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VIII Congresso Nazionale SIMEU Rimini COMUNICAZIONI Venerdì 19 Ottobre 2012* * Alcuni lavori potrebbro non essere presenti in quanto i contributi sono arrivati incompleti o mancanti di alcune parti

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VIII Congresso Nazionale SIMEURimini

COMUNICAZIONI

Venerdì 19 Ottobre 2012*

* Alcuni lavori potrebbro non essere presenti in quanto i contributi sono arrivati incompleti o mancanti di alcune parti

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3VIII Congresso Nazionale SIMEU - RiminiCOMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

EVIDENCE BASED NURSING

Insufficienza respiratoria acuta nel paziente dializzato: assistenza e management infermieristico in urgenza

A. Giorgi, L. Pratticò, E. Belloni, T. Mazzoni, C. Del PratoPronto Soccorso, Presidio Ospedaliero Sant’Andrea, La Spezia, Italia

Una corretta valutazione e il management del paziente con insufficienza respiratoria acuta e con insufficienza renale acuta permette un migliore outcome con riduzione dei tempi di trattamento e un aumento della compliance dei paziente verso i supporti respiratori ed eventualmente dialitici che di caso in caso vengono proposti.L’approccio dell’equipe dell’emergenza è volto al miglioramento del quadro clinico polmonare tenendo conto di quelle che sono le problematiche renali primitive e secondarie alla terapia respiratoria.

Attraverso l’analisi dei vari tipi di insufficienza respiratoria acuta nel paziente con insufficienza renale si pone par-ticolare attenzione al quadro dell’edema polmonare acuto e in genere dell’insufficienza respiratoria ipercapnica non cardiogena, e alla sua gestione infermieristica attraverso la stesura di un protocollo in cui, oltre agli esami diagnostici, assumerà importanza la scelta del corretto device per il trattamento con CPAP o con NIMV e la pre-parazione del paziente verso il trattamento emodialitico in emergenza/urgenza.Data l’importanza che il sistema di ventilazione meccanica non invasiva e la dialisi ricoprono, così come eviden-ziato dalle EBM e EBN, nel trattamento di queste patologie è importante che l’infermiere di Pronto Soccorso sappia come ottenere la migliore compliance del paziente attraverso l’uso dei devices specifici per le caratteristiche di ognuno, il funzionamento dei ventilatori utilizzati, l’attento monitoraggi dei parametri vitali e l’attuazione (quando possibile) di un programma educativo pre-dialitico.

Attività medico-infermieristico-assistenziale in OBI: valutazione attraverso un test di gradibilità

S. Tedeschi*, M. Civita*, S. Ferrero*, C. Condò*, E. Mana*, M.C. Sfasciamuro*, E. Pivetta**, E. Funari***, C. Ceravolo***, G.A. Cibinel** S.C. Medicina e Chirurgia d’Accettazione e Urgenza, Ospedali Riuniti di Pinerolo, Italia** Scuola di specializzazione in Medicina d’Emergenza, Università di Torino, Italia*** Laurea in Scienze Infermieristiche, Ospedale S. Luigi, Orbassano, Torino, Italia

IntroduzioneIn Italia l’Osservazione Breve (OBI) è identificata, da normativa, dagli anni Novanta. In Piemonte il DGR n. 114 del 05/02/03 definisce l’OBI un’unità funzionale all’interno della struttura complessa di Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, come soluzione intermedia fra la dimissione ed il ricovero. A Gennaio 2006, è ini-ziata l’attività di OBI presso l’ospedale di Pinerolo (bacino di utenza 136000 ab./1345Km2): nel 2011 il DEA ha registrato 46383 passaggi. L’ospedale è dotato di una Medicina d’Urgenza gestita da personale medico ed infermieristico condiviso con l’adiacente DEA, con 6 posti letto di OBI ad elevata monitorizzazione e 4 di area subintensiva.L’American Nurses Association definisce la soddisfazione del paziente come misura dell’opinione circa le cure ricevute. Davis e collaboratori hanno già validato, nel 1988, un questionario per valutare la soddisfazione dei pazienti in un Dipartimento di Emergenza (DEA), tuttavia questo rimane l’unico strumento disponibile in letteratu-ra. Non esiste invece, al momento, nessuno studio che abbia strutturato strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione del paziente in OBI.

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L’obiettivo dello studio è la valutazione delle qualità tecnico-professionali e organizzative affiancate o meno a un soddisfacente livello di qualità come percepito dai pazienti trattenuti in OBI.

Materiali e metodiIl grado di soddisfazione è stato testato mediante un apposito questionario, somministrato ai pazienti ricoverati in OBI. Questo è stato compilato dal paziente o da un famigliare (nel caso di impossibilità da parte del degente). Nel campione preso in esame (N=57) sono stati inclusi pazienti, di età superiore ai 18 anni, ricoverati in OBI dal Novembre 2011 a fine Gennaio 2012.Il questionario è stato redatto in forma anonima ed è composto da 27 items, suddivisi in macro aree:• qualitàdell’assistenza(ipazientisonostatiinvitatiavalutarelecureerogatedalpersonalemedicoedaquello

infermieristico, quanto tempo hanno dedicato a rispondere alle domande dei pazienti, qualità complessiva delle cure fornite e dell’assistenza erogata dal personale di supporto);

• modalitàdicomunicazione(èstatochiestodivalutarel’adeguatezzadelleinformazionifornite);• aspettialberghieri(soddisfazioneriguardol’ambienteinterminidicomoditàdeiletti,qualitàdeipasti,ade-

guatezza dei servizi igienici).Per ciascuna voce, gli intervistati hanno indicato su scala discreta (da 1 a 5) il grado di soddisfazione.

RisultatiL’età media dei pazienti partecipanti è risultata 71.4 anni ± 17.4. Il 43.9% dei pazienti hanno compilato autono-mamente il questionario mentre il 29.8% ha necessitato dell’aiuto di un famigliare.Per quanto riguarda gli items esplorati, il punteggio mediano è risultato 5/5. In particolare è emersa soddisfazione compresa tra un punteggio di 3 e 5 in 13 items, mentre in 9/27 il punteggio era compreso tra 2 e 5.Maggiore variabilità (valutazione tra 1 e 5) si è rilevata per gli items relativi alle informazioni ricevute sullo stato di salute e al tempo dedicato, al momento della dimissione, per la spiegazione sul proseguimento delle cure.

ConclusioniGlobalmente l’OBI sembra dimostrare, in termini di qualità delle cure effettuate e percepite, un buon risultato. Lo studio inoltre sembra evidenziare una buona fattibilità in termini di valutazione della qualità dell’assistenza in OBI. Sarà però importante completare lo studio con una maggiore numerosità campionaria.

Valutazione della riproducibilità del protocollo triage: l’esperienza del Pronto Soccorso Ospedali Riuniti di Pinerolo ASL Torino 3

E. Mana*, M. Civita*, M.C. Sfasciamuro*, V. Bonetto**, C. Odetto*, M. Pivetta***, E. Laurita*, G.A. Cibinel** Dipartimento di Emergenza, ASL Torino 3, Pinerolo, Italia** Studente Scienze Infermieristiche Università di Torino*** CPO Piemonte

IntroduzioneIn un servizio di Pronto Soccorso dove uno dei problemi prioritari è il sovraffollamento, è fondamentale distribuire le risorse disponibili in base alle necessità cliniche dei pazienti. La funzione di triage ha questo compito.La funzione dei triage è svolta da personale infermieristico del Pronto Soccorso che utilizza algoritmi decisionali e protocolli condivisi per attribuire un corretto codice di priorità. In un contesto complesso come quello del triage dove vi è un alto grado di responsabilità ed autonomia professionale, è importante monitorare le performance e la qualità delle competenze per orientarsi verso un continuo miglioramento e una continua crescita professionale.L’obiettivo di questo lavoro è verificare la riproducibilità dei protocolli di triage in uso stilati sui principali segni e sintomi delle principali patologie di presentazione all’ASL TO 3 Ospedali Riuniti di Pinerolo.

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Materiali e metodiIl campione esaminato comprende la rilevazione dei dati di 500 pazienti afferenti nel periodo compreso tra Mag-gio e Luglio 2011 al nostro DEA di età superiore a 16 anni.Per rilevare i dati è stata costruita una griglia che rappresentasse il processo logico di valutazione che ogni in-fermiere di triage attiva di fronte il paziente in relazione alle rispettive fasi: valutazione primaria e secondaria, assegnazione codice di priorità e rivalutazione.I dati raccolti sono stati analizzati in cieco da 2 infermieri esperti appartenenti al gruppo formazione triage Pine-rolo confrontando tale valutazione con quella effettuata alla porta.L’analisi dei dati è stata effettuata tramite l’utilizzo del coefficiente di concordanza (k di Cohen).

RisultatiL’analisi combinata della concordanza per tutti i codici colore tra i tre infermieri è risultata buona (0,76). Nello specifico, per i codici bianchi buona (0,77), per i verdi la concordanza è risultata molto buona (0,83), per i gialli buona (0,73), per i rossi è risultata moderata (0,6).La concordanza tra i due infermieri esperti è risultata molto buona per tutti i codici (k 0,9).

ConclusioniPossiamo affermare che il protocollo di triage in uso a Pinerolo ha una buona riproducibilità. Probabilmente questo dato è da attribuire alla presenza di un gruppo interdisciplinare di operatori che fanno da riferimento al triage garantendo la continua revisione dei protocolli, sulla base delle linee guida nazionali ed internazionali.Tutti gli infermieri appartenenti al nostro organico hanno partecipato allo stesso corso di formazione di base al triage e viene garantita inoltre la formazione permanente attraverso corsi di triage monotematici ed audit clinici.Riflessione merita il dato emerso a riguardo della bassa concordanza sul codice rosso che potremmo spiegare come un timore di sovrastima da parte degli infermieri in DEA non applicando il protocollo predisposto (dato già ampiamente segnalato in letteratura).

La Scheda Unica di Terapia: l’esperienza della Medicina d’Urgenza dell’ASL Torino 3 Ospedali Riuniti di Pinerolo

Mana* E., Tedeschi* S., Cibin** C., Civita* M., Panero*** F., Cibinel* G.A. * Dipartimento di Emergenza, ASL TO 3, Pinerolo, Italia** Dipartimento di Emergenza, ASL San Luigi Gonzaga, Orbassano, Italia*** Università San Giovanni Battista, Torino, Italia

IntroduzioneSecondo la definizione proposta dal National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Preven-tion, per errore di terapia si intende ogni evento avverso, indesiderabile, non intenzionale, prevenibile che può causare o portare ad un uso inappropriato del farmaco o ad un pericolo per il paziente.La valutazione dell’errore di terapia si basa prevalentemente sulle modalità d’impiego del farmaco e sul rischio clinico che ne può derivare.Nonostante esistano alcuni processi di buona pratica clinica come l’allestimento di preparazioni personalizzate e la presenza di procedure scritte, risultano persistere alcune criticità; una di queste coinvolge la fase della prescri-zione che è soggetta a trascrizione ed interpretazione.Per risolvere i problemi della trascrizione, sia in termini di dimenticanza sia di copia errata, presso la Medicina d’Urgenza di Pinerolo un gruppo di lavoro interno, costituito da medici ed infermieri, ha progettato la Scheda Unica di Terapia (STU).Successivamente, con la collaborazione di uno studente della Laurea magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche, è stato svolto un lavoro di analisi sulle STU per valutarne l’impatto sul gruppo di lavoro della Medicina d’Urgenza e la rilevazione di eventuali errori.

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ObiettiviValutare l’impatto della STU nel processo terapeutico; evidenziare eventuali margini di miglioramento contestua-lizzati alla Medicina d’Urgenza.

MetodiColloquio mirato col personale infermieristico e medico operante in Medicina d’Urgenza. Analisi di 40 cartelle cliniche nel periodo dal 1/10 al 1/12/2011.

RisultatiDall’analisi delle cartelle sono emerse alcune criticità:• 24schederiportavanomodificheeseguiteapenna;• su12schedevieraincongruenzatralacopiapresenteincartellainfermieristicaequellaincartellaclinica;• 27schedenoneranostatesiglatedall’infermierechehasomministratolaterapia;• 13schedepresentavanoincongruenzenell’anagrafica;• 1schedanonerastatavistatadalmedico;• 2schedeeranoassenti.Dal colloquio con il personale è emerso che l’inserimento della STU ha portato un cambiamento organizzativo vissuto positivamente da medici ed infermieri, sottolineando un miglioramento nell’ambito della qualità dell’assi-stenza.

ConclusioniDall’analisi dei dati emerge come qualsiasi cambiamento abbia un notevole impatto a livello organizzativo, e come debba essere bene impostata la progettazione, la presentazione, l’implementazione e la valutazione del progetto.Nella realtà della Medicina d’Urgenza l’introduzione della STU ha portato, come già dimostrato in letteratura, un reale miglioramento del processo terapeutico.In seguito ai risultati di questo studio sono state apportate alcune modifiche necessarie alla Scheda stessa ed al suo utilizzo che sono ancora in fase di sperimentazione.

L’impiego degli indicatori nel processo di triage in Pronto Soccorso: l’esperienza dell’ASL Torino 3 Ospedali Riuniti di Pinerolo

M.C. Sfasciamuro*, E. Mana*, C. Odetto*, M. Civita*, E. Laurita*, M. Crestani**, G.A. Cibinel** Dipartimento di Emergenza, ASL TO 3, Pinerolo, Italia** Dipartimento di Emergenza, ASL TO 3, Rivoli, Italia

IntroduzioneIl processo di triage utilizzato nella realtà in questione consta di 4 fasi: prima valutazione, seconda valutazione, assegnazione del codice di priorità e rivalutazione. In ogni fase vengono utilizzati specifici indicatori: nella pri-ma valutazione gli indicatori vitali, gli indicatori di sofferenza e gli indicatori specifici primari e secondari nella seconda valutazione. Gli indicatori vitali comprendono la valutazione delle funzioni vitali relative all’A,B,C,D. Gli indicatori di sofferenza sono dolore, sanguinamento inarrestabile, ipo/ipertermia e vomito incoercibile. Gli indi-catori specifici primari sono quei segni e sintomi direttamente correlati al sintomo principale riferito; le patologie pregresse e i fattori di rischio rientrano negli indicatori specifici secondari.L’obiettivo dello studio è verificare l’utilizzo degli indicatori nel processo di triage proposto nel Pronto Soccorso in esame.

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Materiali e metodiIl campione esaminato comprende 639 schede. Sono state selezionate 9 schede al giorno (3 per turno) con mo-dalità random, 7 giorni su 7, da Gennaio a Luglio 2010. Le 639 schede sono state analizzate a posteriori dagli infermieri referenti al triage dell’ASL TO 3.

RisultatiDall’analisi dei dati emerge che nel 98% delle schede esaminate gli infermieri di triage utilizzano gli indicatori vitali durante la prima valutazione. L’utilizzo degli indicatori di sofferenza si evince nel 56,3% dei casi. Nel 79,6% emerge l’utilizzo degli indicatori specifici primari, mentre quelli secondari solo nel 37,6%. La rivalutazione viene effettuata nel 4,6% dei casi.

Conclusioni e discussioneL’utilizzo degli indicatori vitali è così preponderante poiché la compromissione di una delle funzioni vitali definisce oltre alla priorità anche la gravità del paziente. Tale valutazione è effettuata immediatamente, all’ingresso in Pron-to Soccorso e senza particolari ausili strumentali ma semplicemente utilizzando il “colpo d’occhio”.Gli indicatori di sofferenza si utilizzano nella valutazione per attribuire un codice ad elevata priorità assegnato non solo in base al sintomo di presentazione o al rischio evolutivo del paziente ma anche al grado di sofferenza o alla presenza di segni o sintomi che compromettono la dignità della persona.La valutazione del paziente è caratterizzata dall’analisi del sintomo/segno guida la cui presenza conferisce un alto indice di sospetto riconducendo la valutazione verso una o più condizioni cliniche. Ecco perché attraverso gli indicatori specifici primari si vanno a ricercare segni e sintomi associati, parametri vitali alterati e altri elementi fondamentali nell’attribuzione del codice di priorità. Non sempre però è possibile ricondurre la descrizione del sintomo/segno guida ad una specifica, quanto mai probabile, condizione clinica. In una percentuale ridotta di casi l’infermiere ha la necessità di ricercare altri elementi che possano aumentare o ridurre il peso delle prime ipotesi formulate, utilizzando gli indicatori specifici secondari.Pur essendo la rivalutazione un elemento fondamentale del processo dai dati emerge che non viene utilizzata nel processo. Questo è imputabile in parte alla carenza di personale infermieristico che non consente di avere in turno due infermieri dedicati al triage e al fatto che per ragioni di tempo spesso non vi è tracciabilità dell’avvenuta rivalutazione.

La posizione degli elettrodi modifica l’efficacia della cardioversione elettrica?

E. Vallaperta, M. Girlanda, G. Mazzone, S. Mantovanelli DAI Emergenza e Terapie Intensive AOUI Verona, UO Pronto Soccorso BT, Verona, Italia

La posizione di tali elettrodi durante la cardioversione elettrica non è univocamente definita ma esistono delle varianti, soprattutto da quando sono state introdotte piastre auto-adesive monouso. Infatti, nelle recenti linee guida (ERC2010), come in quelle passate (ERC2005), non vengono offerte indicazioni specifiche riguardanti il posi-zionamento ottimale degli elettrodi nella terapia elettrica cardiaca. Nelle attuali linee guida (ERC2010) vengono citate diverse opzioni per il posizionamento degli elettrodi (antero posteriore, antero laterale, ascellare media destra e sinistra e antero scapolare destra o sinistra). Nella pratica clinica, però, le due posizioni maggiormente utilizzate sono quella antero laterale e antero posteriore ed è per tali motivazioni che è stato scelto di concentrare la ricerca in questa direzione.L’obiettivo è quello di determinare il miglior posizionamento degli elettrodi nella terapia elettrica cardiaca per una cardioversione di successo, proponendo il confronto tra la posizione antero laterale ed antero posteriore. Per arrivare all’obiettivo prefissato sono stati posti i seguenti quesiti di ricerca:• Risultapiùefficace,interminidishockerogati,energiautilizzataerilasciodiproteinesierichelaposizione

antero laterale o antero posteriore delle placche per la cardioversione elettrica esterna nei pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale?

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• Risultapiùefficace,interminidishockerogati,energiautilizzatalaposizioneanteroposterioreoanterolate-rale delle placche per la cardioversione elettrica esterna nei pazienti adulti affetti da flutter atriale?

Le evidenze scientifiche attualmente esistenti sono state ottenute tramite una ricerca della bibliografica su PubMed e Cinhal, dall’anno 2000 fino ai giorni nostri, e utilizzando le parole chiave: electrodes position, the optimal elec-trodes position, external cardioversion, defibrillation tecnique, transthoracic impedence, antero lateral vs antero posterior position.

La CPAP di Boussignac nell’emergenza extraospedaliera: uno studio descrittivo infermieristico a favore della best practice

I. Prisciandaro*, V. Carletto**, L. Silinbri***, A. Galluzo***** Dipartimento di Emergenza, AOU S. Giovanni Battista, Torino, Italia** Studentessa, Università degli Studi di Torino, Cuneo, Italia*** Centrale Operativa 118 Saluzzo, Italia**** Centrale Operativa 118 Alba, Italia

IntroduzioneLa CPAP di Boussignac (BCPAP) è un dispositivo creato appositamente per la gestione dell’insufficienza respirato-ria (IRA) in ambiente extraospedaliero. Dalla letteratura è emerso come tale presidio consenta all’infermiere una sua gestione in piena autonomia essendo semplice da utilizzare. Ciò nonostante gli operatori coinvolti a più livelli nel settore dell’emergenza hanno il percepito che gli infermieri utilizzino poco la BCPAP.

ObiettiviValutare l’utilizzo della BCPAP da parte degli infermieri del Mezzo di Soccorso Avanzato di Base (MSAB) del 118 al fine di analizzare efficacia, frequenza, modalità di utilizzo ed eventuali cause di problematiche esistenti.

MetodiÈ stato effettuato uno studio in diverse fasi: analisi del contesto attraverso l’analisi retrospettiva delle cartelle clini-che compilate dagli infermieri dei MSAB di Cuneo e provincia da Gennaio 2009 a Maggio 2011. La seconda fase quali-quantitativa ha consentito di raccogliere dati attraverso la somministrazione di un questionario costruito ad hoc composto di 15 items per gli infermieri 118.

RisultatiÈ stato selezionato un campione di 209 soggetti affetti da IRA, di questi solo 5 (2%) sono stati trattati con la BCPAP. Settantasette pazienti (37%) sono stati trattati con ossigenoterapia (O2) e farmacoterapia, 92 (44%) solo con O2 e in 40 casi (19%) non è stato segnalato alcun tipo di trattamento. Si è effettuato un confronto tra i gruppi trattati solo con O2 (92 soggetti) e con O2 in associazione ai farmaci (77 soggetti) ma non con quelli trattati con BCPAP (a causa della scarsa numerosità). È emerso che non vi sono differenze tra i due gruppi (SpO2 media + 12% in entrambi i gruppi) eccetto per la PAO, scesa maggiormente nel gruppo trattato con terapia farmacologica (-20 mmHg). Non è comunque stato possibile fare inferenza statistica a causa della perdita dei dati dalle schede sui parametri vitali post trattamento (70%). Il questionario è stato restituito compilato da 18 infermieri (75%). Si è potu-to osservare come il 90% conosca l’indicazione all’utilizzo del presidio nell’EPA ma ha dubbi (39-67%) sull’uso in altri tipi di patologie. Gli infermieri (89%) si sentono molto insicuri sulle capacità di maneggiare il presidio, il 67% sostiene di non aver mai partecipato a corsi di formazione. Inoltre il 56% dichiara di non sapere dell’esistenza di protocolli 118 per la gestione dell’EPA.

ConclusioniLa carenza di corsi di formazione e la mancanza di protocolli regionali divulgati e condivisi in maniera definitiva rappresentano la principale causa dello scarso utilizzo della BCPAP. Per favorire un maggior utilizzo del presidio

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sono necessari corsi teorico-pratici al fine di colmare carenze formative sul presidio e i gap sulle conoscenze clini-che necessarie per attuare il miglior trattamento. A tal fine si ribadisce l’ importanza di implementare e divulgare al più presto i protocolli esistenti per garantire la best practice per il paziente.

Ecografia infermieristica al triage

S. Donaggio, L. Pratticò, C. Del Prato, E. Belloni, T. MazzoniEmergenza-Accettazione, Pronto Soccorso Sant’Andrea, La Spezia, Italia

L’impiego multidisciplinare dell’ecografo è diventato sempre più attuale per un approccio rapido e non invasivo al paziente, non un’ecografia impiegata ai fini diagnostici ma un ausilio importante, laddove spesso le manovre vengono effettuate alla cieca.Presso il Pronto Soccorso di La Spezia ASL 5, nel periodo compreso tra Ottobre 2011 e Marzo 2012, è stato inserito al triage l’uso dell’ecografo da parte degli infermieri, sono stati valutati circa 200 pazienti con lo scopo di valutare se l’uso dell’ecografo al triage contribuisce a migliorare la qualità del servizio.In alcuni centri l’ecografia infermieristica viene già eseguita come ausilio importante per manovre invasive: reperi-mento accessi periferici poco o non del tutto visualizzabili; verifica posizionamento sondino naso-gastrico; verifica attività cardiaca.Questo progetto ha lo scopo di valutare lo scopo dell’ecografia infermieristica al triage e i risultati ottenuti sono un netto e significativo miglioramento dei tempi di attesa, nella diagnosi, nella gestione del paziente e nell’asse-gnazione dei codici di triage.

Valutazione della riproducibilità dei protocolli di triage pediatrico: l’esperienza del Pronto Soccorso Ospedali Riuniti di Pinerolo ASL TO 3

M.C. Sfasciamuro*, E. Mana*, A. Ghione*, M. Civita*, E. Laurita*, E. Pivetta**, C. Odetto*, G.A. Cibinel** Dipartimento di Emergenza, ASL TO 3, Pinerolo, Italia** Unità Epidemiologia dei Tumori CPO Piemonte, AOU San Giovanni Battista, Torino, Italia

IntroduzioneIl processo di triage riveste un ruolo importante nella pratica infermieristica: al suo interno vi è un problema di salu-te che il cittadino esprime e quindi la necessità di analizzare i bisogni, identificare le priorità e definire gli obiettivi. In particolare il triage pediatrico presenta delle difficoltà oggettive sia nella stesura dei protocolli (scarsa letteratura a disposizione), sia nella gestione della dualità genitori-bambino, sia perché il bambino presenta caratteristiche peculiari (anche differenti nelle varie fasce di età per presentazione del sintomo clinico, parametri vitali, indicatori di sofferenza) e quindi non può e non deve essere valutato come “un piccolo adulto”.

ObiettiviLo studio ha come obiettivo la valutazione della riproducibilità di alcuni protocolli di triage pediatrico a confronto.

MetodiNella realtà in esame sono presenti protocolli operativi di triage che permettono di erogare un’assistenza compe-tente, aggiornata ed uniforme; ci sono 5 protocolli pediatrici (febbre <3 mesi, febbre>3 mesi, dolore addominale, pianto e irritabilità, scroto acuto) e 12 protocolli di triage per l’adulto. Lo studio è stato eseguito su un campione di 635 schede di triage corrispondenti ai pazienti pediatrici transitati nel DEA in questione nel Gennaio 2011 con

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età compresa tra 0 e 16 anni. Per la rilevazione dei dati è stata predisposta un griglia rappresentativa del proces-so logico di valutazione che ogni infermiere di triage attiva di fronte al paziente. I dati rilevati sono stati utilizzati da due infermieri di triage esperti che in cieco hanno attribuito il codice di priorità utilizzando protocolli diversi. Si è perciò rapportato il codice assegnato nella realtà a quello attribuito dai due esperti utilizzando i protocolli in uso a Pinerolo e quelli predisposti nel manuale Il triage pediatrico (Zangardi, Da Dalt, 2008). L’analisi dei dati è stata effettuata utilizzando il coefficiente di concordanza K di Cohen.

RisultatiL’analisi combinata della concordanza tra codice assegnato al triage e codice assegnato dai due esperti in cieco utilizzando il protocollo in uso a Pinerolo è risultata essere modesta (0,24); la concordanza tra il codice di priorità assegnato nella realtà al triage e quello assegnati nella realtà utilizzando i protocolli di Pinerolo e i codici attribuiti dagli esperti mediante i protocolli standard è risultata essere moderata (0,63). Infine si è rapportato il codice di priorità assegnato dai due esperti utilizzando il protocollo in uso a Pinerolo e il protocollo standard la concordan-za è risultata moderata (0,55).

ConclusioniIn conclusione si può affermare l’importanza dello studio come strumento per apportare eventuali interventi miglio-rativi mirati ad un continuo perfezionamento delle performance e della crescita professionale. Lo studio evidenzia le criticità sul protocollo pediatrico in uso a Pinerolo e la non riproducibilità nella realtà, per incompletezza del protocollo e per non utilizzo dello stesso da parte del personale, ed è proprio su questi aspetti che si sta nuova-mente lavorando.

L’osservazione breve intensiva: l’esperienza di Pinerolo

M. Civita*, S. Ferrero*, C. Condò*, E. Laurita*, S. Tedeschi, E. Mana*, E. Pivetta**, M.C. Sfasciamuro*, E. Funari***, G.A. Cibinel** S.C. Medicina e Chirurgia d’Accettazione e Urgenza, Ospedali Riuniti di Pinerolo, Italia** Unità di Epidemiologia, Università di Torino, Italia*** Laurea in Scienze Infermieristiche, Ospedale S. Luigi, Orbassano, Italia

In Italia l’Osservazione Breve (OBI) è identificata, da normativa, dagli anni Novanta. In Piemonte il DGR n. 114 del 05/02/03 definisce l’OBI un’unità funzionale all’interno della struttura complessa di Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, come soluzione intermedia fra la dimissione ed il ricovero. A Gennaio 2006, è ini-ziata l’attività di OBI presso l’ospedale di Pinerolo (bacino di utenza 136000 ab. – 1345 Km2): nel 2011 il DEA ha registrato 46383 passaggi. L’ospedale è dotato di una Medicina d’Urgenza gestita da personale medico ed infermieristico condiviso con l’adiacente DEA, con 6 posti letto di OBI ad elevata monitorizzazione e 4 di area subintensiva.In OBI esistono protocolli interni condivisi per la gestione delle principali patologie.L’OBI per le patologie specialistiche (urologia, chirurgia, ortopedia, neurologia nefrologia) è gestito all’interno dell’ospedale, nei reparti di competenza ma con la corresponsabilità del medico di Pronto Soccorso (PS).Gli OBI dei pazienti pediatrici e con patologie ostetrico-ginecologiche, accedono direttamente alla valutazione specialistica e sono a completo carico dei reparti di competenza.

ObiettiviObiettivi dello studio sono la valutazione dell’attività di OBI (specialistico e di pertinenza esclusiva del PS), il confronto dei tassi di ricovero nel periodo antecedente e successivo l’inaugurazione del reparto di Medicina d’urgenza-OBI, la percentuale dei pazienti trattati, le dimissioni e i ricoveri dopo l’attivazione dell’OBI e la descri-zione di quali siano le principali patologie trattate.

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MetodiSono stati raccolti, retrospettivamente, i dati relativi l’attività della Medicina d’urgenza e dell’OBI, compresi la durata dei ricoveri, la quantità dei pazienti trattati e le patologie principali tramite il sistema informatico utilizzato nell’azienda.

RisultatiIl numero totale degli OBI effettuati a partire dal 2006 è, in media, di 3996/anno. Il tasso di utilizzo dell’OBI è stato costante negli anni (pari al 9% dei pazienti che accedono in DEA). Anche la percentuale dei pazienti dimessi dopo OBI (70%) non ha subito variazioni.Se si analizza invece il tasso di ricovero negli anni precedenti l’apertura dell’OBI e del reparto di Medicina d’Ur-genza possiamo notare che è avvenuta una progressiva riduzione a partire dal 2006 (dal 12.8% nel 2006 al 11.2% nel 2011, p<0.01). Le patologie maggiormente trattate in OBI sono: patologie cardiologiche (18.2%), ad-dominali (13.7%), respiratorie (13%), traumi (11.1%), patologie neurologiche (6.6%), disordini del metabolismo ed intossicazioni (3.4%). Il tempo medio di degenza è compreso tra 6 e 36 ore.

ConclusioniL’OBI a Pinerolo ha avuto un impatto rilevante in termini di riduzione dei tassi di ricovero e dei ricoveri inappropria-ti. Tali stime sono stabili nel tempo malgrado l’elevato turnover che caratterizza il personale medico-infermieristico afferente al DEA e l’aumento dei passaggi annui. Potrebbe essere rilevante verificare l’utilità dell’OBI anche in altre realtà, con e senza personale dedicato, condividendo, a livello nazionale, criteri di accesso e linee guida per il corretto utilizzo di tale potenzialità.

Ecografia infermieristica: fantasia o realtà?

L. GolinelliDEU-Pronto Soccorso, Ospedale B. Ramazzini, AUSL Modena e Carpi, Italia

Basandoci sul profilo professionale dell’infermiere, sul Codice deontologico e sulla formazione individuale possia-mo affermare che l’utilizzo dell’ecografo da parte di personale infermieristico non costituisce alcun reato e non configura l’abuso di professione medica. L’utilizzo dell’ecografia infermieristica vede l’ecografo come supporto tecnologico al processo di nursing e non come strumento diagnostico.Contestualizzando l’ecografia infermieristica all’interno del triage si evidenzia la sua utilità nei distretti pelvico, toracico e vascolare.Ecografia Pelvica nel triage: è indicata per acquisire una stima della necessità o meno di svuotare la vescica (valutando l’eventuale presenza di globo vescicale, qualità delle urine, anuria) oppure per valutare il corretto funzionamento del catetere vescicale in situ.Ecografia Toracica nel triage: è indicata per valutare la dispnea ingravescente in assenza di rumori franchi e per l’attivazione precoce del percorso clinico/assistenziale adeguato.Ecografia Vascolare nel triage avanzato: è indicata per valutare il letto vascolare del paziente allo scopo di identi-ficare rapidamente il sito di posizionamento dell’accesso vascolare periferico in caso di insuccesso della manovra tradizionale.L’esecuzione dell’ecografia infermieristica può essere ostacolata da alcuni fattori:• ladisponibilitàdell’ecografo;• laformazionedeglioperatoriedisponibilitàditutor;• l’ambienteadeguatoagarantirelaprivacy;• l’assenzadifiducianellatecnicaecograficael’adesioneavecchieconcezioni.Questi sono esclusivamente fattori organizzativi; di fatto l’ecografia infermieristica non presenta alcuna controin-dicazione clinica o medico-legale.

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Solamente l’esecuzione dell’ecografia pelvica viene influenzata anche da fattori clinici comuni a tutte le ecografie addominali: obesità del paziente, presenza di meteorismo, addominalgia intensa e vescica vuota.L’adozione dell’ecografia infermieristica al triage trasforma la visione dell’organizzazione del triage stesso. Si passa quindi da un triage spot-check/globale/triage avanzato ad un triage “tecnologico” che consente l’imme-diata presa in carico del paziente e l’attivazione precoce del percorso clinico/assistenziale idoneo ai bisogni dell’utenza.Questo determinerà un aumento della sensibilità e specificità del triage infermieristico e la precocità d’instrada-mento del paziente verso il percorso a lui più idoneo.

Percorsi brevi in Ostetricia e Ginecologia

M. Rosada, C. Soldera, A. Bettiolo, W. Ponticelli, N. Fabiano, G. BelvederiPronto Soccorso Ospedale Angelo, Azienda ULSS 12 Veneziana, Venezia, Italia

ObiettiviDopo consolidata esperienza su percorsi brevi o fast track (FT) in Oculistica, Odontoiatria, Otorinolaringoiatria e Dermatologia, sono stati elaborati ed avviati FT per problemi ostetrico-ginecologici e, successivamente, effettuata una verifica sulla qualità della procedura stessa.

MetodoSono stati redatti due tipi di FT, rispettivamente per problemi di ostetricia (FTOst) e di ginecologia (FTGin), ciascuno comprensivo di criteri di inclusione (Tabella II) e di esclusione dal percorso stesso. Le procedure, appositamente informatizzate, sono state avviate dopo incontri formativi. A 18 mesi abbiamo analizzato numero e tipologia dei FT, appropriatezza nella scelta del criterio di inclusione, riproducibilità tra il personale infermieristico, nonché eventuali eventi avversi.

RisultatiNel periodo analizzato i FT corrispondono al 10.9% degli accessi totali (13735 su 126016); di essi, il 40.2% è di pertinenza ostetrico-ginecologica (Tabella I).

Tabella 1.N° %

FT oculistico 4093 29,8FT odontoiatrico 1786 13FT otorinolaringoiatrico 1868 13,6FT dermatologico 467 3,4FT ostetrico 4134 30,1FT ginecologico 1387 10,1

La tabella II descrive tipo e percentuale dei diversi criteri di avvio ai FT; le motivazioni più frequenti sono “perdite ematiche al 1° e 2° T” e “contrazioni predittive di parto imminente” nel caso di FTOst.”, “meno-metrorragie” nel caso di FTGin.

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Tabella 2.Criteri inclusione FT ostetricia % Criteri inclusione FT ginecologia %

Perdite ematiche 1° e 2° T 26,6 Meno-metrorragia 46,1Perdite ematiche importanti 1° e 2° T (cod. giallo) 2,9 Oligo-amenorrea 4,8

Perdite ematiche 3° T (cod. giallo) 6,6 Leucorre, prurito/bruciore vaginale 8,5Contrazioni uterine 3°T 12,9 Disturbi post interventi ostetrico-ginecologico 6,8Contrazioni uterine 3°T predittive di parto im-minente (cod. giallo) 26,5 Problema ginecologico evidenziato da specia-

lista esterno 8,2

Algie pelviche 21,3 Problemi ginecologici diversi 25,6Mancata sensazione di MAF 2,5Leucorrea, prurito/bruciore vaginale 0,7

Il 2,7% dei casi di FTOst è risultato improprio in quanto le pazienti erano giunte in Pronto Soccorso per motivi estranei alla gravidanza. I FTGin comprendono numerosi casi di “gravidanza iniziale”, non prima accertata.L’errore più frequente dell’operatore è l’attribuzione di “contrazioni predittive di parto imminente” anche nei casi di contrazioni non predittive, a cui necessariamente segue una sopravvalutazione di codifica (16%); è emersa inoltre una sopravvalutazione nel codice verde (21%) ed una sottovalutazione nel codice bianco (27%). L’errata codifica è più frequente in alcuni operatori.

ConclusioniI FT ostetrico-ginecologico consentono l’avvio diretto di un elevato numero di persone. È necessaria una revisione di alcuni criteri di inclusione, specie con alcuni operatori, al fine di rendere più appropriata ed omogenea la scelta del criterio di inclusione e con esso del codice colore.

La formazione dell’infermiere di triage del Dipartimento di Emergenza/Accettazione: l’esperienza del gruppo formazione triage Pinerolo

M. Civita*, E. Laurita*, E. Mana*, M.C. Sfasciamuro*, C. Odetto*, A. Cosola**, P. Esposito**, V. Voi***, C. Masoero***, G.A. Cibinel* * S.C. Medicina Chirurgia d’Urgenza e Accettazione, Ospedali Riuniti di Pinerolo, Italia** Centro Formazione ASL TO 3, Ospedali Riuniti di Pinerolo, Italia*** S.C. Pediatria, Ospedali Riuniti di Pinerolo, Italia

IntroduzioneIn un servizio di Pronto Soccorso (PS) uno dei problemi prioritari è il sovraffollamento: per tale motivo è fondamen-tale distribuire le risorse disponibili in base alle necessità cliniche dei pazienti. I programmi di triage sono gli unici riconosciuti come adatti a svolgere tale compito.Scopo dello studio è stato verificare l’efficacia a breve e lungo termine del corso di triage per infermieri di PS, prendendo come riferimento quello svolto dal Gruppo Formazione Triage degli Ospedali Riuniti di Pinerolo dell’ ASL TO 3.Il corso è articolato in 3 giornate per un totale di 24 ore complessive, in linea con il DPR 43-15182 Regione Pie-monte del 23/03/2005. Il programma prevede:• Igiornata:aspettistoricieteorici,ilprocessoditriagenell’adultoenelbambino;• IIgiornata:lagestionedellerelazioninelcontestodeltriage;• IIIgiornata:iltriagenelpazientetraumatizzato,lavoridigruppoedesercitazionipratiche,presentazionedi

protocolli.

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Peculiarità del corso è la valorizzazione dell’aspetto relazionale tramite una metodologia interattiva con l’utilizzo dellatecnicadelroleplaying.Tra il 2006 e il 2010 sono state effettuate 19 edizioni del corso (270 infermieri partecipanti): il 28.5% provenienti dall’azienda, il 70.4% da altre aziende piemontesi e l’1.1% da altre regioni. Al corso sono stati attribuiti 26 crediti formativi ECM.

MetodiNella prima fase dello studio è stato somministrato ai partecipanti durante il corso (245) un questionario articolato in 30 domande per verificare gli aspetti organizzativi ed i contenuti scientifici proposti (valutazione discreta da “scarso” ad “eccellente”) oltre a quello ECM (scala di valutazione da 0 a 10). Nella seconda fase della ricerca è stato somministrato via e-mai, agli stessi partecipanti un secondo questionario per valutare l’impatto del corso a lungo termine sulla propria attività professionale (70 risposte ricevute).

RisultatiAlla fine del corso il 97% dei partecipanti ha giudicato l’evento formativo da rilevante a molto rilevante, per il 96% la qualità educativa è stata buona o eccellente mentre il corso efficace o molto efficace. La media del voto complessivo ECM è stata di 8.5.Si è evidenziata l’esistenza di gruppi multidisciplinari nella maggior parte delle realtà volti alla condivisione di linee guida comuni nell’attività di triage (55%). Inoltre la sensibilità da parte dei responsabili dei servizi in rela-zione alla funzione dell’infermiere di triage è accresciuta con il passare degli anni (nel I questionario: 28% molto sensibili, 48% abbastanza; nel II questionario, 57% molto sensibili, 26% abbastanza).È emerso come il corso, nell’immediato, fornisca strumenti aggiuntivi per modificare e migliorare la propria attività (48% molto, 40% abbastanza) con una significativa deflessione con il passare del tempo (63% sufficienti, 19% molto).La quasi totalità degli intervistati (73%) non ha più frequentato alcun corso di aggiornamento né sul triage né su altre tematiche.

ConclusioniIl corso per infermieri di triage risulta sufficientemente efficace sia a breve che a lungo termine; punti di forza sono la formazione di classi eterogenee con discenti provenienti da realtà differenti che favoriscono discussione e confronto. Emerge però la necessità di una formazione continua, che possa essere di stimolo per la condivisione di esperienze e protocolli nelle rispettive realtà e per mantenere un livello elevato di motivazione.

L’esperienza del dolore in triage

G. Biffa*, A. Berri**, A. Dellepiane**, O. Di Ridolfo**, B. Scrivano**, M. Marizza**, C. Stuttgard**, V. Campanella**, L. Romano**, F. Altomonte*** Psicologia clinica e psicoterapia, IRCCS-AOU San Martino IST, Genova, Italia ** Emergenza ed Accettazione, IRCCS-AOU San Martino IST, Genova, Italia

L’IRCCS-AOU San Martino-IST di Genova ha un Dipartimento di Emergenza a cui accedono circa 100000 perso-ne/anno (270 /die). Da più di 15 anni sono state attivate fast track che consentono accessi diretti degli Utenti ai Pronto Soccorso ginecologico, otorinolaringoiatrico, oculistico, ortopedico, odontoiatrico e all’ambulatorio delle basse priorità.Ciò nonostante ogni giorno un elevato numero di pazienti a cui è stato attribuito un codice di priorità verde o giallo, rimane in attesa nell’area di triage per periodi variamente prolungati prima di effettuare la visita medica. Più del 50% degli accessi è rappresentato da pazienti che lamentano dolore. Questi fattori accentuano il disagio dei pazienti e dei loro familiari e diventano altresì motivo di stress lavorativo e di insoddisfazione per il personale

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sanitario. L’infermiere non ha infatti la possibilità giuridica di trattare il dolore se non nel contesto di protocolli operativi approvati e sotto la responsabilità medica ed è accertato che oltre il 60% dei pazienti rifiuta il trattamento del dolore prima della visita medica.Dalla letteratura e dall’esperienza clinica si evince inoltre che: se una prestazione inizia al di sotto delle aspettative è molto difficile riguadagnare la soddisfazione del paziente; il tempo senza un’occupazione viene percepito più lungo di quanto in realtà non sia.Per queste ragioni l’area attesa del triage (Secondo Triage) è stata dotata di personale dedicato, per poter garan-tire un contatto frequente col paziente sia a tutela di una possibile variazione della gravità , sia per una migliore gestione dell’ansia. È ovvio che i pazienti vorrebbero essere presi in carico il prima possibile. Il mettere in atto delle azioni correlate al percorso o al servizio per impegnare il tempo dell’attesa è ritenuto utile per far percepire all’utente che il percorso di Pronto Soccorso è già iniziato. Il personale infermieristico dell’area di Secondo Triage ha la possibilità di effettuare prelievi ematochimici secondo protocolli approvati, di effettuare ECG, o di sommini-strare terapia sotto responsabilità del medico in servizio. Inoltre ad ogni paziente e al parente che l’accompagna viene fornito uno stampato che precisa le regole dell’attesa.Obiettivo di questo lavoro è quello di valutare la possibilità di apportare ulteriori azioni migliorative, soprattutto relativamente alla gestione del dolore, finalizzate ad elevare la qualità del servizio erogato e a creare un clima lavorativo meno stressante per gli operatori. Gli autori presentano i risultati di un questionario di autovalutazione somministrato a pazienti adulti che avevano già espresso e quantificato la loro intensità di dolore utilizzando le comuni scale in uso al Pronto Soccorso.

Vita lavorativa in Pronto Soccorso e vita privata: strategie per salvaguardare i reciproci confini

G. Biffa*, F. Altomonte*** Psicologia clinica e psicoterapia, IRCCS AOU San Martino Ist. Genova, Italia** Emergenza ed Accettazione, IRCCS AOU San Martino Ist. Genova, Italia

AbstractLa “sindrome da corridoio” (concetto introdotto dal D.Lgs 81/2008), viene definita dall’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL) come la non capacità di distinguere fra la sfera lavorativa e la sfera della vita privata. «Nel contesto di vita contemporanea si sono annullati i filtri che gestivano le singolarità del quotidiano lavorativo e di quello privato. Si è creato un corridoio senza soluzione di continuità tra gli stimoli propri dell’ambiente e quelli della vita privata. Sempre più spesso, quindi, la famiglia genera o amplifica le tensioni fisi-che, emotive e comportamentali restituendole al contesto lavorativo in un ciclo auto generante». In modo analogo le tensioni lavorative vengono trasportate nella vita privata. In entrambi i casi le due sfere risultano contaminate.Il contesto dell’Urgenza-Emergenza è caratterizzato da ritmi di lavoro incalzanti e discontinui e dall’intensità dell’impegno emotivo. Pertanto, per gli operatori, il rischio di trasferire alla sfera privata residui emozionali è elevato ed aggravato dalla difficoltà a trovare spazi fisici e mentali dove poter elaborare le proprie esperienze, talvolta di vera e propria traumatizzazione vicaria.È facile notare come spontaneamente gli operatori sappiano mettere in atto ritualità finalizzate ad una sorta di de-compressione. Ecco allora a fine turno, ed a prescindere dal passaggio ufficiale delle consegne, il trattenersi negli spogliatoi, davanti alla macchinetta del caffè, nella cucinetta, per parlare, per condividere, per salutare. Il sapersi raccontare, a sé e agli altri, aiuta a diventare resilienti ossia capaci di resistere, di far fronte alle criticità fino a trasformarle in risorse ed in nuove energie. La “smobilitazione emotiva” è di grande importanza per il benessere del singolo, del gruppo e della struttura sanitaria. Sarebbe pertanto utile che l’organizzazione delle attività in area critica prevedesse e legittimasse momenti dedicati al passaggio, all’acquisizione di un permesso interiore proprio, ma anche del gruppo, ad allontanarsi, a non “portare il lavoro a casa”, a rigenerarsi prima del turno successivo.

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Trauma cardiaco chiuso: il ruolo delle metodiche strumentali

P. Ballarino*, A. Berri*, R. Conzi**, C. Gauglio**, C. Losacco**, F. Altomonte** Emergenza ed Accettazione, IRCCS-AOU San Martino IST, Genova, Italia ** DI Tecnologie Radiologiche, IRCCS-AOU San Martino IST, Genova, Italia

Il trauma cardiaco chiuso rappresenta una complicanza del trauma toracico non penetrante, con un’incidenza variabile in letteratura dal 17% al 70%. Ciò significa che, nonostante i meccanismi responsabili del trauma siano gli stessi, in letteratura mancano studi coordinati che presuppongano gli stessi criteri di definizione. In passato il termine “trauma cardiaco chiuso” o “blunt cardiac injuries” era sinonimo di contusione cardiaca, ma negli anni la definizione si è allargata e comprende, oltre alla contusione cardiaca, che non è di facile definizione, i danni meccanici alle camere cardiache, lesioni valvolari, insufficienza cardiaca, lesioni coronariche. La diversità delle strutture cardiache coinvolte rende difficile una diagnosi tempestiva e mirata, per cui è importante conoscere e sapere utilizzare le metodiche strumentali appropriate. L’ECG e gli enzimi cardiaci rappresentano i cardini fon-damentali per porre il sospetto di trauma cardiaco chiuso, ma spesso non sono sufficienti per arrivare ad una diagnosi conclusiva. Le metodiche da prendere in considerazione sono TAC torace, ecocardiogramma, TAC coro-narie, RMN cardiaca. La TAC torace multistrato rappresenta una metodica di uso comune presso la maggior parte dei Dipartimenti di Emergenza che rende possibile una definizione di tutte le strutture toraciche, tra cui il cuore. Il ruolo dell’ecocardiogramma è molto controverso in letteratura, essendo una metodica operatore dipendente, e non esistono grossi studi in proposito; si tratta comunque di uno strumento di facile utilizzo e con costi contenuti. La tac coronarica può essere molto importante nei pazienti in cui si pone il sospetto di una lesione coronarica (circa il 2% dei traumi cardiaci chiusi) e in cui non è sempre facile ottenere un esame coronarografico, tenendo presente che tale metodica presuppone un’attenta lettura da parte di personale esperto. Per quanto riguarda la RMN cardiaca, potrebbe essere il gold standard nei pazienti in cui è forte il sospetto di contusione cardiaca, ma anche nei pazienti con lesioni valvolari e pericardiche. Presso il Dipartimento d’Emergenza dell’IRCCS AOU San Martino IST di Genova è in corso una valutazione retrospettiva dei pazienti con trauma toracico chiuso e sospetto di lesione cardiaca ed è stato iniziato uno studio prospettico in cui vengono valutati i pazienti con fratture di coste/sterno/clavicola e/o lesioni polmonari per valutare l’incidenza di trauma cardiaco chiuso e considerare l’utilizzo della metodica strumentale più appropriata.Tali pazienti vengono sottoposti ad esame ecocardiografico completo e, tenendo conto della clinica e soprattutto delle indicazioni fornite dall’ECG e dai valori di Troponina I, possono andare incontro a metodiche strumentali più complesse ed appropriate.

Il sistema “See and Treat”: applicabilità del modello in un ospedale regionale

M. Marizza, B. Scrivano, A. Berri, P. Ballarino, O. Di Ridolfo, C. Stuttgard, A. Dellepiane, G. Fante, L. Demattei, F. AltomonteEmergenza ed Accettazione, IRCCS-AOU San Martino IST, Genova, Italia

Nei Pronto Soccorsi degli Ospedali Italiani sono visitati ogni anno circa 30 milioni di cittadini (in pratica un italia-no su due) e questo dato ha un tasso di crescita annuale del 5-6%. Di questi, il 15-20% sono pazienti critici o in-stabili (codici di priorità rossi e gialli) ed hanno perciò accesso immediato alle aree d’Emergenza, il 60-75% sono a media-alta complessità di cura (codici verdi) e il 20-25% sono non urgenti perché affetti da patologia minore.L’inappropriatezza della richiesta può essere accertata solo dopo aver fornito una risposta e quotidianamente, perciò, si assiste in Pronto Soccorso a fenomeni di sovraffollamento o crowding. Concorrono inoltre al crowding una serie di fattori quali le cure sempre più complesse, le aumentate richieste di salute, la crisi del sistema delle cure primarie, le fasce vulnerabili, l’invecchiamento della popolazione, le scarse risorse umane e materiali, l’in-disponibilità dei posti letto con “blocco dell’accesso” di non facile eliminazione. È perciò opinione comune che occorra andare oltre al modello organizzativo tradizionale del triage in quanto non più in grado di rispondere,

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da solo, alla gestione delle attese. Diverse sono le proposte operative. L’IRCCS-AOU San Martino-IST di Genova ha un Dipartimento di Emergenza a cui accedono circa 100000 persone/anno (270/die). Da più di 15 anni, ha attivato fast track che consentono l’invio diretto da parte dell’infermiere di triage agli ambulatori di ginecologia, otorinolaringoiatria, oculistica, ortopedia sulle 24 ore e all’ambulatorio di odontoiatria e delle basse priorità nella fascia oraria dalle 8:00 alle 14:00.Gli autori, sempre alla ricerca di un modello organizzativo innovativo che migliori l’efficienza del sistema, riduca l’attesa, incrementi la soddisfazione complessiva del cittadino e l’umanizzazione delle cure, garantendo una tem-pestiva valutazione del bisogno di salute ed una rapida ed efficace risposta hanno voluto verificare l’applicabilità, nella loro realtà, dell’iniziativa See and Treat, proposta dai colleghi della Toscana. Presentano, con questo lavoro, il risultato dell’analisi degli accessi del 2011 di tutti quegli utenti il cui percorso si è concluso con la dimissione e che non hanno potuto usufruire di fast track o percorsi dedicati.

Dalla mappatura delle competenze al piano di inserimento: l’esperienza del Dipartimento di Emergenza di Verona

F. Rinaldi, E. Vallaperta, M. Zandonà Emergenza e Terapie Intensive AOUI Verona, UO Pronto Soccorso BT, Verona, Italia

IntroduzioneLa riorganizzazione del Dipartimento d’Emergenza dell’Azienda Ospedaliera di Verona, unitamente all’apertura del nuovo Pronto Soccorso inserito all’interno di un nuovo polo chirurgico funzionale ed innovativo, sono stati all’origine della necessità di acquisizione di competenze infermieristiche ad alta specializzazione.Si è reso necessario, dapprima, identificare un profilo che disegnasse l’infermiere di Pronto Soccorso nella sua completezza. Successivamente a partire dallo strumento di analisi delle competenze infermieristiche, si è potuto progettare un piano di inserimento per l’infermiere neo-assunto/inserito, e monitorizzare e registrate l’attività for-mativa del personale già in servizio. Il documento redatto garantisce la continuità formativa.

Materiali e metodiLa creazione dello strumento è iniziata attraverso la revisione della letteratura e dei modelli utilizzati precedentemente.Dall’elenco degli indicatori individuati dai diversi autori, un gruppo di infermieri esperti ha eliminato quelli che si ripetevano doppi o replicanti, accorpando quelli con significati più simili e adattandoli alla realtà della nostra UO. Lo strumento ha subito successivamente due verifiche da gruppi di lavoro differenti. L’ultima revisione dello strumento è stata effettuata a distanza di 6 mesi dal trasferimento da parte del gruppo di esperti.

RisultatiLo strumento è un set esplicito di indicatori che esprimono le competenze in tre livelli (Principiante, Abile ed Esper-to) necessarie alla gestione dei pazienti in un servizio di Pronto Soccorso.I moduli sono delle tabelle nelle quali si individua l’indicatore (sono stati presi inconsiderazione 8 categorie: 7 indicatori descritti da P. Benner nel 1982 al quale è stato aggiunto un ulteriore categoria delle “competenze tecnico-gestuali”).Per ogni indicatore vi sono più competenze e queste sono descritte da delle abilità che l’infermiere deve possedere o raggiungere in un tempo predefinito.Il percorso prevede delle valutazioni in itinere atte a registrare I diversi steps ed eventualmente riprogettare la formazione del singolo operatore.

ConclusioniL’analisi delle competenze ha permesso di delineare chi è l’infermiere di Pronto Soccorso, che caratteristiche pro-fessionali deve avere per fornire un’assistenza efficace ed efficiente. Ha permesso di ottimizzare gli inserimenti sia in termini di qualità che di tempo.

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Il coordinatore tutela i suoi collaboratori e li segue attraverso delle valutazioni programmate e trasparenti.Il documento stilato accompagna il professionista nella sua crescita professionale e personale.

L’aspetto comunicativo del triage: gli infermieri del Pronto Soccorso di Borgo Trento (Verona)

A. Corsi, E. VallapertaEmergenza e Terapie Intensive AOUI Verona, UO Pronto Soccorso BT, Verona, Italia

AbstractLa levatura della dimensione relazionale, per l’infermiere, è ciò che costituisce il prendersi cura della persona. Questo è obiettivamente rilevabile dal fatto che su 49 articoli del Codice Deontologico, 15 sono direttamente rife-ribili alla sfera relazionale, e che l’intero patto infermiere-cittadino sottolinea gli obiettivi della relazione d’aiuto.Il triage è la zona del Pronto Soccorso in cui avviene il primo incontro, nonché lo scambio reciproco di informazio-ni, tra utente e infermiere. È un momento molto delicato che incide sulla psiche del paziente, non solo perché deve necessariamente parlare di cose personali, ma anche perché tale comunicazione gli determina spesso un senso di incompetenza, frustazione e passività.Si può agire su questi fattori attraverso l’ambiente fisico e la comunicazione. All’aspetto relazionale si dedica trop-po poco tempo durante i corsi di formazione di triage, lasciando ai professionisti di imparare sul campo, attraver-so competenze apprese o innate.A questo proposito è stato redatto un questionario, per valutare gli atteggiamenti degli infermieri durante la comunicazione con il paziente in fase di triage ed è stato somministrato agli infermieri del Pronto Soccorso di Borgo Trento, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Quello proposto è un questionario a 16 items, tipo Likert; si compone di 2 parti, la prima riguarda le 16 domande a risposta chiusa con 4 possibilità di scelta, che prendono in esame tutta la sfera comunicativa; la seconda parte richiede informazioni riguardo al compilatore, seppure sia un questionario anonimo, viene indagata l’esperienza professionale in anni di Pronto Soccorso, da triagista e come infermiere.Per individuare i legami tra le variabili sono state utilizzate tavole di contingenza e calcolato il Chi-quadro per evidenziare le relazioni maggiormente significative, le elaborazioni hanno restituito anche il p-value, il cui valore indica la significatività del risultato.Obiettivi di questa ricerca: far rifletterre sulle proprie capacità di comunicatori, essere spunto per una formazione specifica.

Risk management: monitoraggio degli atti di violenza vs operatori sanitari e loro contenimento attraverso strategie preventive

P. Bosco, A. Cazzaniga, E. Corona, B. Landi, O. Passeri, M. Pecorino Meli, A. Scanu, L. SignaniEmergenza-Urgenza, Fondazione IRCCS – Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano, Italia

PremessaLa recente letteratura ha evidenziato un aumento degli atti di violenza (aggressione fisica, comportamento minac-cioso o abuso verbale) nei confronti degli operatori sanitari. Si tratta di un fenomeno rilevante e complesso di cui non vi è ancora piena consapevolezza. È pertanto necessario un approccio razionale e sistemico a tutela della salute e sicurezza degli operatori, del mantenimento di un buon clima organizzativo, del contenimento delle rica-dute di carattere economico e sociale.

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ObiettiviImplementare la Raccomandazione Ministeriale n°8/2007 per ridurre gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari e migliorare job e customer satisfaction.

Materiali e metodiMonitorare il fenomeno (incident reporting con database informatizzato), definire un programma formativo mirato, pianificare momenti di audit clinico.

Risultati

Anno N. episodi Verbale Fisici Giorni

d’infortunioOperatori coinvolti

Tipologia aggressore Turno Luogo

2009 31 20 19 19 45/73 (71%)

Assistito 54%Parente 46%

Prevalentemente pomeriggio e notte

Prevalentemente TriagePsichiatria

2010 22 10 12 69 32/77 (42%)

Assistito 63%Parente 37%

Pomeriggio 55%Notte 27%Mattino 18%

Triage 63,6%Astanteria 18%Psichiatria 13,6%Altro 4,5%

2011 33 16 17 14 46/70 (66%)

Assistito 53%Parente 47%

Pomeriggio 29%Notte 62%Mattino 9%

Triage 49%Astanteria 21%Psichiatria 12%Altro 18%

ConclusioniI dati raccolti, pervenuti direttamente dagli operatori, sono in linea con la letteratura scientifica. I destinatari dell’aggressione sono principalmente gli infermieri, seguiti dal personale di supporto e dai medici. Il maggior numero di aggressioni si è verificato nel tardo pomeriggio e nella prima parte della notte dove è presente un’ele-vata concentrazione di utenti/parenti. Nel corso degli anni, si è ridotta l’aggressività verso gli operatori da parte di assistiti con problematiche psichiatriche, ma è sensibilmente aumentata quella proveniente da utenti/parenti in attesa di visita, dimissione o ricovero. Ne consegue che l’elevato tempo di attesa triage-visita e visita dimissione, l’esiguità degli spazi, la carenza di tempi e luoghi da dedicare all’informazione/comunicazione incidono negati-vamente sulla qualità percepita e possono contribuire a scatenare fenomeni di aggressività. A tal proposito sono state definite delle strategie mirate alla gestione del sovraffollamento quali l’implementazione di percorsi fast track, l’attivazione di un ambulatorio di continuità assistenziale per i pazienti con codice bianco e di un programma di triage avanzato con l’immediata presa in carico infermieristica e l’adozione di pacchetti diagnostici (profili) per pazienti con codice verde.Vista l’importanza della relazione con assistiti/parenti sono state adottate iniziative di trasparenza, con un sistema informativo che consente di tracciare l’iter in corso, favorendo la costante informazione a utenti e assistiti. È stato posizionatonell’areastrategicadelProntoSoccorsoundisplayluminosoeverrannodistribuitialtriageopuscoliinfornativi con descrizione sintetica del percorso diagnostico-terapeutico per le principali sintomatologie che spin-gono la persona a rivolgersi al Pronto Soccorso. Sono stati effettuati corsi di formazione mirati e momenti di audit con un’approfondita analisi dei dati, restituzio-ne e condivisione (feed-back informativo) con gli operatori che ha portato a una discreta presa di coscienza del fenomeno.

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VIII Congresso Nazionale SIMEU - Rimini COMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

Valutazione di qualità dell’attività di triage

O. Passeri, P. Bosco, S. Battista, R. De Gennaro, F. Morandi, A. Nastri, M. Pecorino MeliDipartimento di Urgenza, IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano, Italia

PremessaRilevanza e complessità del processo di triage implicano una revisione critica dell’attività. I dati rilevati vengono periodicamente sottoposti ad analisi interna per evidenziare criticità e punti di forza e definire aree di migliora-mento.

ObiettiviEffettuare una valutazione sistematica della qualità del servizio di triage della Fondazione IRCCS Ospedale Mag-giore Policlinico di Milano a tutela di assistiti e operatori.

Materiali e Metodi Lo studio retrospettivo ha considerato gli accessi al Pronto Soccorso Generale nell’anno 2011. È stato costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare. Sono state campionate 450 schede rispettando la distribuzione percentuale dei codici colore e l’equa presenza al triage (almeno 20 schede per operatore). È stata definita una griglia di indicatori: sintomo principale, codice colore assegnato, rivalutazione clinica/strumentale, rilevazione di un pan-nello di parametri, cambio di codice, tempi d’accesso al triage e alla visita. Sono inoltre stati valutati il rispetto dellaprivacy,ilnumerodiallontanati,jobecustomersatisfaction.Iprincipalisistemidiriferimentoutilizzatiperladefinizione degli indicatori di qualità sono stati le linee guida della Regione Lombardia e del Gruppo Formazione Triage,l’AustralasianTriageScale,laCanadianTriageandAcuityScaleelaprocedurainuso.

RisultatiBuona parte dei dati emersi nella review risultano in linea con la letteratura. Il codice colore è stato correttamente assegnato nell’89% dei casi, sono rispettati tempi e modalità di rivalutazione e d’accesso alla visita, sono stati effettuati 14 cambi codice (3,6%). L’identificazione del codice colore risulta correttamente effettuata nel 90% dei casi. La rilevazione completa del pannello di parametri che aveva evidenziato alcune lacune negli anni preceden-ti, ha registrato un trend in crescita che si è attestato intorno al 85% a Dicembre 2011, con ulteriore miglioramento nel2012.Lanormativasullaprivacynonvienerispettata, ilnumerodegliallontanatidal triagerisultaoltre lostandard e sono emersi alcuni deficit informativi. Risulta particolarmente critico il fenomeno del sovraffollamento e in particolare il boarding che interferisce pesantemente sui processi assistenziali, sulla qualità percepita e sulla soddisfazione dello staff che ha segnalato un incremento degli episodi di aggressività verso gli operatori.

ConclusioniLe sottostime non hanno avuto ricadute negative sugli outcomes dei pazienti, sono stati pianificati correttivi per il contenimento (sistematicità nell’analisi, audit clinico, retraining formativo). È in corso un sistematico monitoraggio degli eventi sentinella. Sono stati implementati interventi per la gestione del sovraffollamento e adottate iniziative ditrasparenza,conunsistemainformativo(displayluminosoedistribuzionediopuscoli)checonsentonoditraccia-re l’iter del paziente, favorendo la costante informazione ad assistiti/parenti. È stato implementato un programma di bed management con potenziamento delle attività del servizio preposto.

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21VIII Congresso Nazionale SIMEU - RiminiCOMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

Sperimentazione in Pronto Soccorso generale di un ambulatorio di continuità assistenziale

L. Signani, P. Bosco, E. Corona, V. Merlini, O. Passeri, M. Pecorino Meli, F. Porro, A. ScanuUrgenza-Emergenza, Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Milano, Italia

IntroduzioneSin dagli anni Novanta è stato evidenziato come il sovraffollamento del Pronto Soccorso (PS), soprattutto di codici minori (verdi e bianchi), rappresenti un problema rilevante per la sanità sia a livello nazionale che internazionale. È stata identificata come causa principale l’utilizzo improprio dei servizi dedicati all’urgenza da parte di utenti con richieste di prestazioni che potrebbero essere erogate da servizi socio-assistenziali presenti sul territorio. Questo fenomeno comporta significative ripercussioni sulla popolazione e sul personale sanitario, con spreco di risorse e possibile inefficacia del sistema urgenza-emergenza.

Obiettivi Riportare il PS al ruolo di servizio deputato alla gestione dell’emergenza-urgenza, inviando gli utenti con proble-matiche improprie per il PS in contesti opportuni. Attivare un ambulatorio di continuità assistenziale (ACA) dedica-to agli utenti con codice bianco con finalità di sinergia tra ospedale e territorio a garanzia di una più appropriata gestione delle risorse.

Materiali e metodiÈ stato costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare che ha visto coinvolta l’ASL Città di Milano. Sono stati ana-lizzati dati di sistema, flussi, distribuzione oraria e per codice degli accessi in PS, risorse necessarie e disponibili. È stata effettuata a partire da Agosto 2011, in collaborazione con l’ASL, una sperimentazione per l’attivazione di ambulatorio di continuità assistenziale, all’interno della struttura ospedaliera, dedicato alla gestione dei pazienti con codice bianco.L’ambulatorio operativo nei week-end dalle ore 10 alle 20, situato in un locale adiacente al PS a cui i pazienti giungono dopo aver eseguito il triage, è stato gestito da un gruppo ristretto (n. 9) medici di continuità assistenziale (CA) preventivamente addestrati. L’attribuzione del codice bianco è stata definita con dei criteri restrittivi, in linea con quelli già in uso (programma di triage hi-tech e indicazioni SIMEU). La prestazione fornita è quella di una visita medica generale: in base all’esito il medico può prescrivere gli esami specialistici da prenotare presso l’ente o tramite numero verde, utilizzando il ricettario regionale. Inoltre i medici di CA possono rinviare il paziente in PS in caso di necessità non differibile di esecuzione di ulteriori prestazioni diagnostiche.

RisultatiA distanza di 5 mesi, sono stati analizzati i dati di attività (vedi tabella 1) e i risultati che suggeriscono efficienza del sistema e ottima soddisfazione da parte degli utenti. In particolare, si sottolinea come la modalità sperimenta-ta, si associ ad una netta riduzione dei tempi di permanenza degli utenti in PS ed ad un minore utilizzo in urgenza delle risorse. Limite della sperimentazione l’esiguità dei codici bianchi eleggibili a causa della ristrettezza dei criteri predefiniti per l’assegnazione.

Tabella 1.Attività ACA in PS

N. totale pazienti 446Attesa in minuti 26 Permanenza in minuti 46 Pazienti sottoposti ad esami 26 (5%)Pazienti allontanati 3 (0.67%)

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GESTIONE DEL TRAUMA

Impatto dei traumi lievi-moderati sulla qualità della vita: giovani e anziani a confronto

B. Del Taglia, A. Coppa, F. Trausi, F. Innocenti, R. Pini Dipartimento di Area Critica Medico Chirurgica, Osservazione Breve Intensiva, Firenze, Italia

BackgroundI pazienti anziani che riportano politrauma presentano una prognosi infausta, ma esistono invece pochi dati sul valore prognostico dei traumi a severità intermedia. Lo scopo di questo studio era valutare l’impatto prognostico di questa classe di traumi in gruppi di pazienti di età differenti.

Materiali e MetodiSono stati analizzati in modo retrospettivo i dati relativi ai pazienti traumatizzati ammessi da Luglio 2008 a Gen-naio 2012 nell’Osservazione Breve Intensiva del Dipartimento di Emergenza (OBI). La popolazione in studio è stata suddivisa in due gruppi: G1 (soggetti di età ≥ 65 anni) e G2 (soggetti di età <65 anni). La presenza di co-morbilità(BPCO,insufficienzarenalecronica,cardiopatiaischemica,diabete)edidatipercalcolareInjurySeve-rityScore(ISS),SequentialOrganFailureAssessment(SOFA),APACHEIIandModifiedEarlyWarningSymptoms(MEWS)sonostatiraccoltiall’ammissioneinDEA(T0)edopo24oredidegenzainOBI(T1).Ilpolitraumaeradefinito dal valore di ISS ≥15. Dopo 6 mesi dall’evento traumatico, abbiamo effettuato follow-up telefonico per valutare le conseguenze del trauma sul piano fisico (FC) e psicologico (PC).

RisultatiLa popolazione in studio comprendeva 307 pazienti (pz), età media 54±22 anni, 203 (66%) maschi, 114 sog-getti di età ≥ 65 anni. La presenza di comorbilità era più comune in G1 (47% vs 7%, p<0.0001). Pazienti con politrauma erano presenti nella stessa proporzione nel campione (25% in G1 and 21% in G2, p=NS) e il bilancio lesionale era simile nelle due classi di età (ISS 11±8 in G1 vs 10±9 in G2, p=NS). Sia a T0 (12.4±1.8 in G1 vs 13.9±1.7 gr/L in G2) che a T1 (10.8±1.9 in G1 vs 12.3±1.6 gr/L in G2, all p<0.0001), il valore di emoglobina era più basso in G1; il dosaggio dei lattati (LAC) ed eccesso di basi (BE), era simile nei due gruppi (LAC at T0 1.7±1.3 in G1 vs 1.7±1.1 meq/L in G2, LAC a T1 1.2±0.8 in G1 vs 1.0±0.8 meq/L in G2, tutti p=NS; BE a T0 -0.39±3.6 in G1 vs -0.73±2.8 in G2, BE a T1 0.18±4.1 in G1 vs 0.60±3.0 in G2, tutti p=NS).Gli scores prognostici hanno evidenziato un danno d’organo significativamente peggiore in G1 (SOFA T0 2.3±1.7 in G1 vs 1.51±1.41 in G2, p<0.0001; SOFA T1 2.7±1,8 in G1 vs 1.8±1.2, p=0.009; APACHE II T0 9±4 in G1 vs4±3inG2;APACHEIIT110±5inG1vs3±3inG2,tuttip<0.0001);iMEWSeranosimiliaT0(1.6±1.3inG1vs 1.3±1.0, p=NS), ma significativamente peggiori negli anziani a T1 (1.6±1.3 in G1 vs 0.8±0.9, p<0.0001). In G1 la percentuale di pazienti ricoverati dopo la permanenza in OBI era più alta (88% in G1 e 67% in G2, p<0.0001) e la lunghezza della degenza ospedaliera (LOS) era maggiore (16±18 in G1 vs 8±9 giorni in G2, p<0.0001). Sono stati osservati 11 decessi intra-ospedalieri, tutti in G1; l’incidenza complessiva di sequele per-manenti è stata significativamente maggiore in G1 (18% vs 5%, p=0.0003). Durante il follow-up abbiamo valutato FC e PC prima dell’evento traumatico (BE) e dopo l’evento traumatico (AE). Tra prima e dopo l’evento, sia in G1 che in G2, c’è stato un significativo peggioramento in PC (G1: BE 50±6 vs AE 41±10, p<0.0001; G2: BE 51±6 vs AE 47±9, p<0.0001) e in FC (G1: BE 42±6 vs AE 38±7, p<0.0001; G2: BE 44±5 vs AE 42±6, p=0.002). Comparando G1 con G2, sia PC che FC, erano peggiori sia prima che dopo l’evento (tutti p<0.001).

ConclusioniDopo trauma di gravità intermedia, la percezione della qualità della vita peggiora significativamente, soprattutto negli anziani; a parità di bilancio lesionale, essi mostrano peggiore danno d’organo, più frequenti sequele per-manenti ed una durata della degenza più lunga.

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23VIII Congresso Nazionale SIMEU - RiminiCOMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

Il trauma cranico nel paziente anziano in terapia anticoagulante: uno studio retrospettivo su sei anni di attività di una Medicina d’Urgenza-OBI

A. Riccardi, M. Castelli, P. Minuto, G. Guiddo, L. Corti, F. Frumento, B. Chiarbonello, R. Lerza SC Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, ASL Savonese, Savona, Italia

L’estensione delle indicazioni a prescrivere anticoagulanti orali (TAO) e l’invecchiamento della popolazione ha reso frequente l’incidenza di trauma cranico minore (TCM) nel paziente anziano scoagulato. La gestione di questi pazienti è ancora incerta, per i tempi della TC e le indicazioni all’osservazione.

Materiali e metodi In uno studio retrospettivo abbiamo valutato gli accessi per TCM osservati nel nostro DEA dal 2004 al 2010.

RisultatiAbbiamo valutato 4518 pazienti >65 anni con TCM: 306 pazienti (6.7%) erano in TAO (media 80,34 anni) con 22 (7.19%) emorragie cerebrali. Nel gruppo dei pazienti in TAO, abbiamo identificato 246 pazienti senza altri fattori di rischio (connessi o pre-esistenti al trauma, come definito dalle linee guida), isolando pertanto solo i fattori di rischio età e TAO. In questo gruppo abbiamo osservato 14 emorragie (5.70%). Confrontando questa popola-zione con i pazienti a basso rischio sopra i 65 anni di età (2149 pazienti, con unico fattore di rischio rappresen-tato dall’età) abbiamo documentato un significativo incremento del rischio di sviluppare emorragia cerebrale nei pazienti in TAO (Odds Ratio di 2.82 p<0.001).In 152 pazienti una seconda TC non è stata eseguita (per rifiuto del paziente, o per ricovero ospedaliero). Dei 132 pazienti con prima TC negativa, abbiamo registrato 2 pazienti (1.51%) con TC positiva (1.51%) alla fine dell’os-servazione (24 ore dal trauma): entrambi erano asintomatici e non sono stati sottoposti a trattamento chirurgico. Nei 20 pazienti con prima TC positiva abbiamo osservato 4 decessi (18.19% dei pazienti con emorragie, 1.30% rispetto all’intera popolazione in TAO). In 13 pazienti (50,1%) abbiamo osservato un riassorbimento spontaneo; in 5 pazienti (22,73%) abbiamo registrato un peggioramento delle condizioni pre-esistenti senza intervento chi-rurgico (a causa di comorbilità e di elevato rischio operatorio); mentre 1 paziente (4.55%) è stato sottoposto a craniotomia.L’INR medio è stato di 2,2576, con una media di 2.74 nei pazienti complicati e 2.19 nei rimanenti (p<0.005).Nei pazienti con sintomatologia connessa al trauma, abbiamo osservato un OR di 28.3 (p<0.001) in caso di per-dita di coscienza, un OR di 14.79 (p<0.001) per la cefalea diffusa, e un OR di 5,27 (p<0.005) per la presenza di deficit focali. Non abbiamo raggiunto significatività statistica per l’amnesia.

DiscussioneI nostri dati confermano che l’assunzione di terapia anticoagulante costituisce un fattore di rischio indipendente per sviluppare emorragia cerebrale; tuttavia, lo sviluppo di un’emorragia cerebrale durante l’osservazione sembra essere un evento raro, e, se l’esame neurologico si mantiene negativo nelle 24 ore di osservazione, probabilmente una seconda TC non è necessaria. Essenziale è un adeguato foglio di istruzioni ed una temporanea sospensione della TAO. Il riscontro di una emorragia cerebrale nella prima TC, invece, si conferma come un evento temibile, gravato da un elevato tasso di mortalità o di disabilità residua.

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VIII Congresso Nazionale SIMEU - Rimini COMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

Triage intra ed extra ospedaliero nelle maxiemergenze: quando tutto cambia

L. Golinelli*, A. Orlandini*** Dipartimento di Emergenza-Urgenza, Pronto Soccorso, AUSL Modena e Carpi, Ospedale B. Mamazzini, Italia** Dipartimento di Emergenza-Urgenza, ASMN, Reggio Emilia, Italia

BackgroundIl triage nelle maxiemergenze vede una realtà estremamente eterogenea in termini di protocolli ed algoritmi che raramente vengono confrontati tra loro e spesso sono soggetti ad adattamenti e personalizzazioni.

MetodiAttraverso 23 simulazioni a tavolino sono stati comparati il sistema START (Simple Triage And Rapid Treatment) e l’algoritmo BEST (Burning Extended Simple Triage). Ogni simulazione prevedeva il triage di 40 pazienti (selezio-nati secondo criterio di Baxt e Upenieks) attraverso l’applicazione di START e in un secondo tempo il triage degli stessi con BEST. Utilizzando tempi standardizzati per le singole manovre/valutazioni, si cronometravano i tempi e si analizzavano successivamente i codici colore assegnati.

Risultati L’algoritmo BEST è risultato di più rapida applicazione rispetto all’algoritmo START (T-Test p<0,0001). La sensibilità dei due algoritmi è equivalente (57,14%). La specificità del BEST è pari a 96,15% mentre la specificità di START è pari a 92,31%.

LimitiBasso numero di osservazioni, popolazione composta unicamente di figure infermieristiche operanti nei sistemi 118, sperimentazione esclusivamente a tavolino e non sul campo.

DiscussioneNel pre-ospedaliero l’algoritmo BEST si è dimostrato di più rapida applicazione mantenendo alti livelli di speci-ficità e sensibilità. L’utilizzo di BEST è indicato anche in ambiente intraospedaliero e non necessita di strumenti tecnologici che spesso sono carenti durante la maxiemergenza. Al momento l’algoritmo BEST è l’unico a valutare la reale evolutività del paziente ustionato.

Gestione del trauma cranico lieve in pazienti in terapia anticoagulante orale: complicanze e prognosi

F. Frassi, A. Cipriano, A. Bertini, M. Bardini, F. Leoli, V. Lami, M. SantiniDipartimento di Emergenza-Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa, Italia

BackgroundLa terapia anticoagulante orale (TAO) sembra aumentare il rischio di complicanze legate al trauma cranico (TBI) (1). Non è noto quale percorso diagnostico-terapeutico sia opportuno attuare nei pazienti in TAO vittime di TBI senza complicanze acute.

ObiettiviMonitoraggio delle complicanze a lungo termine conseguenti a TBI in paziente in TAO senza complicanze imme-diate. Valutazione della sicurezza di un percorso di osservazione breve intensiva (OBI) all’interno del DEA.

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MetodiNel periodo dello studio (32 mesi; 11/2009-07/2012) 86 pazienti (età media 78.2±9.5 anni; M=41, F=45) presentavano le caratteristiche di inclusione nello studio (TBI in pazienti in TAO con dosaggio efficace [INR ≥1,5]). A tutti veniva sospesa la TAO e iniziata terapia con Eparine a Basso Peso Molecolare (EBPM) al raggiungimento di un INR <1,5. All’arrivo venivano sottoposti a TC cranio senza mdc (TCsmc), trattenuti in regime di OBI e rivalutati con TCsmc a 24 ore. A distanza di 25-30 giorni eseguivano TCsmc. Criteri di esclusione: INR <1.5 all’arrivo, riscontro di emorragia intracranica all’ingresso.

Risultati La dinamica dei traumi era minore per 77 pazienti, maggiore per 8 e incerta per 1. 52 pazienti eseguivano la TAO per FA, 1 per Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi, 3 per Protesi Valvolare, 8 per pregressa Embolia Polmo-nare, 9 per pregressa Trombosi Venosa Profonda, 12 per ragioni incerte. Il valore medio di INR all’arrivo era di 2,55±1,21 (range 1,51-10,4, Att. Prot. Media 30.00±12.71%, aPTT medio 37.26±12.14 sec). 13 pazienti han-no ricevuto terapia con vitamina K. Nessuno dei pazienti dello studio ha presentato emorragie al controllo a 24 ore. 1 solo paziente (1,16%) ha presentato una complicanza emorragica nel follow-up che ha poi beneficiato di trattamento neurochirurgico. Il paziente era maschio di 68 anni con trauma a dinamica maggiore e INR di 1,92.

ConclusioniNei pazienti in TAO, vittime di trauma cranico lieve, il riscontro di TCsmc negativa all’arrivo esclude, ragionevol-mente, una complicanza emorragica a 24 ore e sembrerebbe escludere la presenza di complicanze emorragiche a lungo termine. In assenza di sintomi specifici, nonostante le indicazioni di alcune Società Scientifiche Interna-zionali (2), risulta eccessivo eseguire routinariamente una TCsmc al termine dell’osservazione per trauma cranico in paziente in TAO. I dati identificano inoltre una bassissima probabilità di complicanze emorragiche a lungo termine. Unico possibile determinante, sebbene la potenza del campione non sia significativa, potrebbe essere la dinamica del trauma. Il trattamento con vitamina K, a causa dell’esiguità del campione trattato e per il bassissimo numero di eventi registrati nel follow-up, non ha evidenziato alcuna differenza di outcome.

Bibliografia(1)ManagementofPrehospitalAntiplateletandAnticoagulantTherapyinTraumaticHeadInjury:AReview.JTrauma

2009; 66: 942-950.(2)VosPE,BattistinL,BirbamerG,etal.EFNSguidelineonmildtraumaticbraininjury:reportofanEFNStaskforce.

EurJNeurol.2002;9:207-219.

Trauma cranico minore: proposta di nuovi indici clinici di risk core T. Balzano*, R. Melodia*, A. Pistone*, P. Pozzessere*, P. Dell’Aquila*, P. Caporaletti*, C. Staiano*, G. Vitariello*, A. Calace**, F. Stea* * Emergenza Azienda Ospedaliera P, Mech Azienda Ospedaliera Policlinico Bari, Italia** Neuroscienze, Neurochirurgia Azienda Ospedaliera P, Bari, Italia

È indubbio che il trauma cranico minore è una delle patologie di più frequente riscontro in un Dipartimento di Emergenza. Sulla base delle linee guida pubblicate negli ultimi anni, non sempre in accordo tra loro, si evince l’importanza dell’esame clinico quale condizione discriminante per poter discernere quei pochi casi che posso-no portare nelle ore successive alla comparsa di lesioni emorragiche con esito fatale. Tuttavia, poiché l’esame neurologico negativo non esclude completamente la presenza di lesioni cerebrali vi è da parte della nostra unità operativa un atteggiamento prudenziale nel gestire pazienti affetti da trauma cranico minore sia in classe di grado 1 senza fattori di rischio che con fattori di rischio aggiuntivi.Uno studio effettuato nell’arco di 16 mesi su 1153 pazienti giunti in Pronto Soccorso per trauma cranico minore, 205 furono i pazienti ricoverati in OBI. Di questi ricoverati per trauma cranico minore, con età media di 63 anni, Glasgow compreso tra 15 e 14, 68 pazienti assumevano antiaggregazione e 23 erano in terapia con anticoagu-

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lanti, il 6 aveva assunto alcool, la restante parte presentava come fattore di rischio l’età avanzata.Tutti i pazienti furono osservati per più di 24 ore con una degenza media di circa 36 ore al fine di evidenziare nuovi criteri di inclusione per evolutività clinica.Nessuno tra tutti i pazienti osservati in OBI con trauma cranico minore grado I, GCS 14-15 senza fattori di rischio presentò durante la degenza un evento emorragico maggiore.Furono osservate lesioni emorragiche cerebrali in 13 pazienti.Tutti i pazienti con trauma cranico grado I e fattori di rischio furono osservati con esame clinico neurologico, TAV cranio al tempo O e sottoposti a TAC di controllo dopo 12 o 24 ore.Tra tutti i pazienti osservati in OBI per trauma cranico minore grado I e presenza di fattori di rischio, dei pazienti in terapia con anticoagulanti, il 22% presentò evento emorragico, ed il 10% di quelli in antiaggregazione, mostrò riscontro di patologia emorragica postraumatica cranica, quest’ultimi tutti con età superiore a 65 anni e ferita lacero contusa del cuoio capelluto.Dei 4 pazienti osservati in OBI per patologia emorragica postraumatica lieve con età media di 77 anni, successi-vamente dimessi dopo breve osservazione 2 assumevano antiaggregazione e 2 anticoagulazione.

ConclusioniTutti i pazienti con trauma cranico minore grado 1 in assenza di fattori di rischio possono essere dimessi dopo TAC ed osservazione di 6 ore perché nessuno tra questi pazienti è risultato positivo ad una TAC di controllo a 24 ore in accordo con le linee guida sul trauma cranico minore.L’antiaggregazione non viene annoverata tra i fattori di rischio ma sembra essere potenzialmente un fattore aggra-vante quando si associa ad una età avanzata e alla presenza di ferita lacero conclusa contusa.Sulla base di queste conclusioni la nostra unità operativa ha messo a punto una scala di valutazione a punteggio che indentifichi meglio i fattori di rischio per evolutività clinica in corso di trauma cranico minore e che tenga pre-sente l’assunzione di antiaggregazione, ferite lacerocontuse del capo in pazienti in età avanzata.

Efficacia della tecnica di Cunningham nella riduzione della lussazione anteriore di spalla: la nostra esperienza

C. Gervasoni, F. De Iaco, M. Palumbo, S. Fichera, A. Razeto, L. Acquarone, F. D’Adamo, M. Licenziato, L. Scarpa, M. Garibbo Dipartimento di Emergenza-Accettazione, Pronto Soccorso, Imperia, Italia

La lussazione anteriore di spalla costituisce evenienza di frequente riscontro in Pronto Soccorso: a nostro avviso l’unico approccio possibile in un contesto di moderna Medicina d’Emergenza-Urgenza è rappresentato dalla totale presa in carico del paziente da parte del personale di Pronto Soccorso: aggressiva e precoce analgesia – eseguita auspicabilmente già al triage – ed esecuzione della procedura di riduzione in sedazione da parte del medico d’urgenza.Tale posizione si fonda innanzi tutto sull’interesse del paziente ma anche su imprescindibili considerazioni organiz-zative: un approccio che coinvolga anestesista ed ortopedico risulterebbe unicamente in un incremento dei tempi e del livello di affollamento del Pronto Soccorso senza alcun vantaggio clinico per il paziente.In quest’ottica ogni opzione terapeutica che semplifichi e velocizzi il percorso del paziente mantenendo inalterata la qualità dell’outcome è da accogliere.La tecnica di Cunningham (tC) consiste nel riposizionamento della fossa glenoidea e nel rilassamento del bicipite brachiale: attraverso la rimozione della doppia ostruzione (meccanica e dinamica) conduce alla riduzione senza trazione della lussazione anteriore di spalla.Abbiamo testato la tC su 8 pazienti (età media 42 anni, range 16-67, 6 maschi e 2 femmine) dei quali 4 con storia di almeno una precedente lussazione della stessa spalla. In tutti i pazienti la procedura è stata eseguita immediatamente all’ingresso in Pronto Soccorso, in assenza di analgesia farmacologica. In 7/8 pazienti la tC ha condotto alla rapida riduzione della lussazione (non più di 3 minuti dall’inizio della procedura). In un caso

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la scarsa compliance del paziente ha determinato la decisione di interrompere il tentativo e passare a tecnica tradizionale in sedazione procedurale.Nella nostra esperienza, dunque, la tC appare efficace e praticabile. Tuttavia sono necessarie alcune considerazioni.Innanzi tutto il nostro approccio si caratterizza per una diagnosi iniziale solo clinica: la diagnosi è basata solo sull’evidenza obiettiva senza conferma radiologica, rimandando ad un’indagine successiva la ricerca di eventuali lesioni associate.In secondo luogo sono stati sottoposti alla tecnica solo pazienti che potessero essere trattati immediatamente all’in-gresso in Pronto Soccorso: i tempi tecnici dell’analgesia superavano i tempi previsti per l’esecuzione della procedu-ra. Tuttavia in qualunque altra situazione sarebbe stata imperativa la somministrazione di un’adeguata analgesia.Infine esiste un bias di selezione, per cui sono stati sottoposti alla tecnica solo pazienti che presentassero condizio-ni fisiche e di compliance tali da far presumere la capacità di eseguire gli ordini dei sanitari.In conclusione, in assenza di evidenze provenienti da studi clinici di maggior livello, riteniamo che la tC dovrebbe far parte delle “technical skills” proprie del medico di Emergenza-Urgenza, pur essendo demandata al suo giudi-zio (clinico e di contesto) la decisione sull’applicabilità al singolo paziente.

Diagnostica maggiore per trauma maggiore: una via sempre corretta?1) Giannazzo G. 2) Pagano D.B. 3) Vanni S. 4) Risso M. 5) Donati M. 6) Chiarlone M.7) Casanoca B. 8) Grifoni S.Dipartimento di Emergenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze, Italia

L’istituzione di linee guida comuni (ATLS®) ha standardizzato e migliorato l’approccio diagnostico ed interventi-stico ai pazienti traumatizzati, fornendo nello stesso tempo un miglioramento della prognosi ed un aumento della sopravvivenza a lungo termine. Nonostante tale “standardizzazione” nell’approccio clinico, non esistono indi-cazioni univoche e specifiche per quanto riguarda la diagnostica di secondo livello da effettuare in tali pazienti.SedaunaparteneitraumacentervièunadiffusatendenzaadunimpiegoestensivodellostudioTCtotalbodydiretto e con mezzo di contrasto (“diagnostica maggiore”), nelle realtà di ospedali più periferici si riscontra l’op-posta tendenza a limitare la diagnostica alla sola radiologia convenzionale (RX ed ecografia) o comunque ad un uso molto più “ragionato” della diagnostica TC.Seppur da un punto di vista qualitativo l’atteggiamento aggressivo proprio dei trauma center risulti di maggior garanzia per la salute del cittadino, anche un così largo impiego di radiazioni ionizzanti presenta alcuni rischi intrinseci.Abbiamo intrapreso questo studio nel desiderio di valutare l’esistenza di criteri clinici che nel paziente con trauma maggiore possano essere indicativi della necessità di ricorrere ad una “diagnostica maggiore”.Sono stati arruolati retrospettivamente 257 pazienti giunti per trauma con codice di triage rosso al Pronto Soccorso (trauma center) della AOU Careggi (Firenze) nel periodo tra il 01 Febbraio 2009 ed il 31 Luglio 2009.Per valutare l’utilità o meno di eseguire indagini TC con MDC in assenza di sospetti clinici diretti di danno orga-nico, abbiamo relazionato ciascun segmento corporeo “TC esplorabile” (testa, torace ed addome) alla relativa valutazione clinica. A tal fine, in accordo con il sistema ABCDE descritto dall’ATLS, abbiamo raccolto tutti i dati ottenibili clinicamente e con l’integrazione della diagnostica bedside di base (EGA, RX, ECO FAST-extended) in tre capitoli distinti: B, C e D. Siamo poi andati a confrontare la relazione tra rilievo clinico negativo per ciascun capitolo e la rispettiva indagine TC con MDC secondo lo schema: B-TC torace, C-TC addome e D-TC cranio.Sul totale di 771 segmenti corporei esaminati (3 per ciascun paziente), abbiamo individuato 325 valutazioni clini-che integrate negative così distribuite: 106 B, 86 C, 133 D. Raffrontando ciascuna di esse alla rispettiva indagine TC, non è stato mai rilevato alcun elemento che potesse essere di alcuna importanza clinica per la gestione clinica o per la prognosi (p< 0.000).In conclusione questo studio suggerisce un impiego della diagnostica TC con MDC mirato sulla valutazione clinica-integrata dei pazienti politraumatizzati. Indica pertanto una potenziale inutilità di esami TC con MDC eseguiti su distretti negativi a questo tipo di valutazione.Ulteriori studi sono necessari per confermare queste osservazioni.

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MANAGEMENT DELLE STRUTTURE IN EMERGENZA-URGENZA

Ridisegnare il sistema dall’analisi dei flussi pazienti afferenti al Pronto Soccorso

A. Revello, A. Simone, D. Livoli, C. Cancrini, F. Pugliese Dipartimento di Emergenza e Accettazione, Ospedale Sandro Pertini, Roma, Italia

IntroduzioneLa costante evoluzione del territorio metropolitano di Roma comporta una pianificazione della risposta sanitaria adeguando la rete ospedaliera ai reali bacini di afferenza per assicurare un’equilibrata distribuzione delle risorse alla popolazione.

ScopoAnalizzare i flussi dei pazienti afferenti al Pronto Soccorso dell’Ospedale Sandro Pertini per valutare una nuova distribuzione delle aree di riferimento.

Materiali e metodi Analizzate n. 41406 cartelle registrate su GIPSE, sono stati considerati “autonomi” tutti i pazienti che non sono giunti in ambulanza. Come riferimento di ASL di appartenenza è stata considerata la ASL di residenza, registrata sulla scheda anagrafica. Sono stati analizzati i dati relativi a: ASL di riferimento dei pazienti, codici di triage ospedaliero, esito per quanto riguarda dimissione, ricovero, trasferimento.

RisultatiIl numero complessivo di accessi al Pronto Soccorso (PS) dell’Ospedale Pertini è stato di 41406, che equivale a 229 pazienti al giorno; di questi il 76.7% (175 pz/die) giunge autonomamente, mentre il 23,3% (54 pz/die) giunge in ambulanza. In rapporto al territorio di riferimento ASL B, si verifica un forte potere di attrazione dai territori confinanti: 49,7% per i pazienti autonomi e 53,8% per gli accessi in ambulanza. In particolare la popo-lazione della ASL RMA incide sul PS del 25,9% per i pazienti che accedono con ambulanza e del 16.7% per i pazienti autonomi. Incidenza inferiore, ma con andamento opposto per la popolazione della ASL RMG: 5,5% per gli autonomi e 3,24% per gli accessi in ambulanza. L’incidenza dalle altre ASL non vede una differenza signifi-cativa tra gli accessi autonomi o in ambulanza e in media si attesta sul 7,3 ASL RMC, 1% ASL RMD, 1,5% ASL RME, 0,8% ASL RMH.La distribuzione dei codici di triage ospedaliero è coerente con l’andamento aspettato, con maggior prevalenza di codici ad altra priorità per gli accessi in ambulanza. In rapporto all’esito del paziente le percentuali di dimissione si attestano sul 70% per i pazienti autonomi e del 50% per i pazienti giunti in ambulanza. Complessivamente vengono ricoverati in ospedale o in altre strutture ospedaliere o CdC 1,1 paziente/10 pazienti autonomi e 3,2 pazienti/10 pazienti in ambulanza. Interessante è notare che il ricovero diretto in ospedale, è rispettivamente del 19% (n. 1814 ricoveri) per i pazienti in ambulanza e 8,4% (n. 2665 ricoveri) per i pazienti autonomi; analogo andamento per i trasferimenti che risulta rispettivamente del 11,25% (n. 1081 trasferiti) per i pazienti in ambulan-za e 2.7 % (n. 856 trasferiti) per i pazienti autonomi.

ConclusioniDalle prime valutazioni il flusso di afferenza dei pazienti sia autonomi sia in ambulanza non rispetta il bacino, ma rispetta regole ergonomiche più agili legate a vicinanza, facile accessibilità stradale e con mezzi pubblici, dispo-nibilità di parcheggio, disegnando un bacino ben lontano dagli schemi teorici di riferimento disegnati nel 1994.

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Uno staff dedicato di medici d’urgenza in dea può ridurre le richieste di consulenze specialistiche, portando ad un effettivo risparmio per l’azienda ospedaliera

Marino R., D’Anna C., Scaglia E., Tagliabue M., Tua A., Petrino R.Dip. Emergenze Urgenze Soc. MECAU, Ospedale S. Andrea Asl VC, Vercelli, Italia

Diventa sempre più importante ottenere in DEA uno staff dedicato di Medici d’Urgenza specificamente formati invece di lasciare che medici di altre specialità coprano i turni rimanendo dipendenti dai loro Dipartimenti di origine. Il vantaggio di tale scelta appare ovvio nella gestione dei pazienti critici, a causa di un’adeguata forma-zione e di specifiche competenze nel condurre scenari di arresto e peri-arresto, ma potrebbe essere tale anche per un’ampia maggioranza di pazienti, meno critici o senza alcuna criticità ma che accedono comunque al DEA alla ricerca di diagnosi e terapia per le loro condizioni acute. La maggior parte di queste condizioni può essere diagnosticata, trattata e dimessa dal Medico d’Urgenza da solo senza che debba chiedere, attendere e affidarsi ad una consulenza specialistica. Questo dovrebbe condurre ad una riduzione del tempo di permanenza in DEA, con i conseguenti vantaggi organizzativi, e ad un risparmio per il DEA e per l’intera Azienda Ospedaliera, perché lo specialista di guardia potrà evitare di passare in DEA la maggior parte del suo turno e potrà quindi dedicare il suo tempo ad esplicare le attività specialistiche proprie della sua disciplina, con un altrettanto evidente beneficio per il suo Dipartimento. METODI: Nel nostro DEA di primo livello con circa 40.000 accessi l’anno, negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti sostanziali in questa direzione, con la creazione progressiva di uno staff dedicato principalmente costituito di medici con specifica formazione e/o esperienza nel campo dell’Emergenza-Urgenza. Uno degli outcome previsti era la riduzione di consulenze specialistiche. RISULTATI: Nella tabella allegata presen-tiamo i dati sulle differenze nel numero di richieste di consulenze specialistiche tra il 2008 ed il periodo Maggio 2010-Aprile 2011, con l’evidente riduzione dei costi corrispondente. CONCLUSIONI: I nostri dati confermano il vantaggio, anche in termini economici, di uno staff dedicato e specificamente formato di Medici d’Urgenza in DEA.

Tabella 1: Numero di consulenze specialistiche richieste in DEA prima e dopo la riorganizzazione, e relativi costi in Euro (il costo standard di una consulenza specialistica è 30 €).

Specialità 2008 Mag 2010 - Apr 2011 Variazione (N.) Variazione (%) Differenza dei costi (€)

Cardiologia 1066 824 -242 -22.70 -7260

Neurologia 1747 160 -387 -22.15 -11610

Pneumologia 784 336 -448 -57.14 -13440Malattie Infettive 318 251 -67 -21.07 -2010Ortopedia 4575 2384 -2191 -47.89 -65730Chirurgia 394 537 +143 +36.29 +4290Urologia 1069 1142 +73 +6.82 2280ORL 914 990 +76 +8.31 +2280Altre 2813 2197 -616 -21.90 -18480

Totale 13670 9903 3767 -27.56 -113010

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Il modello di gestione del paziente critico nelle aree di emergenza del Friuli Venezia Giulia

M. Calci, L. Strizzolo Medicina, Pronto Soccorso - Medicina d’Urgenza, Palmanova, Italia

La gestione del paziente critico negli ospedali di rete presenta grandi differenze sul territorio nazionale, spesso con carenze legate alla mancanza di un setting organizzativo appropriato. Il ruolo del Pronto Soccorso in questo tipo di ospedale è fondamentale nello stabilizzare il paziente prima del ricovero o del trasferimento per il trat-tamento definitivo. Vi è poi l’esigenza di gestire appropriatamente i pazienti che divengano instabili durante la degenza o che non necessitano di cure specialistiche avanzate.Considerando che ogni ospedale, anche piccolo, deve poter gestire le situazioni di urgenza ed emergenza, nel contesto della Provincia di Udine (Area Vasta Udinese), a partire dal 1982 sono state create le Aree di Emergenza (ADE). Tali strutture, istituite dalla Legge Regionale 27/02/95 n.013, sono dotate di tecnologia avanzata (sistemi di monitoraggio telemetrico, ventilatori per NIV e ventilazione invasiva, ecografo, broncoscopio, etc.), a gestione mul-tidisciplinare (medicina d’urgenza-emergenza ed anestesia-rianimazione) nelle quali vengono accolti e gestiti tutti i pazienti critici che non necessitano di prestazioni specialistiche avanzate non presenti nell’ospedale periferico.A titolo esemplificativo viene presentata l’attività dell’ADE di Palmanova relativa all’anno 2010 (tabella 1).

Tabella 1. Attività dell’ADE di Palmanova nell’anno 2010.Patologie Esito

Posti letto 8 Cardiovascolari 42% Dimessi 10%Pazienti 801 Respiratorie 16% Deceduti 10%Degenza media 3 gg Traumi 9%

Trasferiti altri rep 66%Presenza media 82% Shock 6%

Competenza Internista 86% Ictus 10%Trasferiti altri osp. 14%

Altro 17%

ProvenienzaPS 63% Altri reparti 30% Altri ospedali 7%

Dai dati emerge come la tipologia di pazienti sia estremamente varia, e copra tutti gli ambiti dell’emergenza ospedaliera. Le ADE lavorano in stretta collaborazione con i reparti specialistici degli ospedali di riferimento sia inviando che accogliendo i pazienti secondo il modello “Hub and Spoke”. I principali indicatori sono confrontabili con l’attività delle Terapie Intensive.

ConclusioniIl modello dell’ADE appare adeguato a garantire livelli appropriati di sicurezza e efficacia nella gestione del paziente critico negli ospedali periferici, permette un utilizzo appropriato delle risorse, e permette di ottimizzare la fruizione delle attività specialistiche avanzate negli ospedali “Hub” mediante il processo di riaccoglimento del paziente dopo il trattamento.

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Appropriatezza nelle richieste di biomarkers cardiaci in DEA: possiamo ottenere un risparmio effettivo senza ridurre la performance diagnostica?

A. Tua*, R. Marino*, E. Salvador*, G. Patrucco**, M. Ceriati*, L. Andreana*, R. Petrino* * Dipartimento di Emergenza-Urgenza, MECAU, Ospedale S. Andrea, ASL VC, Vercelli, Italia** Laboratorio Analisi, Ospedale S. Andrea ASL VS, Vercelli, Italia

Una migliore organizzazione dei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA) dovrebbe essere il primo passo nel tentativo di ottenere una riduzione dei costi e, allo stesso tempo, migliorare le performance diagnostiche e terapeutiche in Emergenza-Urgenza.Nel nostro DEA di primo livello, con circa 40.000 accessi l’anno, negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti sostanziali in questa direzione, con la creazione progressiva di uno staff dedicato principalmente costitutito da medici con specifica formazione e/o esperienza nel campo dell’Emergenza-Urgenza. Abbiamo quindi notato che il numero di richieste di Mioglobina e Creatinchinasi MB (CK-MB) era eccessivo rispetto all’effettiva necessità di tali dosaggi, in accordo con la letteratura corrente, nel processo diagnostico delle Sindromi Coronariche Acute (SCA).

MetodiAll’inizio del 2010 abbiamo effettuato una revisione della letteratura scientifica più recente in merito, secondo cui non è più necessario effettuare i dosaggi di tutti e tre i biomarkers cardiaci per confermare o escludere il sospetto diagnostico di SCA. Nei pazienti con dolore toracico ed elettrocardiogramma (ECG) basale non diagnostico è sufficientemente sicura durante l’osservazione in DEA la determinazione ripetuta ad intervalli predefiniti di Troponina-I (Tn-I) ad alta sensibilità, gold standard tra i biomarkers di danno miocardico, e l’esecuzione seriata di tracciati elettrocardiografici (ECG). È stata effettuata quindi una revisione del software dedicato alle richieste di laboratorio, eliminando Mioglobina e CK-MB dalle routines standardizzate ma lasciandoli disponibili per la richiesta manuale. Abbiamo infine calcolato il numero di richieste di Mioglobina e CK_MB alla fine del 2010 e confrontato i dati con quelli del 2008. Abbiamo inoltre calcolato, negli stessi periodi, il numero di ricoveri in Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC) e nel reparto di Cardiologia con diagnosi di SCA.

RisultatiNella tabella 1 sono rappresentate le variazioni di richieste, in assoluto ed in percentuale, degli esami presi in considerazione tra il 2008 ed il 2010, con le relative riduzioni nei costi (risparmio totale annuo 52.741€); nella tabella 2 è mostrato il rapporto tra accessi per dolore toracico e ricoveri per SCA negli stessi periodi.

ConclusioniL’accurato monitoraggio dell’appropriatezza delle richieste degli esami di laboratorio nel nostro DEA ha condotto ad un risparmio effettivo senza alcuna riduzione della performance diagnostica. Tabella 1. Numero di richieste per anno di CK-MB and Mioglobina e relativa riduzione dei costi.

2008 2010 Variazione % Riduzione dei costi (€)

Mioglobina 4412 1105 -75% -31370

CK-MB 1419 42 -97% -21371Totale -52741

Tabella 2. Accessi DEA per dolore toracico vs. Ricoveri per SCA.

Accessi DEA per dolore toracico Ricoveri per SCA Rapporto accessi/ricoveri2008 1552 522 33%

2010 1384 462 33%

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Misura del carico di lavoro infermieristico nell’area triage di un Dipartimento di Emergenza

F. Frassi, A. Cipriano, M. Bardini, A. Bertini, F. Leoli, A. Bachini, G. Virgili, M. Santini Dipartimento di Emergenza, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa, Italia

BackgroundSebbene esistano diversi sistemi di misurazione del carico di lavoro infermieristico in ambito intensivo, al momento non sono presenti medesimi sistemi che possano misurare adeguatamente tale carico in un Dipartimento di Emergenza.

ObiettiviIdentificare un sistema di valutazione del carico di lavoro infermieristico che possa esprimere adeguatamente l’attività in un DEA, in particolare riferimento alla postazione di triage.

MetodiNel periodo Marzo-Agosto 2011 all’interno del DEA di Pisa sono stati eseguiti campionamenti delle prestazioni infermieristiche. I periodi di campionamento sono stati uniformemente distribuiti in funzione dell’andamento degli accessi e del carico di lavoro all’interno del DEA sulla base del calcolo del numero di accessi orario. Per eseguire le misurazioni sono stati utilizzati due monitor esterni al lavoro infermieristico che seguivano le attività del perso-nale sanitario durante il turno. Di ogni prestazione è stata calcolata la media aritmetica, il range, la mediana e la deviazione standard.

RisultatiPer misurare il carico orario del lavoro al triage è stato ideato il concetto di “pulse time” definito come intervallo di tempo tra l’arrivo di un paziente e l’altro. Il “pulse time” esprime il il flusso di pazienti (e quindi di bisogni) che afferisce al DEA e che può variare rapidamente in funzione degli accessi. Il grafico seguente (figura 1) identifica l’andamento del “pulse time” nelle 24h nel periodo dello studio. Sono state identificate due linee che misurano il tempo minimo di accettazione di ogni singolo paziente emerso dalla media delle prestazioni misurate. Il valore finale risulta di 7.06 minuti se si considera un solo infermiere di triage oppure 3.03 minuti con 2 infermieri come di consueto avviene nel PS pisano. Quando la curva del “pulse time” è superiore alla media dei tempi di accet-tazione significa che il sistema è in grado di rispondere ai bisogni, se la curva è sotto la linea media dei tempi di accettazione, il sistema genera attesa. Nel periodo 9-21, il sistema è costantemente al limiti della capacità di risposta ai bisogni.

Figura 1. Pulse time dei pazienti nei sei mesi.

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ConclusioniLa misurazione dei tempi di esecuzione delle prestazioni infermieristiche unito al concetto di “pulse time” sono un sistema valido per la stima del carico di lavoro infermieristico all’interno dell’Area di Triage del DEA Pisano.I dati emersi identificano che il pool infermieristico attualmente in forze presso il DEA di Pisa risulta ai limiti dei bisogni assistenziali richiesti nei momenti critici delle giornate analizzate e spesso risulta inferiore ai bisogni ge-nerando inevitabilmente attese.

Customer satisfaction: è il momento di cambiare strategia per ottimizzare i risultati?

F. Leoli, G. Forotti, A. Bertini, A. Cipriano, M. Bardini, F. Cinotti, M. Santini Dipartimento di Emergenza, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa, Italia

La diffusione della cultura della qualità quale processo permanente di confronto per misurare le performance e criticità del sistema attraverso i raggiunti livelli di customer satisfaction è divenuto elemento fondante di una cultura gestionale e clinica .Con il presente lavoro cercheremo di dare una lettura a quanto fatto nella nostra regione applicando il metodo PDCA (Plan-Do-Check-Act).Plan: la Regione Toscana nel 2004 ha deciso di misurare il grado di soddisfazione che gli utenti hanno avuto ricorrendo ai servizi di Pronto Soccorso degli ospedali toscani.Do: l’indagine è stata affidata al Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il metodo utilizzato è stato quello dell’indagine telefonica sulla base di un questionario. Interviste con metodologia CATI (Computer Assisted Telephone Interviews). La popolazione da cui è stato estratto il campione era rappre-sentata dagli utenti del Pronto Soccorso (PS) maggiorenni visitati in 3 settimane tra Settembre e Dicembre 2009. Il questionario verteva su: accesso al PS, assistenza e comunicazione, rapporti personale-paziente, dimissioni, valutazioni complessive, caratteristiche sociodemografiche.Check: i risultati complessivi sono stati scadenti, molto lontano dagli obiettivi prefissati dalla Regione (vedi tabella 1). Particolare criticità è stata rilevata nella scarsa sensazione di presa in carico del paziente, nella sensazione di abbandono e nella comunicazione tra professionisti e pazienti.Act: al fine di migliorare le performances del PS della AOUP nel 2011 è stato posto in essere un corso di forma-zione dal titolo “L’accoglienza e la cortesia nella presa in carico del cittadino in Pronto Soccorso”, della durata di 15 ore e tenuto dalla societa Antiforma s.r.l., corso a cui hanno partecipato tutti I professionisti del PS. Inoltre nello stesso periodo è stato inaugurato il nuovo Pronto Soccorso.Nuovo ciclo PDCA, stesse metodiche ed al punto C stessi risultati deludenti.

DiscussioneSe la customer satisfaction è essenziale al fine di misurare le criticità e le performances del sistema, e visto che le azioni fatte sui professionisti e sulle strutture non hanno avuto effetti significativamente positivi, occorre agire in altro modo. Gli attori del sistema sono sostanzialmente 3: i professionisti, le strutture e gli utenti, ed è proprio su questi che non è stata intrapresa alcuna azione.

Conclusione Noi riteniamo che rendere noto agli utenti quale sia la vera mission del Pronto Soccorso e chi sono i professionisti che vi operano sia la strada da intraprendere al fine di migliorare la soddisfazione del paziente e quindi secondo il concetto di stakeholder anche dei professionisti che vi operano. Questa pensiamo potrà essere in futuro la nostra azione: farci conoscere e far conoscere come lavoriamo, solo così potremo ridurre le aspettative dei nostri pazienti che spesso sono estranee alla mission del Pronto Soccorso e che comunque se non realizzate danno al paziente la sensazione di non aver ricevuto il trattamento adeguato al suo problema.

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Tabella 1.

Accessi nel pronto soccorso dell’ospedale madonna delle grazie di matera: variabile naturale o artificiale per l’azienda sanitaria

Elia G. Bonora M. Sinno C. Romito F. Di Fazio* A.Emergenza-Urgenza, Ospedale Madonna delle Grazie, Matera, Italia*U.O. Medicina Legale e Rischio Clinico, Ospedale Madonna delle Grazie, Matera, Italia

Introduzione. Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo incremento del numero degli accessi in Pronto Soc-corso (PS) fino al quasi quotidiano overcrowding, parola anglosassone ormai in uso nel nostro vissuto quotidiano, che sottointende il sovraffollamento. Il paziente che proviene dal percorso dell’emergenza rappresenta sicuramen-te una variabile per il sistema organizzativo dell’azienda sanitaria: una variabile clinica, in quanto ogni paziente è diverso dall’altro per differenti patologie, gravità del quadro e risposta alla terapia; una variabile dei comporta-menti clinico-assistenziali per differenti livelli di training ed abilità, ma anche per diversi approcci e preferenze di trattamento; una variabile di flusso in quanto insita nella mission di ogni ospedale per acuti (Litvak e Long 2000, Villa et al. 2007). Queste tre variabili hanno come comune denominatore la variabile naturale ed artificiale. La prima è ineliminabile, imprevedibile ed insita nello stato delle cose ed è da gestire attraverso l’utilizzo di modelli previsionali, la creazione di percorsi dedicati alle urgenze, l’attivazione di piani per la gestione delle emergenze e maxiemergenze (disastri, intossicazioni di massa, pandemie). Al contrario la variabilità artificiale, causata da disfunzioni dei processi e spesso legate a comportamenti scorretti ed inadeguati, è eliminabile attraverso interventi di natura organizzativa e di programmazione che devono tendere ad una variabilità controllata, cioè gestita e coerente con la capacità produttiva di una azienda.Materiali e metodi. Il PS dell’Ospedale Madonna delle Grazie, DEA di I livello, conferma il trend nazionale ed internazionale con un crescente numero di accessi, passando dai 28666 accessi del 2007 ai 34124 del 2011 (+16%). Il nostro gruppo di lavoro ha inizialmente preso in esame gli accessi degli anni che vanno dal 2007 al 2011, scorporandoli per accessi/mese e paragonandoli negli anni presi in osservazione. Si è evidenziato come, nell’ambito nel già noto aumento del numero degli accessi, il flusso sia costante ma con picchi di prestazioni nei mesi di Gennaio e Febbraio, legati a patologie stagionali, e di Luglio e Agosto, in relazione al turismo estivo. Peraltro questi picchi di accessi sono presenti in tutti gli anni presi in esame. Poi il nostro studio ha classificato gli

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accesi per giorni della settimana per 28 giorni consecutivi del mese di dicembre del 2010 e del 2011. Ed infine abbiamo focalizzato la nostra analisi sugli accessi nelle 24 ore divisi per fasce orarie di tre lunedì consecutivi. Ancora una volta i flussi sono risultati costanti e prevedibili ed in particolare ci danno delle informazioni fonda-mentali per l’organizzazione del lavoro evidenziando picchi di accessi per le giornate del lunedì e del venerdì ed in particolare nelle fasce orarie che vanno dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 18 alle ore 2. Conclusioni. L’analisi dei flussi ha dimostrato come il numero degli accessi nell’arco degli anni presi in esame, sia non solo prevedibile per picchi stagionali, ma ha anche evidenziato come sia sovrapponibile con variazioni non significative nell’arco dei giorni della settimana e persino per fascia oraria. La riorganizzazione e rimodulazione del modo di lavorare di un ospedale (reparti, servizi, sale operatorie), che analizzi i flussi in PS, avrebbe sicura-mente importanti ricadute sulla sicurezza e sulla qualità dell’iter clinico-diagnostico-terapeutico del paziente che proviene dal percorso dell’emergenza.

Ospedale Sandro Pertini: modello OBI

A. Simone, D. Livoli, C. Cancrini, V. Valeriano, A. Revello, F.R. PuglieseDipartimento di Emergenza-UOC Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Ospedale Sandro Pertini, Roma, Italia

PremessaDal 1 Gennaio 2008 è stata istituita nell’UOC di Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza dell’Ospedale Sandro Pertini di Roma, l’Osservazione Breve Intensiva (OBI), secondo le linee di indirizzo SIMEU-Regione Lazio. In quat-tro anni di attività l’OBI ha costituito una risposta adeguata al sovraffollamento e alla necessità di ottimizzare i ricoveri basata sull’applicazione di criteri scientifici, secondo linee guida internazionali EBM, offrendo un setting assistenziale alternativo al ricovero tradizionale.La base di partenza dell’esperienza OBI è stata la modalità di gestione dei problemi clinici acuti selezionati secon-do il grado di criticità, con necessità di un iter diagnostico non inferiore alle 6 ore e non superiore alle 36 ore, al fine di valutare le reali necessità di ricovero o di dimissione sicura.

Scopo dello studioL’esperienza di 4 anni di gestione ha portato al raggiungimento del gold standard ottimale (70% dimissioni e 30% ricoveri), grazie all’applicazione di un metodo rigorosamente scientifico basato su EBM e condiviso da tutto il personale. L’andamento dei flussi in entrata e in uscita, costante nel tempo, va correlato al metodo: l’OBI non è operatore-dipendente.

Materiali e metodiAbbiamo analizzato i dati dei flussi in entrata ed in uscita dall’OBI, il tempo di permanenza, la percentuale di dimissione nei singoli mesi e dei rientri a 72 ore con il relativo esito del rientro (dimesso, ricoverato, deceduto) da Gennaio 2008 a Dicembre 2011. Inoltre abbiamo valutato l’andamento dei ricoveri per quel tipo di patologia dopo l’istituzione dell’OBI rispetto ad anni precedenti presi a campione.

RisultatiNel periodo considerato sono transitati in OBI circa 20.000 pazienti con una media di permanenza di 30 ore. Il 76%dei pazienti è stato dimesso o trasferito presso strutture esterne (57% dimessi, 19% trasferiti), il 21% ricovera-to, la restante percentuale (3%) comprende i pazienti deceduti e i rifiuto ricovero (figura 1). Il numero medio dei riaccessi in Pronto Soccorso entro 72 ore dalla dimissione è stato di 48,5 pazienti/anno (<2%).Le patologie maggiormente transitate in OBI sono state (figura 2): dolore toracico (25%); sincope (30%); dolore addominale (23%); BPCO (20%); colica renale (15%); polmonite (5%); vertigini (5%); TIA (10%); scompenso cardiaco (8%); trauma cranico (9%).

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䐀椀洀椀猀猀椀漀渀椀

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Figura 1. Esiti dei pazienti transitati in OBI nel periodo considerato.

 ─  ─ ㈀ ─ ㌀ ─ 㐀 ─

䐀漀氀漀爀攀 琀漀爀愀挀椀挀漀匀椀渀挀漀瀀攀

䐀漀氀漀爀攀 愀搀搀漀洀椀渀愀氀攀匀挀漀洀瀀攀渀猀漀 挀愀爀搀椀愀挀漀

吀䤀䄀䌀漀氀椀挀愀 爀攀渀愀氀攀

Figura 2. Patologie transitate in OBI nel periodo considerato.

ConclusioneL’esistenza di percorsi clinico assistenziali post-dimissione e l’adesione a precise linee guida sia sulla gestione clinica sia sul trattamento ha consentito di ridurre il ricovero nella maggior parte dei casi. Il metodo OBI si basa su una continua rivalutazione del paziente, sull’applicazione di procedure e percorsi, sulla verifica dei percorsi tramite audit clinici mirati; inoltre la formazione on field, la motivazione degli operatori e la stratificazione del rischio secondo criteri scientifici portano al percorso più appropriato per il paziente.

Utilizzo appropriato dell’osservazione breve intensiva:esperienza della s.c. medicina e chierurgia d’accettazione e d’urgenza dell’ente ospedaliero ospedali galliera

Corbo M., Pierluigi D., Magioncalda A., Cremonesi P.Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, E.O. Ospedali Galliera, Genova, Italia

A fronte della crescente ospedalizzazione delle cure, domanda di salute e prestazioni sanitarie, dell’indisponi-bilità cronica di posti letto e di servizi territoriali é da anni consolidato anche nella regione Liguria il ruolo della struttura di Osservazione Breve Intensiva (O.B.I.), quale modalità assistenziale alternativa al ricovero tradizionale,

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in grado di garantire alta intensità di prestazioni qualitativamente ottimali, minore spreco di risorse, incrementare l’appropriatezza delle dimissioni dal P.S. e dei ricoveri ospedalieri. Il presente report osservazionale sull’O.B.I. della S.C. Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza dell’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera (D.E.A. di primo livello), presenta una rielaborazione di dati registrati negli anni 2005-2011.Durante tale periodo gli accessi alla nostra O.B.I. sono stati 20404 (età media dei pazienti 59 anni); il tempo medio di permanenza nella struttura è stato di 14 ore e 58 minuti circa. L’esito dall’O.B.I. è stata la dimissione nel 78% ed il ricovero verso altre Unità Operative nel 19% dei casi. L’incidenza media di accessi impropri alla struttura, definiti in base alla delibera regionale n°114 del 05/02/2003, è stata pari al 4% degli accessi comples-sivi; negli anni 2010 e 2011 si è registrato il maggior numero di accessi impropri e di ricoveri verso altre Unità Operative, verosimilmente in rapporto agli effetti della contemporanea politica sanitaria di ridimensionamento dei posti letto per acuti con il conseguente impatto negativo sulla qualità delle performance dei servizi di emergenza, dovuto al sovraffollamento degli stessi. Le patologie a maggiore incidenza (vd grafico) sono state le addominalgie, le toracoalgie e i traumi cranici (19%, 18%, 10% rispettivamente). Sono stati ricoverati verso altre Unità Operative circa il 19% dei pazienti; la maggiore percentuale di ricoveri si è verificata per i pazienti con iperpiressia, insufficienza cardiaca, condizioni geriatriche e socio-assistenziali. Nel 24% dei casi il ricovero è avvenuto nel nostro reparto di Degenza Breve, nel 16% in reparti di Medicina, nell’11% in Cardiologia. E’ stata compiuta inoltre un’analisi dettagliata delle più frequenti destinazioni di ricovero per ciascuna delle 20 patologie di accesso in O.B.I.; il 36% dei ricoveri sugli accessi impropri è avvenuto in Degenza Breve, nel 17% dei casi in Medicina e nel 15% dei casi in Neurologia, in percentuale minore nei reparti di Chirurgia e Geriatria. In conclusione l’overcrowding e l’access block hanno causato un incremento degli accessi in O.B.I. di pazienti con necessità di percorsi diagnostici complessi e cure prolungate,che in parte è stato gestito nel reparto di Degenza Breve. Il lavoro congiunto di queste due strutture del P.S. ha comunque complessivamente raggiunto l’obiettivo di appropriatezza delle dimissioni, riduzione del rischio clinico e ottenuto una netta riduzione dei ricoveri impropri nei reparti di degenza e conseguentemente un risparmio di risorse.

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Uno staff dedicato di medici d’urgenza porta ad un miglioramento progressivo nell’appropriatezza della richiesta degli esami di laboratorio con conseguente riduzione dei costi in dea

Tua A., Marchisio S., D’Anna C., Marino R., Salvador E., Petrino R.1, 3, 4, 5 e 6) Dip. Emergenza Urgenza Soc. MECAU, Ospedale S. Andrea ASL VC, Vercelli, Italia2) Soc Qualità, Ospedale S. Andrea ASL VC, Vercelli, Italia

Le moderne politiche sanitarie ed il controllo di qualità perseguono una migliore appropriatezza nelle richieste di test diagnostici, con l’obiettivo della riduzione dei costi per i sistemi sanitari. L’appropriatezza migliora attraverso processi diagnostici che seguano protocolli evidence-based. In DEA tali protocolli sono applicati con maggiore frequenza da uno staff dedicato e formato all’Emergenza-Urgenza. METODI: Nel nostro DEA di primo livello, con circa 40.000 accessi l’anno, nel 2010 c’è stato un passaggio progressivo ad uno staff dedicato principalmente costituito di medici con specifica formazione e/o esperienza nel campo dell’Emergenza-Urgenza, che ha elimi-nato la necessità di coprire i turni attraverso la rotazione di medici specialisti provenienti da altri dipartimenti. Nello stesso anno sono state riscritte e validate molte procedure diagnostico-terapeutiche per diverse condizioni cliniche nel campo dell’Emergenza-Urgenza e si è provveduto ad una revisione del software dedicato alle richieste di laboratorio, eliminando alcuni esami dalle routines standardizzate ma lasciandoli disponibili per la richiesta manuale. Abbiamo quindi calcolato il numero di richieste di quei test di laboratorio precedentemente inclusi nelle routines e calcolato le variazioni in percentuale e la riduzione dei costi finale. RISULTATI: Nella tabella 1 sono riassunti i dati osservati dal 2008 al 2011. Nella tabella 2 i corrispettivi economici. Il risparmio totale negli anni 2010-2011 è stato di 96.404€, con una riduzione di costi nel 2011 rispetto al 2008 che ha sfiorato i 70.000€. CONCLUSIONI: I nostri dati dimostrano che una corretta applicazione dei criteri di controllo di qualità e quindi l’appropriatezza nella richiesta di test diagnostici sono più probabili in un DEA con staff dedicato ed adeguata-mente formato, con un chiaro vantaggio economico.

Tabella 1: Numero di test di laboratorio richiesti per anno 2008 2009 2010 2011

Urea 9208 7144 5716 2100

CHE 2829 2282 398 300

CPK-MB 1419 26 42 9

Mioglobina 4412 4001 1105 360

D-Dimero 1531 1894 1176 584

Magnesio 543 315 356 274

Fosfati 545 453 55 5

Totale 20487 16115 8848 3632

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Tabella 2: Corrispettivi economici per anno, in Euro. 2008 2009 2010 2011Urea 15193 11788 9431 3465

CHE 5233 4222 736 555

CPK-MB 6243 114 184 40

Mioglobina 39487 35809 9890 3222

D-Dimero 15386 19035 11819 5869

Magnesio 1086 630 712 548Fosfati 654 547 66 6

Totale 83282 72145 32838 13705

Emergenza anziani

Pierluigi D. Montefiori* M. Cremonesi P. Barreca** A. Sartini*** M.Dea, E.O. Ospedali Galliera, Genova, Italia*Diem, Università di Genova, Italia**Dea, IRCCS San Martino, Genova, Italia***Dissal, Università di Genova, Italia

L’obiettivo del lavoro è quello di analizzare le peculiarità del sottoinsieme di pazienti anziani (over 75) che ricevono assistenza presso il Pronto Soccorso (PS) dell’E.O. Ospedali Galliera di Genova (Italia). Il volume dei casi trattati rende il Pronto Soccorso del Galliera uno dei tre più importanti PS tra quelli regionali ed uno dei più importanti a livello nazionale. Oggetto dello studio è un aspetto di grande rilevanza nei Paesi Europei: il ruolo svolto dai pazienti anziani nell’in-fluenzare l’attività di PS sia in termini di costo (analisi economica) sia di qualità (percorso clinico). A tale fine viene utilizzato un database unico nel suo genere, costruito combinando dati relativi al percorso clinico-diagnostico del paziente con i dati economici di contabilità e di costo.L’analisi della componente anziana è ormai di fondamentale importanza e le sue peculiarità non possono più es-sere ignorate da chi desideri implementare una gestione efficiente delle strutture di emergenza. Relativamente alla Regione Liguria, emerge per esempio che un anziano su due, nella fascia di età over 75, ha richiesto assistenza in emergenza-urgenza nell’anno 2009. Quest’ultimo dato, unito all’aumento costante della quota di popolazione ultra settantacinquenne residente in Liguria, si traduce in un aumento della quota di anziani sul totale dei pazienti, ossia in un aumento di quei pazienti che presentano quadri clinici più gravi (tab.1) e la percentuale più alta di ricoveri. In particolare, nell’anno 2009 la popolazione anziana rappresentava il 14% del totale dei residenti a Genova e il 18% del totale degli accessi alla SCMCAU.

Tabella 1: distribuzione % per codice triage (anno 2010 SCMCAU E.O. Galliera)Codice ColoreBianco Verde Giallo Rosso

< 75 9,87% 76,95% 12,24% 0,94%³ 75 3,67% 51,99% 38,11% 6,23%

Totale 8,68% 72,16% 17,21% 1,96%

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La metodologia adottata consiste nel raggruppare dapprima i pazienti in funzione della loro età (under e over 75), quindi nel confrontare ed analizzare dal punto di vista economico-statistico i due sottoinsiemi di popolazione al fine di coglierne le differenze (e le similitudini) più importanti, sia dal punto di vista economico sia da quello del percorso clinico. Per esempio emerge che il paziente anziano più grave (cioè caratterizzato da codice rosso) costa mediamente meno di un paziente “giovane” codificato con lo stesso codice (tab.2).

Tabella 2: costo medio per paziente (valore base codice bianco under 75 normalizzato a 100)

Bianco Verde Giallo Rosso Costo Medio

< 75 100 263 497 763 284

³ 75 138 386 551 602 473

Totale 102 278 521 661 320

Vengono quindi utilizzate tecniche di clustering e di analisi statistico-econometrica, in modo da ricavare infor-mazioni utili (e non altrimenti disponibili) per fornire una migliore comprensione del fenomeno e dotare così il decisore pubblico con nuove informazioni e strumenti utili al miglioramento sia dell’efficienza sia della qualità dei servizi sanitari erogati da una struttura di PS.Riteniamo infatti che un nuovo approccio quantitativo possa consentire, attraverso una migliore comprensione dell’attività di PS, l’individuazione e l’implementazione di nuove soluzioni gestionali più efficienti.

Stato dell’arte del progetto mattoni per l’emergenza

1) Pierluigi D. 2) Cremonesi G. 3) Corbo M. 4) Cremonesi P.SCC. Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, E.O.Galliera, Genova, Italia

Lo Stato del “Progetto Mattoni”Nell’ intento di uniformare il flusso di dati, l’Intesa Stato-Regioni ha avviato nel 2003 il Progetto “MATTONI SSN”, di cui il “mattone11” è dedicato all’Emergenza-Urgenza, P.S. e Sistema 118. Per il 2011, i dati relativi al Flusso EMUR (118 e PS) attestano che 16 Regioni alimentano il flusso 118 e 18 il PS ., anche se si rilevano importanti margini di miglioramento.Circa il Flusso del 118, vengono ad evidenza gli indicatori relativi a:1) Chiamate, Missioni, Interventi e Assistiti: Per le 16 Regioni che hanno inviato dati per il 2011, circa il 53%

delle chiamate ha attivato interventi. 2) Rapporto Interventi/Chiamate per giorno della settimana - a cavallo del week end si sono evidenziate più chia-

mate che non esitano in intervento, con distribuzione chiamate/interventi non omogenea fra le varie regioni.3) Trend delle chiamate: le 16 Regioni che alimentano il flusso EMUR evidenziano riduzione nel mese di Febbra-

io, tendenza all’ incremento nel mese di Maggio ed una nuova linea di decremento a Settembre . 4) Trend delle Chiamate durante l’anno, per mese di competenza: la Regione Toscana precisa che l’eterogeneità

nel trend delle chiamate durante l’anno dipende dalla nuova modalità di registrazione delle stesse, che porta ad ha portato a una maggiore qualità del dato

5) Distribuzione tipo mezzo di soccorso/Num. Missioni: La distribuzione delle regioni invianti mostra come circa i 2/3 delle missioni 118 è avvenuto con Mezzo di Soccorso di base con Soccorritore. Solo il 16% è stato effettuato da Mezzi di soccorso avanzati con medico ed infermiere. La distribuzione è eterogenea fra Regioni

6) Distribuzione missioni per patologia:Il 67% dei record presenta dati non valorizzati o l’inserimento del codice “C2001 Patologia non identificata”.La stessa distribuzione emerge per le età 0-14. Il 49% dei record presenta dati non valorizzati o l’inserimento del codice “C2001 Patologia non identificata”.

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7) Distribuzione delle Missioni per classi di età: si auspica l’adozione della la proposta è di sostituire la prece-dente dicitura con “età presunta”.Per circa il 47% degli assistiti la data di nascita non viene correttamente riportata. Del circa 53% di dati corretti, circa 1/2 è erogato in favore di assistiti Over 65

8) Distribuzione criticità presunta/interventi: circa il 44% degli interventi per cod. gialli, solo il 12% rossi. Il feno-meno è eterogeneo fra regioni

Flusso relativo al Pronto Soccorso: rilevano i dati degli indicatori di:1) Distribuzione Accessi al P.S. per Problema Principale per classi di età: nel 2011 tale dato riferito ai primi 5

problemi principali mostra come circa 1/3 dei casi è relativo a “Altri Sintomi e disturbi”.Essendo la febbre ul-teriore problema rilevato ,il Tavolo propone di analizzare il fenomeno “febbre”, per singola Regione e giorno della settimana.

2) Da Triage Entrata a Livello di Appropriatezza: L’analisi del Triage in entrata e del Livello di Appropriatezza mostra che il 65% è Cod. Verde, il 15 % Cod. Bianco e il 16% Cod. Giallo. Quest’ultimo è confermato in uscita (Livello di appropriatezza) per il 60% dei casi.

3) Distribuzione Accessi per problema principale :Dalla analisi dei dati emerge come il 62% degli accessi sia avvenuto per “decisione propria”

4) Drill Down Triage Rosso che esita in Ricovero: Il focus sugli accessi con esito “ricovero a reparto”, e con Tria-ge Cod. Rosso evidenzia che nel 71% dei casi il codice-colore è stato confermato dal Medico al momento dell’assegnazione del livello di appropriatezza.

5) Door - to - Door Time :Il door-to-door a P. S. per gli accessi di tutte le regioni, quale differenza fra ora/data di entrata e ora/data di uscita, mostra che il 67% degli accessi si concentra entro le 4 ore, in particolare il 45% tra 2 e 4 ore.Lo stesso fenomeno è mediamente riscontrabile per codice triage.

6) Distribuzione Accessi per Esito Trattamento: L’analisi mostra come il 75% degli accessi viene “dimesso a do-micilio”, mentre il 13% ha esito “ricovero in reparto”. Del 75% circa 3/4 sono accessi con codice verde

7) Distribuzione Accessi provenienti da 118 per Diagnosi Principale:il 35% delle Diagnosi principali non è stato rilevato. Le prime tre Diagnosi principali rilevate sono “Sincope e Collasso” (3%), “Commozione senza coma” (1%), “Dolore toracico non specificato” (1%).

Conclusioni e prossimi passi:Il Tavolo aveva definito un futuro incontro del Gruppo di Lavoro nel Giugno 2012.

Il codice verde: significato ed incidenza

M. Rosada, C. Soldera, C. Menegazzo, E. Zaninello, T. Berera, G. BelvederiPronto Soccorso Ospedale dell’Angelo, Azienda ULSS 12 Veneziana, Venezia, Italia

Scopo e metodoNel nostro Pronto Soccorso gli accessi medi annui sono >80.000; applichiamo il triage integrato con 4 codici-colore il cui significato in sintesi è il seguente: codice rosso = alterazione di una o più funzioni vitali; codice giallo = situazioni a rischio di possibile repentina alterazione delle funzioni vitali; codice verde = sofferenza acuta/elevata in possibile danno d’organo viscerale/vascolare; le altre situazioni corrispondono a codice bianco.L’organizzazione interna consta di un’area attrezzata per la gestione dei codici rosso e giallo, ed un’area di am-bulatori per la gestione dei codici verdi e bianchi.Allo scopo di analizzare il necessario divario nei tempi di attesa fra codice verde e bianco, abbiamo confrontato le 2 codifiche occorse nel 2011, rilevandone numero totale ed operatore-dipendente, tempi medi di attesa e rela-tive percentuali di distribuzione nelle diverse fasce temporali di attesa (vedi tabella 1).

Risultati e conclusioniNel 2011 gli accessi totali sono stati 84466, di cui 16381 codici verdi (19,4%) e 51907 codici bianchi (61,4%); la tabella 1 riporta la distribuzione percentuale delle attese nei 2 codici colore e distribuite in varie fasce temporali.

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Tabella 1. Distribuzione percentuale delle attese nei due codici colore e nelle varie fasce temporali.

Tempi attesa/min Codice Verde Codice Biancon° % n° %

≤ 30 min 8464 51,7 21110 40,7≤ 60 min 2481 66,8 9383 58,8≤ 120 min 2733 83,5 9829 77,7≤ 180 min 1418 92,2 4824 87≤ 240 min 658 96,2 2676 92,2≤ 300 min 275 97,9 1534 95,2≤ 360 min 131 98,7 746 96,6≤ 420 min 42 99 376 97,3≤ 480 min 17 99,1 178 97,6> 480 min 162 100 1249 100

L’analisi delle percentuali di codifica verde e bianco, effettuata da ciascun operatore di triage, ha evidenziato una buona riproducibilità nei 2/3 degli stessi, ed uno scostamento più o meno rilevante nell’altro terzo.Anche per questo motivo, non si registra una differenza altamente significativa nelle due diverse tipologie di attesa (codice verde: attesa media 60 min, mediana 28 min; codice bianco: attesa media 80 min, mediana 43 min), come in particolare viene evidenziato dalla distribuzione percentuale entro le definite fasce temporali di attesa.I risultati ottenuti si discostano sensibilmente da quanto atteso, poiché il codice verde dovrebbe rappresentare si-tuazioni nettamente prioritarie rispetto al codice bianco; le cause di ciò si possono riassumere in 2 ipotetici motivi: la differenza di codifica tra operatori e la “necessità” di anticipare la chiamata del codice bianco per “snellire la lista” o per interrompere attese “apparentemente” lunghe.

Progetto codici minori - MMG in Pronto Soccorso: un percorso controverso.Sei mesi di attività presso l’Ospedale Sandro Pertini di Roma

A. Revello, P. Daniele, A. Simone, F. PuglieseDipartimento di Emergenza, Ospedale Sandro Pertini, Roma, Italia

IntroduzioneNell’Aprile 2012 in alcuni Pronto Soccorso del Lazio è stato introdotto dalla Regione Lazio un nuovo percorso sperimentale per i codici minori e gli accessi impropri, gestito dal medico di Medicina Generale (MMG).

ScopoVerificare dopo i primi 6 mesi di attività il raggiungimento degli effetti desiderati quali: riduzione delle attese per i codici minori; proporzionata riduzione dei tempi d’attesa complessivi; maggiore appropriatezza di assegnazione del codice di priorità bianco (riduzione dell’overtriage nei codici verdi conseguenza di un triage situazionale); riduzione della conflittualità.

Materiali e metodi L’ospedale Sandro Pertini, 300 posti letto, sede di DEAI livello, conta 80.000 accessi/anno, con una media di 55 ambulanze/die e circa 20-25 pazienti costantemente in boarding. L’attivazione del percorso ha richiesto l’aggior-namento dei protocolli di triage per individuare i quadri sindromici da poter indirizzare a tale percorso da parte dell’infermiere di triage. I criteri di inclusione sono: codici bianchi o verdi a bassa complessità, età >14 anni; NRS

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<5; paziente autosufficiente, con sufficiente capacità cognitiva o adeguato supporto familiare. I criteri di esclusio-ne sono: età <14 anni, competenza ginecologica-ortopedica-chirurgica, infortuni INAIL, patologie neurologiche acute, patologie psichiatriche, pazienti inviati in Pronto Soccorso dal curante o da strutture sanitarie. Sono stati ef-fettuati incontri formativi per gli infermieri di triage per l’aggiornamento sui nuovi protocolli e per i MMG per l’uso del programma informatico GIPSE. Il percorso è attivo dalle 8 alle 20 di tutti i giorni, compresi i festivi. Il MMG può eseguire, oltre alla visita, valutazioni basali bedside, richiedere in casi selezionati consulenze otorinolaringo-iatriche e oculistiche, prescrivere terapie per patologie acute e/o accertamenti diagnostici da prenotarsi al ReCUP, redigere certificazioni di malattia on-line. In caso di necessità di accertamenti diagnostici in emergenza/urgenza, osservazione clinica o ricovero il paziente viene riassegnato al percorso a “media/alta complessità” e preso in carico dal medico di Pronto Soccorso. Il monitoraggio e la verifica dell’attività prevede report mensili e trimestrali.

Risultati attesiPer la valutazione dei primi 6 mesi di attività (Aprile-Settembre 2012) sono stati individuati criteri ed indicatori per valutare gli effetti sull’attività di Pronto Soccorso in rapporto ai dati di attività 2011: tempi di attesa alla visita codici verdi e bianchi totali: attesa riduzione 10%; tempi di permanenza dei codici bianchi e verdi: attesa riduzio-ne 10%; “Non risponde a chiamata”: <2%; % accessi ambulatorio codici minori: 20%-30%; % riassegnazione al percorso emergenza/alta-media complessità <5%; % ricoveri a 7 giorni: <2%: riduzione richiesta consulenza ed esami diagnostici per codici bianchi: 10%.

Il referto all’autorità giudiziaria: modalità, obblighi e considerazioni da un’analisi sull’attività dell’ultimo anno

G. Belvederi, N. Fabiano, T. Berera, A. Pellegrini, M. Calabrò, L. ArenaEmergenza-Urgenza, Pronto Soccorso Ospedale dell’Angelo, Venezia Mestre, Italia

Introduzione La comunicazione all’autorità giudiziaria rappresenta uno dei compiti del medico, e del medico dell’urgenza in particolare. Il referto all’Autorità Giudiziaria è l’atto scritto col quale il medico riferisce di avere prestato la propria assistenza o opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto perseguibile d’ufficio. Non è una denun-cia qualsiasi, poiché si tratta di una segnalazione diretta ad assicurare all’autorità giudiziaria lo svolgimento dei propri compiti in ordine alla repressione dei reati. L’articolo 365 del Codice Penale statuisce l’obbligo del referto e ne punisce l’omissione.La casistica oggetto di referto è assai numerosa, poiché i delitti perseguibili a querela di parte sono l’eccezione, e non la regola.Si tratta di delitti contro la vita (omicidio e istigazione al suicidio); contro l’incolumità individuale (lesioni personali colpose e dolose); contro l’incolumità pubblica; contro la libertà individuale; contro la famiglia; delitti sessuali; interruzione di gravidanza; manomissione di cadavere.Uno degli elementi che, a parere degli autori, va preso in considerazione, è la poca chiarezza nella diffusione delle normative di cui in oggetto, la loro conoscenza, da cui consegue molto spesso un’inappropriatezza del refer-to stesso e così un’eccessiva produzione di comunicazioni all’autorità giudiziaria senza che incorrano le suddette tipologie di reato perseguibile d’ufficio.

Materiali e metodi Gli autori hanno eseguito una review delle dimissioni dal Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre nel periodo compreso tra l’Aprile 2011 e l’Aprile 2012, di quei pazienti dei quali era stata compilata la comuni-cazione all’autorità giudiziaria. Sono stati registrati in totale 252 pazienti. La tipologia dei referti ha riguardato per lo più due grandi gruppi di reati ipotizzati, ovvero le lesioni personali colpose e le lesioni personali dolose, distinguendo tre gruppi di eventi specifici, e cioè gli incidenti della strada, le percosse-aggressione e gli incidenti sul lavoro. Più precisamente sono stati emessi 156 referti (61,9%) per incidente della strada, 18 per infortunio sul

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lavoro (7,14%) e 78 per percosse-aggressione (30,95%). Selezionando i criteri di legge indicati dal Codice Pena-le per disciplinare l’obbligo di referto, si è valutata l’inappropriatezza dei referti stessi in numero di 174 (69,04%).

ConclusioniL’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria da parte del medico non può prescindere da una precisa co-noscenza delle norme che la disciplinano. Un’accurata revisione dei dati rende manifesta l’inappropriatezza di un numero elevato di referti, che non avrebbero dovuto essere prodotti in quanto non costituivano segnalazione di reato perseguibile d’ufficio. Poiché la convinzione che sia meglio un referto in più piuttosto che uno in meno è errata ancorché obsoleta, e poiché il medico che a ciò, e non a rigida applicazione delle norma si attiene, incorre nella rivelazione di segreto professionale, è auspicabile un’adeguata gestione della problematica al fine di evitare tali spiacevoli conseguenze.

Epidemiologia degli accessi dei pazienti adulti nei Pronto Soccorso della Regione Friuli Venezia Giulia nel 2006

M. Calci*, F. Valent*** Medicina, Pronto Soccorso-Medicina d’Urgenza, Palmanova, Italia** Direzione Regionale Sanità, Udine, Italia

In letteratura non sono presenti dati relativi alla tipologia di pazienti che accedono al Pronto Soccorso (PS) in ter-ritori estesi a livello nazionale ed internazionale. La comprensione di quali siano i motivi di accesso e le patologie che vengono gestite e trattate in PS e la loro evoluzione nel tempo può fornire importanti informazioni sul tipo di risorse necessarie per la gestione del PS e sulla richiesta di salute del cittadino.In Friuli Venezia Giulia è in uso un programma di gestione del PS ed un sistema di triage unico. Nel programma è stato previsto l’inserimento obbligatorio di una diagnosi codificata di uscita, in modo da poter creare una raccolta dati utile alla caratterizzazione dei pazienti che accedono al PS. Vengono qui analizzati i dati relativi all’anno 2006, raccolti negli ospedali regionali relativi ai pazienti adulti. La percentuale di diagnosi non specificate risulta del 10%, dato uniforme nei PS regionali, ed indicativo in genere di patologie di minor rilevanza, che quindi non appare interferire con la validità dei risultati.

Tabella 1. Le patologie più frequenti nei PS.Pazienti totali in PS 474.073 Patologie Trauma 100%Pazienti elegibili 421.653 Aritmie 3,9% T grave 23%

CPT ischemica 1,4% T lieve 77%Apparati SCA 1,1% Addome 0,9%Cardio 15,9% Dol toracico 4,1% Arti 60,1%Gastro/ent. 10,6% Emb.polm. 0,1% Colonna 9,9%

Neurol. 3,4% Scomp. Card. 2,0% Cranio 20,6%

Trauma 33,9% Sincope 1,4% Torace 8,5%

Resp/Inf. 5,1% Ictus 0,6% Dimessi

Special. 19,4% Polmonite 1,0% Deceduti

Psic. 2,6% Sepsi 0,1% RicoveratiAltro 6,1 Shock 0,1% TrasferitiNon spec. 2,9% Vertigine 1,2%

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Nella tabella 1 sono riportate le patologie più frequenti. Le patologie traumatiche sono le più rilevanti come nu-mero, tra queste il 77% sono patologie minori, risolvibili per la maggior parte direttamente in PS; in 21.805 casi è invece stato necessario l’intervento specialistico o il ricovero. Le patologie cardiache interessano il 15,9% dei pazienti. Tra queste le aritmie rappresentano il 3,9% del totale, la SCA l’1,1%, il dolore toracico non cardiaco il 4,1%. Altre patologie particolarmente rilevanti sono lo scompenso cardiaco, la vertigine, la sincope. La diagnosi di polmonite viene effettuata in PS nell’1% dei casi.

ConclusioniL’utilizzo di un unico sistema di codifica delle diagnosi di uscita su tutto il territorio regionale permette la raccolta di dati epidemiologici importanti relativamente alla motivazione di accesso dei pazienti in PS. Il confronto con gli anni successivo permetterà di cogliere l’evoluzione della domanda clinica che accede ai nostri PS.

Management di sistema e sicurezza del paziente: il know-how

E. Rossi, L. Capitanucci, L. SeveriniEmergenza, Pronto Soccorso, Ancona, Italia

Il management clinico dei sistemi è stato stratificato nel nostro Dipartimento di Emergenza per avere un prodotto di sistema che deriva dall’interazione tra le parti.Siam andati a scoprire il know-how (sapere come) per designare la cultura operativa del sistema: tradizione che è la storia dell’organizzazione e cultura operativa che è lo sviluppo d’innovazione.Quindi il know-how è:• laculturaoperativadell’organizzazionecompostadaiprofessionistiedèincontinuaevoluzionecomeipro-

fessionisti;• lasommadeglianni/uomodiesperienzadeiprofessionistimoltiplicataperlelorointerazioniprofessionalie

formative.Il know-how è un capitale potenzialmente enorme e enormemente sviluppabile. Le armi che abbiamo a disposizio-ne per mantenere e sviluppare il know-how sono:• formazioneinternaeformazionereciproca;• leattivitàformativeistituzionaliestrategiche;• laproduzionedisistemidiriferimento;• l’inviodipersoneadattivitàformativeesterne;• iprogettiorganizzativi,iprogettidiqualitàediinnovazione;• laformalizzazioneelastandardizzazionedelleattività.Quindi occorre standardizzare i processi di lavoro, di risultati, delle capacità e delle competenze attraverso l’espe-rienza, la conoscenza, ma soprattutto attraverso la condivisione all’interno di un team (es. team trauma maggiore).Perciò la standardizzazione rende l’organizzazione: conoscibile, descrivibile, analizzabile, misurabile, insomma governabile.Nell’organizzazione governata gli errori vengono prevenuti e/o intercettati più spesso e vengono, da noi, analiz-zati e misurati; questa analisi di miglioramento ci permette di attuare innovazione e riprogettazione per il miglio-ramento della qualità.

Bibliografia1) Making Health Care Safer. A Critical Analysis of Patient Safety Practices.EvidenceReport/TechnologyAssessment,

no.43.AHRQPublicationno.01-E058,July2001.AgencyforHealthcareResearchandQuality,Rockville,MD.http://www.ahrq.gov/clinic/ptsafety/.

2) Rischio Sanità. Assinform, 2003.

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Utilizzo del servizio di Pronto Soccorso da parte della popolazione straniera immigrata: un’esperienza emiliana

M. Zinelli, V. Musetti, I. Comelli, G.F. Cervellin Dipartimento di Emergenza, Pronto Soccorso, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Parma, Italia

Introduzione Negli ultimi 30 anni si è osservato un costante aumento della popolazione immigrata in Italia, che attualmente rap-presenta il 7.5% della cittadinanza complessiva (circa 4 milioni e mezzo di stranieri residenti). Garantire servizi sanitari a questo gruppo rappresenta una sfida difficile per il sistema sanitario italiano. Scopo del presente studio è il confronto dei tassi di utilizzazione del Servizio di Pronto Soccorso dell’AOU di Parma tra la popolazione italiana e la popolazione straniera residente

Materiali e metodiÈ stato impostato uno studio di prevalenza per valutare le eventuali differenze tra la popolazione italiana e la popolazione straniera residente nell’utilizzo del Servizio di Pronto Soccorso dell’AOU di Parma nel quadriennio 2008-2011. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma è un ospedale accademico di riferimento di terzo livello con un bacino di utenza di circa 325.000 abitanti (quasi 190.000 nel solo comune di Parma), con una popolazione straniera residente di circa il 14%. La popolazione in esame è stata suddivisa in base al sistema triage codice-colore in 4 gruppi. Si è inoltre analiz-zata la modalità di accesso al servizio classificandola come decisione propria o come invio da medico territoriale.Per il confronto della distribuzione degli accessi tra la popolazione italiana e la popolazione straniera residente nei diversi gruppi, è stato utilizzato il test del chi-quadro.

Risultati Nel quadriennio in esame sono stati registrati 336134 accessi al servizio di Pronto Soccorso. Di questi, 52656 sono stati effettuati da stranieri residenti (15.66%), senza che si siano apprezzate modificazioni di rilievo nei diversi anni presi in esame (14.76% nel 2008, 15.24% nel 2010). Il tasso di utilizzo complessivo è stato 258 accessi per 1000 persone l’anno. Nel gruppo dei nati in Italia è risultato essere 250/1000, rispetto a 311/1000 del gruppo degli stranieri residenti. La distribuzione dei codici-colore per il gruppo dei nati in Italia e per il gruppo degli stranieri residenti è risultata rispettivamente: 3.6% vs 0,97% per i codici rossi, 22.99% vs 11.76 % per i codici gialli, 67.34 % vs 73.59% per i codici verdi e 6.04% vs 13.67% per i codici bianchi.Nella popolazione straniera si è osservato un accesso al servizio autonomo, senza contatti con altri servizi terri-toriali, pari all’83.21% rispetto al 73.83% dei nati in Italia. Tutti i risultati hanno mostrato una differenza statisti-camente significativa.

ConclusioniSi è osservata una tendenza ad una sovra-utilizzazione del servizio di Pronto Soccorso da parte della popolazione immigrata. In questo gruppo abbiamo osservato una grande percentuale di codici minori (verdi e bianchi) e di accesso come decisione propria rispetto alla popolazione nata in Italia. I dati da noi ottenuti supportano l’ipotesi che gli immigrati incontrino difficoltà nell’utilizzare servizi di cure primarie diversi dal Pronto Soccorso.

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IMAGING IN EMERGENZA-URGENZA

Accuracy of multi-organ ultrasound (venous, cardiac and thoracic) for the diagnosis of pulmonary embolism. Suspected pumonary embolism sonographic assessment (SPES) multicenter prospective study

P. Nazerian*, S. Vanni*, C. Gigli*, G. Volpicelli**, A. Ciavattone***, M. Zanobetti*, A. Lamor-te**, G. Viviani*, A. Fabbri***, S. Grifoni** Dipartimento di Emergenza, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze, Italia** Dipartimento di Emergenza, Ospedale Universitario San Luigi Gonzaga, Torino, Italia*** Dipartimento di Emergenza, Ospedale Pierantoni Morgagni, Forlì, Italia

Purpose PatientswithsuspectedPulmonaryEmbolism(PE)andahighclinicalprobabilityorahighD-dimerlevelshouldundergoasecondleveldiagnostictestsuchasMultidetectorComputedTomographyAngiography(MCTPA).Un-fortunatelyMCTPAinvolvesradiationexposure,isexpensive,isnotfeasibleinunstablepatientsandhascontrain-dications.UltraSound(US)issafeandrapidlyavailableeveninunstablepatients.Manyauthorsevaluatedthedia-gnostic role of Compression Ultrasound Scan (CUS) for detecting limbs Deep Vein Thrombosis (DVT), TransThoracic Ecocardiography(TTE)fordetectingRightVentricularDisfunction(RVD)orThoracicUltraSound(TUS)fordetectingsubpleuralinfarctsinpatientswithsuspectedPE.NopreviousstudieshaveinvestigatedthediagnosticaccuracyofCUS,TTEandTUScombined(multi-organUS)forthediagnosisofPE.Thisstudyevaluatesthediagnosticaccuracyof multi-organ US.

MethodsConsecutivepatientsthatunderwentMCTPAinthreeEmergencyDepartmentforclinicalsuspicionofPEandwithasimplifiedWell’sscore>4(PElikely)orwithaD-dimervalue≥500ng/mlwereenrolledinthestudy.MCTPAwasconsideredthegoldstandardforPEdiagnosis.Amulti-organUSwasperformedbyanEmergencyphysiciansonographerbeforeMCTPA.PEwasconsideredechographycallypresentifCUSwaspositiveforDVTorTTEwaspositiveforRVDoratleastonepulmonarysubpleuralinfarctwasdetectedwithTUS.Theaccuracyofthesingleandmulti-organUSwascalculated.Multi-organUSaccuracywascalculatedinpatientswithacompleteUSexam(CUSoffemoralandpoplitealveinsbilaterally,goodacousticwindowforTTEandTUSofbothanteriorandpo-sterior chest).

ResultsAmong 237 patients, (59% female, median age=72), MTCPA was positive for PE in 84 (35%). A complete US wasfeasiblein218(92%)patients.Thesensitivity,specificity,Positive(PPV)andNegativePredictiveValue(NPV),positive and negative Likelihood Ratio (LR) of the single and the complete multi-organ US are reported in Table 1.

Conclusions A complete multi-organ US scan is possible in more than 90% of patients with suspected PE. Multi-organ US has a goodsensitivity,NPVandnegativeLRanditssensitivityissuperiortoallsingleorganUSscan.Multi-organUSisa good tool to rule-out PE.

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Ecografia polmonare per la diagnosi di dispnea cardiogena nel Dipartimento di Emergenza. Uno studio multicentrico

G.A.Cibinel1, E. Pivetta2, M. Tizzani3, G. Porrino3, E. Ferreri3, G. Volpicelli4, P. Balzaretti5, A. Banderali6, G. Casoli7, E. Lupia8 1. Emergenza-Accettazione, Ospedali Riuniti, Pinerolo, Italia2. Scuola di Specializzazione in Emergenza-Urgenza, Università di Torino, Italia3. Emergenza-Accettazione, AOU San Giovanni Battista, Torino, Italia4. Emergenza-Accettazione, AOU San Luigi Gonzaga, Orbassano, Italia5. Emergenza-Accettazione, AO Ordine Mauriziano, Torino, Italia6. Emergenza-Accettazione, Ospedale Cardinal Massaia, Asti, Italia7. Emergenza-Accettazione, Presidio Ospedaliero Martini, Torino, Italia8. Emergenza-Accettazione, AOU San Giovanni Battista e Università di Torino, Italia

Introduzione La dispnea acuta è una delle presentazioni cliniche più comuni nel Dipartimento di Emergenza (DEA) ma distin-guere tra dispnea cardiogena e non cardiogena può essere complesso. Durante gli ultimi anni, l’ecografia pleuro polmonare (PLUS) si sta rivelando una metodica valida, non invasiva, per la diagnosi di varie patologie polmonari.

Obiettivi Obiettivo dello studio è valutare l’accuratezza diagnostica e l’impatto diagnostico della PLUS nell’identificazione della sindrome alveolo interstiziale e del versamento pleurico come predittore di insufficienza cardiaca acuta.

Metodi Questo studio prospettico multicentrico coinvolge sette DEA piemontesi (AOU San Giovanni Battista, Ospedali Riuniti di Pinerolo, AO Ordine Mauriziano, Presidio Ospedaliero Martini, AOU San Luigi Gonzaga, Ospedale Cardinal Massaia, ASO Santa Croce e Carle), con un periodo di arruolamento di sei mesi per ogni centro. Sono elegibili per lo studio i pazienti che si presentano in DEA con sintomatologia dispnoica. Dopo l’iniziale valutazione clinica, il medico d’urgenza dà una indicazione sulla diagnosi eziologica (insufficienza cardiaca o respiratoria) basata su anamnesi, esame obiettivo, ECG ed EGA. Dopo la PLUS, lo stesso medico d’urgenza esprime nuova-mente il suo giudizio sull’eziologia della dispnea, basandosi su valutazione clinica e PLUS. Dopo la dimissione, due urgentisti esperti hanno rivalutato, in maniera indipendente, tutte le informazioni cliniche (eccetto il dato sulla PLUS) per definire la causa finale di ciascun caso di dispnea. Obiettivo dello studio è reclutare, entro luglio 2012, 1000 pazienti. Il protocollo dello studio è stato approvato dai Comitati etici di ogni centro partecipante.

Risultati Da Ottobre 2010 a Marzo 2012, 721 pazienti sono stati arruolati (per 354 è già disponibile la valutazione fina-le). L’età mediana è di 77 anni (range 27-99 anni) e il rapporto maschi/femmine è 1.31. La valutazione clinica ha una sensibilità 91.2% (IC 81.8-96.7) e una specificità di 82.7% (IC 69.7-91.8) per la diagnosi di dispnea cardiogena, con un valore predittivo positivo di 87.3% (IC 77.3-94) e un valore predittivo negativo di 87.8% (CI 75.2-95.4). La PLUS ha una sensibilità di 97.1% (IC 89.8-99.6), una specificità di 92.3% (IC 81.5-97.9), un valore predittivo positivo di 94.3% (IC 86-98.4) e un valore predittivo negativo di 86% (CI 86.3-99.5).

Conclusioni I risultati parziali del nostro studio evidenziano come la PLUS abbia un’elevata accuratezza diagnostica per la dispnea cardiogena: nella valutazione iniziale la PLUS può rappresentare uno strumento accurato, riproducibile ed eseguibile al letto del paziente. Al termine dell’arruolamento (atteso a Luglio 2012), saremo in grado di stimare l’accuratezza diagnostica della PLUS in un campione significativamente ampio di pazienti.

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Computed tomography-angiography for prediction of mortality in acute pulmonary embolism. A systematic review and meta-analysis

F. Germini, C. Becattini, G. Agnelli, M.C. Vedovati Medicina Interna, Medicina Interna e Cardiovascolare, Stroke Unit, Perugia, Italia

Background Inpatientswithacutepulmonaryembolism(PE),riskstratificationisusedtodriveacutemanagement.

Purpose Toassesstheroleofcomputedtomography(CT)-angiographyforpredictionofdeathinpatientswithacutePE.

Data sources WeperformedasystematicsearchinEMBASEandMedlinethroughJune2012.

Study selection StudiesreportingonCT-angiographytoassessshortterm(within3months)outcomeinpatientswithPEwereinclu-dedinasystematicreview.Studiesreportingriskindiceswith95%CIordataallowingthecreationof2x2tableswereincludedinameta-analysis.

Data synthesis A significant association was observed between short-term death and increased right-to-left ventricle (RV/LV) diame-ters ratio, either in transverse images (13 studies; 2676 patients; OR 2.62, 95% CI 1.77-3.87, I-squared 23%; ne-gative predictive value 95%, 95% CI 92-97%) and reconstructed images (7 studies; 1813 patients; OR 2.04, 95% CI1.45-2.88,I-squared7%).Whentheanalysiswasrestrictedtohemodynamicallystablepatientsasignificantassociation was confirmed between short-term death and increased RV/LV diameter ratio in transverse CT-images (9 studies; 1583 patients; OR 3.25, 95% CI 2.14-4.93, I-squared 35%, negative predictive value 96%, 95% CI 93-98%). No evidence of publication bias was observed.Interventricularseptalbowingwasassociatedwithshorttermmortality(8studies;2182patients;OR1.63,95%CI 1.16-2.29, I-squared 0%).

LimitationsAdjustment for inter-observer agreement was not possible in qualitative or quantitative CT measurements.

Conclusions RV/LVdiametersratioasassessedbyCT-angiographycanbeusedforpredictionofdeathinhemodynamicallystable patients with acute PE.

Valutazione del dolore toracico nel Dipartimento di Emergenza-Urgenza con l’ecocardiografia da stress con esercizio

F. Innocenti, D. Lazzeretti, C. Donnini, S. Bigiarini, A. Conti, M. Zanobetti, R. PiniDipartimento di Area Critica Medico Chirurgica, Osservazione Breve Intensiva, Firenze, Italia

Introduzione La valutazione diagnostica dei pazienti ammessi al Dipartimento di Emergenza-Urgenza (DEU) con dolore toracico spontaneo rappresenta una problematica frequente per il medico dell’emergenza.

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Metodi Dal Giugno 2008 al Luglio 2011, sono stati valutati con ecocardiografia da stress con esercizio (ESE) 239 sog-getti per dolore toracico spontaneo, ECG non modificato ed enzimi miocardiospecifici negativi ad almeno 12 ore dall’evento. Le caratteristiche del dolore sono state valutate tramite Chest Pain Score (CPS) (caratteristiche del dolore: oppressivo, costrittivo=3; parietale, puntorio=1; localizzazione: retro sternale, precordiale=3, epigastrico, torace sx, collo, mascella=1; irradiazione: si=1, no=0; sintomi associati: si=2; no=0; episodi nei 7 giorni prece-denti: si =3, no =0). I pazienti con ischemia inducibile (Ii) sono stati sottoposti a coronarografia (CA). I pazienti con esame negativo sono stati contattati telefonicamente a distanza di 6 mesi dalla dimissione, per indagare la recidiva di sintomi o di nuovi eventi cardiovascolari. La popolazione studiata è stata suddivisa in due sottogruppi sulla base della presenza di ischemia inducibile (ES+ presenza di Ii, ES- assenza di Ii).

RisultatiL’età media della popolazione era di 61±11 anni e il 69% dei pazienti erano di sesso maschile, l’11% era affetto da diabete mellito, il 39% da dislipidemia, il 56% erano ipertesi e il 21% avevano una coronaropatia nota (CAD). Il test non è risultato diagnostico in 11 pazienti, nella maggior parte dei casi (7) a causa di condizioni fisiche inadeguate al raggiungimento dello sforzo massimale; in un caso il paziente ha riferito una sindrome coronarica acuta al follow-up. Fra i 35 pazienti con ES+, 32 sono stati sottoposti a CA, che ha mostrato la presenza di ate-rosclerosi coronarica in 29 soggetti.Tra i 193 pazienti con ES-, due hanno riferito una sindrome coronarica acuta al follow-up, 5 pazienti sono stati sottoposti a CA, secondo le indicazioni mediche, e in due di essi è stata individuata una stenosi critica coronarica.I pazienti con ES+ erano significativamente più anziani (68±9 vs 60±11 anni, p<0.001), più frequentemente af-fetti da arteriopatia polidistrettuale (54% vs 46%, p<0.0001) e da una pregressa CAD (37% vs 21%, p=0.037); inoltre presentavano un CPS significativamente peggiore (7±3 vs 5±3, p<0.0001). I noti fattori di rischio cardio-vascolare, come l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito e la dislipidemia, presentavano una prevalenza simile nei due gruppi di studio indipendentemente dalla dimostrazione di Ii. All’ecocardiogramma di base, i pazienti ES+ mostravano maggiori dimensioni del ventricolo sinistro (VS): diametro telediastolico (53±6 vs 50±6.5 ml, p=0.004) e telesistolico (37±8 vs 33±7.5mm, p=0.031), e volume telediastolico indicizzato VS (48±13 vs 54±11 ml/m2, p=0.033); funzione sistolica globale (frazione di eiezione 61±11 vs 59±10%, p=NS) e segmentaria del VSdibaseespressadalWallMotionScoreindex(ES+1.23±0.35vsES-1.14±0.34,p=NS)sovrapponibilineidue gruppi. Il carico di lavoro espresso in termini di equivalenti metabolici (METS) era simile (ES+: 5.7±1,4 vs ES-: 7.5±8, p=NS).L’ESE mostra: sensibilità 90%, specificità 98%, valore predittivo positivo 90%, valore predittivo negativo 98%, accuratezza diagnostica 97%.

Conclusioni L’ecocardiografia da stress con esercizio si è dimostrata una tecnica accurata e fattibile per valutare i pazienti che si presentano al DEU con dolore toracico spontaneo.

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Accuratezza dell’ecografia toracica nella diagnosi eziologica della dispnea acuta nei pazienti anziani nel Dipartimento di Emergenza

L. Ausiello*, E. Pivetta**, M. Tizzani***, G. Porrino***, E. Ferreri***, E. Lupia**, G. Casoli****, G.A. Cibinel****** Emergenza-Accettazione, ASO Ordine Mauriziano, Torino, Italia** Scuola di Specializzazione in Emergenza-Urgenza, Università di Torino, Italia*** Emergenza-Accettazione, AOU San Giovanni Battista, Torino, Italia**** Emergenza-Accettazione, Presidio Ospedaliero Martini, Torino, Italia***** Emergenza-Accettazione, Ospedali Riuniti, Pinerolo, Italia

IntroduzioneLa dispnea è un sintomo molto frequente in Pronto Soccorso (PS): già diversi studi hanno utilizzato l’ecografia per il suo rapido inquadramento eziologico. Molti dei pazienti che accedono ai Dipartimenti di Emergenza (DEA) sono spesso anziani pluripatologici.

ObiettiviLo studio valuta l’accuratezza diagnostica dell’ecografia toracica (PLUS), eseguita da medici d’urgenza, nell’iden-tificazione della sindrome interstiziale e del versamento pleurico nei pazienti anziani (età >65 anni) con dispnea acuta.

MetodiLa popolazione esaminata è un campione di un più grande studio di coorte, prospettico e multicentrico, compren-dente sette centri in Piemonte, disegnato per valutare l’accuratezza diagnostica della PLUS in DEA.In questa parte dello studio, sono stati arruolati i soggetti anziani (>65 anni) presentatisi in PS. Per ogni paziente è stata espressa una valutazione sull’eziologia della dispnea (cardiogena o respiratoria), da parte del medico che lo aveva in carico, sulla base di anamnesi, esame obiettivo, ECG, EGA arterioso. Tale giudizio è stato riformu-lato dopo l’esecuzione della PLUS. Due urgentisti esperti hanno poi determinato, alla dimissione del paziente, la diagnosi finale utilizzata come gold standard, sulla base di tutte le notizie cliniche eccetto il risultato della PLUS.

Risultati Tra Ottobre 2010 e Marzo 2011, sono stati arruolati complessivamente 650 pazienti (65% del sample size previsto per lo studio), di cui l’84% sono pazienti con età >65 anni. Tra questi ultimi, è attualmente disponibile la “diagnosi finale” per 195 pazienti (99 donne e 96 uomini), tra questi 116 pazienti con età >64 anni ma <85 e 48 con età >85 anni.La valutazione clinica ha dimostrato, nei pazienti tra 65 e 84 anni, una sensibilità del 94% (IC 95% 86.7-98) ed una specificità del 82.3% (IC 70.5-90.8) per la diagnosi di dispnea cardiogena; nei soggetti con età superiore a 84 anni, la sensibilità è risultata del 78.3% (IC 56.3-92.5) e la specificità del 88.5% (IC 69.8-97.6). La valuta-zione clinica integrata dalla PLUS ha invece evidenziato, nella fascia d’età 65-84, una sensibilità del 98.8% (IC 39.5-100) e una specificità del 96.8% (IC 88.8-99.6). Per i pazienti ultraottantacinquenni la sensibilità è risultata del 95.7 (IC 78.1-99.9) e la specificità del 92.3% (IC 74.9-99.1).L’RX del torace ha invece evidenziato, nei due gruppi, 65-84 anni e maggiore di 85 anni, una sensibilità del 71.4% e del 47.6% e una specificità del 77% e del 88.5%, rispettivamente.

Conclusioni Lo studio, nonostante la numerosità ancora ridotta, consolida l’ipotesi dell’efficacia della PLUS nell’identificazione della dispnea cardiogena anche nei pazienti anziani. Rispetto all’RX del torace, spesso di difficile esecuzione in tali pazienti, la PLUS evidenza un maggiore accuratezza, verosimilmente dovuta alla maggiore maneggevolezza dello strumento diagnostico.

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Edemi polmonari acuti cardiogeni (EPAC) ipercapnici: 2 patterns ultrasonografici (US) P. Dell’Aquila, P. Caporaletti, S. De Matteis, D. Grassi, A. Pistone, P. Pozzessere, T. Staiano, G. Vitariello, L. Catalano, F. SteaPronto Soccorso, Policlinico, Bari, Italia

Il 30% degli EPAC risultano ipercapnici e questo è considerato indice prognostico infausto, venendo riferito a cro-nologie avanzate di scompenso cardiaco determinanti esaurimento del mantice muscolare. L’US presenta elevata sensibilità e specificità per la diagnosi di EPA che si correla nel 100% con il quadro di imbibizione interstiziale diffusa bilaterale oltre che di versamento pleurico ed alterazioni del drive diaframmatico.

Obiettivi Valutare i patterns US dei pazienti con EPAC ipercapnici al fine di verificare quanto, la loro definizione, può inci-dere sulla appropriatezza delle strategie terapeutiche.

Materiali e metodi Riportiamo un’analisi retrospettiva di 48 pazienti (1/2011-3/2012) con EPAC, già ipercapnici all’entrata in Pron-to Soccroso (31 cardiomiopatie dilatative, 11 steno-insufficienze valvolari aorto-mitraliche, non IMA, non anam-nesi nota di patologie croniche polmonari o del SNC e SNP, non O2 terapia domiciliare). La diagnosi di EPA si basava su clinica, EGA, Rx, US. Contemporaneamente al trattamento medico in area critica (farmaci, NIV) veniva eseguita US pleuro-polmonare per la ricerca di linee B diffuse confluenti su tutti i campi polmonari, versamento pleurico con sua quantificazione, escursioni diaframmatiche con modalità M mode. Su una categoria di pazienti, selezionata alla US, veniva eseguita toracentesi eco-guidata su spazio intercostale idoneo, con drenaggio di ver-samento in volume di almeno 500 cc. L’end-point era rappresentato da svezzamento stabile entro 24h nel contesto della area critica.

Risultati In 48/48 pazienti si apprezzava l’aspetto US di imbibizione interstizio-alveolare diffusa (linee B bilaterali) va-lutata nei campi apicali-medio-basali lungo le linee parasternale, emiclaveare ed ascellare bilateralmente. In 30/48 pazienti abbiamo identificato il pattern di abbondante versamento pleurico bilaterale (multiple scansioni per totale visione) con quota compresa tra 500-1000 cc in almeno uno dei i campi polmonari e conservato drive del diaframma. Di questi pazienti 10 sono stati drenati con eco-guida (3) e questo ha contribuito a migliorare la risposta terapeutica a NIV e farmaci in Pronto Soccorso ed a determinare svezzamenti stabili entro 24 (end point raggiunto). Gli altri 20 pazienti, per alterazioni della emostasi o indicazione di specialista di riferimento, hanno continuato con NIV e terapia farmacologica con un graduale ma lento trend di miglioramento (end point raggiunto in tempi >48h). In 12/48 pazienti era già presente il pattern di marcata riduzione delle escursioni respiratorie diaframmatiche. Tali pazienti, in considerazione della prevedibile scarsa risposta a NIV, sono stati valutati da rianimatore per ventilazione invasiva: 3/14 sono stati intubati, 3/14 sono deceduti in Pronto Soccorso, 8/14 hanno continuato NIV e farmaci, hanno presentato svezzamenti instabili (end point non raggiunto), sono stati trasferiti presso reparti di competenza (gruppo drop out). In 6/48 pazienti erano presenti entrambi i pattern di deficit ventilatorio (versamento e alterazioni diaframmatiche); hanno continuato la terapia con NIV e farmaci, hanno presentato svezzamenti instabili (end point non raggiunto), sono stati trasferiti presso reparti di competenza (gruppo drop out).

Conclusioni I patterns US dell’EPAC distinguono due tipologie di pazienti con destini e chance terapeutiche differenti; negli EPAC ipercapnici con abbondante versamento pleurico, il drenaggio ecoguidato migliora la risposta alla terapia convenzionale con NIV e farmaci garantendo il raggiungimento dell’end point a 24h.

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53VIII Congresso Nazionale SIMEU - RiminiCOMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

Valore prognostico dell’angiografia coronarica mediante TCMS (AC-TCMS) nei pazienti con sospetta coronaropatia ostruttiva

A. Valerio*, R. Malagò**, A. Bonora*, C. Barbiani**, G. Taioli***, A. Pezzato**, M. Tezza**, G. Sala**, R. Pozzi Mucelli**, C. Pistorelli* * Dipartimento di Emergenza, Azienda Ospedaliera Universitaria, Verona, Italia** Dipartimento di Radiologia, Azienda Ospedaliera Universitaria, Verona, Italia*** Scuola di Specializzazione in Medicina d’Urgenza, Università di Verona, Italia

Obiettivo Valutare il ruolo dell’Angiografia Coronarica-TCMS (AC-TCMS) nell’esclusione di coronaropatia ostruttiva delle arterie coronarie a confronto con TIMI e GRACE score e descriverne il valore prognostico a 2 anni.

Pazienti e metodi Sono stati valutati retrospettivamente 236 pazienti (148 maschi, 88 femmine) osservati da Aprile 2008 a Luglio 2010 nel Dipartimento di Emergenza (DEA) dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona per dolore toracico suggestivo per origine cardiaca. I pazienti sono stati tutti sottoposti durante la permanenza in DEA a visita medi-ca, ECG a 12 derivazioni, rx torace e controllo seriato dei markers cardiaci. La negatività di tali accertamenti e la discordanza con la sintomatologia ha fatto porre indicazione a AC-TCMS eseguita entro 48 ore in regime di osservazione breve (OBI). L’AC-TCMS è stata eseguita mediante apparecchio 64 strati mediante tecnica di sin-cronizzazione con l’ECG in modo prospettico o retrospettivo a seconda del BMI del paziente e a seconda della frequenza cardiaca. Per ogni paziente è stato valutato l’albero coronarico mediante classificazione per segmenti, e per ogni segmento la stenosi è stata giudicata significativa se >50%. Sulla base della significatività o meno delle lesioni i pazienti sono stati dimessi dall’OBI con esclusione di genesi ischemica del dolore toracico o ricoverati per ulteriori accertamenti (angiografia coronarica, stress test). Dopo la dimissione tutti i pazienti sono stati mantenuti in follow-up mediante contatto telefonico e periodiche visite cardilologiche con ECG per un intervallo massimo di 2 anni dall’accesso in DEA.

Risultati In base al calcolo del TIMI RISK e del GRACE score, 5 (2,1%) e 28 (12%) pazienti sono stati classificati ad alto rischio, 29 (12,3%) e 89 (38%) a medio rischio e 202 (85,6%) e 119 (50%) a basso rischio rispettivamente. Nel gruppo a basso e medio rischio, 48 pazienti (20,4%) presentavano una stenosi significativa all’AC-TCMS in almeno un segmento, mentre nel gruppo ad alto rischio in 4 pazienti (1,7%) l’AC-TCMS riscontrava una stenosi significativa in almeno un segmento. In 26 casi (50%) l’estensione delle lesioni coronariche documentate all’AC-TCMS ha reso necessario il ricovero del paziente. La coronarografia eseguita in regime di ricovero ha confermato una stenosi critica in 16 pazienti (61.5%), 6 dei quali (23.1%) sono stati quindi candidati a procedure di rivasco-larizzazione(4stente2by-pass).Idatirelativialfollo-upa2annideipazientidimessiericoveratisonoancorain elaborazione al momento.

Conclusioni L’AC-TCMS rappresenta una metodica di studio valida ed affidabile per riscontro o esclusione di stenosi coronari-ca significativa in pazienti a basso e medio rischio. Inoltre, sulla base dei dati disponibili, il calcolo del livello di rischio mediante TIMI RISK e GRACE score ha un ruolo ancillare rispetto all’utilizzo della AC-TCMS.

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VIII Congresso Nazionale SIMEU - Rimini COMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

L’ecografia polmonare: diagnosi e monitoraggio in Urgenza

L. Pratticò, C. Visconti, E. Belloni, E. Chella, C. Del PratoPronto Soccorso, Presidio Ospedaliero Sant’Andrea, La Spezia, Italia

IntroduzioneL’ecografia del torace è in genere utilizzata nella valutazione della patologia pleurica e del polmone periferico. Risulta particolarmente utile nel cosiddetto “polmone bianco” alla radiografia del torace in cui si ha l’opacamento completo di un emitorace permettendo la visualizzazione e la caratterizzazione dei versamenti pleurici in semplici o complessi. Da tempo inoltre l’ecografia polmonare entra nella diagnosi differenziale tra BPCO riacutizzata ed edema polmonare acuto in pazienti che accedono in Pronto Soccorso affetti da insufficienza respiratoria acuta. È altresì di utilità immediata nel valutare le camere cardiache destre nel sospetto di TEP.

Obiettivi Nel nostro lavoro presentiamo i risultati di uno studio volto a valutare l’accuratezza dell’ecografia toraco-polmo-nare nella diagnosi in Pronto Soccorso ma soprattutto nel controllo evolutivo dopo terapia in pazienti ricoverati in Medicina d’Urgenza per insufficienza respiratoria acuta e affetti da scompenso cardiaco o BPCO.

Pazienti e metodi Tra Ottobre e Aprile 2012 sono stati studiati 54 pazienti (64-98 anni) giunti in Pronto Soccorso per insufficienza respiratoria (P/F <300). A questi pazienti veniva immediatamente effettuata una ecografia toraco-polmonare volta allo studio del parenchima polmonare e della pleura. In un secondo tempo da Luglio ad Agosto 2010 sono stati studiati 12 pazienti ricoverati in Medicina d’Urgenza per scompenso cardiaco. Tali pazienti sono stati sottoposti, sempre dallo stesso operatore, ad ecografie toraco-polmonari quotidiane volte alla valutazione degli effetti della terapia medica.

Risultati 54 pazienti giungevano in Pronto Soccorso per insufficienza respiratoria. L’ecografia pleuropolmonare eviden-ziava numerose linee B bilaterali in 31 pazienti, reperto tipico di sindrome interstiziale presente nello scompenso cardiaco, tra questi 12 erano affetti di versamento pleurico bilaterale di entità più o meno variabili, 7 reperti di di-scontinuità pleurica, 2 dei quali con addensamento parenchimale, compatibili con forme flogistiche e 26 pazienti senza reperti compatibili con sindrome interstiziale affetti da BPCO riacutizzata.12 pazienti ricoverati in Medicina d’Urgenza per scompenso cardiaco, 5 dei quali affetti da edema polmonare acuto.L’ecografia polmonare evidenziava in tutti i pazienti linee B compatibili con sindrome interstiziale. 7 pazienti mo-stravano anche versamento pleurico bilaterale.Nei 5 pazienti affetti da edema polmonare l’ecografia a 6 ore dall’inizio del trattamento con CPAP evidenziava riduzione delle linee B in 4 pazienti e nessuna in 1 paziente che veniva sottoposto a NIMV.Negli altri pazienti non affetti da EPA l’ecografia di controllo veniva effettuata nei due giorni successivi. I pazienti affetti da versamento pleurico mostravano un calcolabile decremento del versamento stesso e i pazienti affetti da scompenso cardiaco con sola imbibizione parenchimale mostravano tutti tranne uno una diminuzione quantitativa delle linee B.

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Ruolo dell’angiografia coronarica mediante TCMS (AC-TCMS) come gate-keeper nei pazienti con dolore toracico acuto

G. TaioliMedicina d’Urgenza, Policlinico G.B. Rossi, Verona, Italia

ObiettiviValutare il ruolo dell’Angiografia Coronarica mediante TCMS (AC-TCMS) nell’esclusione di coronaropatia signifi-cativa delle arterie coronarie e la possibilità di identificare la causa di dolore toracico.

Introduzione Molti pazienti giunti in Pronto Soccorso per dolore toracico vengono dimessi senza diagnosi certa in quanto ECG e marker cardiaci risultano negativi e non è possibile escludere con certezza la genesi cardiogena del dolore. L’AC-TCMS mediante scanner TC di ultima generazione rappresenta metodica accurata nella esclusione di corona-ropatia critica (accuratezza globale, VPP e VPN vicini al 100%). Inoltre permette nella stessa scansione di valutare la presenza di reperti non coronarici che spesso possono giustificare la sintomatologia.

Descrizione Tra Aprile 2010 e Settembre 2011 sono stati selezionati 58 pazienti (38 M, età media 55±24 aa), giunti al Pronto Soccorso per dolore toracico. Sia l’ECG che i markers cardiaci erano risultati negativi all’ammissione al Pronto Soccorso, a 6 e 12 ore. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a AC-TCMS entro 24 ore dall’accesso in Pronto Soccor-so. Sono state registrate presenza e significatività della coronaropatia ed i reperti collaterali non cardiaci. 6/58 pazienti (21.42%) sono risultati esenti da placche aterosclerotiche coronariche, 20/58 (71.42%) hanno mostrato lesioni non significative e 2/58 (7.14%) lesioni significative. Tali pazienti sono stati ricoverati e sottoposti a stent coronarico. In 4/58 pazienti (14.28%) sono stati riscontrati dei reperti collaterali non cardiaci, giustificando la sintomatologia.

Conclusioni Nei pazienti con dolore toracico acuto, l’AC-TCMS rappresenta un valido supporto nell’esclusione di coronaropa-tia e delle principali cause non coronariche di dolore toracico acuto.

Intestino acuto nell’anziano in Pronto Soccorso (PS): patterns enterosonografici (EUS)

P. Dell’Aquila, T. Balzano, M. Baffari, S. Scarfiello, C. Morano, A. Castore, G. Loiacono, C. Morelli, N. Pinto, F. SteaPronto Soccorso, Policlinico, Bari, Italia

Introduzione La diagnosi di intestino acuto dell’anziano è complessa. Le cause comprendono: le stenosi da inspessimenti di parete (flogosi, neoplasie) e sofferenza consensuale delle strutture limitrofe; le occlusioni vascolari; le occlusioni del lume enterico; gli spasmi benigni. La clinica può essere tipizzante o distraente. L’ecografia intestinale in BMode (EUS) presenta elevata specificità e sensibilità per il riconoscimento morfologico di tali quadri, rappresentando utile strumento al corretto inquadramento diagnostico. Riportiamo, previa analisi retrospettiva, l’impatto della EUS su una popolazione di ultraottuagenari valutati in PS (periodo Gennaio-Dicembre 2011), ricoverati o dimessi per intestino acuto.

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Materiali e metodi 62 ultraottuagenari giunti in PS per sintomatologia tipica (65%) o distraente (35%) venivano sottoposti a valuta-zione d’urgenza tramite esame obiettivo, routine ematochimica d’urgenza ed EUS in PS, successivamente integrati da TC con mdc e/o secondo consulto. Dalla casistica sono stati esclusi pazienti con dolori addominali da cause diagnosticate come “non a genesi enterica”. Per la EUS veniva utilizzato ultrasonografo in B-Mode e sonde con-vex e lineare. Venivano ricercati 3 patterns enterosonografici elementari: 1 inspessimento parietale concentrico a stratificazione conservata (1A: flogosi) o inspessimento parietale eccentrico a stratificazione sovvertita (1B: neoplasia), specificando la definizione di quadrante e la dolorabilità evocata con la sonda; 2 sovradistensione del lume enterico (occlusione) con diam. trasversale >25 mm per il tenue e diam. trasversale >6 cm per il colon; 3 versamento liquido extraintestinale (interessamento peritoneale).

Risultati25/62 pazienti presentavano pattern EUS 1A con versamento anecogeno perilesionale ed ectasia anse intestinali associato a sintomatologia tipizzante e leucocitosi neutrofila: la sede era per 13 pazienti la fossa iliaca sn (diagno-si accertata :diverticolite IBD, colite infettiva); per 3 pazienti la fossa iliaca dx (diagnosi accertata: 1 appendicite; 2 ileiti da IBD); per 11 pazienti la sede era centroaddominale (diagnosi accettata di ischemia intestinale ed IBD).8/62 pazienti presentavano pattern EUS 1A con sintomatologia distraente e semeiotica e laboratorio non diagno-stici (diagnosi accertata di ischemia intestinale cronica). 7/62 presentavano pattern EUS 1B associato a sovra-distensione delle anse tenuali a monte (diagnosi accertata di neoplasia stenosante). 9/62 presentavano pattern EUS 2 a localizzazioni centro addominali o diffusa associata a versamento liquido anecogeno, sintomatologia tipizzante e leucocitosi neutrofila (diagnosi accertata di occlusione intestinale, volvolo). 8/62 presentavano sinto-matologia tipizzante, laboratorio negativo ed assenza dei 3 pattern EUS, non sono stati sottoposti a TC in accordo con specialista chirurgo e trattenuti in OBI per 48 ore e poi dimessi dopo terapia sintomatica. 5/62 pazienti con sintomatologia tipizzante EUS negativa sono risultati alla TC ulcere gastroduodenali perforate.

Conclusioni L’enterosonografia anche nell’intestino acuto dell’ultraottuagenario presenta elevato impatto diagnostico, soddisfa-cendo tutte le esigenze di corretto inquadramento in PS: elevata accuratezza diagnostica nella identificazione di lesione, occlusione, e sofferenza trans-murale. L’esame TC con mdc continua a rappresentare il gold standard per la conferma e pianificazione dei successivi interventi specialistici.

L’ecografia pleuro-polmonare nella diagnosi precoce di polmonite in pazienti affetti da ictus grave

G. Agnelli, C. BustiMedicina Interna, Scuola di Specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza, Perugia, Italy

Background La polmonite complica circa un terzo degli ictus in fase acuta triplicando la mortalità. Per migliorare l’outcome dei pazienti le linee guida internazionali raccomandano la gestione della disfagia e la diagnosi precoce con introduzione precoce della terapia antibiotica. Dati recenti del nostro gruppo hanno mostrato che l’ecografia pleuro-polmonare è una metodica utile per confermare o escludere la presenza di una consolidazione polmonare in pazienti affetti da ictus e sospetta polmonite.

Obiettivo Valutare l’utilità dell’ecografia pleuro-polmonare nella diagnosi pre-clinica di polmonite in pazienti affetti da ictus grave.

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MetodiSono stati arruolati pazienti di età superiore a 18 anni, con diagnosi di Ictus Acuto Ischemico o Emorragico severo (punteggio NIHSS >10). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un esame ecografico del torace entro e non oltre 24 ore dalla diagnosi di ictus ed a successivi esami di controllo ogni 24 ore per i primi 3 giorni, con rivalutazioni in quinta e settima giornata, indipendentemente dalla presenza di sintomi/segni suggestivi di infezione delle vie respiratorie. La comparsa di segni ecografici veniva confrontato con il timing della diagnosi effettuata sulla base di criteri clinici e radiologici.

Risultati Al momento attuale sono stati arruolati 11 pazienti, 2 maschi e 9 femmine, con un’età media di 76 anni, 10 affetti da ictus ischemico e 1 affetto da ictus emorragico, con un punteggio NIHSS medio all’ingresso di 16,6. Sulla base dei criteri clinico-radiologici sono state fatte 4 diagnosi di polmonite. In tutti e 4 i casi l’ecografia risul-tava positiva già nelle prime 24 ore, prima della comparsa dei segni/sintomi (in 2 casi) o contemporaneamente (in 2 casi) ad essa. I segni ecografici descritti nelle prime 24 ore comprendevano: in 2 casi aree ipoecogene multiple (diametro sempre >1 cm) associate ad ispessimento ed irregolarità della linea pleurica, in un caso un’area di epatizzazione con broncogrammi aerei, in un caso linee B focali associate alla presenza di aree ipoecogene.Nei 7 casi in cui non è stata posta diagnosi di polmonite l’ecografia è risultata completamente negativa in 4 casi, positiva per millimetriche aree ipoecogene senza evoluzione in 2 casi, positiva per un vasto versamento pleurico bilaterale con atelettasia compressiva in 1 caso.

Conclusioni I risultati preliminari di questo studio, il cui arruolamento è appena iniziato, non possono condurre ad alcuna conclusione vista la scarsa numerosità del campione. I dati sono comunque incoraggianti e suggeriscono che l’ecografia pleuro-polmonare potrebbe essere uno strumento idoneo ad eseguire un programma di sorveglianza per raggiungere una diagnosi precoce di polmonite in pazienti con ictus grave.

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Acute abdominal pain in ED evaluation of 350 adult consecutive patients

A. Bellatorre, C. Paolillo, I. Spallino, L. Angrisani, R. SbrojavaccaMedicina d’Urgenza, Ospedale S. Maria della Misericordia, Udine, Italia

AimofthepresentstudyistoevaluateallthepatientspresentingforabdominalpaininourEmergencyDepartment(ED) during a period of one month (December 2011), and to assess clinical characteristics, prevalence of clinical ultrasoundandplainabdominalx-ray,prevalenceofadmissiontodepartmentandsurgeryinterventionwithin1week from presentation, and final diagnosis. Purpose of this work is also to create a database for more extensive evaluation of abdominal pain management.

Materials and methods WeselectedallthepatientswhoreceivedatriagediagnosisofabdominalpainintheperiodbetweenDecem-ber, 1st and December, 31st, 2011, which was confirmed on clinical evaluation. 358 patients were included (M/F=0.73;mediumage51.7;ranging16to98).Agedistributionwas:a)16-45years:39%;b)46-65y:28%;c)66-80y:23%;d)80-98y:9%.

ResultsTheassignedcodeontriagewaswhitein3%ofpatients,greenin56%,yellowin41%.22%ofpatientswerecomplainingforspreadpainonallabdominalsectors.Painwashomogeneouslydistributedondifferentabdominalsectors in all the remaining patients. A total of 154 patients out of 358 (43%) received abdominal plain radiogra-ph. 120 out of 358 (34%) received bedside ultrasound during clinical evaluation. 53 patients out of 120 (44%) underwentabdominalx-rayafterultrasound.14patientsunderwentabdominalCTscan,9oftheseafterreceivingx-ray.Of154performedradiograph,92showednorelevantfinding;26showedfecalimpaction,29showedlevels. 244 patients were discharged from the ED, after a mean time of 6 hours; 5 of these were re-admitted and underwentsurgerywithin1week.103patientswereadmittedtohospitalstay(eitherinmedicalorsurgicaldepart-ment):32oftheseunderwentsurgery.Thediagnosisofdischargedpatientswas“nonspecificabdominalpain”in159cases,renalcolicin62,cholecystitisorbiliarycolicin27,bowelocclusionin23,acuteappendicitisin9.Otherdiagnosiswerepancreatitis,fecalimpaction,bowelischemia,gynecologicconditions.Our data are similar to other series published in medical literature. Further data will be collected to better evaluate the influence of plain radiograph and clinical ultrasound on the management of abdominal pain in ED.

Didattica ecografica (US) sulla flogosi dell’intestino acuto

P. Dell’Aquila, P. Caporaletti, F. SteaPronto Soccorso, Azienda Policlinico, Bari, Italia

La didattica US dell’intestino acuto nella flogosi è necessaria per motivi statistici, clinici e culturali. Una diagnosi sull’apparato digerente in urgenza è richiesta per il 38% degli accessi a fronte di 38% per cuore/polmone, 11% per genitourinario, 11% vascolare artero/venoso e 2% per politraumi (argomenti trattati nei corsi base US Urgen-za); pur essendo, l’intestino acuto, nell’ABCDE collocato in E (disabilità periferica), se sottovalutato evolve in C nel 10%, ossia instabilità di circolo; l’intestino contiena aria come il polmone: il medico formato nei corsi base di US d’urgenza conosce gli artefatti da contenuto aereo (riflessione), liquido (vuoto acustico), da commistione aria-acqua (ring down); conosce inoltre il motivo per cui un organo normalmente a contenuto aereo, nella patologia evolve verso aspetti parenchimatosi che permettono la diffusione degli US. L’esame US viene eseguito in decubito supino, in assenza di preparazione. Si utilizzano sonde convex 3,5MHz e lineare 7.5MHz. Si esplorano i qua-dranti esterni (cornice colica ed appendice vermiforme) ed i quadranti interni (tenue). La normalità corrisponde alla riflessione da contenuto aereo del lume enterico con secondario sbarramento acustico posteriore. La flogosi corrisponde ad inspessimento parietale concentrico a stratificazione conservata che, riducendo il lume e quindi

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59VIII Congresso Nazionale SIMEU - RiminiCOMUNICAZIONI - Venerdì 19 Ottobre

gli artefatti da contenuto aereo, permette la diffusione completa degli US ed il riconoscimento di tutti gli strati fino alla profondità. Oltre alla diagnosi di flogosi di parete la US permette il risconoscimento di segni associati ossia iperecogenicità del tessuto lasso perilesionale, linfadenite reattiva e versamento liquido perilesionale. Nel soggetto sano, l’esercizio didattico alla diagnosi di inspessimento parietale concentrico a stratificazione conservata viene fatto sull’esofago cervicale per motivi anatomici (unico distretto che in condizioni basali permette il riconoscimento degli strati della parete).

Materiali e metodi 40 medici emergentisti già formati nei corsi di US d’urgenza base sono stati formati al riconoscimento dei segni di normalità (riflessione, vuoto acustico e ring down) e di infiammazione di distretto enterico (inspessimento parie-tale concentrico a stratificazione conservata; iperecogenicità lasso perilesionale, linfadenite reattiva, versamento perilesionale) attraverso una lezione frontale della durata di 30’ ed un’esercitazione pratica a piccoli gruppi secondo sequenziale passaggio informazioni pratiche docente/discente per un tempo di 1h; inoltre training per il mantenimento delle acquisizioni della durata di circa 3 mesi.

RisultatiNel 100% i medici riconoscevano i pattern di normalità e di flogosi enterica se ricercati da medico esperto, nel 75% erano in grado di ricercare autonomamente immagini diagnostiche di flogosi di parete, nel 62% dei casi riconoscevano anche i segni accessori (linfoadenite, mesenterite, versamento perilesionale.

Conclusioni Lo studio US in Pronto Soccorso del dolore viscerale addominale deve riportare dati su presenza enterocolica di flogosi. Il medico d’urgenza deve essere formato al riconoscimento di tali pattern.

Didattica ecografica (US) sulla occlusione intestinale

P. Dell’Aquila, P. Caporaletti, F. Stea Pronto Soccorso, Azienda Policlinico, Bari, Italia

La didattica US della diagnosi di occlusione intestinale è resa necessaria dalla ricorrenza dei sintomi sospetti (il 33% delle afferenze in Pronto Soccorso presenta vomito e/o dolore addominale); dalla scarsa sensibilità e specificità dell’Rx diretta addome (<60%) nell’individuare la diagnosi; dal rischio cui espone la sottovalutazione del quadro clinico per elevato rischio di impegno emodinamico sistemico. L’US presenta invece una sensibilità e specificità, rispetto alla TC, del 95% circa anticipando in molti casi la positività della rx diretta addome; viene direttamente eseguito sulla barella del Pronto Soccorso in decubito supino, in assenza di preparazione dedicata. Per la sua esecuzione si utilizzano la sonda convex 3,5MHz e lineare 7.5MHz. Si esplorano i quadranti addo-minali esterni (cornice colica) ed interni (tenue). La normalità (assenza di occlusione) corrisponde alla riflessione da contenuto aereo del lume enterico con secondario sbarramento acustico posteriore. La patologia (presenza di occlusione) corrisponde ad aumentato contenuto liquido che distende il lume enterico, con artefatti da vuoto acu-stico, rinforzo di parete e ring down; presenza di anse tenuali del diam. >25 mm circa con movimenti peristaltici inefficaci, presenza di colon con perdita austatura e diam. >4 cm a contenuto liquido corpuscolato. L’esercizio didattico formativo del discente alla diagnosi di occlusione avviene attraverso US eseguita su intestino sano con distensione indotta artificialmente da riempimento ad acqua e polietilenglicole (30 gr/1 lt H2O) e l’identifica-zione della anatomia dei segmenti interessati dalla sovradistensione ossia stomaco, tenue (digiuno con pliche di Kerckring ed ileo senza pliche) e colon.

Materiali e metodi 40 medici già formati nei corsi di US d’urgenza base sono stati formati al riconoscimento dei segni di normalità (riflessione, vuoto acustico e ring down) e di occlusione intestinale (distensione gastrica, distensione tenuale >25

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mm circa, distensione colica con controllo del fondo cecale sospetto perforazione se diam. >6 cm circa) attraverso una lezione frontale della durata di 30’ ed una esercitazione pratica a piccoli gruppi secondo sequenziale pas-saggio di informazioni pratiche docente/discente per un tempo di 1h; inoltre training per il mantenimento delle acquisizioni della durata di circa 3 mesi. L’esame veniva completato da valutazione di VCI e camere cardiache al fine di verificare anche eventuale presenza/assenza di impegno di circolo.

Risultati Nel 100% i medici in formazione riconoscevano i pattern di normalità e di occlusione se ricercati manualmente da medico esperto, nel 75% riconoscevano autonomamente immagini diagnostiche di occlusione e di distretto inte-ressato, in alcun caso si impegnavano nel riconoscimento della causa non essendo quest’ultimo obiettivo didattico di formazione US d’urgenza base.

Conclusioni Lo studio US del dolore addomnale acuto deve riportare dati su presenza/assenza di occlusione, localizzazione della sede, impegno emodinamico. Il medico d’urgenza deve essere formato al riconoscimento di tali pattern.

PERCORSI CLINICO ASSISTENZIALI

Recognizing oligoanalgesia in the Emergency Department: a first step towards the implementation of new clinical pathways for acute pain management

E. Pennacchio, L. De Nicola, P. Delmonaco, G. D’Addeo, F. Lamura, F. Cristiano, G. Viggiano, M. Ricapito, G. Gaudino, M. AutilioDipartimento di Emergenza, Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo Potenza, Italia

IntroductionAcutepainisthemostcommonpresentingsymptomintheEmergencyDepartment(ED);nevertheless,inthissetting,oligoanalgesia is known to be a frequent problem.

Objective To recognize the presence of oligoanalgesia in our ED.

Design Retrospectivestudy.

Setting EDofacommunity-based,700-bedhospital.

Patients and methodsRetrospectiveanalysisofthefirst3000EDvisitsin2011(softwareAIRO,AreaInformativaRicoveriOspedalieri),withregardtothefollowingindicators:A)assessmentofpainintensityattriageusingpainscales;B)numberofpatients with moderate/severe pain who received analgesics; C) analgesic drugs used in the ED; D) average door-to-drug time in patients with moderate/severe pain; E) number of patients with severe pain with door-to-drug time >20 min.; F) number of patients with moderate pain with door-to-drug time >60 min.; G) number of patients who received a reassessment of pain; H) number of patients who received a home prescription of analgesic drugs at discharge.Patientswithage<12years,chestorabdominalpain,severeheadache(yellowcode)andmajortraumawereexcluded.Weidentified606/3000patients(20.2%)withpotentiallytreatablepain(68/606yellowcode11.3%,

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538/606 green code 88.7%). In patients with severe pain, diagnoses were the following: minor trauma 56 (82.5%);renalcolic9(13.3%);biliarycolic1(1.4%);lowbackpain1(1.4%);otherkindofpain1(1.4%).Inpatients with moderate pain, diagnoses were the following: minor trauma 410 (76.3%); renal colic 16 (2.9%); biliarycolic11(2.1%);lowbackpain23(4.2%);headache26(4.9%);otherkindofpain52(9.6%).

Results A)Allthepatientsreceivedanassessmentofpainintensitywithverbalratingscale(mild,moderate,severepain);B)23/68(33.8%)patientswithyellowcodeand97/538(18.9%)patientswithgreencodereceivedanalgesics;C) the drugs used were the following (single doses): acetaminophen IV (45), ketoprofen IV (35), tramadol IV (3), diclofenacIM(35),miorelaxantsIM(20),antispasticsIV(20),lorazepamOS(6),betamethasoneIV(3),acetylsa-licylicacidIV(1),methylprednisolonIV(2),Oxygen(2);D)averagedoor-to-drugtimewas90.2min.foryellowcode(range:7-679min)and93.7min.forgreencode(range:9-908min.);E)39%ofthepatientswithyellowcode who received analgesics (9/23) had a door-to-drug time >20 min.; F) 50.5% of the patients with green code who received analgesics (49/97) had a door-to-drug time >60 min.; G) none of patients received a reassessment ofpainintensity;H)22/37(59.4%)patientswithyellowcodedischargedhomereceivedaclearprescriptionofanalgesics. 314/490 (64%) patients with green code discharged home received a clear prescription of analge-sics.

Conclusions As reported in previous studies, acute pain is undertreated also in our ED. Recognizing this problem could be the firststeptodevelopclinicalpathwaysforpainmanagementinthissetting.

La polmonite acquisita in comunità nel Dipartimento di Emergenza-Accettazione: confronto tra l’indicazione clinica all’ospedalizzazione ed i sistemi a punteggio prognostici

R. Ferrari*, F. Tumietto**, F. Giostra*, D.P. Pomata*, P. Viale**, M. Cavazza** UO Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, AOSP Bologna, Italia** UO Malattie Infettive, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna, Bologna, Italia

Introduzione La polmonite acquisita in comunità (CAP) è causa frequente di ricovero ospedaliero e presenta elevata mortalità. Il medico d’Urgenza (EP) affronta quotidianamente la necessità di stabilire e determinare nel Dipartimento di Emer-genza (ED) la gestione iniziale dei pazienti affetti da CAP secondo una stratificazione del rischio. Diversi scores di severità a punteggio (SSS) sono convalidati per predire profilo di rischio e mortalità e per aiutare la scelta delle strategie di trattamento e gestione; quelli di uso più comune per la CAP nel ED sono CURB-65 e CRB-65, che hanno dimostrato limiti, ma anche specificità e valore predittivo positivo elevati.

Scopo del lavoro Determinare la capacità degli SSS di predire accuratamente l’esito e la mortalità nei pazienti con CAP ospedaliz-zati dall’ED; analizzare criticamente i casi nei quali il giudizio clinico dell’EP di ricoverare un paziente con CAP si discosta dal basso profilo di rischio stabilito dagli SSS.

Materiali e Metodi Studio clinico prospettico osservazionale monocentrico svolto in un ED universitario, includente i casi consecutivi (età ≥18 anni) ricoverati per CAP. Diagnosi di CAP definita dalla presenza di un nuovo infiltrato alla radiografia del torace (CXR) in associazione a dati anamnestici ed obiettivi compatibili.

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Risultati Duecentosettantatre pazienti in 122 giorni (i primi 4 mesi dello studio; media 2.24 casi/die) sono stati ricoverati da ED con diagnosi di CAP; 172 (63%) risultati nella classe a rischio elevato-intermedio secondo gli SSS; 101 (37%) a basso rischio.I due gruppi di rischio risultano simili riguardo a molti dei parametri registrati. Tra le differenze principali emerge come il gruppo a rischio maggiore mostri: più elevata mortalità (19.7% versus 2.7%); più alti valori di D-dimero, urea, creatinina, CK, CK-MB, LDH e NT-proBNP sierici; maggiore prevalenza di dispnea, alterazione del senso-rio, necessità di ventilazione meccanica, indicazione al monitoraggio e al ricovero in Area Critica Semintensiva dell’ED; inferiori valori di SpO2 e minor tasso di casi già trattati con antibiotici dal domicilio. Quando la decisione clinica dell’EP di ricoverare pazienti con CAP non ha concordato con il basso profilo di rischio stabilito dagli SSS, alcuni elementi risultano più spesso implicati: aspetti sociali e gestionali, copatologie croniche, fallimento di una precedente terapia intrapresa per CAP, alterazioni laboratoristiche, insufficienza respiratoria, alterazioni partico-lari del quadro radiologico.

Conclusioni La capacità di CURB-65 e CRB-65 di prevedere la mortalità per CAP è confermata dai nostri risultati. Studi pro-spettici ampi sono necessari per definire quali indicatori consentano di sviluppare SSS nuovi o modificati, in grado di valorizzare alcuni elementi essenziali nel processo di triage dei pazienti con CAP nell’ED, per aumentare la capacità di discriminare la necessità di ospedalizzazione del singolo caso. Nella vita reale dell’ED un attento giudizio clinico pare ancora insostituibile nel processo decisionale e gestionale dei pazienti affetti da CAP, anche al di là dell’utile supporto fornito dagli SSS.

Implementazione di percorsi diagnostico-terapeutici per i pazienti seguiti in osservazione breve: risultati ad un anno dall’introduzione

C. D’Anna, A. Tua, M. Quacchio, A. Rossi Dipartimento di Emergenza Urgenza, Soc. MECAU, Ospedale S. Andrea, ASL VC, Vercelli, Italia

Nel 2010, la Regione Piemonte ha richiesto ad ogni DEA di approntare una serie di percorsi diagnostico-terapeu-tici relativi a patologie comunemente osservate in OBI, con l’obiettivo di valutare in concreto l’attività svolta e di standardizzare il trattamento di tali patologie al fine di migliorare il loro outcome, sia in termini di efficacia della cura che di appropriatezza di ricovero. Per ogni percorso sono stati individuati degli indicatori di esito, e più raramente di processo, risultati entro il periodo massimo di osservazione che è stato fissato a 30 ore.Abbiamo voluto, ad un anno dalla implementazione dei percorsi, andare a verificare il raggiungimento degli obiettivi posti dagli indicatori, e confrontarli con gli stessi valutati nell’anno 2009, in cui i percorsi non erano ancora stati elaborati (Tabella 1). I dati riportati dimostriamo che l’implementazione di percorsi e la loro corretta applicazione migliora la qualità delle cure prestata e quindi l’appropriatezza dell’esito, garantendo in ultima analisi un risultato anche economico.

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Applicazione degli scores clinici e stratificazione del rischio nel dolore toracico non traumatico

C. Cancrini, A. Simone, D. Livoli, V. Valeriano, F. Liguori, F.R. PuglieseDipartimento di Emergenza, UOC Pronto Soccorso Medicina d’Urgenza, Ospedale Sandro Pertini, Roma, Italia

Introduzione Per ottimizzare la gestione del paziente con dolore toracico DT, in un Pronto Soccorso (PS) ad elevato numero di accessi (80000 accessi pl 300 OBI 17) è necessaria una sempre più valida stratificazione del rischio, applicando outcome scores sempre più affidabili e nuovi modelli decisionali in base alle recenti linee guida AMNCO/SIMEU/ESC. Dal 2008 nel nostro PS è attivo il PCAE sul DT che prevede ECG + tnp a tempo 0-6-12 h e TE predimissione per i pazienti a basso-medio rischio di eventi cardiaci maggiori, ottenendo una netta diminuzione dei ricoveri incongrui (19% del 2008, 4% del 2010) ed aumento delle dimissioni in protezione. Di contro, si è assistito da un aumento del tempo di permanenza dei pazienti con DT con basso fattore di rischio (tempo medio 18 h) un aumen-to del numero dei TE eseguiti in PS (4.5% nel 2008, 8% nel 2010) a fronte di un uguale percentuale di TE positivi (5.5%) con una notevole dispersione di risorse economiche. L’esigenza di modificare l’attuale percorso nasce dalla recente introduzione nel nostro laboratorio della TpnI ultrasensibile e dall’analisi dei risultati che ha evidenziato come quest’ultima si positivizza a 12 h solo in condizioni particolari, non legate a problematiche cardiache.

Scopo del lavoro Ridurre il tempo di permanenza in PS dei pazienti a basso rischio di eventi cardiaci maggiori; individuazione precoce dei pazienti ad alto rischio di SCA-NSTEMI, in entrambi follow-up clinico diagnostici intra- ed extra-ospedalieri adeguati agli outcome scores applicati.

Materiali e Metodi Dall’inizio di Febbraio i pazienti con DT come sintomo principale sono stratificati in base al tempo d’insorgenza della sintomatologia (< o >6 h) del CPS e del GRACE risk score, dei fattori di rischio (età >70 aa M >40 aa, diabete, arteriopatia periferica, dislipidemia, famigliarità, uso di cocaina, ecg non interpretabile). Criteri di esclu-sione sono rappresentati da: STEMI, embolia polmonare, dissecazione aortica, insufficienza renale, scompenso cardiaco cronico, BPCO, demenza senile, ictus, gravidanza, età < 14 aa.L’iter clinico-diagnostico viene suddiviso in due percorsi:1) Percorso Fast Track Rule-out (PFT) basso rischio di eventi cardiaci maggiori (CPS < 4 FR ≤1). I pazienti con DT asintomatici >6 h vengono sottoposti ECG + TpnI basali; se asintomatici <6 h ad ECG +TpnI basale ed a 6 h. In entrambi i casi, se ECG e TpnI sono negativi FR=0 GRACE <140 dimessi follow-up dal medico di famiglia; se FR=1 o GRACE >140 invio al PACDT entro 72 h. Tale percorso si snoda in PS.2) Percorso Diagnostico Accelerato (PDA) alto rischio di ACS (CPS ≥4, FR ≥1 o CPS ≥ o ≤4 + coronaropatia nota): i pazienti con CPS ≥4 se FR ≥1 GRACE <140 ECG + TpnI 0-6-12 h invio PACDT per TE entro 72 h; se FR ≥2 o GRACE >140 esecuzione TE predimissioni. Tale percorso si snoda in OBI, dopo negatività della TpnI a 6 h. Pazienti con coronaropatia nota ECG non interpretabile e/o con CPS <4 percorso concordato con il cardiologo.

Risultati preliminari La gestione del dolore toracico rappresenta ancora per il medico di PS una sfida difficile, in cui i costi elevati in tempo di permanenza, di investimento di risorse, non giustificano la bassa percentuale di pazienti con eventi car-diaci maggiori che potrebbero beneficiare di percorsi diagnostici-terapeutici più celeri con l’utilizzo più efficace della TpnI.I dati finora raccolti dimostrano che l’utilizzo della Tpnl ultrasensibile associata ad una meticolosa stratificazione ed applicazione di scores affidabili nel DT, riducono gli eventi avversi ed il tempo di permanenza in PS, entrambi obiettivi da raggiungere in un PS con un elevato numero di accessi.

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Procedura di accoglienza e cura dedicata della persona vittima di violenza familiare, bullismo e mobbing: un percorso multidisciplinare

M. Corbo, V. Roccati, D. Pierluigi, D. Biggio, C. Manganello, P. Cremonesi Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, E.O. Ospedale Galliera, Genova, Italia

La violenza domestica rappresenta un fenomeno complesso ancora ampiamente sottostimato, basato sul dominio e la ripetizione degli episodi violenti perpetrati all’interno di ambienti familiari e di rapporti intimi, con un impatto devastante sulla salute delle vittime. Secondo i dati Istat 2007, raccolti su un campione di 25000 donne fra 16 e 70 anni, il 32% ha dichiarato di aver subito nella propria vita una violenza, il 67% che la violenza è stata ripetuta nel tempo e nel 62% dei casi si è verificata violenza assistita da parte dei figli. Dal Rapporto ONU del 2006, si stima che tra 500 milioni e un miliardo e mezzo di bambini e adolescenti subiscano forme di violenza, compiute in gran parte all’interno dell’ambito familiare.Il Pronto Soccorso rappresenta un osservatorio privilegiato per identificare e accogliere situazioni di maltratta-mento, dando avvio alla presa in carico complessiva della persona all’interno di un percorso clinico specifico di sostegno.Lo scopo del Protocollo è definire i ruoli e le responsabilità dell’equipe all’interno di una procedura multidiscipli-nare di accoglienza e cura per le vittime di violenza domestica appartenenti a categorie fragili (donne e minori) e per le vittime di bullismo e mobbing.Il protocollo è suddiviso in 3 sezioni (violenza sulle donne, sui minori, mobbing). In ciascuna sezione è delineato il percorso multidisciplinare di presa in carico della vittima, nelle diverse fasi di: accoglienza al triage ed assegna-zione del codice colore, visita medica e refertazione, colloquio psicologico, segnalazione e attivazione dei servizi territoriali competenti e delle figure rappresentanti l’Autorità Giudiziaria.È messa in evidenza l’importanza del tempestivo coinvolgimento della psicologa di PS e fornite le modalità di collaborazione con tale figura professionale. Si descrivono in ciascuna sezione gli indici comportamentali, psico-logici e fisici di violenza sospetta che consentono ai professionisti sanitari di eseguire un adeguato screening delle situazioni di violenza non dichiarata e viene fornita una verbalizzazione di aspetti medico-legali, quale strumento consultabile che permetta di migliorare e rendere ulteriormente competente e consapevole l’azione intrapresa a favore della vittima.L’applicazione del Protocollo permette di avviare un’azione congiunta di prevenzione secondaria grazie alla rile-vazione precoce di situazioni di rischio ed evitare la cronicizzazione di situazioni traumatizzanti, oltre a fornire un quadro epidemiologico delle violenze. In merito, quali dati preliminari, nell’anno 2011 gli accessi per “violenza altrui” presso il nostro PS sono stati 1106 su 54260 totali; di questi 378 sono donne, 72 sono minori di 18 anni, 437 sono di cittadinanza straniera, nel 69% dei casi l’esecutore di violenza è di sesso maschile, nel 21% femmini-le, nel 10% non noto; nel 15% dei casi il maltrattante è identificato nel partner, nell’1% nel genitore, nel 22% non viene specificata la relazione vittima-maltrattante.

Scompenso cardiaco in OBI: stratificazione del rischio e dimissione in sicurezza in 24-48 ore

A. Simone, D. Livoli, C. Cancrini, F. Liguori, F.R. Pugliese Dipartimento di Emergenza, UOC Pronto Soccorso Medicina d’Urgenza, Ospedale Sandro Pertini, Roma, Italia

Premessa Lo scompenso cardiaco è l’unica patologia cardiovascolare maggiore a presentare un’incidenza in continuo aumento. Il decorso clinico è caratterizzato da frequenti periodi di instabilità che rendono necessarie ospedalizza-zioni ripetute. Ne consegue che l’accesso in DEA di pazienti con scompenso cardiaco interessa una popolazione sempre più rilevante.

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Scopo Verificare il ruolo dell’ecografia polmonare nella stratificazione del rischio e dimissione in sicurezza del paziente affetto da scompenso cardiaco lieve-moderato.

Materiali e Metodi Sono stati studiati i pazienti ricoverati in Pronto Soccorso dal 1° Gennaio al 15 Aprile 2012 con quadri sindromici riferibili a scompenso cardiaco. All’ingresso in PS i pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica, ECG, esami di routine, Rx torace, terapia farmacologica secondo linee guida ESC 2008 ed ecografia polmonare mirata allo studio dell’edema interstiziale mediante la quantificazione delle “Linee B” (“artefatti a coda di cometa”). Le comete vengono considerate “assenti” se <5 nel totale degli spazi valutati, “lievi” tra 5 e 15, “moderate” tra 15 e 30 e “gravi” quando >30. I pazienti che presentavano un quadro clinico di scompenso cardiaco classe NYHA II e III hanno proseguito il percorso in OBI ove sono stati sottoposti a rivalutazione, osservazione e terapia per 24-48 ore. Dopo tale periodo è stata eseguita nuova ecografia polmonare per rivalutazione Linee B e successiva dimissione oppure ricovero/trasferimento in strutture a minor intensità di cure.

Risultati Dal 1° marzo al 15 aprile 2012 sono stati visitati in Pronto Soccorso 262 pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco. Di questi, 55 pazienti in classe NYHA II-III hanno proseguito il loro percorso in OBI. I principali risultati riguardanti l’esito ed i tempi di permanenza in OBI sono riportati in Tabella 1. Dei pazienti dimessi nessuno è rien-trato in PS entro i 3 giorni successivi. I risultati relativi alla valutazione ecografica delle Linee B pre e post terapia dei pazienti dimessi dall’OBI sono rappresentati in Figura 1. I risultati relativi alla valutazione delle Linee B pre e post terapia dei pazienti ricoverati e trasferiti sono rappresentati in Figura 2.

Conclusioni L’impiego dell’ecografia polmonare con particolare riferimento alla ricerca delle Linee B consente di valutare il grado di risposta alla terapia nel paziente con scompenso cardiaco. La riduzione delle Linee B è un parametro indicativo di risposta alla terapia già dopo le prime 24-48 ore. Ciò consente, parallelamente alla valutazione clinica, una rapida stratificazione del rischio ed una maggiore appropriatezza nella gestione di questi pazienti.

Epidemiologia locale e strategie di gestione della terapia antibiotica empirica in Medicina d’Urgenza; esempio di un ospedale di territorio

E. Salvador*, F. Milano**, S. Gatti***, M. Tagliabue*, F.S. Moschella*, A. Tua*, R. Petrino** Dipartimento di Emergenza-Urgenza, Soc. MECAU, Ospedale S. Andrea, ASL VC, Vercelli, Italia** Microbiologia, Ospedale S. Andrea, ASL VC, Vercelli, Italia*** Direzione Medica, Ospedale S. Andrea, ASLVC, Vercelli, Italia

La letteratura scientifica suggerisce che la scelta di una terapia antibiotica empirica deve basarsi sulla presentazio-ne clinica del paziente (focus infettivo, agenti patogeni principali, disfunzione d’organo), sull’epidemiologia locale (comunitaria e nosocomiale), sulla presenza di fattori di rischio per resistenze batteriche, e sulle caratteristiche farmacologiche della molecola in uso (farmacocinetica e farmacodinamica). È stato ampiamente dimostrato che l’inappropriatezza della terapia antibiotica empirica correla in maniera statisticamente significativa ad un outcome peggiore, in particolare nei pazienti con sindrome settica. Pertanto ogni medico che lavora in ambito di Medicina d’Urgenza dovrebbe tenere presente tutti i fattori sopraelencati, conoscere in modo adeguato l’epidemiologia loca-le (comunitaria e nosocomiale) ed i sui cambiamenti nel tempo, un fattore quest’ultimo troppo spesso sottostimato.A partire dal 2010 è stata iniziata la raccolta dei dati epidemiologici di tutti gli esami colturali eseguiti presso il DEA di Vercelli: nel 2010 sono state eseguite 241 coppie di emocolture (di cui 57 positive, 24%) e 122 urinocol-ture (di cui 51 positive, 42%); nel 2011 sono state eseguite 224 coppie di emocolture (di cui 46 positive, 21%) e 78 urinocolture (di cui 43 positive, 55%).

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Il patogeno più comunemente isolato è stato E. coli, principale agente patogeno delle infezioni delle vie urinarie (nel 2010 isolato nel 26.30% delle emocolture e 60.8% delle urinocolture; nel 2011 nel 25.5% delle emocolture e 54.5% delle urinocolture), mentre i possibili agenti inquinanti sono passati dal 37% del 2010 al 17.4% del 2011.Gli E. Coli produttori di B-lattamasi ad ampio spettro (ESBL) sono stati 23.8% nel 2010 e 28.5% nel 2011; nel 2010 il 52.3% degli E. Coli era resistente ai fluorochinoloni con un decremento al 43% nel 2011; in entrambi gli anni il 25% degli Stafilococ-cus Aureus erano meticillino resistenti (MRSA).La European Society of Urology consiglia l’impiego dei fluorochinoloni come trattamento di prima scelta per le infezione delle vie urinarie non complicate; diversamente i dati delle pubblicazioni scientifiche riportano un incremento della resistenza di E. Coli verso i fluorochinoloni in seguito ad un maggior consumo di questa classe di farmaci a livello ospedaliero e comunitario.I dati epidemiologici da noi osservati ci hanno spinto verso un uso più prudente dei fluorochinoloni in corso di infezione delle vie urinarie, al fine di controllarne la resistenza (passando dal 52.3% del 2010 al 43% del 2011) e migliorare la gestione e l’appropriatezza della terapia antibiotica empirica.Inoltre grazie all’impiego di disinfettanti più adeguati per la loro rapidità d’azione (clorexidina invece di iodopovidone), siamo riusciti ridurre il numero di patogeni inquinanti (passando dal 37% del 2010 al 17% del 2011).Pertanto si conferma che la conoscenza ed il monitoraggio dei dati epidemiologici locali risulta essere un utile strumento, da non sottostimare, per la scelta e la gestione della terapia antibiotica empirica.

Trattamento e controllo del dolore nel Dipartimento di Emergenza e Urgenza della USL 4 di Prato: dal protocollo alla formazione fino alla verifica sul campo

E. Cecchi, A. Baldini, M. Lanigra, S. MagazziniDipartimento di Emergenza, USL 4, Prato, Italia

Il dolore è considerato un sintomo spia di patologia e talora è il solo sintomo che permette un inquadramento diagnostico. Non si può dire che sia altrettanto necessaria la sua presenza per il paziente, in quanto interferisce con il suo stato di benessere e/o il recupero dalla malattia.Il Consiglio della Regione Toscana ha inserito il tema del dolore nel Piano Sanitario Regionale (PSR) 2005-2007, prevedendo come progetto speciale “il controllo del dolore come diritto del cittadino”. Sono 2 gli indicatori previsti dal PSR atti a misurare l’efficacia delle azioni intraprese: 1) la registrazione del dolore, come 5° parametro vitale, all’interno delle cartelle cliniche degli ospedali regionali e 2) il consumo dei farmaci oppiacei, con particolare riferimento alla morfina, così come raccomanda l’OMS.Il Dipartimento di Emergenza (DE) rappresenta un ambiente unico per quanto riguarda la varietà di condizioni di emergenza e urgenza di cui si fa carico. La maggioranza di queste condizioni ha come sintomo principale il dolore associato in vario grado ad ansia. Per tale motivo la conoscenza delle tecniche di sedazione a analgesia rappresenta una componente essenziale del bagaglio culturale degli operatori sanitari (medici e infermieri) che operano in DE.Presso la UO Emergenza e Accettazione dell’Azienda USL 4 di Prato è stato redatto e reso applicativo il Protocollo assistenziale “Trattamento e controllo del dolore in UO Emergenza e Accettazione”, codice aziendale del Sistema Qualità N.01124PTC01. Tale Protocollo è stato elaborato da un gruppo multidisciplinare di medici, infermieri e farmacisti afferenti alle seguenti UUOO: UO Emergenza e Accettazione, UF Cure Palliative Sezione Terapia del Dolore e UO Farmaceutica, e prevede delle schede ad hoc di inquadramento, trattamento e monitoraggio del dolore per sede e intensità.Il Protocollo è stato diffuso ai medici ed infermieri del DE della USL 4 di Prato attraverso un corso di formazione, teorico e pratico, espletato in 6 edizioni nel 2011. Al termine del corso è stata valutata l’acquisizione da parte degli operatori sanitari delle conoscenze utili a misurare e controllare il livello di dolore (spontaneo o procedurale) del paziente, attraverso l’applicazione degli indicatori del PSR. Dall’analisi dei dati (verifica di applicazione della VAS su cartella informatica del paziente e consumo dei farmaci) risulta un incremento del tasso di rilevazione del dolore dallo 0,5%, 4 mesi prima del corso di formazione, al 25,3% dopo il corso; un aumento del consumo di FANS, rispettivamente del 17,3% in Pronto Soccorso (PS) e del 32,2% in Osservazione Breve Intensiva (OBI), e degli oppiacei rispettivamente del 42,3% in PS e del 3,1% in OBI.

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La formazione specifica del personale sul “dolore” associata a studi di monitoraggio attivo, analoghi al nostro, non solo risultano necessari per disegnare interventi utili atti a migliorare la terapia del dolore nei DE, ma anche per capire se stiamo creando migliori condizioni di cura.

Il percorso dei codici rosa di Lucca

P. Banti*, C. Mammini*, R. Bonini*, R. Domenici**, M. Rossi** Dipartimento di Emergenza, Pronto Soccorso, Lucca, Italia** Dip. Materno infantile, UO Pediatria, Lucca, Italia

Introduzione La violenza contro le donne, minori e soggetti vulnerabili rappresenta una violazione dei diritti umani ed una delle maggiori emergenze sociali contemporanee. Come confermato per l’Italia dai dati ISTAT, ha un sommerso impo-nente. Prima o poi tutte le vittime di violenza anche quelle incapaci di denunciare arrivano davanti ad un medico di Pronto Soccorso.

Scopi e metodi Scopo di questo procedura chiamata “Percorso Rosa” è quello di regolare il percorso sanitario a tutela delle fasce deboli della popolazione sottoposta a violenza domestica o sessuale per assicurare la massima protezione, ga-rantirnelaprivacy,l’incolumitàfisico-psichicaedassicurarelamassimarapiditàdiinterventoneiconfrontidegliautori del reato.Dal 01/01/2012 c/o la USL 2 Lucca in collaborazione con la Procura della Repubblica di Lucca è stata istituita una Task Force interistituzionale (operatori sanitari, delle forze dell’ordine, della magistratura, etc.) per contrastare la violenza sulle fasce deboli. Questa, a sua volta, ha provveduto a creare un sistema denominato “Codice Rosa” in grado di attivare la tempestiva e coordinata azione di una serie di misure di competenza sanitaria e giudiziaria tra professionalità eterogenee. Presso il Pronto Soccorso di Lucca in aggiunta ai codici di triage è stato introdotto il codice rosa (codice criptato, leggibile solo dal personale autorizzato) ed è stata allestita la Stanza Rosa, sala visita realizzata per il colloquio, i controlli medici e le consulenze, alla quale può accedere anche il personale di polizia delegato alle attività di indagine.

Risultati Dal 01/01/2012 al 30/06/2012 sono stati segnalati alla Task Force 114 casi: 100 adulti (96 maltrattamenti, 3 abusi e 1 caso di stalking) e 14 bambini (8 maltrattamenti e 6 abusi). In tutti i casi è stato attivato il percorso rosa e per 3 vittime è stata richiesta l’attivazione di risorse residenziali territoriali (messa in sicurezza presso case rifugio) per situazione di grave pericolo di vita. L’attivazione della Task force ha consentito – tra l’altro – di acquisire subito e validamente il quadro probatorio.

ConclusioniIl percorso rosa ha permesso di ricostruire, nell’eterogeneità delle risorse, un filo conduttore unico in grado di ga-rantire alle vittime di violenza una maggiore completezza e tempestività delle procedure diagnostico-terapeutiche ma anche la possibilità di acquisire subito e validamente il quadro probatorio con conseguente riduzione dei tempi di indagine e processuali. La capacità e la sensibilità degli operatori coinvolti nel rilevare i segni e sintomi della violenza sono risultati essere i primi indicatori di qualità e sicurezza di tale percorso.

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L’anziano nel modello assistenziale per intensità di cura: analisi degli accessi in un Dipartimento di Urgenza di area urbana

A. Baldini, E. Cecchi, V. Bambagioni, M. Lanigra, S. MagazziniDipartimento di Emergenza, USL 4 Prato, Italia

Introduzione Gli ultimi anni hanno visto un aumento della richiesta di prestazioni nei Dipartimenti di Emergenza. Il modello di invecchiamento della popolazione ha prodotto un numero crescente di accessi nella fascia di popolazione anzia-na, ed in particolar modo dei grandi anziani caratterizzati da elevata comorbilità e da condizioni sottostanti di fragilità.

ScopoIn questo studio osservazionale retrospettivo abbiamo analizzato gli accessi in Pronto Soccorso della USL 4 Prato nel periodo dal 01/11/2011 fino al 31/05/2012 suddividendoli per età, codice colore, sesso ed esito, con particolare attenzione alla popolazione anziana ultra settantacinquenne, al fine di valutarne le principali caratte-ristiche, demografiche, di accesso in PS e di esito così da tracciare un profilo del paziente anziano che consenta di identificare precocemente indicatori di alert.

Risultati Nel periodo di riferimento hanno avuto accesso al nostro PS 57875 pazienti con età media per i maschi di 48 anni e per le femmine di 46. I codice colore all’ingresso erano distribuiti come segue: 2% codice rosso, 52% codice verde, 24% codice giallo; codici minori il 30%. Per quanto riguarda l’esito sono stati ricoverati 15% degli accessi. Dei ricoveri 40% in Medicina Generale, il 12% in Geriatria ed il 48% in altri reparti.Del totale degli accessi 13.912 hanno riguardato gli ultrasettantacinquenni (età media di 84 anni per i maschi e di 85 anni per le femmine); con la seguente distribuzione per codice colore: 5% rosso, 47% giallo, 40% verde, 7% codici minori. Per quanto riguarda l’esito il 41% è stato ricoverato (40% in Geriatria, il 30% in Medicina generale, il restante 30% in altro setting) ed il 30% a domicilio.

ConclusioniNell’ottica del nuovo modello di ospedale per intensità di cura, in relazione ai dati esposti, diventa attuale indi-viduare strumenti efficaci per ottimizzare il percorso del paziente anziano sin dall’ingresso in Pronto Soccorso.Numerosi dati di letteratura indicano come l’identificare i determinanti di criticità e fragilità sin dall’ingresso in ospedale sia correlato ad outcome più favorevoli.

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Lo studio “Project Sincope in Triveneto (PROSIT)”. Uno studio multicentrico riguardante la gestione della sincope in una regione italiana

F. Stefanini1, F. Borghetti2, G. Gouigoux3, A. Tenci4, A. Tiozzo5, D. Catanzariti6, A. Lo Genco7, M. Barban8, P. Pillinini9, G.Molon10

1) Pronto Soccorso, Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria, Negrar (VR), Italia2) Health Economics, Medtronic Italia, Sesto San Giovanni (MI), Italia3) U.O. Accettazione e Pronto Soccorso, Ospedale di Belluno, Italia4) Dipartimento di Emergenza ULSS 20, Ospedale Fra’ Castoro, San Bonifacio (VR), Italia5) U.O. Pronto Soccorso, Ospedale Civile, Chioggia, Itali6) Cardiologia, Ospedale S. Maria del Carmine, Rovereto, Italia7) Pronto Soccorso, Ospedale di Cles, Italia8) Pronto Soccorso, Presidio Ospedaliero, Conegliano (TV), Italia9) S.O.C. di Pronto Soccorso, Presidio Ospedaliero, Tolmezzo (UD), Italia10) Servizio di Elettrofisiologia e Stimolazione, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (VR), Italia

Obiettivi La sincope rappresenta annualmente circa il 2% degli accessi totali in Pronto Soccorso (PS). Nel 2009 la Società Europea di Cardiologia (ESC) ha pubblicato le linee guida per la diagnosi/gestione della sincope e recentemente diversi studi hanno indagato i percorsi di adozione di tali linee guida cliniche. Il primo obiettivo di PROSIT è stato osservare e comparare la gestione della sincope in 9 ospedali italiani, indagando esiti clinici e costi.

Metodi È uno studio retrospettivo, longitudinale (6 mesi), multicentrico, che include tutti i pazienti che si sono presentati in PS avendo come causa un episodio di sincope. Sono stati rilevati i dati relativi al PS, agli esami di laboratorio, ai ricoveri, alla diagnosi finale e ai relativi costi dal punto di vista del Servizio Sanitario Regionale (SSR) conside-rando l’intero percorso.

Risultati Il campione di osservazione ha incluso 1632 pazienti (età media: 61; SD ± 23) di 9 ospedali italiani. In media sono stati effettuati 4,5 esami/visite o test di laboratorio per paziente durante la permanenza in PS, per un totale di 7.305 prestazioni ambulatoriali in emergenza. Purtroppo non sono stati effettuati in tutti i pazienti alcuni test specifici raccomandati dalle linee guida ESC (ad esempio, il monitoraggio ECG è stato eseguito solo nel 15% dei pazienti). Dopo gli esami e le visite in PS, il 49% dei pazienti ha ricevuto una diagnosi dell’episodio di sincope: 31% neuro-mediata, 9% ortostatica, 6% cardiologica e 3% altre diagnosi. Il 39% dei pazienti è stato invece rico-verato in regime di OBI e il 12% dei pazienti è stato ricoverato in OBI e successivamente in un reparto ospedaliero. Il costo medio degli esami e ricoveri in PS (incluso l’OBI) è di 174,09 € per paziente.In totale, il 28% dei pazienti è stato ricoverato in diversi reparti ospedalieri (immediatamente dopo la prima va-lutazione in PS o dopo il ricovero in OBI). La durata media dell’ospedalizzazione è stata di 9 giorni (SD ± 6) e il costo sostenuto è stato di 2.054 € per ogni paziente ospedalizzato.In totale il 35% dei pazienti non ha ricevuto una diagnosi di sincope, con il 26% dei costi totali sostenuti per questi pazienti.

ConclusioniNello studio PROSIT sono stati osservati diversi percorsi diagnostici per individuare le cause degli episodi di sinco-pe. La maggior parte dei pazienti viene dimessa dopo l’osservazione in PS, sebbene in alcuni casi non si sia giunti ad una diagnosi. I ricoveri, che sono la voce preponderante relativamente ai costi, possono aiutare a trovare la diagnosi, ma una maggiore aderenza alle linee guida potrebbe ridurre la percentuale di sincopi non diagnosticate nonché i relativi costi dovuti alla diagnostica e ai ricoveri inappropriati.

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Monitoraggio epidemiologico di reazioni ed eventi avversi da farmaci in pronto soccorso. progetto di farmacovigilanza MEREAFaPS

A. Furini*, D. Balbarani**, M. Conti*, V. Frisardi*, I. Giacomini*, M. Gozzoli*, L. Prestini***, G. Vighi***, A. Saccardi**, M. Luppi** Pronto Soccorso, Medicina d’Urgenza e Osservazione Breve, Azienda Ospedaliera C. Poma, Mantova, Italia** Struttura complessa di Farmacia, Azienda Ospedaliera C. Poma, Mantova, Italia*** S.C. Qualità e sicurezza clinica, Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano, Italia

Le Reazioni Avverse a Farmaco (ADR) hanno dimostrato di avere un forte impatto negativo sia sulla salute dei cittadini che sulla spesa pubblica. La farmacovigilanza assume quindi un ruolo fondamentale nella raccolta, analisi e nella costante valutazione del profilo rischio/beneficio dei farmaci. Per migliorare la qualità della segnalazione, in Italia è in vigore dall’estate 2012 la nuova legislazione europea di Farmacovigilanza che amplia la definizione di ADR intesa come “effetto nocivo non voluto conseguente all’uso di un medicinale”, rendendo oggetto di segnala-zione anche gli errori terapeutici, gli abusi, il misuso, l’uso off label, il sovradosaggio e l’esposizione professionale.Il progetto MEREAFaPS (Monitoraggio Epidemiologico di Reazioni ed Eventi Avversi da Farmaco, Responsabile Scientifico del Progetto Dott. G. Vighi) attivato nel 2006 da Regione Lombardia con il finanziamento di AIFA, ha lo scopo di incrementare il numero di segnalazioni per sospette ADR nei pazienti che accedono al PS. Nella prima fase del progetto partecipavano 8 aziende ospedaliere Lombarde con 15 PS, nel 2009 il progetto ha assunto una dimensione interregionale coinvolgendo 5 regioni pari a 56 PS, AO “Carlo Poma “ compreso.La nostra analisi si riferisce alla raccolta delle segnalazioni di ADR nei tre PS del AO “Carlo Poma” di Mantova basandosi sulla schede di segnalazione comune del progetto e registrata online sul database centralizzato.Dall’analisi dei dati raccolti emergono alcune osservazioni:1) le ADR segnalate da Giugno a Dicembre 2011 hanno avuto un incremento sostanziale rispetto al semestre

precedente: +36% e le segnalazioni considerate gravi sono +50% rispetto all’anno precedente.2) Nel 2011 sono pervenute 219 segnalazioni delle quali 93 definite gravi e 2 che hanno messo in pericolo di

vita i pazienti.3) Nel primo semestre 2012 sono state effettuate circa 130 segnalazioni delle quali 50 gravi e 2 che hanno

determinato un pericolo di vita per i pazienti.4) In entrambi i semestri vi era un prevalenza di soggetti >65 aa tra i pazienti interessati e tutte le categorie

farmacologiche comparivano tra quelle coinvolte nelle reazioni avverse.5) Il 10% dei pazienti valutati presso il PS per ADR è stato ricoverato.

Prevenzione attiva al Pronto Soccorso: una finestra sulla sofferenza psichica sommersa degli adolescenti

M. De Simone*, P. Carbone**, A. Ferrari**, P. Barletta*, C. Barletta*, E. Casini**, M. Gregori*, F. De Simone*, C. Peri* * Dipartimento di Emergenza, Ospedale S. Eugenio, Roma, Italia** Facoltà di Psicologia 2, Roma, Italia

Nella difficile armonizzazione tra sviluppo somatico, cognitivo e affettivo spesso all’adolescente manca la pos-sibilità di rappresentarsi e dare voce a vissuti e sentimenti, quindi gli agiti pericolosi e le somatizzazioni urlano con il linguaggio concreto del corpo la sofferenza che non può essere altrimenti espressa. Per questi motivi i molti giovani che tendono ad agire o a somatizzare raramente si rivolgono ad un servizio psicologico; accade, invece, che giungano presso le strutture sanitarie quando incidenti o presunte malattie li costringono a ricorrere al medico.È a partire dalla consapevolezza di queste dinamiche che da ormai quasi 10 anni abbiamo attivato uno “Sportello d’Ascolto” per i giovani (14-24 anni) presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Eugenio di Roma.Il nostro metodo di lavoro intende raccogliere sia la storia “clinica”, costituita dai sintomi e i segni somatici, sia la

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storia “biografica”, costituita dagli episodi significativi della vita del giovane. A tale scopo, abbiamo optato per il colloquio semistrutturato a cui, in una prima fase della ricerca è stato affiancato un questionario psicodiagnosti-codiautovalutazioneSymptomChecklist-90,SCL-90,(Derogatis,1994),mentreinunasecondafasesonostatiaffiancati due strumenti psicometrici, la Response Evaluation Measure, REM-71, (Steiner et al., 2001), finalizzata allavalutazionedell’assettodifensivo,elaTorontoAlexithymiaScale,TAS-20,(Bagbyetal.,1994a,1994b)perla valutazione dell’alessitimia.Fino ad oggi abbiamo incontrato complessivamente 794 soggetti adolescenti e giovani adulti (14-24 aa.); di questi un primo campione clinico è costituito da 277 ragazzi che si sono recati al Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Eugenio di Roma a causa di incidenti e/o somatizzazioni (Gruppo Clinico N=147 maschi e 130 femmine), rispetto al quale abbiamo raccolto un campione di controllo appaiato per età e genere dei soggetti (Gruppo di Controllo Non-clinico N=147 maschi e 130 femmine, reperito nelle Scuole Medie Superiori del Comune di Roma). A questo primo gruppo clinico abbiamo proposto il colloquio affiancato dall’SCL-90. Un secondo campione clinico è invece composto da 120 giovani (Gruppo Clinico N=51 maschi e 69 femmine), anch’essi incontrati al Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Eugenio di Roma, ma di cui abbiamo rilevato l’assetto difensivo, attraverso la REM-71, e la capacità di identificare ed esprimere le proprie emozioni, attraverso la TAS-20.Di questi giovani il 56% è giunto al PS a causa di incidenti (sottogruppo degli incidentati), il 30% a causa di sin-tomi somatici non organici (sottogruppo dei somatizzanti) e il restante 14% a causa di sintomi somatici organici. Anche per questo secondo campione è stato raccolto un nuovo gruppo di controllo (N=120) appaiato per età e genere a quello clinico.I risultati emersi evidenziano che dei due campioni clinici incontrati al PS il 74% del primo e il 70% del secondo ha avuto precedenti esperienze di accesso a questo Servizio; esperienze molto spesso numerose e recenti. Questi ragazzi, definiti “alti utilizzatori del servizio”, attribuiscono la causa dell’evento che li ha condotti al PS a fattori esterni, manifestando una difficoltà a percepirsi come soggetti attivi dell’evento. Uno degli obiettivi che ci poniamo nell’incontro con questi giovani è quello di stimolare il riconoscimento del ruolo che loro stessi hanno giocato nel prodursi dell’evento.Le analisi statistiche condotte sulle risposte fornite all’SCL-90 (Derogatis, 1977) hanno messo in luce che i giovani del primo Gruppo Clinico presentano valori significativamente più elevati rispetto al campione di controllo nel GlobalSeverityIndex(p:0.05),indicandointalmodosiaunnumeridisintomisiaun’intensitàdeidisturbipsichicisignificativamente superiore ai giovani del controllo.Il secondo Gruppo Clinico, di cui abbiamo rilevato l’assetto difensivo e la capacità di identificare ed esprimere le proprie emozioni, presenta differenze significative con il gruppo di controllo sia nelle risposte fornite alla REM-71 che a quelle fornite alla TAS-20.Rispetto alla REM il gruppo clinico presenta punteggi significativamente più elevati nei seguenti meccanismi difen-sivi: somatizzazione e conversione.Mentre rispetto alla TAS il gruppo clinico presenta punteggi significativamente più bassi in due dei fattori: identifi-cazione delle emozioni e descrizione delle emozioni.L’analisi dei dati fino ad oggi condotta e i contenuti emersi durante i colloqui con i ragazzi ci stimolano a credere nella valenza preventiva dell’intervento di ascolto offerto agli adolescenti in PS. Anche un solo colloquio, se con-dotto con competenza e nel momento critico dell’accesso al PS, può rappresentare una svolta e mobilizzare un nuovo sentimento di sé e della propria responsabilità personale.«Strano!», dice C. «Durante il colloquio è come se avessi fatto un giro completo e ho rivisto la mia situazione. Adesso mi ricordo come è andata. Sono stata io a passare con il rosso…».

Bibliografia BagbyRM,TaylorGJ,ParkerJDA.TheTwenty-itemTorontoAlexithymiaScale–I.Itemselectionandcrossvalidationof

the factor structure. Journal of Psychosomatic Research 1994; 38: 23-32.Carbone P. Le ali di Icaro. Capire e prevenire gli incidenti dei giovani. Bollati Boringhieri, Torino, 2009.Derogatis LR. SCL-90-R: Administration, scoring and procedures manual.ClinicalPsychometricsResearch,Baltimore,MD,

1977.Steiner H, Araujio K, Koopman C. The response evaluation measure (REM-71): A new instrument for the measurent of

defenses in adults and adolescents. American Journal of Psychiatry 2001; 158: 467-473.

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La gestione del dolore nel pre-ospedaliero

V. Gatto, M. Raviolo, L. Silimbri, E. Astesano, I. Prisciandaro, L. Lamberti Centrale Operativa 118, ASL CN1, Cuneo, Italia

IntroduzioneIl dolore acuto, molto spesso, non è valutato né trattato adeguatamente nonostante il suo persistere abbia effetti dannosi sulla salute del paziente. Uno studio retrospettivo effettuato presso la Centrale Operativa 118 di Torino nel 2010 aveva evidenziato l’assenza di un sistema comune di valutazione dell’intensità del dolore e la bassa percen-tuale dei casi trattati con analgesici sul territorio. Partendo da questi presupposti, acquisendo la Legge n. 38 del 15/03/2012 e successivamente tutte le direttive regionali in merito, è stato elaborato un protocollo assistenziale per la valutazione ed il trattamento del dolore in area pre-ospedaliera. Tale protocollo, proposto dalla Centrale Operativa di Cuneo, è stato approvato dai Direttori delle Centrali Operative 118 in sede di Dipartimento Intera-ziendale ad Ottobre 2011 e reso parte integrante della nuova Scheda Intervento 118 della Regione Piemonte a partire dal 2012.

Obiettivi Individuato un unico metodo oggettivo di valutazione del dolore acuto nel paziente adulto (Numeric Rating Scale) e tracciata una linea guida per il trattamento dello stesso sulla base degli analgesici in dotazione alla check-list re-gionale, si è proposto di analizzare le modalità di gestione del dolore acuto dopo l’introduzione della nuova sche-da e del nuovo protocollo assistenziale al fine di evidenziare eventuali modifiche del comportamento dei sanitari.

Metodi È stato condotto uno studio attraverso l’analisi delle Schede Intervento 118 compilate dai medici di cinque Mezzi di Soccorso Avanzato (MSA) del 118 della Provincia di Cuneo nei mesi di Maggio e Giugno 2012. Sono stati inclusi tutti i pazienti con età maggiore di 18 anni e con dolore acuto correlato ad evento medico o traumatico. Sono stati esclusi i pazienti con dolore correlato ad evento cardiologico acuto e le schede con codice bianco. L’applicazione del protocollo assistenziale è stata preceduta nel mese di Gennaio 2012 da incontri formativi /informativi per i medici del SET 118 di Cuneo.

Risultati Il campione analizzato è costituito da 174 pazienti con dolore acuto di cui il 57% uomini ed il 43% donne con un’età media di 54 anni. Il dolore è stato più frequentemente associato a patologie di natura traumatica; con minor frequenza si sono osservati dolore addominale, cefalea ed algie osteo-articolari. La scala di valutazione NRS è stata utilizzata nel 48% dei casi e ripetuta, dopo analgesia, nel 20% dei casi. I dati hanno evidenziato una progressiva adesione al protocollo assistenziale da parte del personale sanitario con una corretta applicazione della scala di valutazione NRS ed una maggiore attenzione alla rivalutazione del sintomo dolore in itinere. Si è osservato un incremento dell’utilizzo degli oppiodi nel trattamento del dolore severo (il Fentanil risulta essere il più utilizzato), mentre la ketamina, pur facendo parte del protocollo, non è mai stata utilizzata.

ConclusioniL’adozione di un protocollo assistenziale e l’introduzione nella Scheda Intervento 118 della scala di valutazione NRS ha permesso di uniformare il comportamento degli operatori sanitari nella gestione del dolore acuto; si è osservata una riduzione dei casi di dolore non trattato e un incremento dell’utilizzo di oppioidi per il trattamento del dolore severo in fase pre-ospedaliera. Tali esiti sono correlati a uno studio pilota; è in previsione l’estensione della raccolta dati a tutto il 2012 su tutte le postazioni MSA del 118 della provincia di Cuneo.

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RICERCA E RISK MANAGEMENT

Efficacia e sicurezza dell’analgesia rapida con fentanyl sublinguale nel Dipartimento di Emergenza: risultati di un’esperienza preliminare

L. Acquarone, F. De Iaco, F. D’Adamo, M. Palumbo, C. GervasoniDipartimento di Emergenza, Pronto Soccorso, Imperia, Italia

Premessa e scopi dello studioRapidità di somministrazione ed efficacia clinica sono le caratteristiche fondamentali di una corretta analgesia in Medicina d’Emergenza Urgenza. Nuove formulazioni di oppiacei, di estrema semplicità di somministrazione, trovano indicazione nel trattamento del breakthrough cancer pain ma appaiono adatte anche all’impiego nel Dipartimento d’Emergenza. Presentiamo un’esperienza preliminare condotta nel nostro PS allo scopo di verificare praticabilitàesicurezzadeltrattamentodeldoloreacutodatraumaconunaformulazionedifentanylcitratoasomministrazione sublinguale.

Selezione dei pazienti Pazienti giunti in PS per trauma monodistrettuale, con dolore severo (>7 NRS), in condizioni di salute buone (ASA PhysicalStatus:classi1e2).Sonostatiesclusipazientigiàintrattamentoanalgesicootrattatifarmacologicamenteprima dell’arrivo in PS.

Trattamento e monitoraggio Nell’immediatezzadell’arrivoinPSipazientisonostatitrattaticon1compressada100mcgdifentanylcitratoper via sublinguale e posizionati su sedia a rotelle. A 15 minuti dalla somministrazione è stato chiesto al paziente se riteneva necessario ulteriore trattamento del dolore. In caso di risposta affermativa è stata somministrata una secondacompressadifentanyl100mcg.Tuttiipazientisonostatimonitoraticonsaturimetriacontinuaesorve-glianza diretta dell’operatore per non meno di un’ora dalla somministrazione.

Risultati Sono stati trattati 19 pazienti (11 femmine, 8 maschi, età media 56 anni, range 24-76). La causa dell’accesso era: trauma del polso in 10 casi, della caviglia in 6, della spalla in 3. 10/19 pazienti (53%) hanno richiesto un secondo trattamento. Nessuno ha richiesto un terzo trattamento.In nessun caso si è verificata una desaturazione clinicamente significativa, definita come diminuzione maggiore di 5 punti rispetto alla saturazione di base e con necessità di intervento rescue (ossigenoterapia, ventilazione, intubazione, somministrazione di antidoto). In 5 casi (26%) è stata riferita una sensazione di vertigine soggettiva (in 2 casi è stato necessario distendere il paziente). 7 pazienti sono stati sottoposti a sedazione procedurale con midazolam entro l’ora successiva alla somministrazione senza eventi avversi.

ConclusioniPur nella necessità di studi di livello maggiore la nostra esperienza preliminare dimostra che l’analgesia in urgenza confentanylsublingualeèefficaceepraticabileconsicurezza.L’elevataprevalenza(53%)dinecessitàdisecondasomministrazione è presumibilmente da ascrivere alla biodisponibilità del farmaco assunto per via sublinguale.L’impiegodel fentanylsublingualedescrittoèassolutamenteoff-label:siconferma,comegiàespressonelleLGintersocietarie, la necessità di considerare formulazioni di oppiacei ad elevata rapidità d’azione tra le possibili opzioni terapeutiche per il dolore acuto severo nel setting dell’urgenza.

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Linee guida delle società scientifiche fra conflitto di interessi e difetti metodologici. Il case study del dronedarone per la fibrillazione atriale

P. Iannone*, G. Flego**, M. Minardi***, E. Haupt* * Emergenza, Ospedali del Tigullio, Lavagna, Italia** Direzione sanitaria, Ospedali del Tigullio, Lavagna, Italia*** Emergency Department, Frimley Park Hospital, Frimley, UK

Premessa Le raccomandazioni cliniche delle linee guida (LG) rappresentano spesso per i medici, gli utenti e i decisori il riferimento ultimo per definire lo standard di comportamento clinico e informare le scelte di politica sanitaria. Tut-tavia le LG a volte divergono nelle loro indicazioni anche in presenza dello stesso corpus di evidenze, minando la credibilità di questo strumento clinico e della Evidence Based Medicine.

Case study Vengono analizzate le discrepanze fra le raccomandazioni sull’impiego del Dronedarone per la Fibrillazione AtrialepresentatenellepiùrecentiLGditreSocietàScientifiche(EuropeanSocietyofCardiology,CanadianCar-diovascularSocietyeAmericanHeartAssociation).

Metodi La qualità delle tre LG è stata analizzata attraverso la check-list AGREE (II versione), e quella delle evidenze sot-tostanti attraverso il metodo GRADE e il GRADE-Pro software. La meta-analisi degli studi primari considerati dalle tre LG (ATHENA, DIONYSOS, DAFNE, EURIDIS-ADONIS, ANDROMEDA, ERATO) con e senza l’inclusione dello studio PALLAS, successivo alla pubblicazione delle LG, è stata effettuata con il RevMan Software (v 5.1), seguendo le raccomandazioni Cochrane.

Risultati La qualità delle tre LG è risultata insoddisfacente principalmente per ciò che attiene il rigore metodologico (man-cata valutazione degli studi primari oltre la loro tipologia) e la gestione del conflitto di interessi. Il metodo GRADE non ha in effetti individuato evidenze tali da raccomandare il Dronedarone per la fibrillazione atriale, essendo stati riscontrati seri bias e problemi di inconsistenza, trasferibilità ed eterogeneità fra gli studi rispetto ad outcomes criti-ci, non presi in considerazione dalle LG analizzate. Nella nostra meta-analisi l’Odds Ratio per mortalità a sfavore del dronedarone è risultato 1.31 (95% CI 0.66-2.59, test I2 59%). L’inclusione esplorativa dei risultati dello studio PALLAS peggiora ulteriormente i rischi di mortalità (Odds Ratio con analisi di sensibilità: 1.77, 95% CI 1.16-2.70, test I2 0%). Il conflitto di interessi è risultato adeguatamente affrontato solo nella LG AHA.

Conclusioni Il conflitto d’interessi fra autori di LG e industria farmaceutica e la difettosa metodologia di valutazione degli studi primarihannoconcorso,coneffettomoltiplicativo,adeterminare,nelcasestudyconsiderato,raccomandazionidi scarsa affidabilità e fra di loro contrastanti, nonostante la stessa base di evidenze. È fortemente auspicabile da parte delle Società Scientifiche impegnate nella produzione di LG l’adozione e la corretta applicazione del metodo GRADE, oltre che il rispetto di criteri molto più severi per eliminare e/o controllare il conflitto d’interessi.

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La monitorizzazione non invasiva/non Intensiva in Osservazione Breve permette di aggiungere qualcosa in termini diagnostici? Risultati preliminare di uno studio pilota

C. Settesoldi, T. Di Nota, C. Traversi, A. Ciullini, G. Fantoni, G Gioachin, G. Pepe, S. GrifoniOsservazione Breve, Pronto Soccorso, DEA AOU Careggi Firenze

Premessa L’Area di Osservazione Breve, funzionalmente legata al Pronto Soccorso (PS), ha come obiettivo il miglioramento della qualità delle cure erogate agli utenti ed il trattamento dei quadri a complessità moderata, con il migliora-mento di appropriatezza nelle ammissioni in degenza e la riduzione dei costi sanitari globali relativi al ricovero. La gestione di alcuni pazienti in fase di osservazione (“non ricovero ospedaliero”), clinicamente stabili, prevede l’ esecuzione di controlli clinici, strumentali elaboratoristici sequenziali, che consentano nell’arco delle 24/48 ore una diagnosi clinica circostanziata e una dimissione in sicurezza.Esistono tuttavia alcuni pazienti selezionati che necessitano di una osservazione “clinica avanzata” (patologia ad elevata probabilità e medio rischio) anche per il necessario approfondimento strumentale: i pazienti con ischemia cerebrale transitoria, sincope, emergenza/urgenza ipertensiva, selezionati alla prima valutazione in PS presenta-no un potenziale rischio evolutivo e la necessità di una diagnostica strumentale nelle 24/48 ore. Per raggiungere tale obiettivo è ipotizzabile che non sia opportuno utilizzare letti di osservazione intensiva (OBI), dedicati a pa-zienti con criticità cliniche e patologie ad elevato rischio evolutivo.

Proposta Analizzare il valore aggiuntivo in termini diagnostici di una valutazione multiparametrica non invasiva (non in-tensiva), per quei pazienti che si presentano in PS con una sincope (compreso di pseudo sincope e presincope), ischemia cerebrale transitoria e emergenza/urgenza ipertensiva. Tale breve periodo di osservazione clinica “mo-nitorizzata” a scopo diagnostico, potrebbe permettere di migliorare il livello di adeguatezza diagnostico/terapeu-tico e la dimissione in sicurezza.Tale gestione permetterebbe implicitamente di razionalizzare la casistica e coordinare la ricerca scientifica ad hoc su un gruppo di patologie selezionate, delle quali in letteratura scientifica non emergono forti evidenze.

Materiali e metodi Contesto di riferimento: 20 letti funzionali di Osservazione Breve Pronto Soccorso DEA Careggi. Risorse stru-mentali: 2 + 1 Monitor rilevazione multiparametrica (Fukuda): ECG, PA, SatO2. Pazienti da arruolare: pazienti consecutivi con accesso in OB selezionati per:1. pre-sincope, sincope, pseudo-sincope, in pazienti a rischio intermedio (diagnosi suggestiva di origine cardio-

gena, ma in assenza di chiare alterazioni clinico/strumentali/bio-umorali alla valutazione in PS che necessi-tano di un ricovero in ambiente a medio/alta intensità di cura).

2. Ischemia cerebrale transitoria (TIA) di origine incerta o con sospetta origine cardioembolica per tachi/bradia-ritmia.

3. Emergenze/Urgenze ipertensive.

Attività svolta Rivelazione multi-parametrica 24 ore (Monitor Fukuda, ECG, PA, SatO2) e stampa finale dei report di eventuali eventi.Procedura:Il medico di PS, selezionato il caso clinico, segnala la monitorizzazione ECG a scopo diagnostico.L’infermiere di OB in fase di accoglienza posiziona il monitor per la lettura continua elettrocardiografica, inserisce i dati del paziente, controlla il tracciato e informa il paziente delle modalità di uso dello strumento.Medico OB ed infermiere OB al termine della monitorizzazione richiesta (mediamente 24 ore) provvedono a ve-

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rificare la presenza di eventi ECG, verificano il trend parametrico, provvedono alla stampa dei report finali e alla refertazione nel registro di attività Fisrt Aid (applicativo gestione cartella clinica).Il gruppo di ricerca analizza i dati.Ricadute:1. Migliore appropriatezza diagnostica nei casi di sincope;2. Unica valida alternativa all’ECG sec Holter nei TIA ad origine incerta;3. Impatto su indicatori di esito: maggiore appropriatezza al ricovero, maggiore sicurezza rinvio a domicilio

paziente “a rischio”;4. Ricerca scientifica finalizzata, per medici ed infermieri.Periodo: 10 mesi.

Risultati preliminari Lo studio di seguito riportato vede l’arruolamento dei pazienti che sono stati ricoverati in osservazione breve con diagnosi di sincope (pre-pseudo-sincope), per un periodo complessivo di 10 mesi, in cui si mette a confronto una prima fase 01/08/2011 al 31/12/2011 senza monitor rilevazione multiparametrica e una seconda fase dal 01/01/2012 al 31/05/2012 con monitor rilevazione multiparametrica.Dal confronto si evince che i pazienti (115) sottoposti a monitoraggio multiparametrico 18 sono stati ricoverati, in quanto hanno riportato eventi cardiografici, quali torsione di punta, bradicardia sinusale con pausa patologica >3 secondi, tachicardia ventricolare non sostenuta, episodi di bradi/tachiaritmie e fibrillazione atriale.I pazienti dimessi (91) non hanno riportato alcun evento nel tracciato elettrocardiografico rafforzando la diagnosi di dimissione; e 6 pazienti sono stati programmati dei fast track.Tali eventi registrati hanno modificato sostanzialmente l’esito, permettendo una diagnosi certa ed uno specifico trattamento con necessità di ricovero in ambito specialistico.

Conclusioni L’implementazione delle ultime Linee Guida Sincope ESC 2009 tra i medici del DEA permette di migliorare la va-lutazione in PS e di realizzare quel nuovo approccio diagnostico incentrato sulla stratificazione del rischio e sulla maggiore importanza monitoraggio cardiaco.Come unica alternativa all’ECG dinamico sec Holter, che in letteratura risulta avere un basso potere diagnostico, la monitorizzazione ECG non invasiva/non intensiva risulta avere una non trascurabile resa diagnostica in quei pazienti per cui è auspicabile una valutazione di secondo livello ma non intensiva (OBI). Tale attività non influisce sul lavoro infermieristico in quanto facilmente applicabile, gestibile e non dispendiosa, ma anzi permette di sorve-gliare al meglio i pazienti.

La valutazione del triage infermieristico: strumento di analisi delle sottostime e sovrastime del codice giallo

M. Baricchi, D. BragliaEmergenza Urgenza, Azienda USL Reggio Emilia, Italia

Il triage è un percorso decisionale basato su un processo metodologico scientifico che ha il fine di individuare segni, sintomi, fattori di rischio e condizioni di evolutività del paziente. Gli errori che l’infermiere può commettere nella valutazione del codice di priorità sono: la sottostima che può determinare un peggioramento delle condizioni cliniche dovute all’attesa, la sovrastima che produce un rallentamento nella presa in carico e gestione dei pazienti. La valutazione del processo di triage viene fatta per assicurare ai pazienti un servizio di qualità e minimizzare il rischio clinico.L’analisi della letteratura non ha individuato uno strumento gold standard volto alla valutazione del triage. La valu-tazione del processo si realizza utilizzando indicatori e standard e la regione Emilia Romagna nel progetto Bench-marking di PS ha individuato come indicatori di appropriatezza: tasso di sottostima ≤2±1%, tasso di sovrastima ≤25±5%. Lo strumento da noi utilizzato prevede: 1) selezione e scarto dei codici di priorità e gravità concordanti

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perché la concordanza non ha ricadute sull’outcome del paziente; 2) analisi selettiva dei casi discordanti median-te confronto fra le schede di triage compilate ed i protocolli dell’Unità Operativa; 3) calcolo del tasso di sotto-sovrastima utilizzando gli standard della regione Emilia Romagna l’analisi selettiva delle schede triage, permette di individuare i sintomi e le sindromi più a rischio di errore. La valutazione delle schede ha considerato: sintomo principale, parametri vitali, aderenza ai protocolli interni di triage. Sono stati valutati i codici di priorità gialli di 3 PS della regione Emilia Romagna. Come evidenzia la tabella i tassi di errore sono sostanzialmente in linea con gli standard regionali; l’indice di sovrastima in tutti e 3 i PS rientra nei criteri di appropriatezza; l’indice di sotto-stima è aderente alle linee guida nel PS A e B, mentre registra uno scostamento di +2,4% nel PS C. Le cause più frequenti di errore sono l’incompleta o errata valutazione dei parametri vitali e la mancata aderenza ai protocolli. La maggior frequenza delle sottostime e sovrastime si osserva per: addominalgia, dispnea, traumatismi, sincope.I risultati di questa valutazione ci hanno consentito di programmare una formazione mirata con l’obiettivo di mi-gliorare ulteriormente la gestione del rischio clinico e la qualità dell’assistenza.

Tabella 1. Percentuali di sotto/sovrastime nei PS esaminati.ACCESSI SOTTOSTIMA % SOVRASTIMA %

PS A 24000 0,4 15,3PS B 24000 2 7,2PS C 15000 5,4 2,7

Riduzione del rischio clinico in Pronto Soccorso: esperienza di gestione della terapia cronica del paziente in OBI mediante metodo FMEA

P. Piazza, M. Randon, L. Baù, F. Pellanda, S. De Guio, P. Santorso, G. Piasentin, C. MenonDipartimento di Emergenza, Pronto Soccorso di Bassano e Asiago, Bassano del Grappa, Italia

La FMEA è una metodologia utilizzata per analizzare le modalità di guasto o di difetto di un processo, prodotto o sistema.L’acronimoderivadalladenominazioneinglese“failuremodesandeffectsanalysis”.La FMEA fu sviluppata dall’esercito USA nel 1949, per classificare i guasti in base all’impatto sul successo della missione e sulla sicurezza del personale. È stata applicata negli anni ’60 per le missioni spaziali Apollo, ed è tutt’ora utilizzata da diversi sistemi di gestione della qualità industriale. È un metodo per esaminare un processo prospetticamente, con l’ottica di evidenziarne le possibili vulnerabilità e quindi ridisegnarlo minimizzandone i rischi potenziali.Nei sistemi sanitari punta ad evitare gli eventi avversi che potrebbero causare danno ai pazienti, ai famigliari, agli operatori.L’applicazione della FMEA si suddivide in:• Selezionedelprocessocriticodaanalizzare;• Studiodelprocesso;• Analisideirischi;• Definizioneeattuazionedeipianidicontenimento;• Monitoraggiodeirisultati.

L’ULSS 3 del Veneto ha fatto proprio questo metodo nella gestione del rischio clinico. Nel nostro PS, dopo una fase di analisi dei processi passibili di errore, abbiamo selezionato, come uno di quelle a maggior rischio potenziale, la gestione della terapia farmacologica del paziente in osservazione breve intensiva (OBI), ritenendo che questi pazienti fossero a rischio di una mancata o errata somministrazione della terapia domiciliare.Seguendo il metodo FMEA, a fronte della necessità di definire una modalità che riporti chiaramente, i farmaci, i tempi, i modi di somministrazione della terapia abituale, abbiamo stabilito come la seguente strategia:• strutturareunaschedacartaceacompilatadalmedicocheaccompagnailpazienteinOBI;

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• rendernesistematicol’utilizzo;• rivalutaresettimanalmenteilsuocorrettoutilizzo.Seguendo il metodo FMEA è stato redatta una scheda-terapia in formato cartaceo. È stato coinvolto inizialmente il personale che opera in OBI con una formazione sul campo sull’uso della nuova scheda. Dopo una breve sperimen-tazione, la scheda è stata validata ed utilizzata. Per un mese tutte le schede sono state fotocopiate giornalmente e conservate per la verifica.Tutto il personale è stato coinvolto mediante una riunione e/o la distribuzione di un opuscolo informativo, in cui si presentavano i principi della FMEA ed il piano di contenimento realizzato.A tutto il personale è stato somministrato un questionario per la valutazione dell’apprendimento. Avendo registrato una evidente discrepanza tra il numero di pazienti in OBI (791 in un mese) e il numero di schede prodotte (228) in un secondo tempo definito i criteri di esclusione dall’uso della scheda: • Assenzaoirrilevanzaditerapiacronica;• Sostadibrevedurata.Dopo questa puntualizzazione procedurale, da quasi un anno la scheda è regolarmente utilizzata e senza alcun incidente registrato, tanto che, all’ultima revisione si è deciso di implementare il metodo nella cartella informatiz-zata con cui si governa il nostro PS.

Analisi, confronto e gestione delle aggressioni agli operatori sanitari in tre Pronto Soccorso piemontesi

L. Desimone, G. Alberto, M. Rosso* Mecau, ASL VC, Borgosesia, Italia ** Mecau, AO Mauriziano, Torino, Italia

Gli operatori sanitari sono maggiormente suscettibili di essere vittima di violenza sia fisica che verbale rispetto agli altri lavoratori. Tuttavia, sia in Italia che all’estero, vi è stata una inadeguata categorizzazione dei tipi di incidente a cui il personale sanitario è esposto, creando maggiori difficoltà nella definizione e nel confronto dei risultati della ricerca. Individuare le azioni necessarie per migliorare la sicurezza attraverso l’analisi, il confronto e la gestione delle ag-gressioni a danno del personale operante nei Pronto Soccorso dell’ASL “VC” (Ospedali di Borgosesia e Vercelli), il cui territorio si estende su tutta l’area di una vasta provincia e in cui i due ospedali insistono su popolazione con caratteristiche demografiche variabili e di un DEA di una realtà metropolitana (A.O. Ordine Mauriziano di Torino). Nel giugno 2011 è stato somministrato a tutti gli operatori di pronto soccorso dei tre ospedali, un questionario composto da 22 domande, ai quali hanno risposto 172 operatori su un totale di 225 (76,4%).Sono stati analizzate le risposte ai 169 questionari giudicati validi.

Il 13% degli operatori dell’A.O. Mauriziano e il 17,8% di quelli dell’ASL “VC” (p< NS) dichiarano di aver subito almeno un’aggressione fisica, mentre rispettivamente il 72% e il 74,7% (p NS) riferisce di aver subito almeno una aggressione verbale.Il maggior numero di aggressioni risultano provenire dai familiari/accompagnatori dei pazienti con una significa-tiva differenza tra le due realtà indagate (54% A.O. Mauriziano vs del 74,4% per l’ASL”VC”, p< .001)La maggioranza degli operatori delle due Aziende Sanitarie (68% A.O. Mauriziano vs 61,2% degli ASL”VC”, p NS) risulta essere preoccupato per le aggressioni.Il 70% degli operatori intervistati reputano utile o molto utile la formazione sul tema.La maggioranza degli operatori dei tre pronto soccorso conosce l’esistenza della procedura di segnalazione delle aggressioni ma solo il 20% circa la applica. Una percentuale significativa degli operatori ha subito aggressioni sia fisiche che verbali in entrambe le aziende e senza apparenti significative differenze che pure insistono in contesti sociali differenti. La formazione sembra

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essere un elemento chiave per aumentare la sicurezza degli operatori la quale deve tenere in considerazione due aspetti fondamentali: la necessità di una adeguata comunicazione con il paziente e i suoi accompagnatori e tecniche di difesa personale.La corretta segnalazione è punto cardine per rendere più sicuro il lavoro degli operatori poiché una sottostima del fenomeno e una inadeguata conoscenza da parte dei decisori porta a minori investimenti sul tema.

Informativa e consenso: nuove prospettive nella responsabilità civile medicaPierluigi D., Cremonesi G., Corbo M., Cremonesi P., Tavella G.M.SCC. Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, E.O. Galliera, Genova, Italia

La giurisprudenza della Corte di Cassazione identifica da tempo quale fatto generatore di responsabilità civile la lesione di valori attinenti alla personalità individuale, anche non legati alla prestazione terapeutica.Conferendo efficacia decisiva al vincolo contrattuale (da contatto sociale) instaurato tra Struttura e Paziente all’atto della presa in carico di quest’ ultimo, la Cassazione aveva affermato l’obbligo per l’Ente di erogare la miglior prestazione possibile, anche di natura non strettamente sanitaria, e in tale nozione va ricompresa la adeguata comunicazione con il Paziente.Da qui l’affermazione della indispensabilità di informativa e consenso, doveri autonomi ed indefettibili, parte integrante della prestazione medica ed il cui mancato adempimento è fonte di responsabilità civile in via diretta, indipendentemente dall’ esito della prestazione sanitaria (Così, ad es., Cass. Civ., Sez. III, 14/3/2006, n. 5444).Attenendo all’ inalienabile diritto alla autodeterminazione del Paziente, detti obblighi rientrano nel l’ineludibile obbligo di “diligenza” a carico della Struttura Sanitaria. La giurisprudenza ha evidenziato altri principi fondamentali in materia: informativa e consenso (rectius: “infor-mative” e “consensi”, al plurale) vanno applicati a tutte le fasi diagnostico/terapeutiche suscettibili di autonoma gestione (Es. anestesia, modalità e tecniche dell’intervento chirurgico, etc.) e non solo al trattamento medico in sé .“Consenso”, poi, è concetto diverso dalla semplice “adesione”, e va inteso come un processo decisionale condi-viso tra Medico e Paziente.Il consenso deve essere cosciente, attuale, libero e valido, ed in linea generale, non è soggetto a vincoli di forma.Visto il sistema probatorio del CPC (efficacia privilegiata della prova scritta) è consigliabile, almeno negli interventi terapeutici più importanti o rischiosi, una formulazione scritta, ed il più dettagliata possibile.Legittimato a prestare il consenso è unicamente il Paziente, cosciente e capace.Eccezioni specifiche a tale principio sono rappresentate da: trattamenti obbligatori, minori di età (in tal caso, legittimati saranno i genitori), incapaci sottoposti a tutela (consenso prestato dal tutore, ma solo se esiste un prov-vedimento giudiziale di interdizione). In caso di rifiuto del consenso è ammesso il ricorso all’ Autorità Giudiziaria.Eccezione di portata generale è, invece, lo stato di necessità (Art. 54 Cod. Pen, nozione applicabile anche in cam-po civile) che esclude la responsabilità ci chi abbia omesso di ottemperare agli obblighi di informativa/consenso allo specifico fine di tutelare, nello specifico momento dell’intervento, la vita del Paziente.La violazione degli obblighi di informativa e consenso può esporre anche il Medico, in via personale ed indivi-duale, a responsabilità penale.La Corte di Cassazione individua però criteri più rigidi perché si possa configurare titolo di reato.Il comportamento del Medico che opera in violazione dello specifico consenso ricevuto integra fatto di reato solo ove l’ esito finale dell’intervento sia stato dannoso per il Paziente, rispetto ad un intervento conforme a quello a cui il consenso si riferiva . Così Cass., SS.UU., n. 2437/2009.