune prove per usura a rotolamento-strisciamento

delle ghise ADI prendendo in considerazione la tesi: “Usura per rotolamento-

strisciamento di ghise nodulari austemperate” di Corrado Giuliari.

Il sistema bronzo-acciaio è stato sottoposto a prove tribologiche chiamate disco

contro disco per le quali è stato utilizzato un tribometro Amsler appositamente

modificato per permettere una prova con lubrificazione.

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Le ghise ADI sono state invece sottoposte a prove tribologiche disco contro disco a

secco con le quali è stato possibile studiare il comportamento del materiale

rispetto all’usura per rotolamento-strisciamento.

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Accoppiamento vite senza fine ruota elicoidale e usura

per rotolamento-strisciamento

Vengono presentati in questo capitolo i vantaggi e gli svantaggi legati all’utilizzo

della vite senza fine e i motivi per cui viene preferita rispetto ad altri ingranaggi.

Importante risulta l’usura dei materiali costituenti gli elementi del sistema a causa

del loro contatto e viene quindi affrontato un breve studio degli sforzi superficiali

dei denti a contatto. Infine vengono presentate le principali cause di

deterioramento degli ingranaggi.

2.1 Descrizione vite senza fine

Fig.2.1.1 – Vite senza fine e ruota elicoidale [1].

La vite senza fine accoppiata a una ruota dentata è un sistema meccanico che

viene utilizzato per la trasmissione del moto tra due alberi non complanari tra

loro.

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Questo sistema deriva dall'unione di 2 elementi più semplici: la vite e la ruota

dentata, la vite simula attraverso la propria rotazione l'avanzamento di una

dentiera che ingrana con la ruota dentata. Se si seziona la vite con un piano

passante per l'asse di rotazione, il profilo che risulta è di fatto quella di una

dentiera.

Gli ingranaggi a vite senza fine vengono utilizzati perché hanno come vantaggio

una estesa gamma di rapporti di trasmissione. Possono essere usati sia come

moltiplicatori del numero di giri che come riduttori. Nel primo caso si hanno

rapporti di trasmissione compresi tipicamente tra 5 e 15, mentre nel secondo caso

possono variare tra 5-70.

Caratteristica negativa è l’usura che si verifica sui denti. Esiste infatti una forte

componente di strisciamento sulla superficie del dente che unita a forti pressioni

localizzate comporta una usura per strisciamento-rotolamento. Lo strisciamento è

dovuto alla configurazione geometrica del sistema e in particolare è causato dalla

presenza della vite senza fine. Il problema delle forti pressioni localizzate è dovuto

invece al contatto che avviene sui denti che è di tipo non conforme, con tutti i

problemi che ne conseguono (pressione, area contatto hertziana, lubrificazione

elastoidrodinamica).

Le cause di mal funzionamento dell'ingranaggio sono prevalentemente il pitting e

lo scuffing mentre la rottura per flessione del dente passa in secondo piano in

queste trasmissioni.

I vantaggi della scelta della vite senza fine e ruota rispetto a altri ingranaggi

possono essere riassunti nei seguenti punti: [1]

una geometria più compatta a parità di rapporto di trasmissione o

potenza trasmessa rispetto agli altri ingranaggi

una maggior possibilità di riduzione della velocità e coppia in un singolo

passaggio

azioni sui denti relativamente delicate e silenziose. E’ così possibile per i

denti sopportare grandi shock e alti carichi momentanei.

Gli svantaggi legati all'utilizzo di questo ingranaggio sono una bassa efficienza, la

nascita di azioni assiali che devono essere sopportate dai cuscinetti (come accade

per le ruote elicoidali) e inoltre il problema del surriscaldamento.

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La geometria della vite è simile a quella di una vite di manovra tranne casi in cui

può essere di tipo globoidale, in questo modo la vite può inviluppare meglio la

ruota dentata. Ciò permette un aumento dell'area di contatto ma richiede però un

montaggio estremamente preciso. La ruota invece viene costruita come una ruota

elicoidale ma con i denti curvi per inviluppare la vite.

Solitamente la vite e la ruota sono contenuti in un contenitore metallico. Il

contenitore è costrutito in modo da soddisfare caratteristiche quali la dissipazione

del calore prodotto durante il moto e una buona compatezza. Si deve prevedere il

fatto che verrà utilizzato un lubrificante liquido e quindi deve essere stagna e

possedere sistemi per il controllo e la sostituzione dell'olio.

Fig.2.1.2 – Contenitore sistema vite senza fine [1].

I campi di utilizzo della vite senza fine possono essere molto diversi grazie al fatto

di poter scegliere tra valori di rendimento che variano da 0,50 fino a 0,98. Si

possono quindi avere: [1]

Applicazioni in cui un piccolo motore muove un carico pesante (ad

esempio nei montacarichi).

Applicazioni manuali, ad esempio nello sterzo delle automobili o nei

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mulinelli delle canne da pesca.

Operazioni che prevedono di lavorare in continuo come gli ingranaggi

comuni. In certi casi gli ingranaggi a vite senza fine vengono preferiti per

la loro compattezza unita al grande rapporto di trasmissione che possono

dare.

2.2 Meccanica del contatto

Le basi della meccanica del contatto sono necessarie per comprendere i

meccanismi di usura e riuscire a prevenirli.

Per i denti degli ingranaggi in generale il contatto che avviene tra i denti è di tipo

non conforme e di linea. Per studiare le tensioni che nascono è necessario riferirsi

quindi agli studi fatti da Hertz, il quale, sulla base di ipotesi poi verificate

sperimentalmente, è riuscito a trovare il valore dell’area di contatto che si viene a

creare per deformazione elastica tra i due corpi e l’andamento delle tensioni sotto

la superficie dei materiali. Le ipotesi principali della teoria sviluppata per materiali

completamente elastici, omogenei e isotropi sono che le superfici devono essere

perfettamente lisce, che il carico è applicato normalmente alle superfici, che c'è

una distribuzione di pressione di tipo ellittico solo all'interno dell'area di contatto

e inoltre che le superfici in contatto hanno attrito nullo.

Fig.2.2.1 – Contatto tra 2 cilindri lungo una generatrice e andamento dello sforzo di compressione lungo l’asse z nella regione di contatto. [3]

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Questo studio mostra che esiste sotto la superficie uno sforzo di taglio orientato a

45° (τ45°) rispetto al piano di contatto che è massimo a una profondita pari a 0.786

a (dove a è la semiampiezza dell’area di contatto) e di intensità 0.3 Pmax.

In posizione traslata rispetto all’asse di carico inoltre si ha uno sforzo di taglio

parallelo alla superficie (τyz) di contatto massimo, a una profondità pari a 0.5a e a

una distanza dall’asse di carico di 0.87a , il suo valore massimo è 0.25 Pmax.

Fig.2.2.2 – Andamento degli sforzi σx, σy e σz in valore assoluto lungo l’asse z a sinistra e nella figura di destra andamento dello sforzo di taglio massimo (τ45°) e parallelo alla superficie di contatto (τyz). [3]

Se oltre al semplice contatto i corpi vengono messi in rotazione in ogni punto al di

sotto della superficie va soggetto, a un certo istante a tensioni tangenziali come

quelle mostrate in (Fig 2.2.3) nella posizione A e successivamente a alle tensioni

tangenziali rappresentate in B. [3]

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Fig. 2.2.3 - Andamento della tensione tangenziale in condizioni di rotolamento a una profondità di 0.5a e con υ=0.3. In questo grafico (b) si riferisce alla semiampiezza chiamata in precedenza (a) [2].

In presenza di strisciamento e attrito tra i due corpi, le forze di attrito risultanti

provocano ulteriori tensioni agenti in direzione circonferenziale, sia normali che

tangenziali, che si sommano alle tensioni causate dal normale carico [2].

Queste tensioni si verificano in posizione più superficiale rispetto alle precedenti

(Fig 2.2.4).

Riassumendo si hanno le seguenti tensioni che come vedremo sono importanti

per il meccanismo di usura per fatica superficiale:

- Tensione tangenziale sotto l’asse di carico a una certa distanza dalla

superficie disposta a 45°.

- Tensione tangenziale sotto la superficie e su entrambi i lati dell’asse di

carico.

- Nel caso di rotolamento, sforzo di taglio parallelo alla superficie di

contatto ad una certa profondità che inverte la sua direzione per un

qualsiasi punto che attraversa la zona di contatto.

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- In superficie in presenza di strisciamento nascono tensioni tangenziali e

normali (queste ultime di tipo alternato) agenti in direzioni

circonferenziale.

Fig. 2.2.4 – Tensioni normali e tangenziali agenti in direzione circonferenziale provocate dalle forze di attrito legate allo strisciamento tra due cilindri a assi paralleli. [2]

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2.3 Usura per rotolamento strisciamento

L'usura è la perdita di materiale che si verifica quando la superficie di un corpo

viene in contatto con un altro corpo. Si possono individuare diversi processi di

usura, per strisciamento, sfregamento, abrasione, erosione, ma quella che

interessa qui discutere è l’usura per rotolamento e strisciamento che è il processo

di usura che avviene quando 2 elementi rotolano e strisciano uno rispetto all’altro.

In questo processo di usura sono coinvolti dei meccansimi di usura che dipendono

dalle particolari condizioni in cui avviene. In condizioni di lubrificazione fluida il

meccanismo è la fatica supeficiale e il danneggiamento che si verifica è

tipicamente pitting, mentre se la lubrificazione passa da mista a secca i

meccanismi principali diventano quelli dell’usura adesiva e tribossidativa che

danno danneggiamento a causa dello strisciamento.

L’usura per fatica superficiale prevede nelle zone sub-superficiali la nascita di

cricche in zone preferenziali come ad esempio zone in cui sono presenti inclusioni

o difetti del materiale, e la successiva crescita a causa della sollecitazione

periodica a cui vanno incontro. Importante per la nascita della cricca è la tensione

tangenziale disposta a 45 gradi rispetto alla superficie di contatto, grazie a questa

infatti vi è la nucleazione della cricca. La crescita della cricca invece sembra sia

dovuta all’unione di due cause. La prima causa è la tensione tangenziale parallela

al piano della superficie di contatto che porta la cricca fino in superficie, la

seconda è la penetrazione nella cricca del lubrificante che, con una variazione

continua di pressione, tende a aprire la cricca dal lato opposto fino al distacco di

un frammento. Il nome dato a questo fenomeno è spalling (frammenti maggiori a

100 micrometri) che avviene se la lubrificazione è fluida. Per lubrificazione mista o

limite il meccanismo è simile ma avviene più vicino alla superficie e si producono

frammenti di dimensioni minori a 10 micrometri. Questo ultimo danneggiamento

è detto pitting.

Gli altri 2 meccanismi di usura sono l’usura adesiva e tribossidativa. L'usura

adesiva è causata dal fenomeno che si può presentare tra materiali messi a

contatto chiamato adesione.

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Si osserva nei metalli che se messi a contatto in condizioni di vuoto restano uniti

ed è necessaria una forza per separarli. Questo fenomeno è l’adesione che

avviene in modo maggiore tra metalli compatibili.

Gli effetti causati dall'adesione sono attrito maggiore, problemi di scuffing (danno

localizzato causato dalla saldatura tra 2 superfici che subiscono strisciamento), la

formazione di particelle di usura e il trasferimento di materiale tra le superfici.

Il trasferimento di materiale tra due corpi per adesione si ha quando due asperità

entrano in contatto. Può succedere che le aspertità si uniscano, quando poi si

agisce con uno sforzo tangenziale la parte superiore dell'asperità resta saldata

all'altro materiale e viene strappata dal corpo sul quale era in origine.

L’usura tribossidativa prevede invece che sulla superficie dei pezzi a contatto ci sia

uno strato di materiale che ha reagito con l’ambiente esterno, ad esempio uno

strato di ossido. L’usura che ne deriva è l’unione dell’azione meccanica e della

corrosione. Questo tipo di usura è meno severo rispetto all’usura adesiva.

Il raggiungimento delle condizioni di usura adesiva o tribossidativa dipende dal

carico applicato e dalla velocità di strisciamento. In particolare l’aumento di questi

parametri favorisce l’usura adesiva [3].

2.4 Rotture ingranaggi

A causa dei fenomeni di usura descritti precedentemente, nelle ruote dentate si

verifica danneggiamento durante la loro vita. Se correttamente progettati gli

ingranaggi non presentano rotture, è invece inevitabile il deterioramento della

superficie del dente che porta a un aumento di vibrazioni e rumore inaccettabili.

Esiste una ampia descrizione in letteratura dei danneggiamenti superficiali delle

ruote dentate per la loro elevata diffusione nel mondo meccanico.

2.4.1 Danneggiamento per pitting

Si possono individuare due tipi di pitting [4].

PITTING iniziale: è il tipo di fatica superficiale che avviene all'inizio della vita

dell'ingranaggio e continua solo finchè non si arriva ad evere un’area adatta alla

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trasmissione del carico dopo rodaggio. Solitamente avviene in una zona intorno al

diametro primitivo. Questo pitting non è pericoloso finchè non progredisce.

PITTING distruttivo: solitamente parte sotto il diametro primitivo e

progressivamente aumenta la sua estensione e il numero di pit. Quando tutta la

superficie si deteriora in questa maniera la forma del dente viene meno. I pit sono

presenti in numero eccessivo e basta un minor carico per rompere il dente per

rottura a fatica [4].

Nel dedendum il rotolamento e lo strisciamento hanno direzioni opposte mentre

nell'addendum hanno la stessa direzione e risulta che la zona in cui si presentano

più velocemente i pit è per questo motivo il dedendum.

a)

b)

Fig. 2.4.1.1 – Fenomeni di pitting sulla supeficie dei denti di ingranaggi. [4]

Lo spalling, che prevede frammenti più grandi rispetto al pitting si riscontra nelle

ruote che hanno subito trattamenti superficiali non fatti a dovere in cui lo strato

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indurito non è abbastanza profondo per sopportare il carico o per la nascita di

tensioni residue tra cuore del pezzo e strato indurito.

Fig. 2.4.1.2 – Fenomeno dello spalling. [4]

Per evitare che si presenti pitting si devono valutare delle tabelle in cui si mette in

relazione la durezza dei materiali usati per le ruote con il fattore S c di carico

massimo a diversi numeri di cicli.

Se si rispettano questi valori il pitting non dovrebbe presentarsi entro i cicli

predetti da apposite tabelle ricavate da prove sperimentali. [5]

Tabella 2.4.1.1 – Valori di Sc per cui si verifica danneggimento. [5]

2.4.2 Danneggiamento per scuffing

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Lo scuffing è causato dall’interruzione del film lubrificante a causa della

concentrazione di carico su una piccola area. Quello che avviene è un fenomeno di

usura adesiva e alcune zone in superficie raggiungono per lo strisciamento

reciproco elevate temperature che portano a parziale saldatura. La superficie

appare solcata nella direzione dello strisciamento.

Lo scuffing può essere evitato riducendo la rugosità superficiale o usando un

diverso tipo di lubrificante (oli con viscosità bassa aumentano la probabilità che si

verifichi scuffing).

Esistono 2 tipi di scuffing:[4]

leggero: la superficie del dente risulta più ruvida rispetto a altre aree, il fenomeno

si nota maggiormente alla base e in cima al dente dove lo strisciamento è

maggiore.

Fig. 2.4.2.1 – Esempio di scuffing leggero. [4]

pesante: le superfici risultano molto ruvide a causa dell'usura adesiva. Avviene

come fase successiva allo scuffing leggero.

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Fig. 2.4.2.2 – Esempio di scuffing pesante. [4]

Esistono 2 cause principali che causano scuffing: la prima è quella dovuta alla

temperatura del sistema ingranaggi-olio e la seconda legata allo spessore dello

strato di olio. Un parametro particolarmente adatto a caratterizzare il regime di

lubrificazione, che si può ottenere impiegando i lubrificanti liquidi, è il fattore

lambda Λ, definito come segue:

Dove hmin è il minimo spessore del lubrificante tra i corpi a contatto e R1 e R2 sono

le rugosità quadratiche medie dei due materiali a contatto.

Valori del fattore lambda maggiori di 3 indicano che ci si trova in regime di

lubrificazione fluida, si ha lubrificazione limite se il fattore lambda è minore di 0.3,

mentre si ha lubrificazione mista nelle situazioni intermedie. [3]

Per evitare usura per scuffing si deve allora utilizzare un olio che resista bene alla

temperatura raggiunta dall’ingranaggio e avere un fattore lambda maggiore di tre

in modo da assicurare una lubrificazione fluida. [5].

2.4.3 Danneggiamento per usura abrasiva

I denti degli ingranaggi durante il normale funzionamento sono separati tra loro

da un film lubrificante di circa 0,6 micrometri di spessore. Qualsiasi particella sia

essa esterna o prodotta a causa del contatto tra le asperità delle superfici può

deteriorare il materiale delle ruote per usura abrasiva.[4]

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Le scanalature che si formano sui denti sono nella stessa direzione dello

strisciamento, la loro dimensione dipende dalla dimensione delle particelle

esterne.

Fig. 2.4.3.1 – Esempio di usura abrasiva. [4]

2.4.4 Danneggiamento per deformazione plastica

Durante il moto si può avere deformazione plastica dei denti quando il carico

supera il limite di snervamento del materiale. Si verifica questo fenomeno

sopratutto per materiali duttili.

Fig. 2.4.4.1 – Danneggiamento per deformazione plastica. [4]

2.4.5 Danneggiamento per rottura del dente

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Un altro tipo di danneggiamento è la rottura di un intero dente dell'ingranaggio.

Le cause possono essere l'eccessivo momento flettente che agisce alla base del

dente e quindi rottura perchè si raggiunge il limite di fatica oppure a causa di

impatti accidentali.[4]

Fig. 2.4.5.1 – Rottura del dente di un ingranaggio. [4]

Descrizione dei materiali

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I materiali utilizzati nelle prove di usura hanno proprietà particolari che vengono

qui discusse, viene presentata in particolare la ghisa ADI che risulta un materiale

relativamente nuovo nel mercato industriale.

3.1 Bronzo

Le leghe di rame sono specifiche per utilizzi in cui è necessario avere alta

resistenza alla corrosione e superfici che resistono all’usura per strisciamento o

fatica superficiale. Sono invece sconsigliate in impieghi che richiedono resistenza

all’ usura abrasiva.

In particolare la lega di rame e stagno, il bronzo, viene tradizionalmente usata per

la sua resistenza a usura unita alla sua elevata durezza.

Lo stagno forma con il rame delle soluzioni solide e in questo modo porta a un

indurimento maggiore che se si utilizzasse rame puro.

Fig. 3.1.1 – Diagramma di fase rame stagno. [6]

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I Bronzi che contengono dal 11% al 12% di stagno sono così largamente usati per

la costruzione di ruote dentate da essere chiamati anche bronzi per ingranaggi.

Più in dettaglio, nella produzione di viti senza fine sono il materiale più diffuso.

L’utilizzo del bronzo è quasi sempre legato all’utilizzo di un antagonista di acciaio.

Questo presenta una durezza superiore al bronzo. Il materiale che si usura è

quindi il bronzo con un’usura dell’acciaio pressochè nulla. L’utilizzo

dell’antagonista in acciaio è dovuto anche al fatto che l’attrito tra bronzo e acciaio

è molto inferiore che tra acciaio contro acciaio. L’alta resistenza a usura del

bronzo è possibile grazie alla bassa compatibilità tra il rame e il ferro e alla

possibile formazione durante strisciamente di un compatto strato di ossido

adeguatamente sostenuto dalla matrice sottostante [3].

Le proprietà meccaniche variano in base alla percentuale di stagno presente. I

bronzi con percentuali superiori al 13% di stagno perdono duttilità e diventano

inutilizzabili per la costruzione di ruote dentate. Nella tabella 3.1.1 sono elencati

vari tipi di bronzo con composizione crescente di stagno. Si può vedere come

l’allungamento a rottura che è indice della duttilità cali drasticamente sopra al

13% di stagno.

Tabella 3.1.1 – Variazione proprietà in relazione alla percentuale di stagno. [7]

La durezza del bronzo varia con la percentuale di stagno come nostrato in Fig.

3.1.2. dato che l’indurimento è per soluzione, maggiore è lo stagno, maggiore è la

durezza.

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Percentuale Sn Allungamento % Durezza Brinell a 500Kg

11 20 80

12 16 102

13 15

14 2

16 2

19 0,5

Page 20: Vite Senza Fine

Fig. 3.1.2 – Durezza in relazione alla percentuale di Sn presente nel bronzo. [6]

Valori tipici di resistenza allo snervamento sono intorno a 190MPa, la resistenza a

rottura invece varia tra 340 MPa e 415 MPa.

Possibili trattamenti termici per aumentare la duttilità sono una ricottura tra

650°C e 700°C.

La produzione del bronzo per ingranaggi avviene per colata continua. Non avviene

invece per processi di lavorazione come estrusione, trafilatura, laminazione o

forgiatura, questo perché l’alto contenuto di stagno porta il materiale a frattura

durante le lavorazioni [11].

3.2 Acciaio 42CrMo4V

Questo acciaio utilizzato come antagonista nelle prove di usura è un tipico acciaio

da bonifica che fa parte della famiglia degli acciai da costruzione. Questi acciai

sono destinati al trattamento di bonifica (tempra seguita da rinvenimento intorno

a 600° C).

La percentuale di carbonio in questo acciaio è dello 0.42%. Il carbonio è

l’elemento di lega più economico e quello che aumenta maggiormente le

proprietà di resistenza e temprabilità, al suo crescere però cala fortemente la

tenacità.

Gli altri elementi in lega volutamente aggiunti sono il cromo (1%) e il molibdeno

0.20%). La presenza di un elemento di lega come il cromo è necessaria per aiutare

la formazione di carburi stabili cosicchè accanto alla cementite si possono creare

carburi di cromo con formule diverse. Il cromo influenza notevolmente la

temprabilità dell’acciaio e conferisce alle strutture di tempra una notevole

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Page 21: Vite Senza Fine

stabilità al rinvenimento. L’aggiunta del cromo migliora anche la resistenza al

logoramento per attrito.

Il molibdeno anch’esso presente fa parte dello stesso gruppo del cromo e forma

carburi molto stabili, e ha un effetto più marcato sulla temprabilità e

sull’indurimento. Riesce a stabilizzare anche a temperature elevate la martensite.

Valori tipici di proprietà meccaniche sono elencati nella tabella 3.2.1.

carico snervamento [MPa] UTS [MPa] Allungamento a rottura Durezza HB

650 900-1100 12% 265-325

Tabella 3.2.1 – Proprietà acciaio 42CrMo4V. [8]

3.3 Tipi di ghise e ghise ADI

Le ghise sono una classe di leghe ferrose in cui il contenuto di carbonio è maggiore

del 2.11%. Si nota dal diagramma di fase ferro-cementite che la zona in cui è

presente il liquido è compresa tra circa 1150°C e 1300°C temperatura inferiori che

per gli acciai. Questa proprietà permette di produrle facilmente per colata.

Le ghise possono seguire il diagramma di fase metastabile Fe-cementite, si parla in

questo caso di ghisa bianca, oppure la cementite può seguire l’equilibrio e

diventare grafite, si parla allora di ghise grigie [9] .

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Fig. 3.3.1 – Diagramma di fase ferro carbonio (le linee blu si riferiscono al diagramma stabile Fe-grafite).

Variando la composizione degli elementi in lega e la velocità di raffreddamento si

possono ottenere diverse proprietà. Si dividono quindi le ghise in quattro famiglie:

- Ghise grigie: il carbonio si presenta nella forma più stabile aiutato dalla

presenza di silicio. La microstruttura presenta una fase perlitica o ferritica

che circonda la grafite in forma lamellare. Possiede un valore di resistenza

a compressione elevato mentre è fragile a trazione, ha una capacità di

smorzamento delle vibrazioni molto buona e una resistenza a usura

elevata.

- Ghisa bianca: per concentrazioni di silicio basse e alte velocità di

raffreddamento il carbonio esiste sotto forma di cementite. Questa ghisa

è fragile e molto dura. Gli utilizzi principali sono come materiale per

produrre i rulli di laminazione.

- Ghise malleabili: sono ottenute per ricottura di ghisa bianca a

temperature di 800-900°C per tempi lunghi(50 ore). Il trattamento

permette la trasformazione della cementite in grafite. Nella

microstruttura il carbonio è distribuito in cluster circondato da una

matrice perlitica o ferritica.

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- Ghise sferoidali: presentano in una matrice acciaiosa (perlite o ferrite) in

cui la grafite è presente in forma di sferoidi. Questo è possibile

aggiungendo sostanze inoculanti come magnesio o cerio. Questa ghisa

presenta una buona duttilità dovuta all’assenza di effetti negativi di intagli

delle lamelle di grafite.

3.3.1 Ghise ADI

Le ghise denominate ADI (Austempered Ductile Iron) sono ghise sferoidali che

vengono sottoposte a un trattamento termico chiamato di austempering.

L’austempering prevede 2 fasi: la prima chiamata di austenitizzazione porta la

ghisa sferoidale nel campo di esistenza dell’austenite e grafite, questo si realizza

aumentando la temperatura tra 820°C e 950°C. Il tempo di permanenza è quello

necessario a ottenere una struttura omogenea in cui la percentuale di carbonio

contenuta nell’austenite è quella di saturazione a quella temperatura. La seconda

fase (austempering) è composta di un raffreddamento veloce e un mantenimento

della temperatura tra 250°C e 450°C. In questa seconda fase si hanno 2

trasformazioni corrispondenti a due stadi:

1) 1° stadio: austenite a basso carbonio che si trasforma in ferrite e austenite

a alto C

2) 2° stadio: austenite ritenuta a alto C che si trasforma in ferrite e carburi

Quello che si vuole ottenere dal trattamento di austempering è una

microstruttura composta da bainite in una matrice di austenite ritenuta resa

stabile dall’alto tenore in carbonio e/o elementi in lega. È da evitarsi la formazione

di ogni altro componente microstrutturale. Quello che si vuole è quindi evitare il

2° stadio.

Questo è possibile perché esiste una finestra di processo tra la prima e la seconda

reazione. Raffreddando a temperatura ambiente il materiale all’interno di questa

finestra (il che equivale a dire a un tempo stabilito) si può far avvenire il primo

stadio ma non il secondo.

In figura 3.3.1.1 sono mostrate in relazione al tempo di austempering le

percentuali delle fasi che si possono formare. Si vede che la massima percentuale

di austenite residua si ha all’interno della finestra di processo.

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Fig. 3.3.1.1 – Finestra di processo. [10]

La finestra di processo può variare in base alla temperatura e al tempo di

austenitizzazione. Più è elevata la temperatura e il tempo di permanenza in

campo austenitico più aumenta la solubilità del carbonio nell’austenite.

Aumentando la temperatura o il tempo di austenitizzazione la fine del primo e del

secondo stadio vengono ritardate perché l’austenite è più stabile.

Anche le temperature di austempering variano le finestre. Alte temperature

accelerano il secondo stadio e permettono la formazione di una bainite superiore.

Le proprietà più importanti delle ghise ADI sono la resistenza a trazione,

resistenza a fatica e comportamento a usura.

Per la resistenza a trazione i valori di sforzo di snervamento e sforzo a rottura

sono superiori a quelli degli acciai forgiati e leggermente inferiori a un acciaio

legato. La particolare resistenza è dovuta alla formazione dell’ausferrite. La parte

fragile e resistente è data dalla ferrite presente sotto forma di ferrite aciculare

(simile alla bainite ma senza carburi finemente dispersi). La duttilità è dovuta

all’austenite residua.

24

Page 25: Vite Senza Fine

Fig. 3.3.1.2 – Finestra di processo relazionata a temperatura e tempo di austempering. [10]

La resistenza a fatica è migliore rispetto agli acciai per la presenza della austenite

e dei noduli di grafite. Infatti l’austenite residua può dare martensite all’apice

della cricca per il fenomeno dello stress-induced martensite. I noduli di grafite

invece ostacolano la propagazione della cricca che deve avanzare seguendo un

percoso più tortuoso.

L’elevata resistenza a usura viene spiegata per la particolarità della

microstruttura, l’ austenite residua può infatti trasformarsi in martensite

diminuendo il tasso di usura.

Il tasso di usura dipende da tre fattori: è proporzionale alla frazione in volume

dell’austenite residua, al contenuto di carbonio in essa e inversamente

proporzionale alla resistenza a snervamento della ghisa.

Un’altra caratteristica positiva è la presenza della grafite che in assenza di

lubrificazione si comporta da lubrificante solido interponendosi tra i corpi a

contatto.

La resistenza delle ghise ADI a fatica superficiale è leggermente inferiore a quella

degli acciai di pari durezza. Il meccanismo di fatica superficiale viene infatti da un

25

Page 26: Vite Senza Fine

lato aiutato dalla presenza dei noduli di grafite che fanno nucleare la cricca,

dall’altro lato invece i noduli stessi rallentano la propagazione e la crescita della

cricca.

La microstruttura delle ADI permette al materiale di avere una tenacità a rottura

elevata, questo requisito è fondamentale per la costruzione degli ingranaggi. Da

ricordare inoltre che il peso specifico della ghisa ADI è del 10% inferiore al peso di

un acciaio.

26

Page 27: Vite Senza Fine

Materiali e procedure sperimentali

Il lavoro sperimentale è stato diviso in due parti. Una parte è stata relativa allo studio a usura per rotolamento-strisciamento delle ghise ADI. Un’altra parte invece ha riguardato la caratterizzazione del bronzo e il suo comportamento a usura per rotolamento-strisciamento in condizioni di lubrificazione.

4.1 Principi generali, modifiche tribometro e parametri riguardanti la prova di tribologia disco contro disco

Le prove tribologiche a cui sono stati sottoposti i due materiali in questione sono

del tipo a rotolamento-strisciamento. Questa condizione si può ottenere

utilizzando 2 provini a forma di disco che ruotano uno in senso orario e l’altro nel

senso opposto con velocità differenti. La diversa velocità tangenziale che risulta fa

nascere una percentuale di strisciamento che si può calcolare come [3]:

I tribometri usati nelle prove si trovano nel laboratorio di tribologia e sono

denominati “universal tribometer mod. Amsler A135”.

Le prove sono state condotte in due differenti condizioni. Per il bronzo le prove

sono state fatte con i provini immersi completamente in olio lubrificante mentre

per la ghisa le prove sono state eseguite a secco. È stato necessario per questo

motivo modificare uno dei tribometri in modo da permettere ai dischi di essere

lubrificati.

4.1.1 Modifica tribometro

Il primo componente progettato è stato la vaschetta contenente l’olio e i provini.

Questo contenitore presenta due caratteristiche fondamentali. La prima è che

deve permettere a chi opera sulla macchina di poter montare e smontare i provini

in tempi brevi, per pesare i provini e osservarli. La seconda proprietà è che deve

essere perfettamente stagna.

27

Page 28: Vite Senza Fine

Il secondo passo nella modifica della macchina ha riguardato la creazione di un

sistema che riscaldasse l’olio.

I problemi che si sono presentati sono stati:

- perdite di lubrificante dal punto in cui l’albero su cui sono montati i provini entra

nella vaschetta. Il problema è stato risolto con l’uso di guarnizioni adatte e silicone

per alte temperature.

-difficoltà dell’olio lubrificante a raggiungere la temperatura di esercizio di 80°C.

Per il riscaldamento del lubrificante sono state fatte varie prove:

In un primo momento l’olio è stato riscaldato in un recipiente di vetro

con una piastra riscaldante con agitatore. Non si è però riusciti a

raggiungere la temperatura desiderata.

Un secondo passo è stato quello di coibentare il recipiente dell’olio

sopra la piastra. In questo modo la temperatura del lubrificante nel

recipiente è arrivata a temperature fino a 90°C.

L’olio dal recipiente riscaldato è stato mandato attraverso una pompa

alla vaschetta stagna in cui i dischi strisciano uno contro l’altro. Si è

però visto che a regime l’olio dissipava molto calore attraverso la

pompa e i tubi di collegamento abbassando la sua temperatura sotto i

gradi richiesti. Oltre a questo problema è nato quello della necessità

di avere una portata costante di olio nella vaschetta per mantenere il

livello di olio in modo da assicurare che i provini fossero immersi

completamente. Nonostante l’utilizzo di un rubinetto per regolare la

portata il problema non si è risolto.

Si è deciso allora di modificare nuovamente il tribometro. È stata

rifatta la vaschetta senza scarico dell’olio, eliminata la pompa e il

recipiente dell’olio. Il riscaldamento dell’olio è stato fatto

direttamente sotto la vaschetta contenente i provini con una piastra

riscaldante.

Con questa ultima modifica il tribometro è stato messo a punto per le prove dei

provini in bronzo con lubrificazione.

28

Page 29: Vite Senza Fine

Fig. 4.1.1.1 – Tribolometro Amsler modificato per le prove in condizione di lubrificazione.

4.1.2 Parametri dei provini e del tribometro

Una volta sistemato il tribometro per la prova del bronzo è stato necessario

sistemare tutti i parametri per la prova.

Per prima cosa si sono determinati i raggi dei dischi in modo da ottenere la

velocità di strisciamento desiderata.

Il rapporto di trasmissione tra i 2 alberi del tribometro è noto e vale 5.13.

Conoscendo questo è possibile fissare un numero di giri per minuto (rpm) per un

disco e di conseguenza ricavare quello del secondo disco. Passando per il calcolo

della velocità angolare (ω) e poi della velocità tangenziale per i singoli dischi,

con una sottrazione è possibile conoscere il valore della velocità di

strisciamento fissati i raggi dei provini.

Per i diametri scelti di 12.5 mm e 27.5 mm si ricavano i parametri in

Fig.4.1.2.1.

29

Page 30: Vite Senza Fine

rpm disco 1 [giri/minuto]

ω 1 [rad/s]

rpm disco 2 [giri/minuto]

ω 2 [rad/s]

velocità 1 [m/s]

velocità 2 [m/s]

velocità strisc. [m/s]

285 29,84 1463 153,20 0,3730 4,213 3,840

Tabella 4.1.2.1 – Parametri velocità.

La velocità impostata nel tribometro è quindi di 285 giri/minuto con conseguente

velocità di strisciamento di 3.84 m/s.

I diametri dei provini sono di 55 mm per l’acciaio e 25 mm per il bronzo, la

finitura, le dimensioni e alcuni particolari sono visibili in Fig.4.1.2.2 e Fig.4.1.2.3.

Fig.4.1.2.1 – Provino usura in bronzo.

30

Page 31: Vite Senza Fine

Fig.4.1.2.2 – Provino in acciaio.

I dischi sono stati compressi uno contro l’altro con 2 diverse intensità della forza

radiale. Per le prime prove sono stati utilizzati 400 N, mentre nelle seconde prove

320 N. Questo ha permesso di ottenere un contatto herziano di 340 Mpa nel

primo caso e 305 MPa nel secondo.

La pressione hertziana massima si può calcolare con la formula:

Dove L è l’altezza del disco, E* e R sono rispettivamente il modulo di elasticità

equivalente e il raggio equivalente.

Per la lubrificazione è stato utilizzato un polyglicolic oil (lubrificante

appositamente indicato per assicurare un basso attrito in applicazioni con elevato

strisciamento come le ruote senza fine). La temperatura dell’olio è stata

mantenuta per tutto il tempo a una temperatura di 80±2°C.

31

Page 32: Vite Senza Fine

Per il sistema tribologico con le ghise ADI il tribometro utilizzato è stato il secondo

tribometro “amsler A135” presente in laboratorio di tribologia. In questo caso non

è stato necessario modificare la macchina perché le prove sono state fatte a

secco. I parametri in questo caso sono stati i diversi carichi applicati (50N, 100N e

500N). Le velocità sono state di 400 giri/minuto per il primo disco e

360giri/minuto per il secondo. In questo modo si ottiene uno strisciamento del

10% e una velocità di strisciamento di 0.084ms-1.

4.1.3 Esecuzione prove

Lo svolgimento delle prove consiste nel far ruotare i provini per un determinato

tempo a cui corrisponde un certo numero di cicli (intendendo per ciclo una

rotazione completa del disco). I dischi all’inizio della prima prova vengono puliti

con acetone in ultrasuoni per cinque minuti e pesati per ricavare il peso iniziale.

Durante le prove il lavaggio con ultrasuoni (sempre per cinque minuti) viene

eseguito al termine del tempo prestabilito, dopo di che i dischi si pesano e si

rimontano in macchina.

I provini vengono pesati con bilancia Gibertini con precisione 10-4 g.

Si può calcolare così la perdita in peso dopo ogni intervallo di prova e relazionarlo

alla distanza strisciata (L).

L=vs*t [m]

Il computer a cui è collegato il tribometro riesce a misurare istante per istante il

momento torcente (Mt) necessario per vincere la forza di attrito tra i campioni.

Essendo noto il raggio del campione (R) e il carico applicato si calcola la forza

tangenziale applicata (Ft) e infine il coefficiente d’attrito (μ). La formula utilizzata è

la seguente:

Il tasso di usura viene espresso come perdita di peso divisa per il numero di cicli

corrispondente.

W = perdita peso / numero cicli

32

Page 33: Vite Senza Fine

Per maggiore chiarezza su come calcolare questo valore del tasso si possono

prendere come esempio i dati relativi a 2 provini in tabella 4.1.3.1. Le colonne due

e tre contengono la perdita di peso totale durante la prova tribolometrica. La

colonna 4 presenta la media delle perdite peso dei due campioni. Lo scarto è la

deviazione standard tra i pesi dei test 1 e 2. Il tasso di usura (W) è calcolato

sottraendo al valore della “Differenza Peso Media” a un certo numero di cicli il

valore della “Differenza Peso Media” del numero di cicli precedente, questo

valore è poi diviso per la differenza tra i 2 numeri di cicli.

Numero Cicli

Perdita PesoTotale (Test 1)

Perdita PesoTotale (Test 2)

Differenza Peso Media Scarto Tasso Usura (W)

0 0 0 0 0

130000 0,0279 0,007760417 0,017830208 0,014240836 1,37155E-07

250000 0,036207692 0,010693109 0,023450401 0,018041535 4,68349E-08

260000 0,0369 0,0109375 0,02391875 0,01835826 4,68349E-08

Tutti i dati relativi al bronzo sono espressi in perdita di peso normalizzata allo

spessore. Questo è dovuto al fatto che sono stati utilizzati per le prove a 400 N dei

provini inzialmente di spessore di 8 mm che poi è stato aumentato per consentire

una migliore esecuzione delle prove.

Tabella 4.1.3.1

4.2 Caratterizzazione provini in bronzo

È stata analizzata la microstruttura ed è stata fatta una prova a trazione per

determinare le caratteristiche meccaniche.

I dischi in bronzo sono stati tagliati per analizzare la microstruttura. Il taglio è stato

eseguito con microtaglierina Struers Secotom-10 controllando che la velocità di

taglio non fosse eccessiva per non generare modifiche nel materiale. I campioni

sono stati tagliati assialmente e in direzione tangente all’asse. Successivamente i

provini sono stati inglobati in resina per poter essere maneggiati. La fase

successiva è stata la lucidatura su lappatrice con carte via via più fine fino ad

arrivare all’uso dei panni con pasta abrasiva.

33

Page 34: Vite Senza Fine

Con l’utilizzo del microscopio “Leica” e del software “Leica Qwin” a disposizione

presso il laboratorio di metallurgia è stato possibile fotografare la microstruttura

del bronzo.

I campioni sono poi stati analizzati anche con un microscopio a scansione

elettronica SEM utilizzando il modello XL30 della FEI. Con questo microscopio è

stato possibile anche determinare la composizione delle fasi presenti nella

microstruttura (rame e stagno).

Il SEM è stato utilizzato anche per verificare il danneggiamento che presentavano

le superfici dopo la prova al tribometro.

Infine sono state eseguite delle prove di resistenza a trazione. Sono stati usati 4

provini per le prove. Su due di questi è stata usata una velocità della traversa di

0.100mm/min mentre per le altre due una velocità più elevata di 0.600mm/min.

Le dimensioni del provino sono mostrate in Fig.4.2.1.

Fig.4.2.1 – Geometria provino di trazione.

4.3 Materiali

Le caratteristiche generali dei materiali usati sono state descritte nel capitolo 3.

Qui viene descritta più nello specifico la provenienza e le caratteristiche dei

provini utilizzati nelle prove.

34

Page 35: Vite Senza Fine

4.3.1 Bronzo

I provini in bronzo provengono da una colata in uno stampo da cui sono stati

ricavati i dischi. La dimensione dei dischi è scelta in modo da ottenere tra loro

un’interasse di 40mm. I raggi sono rispettivamente 10mm per il bronzo e 30mm

per l’acciaio.

4.3.2 Ghise ADI

I dati riferiti alla ghisa ADI sono stati presi dalla tesi “Usura per rotolamento-

strisciamento di ghise nodulari austemperate” di Corrado Giuliari [12]e vengono

qui riportati per le tre ghise prese in considerazione da questo lavoro.

Le ghise Adi sono state fornite dalla Zanardi Fonderie s.p.a. Le ghise in questione

sono denominate ADI 800, ADI 1050 e IDI. Il nome differente indica una diversa

composizione chimica che viene presentata in Tabella 4.3.2.1.

Tabella 4.3.2.1 – composizione ghise.[12]

Per le ghise IDI non viene fornita la composizione.

Le ghise presentano simile composizione chimica ma diverso trattamento termico

che ne modifica le proprietà meccaniche.

Per la ghisa ADI 800 è stato effettuato un trattamento termico isotermo che

consiste in:

1) Un riscaldamento del getto al di sopra della temperatura eutettoidica

(840-870°C)

2) Raffreddamento e trattamento di austempering in bagno di sali per un

tempo e una temperatura adeguate (370-390°C) a favorire la

trasformazione bainitica e produrre le proprietà desiderate.

La ghisa ADI 1050 prevede un trattamento uguale a quello sopra presentato con

diverse temperature:

temperatura austenitizzazione: 870-890°C

35

Page 36: Vite Senza Fine

temperatura austempering: 350-370°C

la ghisa IDI viene prodotta attraverso il trattramento termico di una ghisa

sferoidale non legata colata dopo uno speciale precondizionamento del metallo

base. Il trattamento termico isotermico della ghisa IDI consiste sostanzialmente in:

1) Riscaldamento del getto sopra la temperatura eutettoidica (815-830°C)

2) Raffreddamento con velocità tali da produrre perlite

3) Trasformazione della struttura per un tempo e a una temperatura

adeguata a produrre le proprietà desiderate (380-400°C)

La geometria dei dischi prevede un diametro esterno di 40 mm e 16 mm per

quello interno. Lo spessore del disco è di 10mm (corrisponde alla superficie a

contatto durante le prove). I provini sono stati trattati termicamente e poi lavorati

alle macchine utensili.

36

Page 37: Vite Senza Fine

Risultati

5.1 Analisi microstrutturale Bronzo

L’analisi microstrutturale eseguita con SEM viene presentata in Fig.5.1.1. Si

individua nella figura una regione più scura che è quella in cui è presente il rame e

lo stagno in soluzione, mentre la zona più chiara è quella relativa allo stagno.

Intorno alle placche di stagno si vede una zona di diffusione di quest’ultimo nella

fase rame-stagno. Le zone del materiale più vicine alle placche chiare risultano

quindi più ricche di stagno.

Fig.5.1.1 – Analisi del bronzo al SEM.

Dall’analisi al microscopio ottico si può vedere in modo migliore la microstruttura

e avere un quadro più ampio sulla distribuzione dello stagno. Lo stagno forma un

reticolo molto interconnesso e ben distribuito in tutto il materiale. La prima foto è

stata fatta con un ingrandimento di (100 x), la seconda ha lo stesso ingrandimento

ma è stata fatta a un campione sottoposto a attacco chimico. Le macchie scure

37

Page 38: Vite Senza Fine

sono dovute alll’olio lubrificante che è rimasto intrappolato nel materiale dopo la

prova.

Fig 5.1.2 – Foto al microscopio ottico.

Fig 5.1.3 – Foto al microscopio ottico dopo attacco metallografico.

38

Page 39: Vite Senza Fine

5.2 Prove di usura per rotolamento strisciamento dei

provini in bronzo

In Fig. 5.2.1 viene riportata l’evoluzione della perdita di peso con il numero di cicli

per uno dei 6 provini caricato con una forza di 400 N e quindi una pressione

hertziana di 340MPa. Per i provini caricati con 320 N (pressione di 305 MPa) il

grafico ha lo stesso andamento ma con perdita di peso minore. Tutte le perdite di

peso qui presentate sono normalizzate rispetto allo spessore del provino e

vengono quindi misurate in [g/mm].

0

250000

310000

440000

490000

570000

670000

775000

880000

1030000

1130000

1240000

1430000

1555000

1630000

18300000

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

0.06

0.07

0.08perdita di peso[g/mm]

numero di cicli

Fig 5.2.1 – Perdita di peso in relazione al numero cicli.

Si nota dal grafico il tipico tratto iniziale di rodaggio del provino. Durante questa

fase la pendenza del grafico è alta e ne segue quindi un alto tasso di usura. Il

tratto successivo è caratterizzato da un tasso di usura inferiore. Questo è detto

fase stazionaria. Lo stadio principale del processo tribologico è quest’ultimo ed è a

questo tratto del grafico che vanno riferiti i tassi di usura.

Viene anche presentato il grafico che riporta il tasso di usura (W) insieme al

numero di cicli con i dati a 400 N sovrapposti a quelli a 320 N. Questo tasso è stato

calcolato come descritto nel capitolo 4 utilizzando i dati su tutti e 4 i provini. Come

era logico aspettarsi il tasso di usura cala quando il carico tra i due dischi in

contatto diminuisce di intensità.

39

Page 40: Vite Senza Fine

0 500000 1000000 1500000 2000000 25000000

0.00000002

0.00000004

0.00000006

0.00000008

0.0000001

0.00000012

0.00000014

0.00000016

400 N320 N

W [g/(mm*numero cicli)]

Numero di cicli

Fig. 5.2.2 – Tasso di usura e numero di cicli.

Il tribometro registra istante per istante il coefficiente di attrito che graficato

rispetto al numero di cicli mostra un andamento come in Fig 5.2.3.

Fig 5.2.3 – Coefficiente di attrito durante la prova.

40

Page 41: Vite Senza Fine

Il coefficiente di attrito durante il test è stato osservato variare da valori 0,04-0,06

con punte localizzate che potrebbero indicare l'inizio della nucleazione dei

fenomeni di danno come pitting.

La dispersione dei dati è molto alta come si vede dalla Fig.5.2.4. Viene riportato

anche l’andamento medio della perdita di peso rispetto al numero di cicli. Qui si

ripetono i fenomeni descritti all’inzio del paragrafo nel grafico con il singolo

provino. Nella Fig. 5.2.4 è presentato quello a 400 N e sotto nella Fig.5.2.5 quello a

320 N.

0 500000 1000000 1500000 2000000 25000000

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025

0.03

0.035

0.04

0.045

0.05Perdita di peso [g]

Numero di cicli

Fig.5.2.4 – perdita peso e dispersione dati (400N).

0 500000 1000000 1500000 2000000 25000000

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025

0.03

Numero di cicli

perdita di peso [g]

Fig.5.2.5 – perdita perso e dispesione dei dati (320N).

Anche da questi grafici si nota che la media della perdita di peso è minore per le

prove condotte a 320 N.

41

Page 42: Vite Senza Fine

Durante le prove si è usurato anche il provino in acciaio. La perdita in peso

durante una prova è risultata modesta e approssimativamente pari a metà della

perdita in peso del bronzo. Questo è dovuto al fatto che l’acciaio è più duro

rispetto al bronzo.

5.3 prove di trazione

Le prove di trazione effettuate sui quattro provini mostrano l’andamento come

nella Fig 5.3.1. In Tabella 5.3.1 sono riportati i valori di modulo elastico,

snervamento e allungamento a rottura per i 4 provini.

0 0.005 0.01 0.015 0.020

50

100

150

200

250

300

Deformazione vera

sfo

rzo

ve

ro [M

Pa

]

Fig 5.3.1 – Prove di trazione. Curva nera e rossa a velocità della traversa più basse rispetto a blu e verde.

ProvinoModulo elastico

[Mpa]Snervamento

[MPa] Allungamento totaleBlu 97381 209 0,0078Verde 102499 208 0,0096Rosso 105060 207 0,0174Nero 100421 209 0,0168

Tabella 5.3.1 – Valori di modulo elastico, snervamento e allungamento totale per i 4 provini di trazione.

42

Page 43: Vite Senza Fine

Le prove che arrivano a deformazione a rottura più elevate sono quelle fatte a

velocità della traversa più bassa.

È possibile vedere dal grafico come l’allungamento a rottura e quindi la duttilità

siano molto bassi rispetto ai valori trovati in letteratura per un bronzo simile per

costruzioni di ingranaggi. Il bronzo infatti dovrebbe avere intorno al 20% e nel

caso di questo bronzo sono oltre 10 volte minori.

Il motivo risiede nel fatto che alla fonderia è stato commissionato un bronzo che

possedesse determinate caratteristiche di resistenza senza considerare la duttilità.

Questo può spiegare perchè l’usura per strisciamento e rotolamento risulta così

elevata durante le prove. Il fatto che la deformazione plastica prima di arrivare a

strizione e poi a rottura duttile sia molto bassa nel bronzo in prova, fa si che le

cricche nucleino per piccole deformazioni comportando elevata perdita di

materiale.

5.4 Analisi danneggiamento

5.4.1 Analisi superficiale

Nelle figure è mostrata la superficie analizzata al sem per un provino dopo 1.13 x

106 cicli. Risultano importanti i fenomeni mostrati nelle seguenti immagini:

Pitting:

Fig.5.4.1 – Pitting.

43

Page 44: Vite Senza Fine

Micro pitting:

Fig.5.4.2 – Micropitting.

44

Page 45: Vite Senza Fine

Usura abrasiva:

Fig.5.4.3 – Usura abrasiva.

Come si può vedere dalle micrografie al SEM, pitting, micro pitting e usura

abrasiva sono i fenomeni che causano i maggiori danni. I pits non sono

uniformemente distribuiti e per quanto riguarda le dimensioni si può arrivare a pit

molto grandi, fino a 500 micrometri.

La presenza dell’usura abrasiva è dovuta allo strisciamento mentre il pitting e

micropitting allo stato di compressione ciclico che si verifica nei test.

E’ stato osservato il danneggiamento superficiale anche con microscopio ottico.

Fig.5.4.4 – Pitting.

45

Page 46: Vite Senza Fine

Fig.5.4.5 – Pit e cricche che precedono la formazione di un nuovo pit.

È possibile osservare come vicino a un pit formato siano presenti delle cricche.

Queste precedono la nascita di un ulteriore pit che unendosi al precedente

aumenta l’area usurata per pitting. Nella Fig. 5.4.5 si notano le cricche mentre

nella Fig. 5.4.6 si possono vedere diversi pit collegati tra loro.

Fig.5.4.6 – Evoluzione del pitting come ingrandimento di un pit iniziale.

46

Page 47: Vite Senza Fine

5.4.2 Profili di usura

Con un microscopio ottico si possono vedere i particolari della sezione diametrale

di un anello in bronzo analizzati al termine della prova. Il provino è stato inglobato

in resina e successivamente sezionato per fissare lo stato superficiale. Nelle

Fig.5.3.2.1 si nota la presenza di cricche subsuperficiali e l’evoluzione all’interno

del provino di questa. Il danneggiamento è molto evidente, si possono osservare

fessure propagate sotto pelle anche per più di 1 mm, con numerose ramificazioni

legate alla microstruttura del bronzo.

Fig.5.4.2.1 – Profili di usura.

La propagazione è tipicamente interdendritica come mostrato dalla Fig.5.3.2.2.

Sono evidenziabili anche regioni in cui si ha parziale frantumazione del materiale

in superficie (Fig.5.3.2.3).

47

Page 48: Vite Senza Fine

Fig.5.4.2.2 – Frattura interdendritica.

Fig.5.4.2.3 – Frantumazione del materiale in superficie.

48

Page 49: Vite Senza Fine

5.5 Ghise Adi

Vengono ora presentati i dati relativi alle prove in assenza di lubrificazione sui

provini in ghisa ADI.

Il primo grafico mostra l’andamento della perdita di peso con carico di 500 N per

la ghisa ADI 800. Si nota che uno dei 2 provini mostra l’usura maggiore nonostante

questi abbiano la stessa durezza e composizione.

0 100 200 300 400 500 600 7000

0.002

0.004

0.006

0.008

0.01

0.012

0.014

0.016

provino 1antagonista provino 1provino 2antagonista provino 2

Perdita peso [g]

Distanza strisciata [m]

Fig.5.5.1 – Perdita peso ghisa ADI 800 per 2 coppie di provini.

Si farà quindi ora riferimento al provino che presenta la maggiore usura per

presentare i dati successivi.

Per l’ ADI 800 la perdita di peso media in relazione al numero di cicli mostra un

andamento come in Fig.5.5.2.

49

Page 50: Vite Senza Fine

0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 350000

0.001

0.002

0.003

0.004

0.005

0.006

0.007

0.008

0.009

0.01

Series2

perdita peso [g]

numero di cicli

Fig.5.5.2 – perdita peso per provino 1 ADI 800 a 500N.

L’andamento anomalo della perdita di peso per i campioni (dovrebbe avere una

pendenza maggiore all’inizio della prova e una diminuzione man mano che la

prova avanza) può essere dovuto a un contatto non perfetto all’inizio della prova. I

provini sono probabilmente stati soggetti a un aumento della superficie di

contatto tra i dischi man mano che la prova tribologica avanzava.

Un grafico corretto e ripreso dal riferimento bibliografico [17] mostra l’andamento

che ci si dovrebbe aspettare.

Fig.5.5.3 – Andamento corretto della perdita in peso. [17]

50

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L’andamento anomalo si riscontra anche negli altri provini.

0 100 200 300 400 500 600 7000

0.0005

0.001

0.0015

0.002

0.0025

0.003

0.0035

0.004

0.0045

0.005

Series2Series4provino 2provino antagonista 2

Perdita peso [g]

Distanza strisciata [m]

Fig.5.5.4 - ADI 800 a 100 N

0 100 200 300 400 500 600 7000

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025

0.03

0.035

provino 1antagonista provino 1provino 2antagonista provino 2

Perdita peso [g ]

Distanza strisciata [m]

Fig.5.5.5 - ADI 1000 a 500 N.

51

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0 100 200 300 400 500 600 7000

0.002

0.004

0.006

0.008

0.01

0.012

provino 1antagonista provino 1provino 2antagonista provino 2

Distanza strisciata [m]

Perdita peso [g]

Fig.5.5.6 - ADI 1000 a 100 N.

In questi ultimi grafici si nota che il consumo dei provini è simile per provino e

antagonista.

Infine in Fig. 5.5.8 è riportato l’andamento della perdita di peso delle ghise IDI.

0 100 200 300 400 500 600 7000

0.002

0.004

0.006

0.008

0.01

0.012

0.014

0.016

0.018

0.02

provino 1 (500 N)antagonista provino 1provino 2 (500 N)antagonista provino 2provino 3 (100 N)antagonista provino 3provino 4 (100 N)antagonista provino 4

Perdita peso [g]

Distanza strisciata [m]

Fig.5.5.8 – Perdita peso a diversi carichi per ghise IDI.

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Un altro interessante grafico mostra la media della perdita peso alla fine degli

ottanta minuti di prova per le sei diverse condizioni di prova.

0

0.002

0.004

0.006

0.008

0.01

0.012

0.014

0.016

0.018

0.02

500 N100 N

ADI 800 ADI 1000 IDI

Perdita di peso [g]

Fig.5.5.7 – Perdita peso media alla fine della prova.

Oltre alla minor usura che si registra per un carico minore (grafico rosso) si può

notare la minor usura per la ghisa ADI 800 rispetto alle altre 2. La ghisa ADI 1000 è

quella che presenta invece maggior usura.

Il comportamento a usura per le ghise risulta dalle prove eseguite migliore per le

ghise ADI 800.

53

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CONCLUSIONI

In questo lavoro è stato affrontato uno studio dell’usura del bronzo G-CuSn-12 per

rotolamento-strisciamento in condizioni di lubrificazione. Per questo particolare

caso è stato riscontrato un elevato tasso di usura.

Il motivo dell’elevato tasso di usura è stato individuato grazie alle prove di

trazione che hanno mostrato una bassa duttilità di questo campione di bronzo.

Si rende quindi necessario, per poter ridurre il tasso di usura, prescrivere alla

fonderia un bronzo con valori di allungamento a rottura maggiori oltre alla

prescrizione del valore di snervamento.

Le analisi della microstruttura del bronzo hanno consentito una più facile

individuazione della frattura la cui propagazione è stata riscontrata avvenire in

modo interdentritico.

Le analisi al microscopio SEM invece mostrano quali sono i meccanismi di usura

principali che sono risultati essere: pitting, micropitting e usura abrasiva.

I valori dell’usura per le ghise ADI sono risultati anomali e il problema va

probabilmente imputato alla lavorazione non perfetta delle superfici dei provini la

cui area nominale non coincideva con l’area di contatto reale. Oltre a questo, altre

prove sulle ghise ADI andrebbero eseguite in condizioni di lubrificazione per poter

confrontare i dati relativi ai 2 accoppiamenti tribologici.

Risultano migliori le carratteristiche di resistenza all’usura delle ghise ADI 800.

54

Page 55: Vite Senza Fine

BIBLIOGRAFIA

[1] Hindehede et al.: ‘Machine design fundamentals – a practical approach’ John Wiley & Sons 1983 (pp 363-377).

[2] Robert c. JUVINALL kurt m. marshek (pp 334-355) fondamenti della progettazione dei componenti delle macchine.

[3] Attrito e usura ’’metodologie di progettazione e controllo’’ edizioni tecniche nuove Giovanni straffelini (pp.88-91 e pp.2-5).

[4] TRIBOLOGY HANDOBOOK edited by M.J. Neale Butterworth edition (capitolo E4 Gear failure)

[5] WEAR CONTROL HANDBOOK edited by M.B. Petterson and W.O. Winer

[6] http://www.ing.unitn.it/~colombo/BRONZO/Bronzo%20pomeridiano.htm, Bronzi a base di stagno

[7] Metals handbook vol.1 propertiers and selection of metal, copper alloys p.974

[8]http://www.ims.it/ims/ims_spa/cmscontent.nsf/DocumentsByIDWeb/5RQMFR/$File/42CrMo4_UNI_10083.pdf

[9] Material science and engineering, an introduction, William D. Callister, Jr. John Wiley and sons, inc.

[10] Slide e lezioni del professore Massimo Pellizzari riguardanti le ghise ADI

[11] http://www.anchorbronze.com/gearbronze.htm

[12] Tesi “Usura per rotolamento-strisciamento di ghise nodulari austemperate” di Corrado Giuliari

Materiale non presente nella tesi ma utile per l’argomento trattato:

PRATICAL PLANT FAILURE ANALYSIS Neville W. Sachs (pp 137-142/200)

ENGINEERING TRIBOLOGY G.W. Stachowiata, A.W. batchelor, Elsevier edition

MECHANICAL ENGINEERING DESIGN Shigley and Mischke (pp 71-74/370-373)

MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE Vittore Cossalter edizioni progetto (pp.141)

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Hamrock B.J., Jacobson Bo O. Schmidt SR: ‘Fundamentals of machine elements’ Mc Graw Hill 1999

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