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Page 1: Web viewNel piccolo spazio, Zeke riesce a trovare il ‘La’ con l’archetto mentre Louis dà respiro al mantice della sua fisarmonica. Prima un suono incerto poi,

NOTE IN VIAGGIO

“Scusi giovanotto, ma lei il biglietto per il suo sarcofago lo ha pagato? Già non c’è posto

per noi… !”

Zeke immediatamente viene fulminato dallo sguardo inviperito di una vecchietta che per

poco non gli tira la punta dell’ombrello sull’alluce. Intimorito, avvicina piano il contrabbasso

e lo stringe ancor più forte a sé.

Non ne poteva più! Per ogni piccolo concertino doveva prendere tutti i mezzi possibili ed

immaginabili della città per arrivare a destinazione. Ogni volta era un calvario e poi,

puntualmente, si trovava alle prese con una vecchietta che gli tirava una gomitata nelle costole

o, ancora peggio, simulava un malessere per ‘occupazione di aria pubblica’ che lo costringeva

a darsela a gambe alla fermata successiva.

Sorte simile l’aveva l’amico Louis che, al posto del sinuoso contrabbasso, si portava

sempre dietro un pesante metro cubo dove la sua ‘Paolo Soprani’ da 120 bassi stava

comodamente adagiata. Lo spazio destinato alla loro musica come ai loro strumenti era o uno

scampolo buio e di second’ordine nei bar affumicati da grasse risate o lindi angoli di saloni

privati.

Sia Zeke che Louis, nonostante il freddo e tutte le difficoltà della vita a Mosca, avevano un

grandissimo sogno e ardevano dal desiderio di realizzarlo: sognavano un grande concerto

all’aperto, senza limiti di spazio, dove la musica potesse viaggiare libera da ogni ostacolo fino

al cuore delle persone, fino ad insinuarsi in ogni pietra o fiore; dove, alzando gli occhi in alto,

si potesse stendere sul manto del cielo in tutta la sua immensità.

Una mattina Zeke arrivò trafelato a casa di Louis e lo svegliò di scatto ricordandogli che

quella sera, finalmente, dovevano suonare fuori città. Appena il giorno prima avevano

ricevuto quest’invito da un personaggio famoso che dava una festa, nella sua villa, per il suo

secondo matrimonio. Sarebbe stata questa la loro occasione! Lo spazio e le orecchie buone

non sarebbero mancate.

Il treno partiva alle 16:45. Per l’occasione Zeke avrebbe lucidato il contrabasso mentre

Louis impegnava il mantice della sua fisarmonica in esercizi di respirazione.

Bene, si parte! Si ritrovano alla grande stazione di Mosca. C’è una marea di gente e Zeke

per poco non guadagna terreno ruzzolando per le scale con tutto lo strumento.

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Arrivano le 16:45, passano, e loro sempre pronti di fronte al binario 5. “Ma quando arriva

questo treno?!” esclama sbuffando Zeke ad un certo punto mentre sta seduto al bordo di una

panchina piena di gente che brulica fitta accanto ai binari.

Volta la testa ed incontra lo sguardo smarrito di Louis che, in piedi, pigiato da un nugolo di

signore starnazzanti, guarda sognante il lontano cielo azzurro.

Trascorre ancora un’altra mezzora a sbuffare ed evitare di essere travolti mentre il treno

non è ancora arrivato. Nel frattempo la stazione si svuota e rimangono solo loro con poche

altri viaggiatori con un piccolo bagaglio e grandi cappotti.

Louis e Zeke stanno per andare via sconsolati quando sentono un fischio acuto e vedono

una locomotiva che spunta magicamente dalla curva e trascina colorate vetture. Sulla facciata

è riportato un nome: Transiberiana. Si guardano estasiati, per loro significa: “Via, verso il

sogno”.

Presi gli strumenti si dirigono decisi verso uno sportello e, a fatica come al solito, spingono

dentro il grande sarcofago ed il pesante metro cubo. Si guardano a bocca aperta… dove sono

andati a finire? Dopo aver trovato una sistemazione per gli strumenti prendono per loro il

poco spazio che rimane.

Il treno parte. Sono maledettamente in ritardo. “Non c’è problema” esclama Louis, “nelle

feste di matrimonio le ore diventano piccole!”. “Certamente”, conferma Zeke, “e poi ci

saranno di sicuro persone capaci di apprezzare la musica e sale grandi ed illuminate.”

Si continua a viaggiare veloci, il paesaggio, con ancora poca luce addosso, appare etereo,

sfumato, emozionante come i dipinti di Turner. Sono finalmente felici, sulle loro facce hanno

stampato un sorriso immobile ed intorno agli occhi scoppiettano tante bollicine.

Il treno inizia a rallentare improvvisamente. “Siamo arrivati?” chiede Zeke alzandosi di

scatto e rischiando di cadere, con tutto il contrabasso, su un brutto cagnaccio dal muso lungo.

Dall’alto del vagone si attiva un altoparlante che annuncia una fermata imprevista e che invita

i signori passeggeri ad approfittarne per visitare la stazione.

Louis si alza arrabbiato “Bene! Di questo passo arriveremo domani mattina a suonare

cucchiai e piattini della festa consumata!”. Nei loro cuori, la sala da concerto della villa

diventa sempre più piccola, un altro tocco e diventerà tale e quale a quella che conoscono da

sempre nei soliti bar o negli angoli delle strade.

“Beato lui”, sussurra Zeke, “dorme su una panchina chiuso come in un bozzolo

poggiando la testa su mille parole fedelmente ordinate. È il suo spazio… e sembra

bastargli.”

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Alle parola di Zeke l’uomo steso sulla panchina si alza con calma e stropiccia gli occhi

assonnato, sembra uscito fuori da un racconto. “Che tipo strano” pensa Louis, “dall’aspetto

deve essere molto giovane”. È alto e mingherlino con capelli un po’ lunghi e occhi d’un blu

profondo ancora appannati dalla stanchezza.

Subito si rivela un tipo disordinato e sbadato. Indossa semplici pantaloni ed un maglione

spesso dal quale spunta un lembo libertino di camicia a quadri; il tutto è avvolto da un grande

cappotto pieno di tasche dalle quali spuntano pagine e carte di ogni tipo. Da dietro i capelli la

punta di una matita fa timidamente capolino.

Zeke e Louis si guardano incuriositi mentre il giovane con noncuranza cerca di raccogliere

i taccuini e le cose sparse disordinatamente intorno a lui.

I due chiedono se possono sedersi accanto e tristemente, senza aspettare risposta, gli

raccontano la loro infelice avventura verso il grande concerto. Dopo aver ascoltato con calma

gli sconsolati amici, il giovane si presenta dicendo di essere Andrej, uno scrittore stanco delle

critiche e in cerca di avventura. Offre il suo aiuto invitandoli a fidarsi e promettendo uno

spazio per la libertà dei loro strumenti.

Il treno intanto fischia la partenza; raccogliendo velocemente le ultime cose, Andrej si tuffa

dentro seguito a ruota da Zeke. Louis finisce stampato sulla pancia di una vecchietta che lo

guarda con astio e lacera il silenzio con un urlo. “Oh no! Pure qua!”, pensa spaventato

Louis affrettandosi a salire sul vagone.

Dopo spintoni e piedi schiacciati, i due musicisti si sistemano nel cantuccio accanto agli

strumenti facendo un po’ di posto per Andrej che, come sempre a suo agio, comincia a

scrivere furiosamente su un taccuino.

Passano quattro giorni ma la fiducia nel giovane Andrej e la curiosità crescono sempre di

più negli animi del contrabbassista e del fisarmonicista. Il pomeriggio del quinto giorno, ad

un certo punto, lo scrittore alza gli occhi sui due amici e li trova con il naso incollato al

finestrino che osservano qualcosa fuori.

Incuriosito si avvicina e scoppia in una risata sonora. “Ma è solo il vecchio Bajkal!”

esclama con una pacca decisa sulle spalle dell’ammutolito Zeke. “Con tutto quello che

mangia, quel lago diventa sempre più enorme!”

Una distesa azzurra mossa da una leggera brezza si stende placida dinanzi a loro. Brilla

come cristalli dai riflessi turchesi e, serena e tranquilla, riflette il sottile treno che scorre

accanto.

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Lasciandoli intenti ad osservare il suo vecchio amico, Andrej si raggomitola su se stesso e

si addormenta di colpo ma dopo poco il treno rallenta e il solito altoparlante rumoroso

annuncia una prossima fermata: la città di Ulan Ude per visitare i famosi monasteri buddhisti.

Travolti dalla calca, Zeke e Louis vengono catapultati giù dal treno dopo aver deciso di

lasciare gli strumenti, come gli altri bagagli, nella cabina.

Si guardano a bocca aperta, “Sarà di sicuro questo il posto per il nostro gran concerto?!”

grida felice Louis. L’unico modo per saperlo è chiedere alla loro disordinata guida che, al

momento, sembra sparita nel nulla. Dopo aver guardato intorno e controllato su tutte le

panchine nelle vicinanze, risalgono accalorati sul treno: lo trovano ancora addormentato

beatamente, incurante di tutto.

Dopo averlo chiamato senza ottenere risposta, Louis gli dà un leggero scossone, poi uno

più forte ed alla fine lo sveglia.

Riaccodatisi al gruppo, i tre amici passano una giornata nella bellissima città di Ulan Ude

dove tutto ha una dimensione diversa, più umana.

Impazienti, Zeke e Louis chiedono ad Andrej se è quella la loro destinazione ma lui scuote

la testa sognante e continua a prendere appunti su fogli volanti che infila disordinatamente in

tasca.

Fatto rifornimento di cibo e caldi cappelli pelosi, tornano sul treno ed il viaggio riprende.

Sistemati per l’ultimo tratto, Andrej, con la sua bacchetta magica, inizia a far scintillare

l’inchiostro che, sulla carta, risuona insieme al ciuf-ciuf di un treno che, sempre di più, si

addentra nel paesaggio quasi metafisico. Una pace come un velo sfiora le custodie degli

strumenti ed i loro cuori.

Nel piccolo spazio, Zeke riesce a trovare il ‘La’ con l’archetto mentre Louis dà respiro al

mantice della sua fisarmonica. Prima un suono incerto poi, una leggera armonia avviluppa

tutto il vagone ed anche il ritmo delle rotaie che corrono sui binari si unisce a loro e tutto

diventa incantato.

Sentono i cuori scaldarsi, sono quasi felici; forse Andrej non li stava portando da nessuna

parte ma in quel momento, in quel piccolo vagone della Transiberiana, si sentivano i più

grandi musicisti del mondo.

“Ahi! Fai attenzione!” dice allarmato Andrej fissando l’archetto di fronte al suo naso.

Scoppiano le risate: Zeke comincia a stonare, Louis dà più vigore al mantice ed inizia a far

volare le dita sulla tastiera per inghiottire ogni nota del contrabbasso.

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Di colpo il fischio del treno annuncia l’imminente arrivo in Mongolia, a Cojbalsan. Zeke e

Louis scendono allampanati dal treno come due Don Chisciotte a cavallo dei ronzini; Andrej,

il benedetto Sancho Panza, apre la strada verso il concerto. Lo seguono muti mentre un

turbine di domande litigano sotto i loro cappelli di pelo.

Usciti dalla stazione trovano un allegro taxi a tre ruote, un colorato apecar con al volante

un uomo smilzo, infagottato in un ricciuto cappotto di lana. Andrej gli sussurra qualcosa,

sistemano gli strumenti e partono. Il silenzio continua mentre gli occhi si aprono sempre di

più per accogliere la meraviglia che li circonda. Il vento li segue portando con sé sabbia e

freddo. Si imbacuccano ben bene tentando anche di ammortizzare gli scossoni dello strano

taxi in corsa.

Arrivano in un piccolo villaggio formato da sole quattro grandi tende intorno alle quali

giocano bambini e passeggiano cammelli. Dai comignoli delle tende si alzano morbide spirali

di fumo e un odore di tè sembra fare da cornice. I pochi abitanti sono immersi nella loro

quotidianità e si accorgono a malapena dell’arrivo dei tre.

Andrej scompare. Louis e Zeke, ancora increduli, lo cercano con gli occhi.

Lo vedono arrivare verso di loro con due cassette di legno in mano ed una capretta che lo

segue. “Bene ragazzi, possiamo sistemarci qui” dice lo scrittore e posiziona uno degli

originali sedili al centro del villaggio per Louis.

I due amici capiscono subito e, divertiti, liberano dalle custodie il contrabbasso e la

fisarmonica. “Possiamo cominciare quando volete” continua Andrej e, dopo qualche

accordo, Zeke e Louis iniziano a suonare.

Le note vibranti attraversano l’aria pungente e, sempre più sicure, si posano dolcemente sui

comignoli. Sembra di colpo che tutto si fermi; i bambini smettono di giocare, gli uomini

sollevano gli occhi dal lavoro, le donne escono dalle tende.

Il sipario del cielo si apre davanti ai musicisti e gli abitanti del villaggio si avvicinano.

Zeke e Louis sentono la loro musica che, come raggi di sole, raggiunge ogni angolo, corre fra

le tende ed ancor più lontano; si libera ovunque, sulle groppe dei cammelli, tra le spirali dei

fumi, dentro le mandorle degli occhi.

Andrej sorride felice: ha quasi concluso il racconto di un viaggio.

Louis e Zeke conquistano finalmente lo spazio infinito che sta intorno a loro.

Il manto blu avvolge tutto e spunta la prima stella.

Caterina Civilla5