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Violetta e i colori delle emozioni

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Violetta e i colori delle emozioni

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Violetta era una bambina molto vivace, spigliata e curiosa.

Andava ancora all’asilo, ma sapeva parlare già molto bene e

non si stancava mai di fare domande proprio su tutto.

E faceva domande proprio a tutti: ai genitori, ai nonni, agli

zii, alle maestre (alle maestre faceva tantissime domande), ai

vicini di casa, ai passanti e addirittura al cane (davvero è

capitato). Nessuno poteva sottrarsi alla sua curiosità.

Una mattina, però, Violetta rimase senza parole e, cosa

ancora più strana, rimase senza domande.

Una maestra all’asilo lesse per la prima volta un libro molto

bello, ma particolare: I colori delle emozioni. Per la testa le

passarono una quantità incredibile di cose da chiedere,

talmente tante che aveva bisogno di fare un po’ d’ordine

(proprio come il mostro dei colori del libro). Passò qualche

giorno e questi furono giorni silenziosi, di pensieri e

riflessioni: le passavano davanti le immagini del libro.

GIALLO per l’allegria,

AZZURRO per la tristezza,

ROSSO per la rabbia,

NERO per la paura e

VERDE per la calma.

Che lavoro impegnativo per una bambina così piccola e

impulsiva come violetta stare così tranquilla e attenta ai

pensieri per poterli capire bene.

I suoi genitori ( e anche le maestre, i nonni, gli zii, i vicini, i

passanti e il cane) cominciarono a preoccuparsi di tanto

silenzio, quando all’improvviso, il quarto giorno silenzioso

Violetta ricominciò a parlare…

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...L'azzurro a me fa sentire così tante emozioni». disse alla

maestra.

« Il cielo è un infinità di mistero!

Il mare mi trasmette tranquillità e a volte malinconia!

Perché l'azzurro è il colore della tristezza?»

.

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“Violetta! L’azzurro è il colore della tristezza perché azzurro

è il mare più profondo e silenzioso, così come il cielo.

Il blu di un livido sulla pelle, ad esempio, richiama tristezza,

dolore.

L’azzurro è il colore di un largo fiume senza un ponte, dove

non si ha la possibilità di raggiungere l’altra riva!”.

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Violetta tornò a casa con la sua mama e appena arrivata si

sedette sul divano con il suo cagnolino in braccio e ripensò a

quello che aveva detto la maestra.

La nonna vdendola così pensierosa si avvicinò e le chiese: “

Violetta, che succede? A cosa pensi?”.

Violetta rispose: “ Nonna non capisco perché l’azzurro è il

colore della tristezza, a me piace e non mi rende triste. Io

quando vedo il cielo azzurro sono felice perché è una bella

giornata e posso uscire.”.“A me l’azzurro piace molto”, disse

la nonna, “sai perché? Perché quando ho bisogno di stare da

sola, io guardo il mare azzurro o il cielo e mi sento bene. Ogni

tanto qualche lacrimuccia scende perché mi torna in mente

tutto quello che ho fatto da giovane di bello e divertente, ma

per lo più sorrido.”.“Vedi nonna, non capisco perché

l’azzurro è triste! Chiederò a qualche mia compagna se ha

capito perché!”.

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L’indomani Violetta chiese alla sua compagna Susy: “Tu hai

capito perché l’azzurro è il colore della tristezza?”.

Susy rispose: “Si, perché anche a me l’azzurro del mare mi

da un po’ di malinconia. Quando ero piccola, avevo un

pesciolino rosso, a cui volevo molto bene e ci giocavo

sempre, ma quando il pesciolino è diventato grande, aveva

bisogno di più acqua e di uno spazio più grande. Con i miei

genitori abbiamo deciso di lasciarlo libero nel mare, ma mi

manca moltissimo!”.

Violetta dopo questo racconto, abbracciò la sua amica Susy e

per farle tornare il sorriso disse: “ Sai Susy, secondo me,

l’estate scorsa, mentre nuotavi e ti sei sentita pizzicare il

piede, era il tuo pesciolino rosso! E’ stato un suo modo per

salutarti!”.

Susy ci pensò un po’ e poi iniziò a ridere e così rise anche

Violetta! Le due amiche divertite…

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...corsero a raccontare alla amestra l’episodio del pesciolino

rosso.

La maestra fu felice nel vedere che le bambine avevano

capito il vero significato della tristezza.

In quel momento Violetta chiese: “ Maestra, ma allora anche

tu adesso ti senti un po’ azzurra?”. La maestra non capì e

allora chiese: “Perchè pensi che io sia triste?”.

Violetta rispose: “ Perchè il prossimo anno io e Susy

diventeremo grandi e andremo alla scuola materna e non ci

vedremo più!!”. La maestra che aveva capito cosa intendeva

Violetta rispose: “ Si è vero, un po’ sono triste perché non ci

vedremo più tutti i giorni, però per voi inizierà una nuova e

bellissima avventura, piena di novità e nuove amicizie. Noi

maestre dell’asilo nido saremo comunque qui ogni volta che

vorrete venire a trovarci!”.

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...è il colore del sole che splende nel cielo in una meravigliosa

giornata di festa.

Mi ricordo quando con i miei amici siamo andati a fare una

gita. Il sole brillava alto nel cielo, abbiamo iniziato a

camminare per raggiungere la cima della montagna. Più

salivamo, più venivamo avvolti dai raggi caldi e lucenti del

sole. E' stata una bella fatica, ma del tutto ripagata dal

meraviglioso panorama. Una volta in cima abbiamo

cominciato a giocare ed il tempo è volato.

Eravamo felici, felici perché eravamo tutti insieme, liberi e

senza pericoli: potevamo correre, fermarci, nasconderci e lui

era sempre lì, alto sopra di noi con i suoi caldi e gialli raggi.

Ad un certo punto ci siamo fermati, stanchi, e abbiamo

iniziato a pensare alla giornata, alla nostra allegria, al sole

giallo».

Violetta fece una piccola pausa e poi aggiunse: « Era il giallo

che ci faceva sentire così?».

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« Bau!!!!! mi ricordo quell’allegra giornata, eravamo tutti

molto felici ed io correvo da una parte all’altra, Bau..Bau!!!!»

.

Violetta fece un balzo all’indietro e con aria stupefatta guardò

il suo amato cagnolino e gli disse: « Ma tu stai

parlando???!!!!».

Il cane le rispose: « Si Violetta, ma questo sarà un nostro

segreto, non dovrà saperlo nessuno».

Violetta era la bambina più felice del mondo. Proprio il

giorno del suo compleanno aveva ricevuto i regali più belli

che potesse desiderare. Quel bellissimo vestito giallo che la

faceva sentire una principessa e poi il suo migliore amico a

quattro zampe che aveva cominciato a parlare.

Durante la festa il suo cane le fece notare il sole giallo che

brillava nel cielo proprio come nel giorno della gita e quanto

il colore giallo portasse in lei gioia ed allegria.

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La giornata continuò così, all’insegna della felicità, non

poteva credere che Rudi potesse davvero parlare. I due

insieme agli amici giocarono ad acchiapparella tutto il

pomeriggio.

Per quanto riguardava il loro grande segreto Violetta era

decisa, non l’avrebbe detto a nessuno, anche se dentro di se’

avrebbe voluto gridarlo al mondo!

Era tutto così pieno di allegria! Gialla come il sole che

splendeva sopra di loro.

Per concludere soffiò le candeline di quella torta bellissima e

buonissima e aprì i bellissimi regali.

Quella notte dormì come un angioletto.

Il giorno dopo non stava più nella pelle e appena entrò

all’asilo non perse tempo, corse dalle maestre e disse:

“Adesso ho capito tutto, il giallo….

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...è il colore che il mostro associa all’allegria perché glielo ha

detto Rudi!”. La maestra Paola stupita di sentire nuovamente

parlare Violetta e soprattutto di non sentirle porre una

domanda le chiese interessata: “AH, davvero? E chi sarebbe

Rudi?”. “Maestra, tu fai un po’ troppe domande!” rispose

Violetta e aggiunse: “Rudi sa che il giallo è il mio colore

preferito e, siccome io sono sempre allegra quando gioco con

lui, ha suggerito al mostro del libro dei colori delle emozioni

di associarlo all’emozione dell’allegria! Così finalmente ho

capito!”. Le maestre sempre più confuse sorrisero e la

maestra Gianna accarezzando teneramente il volto di Violetta

le disse: “Va bene, custodisci pure il tuo segreto, per me

L’importante è sentirti nuovamente parlare mia cara

Violetta!”. Violetta girò su se stessa come una trottola

facendo gonfiare la gonna del suo fiabesco vestito giallo e

rivolgendosi a tutti i suoi compagni d’asilo disse: “Da oggi

chiamatemi Gialletta!”

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Ronzava una domanda nella sua testa.

Quando si trovò alla biblioteca dell'asilo domandò alla

maestra: « dimmi un po' il rosso... il rosso nel libro è il

colore della rabbia. Il mostro rosso, intendo, è quello della

rabbia.

Perchè?

Per me il rosso è il colore dell'amore!» .

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La maestra mise in cerchio i bambini e si soffermò a spiegare

come effettivamente il rosso fosse il colore della rabbia.

“Non vi è mai capitato di essere tanto arrabbiati da diventare

rossissimi in viso? Ad esempio quando qualcuno vi porta via

un gioco o quando la mamma non vi lascia fare quello che

volete? ” disse la maestra.

“Non vi sembra di essere come un drago che sta per sputare

fuoco?”, concluse aspettando una risposta da parte dei

bambini.

Violetta alzò la sua manina e molto determinata rispose “ No

maestra io penso al rosso come al colore del cuore,

dell’abbraccio forte di mamma e papà e al sugo buono che mi

prepara la nonna con amore”.

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«No Violetta» disse la maestra, «Ora te lo dimostrerò!

Seguimi nella stanza dei giochi, ma prima, prendi il tuo

orsetto preferito.

Adesso lascia qui il tuo orsetto così tutti i bambini potranno

giocarci».

Violetta un po' arrabbiata disse: « Maestra, ma poi lo posso

portare a casa alla fine della giornata?».

E la maestra disse: « No Violetta, rimarrà per sempre qui

nella stanza dei giochi!»

In quel momento Violetta era arrabbiatissima e la maestra le

disse: « Violetta, vieni qui davanti allo specchio, guardati!».

Violetta era rossa come il fuoco, e la maestra ridandole

l'orsetto le disse: « In questo momento hai sperimentato il

sentimento della rabbia!».

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Violetta rimase immobile davanti allo specchio fissandosi

scrupolosamente il viso e, vedendo che il rossore pian piano

scompariva, esclamò: “maestra, il rosso rabbia non dura in

eterno come il rosso amore”.

La maestra commossa dall’innocenza della bambina la

strinse forte tra le sue braccia. Violetta diventò rossa

dall’imbarazzo. Era quel rossore (AMORE) tanto

immaginato nella sua mente.

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...perché il nero è la paura?».

La mamma rimase colpita dalla serietà con la quale la

bambina pose la domanda e capì che in quei giorni Violetta

aveva «provato» i colori.

L'aveva vista giocare in giardino al sole e sperimentare

l'allegria in mezzo alle margherite; l'aveva vista con il

musetto arrabbiato davanti allo specchio per sperimentare il

rosso; l'aveva osservata calmarsi subito dopo essersi sdraiata

sul suo tappeto verde.

Nel nero, però, c'era qualcosa che non capiva.

Così la mamma le rispose: « Cosa devi fare, Violetta, per

sperimentare il nero nella tua cameretta?».

«Devo spegnere la luce!» rispose lei. Il viso di Violetta passò

dallo sconforto alla sorpresa e subito corse davanti alla

camera, ma sperimentare la paura non era così facile.

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Sia la mamma che il papà le avevano spiegato più volte che

il buio non deve fare paura: “ è solo momentaneamente la

mancanza della luce!!!!”.

Anche spegnendo e riaccendendo velocemente la luce nulla

cambia, né spuntano fuori mostri o draghi paurosi dagli

armadi.

Violetta, nonostante i suoi soli 3 anni, era la sorella maggiore

di Emma, con cui divideva la cameretta.

Per questo motivo era abituata a fare coraggio alla sorellina

quando rimanevano al buio o nelle sere di temporale, quando

lampi e tuoni entravano dai “buchini” delle tapparelle.

Violetta ancora era interdetta: “come fare ad avere paura?”.

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La mamma quasi dimenticandosi, tradita dalla freneticità

della vita quotidiana, delle ultime esperienze di Violetta

riguardo le sue emozioni, un pomeriggio particolarmente

soleggiato, affacendata nei suoi impegni domestici, scorse la

bimba seduta sul tappeto vicino ad Emma. Contemplavano il

grosso quadro appeso in sala, spennellato del solo colore nero

e dipinto proprio dal papà.

Le bimbe giocarono poi serenamente, come di consueto, fino

all’arrivo del papà, qualche ora più tardi.

Al papà Violetta chiese, in un silenzioso grido di aiuto,

espressamente con gli occhi languidi ed il dito puntato diritto

verso la sua “opera”di: “FARE QUALCOSA!!”.

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Il papà guardò il quadro e capì la situazione. Chiese a

Violetta: “ Ti piace il quadro?”.

“No, no, è tutto nero! Emma ha paura, e anche io!”. Rispose

Violetta. “Lo vedo che Emma ha paura e sta vicino a te per

sentirsi al sicuro! E tu hai paura come lei, o più paura?”.

“Non lo so, mi fa paura e basta e non so perché!”

“Forse perché la cornice del quadro ha degli spigoli e magari

se lo prendi in mano ti pungi? O magari hai paura che ti possa

cadere in testa e farti venire un bernoccolo?”

“Ma no, dai papà, non capisci! Mi fa paura quel nero lì,

perché è nero!” . Il papà disse: “Allora forse ho capito”!

Tirò fuori dalla sua borsa da lavoro 2 fogli, uno bianco e uno

nero; poi prese qualche gessetto coloratoe si sedette davanti

a loro. “C’è tra questi gessetti un colore che vi piace e vi

mette allegria?”. Violetta prese il giallo ed insieme ad Emma

iniziarono a disegnare un bel pulcino, un fiore, il sole. Il

colore giallo sul foglio bianco non si vedeva quasi, mentre su

quello nero era più evidente. “Vedete bambine, anche il

colore nero ha una sua utilità e, come la paura, va capito!

Siamo noi che possiamo trasformarlo in mille altri colori...”.

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...è un bel colore?» chiese al suo cane Gilberto, il quale,

inclinando la testa rispose con un: « BAU».

Violetta, non soddisfatta, continuò il suo vagare per la casa,

incontrando subito la nonna, poi il nonno, poi mamma e papà.

A tutti fece la stessa domanda, già fatta prima a Gilberto: « Il

verde è un bel colore?».

Alcuni dissero si, altri no, ma Violetta non era soddisfatta di

quelle risposte senza emozioni.

Tornò allora sui suoi passi e fece a tutti una nuova domanda:

«Il verde a cosa ti fa pensare?».

Le risposte, anche in questo caso, furono diverse.

Mamma e papà dissero insieme: «Un bruco verde che striscia

lento!» Il nonno disse: «Le foglie dondolate dal vento!». La

nonna: «Un prato silenzioso!»

A questo punto Violetta si stupì per quanto queste risposte

ricevute si avvicinassero alla sensazione di calma descritta

dal libro letto all' asilo.

Prima quando pensava al verde le venivano in mente solo

broccoli e passato di verdure...

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Con questi nuovi pensieri e tante domande ormai fatte

Violetta stanca si addormentò ed iniziò a sognare.

Si ritrovò nel bosco vicino casa a passeggio con il suo adorato

cane Gilberto.

Non convinta delle risposte che aveva già ottenuto, decise di

continuare a farne delle altre a tutte le creature che avessero

incontrato. Poco dopo incontrarono una coppia di rane vicino

ad un laghetto. Chiesero alle rane a cosa le facesse pensare

il colore verde. Per loro il verde era la calma, rappresentata

dalle foglie che dondolano sull’acqua. Spesso loro ci salivano

sopra per farsi cullare dolcemente.

Salutate le rane s’imbatterono in un piccolo villaggio di Elfi,

ai quali posero la stessa domanda. Anche per i piccoli Elfi il

verde infondeva un senso di calma.

Svegliatasi da questo bel sogno, Violetta …

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...decise che era arrivato il momento di sperimentare il

“Verde”, così alla mattina chiese alla mamma se all’uscita

dall’asilo potevano andare in un posto con tanto verde.

La mamma, come promesso, all’uscita dall’asilo portò in gita

Violetta e Gilberto in un grande prato verde.

Era così grande che Violetta rimase di nuovo senza parole!

Era stupita di tutto quel verde intorno a lei: il prato, le

montagne…

Si mise subito a correre con Gilberto e dopo tanto giocare,

ormai stanca, si sdraiò insieme al suo cagnolino proprio

dentro quel verde.

La sensazione che iniziò a provare…

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...fu una gran calma. Era finalmente convinta che il verde era

il colore che la rappresentava, perché essendo lei una

bambina amante della natura e degli animali, questo colore le

infondeva un senso di libertà, la faceva pensare allo spazio

per giocare con il suo cane Gilberto, a tanta tranquillità e

nello stesso tempo a un posto dove esprimere la sua fantasia.

Finalmente fece un profondo sonnellino; era veramente

soddisfatta e promta per scoprire il significato e le sensazioni

che potevano rappresentare gli altri colori.

Quanto è bello scoprire il mondo!!!!