Vita Di S. Ignazio Di Loyola - Ribadeneira Pietro

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    VITA DI S. IGNAZIO DI LOYOLA

    FONDATORE DELLA COMPAGNIA DI GESDESCRITTA

    DAL P. PIETRO RIBADENEIRADella medesima compagnia e tradotta dalla lingua spagnola nella italiana da GIOVANNI

    GIOLITO DE FERRARIROMA, CIVILT CATTOLICA 1863

    ___________________INDICEAl divoto lettore, Giuseppe Boero dellaCompagnia di Ges. Ai carissimi fratelli in Cristo della Compagnia di Ges, Pietro

    Ribadeneira. LIBRO PRIMOCAPO I. Del nascimento e della vita di S. Ignazio primache fosse da Dio chiamato alla conoscenza di lui. CAPO II. Come lo chiam Iddiodalla vanit del secolo al suo conoscimento. CAPO III. Del viaggio ch'egli fece dal

    suo paese alla Madonna di Monte Serrato. CAPO IV. Come si mut l'abito nelMonte Serrato. CAPO V. Della vita che fece in Manresa. CAPO VI. Come Nostro

    Signore lo prov e permise che fosse molestato da scrupoli. CAPO VII. Come passatele tentazioni, Iddio nostro Signore lo consol. CAPO VIII. Del libro degli

    Esercizi Spirituali, che in questo tempo egli compose. CAPO IX. Come Ignaziocadde in mia grave infermit. CAPO X. Del pellegrinaggio che fece in

    Gerusalemme CAPO XI. Come visit i luoghi santi di Gerusalemme. CAPO XII.Come egli se ne ritorn in Ispagna. CAPO XIII. Comincia a studiare fin dai primi

    principii. CAPO XIV. Come fu presa in Alcal e dipoi liberato. CAPO XV.Come fu preso di nuovo in Salamanca e liberato. CAPO XVI. Come se ne and a

    studiare in Parigi. LIBRO SECONDOCAPO I. Dei travaglio che pose negli studi edel frutto che fece in essi. CAPO II. Come per esercitarsi nelle opere di carit fu

    perseguitato. CAPO III. Come nel collegio di S. Barbara in Parigi lo volleropubblicamente battere, e in che modo fu da nostro Signore liberato. CAPO IV. Deicompagni che in Parigi se gli accostarono. CAPO V. Come Ignazio si part di Parigi

    per Ispagna e di Spagna per Italia.CAPO VI. Come fu accusato in Venezia edichiarata dipoi l'innocenza sua. CAPO VII. Come i compagni d'Ignazio, partendosidi Parigi vennero a cercarlo in Italia. CAPO VIII. Come si ripartirono per le Terre

    del dominio Veneziano a travagliare ed esercitare il ministero loro.CAPO IX. ComeIgnazio risan con la sua visita il Padre Maestro Simone Rodrigo gravemente

    ammalato. CAPO X. Come si divisero fra loro per gli Studi d'Italia. CAPO XI.Come Cristo nostro Signore apparve ad Ignazio e donde prese il nome la Compagniadi Ges. CAPO XII. Come Ignazio entr in Roma, e stando nel Monte Casino vide

    salire al cielo l'anima d'uno de' suoi Compagni. CAPO XIII. Come tutti i Padriinsieme uniti in Roma determinarono di fondar la Compagnia. CAPO XIV. D'una

    grave persecuzione che si lev in Roma contro Ignazio ed i suoi Compagni, e del fine

    ch'ella ebbe.CAPO XV. Come Ignazio e i suoi Compagni, parte in Roma e partefuori, si occupavano in servigio della Chiesa. CAPO XVI. Come i Padri Maestro

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    Francesco Saverio, e Maestro Simone Rodrigo si partirono di Roma per l'IndiaOrientale. CAPO XVII Come Papa Paolo Terzo conferm la Compagnia.LIBROTERZOCAPO I. Come Ignazio fu eletto per Preposito Generale. CAPO II. Come

    Ignazio incominci a governare la Compagnia. CAPO III. Come Francesco Saverio

    pass nell'India, e Simone Rodrigo rest in Portogallo. CAPO IV. Come i PadriMaestro Salmerone e Maestro Pascasio furono mandati per Nunzi di Sua Santit inIrlanda.CAPO V. Come furono fondati i Collegi di Coimbra e di Goa, e la Casa di

    Roma.CAPO VI. Come si fond il Collegio di Padova, ed i nostri entrarono inFiandra.CAPO VII. Come il Papa di nuovo conferm la Compagnia, e le diede

    facolt di poter ricevere tutti quelli che vi volessero entrare.CAPO VIII. Del Collegiodi Alcal.CAPO IX. Delle opere pie che Ignazio fece fondare in Roma.CAPO X.

    Come si fondarono nuovi Collegi in diverse parti. CAPO XI. Della morte del P. Pietro

    Fabro. CAPO XII. Delle persecuzioni che si elevarono in Roma contro Ignazio, per lebuone opere che ivi fece. CAPO XIII. Come Ignazio liber la Compagnia dall'aver

    cura di Donne, che fossero sotto la sua ubbidienza. CAPO XIV. Come Ignazioprocur con tutte le forze sue, che non fosse Vescovo Claudio Iaio, n si desserodignit ecclesiastiche a quelli della Compagnia.CAPO XV. Della fondazione di

    diversi Collegi.CAPO XVI. Dell'onorevole testimonio, che della Compagnia diederoil Generale dell'Ordine de' Predicatori e due altri Ordini Religiosi. CAPO XVII.

    Come i Padri della Compagnia entrarono in diverse parti dell'Africa. CAPO XVIII.

    Come i Padri della Compagnia entrarono in Sicilia. CAPO XIX. Come i Padri dellaCompagnia passarono al Brasile; e Antonio Criminale fu per amor di Cristo

    martirizzato. CAPO XX. Come Papa Giulio III conferm di nuovo la Compagnia, edell'Instituto e maniera di governo che Ignazio lasci ad essa. LIBRO

    QUARTOCAPO I. Come Ignazio volle rinunziare il Generalato, ma dai Compagninon fu consentito.CAPO II. Delle Constituzioni, che Ignazio scrisse. CAPO III.

    Dell'instituzione e principio del Collegio Romano. CAPO IV. Di alcuni Collegiche si fondarono in Ispagna, e della contradizione ch'ebbe la Compagnia

    dall'Arcivescovo di Toledo. CAPO V. Come Ignazio fece Provinciale dItalia il P.Lainez, e come Claudio Iaio mor in Vienna.CAPO VI. Del principio e delle cagioni

    della fondazione del Collegio germanico. CAPO VII. Della morte del Padre S.Francesco Saverio. CAPO VIII. Come i Padri della Compagnia andarono all'Isola di

    Corsica. CAPO IX. Come si fece inquisizione contro gli Esercizi spirituali: e sifondarono alcuni Collegi: ed in Ispagna si divisero le Province.CAPO X. Come si

    fondarono altri Collegi della Compagnia. CAPO XI. Del decreto che fece in Parigi ilCollegio di Sorbona contro la Compagnia. CAPO XII. Come i Fratelli Pietro Correa

    e Giovanni di Sosa furono nel Brasile martirizzati. CAPO XIII. Come il P. GiovanniNugnez fu eletto Patriarca di Etiopia.CAPO XIV. Come in una sedizione, che si lev

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    in Saragozza contra i nostri, uscirono della citt, e come furono richiamati in essa.CAPO XV. Come la Compagnia fu ricevuta negli Stati di Fiandra, e si accrebbe convari Collegi che si fecero in molte parti.CAPO XVI. Come Ignazio pass di questapresente vitaCAPO XVII. Di quello che molte persone gravi dentro e fuori della

    Compagnia sentirono del Padre Ignazio, ed in quale opinione fosse tenuto. CAPOXVIII. Della statura e disposizione del corpo d'Ignazio. LIBRO QUINTOCAPO I.

    Del dono dell'orazione, e della familiarit che ebbe Ignazio con Dio.CAPO II. Dellacarit d'Ignazio verso i prossimi. CAPO III. Dell'umilt d'Ignazio. CAPO IV. Diquello, ch'egli sentisse della virt dell'ubbidienza. CAPO V. Della mortificazione

    delle proprie passioni. CAPO VI. Della modestia e dell'efficacia e forza delle parolesue.CAPO VII. Come seppe unire insieme la piacevolezza con la severitCAPO VIII.Della compassione e misericordia che aveva altrui. CAPO IX. Della fortezza e

    grandezza d'animo d'Ignazio. CAPO X. Della prudenza e discrezione sua nelle cosespirituali. CAPO XI. Della sua Prudenza nelle altre cose. CAPO XII. Della vigilanzae sollecitudine sua. CAPO XIII. Come Ignazio fu illustrato da Dio con doni e

    grazie soprannaturali.CAPO XIV. Dei numerosi miracoli che Dio oper perl'intercessione d'Ignazio; e della sua beatificazione e

    canonizzazione.___________________

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    Al divoto lettoreGIUSEPPE BOEROdella compagnia di GesEra gi desiderio dimolti il vedere ristampata in Italia la Vita del Patriarca S. Ignazio, composta conischietto e semplice: stile dal P. Pietro Ribadeneira, e trasportata dalla castigliananella nostra volgare favella da Giovan Giolito de' Ferrari, tipografo esperto, ed

    accurato e scrittore del pari colto ed erudito. Due sole edizioni furono fatte di questatraduzione, per quanto io sappia: amendue in Venezia dai Gioliti; l'una in quarto nel1586, laltra in ottavo nel 1587, divenute ai d nostri assai rare per la scarsezza degliesemplari, e forse anco men cerche dai lettori per la difficolt del carattere in corsivoe dell'ortografia secondo l'uso antico. Or questa nuova ristampa, oltre al pregiomateriale ed intrinseco, che ne render pi facile e grata la lettura, avr pure ilvantaggio sopra le altre edizioni di non poche aggiunte ed ammende, sia nel testo, sianelle note, di cui mi conviene innanzi tratto rendere ragione. dunque a sapere, che ilRibadeneira scrisse e pubblic tre Vite diverse di S. Ignazio, la prima in latino,distribuita in cinque libri, e stampata in Napoli nel 1072. La seconda in linguacastigliana, stampata in Madrid nel 1583, e dedicata al Cardinale Gaspare QuirogaArcivescovo di Toledo. Piacemi qui di riferire la prefazione premessavi dall'Autore,

    perch si conosca, non essere questa una semplice traduzione della latina, ma quasiuna nuova Vita corretta ed accresciuta di molto. Non sono molti anni, dice egli, cheio scrissi e pubblicai in latino questo libro della Vita del nostro Padre Ignazio; ed ilcomposi in quella lingua che comune: perch l'indirizzai a tutta la Compagnianostra, che distesa e propagata quasi per tutte le nazioni del mondo. Ora io l'hotradotto, e vi ho aggiunte molte cose nella lingua castigliana, acciocch i nostri iFratelli laici, che si ritrovano qui in Ispagna, ed altre persone devote e desiderose di

    saper i principii della nostra Religione, che non intendono la lingua latina, possanogodere e cavare qualche frutto da questa lezione nella propria lingua loro. E in ci ionon ho fatto come i traduttori ed interpreti, che seguono in tutto le parole e lesentenze altrui: ma come autore che dice e racconta le sue proprie. E cosattenendomi alla verit; che esposi avanti, n iscostandomi da essa, non ho riguardatotanto allo clausole ed ai concetti, coi quali vien esposta nel latino, sebbene ho avutogran . cura in procurare che il libro sia il medesimo nell'una e nellaltra lingua; dimaniera che rimirando in amendue la propriet di ciascuna di esse, in ognunal'accorto lettore cavi in pienezza e brevit del racconto, e l'essenza delle medesime

    cose che si scrivono. Alcune cose ho aggiunte e dichiarate in questo libro, che nonsono nel primo; o almeno non cos esplicate come nel latino era di mestieri. Dellecose aggiunte alcune ve sono, che quando il composi la prima volta non le sapeva; edaltre, che sebbene erano pervenute a mia notizia, nondimeno non le aveva cosverificate e sicure che volessi pormi a scriverle, se non venuto in cognizione finodalla radice. Medesimamente col desiderio di non essere lungo, ho tralasciato a bellostudio alcune altre, che mi parevano simili alle gi raccontate, dalle quali si potevanofacilmente conghietturare anco quelle. Ma con tutto ci m' parso benel'aggiungervene altre, e specialmente quelle, le quali, sebbene sono della medesima

    sorte che le gi raccontate, nondimeno hanno qualche istruzione ed ammaestramentoparticolare; assai buono per l'esempio e per la dottrina nostra. E come nel libro latinoprocurando io alcune volte di esser brieve, accennai pi tosto le cose, che non

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    dichiarassi; cos queste stesse ho voluto ora esplicar pi a lungo, per soddisfare aldesiderio di molti; e perch scrivendosi pi minutamente, meglio s'intendano e sianodi maggior frutto ed utilit ai Fratelli della Compagnia, per i quali ci specialmente siscrive. E oltre di questo, perch alcune cose nella lingua latina si possono dire con

    maggior brevit, che nella castigliana; s perch la lingua latina il comporta, s ancoperch quelli che leggono il latino idioma, comunemente sono pi esercitati, ecapiscono meglio in poche parole quel che si dice. Ed io ho voluto dir questo,acciocch alcuno non si maravigli se rincontrando il libro latino e lo spagnuoloinsieme, trovasse alcuna cosa di pi o di meno, ovvero vedesse che qui raccontiamocerte cose nostre proprie e minute, le quali si scrivono per utilit dei nostri Fratelli.Fin qui egli. Finalmente poco prima della sua morte compose il Ribadeneira una terzaVita, nella quale si propose di contare in compendio i soli fatti d'Ignazio, e stendersi

    pi largamente in sul fine a far memoria dei doni e delle grazie sopra lordine dellanatura, e dei numerosi miracoli con cui Dio si compiacque di esaltare qui in terra ilfedelissimo suo servo s nel tempo della sua vita, come dopo la preziosa sua morte.La qual Vita fu poi trasportata in latino dal P. Gaspare Quartemont, e stampata inAugusta nel 1616, con a fronte l'interpretazione greca del P. Giorgio Mayr.Oraconfrontando, insieme queste tre Vite, e varie edizioni delle medesime, uscite allaluce in diversi tempi, si creduto bene di inserire nel testo le correzioni e le aggiunte,che l'autore di mano in mano ito facendo; e cos secondare l'intendimento, suo, chefu di dare una compiuta narrazione di quello, che a suo tempo si riseppe dei fatti edelle virt, d'Ignazio. A schiarire poi alcuni tratti dell'istoria alquanto oscuri econtroversi, e a confermarli maggiormente con altre testimonianze, si sono aggiunte a

    pi di pagina alcune osservazioni e annotazioni e memorie antiche e originali, chesperiamo dover riuscire assai gradite ai lettori.Molto vi sarebbe che dire intorno al

    pregio, in che si dee avere questa Vita rispetto all'autorit e al merito singolare delloscrittore. Egli fu per pi anni discepolo e famigliare d'Ignazio; intese da lui medesimomolte cose intime e segrete, e, come dice nella prefazione, che riferiremo qui,appresso, not studiosamente ogni azione e parola, ogni movimento; e finalmente, ciche pi monta, fu anch'egli uomo di grande integrit, spertissimo nelle cose di Dio edell'anima, maestro di virt e di perfezione, come lo dimostrano i fatti egregi dellasua vita, e la candidezza e semplicit de' suoi scritti, pieni di celeste dottrina e lodati a

    cielo da uomini dotti e santi. Per non andare in ci pi a lungo, baster riportare ladeposizione giurata, che leggesi nel processo di Madrid. Interrogato il P. Ribadeneira,se le cose contenute nel libro scritto da lui della vita e dei costumi d'Ignazio fosserovere, e per quali ragioni egli s'induceva a crederle vere? Rispose e disse: che neldetto libro della vita del P. Ignazio, scritto da lui, non v'era cosa alcuna di falso:almeno non si ricordava di avere scritto nulla scientemente che fosse falso: anzi credeed ha per certo, che tutto ci che in esso ha raccontato, moralmente parlando, vero:

    perch egli ha usato gran diligenza e cura per esporre la nuda verit, e per narrare ciche aveva veduto e udito dal medesimo P. Ignazio e da altri uomini gravi. In secondo

    luogo crede essere vera l'istoria, perch prima che si desse alle stampe, per ordine delP. Francesco Borgia, Preposito Generale, fu riveduta ed esaminata da uominiautorevolissimi della Compagnia, alcuni dei quali erano stati molto famigliari del P.

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    Ignazio. Terzo, perch essendo stato pubblicato il libro, mentre vivevano ancora moltidei Padri pi antichi o famigliari del P. Ignazio, come pure tre dei dieci compagni,non venuto a notizia di questo testimonio, che niuno di essi abbia notato alcunafalsit contenuta nel detto libro. Quarto, perch stampatosi in Napoli in lingua latina

    il libro, e letto pubblicamente in Roma, mentre nell'anno 1573 erano adunati i Padriper la Congregazione Generale, il P. Everardo Mercuriano, che fu eletto Preposito,ordin al P. Giacomo Ximenes, che ancora vive e che fu Procuratore generale eSegretario della Compagnia, che interrogasse ad uno ad uno tutti i Padri dellaCongregazione per sapere che cosa giudicassero di quel libro, e se avessero notatocosa, che richiedesse ammenda: e ci per soddisfare al desiderio dell'autore, cheaveva fatto istanza al P. Generale di far esaminare il libro da quegli uomini gravi,affinch potesse darsi per interamente corretto. Avendo pertanto il P. Ximenes messoin esecuzione l'ordine del P. Generale, non vi fu pur uno dei Padri congregati chedubitasse della verit dell'istoria, n movesse alcuna difficolt di momento; come si

    pu vedere dalla carta medesima, che il P. Ximenes per questo adoper, e che ora nelle mani di questo testimonio. Ed a notarsi, che tra quei Padri, congregati eranomolti, che lungo tempo e molto famigliarmente avevano trattato col P. Ignazio; comesono il P. Salmerone e il P. Nicol Bobadiglia, stati tra i primi dieci compagni; e il P.Girolamo Domenech, e il P. Giovanni di Polanco, che era stato Segretario e per noveanni quasi mano e piede d'Ignazio; e Girolamo Natale, ch'era stato Commessario eVicario generale; e il Dottore Cristoforo di Madrid, ch'era stato Assistente; sotto il P.Laynez; e finalmente il P. Everardo Mercuriano: i quali, tutti ora sono gi morti. Tragli altri, vivono ancora il P. Benedetto Palmio, e il P. Olivier Manareo, uomini assai

    gravi e conosciuti (Ex Process. Matriten.). Fin qui la deposizione del Ribadeneira,trasportata fedelmente nel nostro volgare.E a maggior prova di ci chegli dice,aggiunger qui in fine, che avendo io dovuto per questa e per altre occasioni vedere i

    processi della canonizzazione dIgnazio, gli scritti del P. Luigi Gonzalez, e molte altrescritture autentiche di quel tempo, posso con tutta verit affermare, che i due pifedeli ed esatti scrittori delle cose d'Ignazio sono il Ribadeneira, e il Bartoli, i qualinon si sono contentati, come avviene, di stare alla fede altrui, ma han voluto essimedesimi con somma diligenza e accuratezza leggere ed esaminare tutti i documentiantichi ed originali. Il che pure sia detto a correzione di non pochi, che lasciandosi

    guidare dal loro storto giudizio o aderendo ciecamente alle insinuazioni di sospettiautori, sentono e parlano tutto altrimenti, specialmente del Bartoli. Converrebbe cheessi vedessero, com'io ho veduto, i grandi spogli che questo infaticabile uomo hafatto di grandi fasci di lettere e di scritture e di libri, appuntando minutamente ognicosa nei suoi repertorii, per quindi essere fedele ed esatto nello stendere con tuttaverit le sue istorie. Ma di questo, come di altro tempo, cos di altro luogo ilragionare pi a lungo: e sia detto abbastanza intorno al fine che si avuto di mira, e almodo che si usato per imprendere e condurre questa nuova edizione della Vita di S.Ignazio. _________________

    AI CARISSIMI FRATELLI IN CRISTO DELLA COMPAGNIA DI GES: PIETRORIBADENEIRA______________Incomincio, Fratelli in Cristo dilettissimi, col favordivino a scrivere la Vita d'Ignazio Loiola, Padre nostro di gloriosa memoria, e

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    Fondatore di questa minima Compagnia di Ges. Ben mi avveggo quanto difficileimpresa sia quella ch'io prendo; e quanto avr che fare per non rendere oscuro con le

    parole mie lo splendore delle eroiche e chiare virt, e per agguagliare col basso miostile la grandezza delle cose, che si hanno a scrivere. Ma per portare con le mie deboli

    spalle questo carico pesante, ho molti alleviamenti e consolazioni. La prima l'averpresa io questa impresa, non di mio senno, ma per volont di chi mi pu comandare, ea cui tengo obbligo di ubbidire e rispettare in tutte le cose. Questi l M. R. P.Francesco Borgia, nostro Preposito Generale; che mi ha imposto ch'io scriva quello,che ho in pensiero qui di scrivere; la cui voce per me voce di Dio, e i suoicomandamenti, comandamenti di Dio, nel cui luogo il tengo; e come tale debboriguardare e con religioso rispetto riverire ed ubbidire. Oltre di ci, perch confidonella misericordia di quel Signore, che meraviglioso nei Santi suoi ed fonte edautore di ogni santit; e spero che gli sar accetto e gradito questo mio piccioloservigio, e che da esso ne seguir a Dio nostro Signore alcuna lode e gloria.Perciocch egli veramente il Fondatore e quello che stabilisce tutte le santeReligioni, che nella Chiesa sua si sono fondate. Egli quello, che mi insegn essere ilcammino della beatitudine stretto e la porta angusta. Ed acciocch non ci perdessimod'animo e fossimo spaventati dal travaglio del cammino e dalle difficolt, che inquesto ci si offeriscono, egli stesso che la porta e la via, per la quale abbiamo noialtri da entrare e da camminare, volle essere parimente nostra guida e spianarci efacilitarci con la sua vita e col suo esempio questo cammino, il quale agli occhideboli ed infermi della carne nostra pare cos aspro e cos difficile. Quindi chemirando lui e seguendo le pedate sue, non possiamo errare, n inciampare, n

    abbiamo di che temere: anzi tutto il viaggio ci riuscir diritto, piano, sicuro e ripienod'infinite ricreazioni e di godimenti divini. Questo Signore quello che conmeravigliosa e paterna providenza quasi in tutti i secoli e in tutte le et ha inviato almondo uomini perfettissimi, come lucerne e lumiere celesti, acciocch accesidell'amor suo e desiderosi d'imitarlo e d'acquistare la perfezione della vita cristiana,che nel vangelo si rappresenta, attizzassero e risvegliassero il fuoco, che lo stessoSignore venne ad attaccare nel mondo, e con i loro vivi esempi ed infiammate parole,il mantenessero vivo, n il lasciassero estinguere ed ammorzare giammai. Tuttoquello adempie, che diremo del p. Ignazio, scatur come rivo dalla fonte

    abbondantissima di Dio: e poich egli il principio di cos sovrano bene, deve essereanco il fine: e per se gli deve sacrificio di lode, per quello ch'egli oper in questosuo servo e negli altri. Perciocch cos grande la sua bont, e infinita la suamisericordia con gli uomini, che i suoi propri doni, e benefici che loro fa, li riceve perservigi e vuole che siano meriti degli uomini stessi. Il che riconosciuto e confessatodai Santi; e per segno di questa ricognizione, si cavano le corone dalle proprie teste,che il guiderdone ed il premio dei meriti loro, e con profondissimo sentimento dellaloro bassezza e con umile e riverente rendimento di grazie prostrati e gittati a terra, le

    pongono avanti, il trono della divina Maest. Vi ha anco unaltra ragione, che rende il

    mio travaglio pi leggiero; ed il desiderio grande, che intendo avere molti, oltre tuttivoi altri, Fratelli miei molto amati, di udire, di leggere e di saper queste cose; il qualedesiderio essendo cos giusto e cos pio, vorrei io per la parte mia, se fosse possibile,

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    soddisfare ed appagare; o almeno temperare la sete di quelli che l'hanno cos ardente,per essere molto ragionevole. Perciocch qual uomo cristiano e prudente vi ha, chevedendo in questi tempi miserabili un'opera cos segnalata, come questa della manodi Dio, ed una nuova Religione piantata nella Chiesa ai giorni nostri e stesa in cos

    breve tempo ed ampliata quasi per tutte le province terre che riscalda il sole, nondesideri sapere come ci si sia fatto; chi la fond, quali pincipii ebbe, come crebbe ilsuo corso, come si estese e qual frutto da essa n' seguito? Un'altra ragione vi pidomestica e propria nostra, che dimitare e di seguire quello, che noi teniamo pernostro Capitano. Imperocch come quelli, che discendono da lignaggio illustre e dageneroso e chiaro sangue, procurano di sapere le azioni ed i gloriosi esempi dei loroantepassati e di quelli che fondarono e nobilitarono le loro case e famiglie; acciocchli abbiano per esemplari in far quello ch'essi operarono; cos noi avendo dalla manodi Dio Nostro Signore ricevuto il nostro P. Ignazio per guida, per maestro e per duce ecapitano di questa sacrata milizia, dobbiamo prenderlo per ispecchio della vita nostra,e procurare con tutte le nostre forze di seguitarlo; di sorte, che se per nostra debolezzanon potremo cos al vivo cos propriamente ricavarne il ritratto delle sue molte edeccellenti virt, almeno imitiamo l'ombra ed i vestigi di esse. E per questo sar peravventura utile il mio travaglio e sar anco gustevole e gradito; poich il desideriod'imitare, fa che sia di gran contento l'udire raccontare quello, che d'imitare si brama;e che si prenda cos gusto in saperlo, come profitto nel porlo in esecuzione. Ma chedirete di un'altra ragione, la quale bench sia posta da ma nell'ultimo luogo, non

    per ultima nella mia intenzione? Questa un pio e debito ringraziamento ed unasaporita memoria e dolce rimembranza di quell'uomo beato e Padre mio, che mi

    gener in Cristo, che mi allev e sostent, per le cui pietose lacrime ed acceseorazioni confesso d'essere quel poco ch'io sono. Procurer dunque di rinnovare lamemoria della sua vita cos esemplare; e la descriver, se non come merita, almeno dital maniera, che n l'oblivione la sotterri, n la negligenza la oscuri n si perda permancanza di chi la scriva. E con questo poco, sebbene non posso pagare quel moltoche debbo a uomo cos, chiaro, almeno gli dar quel poco ch'io posso. E cos sarquesta mia fatica accetta a Dio Nostro Signore, come confido nella misericordia sua,

    ben dovuta al nostro P. Ignazio, a voi, Fratelli miei, profittevole ed agli altri, se nonm'inganno, non dispiacevole. E quantunque per la mia poca sanit sembri dovermi

    riuscire grave questo lavoro, nondimeno spero che mi si alleggerir di molto col solopensiero d'averlo impreso per cos buon fine.E perch la prima regola dell'istoria ,che si guardi in essa alla verit: prima di tutto protesto, che io qui non dir coseincerte e dubiose, anzi sapute molto bene e verificate. Racconter quello chiomedesimo ho udito, veduto e toccato con le mie proprie mani del P. Ignazio, appressoil quale fino dalla mia prima fanciullezza e tenera et allevato mi sono; poich ilPadre delle misericordie fu servito di farmi conoscere e conversare con questosantuomo fin dall'anno 1540, prima che io avesse finiti quattordici anni; e prima chela Compagnia fosse dal Papa confermata. E fu tale la famigliarit, che dentro e fuori

    di casa, nella citt e fuori di essa io non mi scostava mai dal fianco di luiaccompagnandolo sempre, scrivendo e servendolo in tutto quello che occorreva,notando i suoi passi, i detti e fatti con profitto dell'anima mia e con particolare

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    ammirazione: la quale ogni giorno tanto pi cresceva, quanto pi egli andavascoprendo quel molto che gli stava serrato nel petto; ed io con l'et andava aprendogli occhi, per veder quello, che per mancanza di essa prima non aveva veduto. Perquesta dunque cos intima conversazione e familiarit ch'io ebbi col nostro Padre,

    potei vedere e notare non solamente le cose esteriori e palesi che erano esposte agliocchi di molti; ma ancora alcune delle secrete, che a pochi si scoprivano emanifestavano.Dir anca quello che il medesimo Padre disse di se stesso ai preghi ditutta la Compagnia. Perch avendolo essi: molte volte addimandato e pregato indiversi tempi ed occasioni con grande e straordinaria istanza, che per esempio nostroe per nostra utilit ne facesse partecipi di quelle cose, che gli erano accorse nei

    principii suoi e dei suoi travagli e persecuzioni, che furono molte, e delle grazie efavori che ricevuto aveva dalla mano di Dio; non si pot mai ci ottenere, se nonl'anno avanti che morisse. Sopra di che avendo prima fatto lunga orazione, sidetermin di farlo : il che egli faceva immediatamente dopo la sua orazione; e dopodi avere sopra di ci molto bene considerato; raccontando al P. Luigi Gonzalez deCamera con molta maturit, e con sembiante celeste quello che se gli offeriva; ed ildetto Padre dopo di averlo udito, il tutto scriveva quasi con le medesime parole, conle quali ascoltato l'aveva; e tutto questo ho io appresso di me, come allora si scrisse.Ed io medesimo scriver quello che ho saputo per bocca e per iscrittura del nostro P.Lainez il quale fu quasi il primo de' Compagni che ebbe il P. Ignazio, ed era ilfigliuolo pi diletto da lui; e per questa cagione e per essere stato egli ne' principiiquello che pi l'accompagn venne a conversare pi seco ed a sapere pi cose da lui,le quali, come mio Padre svisceratissimo, molte fiate mi raccont prima che

    succedesse nel carico del P. Ignazio, ed anco dopo ch'ei fu fatto Preposito Generale. Ecos ordinava Nostro Signore, come io credo, ch sapendole io, le potessi poiscrivere.Da questi originali dunque s' cavata ed ordinata quasi tutta questa istoria:

    perch non ho voluto por qui altre cose che si sarebbero potute dire con pocofondamento e senza grave ed autorevole testimonio: parendomi che sebbenequalunque bugia brutta ed indegna di uomo cristiano, molto pi sarebbe poi quellache si andasse componendo e fingendo da chi riferisce e descrive le Vite de' Santi,come se Iddio avesse di essa necessit o non fosse cosa contraria e lontana dalla pietcristiana voler onorare e glorificare il Signore, che somma ed eterna verit, con

    false menzogne e con finti miracoli. E questa verit quella, che mi fa entrare incotal pelago con maggiore speranza di buon successo e di prospera navigazione.Perciocch non abbiamo da trattare della vita e santit di un uomo, che molti secoligi sia stato; nella cui istoria per la sua antichit potessimo aggiungere, trre e fingerequello che ne paresse: ma scriviamo la vita di un uomo, che fu ai giorni nostri e checonobbero e con cui trattarono domesticamente molti, che anco oggid vivono:acciocch quelli che non lo videro, n lo conobbero, intendano, che quello, che qui sidir, sar comprovato col testimonio di quelli che son vivi e presenti e chefamiliarmente comunicarono e conversarono seco. Ora dir quello che pretendo in

    questa istoria. Io nel principio proposi di scrivere precisamente la Vita del P. Ignazio,e manifestare ed iscoprire al mondo l'eccellenti virt, ch'egli tenne secrete e nascosecol velo dellumilt sua; ma mi parve di poi ampliar questo mio proposito ed

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    abbracciare di pi alcune cose. Peroch intesi che v'erano molte persone virtuose edevote della Compagnia nostra, che avevano desiderio di saper l'origine, il progressoe il corso di quella: e per contentarle ho voluto io toccare qui e con brevit dichiarare,come questo lavoratore ed operaio fedele del Signore semin questa picciola semenza

    per tutto il mondo; e come da un granello di senapa crebbe un albero cos grande, icui rami si estendono dall'Oriente al Ponente e dal Settentrione fino al Mezzogiorno;e cos raccontare altri avvenimenti che succederono, mentre ch'ei visse, degni dimemoria. Fra i quali vi saranno molte delle segnalate imprese, che si sonoincominciate e finite essendo capitano Ignazio; ed alcuni degl'incontri e delle

    persecuzioni, che con prudenza e col valore di lui si sono evitate ed alle quali s' fattaresistenza; ed altre cose ancora, che, essendo egli Preposito Generale, si ordinarono estabilirono. E per questi rispetti pare che siano cos annesse ed incatenate con la suavita, che appena si possono da essa separatamente narrare. Ma non perci mi pongoin obbligo di descrivere il tutto, senza tralasciare cosa che da raccontare, sia, poichnon questa lintenzione mia; ma di fare scelta solo d'alcune cose ed inserirle in essa,che mi paiono pi notabili e pi a proposito: e cos dare a conoscere il corso dellaCompagnia, il quale se ora che fresca la memoria di lei non si scrivesse, col tempo

    per avventura si porrebbe in oblivione.Parler in particolare di alcuni dei Padri, chefurono figliuoli d'Ignazio e suoi primi compagni e che morirono, egli ancorasopravvivendo: e parimente di alcuni altri, che meritarono dal Signore di spargere ilsangue per la sua Fede santa: de' primi, perch furono nostri padri e ne generarono inCristo: de' secondi, perch furono cos fortunati, che la morte, che dovevano allanatura, l'offrirono al Signore e la diedero per confermazione della sua verit. Dei vivi

    diremo poco: dei morti un poco pi, conforme a quello che ne ammonisce il Savio,che non dobbiamo lodare alcuno avanti la sua morte, dandoci ad intendere" come,dice S. Ambrogio, che li lodiamo dopo che avranno finiti i loro giorni e che liinnalziamo dopo il loro fine. Resta ora, Fratelli miei, che supplichiamo umilmente ecaldamente Nostro Signore, che favorisca questo buon desiderio, poich suo, e cheaccetti questi cinque Libri, che come cinque piccioli talenti io offerisco alla Maestsua, e che con la sua solita clemenza li riceva e cavi da essi lode e gloria per s e

    profitto ed edificazione per la sua santa Chiesa. Oltre di questo vi pregoaffettuosamente, Fratelli carissimi, per quello sviscerato amore che Iddio ha piantato

    ne' nostri cuori, col quale tutti noi vicendevolmente ci amiamo l'un l'altro, che con levostre ferventi orazioni mi otteniate spirito dal Signore per imitare veracemente lavita e la santit del P. Ignazio. La cui costanza nell'umiliarsi, l'asprezza nel castigarsi,la fortezza ne' pericoli, la quiete e sicurezza nel mezzo di tutte le onde e tempeste delmondo, la temperanza e modestia nelle prosperit ed in tutte le cose cos allegre,come triste, la pace e il godimento, che nello Spirito Santo aveva l'anima sua,dobbiamo sempre noi tenere avanti ed affissare gli occhi in quel terso e lucidospecchio di eroiche e singolari virt che laccompagnavano ed abbellivano: acciocchla vita di lui ci sia come un esemplare e come una vera e perfettissima norma del

    nostro Istituto e della nostra vocazione, alla quale ne chiam il Signore per suainfinita bont col mezzo di questo glorioso Capitano e Padre nostro. E seguitandolonoi altri per questi sentieri, come veri figliuoli suoi, non potremo andare errando, n

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    resteremo d'acquistare quello, ch'egli per s stesso e per i suoi veri figliuoli acquist.DELLA VITADI S. IGNAZIO DI LOIOLAFONDATOREDELLA

    COMPAGNIA DI GES_________________LIBRO PRIMOCAPO PRIMODelnascimento e della vita di S. Ignazio prima che fosse da Dio chiamato alla

    conoscenza di lui. Nacque Ignazio, primo Padre e Fondatore della Compagnia diGes, in quella parte della Spagna che vien della Biscaia, l'anno 1491, sotto ilPontificato d'Innocenzo Ottavo, essendo retto l'Imperio da Federico Terzo, eregnando in Ispagna i cattolici regi D. Ferdinando o D. Isabella di chiara o gloriosamemoria. Fu il padre di lui dello Beltramo, capo dell'illustre e antica famiglia de'Loiola, e la madre si chiam Marina Saenz, matrona uguale in nobilt e virt almarito. Ebbero questi signori tredici figli, cinque femmine e otto maschi, il minor de'quali a guisa d'un altro David, fu il nostro Ignazio, che da felice, o beato parto venneal mondo per il bene e per la salute di molti 1. Il quale avendo passato i primi annidella fanciullezza, fu dai suoi genitori mandato alla corte de' Re cattolici. Quivicominciandosi gi a risentire in lui i bollenti fervori della giovent, mossodall'esempio dei suoi fratelli ch'erano valorosi cavalieri, ed essendo, egli ancora pernatura coraggioso e ardito, in tutti gli esercizi delle armi volentieri s'occupava

    procurando d'avanzarsi sopra tutti gli altri suoi uguali per fare acquisto d'onoratagloria nell'arte militare. L'anno adunque 1521 essendo i Francesi all'assedio delcastello di Pamplona, capo del regno di Navarra, il quale ogni giorno vie pi da'nemici era ristretto, i capitani che si trovavano dentro, gi privi d'ogni speranza disoccorso, trattarono d'arrendersi; e l'avrebbono senza dimora mandato ad effetto, seIgnazio non si fosse loro opposto; il quale pot tanto con le parole sue, che li anim e

    rincor di maniera, che mutando proposito, si risolvettero di voler resistere alle forzefrancesi sino alla morte. Ma gl'inimici non rallentando punto l'assedio econtinuamente con cannoni rinforzati battendo il castello, avvenne, che la palla d'un

    pezzo diede in quella parte del muro, ove Ignazio valorosamente combatteva; ondeper tal percossa se gli scavezz la gamba destra in modo, che l'osso quasi se glisminuzz, e una pietra che per la forza della palla era rimbalzala dalla stessamuraglia, gli fer anco malamente la sinistra 2. Onde gettato in questa maniera in terraIgnazio, gli altri soldati che erano dal valor di lui ingagliarditi, subito si perderonod'animo; sconfidati di pi potersi difendere si resero ai Francesi: i quali avendo

    notizia d'Ignazio, vedendolo giunto a cos mal partito, mossi di lui a compassione, loportarono ai loro padiglioni; e ivi con molta diligenza lo fecero curare; e dopo,sentendosi alquanto meglio, lo fecero in una lettiga condurre su le spalle con moltacortesia e liberalit a casa sua. Dove cominciando a peggiorar le ferite; e quella dellagamba diritta vie pi dellaltra, nuovi medici e chirurghi furono alla cura chiamati, iquali erano di parere, che le ossa della gamba si avessero di nuovo a rassettare, lequali, o per negligenza, de' primi chirurghi, o pur per lo moto ed agitazione delviaggio, si trovavano fuori della giuntura e luogo loro; quindi era necessariodirizzarle ed accomodarle in maniera che si consolidassero: il che tutto si fece, con

    grandissimi tormenti per e dolori dell'infermo, il quale e questo ed ogni altra cosaappresso sopport con animo cos forte e con cos ardito sembiante, che ad ognunoarrecava meraviglia; poich n si mut di colore, n alz grido, n diede sospiro, n

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    fece minimo cenno, e pur form parola, con che dimostrasse fiacchezza o timidit.Cresceva nondimeno con tutto ci ogni giorno vie maggiormente il male, e tanto gisi avanzava, che poca speranza si aveva oramai della vita di lui. Onde avvertito da'suoi del pericolo in cui si trovava, confessossi intieramente di tutti i suoi peccati la

    vigilia de' gloriosi Apostoli Pietro e Paolo, armandosi come vero cavaliere di Cristodelle armi de' santissimi Sacramenti lasciatici dal Redentore per rimedio e difesanostra. Gi pareva ad ognuno, che sandasse approssimando l'ora d'estremo terminedella Vita sua; ed erano i medici della medesima opinione poich lo davano permorto, se per avanti la mezzanotte non avesse dimostrato alcun miglioramento: ecos piacque a Dio nostro Signore che fosse, restituendogli la sanit, la qualecrediamo, che ottenesse dal Signore per intercessione del B. Apostolo S. Pietro, inogni tempo da Ignazio tenuto in somma venerazione e per particolare avvocato, ecome tale riverito e servito sempre. Onde gli apparve questo glorioso Apostolo inquella notte medesima nella quale conobbe il suo bisogno maggiore, favorendolo conl'aiuto suo ed arrecandogli la salute. Liberato dunque da questo pericoloso accidente,cominciaronglisi a saldare e fortificare le ossa, ma lasciavangli per nella gamba duedeformit molto apparenti; l'una era por un osso che sotto il ginocchio in fuorispignendosi bruttamente si dimostrava; l'altra nasceva, che per avergli cavati venti

    pezzi d'osso, era restata la medesima gamba talmente corta e contratta, che nonpoteva n camminare, n fermarsi sopra i piedi, come soleva. Era Ignazio per suanatura inclinato molto alla politezza e si dilettava d'andare leggiadramente su la

    persona, ed in oltre aveva pensiero, come di gi aveva incominciato, di proseguire gliesercizi della guerra: e poich e per l'una cagione e per l'altra sconcio gli pareva quel

    rilievo del ginocchio e dannosa l'attrazione della gamba, cercava di rimediare a questidue inconvenienti: ma prima domand ai chirurghi, se quell'osso che con tantadeformit sopravanzava, si poteva segare senza pericolo della vita; ed essendoglirisposto che s, ma per con molto suo costo, poich avendosi da segare per la vivacarne, avrebbe da provare il maggiore e pi acuto dolore che sino a quel giornonell'infermit sua avesse sentito; egli non istimando le parole che molti per levarlo datal proponimento gli dicevano, volle che l'osso gli fosse segato, e in tal modosoddisfece al volonteroso suo appetito: e (come io stesso una fiata gli udii dire) tuttoci fece, per poter portare (come in quel tempo si usava) gli stivaletti o borzacchini

    alla gamba giusti ed attillali; n fu mai possibile levarlo da questo pensiero opersuadergli altramente. Vollero legarlo in quellatto; ma egli non lo consent;parendogli cosa indegna del generoso animo suo; e se ne stette col medesimosembiante e con la stessa costanza che avea fatto da prima, libero e sciolto senza

    punto muoversi, o mostrar alcun segno di debolezza d'animo. Segato losso, sparve ladeformit; ma l'attrazione della gamba si cur poi per ispazio di molti giorni condiversi rimedii di unzioni, empiastri e con certe ruote e istrumenti, co' qualigiornalmente lo tormentavano, stiracchiando e stendendo a poco a poco la gamba perridurla al suo luogo di prima: n poterono per mai fare, per molto che fosse stesa e

    tirata, che arrivasse all'altra giusta ed uguale._______________CAPOSECONDOCome lo chiam Iddio dalla vanit del secolo al suo conoscimento.Giaceva tuttavia il nostro Ignazio ferito nel letto, ci permettendo Iddio, che con

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    questo mezzo risanar lo voleva; acciocch zoppo, come un altro Giacobbe, chesignifica guerriero, gli mutasse il nome e si chiamasse Israele; onde poi dicesse: VidiDio a faccia a faccia e l'anima mia stata salvala. Vediamo dunque per qual via e inche modo il Signore lo rilevasse, e come prima ch'ei riconoscesse Iddio, gli fu

    mestieri lottare e affaticarsi combattendo. Era egli, mentre stava nel letto, moltocurioso di legger libri profani di cavalleria; e per passar il tempo, che parte dal male eparte dalla solitudine lungo e noioso gli pareva, addimand che gli recassero qualchelibro che di simili vanit trattasse: e piacque a Dio che allora alcuno non ve ne fossein casa, ma in vece di quelli, altri se ne trovarono che contenevano cose spirituali, iquali gli portarono; e da lui furono accettati per trattenersi pi tosto, che per gusto odivozione che dalla lettura di essi prender potesse; e furono uno della vita di Cristonostro Signore, e laltro delle vite dei Santi, che comunemente s'intitola Fior de'Santi. Cominci nel principio, come s' detto, a leggerli per passatempo, e dopo congusto e affetto: poich questa la condizione delle cose buone, che per molto che sitrattino vie maggiormente dilettino; e non solo incominci a gustar quello cheleggeva, ma da ci anco a sentir mutazione nel cuore e a voler imitare e porre inopera quello che scritto ritrovava. E se bene andava nostro Signore destandonell'anima sua questi buoni desiderii, era per tanta la forza dell'invecchiato costumedella vita passata, tanti gli stecchi e le spine di che ripiena era questa terra arida einfeconda, che subito i semi delle divine ispirazioni erano da altri contrari pensieri etravagli suffocati. Ma la misericordia divina che gi aveva eletto Ignazio per suosoldato, non l'abbandonava; anzi destandolo, ognora vie pi rendeva viva erisplendente quella prima scintilla della sua luce, e con la recente lezione infervorava

    e rinforzava i suoi buoni propositi; e contra i falsi, ingannevoli e vani pensieri delmondo l'armava, somministrandogli vere, sante, e costanti deliberazioni. Ed in ciandava in tal modo avanzandosi, che a poco a poco pigliava forza, e prevalevanell'anima sua la verit contra la menzogna, lo spirito contro la sensualit, il nuovoraggio e luce del cielo contra le tenebre palpabili dell'Egitto; e insiememente givaacquistando possanza e ardire per combattere e guerreggiare da dovero e imitare il

    buon Ges, nostro, capitano e signore, e gli altri Santi parimente; i quali per averimitato Cristo, meritano degnamente esser da noi altres imitati. Era gi fino a questotermine giunto Ignazio senza che niuna difficolt delle molte che avanti se gli

    opponevano, fosse bastevole per distornarlo e rimuoverlo dal suo lodevoleproponimento: per la moltitudine per e variet de' pensieri stava non poco confuso eperplesso; poich il demonio per una parte lo combatteva cercando di continuar nelpossesso che aveva del suo antico soldato; e d'altra parte il Signore della vita ad essavita lo chiamava e invitava per farlo capitano della sacrata milizia sua. Ma tra gli uni

    pensieri e gli altri grandissima differenza vi avea; poich quelli del mondo dolcisembravano nel principio, ma amarissimi nel fine; nellincominciare piacevoli, soavie graditi al sensuale appetito, ma nel finire lasciavano conturbate e ferite l'intimeviscere, e l'anima, malinconica, trista e di s medesima rincrescevole. Nelle

    considerazioni poi divine succedeva tutto il contrario: perciocch quando pensavaIgnazio a quello che in servizio di Dio aveva ad operare, come il viaggio diGerusalemme, la visitazione di quei luoghi santi, le penitenze che si proponeva di

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    fare per espiazione de' propri peccati, seguendo la bellezza ed eccellenza della virt eperfezione cristiana, e simili altre cose; mentre duravano nella mente sua cotalipensieri, si sentiva lanima cos ripiena di diletti, che non poteva per il piacere capirentro se stessa; e quando si dipartivano non la lasciavano secca e vuota, ma illustrata

    coi raggi della divina luce e colma di molla soavit. Passarono molti d che nonconobbe questa differenza e contrariet di pensieri, finch un giorno illuminato daceleste raggio cominci ad osservare quanto s' detto; e quindi venne ad intenderequanto erano diversi gli uni dagli altri negli effetti e nelle cagioni; onde paragonava leispirazioni buone e le ree; e riceveva lume e grazia per saperle conoscere fra lorodistinguere. Questo fu il primo conoscimento che Iddio nostro Signore gli comunicdi se stesso e delle cose sue; dal quale, mentre con l'uso continuo e con i nuovisplendori e visite del cielo giva crescendo, quasi da fonte ne scaturirono i rivi degliavvisi, e come da luce ne nacquero i raggi delle regole ch'ei c'insegn poi negliEsercizi suoi spirituali per conoscer quale differenza vi abbia tra lo spirito verace diDio e il fallace del mondo. Perciocch primieramente conobbe, che v'erano duespiriti, non solamente diversi; ma anco del tutto fra loro contrari; come contrarie sono

    parimente le cause donde traggono la loro origine, che sono luce e tenebre, verit efalsit, Cristo e il diavolo. Dopo questo cominci a notare le propriet di ambiduequesti spiriti; e quindi nell'intelletto suo riverber una luce e una celeste sapienzainfusagli da Dio per discernere le differenze di queste ispirazioni;a cui s'aggiunse unaforza e soprannaturale vigore nella volont per aborrire tutto ci che dal mondo gliera rappresentato, e per il contrario appetire, desiderare e proseguire quanto dallospirito divino gli era offerto e proposto: dei quali principii e avvisi si serv poi tutto il

    tempo della sua vita. In questo modo sparvero quelle tenebre che gli erano posteinnanzi dal principe di esse; o illuminati gi e fatti chiari gli occhi suoi col nuovoconoscimento e ingagliardita la volont con questo divino favore s'affrett e passavanti, facendo profitto spirituale s per la lezione, come per la considerazione dellocose di Dio; accingendosi per opporsi alle occulte insidie dellinimico. E dispostosidel tutto fra se stesso di far mutazione di vita dirizz la prora de' suoi pensieri ad altro

    porto pi certo e pi sicuro di quello che fin allora aveva disegnato, disfacendo la telache prima aveva tessuto e sviluppandosi dagli intrichi e lacci della vanit con un

    particolar aborrimento e odio de' suoi peccati e desiderio di soddisfar per essi e farne

    la penitenza; che il primo grado comunemente da salirsi da quelli, che per. amor diDio si convertono. E se bene fra questi buoni propositi e desiderii molte difficolt etravagli se gli offerissero, non per questo si perdeva d'animo, n punto s'intepidiva dalsuo caldo fervore; anzi armato della divina confidenza, come da arnese militare chedal capo, alle piante tutto lo ricoprisse, diceva: In Dio ogni cosa potr, e poich miconcede il desiderio, mi dar anco, onde effettuare lo possa; il cominciare e il finire tutto suo. E con questa risoluzione e determinazione di volont si lev una notte dalletto per fare orazione, come era suo costume, e per offerirsi al Signore in grato e

    perpetuo olocausto; e stando in ginocchio innanzi ad un'immagine di nostra Signora,

    pregandola con umile confidenza a presentarlo al divin Figliuolo per servo fedele, sisent improvviso come un gran tremuoto, che tutto scosse e fece tremare il palagio:volendo forse con ci il demonio dar segno del suo livore e della sua rabbia, come

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    leggiamo aver fatto con altri Santi. Non si determin per questo di seguire unaparticolare maniera. Di vita; ma solo dopo essersi ben risanato andarsene inGerusalemme, e prima di andarvi, mortificarsi e macerarsi con digiuni, discipline edogni sorte di penitenza e asprezza corporale, e con un santo e generoso sdegno

    crocifigger se stesso, e far quasi di se medesimo anotomia. Cos si raffreddavano tuttiquei brutti e vani pensieri del mondo con questi desiderii tanto fervorosi e ardenti, coiquali lo riscaldava il Signore; e con la luce del sol di giustizia, che di gi risplendevanell'anima sua, fuggivano le tenebre della vanit e sparivano come sparir sogliono leoscurit della notte all'apparir del sole. Standosi in questo stato volle il Re e Signordel cielo, che se lo chiamava, aprir con lui il seno della misericordia sua econfortarlo e rianimarlo vie maggiormente con una nuova luce e celeste visitazione; efu in questo modo. Stando egli una notte vegliando gli apparve la chiarissima esovrana Regina degli Angeli, che tra le braccia portava il suo preziosissimo Figliuolo;la quale con lo splendore della sua chiarezza lo illuminava, e con la soavit della sua

    presenza lo ricreava e ingagliardiva. Dur buono spazio di tempo questa visione;laonde egli s grandemente aborr poi la sua vita passata, e specialmente i brutti edisonesti diletti della carne, che pareva che, come con una mano, tutte le deformirappresentazioni e immagini si levassero e traessero dallanima sua: e benapertamente si vide che non fu sogn questo, ma verace e profittevole visitazionedivina, poich con essa gl'infuse il Signore tanta grazia, e lo mut di maniera, chefino all'ultimo della vita guard la purit e castit dell'anima sua senza alcunamacchia con grandissima nettezza e integrit. Se ne stava dunque con questi propositie con questi desiderii; e dimostrando quasi nel volto i combattimenti interni

    dell'animo; quando il fratel maggiore di lui e gli altri di casa facilmente vennero adaccorgersi, che era tocco da Dio, o che non era quegli che per altro tempo essersoleva: perch se bene ei non iscopriva ad alcuno il secreto del suo cuore, n parlavacon la lingua, ragionava per mutamente la faccia sua ed il mutato sembiante, moltodifferente da quel di prima; maggiormente vedendolo occupato in una continuaorazione e lezione ed in esercizi differenti dai passati: perciocch pi non si dilettavadi burle, n di facete risposte, ma le parole sue erano gravi, moderate, di cosespirituali e di molto peso, e s'occupava la maggior parte del tempo in iscrivere; e perci aveva fatto legare molto leggiadramente un libro, nel quale con molto ben

    formata lettera, essendo egli buonissimo scrittore, scriveva per tenerli a memoria idetti e fatti, che pi notabili gli parevano di Ges Cristo nostro Salvatore, dellaVergine Maria, e degli altri Santi; e li avea in tanta divozione, che quelli di N. S.scriveva con lettere d'oro, quelli della santissima Madre con lettere azzurre, e gli altridei Santi con altri e diversi colori secondo i vari affetti della divozione sua 3.Prendeva da tutte queste occupazioni nuova contentezza e nuovi godimenti spirituali,ma da niuna per vie maggiore, che di star mirando attentamente la bellezza del cieloe delle stelle; il che faceva molto a lungo e molto spesso: perciocch la vista esterioree la considerazione di quello che dentro e sopra di essi cieli si contiene, gli era un

    grande stimolo ed incentivo al disprezzo di tutte le cose transitorie e variabili chesono sotto di essi collocate; ed egli da ci era molto pi infiammato allamor di Dio.E fu tanto il costume che ei fece in questo, che gli dur poi in tutta la vita; perch

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    molti anni dopo, essendo gi vecchio, io l'ho veduto varie volte stando sopra d'unaloggia scoperta, o in luogo eminente ed alto donde si scopriva il cielo, affissar gliocchi in esso, e dopo essere stato gran pezza come uomo sospeso, pensoso, che entrodi se rumina e volge molte cose, talmente s'inteneriva, che dagli occhi, per il diletto

    grande che provava nel cuore, gli scaturivano le lagrime; e io ludiva dire: Oh quantovile e bassa mi sembra la terra, quando miro e contemplo il cielo, oh quanto lorda efetente! Tratt medesimamente seco stesso quello che dovea fare dopo il suo ritornodi Gerusalemme; ma non fece alcuna risoluzione: solamente, come il cervo toccodalla saetta, giva cercando ansioso le sorgenti di vive acque; attendendo a correrdietro al cacciatore che con le amorose saette lo aveva ferito. Onde giorno e notte frase stesso andava pensando quale stato, o maniera di vita elegger dovesse, nella quale,conculcate tutte le cose mondane e postasi sotto ai piedi la ruota della vanit, potessecastigar se medesimo, e macerarsi con sommo rigore e asprezza di vita per picompiacere e glorificare il suo Signore 4._____________CAPO TERZO.Del viaggioch'egli fece dal suo paese alla Madonna di Monte Serrato. ***Aveva giricoverata Ignazio in parte la sanit; e pcrch la casa de' Loiola era molto amica edipendente da quella del Duca di Naiara, il quale nellinfermit sua l'aveva pi voltemandato a visitare; con iscusa anchegli di visitar il Duca, e levarsi dell'obbligo, incui dall'amorevolezza e cortesia di lui era stato posto, si mise in ordine per farviaggio; non per per questo fine principalmente, ma a guisa d'Abramo, per uscirfuori della sua propria casa e allontanarsi da parenti o amici. Del che accortosiMartino Grazia suo fratello maggiore, molto entro se stesso se ne crucci, echiamando da parte Ignazio in una secreta stanza, cominci con ogni efficacia e col

    miglior artificio che seppe, a pregarlo e scongiurarlo strettamente, che dovesse moltoben riguardare quello ch'ei si facesse; e che non andasse a perdere se stesso e insiemequelli della casa sua; anzi che considerasse quanto bene fosse fondato lo stato dellasua vita, quanto cammino aveva gi fatto per acquistare onore e profitto, che sopratali principii e fondamenti avrebbe potuto stabilire qualche grande opera, e che lecerte speranze dellindustria e del valor suo a tutti promettevano ogni grande impresae lodevole riuscit: In voi, diceva egli, fratel mio, sono in sommo grado tutte questecose, l'ingegno, il giudicio, l'animo, la nobilt; il favore e la grazia de' Principi, la

    benevolenza o l'amore portatovi da tutti gli uomini di questi confini, l'uso e

    l'esperienza delle cose di guerra, l'avvedimento, la prudenza e la vigilanza; a questos'aggiunge l'esser voi ora nel fiore della giovent vostra ed esser di voi appresso tuttiuna grandissima espettazione, fondata sopra le cose da me narrate. Come dunquevolete per un semplice vostro capriccio ingannar le vere e massicce nostre speranze, elasciarci scherniti tutti e spogliata, la casa nostra dei trofei delle vittorie nostre, e

    priva di quegli ornamenti e di quei premii, che meritamente aspettar si possono dallevostre fatiche? In una cosa solamente vi vado innanzi, ch' lesser nato prima di voi el'esser vostro maggior fratello; ma per in tutto il rimanente vi cedo e riconoscovi permio superiore: Guardate, guardate di grazia, fratel mio, da me molto pi amato che la

    propria mia vita, quello che fate, e non siate corrivo a far cosa, la quale non solo ciprivi di quella speranza che di voi abbiamo conceputa, ma che anco oscuri la famadel nostro lignaggio con perpetua infamia e disonore. Ud Ignazio tutto il suo

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    ragionamento, e perch aveva altri che con maggior forza ed efficacia gli parlava nelcuore, rispose al fratello brevemente e con poche parole: Ch'egli avrebbe molto benguardato a' casi suoi, e che si ricorderebbe ognora d'esser nato di buoni e nobili

    parenti, e che gli prometteva di non far cosa che fosse contra l'onore di casa sua. Cos

    con queste poche parole, se ben non soddisfece al fratello, si lev e liber da esso, esi pose in cammino accompagnato da due servitori, i quali poco dipoi, dando lorotutto quello che seco portato aveva, da se licenzi. In questo viaggio dunque; fin chegiunse alla chiesi della Madonna di Monte Serrato, dal giorno che si part di casa,ebbe in costume di disciplinarsi aspramente ogni notte. Ed acciocch intendiamo perquali vie e per quali gradi Iddio questo suo servo ascender facesse per salire alla

    perfezione, da sapere, che egli in questo tempo n sapeva, n men si curava disapere, che cosa fosse carit, umilt e pazienza, n disprezzo di se medesimo: nonavea notizia della propriet e natura di qualsisia delle virt; quali fossero le parti e gliuffici di esse, e dentro quali limiti stesse rinchiusa la temperanza, che la ragione e

    prudenza divina e spirituale ricerca. A niuna delle cose predette poneva egli pensiero,ma solo adocchiando e abbracciando quello che allora gli pareva migliore e pi a

    proposito del presente suo stato, poneva ogni suo sforzo e pensiero in far cose moltograndi e difficili, per affliggere con asprezze e castighi il corpo suo: e tutto ci non

    per altra ragione, se non perch i Santi, i quali egli s'aveva preso per norma edesempio, erano iti per la medesima via. Onde cominciava nostro Signore dindi in poia piantare nel cuor d'Ignazio un vivo e ardentissimo desiderio di cercare e procurarein tutte le cose quello che fosse per esser pi gradito agli occhi di sua Divina Maest;e questa maggior gloria divina fu sempre lo scopo, la vita e l'anima di tutte le sue

    operazioni: Aveva per di gi salito un grado pi alto in queste penitenze cheglifaceva: perciocch in quelle non tanto riguardava, come prima, ai propri peccati,quanto al desiderio di far cosa grata a Dio. Laonde se bene veramente aborriva assaile passate colpe, nelle penitenze per, per soddisfazione di esse, era il suo cuore cosinfiammato e ardente di veementissima voglia di piacere a Dio, che non teneva contotanto de' suoi misfatti, n d'essi tanta memoria aveva, quanto della gloria e dellonoredivino, la cui ingiuria procurava egli di vendicare severamente col fare di essi aspra erigorosa penitenza. Seguiva dunque Ignazio, come si detto, il suo viaggio al MonteSerrato e s'incontr a caso in uno di quei Mori che in quel tempo erano ancora rimasi

    in Ispagna nei regni di Valenza e d'Aragona. Cominciarono ad andar insiemeragionando, e d'una in altra cosa passando, vennero a trattare della verginit e puritdella gloriosissima Vergine. Concedeva il Moro che la beata Madre, nel parto e avantiil parto fosse stata vergine, poich cos conveniva alla grandezza e maest del suoFigliuolo; ma che dopo il parto tale non era stata: e per provar ci adduceva moltefalse e apparenti ragioni, le quali tutte erano da Ignazio abbattute e mandate a terra,

    procurando allincontro con ogni sua forza di sgannar il Moro e farlo venire incognizione della verit: ma ci non pot effettuare, poich spronando il cavallo,quegli repentinamente da Ignazio si tolse, lasciandolo solo e molto dubbioso e

    irresoluto di quello che s'avesse a fare: perciocch non ben sapeva, se la fede, dellaquale faceva professione, e la piet cristiana l'obbligasse a correre dietro al Moro, eindi trovatolo, dargli delle pugnalale per la sfacciata audacia ed imperioso ardire che

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    aveva avuto di parlare senza alcuna vergogna in disprezzo della beata e sempreimmacolata Vergine. E non meraviglia, che un uomo avvezzo alle armi ed uso ariguardare ad ogni puntiglio di onore, a cui il pi delle volte il falso sembra vero, ecos molti ne vengono ingannati, tenesse per proprio affronto e caso di non poca

    importanza, che un inimico della nostra santa fede osasse di parlare alla presenza dilui in disonore della sempre vergine Maria. Questo pensiero nel sembiante pietosopose in gran travaglio il nostro nuovo soldato; ma dopo aver alquanto pensato sopradi ci si dispose finalmente di seguire il suo viaggio fin che arrivasse dove la stradain due parti si divideva, luna spaziosa e comunemente calpestata, per cui si eraindirizzato il Moro, e laltra stretta e angusta; e quivi giunto, lasciando la briglia su 'lcollo alla cavalcatura se per quella s'inviasse presa dal Moro, arrivarlo, e con moltestoccate torgli la vita: ma se per l'altra strada si volgesse, lasciarlo liberamente andaree non tener di lui conto alcuno. Volle la bont divina, la quale con la sapienza e

    provvidenza sua ordina tutte le cose per beneficio di quelli che bramano di piacerle eservirla, che il cavallo lasciando il facile e piano sentiero, per cui era andato il Moro,si torcesse a quello che era ad Ignazio pi utile e profittevole. E quindi cavar

    possiamo per quali vie volle nostro Signore chiamare questo suo servo a se, e da qualiprincipii e mezzi venne a salire alla cima di cos alta perfezione: perciocch, comedice il Beato Agostino 5, le anime capaci della virt a guisa di terreno fertile emorbido sogliono molte fiate partorir dei vizi, e come erbe cattive dimostrano le virte i frutti che produrvi potrebbono, quando fossero purgate e coltivate. Laonde Mosammazzando l'Egitto, come terra ancora incolta, dava per segni, quantunque non

    buoni della sua molta fertilit, e della forza naturale che aveva per far cose di grande

    importanza. Essendo dunque Ignazio non molto lontano dal Monte Serrato arriv aduna villa dove compr l'abito e il vestimento che aveva fatto pensiero di portare nel

    pellegrinaggio di Gerusalemme, che fu una veste lunga fino ai piedi a modo di unsacco di canavaccio aspro e molto grosso, cingendosi con un pezzo di fune, le scarpefatte di corda come si usa in Ispagna; un bordone di quelli che sogliono i pellegrini

    portare, ed una zucca per bere un poco d'acqua quando fosse molestato dalla sete. Maperch temeva molto e dubitava della fralezza della sua carne, tuttoch per averericevuto quel celeste favore da noi di sopra narrato e sentire in se di continuo vividesiderii di aggradire a Dio, somministratigli dallo stesso Signore, si trovasse gi

    molto pi innanimato e fortificato. per poter resistere e combattere contra letentazioni; con tutto ci riposta ogni sua speranza nella santissima regina degliAngeli, vergine e madre della purit, fece in questo viaggio voto di castit, e offr aCristo nostro Signore e alla sua santissima Genitrice la purit del corpo e dell'animasua con grandissima divozione e ardente desiderio d'acquistarla; e cos lacquist damantenerla sempre perfettamente intatta e incorrotta, siccome abbiamo detto di sopranel Capitolo secondo: tanto potente la divina mano a soccorrere quelli che confervore di spirito se le raccomandano, prendendo per avvocata e mediatrice la

    bellissima Madre di Dio 6. _____________CAPO QUARTOCome si mut l'abito nel

    Monte Serrato. Monserrato un monastero di monaci di S. Benedetto, lontano daBarcellona una giornata; luogo dedicato alla Madre d'Iddio, di grandissima divozionee celebre in tutta la cristianit per i continui miracoli e pel gran concorso delle genti

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    che da tutte le parti vengono a chieder favori e grazie alla santissima Vergine, la quale ivi cos segnalatamente riverita. A questo santo luogo arriv Ignazio; e la primacosa ch'ei fece, come infermo che per ricuperare la sanit cerca il pi eccellentemedico, cos egli elesse un ottimo confessore: e a lui, avendola prima posta in iscritto,

    fece una confessione generale di tutta la sua vita con molta attenzione e diligenza, evi pose tre giorni. Era questo confessore un religioso dei principali di quella casa, acui, come a padre e maestro spirituale, scopr e pales ogni proposito e ogniintenzione sua. Lasci la cavalcatura al Monastero; la spada e il pugnale, dei quali

    prima si era compiaciuto e pregiato, e con che avea servito al mondo, appese avantil'altare della beata Vergine. Era dell'anno 1522 la vigilia di quell'allegro egloriosissimo giorno, che fu principio di ogni nostro bene, nel quale il Verbo eternonelle viscere della sua santissima Madre si vest della carne nostra, quando egli se neandava in tempo di notte con la maggior secretezza che poteva; ed a casoincontrandosi in un uomo povero, mendico e con le vesti tutte stracciate, gli diede isuoi vestimenti, fino alla propria camicia; e egli si vest di quel suo tanto desideratosacco che comprato aveva; ponendosi poi in ginocchioni avanti laltare dellagloriosissima Vergine. E perch suole nostro Signore tirar gli uomini alla suaconoscenza per quelle cose che sono simili alle inclinazioni e costumi loro, acciocch

    per esse, come da loro pi intese e di cui prendono gusto maggiore, venganoparimente ad intendere e gustare quelle che prima non intendevano; il medesimovolle far con Ignazio, il quale avendo letto nei suoi libri di cavalleria, che i novellicavalieri sogliono prima che siano ammessi nell'Ordine, vegghiare tutta una notteintera in una chiesa, il che in Ispagna si chiama la veglia delle armi; per imitare

    anchegli quel rito militare con spirituale rappresentazione come novello cavaliere diCristo e vegghiar le sue nuove armi delle quali s'era vestito, deboli e fiacche secondolesteriore apparenza, ma veramente e in effetto molto ricche e molto gagliarde contral'inimico di nostra natura, se ne stette tutta quella notte vegghiando, parte in piedi e

    parte in ginocchio avanti l'immagine della Vergine, raccomandandolesi di cuore eamaramente piangendo i suoi peccati con proposito per l'avvenire di emendare la vitasua. E per non esser conosciuto, innanzi che venisse giorno, torcendosi dal diritto efrequentato sentiero che va a Barcellona, si ridusse frettoloso ad un castello presso lamontagna, chiamato Manresa, nove miglia lontano da Monserrato, avendo coperto le

    carni con quel solo vile e grosso sacco, cinto con la fune, col bordone in mano, con latesta scoperta, e con un piede scalzo; che l'altro, per sentirselo s debole e fresco dellaferita, che ogni notte se gli gonfiava la gamba, la quale per questa cagione tenevafasciata, necessario gli parve il calzarlo. Era andato oltre tre miglia s festoso eallegro per la sua nuova divisa, che appena per il piacere capiva entro se medesimo,quando all'improvviso si sent chiamare da un uomo che dietro correndogli loseguiva, e dimandare se era vero, ch'egli avesse donati i suoi ricchi vestimenti ad un

    povero, che ci esser vero affermava con giuramento; e la giustizia pensando che liavesse furati, l'aveva posto prigione. Il che inteso da lui, mutandosi tutto e perdendo

    la voce, non pot le lacrime contenere, dicendo fra se medesimo: Guai a te peccatore,che non sai, n puoi far beneficio al tuo prossimo senza fargli danno e anco affronto.Ma per liberar dal pericolo colui che senza alcun suo fallo vi era incorso, rivolto a

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    quello che lo addimandava, confess finalmente, che egli era stato che gli aveva datoquei vestiti. E bench quegli chiedesse chi era, donde veniva, e come fosse il suonome, a niuna di queste cose rispose Ignazio, parendogli, che a proposito non glifossero per liberare quell'innocente. ______________CAPO V.Della vita che fece in

    Manresa.Arrivato ch'ei fu a Manresa, s'indirizz subito all'ospedale per viver tra glialtri poveri mendicanti, quivi esercitandosi per combattere animosamente contral'inimico e contra se medesimo. E quello che maggiormente procurava, era l'occultareil suo lignaggio ed il modo della sua vita passata: acciocch straniero o sconosciutoagli occhi del mondo, pi liberamente e con maggior sicurezza potesse conversareavanti a Dio. La vita ch'egli faceva, era questa. Con la ruvidezza dell'abito poco disopra da noi raccontato, ricopriva le carni sue: ma perch nel pettinarsi e nell'avercura della capigliatura e negli altri ornamenti della persona era stato molto curioso ediligente al secolo, acciocch il disprezzo di questo fosse agguagliato al soverchio

    pensiero che per vanagloria aveva in ci posto, giorno e notte se n'andava col caposcoperto, e la zazzera, ch'avea lasciata crescere come in quel tempo si usava e condiligenza nudrita perch bella e crespa apparisse, negletta e scapigliata la portava, econ disprezzo simile si lasci crescer le unghie e la barba. Ed in questo modo solitonostro Signore di mutare i cuori di quelli che trae al suo servigio, e con la nuova luceche loro comparte fa veder le cose della maniera che sono, e non tali quali lorosembravano prima; aborrendo quello che avanti ad essi arrecava gusto, e gustando diquello che per linnanzi aborrivano. Ogni giorno tre volte aspramente si disciplinava;e con gran fervore ed intensa divozione se ne stava con le ginocchia in terra sette orefacendo orazione. Udiva messa, vespero e compieta ogni giorno; ed in ci sentiva

    gran contento e molta consolazione interiore: perch essendo gi il suo cuore mutatoe come molle cera disposto perch le cose divine dentro vi si imprimessero, le voci ele lodi del Signore, che gli entravano per le orecchie, penetravano fino nell'intimodelle viscere sue; e con il calore della divozione si liquefaceva in esse contemplandola verit loro. Chiedeva quotidianamente l'elemosina; non mangiava per carne, n

    beveva vino: si sostentava solo col pane e con l'acqua, e questo anco con taleastinenza e parsimonia, che dalle domeniche in fuori, tutti gli altri giorni digiunava:gli serviva per letto la nuda terra, passando la maggior parte della notte senzadormire. Si confessava in tutti i giorni di domenica, ed in essi riceveva il santissimo

    Sacramento dell'altare. Teneva tanto conto di contrariare a se medesimo, e si mettevatanto a cuore il soggettar la propria carne e ridurla allobbedienza e servit dellospirito, che si privava di qual si voglia cosa, e fuggiva tutto ci che potesse darealcuna dilettazione o piacere al corpo. Da tutte queste cose ne nacque, chequantunque ei fosse uomo robusto e di gran forza, in pochi giorni nondimenos'infievol e rese debole la possanza del suo antico vigore e gagliardezza, e restmolto debilitato con il rigore di cos aspra penitenza. Venne con questo a tirar gliocchi della gente a se, ed in oltre traeva anco i cuori; poich molti che se gliaccostavano e che desideravano di trattar seco familiarmente, quando l'udivano

    ragionare, restavano da una parte ripieni di meraviglia, e dall'altra infiammati edaccesi per quella bont che in lui scoprivano. Perciocch se bene egli era principiantee novizio nelle cose spirituali e poco esercitato nelle virt, era per l'anima sua cos

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    accesa nel fuoco del divino amore, che non poteva fare s, che non ne evaporassero lesue fiamme e scintillassero gli splendori. E quindi era che le sue cos accese parole,accompagnate con la forza e con lo spirito che aveva in persuadere la vera virt, econ lesempio di quella vita che a tutti era manifesta e palese, aiutando a ci fare la

    grazia del Signore, erano in gran parte cagione per guadagnare l'anime a Dio e perinnamorar i cuori di quelli che seco trattavano, affezionarsegli, renderli sospesi egrandemente meravigliati. Al che non aiutava poco quel molto che per la terra s'eradivulgato del suo valore e della sua nobilt; che passando di bocca in bocca, comesuole accadere, fu pubblicato molto maggiore di quello che era in verit. Ebbe originequesta voce da quello che egli con tanta secretezza aveva operato nel Monte Serrato,e che con tutta la sua diligenza ed accuratezza non aveva potuto ricoprire. Perciocchquanto pi egli si sforzava di asconder laccesa lucerna e porla sotto lo staio (Mt, 5),tanto pi Iddio nostro Signore la metteva sopra il candeliere, acciocch a tutticomunicasse la luce sua. _______________CAPO VICome Nostro Signore lo prove permise che fosse molestato da scrupoli.Entrato dunque il nostro soldato inisteccato, quando seco medesimo e col demonio valorosamente combattendo, pass iquattro primi mesi con gran pace e tranquillit di coscienza, e con una medesimacontinuazione di vita, senza intendere gl'inganni e stratagemmi che usar suolelinimico con cui egli combatteva. Non aveva ancora satana scoperte le sue invasionie i progressi, i suoi assalti e le sue mentite fughe, le sue mine insidiose ed occulte:ancora non laveva assalito coi dardi delle sue tentazioni, n laveva spaventato edimpaurito, come suol far con quelli che da dovere s'incamminano per la strada dellavirt. Ancora non sapeva Ignazio che cosa fosse il godere la luce della consolazione,

    dopo aver passate le tenebre orribili e spaventose della scontentezza e tentazione; naveva sperimentato la differenza che v'ha tra l'animo allegro e malinconico, elevato inalto ed abbattuto, prosteso e che sia in piedi; perciocch non era passato il suo cuore

    per quelle mutazioni, delle quali suol far prova l'uomo spirituale: quando un giornoessendo nell'ospedale intorniato da molti poveri, ripieno di sucidume e di lordura,l'inimico l'assal con questi pensieri, dicendogli: che fai tu qui, povero Ignazio, inquesto fetore ed in questa bassezza? perch sei ricoperto con abito s vile ed abietto?non vedi che praticando con questa gente negletta, ed andando come uno di essi,oscuri ed offuschi lo splendore della tua nobile famiglia? Allora Ignazio pi appresso

    ai poveri s'accost, e pi amichevolmente cominci a trattar con esso loro, facendoappunto tutto al contrario di quello che gli era persuaso dall'inimico, in questamaniera vincendolo e superandolo. Un altro giorno sentendosi molto lasso edaffaticato, fu da un altro molestissimo e travaglioso pensiero assalito, che pareva chegli dicesse: e come possibile, che tu soffrir possa una vita cos aspra e cosmiserabile come questa tua, peggior assai che quella delle selvagge fiere, avendo avivere ancora settant'anni? Al che egli rispose: e tu, che questo mi dici, mi puoi peravventura assicurare d'una sola ora di vita? non Iddio quegli, che tiene nella suamano tutti i momenti e tutto il tempo che viviamo? e settant'anni di penitenza, che

    sono eglino paragonati all'eternit? Questi due soli assalti gli furono fatti dal demonioalla scoperta per ritrarlo indietro e deviarlo dall'incominciato cammino. E l'esserestato colmo di tanti travagli, intorniato da tanti pericoli, e trafitto l'animo suo con

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    tante spine e triboli pungenti, siccome chiaramente lo dimostra quello ch'ei fece esopport, fu segno della particolar misericordia, con la quale il Signore lo prevennenelle benedizioni della sua dolcezza. Ma ebbe d'indi in poi, e sent gran mutazionenell'anima sua, e cominci a provare grandi altercazioni, e quasi come contrari

    movimenti in essa: perciocch stando in orazione, e nelle sue divozioni continuando,in un subito alcune volte se gli rendeva secco ed arido il cuore, e trovavasi cos pienod'angustie e cos tra se stesso confuso, che non poteva pigliar forza, n levarsi da unacerta malinconia che miseramente l'animo tutto gli ingombrava; anzi di se medesimonulla compiacendosi era a se stesso insipido e noioso divenuto per vedersi privod'ogni gusto spirituale. Ma tra queste mestizie sorgeva subito con tanta forza un comecorrente fiume di consolazione divina e cos impetuoso, che lo rapiva e dentro tuttove limmergeva. Cos con questa luce sparivano le nubi della passata tristezza emutazione; la quale differenza e mutazione egli gi conoscendo, mosso dalla novit,meraviglioso fra se stesso diceva: che cosa vuol dir questo? che cammino questo,

    per cui entriamo? che nuova impresa questa che da noi viene incominciata? a chesorta di guerra ci prepariamo noi di andare? Per fra tutte queste cose l'assal nuovasorte di tormento, che fu l'incominciare ad agitarlo e premerlo gli scrupoli e lacoscienza dei propri peccati: di maniera che passava tutti i giorni e le nottiamaramente piangendo, pieno sempre di fastidio e travaglio. Perch sebbene con tuttala diligenza e cura possibile s'era confessato generalmente di tutti i suoi peccati;nostro Signore per, che per questa via esercitar lo voleva, permetteva, che benespesso la coscienza lo rimordesse, che il verme interiore lo consumasse, e dubitassetalvolta, se avesse confessato bene quel peccato, se dichiarato bene quell'altro, se

    esplicate, come esplicar si dovevano, tutte le circostanze; se per aver lasciato alcunacosa di quello ch'ei fece, non avesse detta compitamente la verit; e se per aggiungerquello, che fatto non aveva, mentito nella confessione. Era cos afflitto dagli stimoli

    pungenti di queste considerazioni, che n riposo trovava nell'orazione, nalleviamento con le vigilie e digiuni, n rimedio con le discipline ed altre maniere di

    penitenza; anzi atterrato ed abbattuto dall'impeto della malinconia, abbandonatonell'animo e caduto con la forza di cos grave dolore, si gettava in terra, comesommerso ed affogato dallonde e tempeste del mare: fra le quali non aveva altrorifugio o riparo, se non il ridursi, come soleva, a ricever il santissimo Sacramento

    dellaltare. Alcune volte per quando aprir voleva la bocca per ricevere il pane divita, con maggior impeto e forza tornavano di nuovo subitamente ad innalzarsi l'ondefluttuose degli scrupoli amari; e lo toglievano e deviavano da se stesso, mentre ancostava posto in ginocchio avanti laltare. Ma indi in se medesimo ritornato, lasciava la

    briglia ai dolorosi singulti ed alle copiose lacrime che gli bagnavano il petto, egridava a Dio, dicendo (Is. 38): Signore, io patisco gran forza, rispondete voi per me,ch'io pi non posso: ed altre volte con l'apostolo diceva (Rom. 7): Misero ed infeliceme! chi mi liberer da questo corpo e dal peso di questa vita ch'io vivo, che merita

    pi tosto nome di morte? Se gli offriva un rimedio, e questo gli pareva, che fosse il

    pi potente di tutti per liberarsi da questi scrupoli, ed era, se il suo confessore, da luitenuto in luogo di padre, ed a cui egli interamente scopriva tutti i secreti e movimentidell'anima sua, lo pacificasse ed acquietasse, e dindi in poi in nome di Ges Cristo

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    gli comandasse, che non si confessasse pi di alcuna colpa commessa nella sua vitapassata. Ma perch questo rimedio era nato da se medesimo e di suo capo, temevanon gli arrecasse pi tosto danno che aiuto od utilit; per non osava dirlo alconfessore. Avendo dunque passati molti giorni in questo cos crudele travaglio, fu

    molestato da questi scrupoli un d con cos grande e forte procella, che come smarritoed abbandonato nocchiero, derelitto e privo dogni consolazione, s'inginocchi avantiil divino cospetto in orazione, ed ivi acceso con fervorosa fede, cominci ad alzar lavoce ed altamente a dire: Soccorretemi, Signore, soccorretemi Dio mio: porgetemi,Signore, la mano fin di l dal vostro alto trono: difensor mio, in voi solo spero; chnon trovo negli uomini, n in verun'altra creatura pace o riposo: rimiratemi, Signore,

    per darmi rimedio: scoprite sopra di me codesta vostra allegra faccia; e poich sietemio Dio, dimostratemi il cammino, per cui io venga a voi: siete voi il mio Signore, echiunque mi darete per guida e maestro, acciocch pacifichi l'afflitta e sconsolalaanima mia, se ben fosse un cagnuolo, l'accetto io fin d'ora per mia scorta e mio duce.Era egli in questo tempo dall'ospedale passato ad un monastero dei Religiosi di S.Domenico, che ivi in Manresa, dove quei Padri gli usarono molta carit; e mentreera in questa cos grande afflizione, era ivi alloggiato in una cella. La qual tempestacon i gemiti e con le lacrime non si acquietava, n si rendeva minore; anzimaggiormente si accrebbe per un nuovo ed impetuoso nembo che fortemente lostrinse, e con un disperato pensiero che combattendolo gli diceva, che si gettasse dauna finestra della cella a basso, e quindi si precipitasse. Ma egli rispondeva: non fario gi tal cosa, n tenter il mio Iddio; e con questo a Dio volgendosi diceva: che cosa questa, Signore? non siete voi mio Iddio e mia fortezza? come dunque mi volete

    scacciar da voi? perch permettete ch'io sia s malinconico e tristo, e che cosfieramente l'inimico mi affligga, il quale ognora ad alta voce mi dimanda: Dove iltuo Iddio? ed ove se n' ito egli? Querelandosi dunque con questi penosi gemiti edamorose querele, gli venne in pensiero un esempio di un Santo, che per ottener daDio una grazia che gli chiedeva, si determin di digiunare fino a tanto ch'impetratal'avesse; ad imitazione del quale egli parimente propose di non voler mangiare, n

    bere fin che non ritrovasse la tanto desiata pace dell'anima sua, se gi non si vedesseper questo a pericolo di morire. Con tal proposito sette giorni interi guard cosperfettamente il digiuno, che niuna cosa del mondo gust, non lasciando per di stare

    in orazione con le ginocchia in terra sette ore continue, n meno desistendo daldisciplinarsi tre volte ciaschedun giorno, n tralasciando gli altri esercizi e divozionisue che aveva in costume: e sentendosi dopo questo tempo ancora con forze tali, che

    poteva passar avanti, e niente fiacco ed indebolito, voleva seguitar il suo digiunoch'aveva durato da una domenica all'altra; nella quale confessandosi, e dando conto,come soleva, al confessore di tutto quello che era passato quella settimana per l'animasua, e quello che per l'avvenire intendeva di fare; s'oppose a ci il confessore egl'imped il suo proponimento; comandandogli che mangiasse, e dicendogli che senon lo faceva, e se pietosamente non si confidava nella misericordia del Signore che

    gli aveva perdonati i suoi peccati, non gli avrebbe data l'assoluzione. Ubbid eglidunque semplicemente a quello che il confessore gli comand, acciocch non paresseche volesse tentar Iddio; e per quel giorno e per laltro che segu, si sent libero dagli

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    scrupoli; nel terzo poi torn come prima ad esser da essi combattuto. Ma al finel'esito di questa dura battaglia, che l'aveva posto in cos pericoloso certame, fu chesvanendo, come fumo, le tenebre che il demonio poneva avanti a cose s chiare, evestita l'anima sua e illuminata da nuova luce del cielo, a guisa di chi si risveglia da

    lungo e profondo sonno, aperse gli occhi per veder quello che non scorgeva da prima,e disingannato, con grande risoluzione determin di seppellir la memoria dei peccatipassati, n trattare, o toccar mai pi nella confessione le sue antiche piaghe. E conquesta cos segnalata vittoria fece acquisto nell'anima sua d'una meravigliosa pace eserenit, e di cos gran discrezione di spiriti e conoscenza de' suoi movimentiinteriori, e di grazia cos mirabile da Dio per curare le scrupolose coscienze, cheniuna persona andava infetta da questa infermit di scrupoli, che meravigliosamentecol consiglio di lui non ne restasse libera e sciolta. Perciocch Iddio non provavaIgnazio per se solo, ma per nostra utilit ancora, per cui faceva insieme quella provatanto dura e di tanto costo. Che sebbene il Signore ricerca e vuole, che tutti i suoisoldati sieno molto approvati ed esperti, molto maggiormente per lo richiede inquelli che hanno ad esser guide e capitani degli altri, i quali dopo averli moltoumiliati ed abbattuti, suo costume d'innalzarli e consolarli; mortificandoli prima, evivificandoli dopo: acciocch possano per quello che appresero ed esperimentaronoin se stessi, consolar quelli che si ritroveranno da alcuna simigliante angustia etribolazione oppressi. _________________CAPO VII.Come passate le tentazioni,

    Iddio nostro Signore lo consol.Essendo dunque uscito per divina misericordia de' travagli edoppressioni delle tentazioni passate, e vedendosi aver assai quieto e libero il cuore; non per questostette punto ozioso, avendo in pensiero di aver nell'anima sua scolpito un vivo ritratto di tutte le

    virt. Ed il buon Ges, che nelle sue parole fedele o verace, nelle operazioni clementissimo emisericordioso, e che mai non lascia alcun servizio, per piccolo ch'ei sia, senza la dovutaricompensa, volle amorosamente conceder a questosuo servo divini conforti e celesti consolazioni, illuminando con esse lintelletto di lui, infiammandola volont, ed invigorendolo per poter operar ogni bene: acciocch secondo la misura dellamoltitudine dei dolori passati, che avea sofferti nel cuore, cos con altrettante consolazioni delSignore, come dice il Profeta, fosse rallegrata e rifocillata l'anima sua. E se bene fin dal principioIgnazio era trattato da Dio , come egli stesso diceva, della maniera che suole un buono e bendiscreto maestro, che tiene appresso di s un fanciullo picciolo e tenero per ammaestrare; a cui a

    poco a poco va insegnando, n di molte cose lo carica, n gli d nuova lezione fin che non sa eripete ben la passata: nondimeno poich con le tentazioni s'avanz e pass avanti, entrando nella

    scuola dei pi provetti, cominci Iddio ad insegnargli pi alta dottrina ed a scoprirgli cose maggiorie misteri pi sovrani. Laonde essendo egli divotissimo della santissima Trinit, ed a ciaschedunadelle Persone divine portando gran divozione, recitava ogni giorno alcune sue certe e particolariorazioni: e stando un giorno sui gradini delle scale della chiesa di san Domenico dicendo le oredella Madonna, l'intelletto suo cominci a levarsi in ispirito, e rappresentossegli, come se con gliocchi corporali la vedesse, quasi come una figura della Santissima Trinit, che esteriormente glisignificava quello che interiormente intendeva; e fu questo con tanta grandezza ed abbondanza diconsolazione, che n allora, n dipoi, andando egli in una processione che si faceva, era in suo

    potere il reprimere i singhiozzi che dal cuore e le lacrime che dagli occhi gli uscivano; n pottemperarle fino all'ora del mangiare; e dopo il pranzo eziandio n pensare, n parlar poteva di verunaltra cosa, che del mistero della santissima Trinit, il quale esplicava con tanta copia di ragioni,similitudini, esempi, che tutti quelli che l'udivano, restavano meravigliati e stupiti. E d'indi in poi glirest cos impresso e stampato nell'animo questo indicibile mistero, che nel medesimo tempo,essendo egli un uomo che niente pi sapeva, che semplicemente leggere e scrivere, cominci a

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    comporre un libro, che era di ottanta fogli, trattando in esso di questa profonda materia: ed in tuttala vita sua gli restarono nell'anima scolpiti i segni e le vestigia di questa grazia singolare. Perciocchquantunque volte faceva orazione alla santissima Trinit, il che soleva fare frequentemente emettendovi molto tempo, sempre sentiva grandissima soavit di consolazione divina nell'anima sua:e alcune fiate era pi segnalata e particolare la divozione che aveva al Padre Eterno, come principio

    e fonte di tutta la Divinit ed origine dell'altre persone divine, alcun'altra al Figliuolo, e alcun'altrafinalmente allo Spirito Santo, raccomandandosi, e ad ognuna da per se offerendosi, cavandone datutte unitamente come da una prima causa, e bevendo come da un abbondantissimo fonte e torrentedi tutte le grazie copiosamente il sacrato liquore delle perfette virt. In altro tempo parimente se glirappresent con grande allegrezza di spirito il modo che Iddio tenne nella creazione del mondo; ilche molto tempo dipoi, quando egli stesso queste cose raccontava, diceva che non poteva con paroleesplicare. Udendo messa un giorno nella chiesa del medesimo monastero, stando con grandissimariverenza o con divota attenzione nel tempo che si alzava l'ostia e che al popolo si dimostrava, videchiaramente con gli occhi dellanima come in quel divino mistero e sotto quel velo e spezie di paneveramente stava coperto nostro Signor Ges Cristo, vero Dio e vero uomo. Molte volte anco standoin orazione per lungo spazio di tempo con gli occhi interiori medesimamente vide la sacra umanit

    del Redentore nostro Cristo Ges, ed alcuna fiata parimente la gloriosissima Vergine madre sua; equesto non solo in Manresa gli avvenne, dove allora si ritrovava, ma dipoi ancora in Gerusalemme,in Italia presso a Padova, e in molte altre parti. Con queste visitazioni e grazie divine era l'anima suaresa cos chiara dal lume celeste, e con tanto conoscimento e sicurezza confermato nelle cose dellafede, e lo spirito suo cos robusto e gagliardo, che pensando dipoi a queste cose seco medesimomolte volte, gli pareva e si persuadeva daddovero, che se i misteri della nostra santa fede nonfossero scritti nelle lettere sacre, o se, il che esser non puote, la divina Scrittura perduta si fosse, contutto ci sarebbono per lui cos certi, e gli terrebbe cos fissi e scritti entro alle viscere sue, che,solamente