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ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO 1 28/09/2015 LEZIONE INTRODUTTIVA Il diritto si divide in due macro aree: il diritto pubblico e il diritto privato. Il criterio di divisione consiste nello stabilire la tipologia di rapporto esistente tra i soggetti che interagiscono tra loro: il primo regola il rapporto tra soggetti su piani diversi, il secondo il rapporto tra pari. Il cittadino privato subisce il soggetto pubblico. Il diritto penale e il diritto tributario appartengono al diritto pubblico; nessuno pagherebbe le tasse se Stato e privato cittadino fossero allo stesso livello, poiché lo Stato non potrebbe imporre nulla. Il diritto privato, quindi, rapporti fra pari. Uomini e donne, associazioni, enti, ecc.: non c’è una parte più forte che impone qualcosa. Il contratto è lo strumento del diritto privato: è un accordo che produce regole giuridiche che vengono stipulate dalle parti. Rapporto giuridico è regolato dalla legge e limitatamente dalle parti. In particolare, il diritto privato si basa sul codice civile, testo che salvo alcune modifiche, risale al 1942. 29/09/2015 Considerando il fatto che nessuno può imporre nulla, la necessaria implicazione è che tutto ruota intorno ad accordi. PARITÀ ED ACCORDI COME NUCLEO DEL DIRITTO PRIVATO Nel quotidiano, entriamo in contatto con la stipula di contratti in continuazione. L’iter che porta a questa conclusione è così composto: prendiamo ad esempio l’acquisto di un capo di vestiario. Percezione di una sensazione di bisogno (voluttuario o non); Percorso fino al negozio; Scelta tra diverse tipologie secondo criteri estetici ed economici; Decisione dell’acquisto tra i vari capi offerti; Acquisto; Pagamento.

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ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO 128/09/2015

LEZIONE INTRODUTTIVAIl diritto si divide in due macro aree: il diritto pubblico e il diritto privato. Il criterio di divisione consiste nello stabilire la tipologia di rapporto esistente tra i soggetti che interagiscono tra loro: il primo regola il rapporto tra soggetti su piani diversi, il secondo il rapporto tra pari. Il cittadino privato subisce il soggetto pubblico. Il diritto penale e il diritto tributario appartengono al diritto pubblico; nessuno pagherebbe le tasse se Stato e privato cittadino fossero allo stesso livello, poiché lo Stato non potrebbe imporre nulla.

Il diritto privato, quindi, rapporti fra pari. Uomini e donne, associazioni, enti, ecc.: non c’è una parte più forte che impone qualcosa. Il contratto è lo strumento del diritto privato: è un accordo che produce regole giuridiche che vengono stipulate dalle parti. Rapporto giuridico è regolato dalla legge e limitatamente dalle parti. In particolare, il diritto privato si basa sul codice civile, testo che salvo alcune modifiche, risale al 1942.

29/09/2015Considerando il fatto che nessuno può imporre nulla, la necessaria implicazione è che tutto ruota intorno ad accordi.

PARITÀ ED ACCORDI COME NUCLEO DEL DIRITTO PRIVATONel quotidiano, entriamo in contatto con la stipula di contratti in continuazione. L’iter che porta a questa conclusione è così composto: prendiamo ad esempio l’acquisto di un capo di vestiario.

Percezione di una sensazione di bisogno (voluttuario o non); Percorso fino al negozio; Scelta tra diverse tipologie secondo criteri estetici ed economici; Decisione dell’acquisto tra i vari capi offerti; Acquisto; Pagamento.

È stato raggiunto un accordo tra negoziante e cliente: l'accordo è la manifestazione di due volontà (di vendere e di comprare) che derivano da un bisogno. L'accordo ha effetto di far diventare il compratore proprietario e il trasferimento della somma di denaro al venditore. Dopo la vendita, l’oggetto venduto cambia proprietà e contemporaneamente il compratore cede una somma di denaro: a questo punto c’è la fine del rapporto contrattuale tra i due soggetti.

Il compratore si accorge che il capo era in vendita alla metà del prezzo in un altro negozio. Il compratore capisce di aver fatto un pessimo affare impoverendosi il doppio di quello che avrebbe potuto. Oppure il contrario. Lo stesso processo vale per la formazione di tuti gli accordi, anche se non contrattuali (il matrimonio, ad esempio). Gli accordi sono processi individuali che portano ad una decisione. Il processo mentale funziona allo steso modo.

Il primo problema del diritto è quello di garantire, attraverso regole e istituti, agli individui che questo processo di formazione della volontà individuale sia un processo LIBERO e PURO, affinché la volontà della persona sia espressa senza influenze esterne (senza imbrogli, minacce): protegge quindi la libertà della decisione. Il secondo problema subentra nel momento in cui si raggiunge la decisione finale: il diritto deve proteggere tutti gli stipulanti dell’accordo/contratto. Ciò che caratterizza il diritto privato è il riconoscimento della legge alla volontà del privato del potere di produrre un effetto giuridico. La legge riconosce all'accordo l'effetto giuridico di far passare il capo dal venditore al compratore e il compratore a pagare. L'effetto giuridico è l'effetto della volontà del privato: nell’esempio, il trasferimento della proprietà dell’oggetto dal venditore al compratore e il trasferimento del denaro dal compratore al venditore (effetto del contratto di compravendita). Effetti giuridicamente rilevanti sono riconosciuti dalla legge al privato. Tutto ciò avviene legalmente solamente nella libertà del processo decisionale, nella libera espressione della volontà. Una volta che gli effetti giuridici si sono prodotti, il processo è irreversibile.

L'ordinamento privatistico ci lascia decidere gli effetti giuridici (gli accordi e i contratti che possiamo stipulare), ma una volta preso la decisione, il cittadino è responsabile dell'effetto stesso, ognuno è responsabile delle scelte che ha compiuto.

1. Libertà di decidere per sé2. Efficacia giuridica delle proprie decisioni3. Responsabilità delle decisioni prese

Un’altra differenza tra soggetto privato e soggetto pubblico è che chi decide facendo parte di un organismo pubblico non è personalmente responsabile della propria decisione, mentre chi prende decisioni che riguardano la propria persona lo è (es. acquisto vestito). Il diritto privato riguarda decisioni individuali, dette sincere perché l’individuo è responsabile della propria scelta; nel diritto pubblico e amministrativo non c'è un'applicazione immediata della propria decisione, perciò è definita insincera.

IL CONTRATTOCiò che differenzia il contratto da altre tipologie di accordi è che questo riguarda rapporti patrimoniali, economicamente rilevanti. Le norme del contratto sono regolate dagli articoli 1321-1469 del CC.Art. 1321. Nozione.Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Il contratto è l’istituto più importante tra i negozi giuridici e la sua essenza di accordo è volta a produrre effetti giuridici: in questa definizione sono compresi tutti i tipi possibili ed immaginabili di accordo, suscettibile di natura economica. Attraverso il contratto i privati operano sul mercato: è un veicolo degli scambi. Il contratto è volto a realizzare gli interessi di determinate persone attraverso la produzione di effetti giuridici.

Art. 1322. Autonomia contrattuale.Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge.Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

Autonomia significa che le parti dettano tra loro (auto) una regola (nomos): è espressione della libertà dei singoli di regolare i propri interessi patrimoniali. Le parti possono se stipulare un contratto tipico o atipico, se aggiungere o meno clausole al contratto tipico e quali clausole inserire in un contratto tipico, con chi stipulare il contratto. Il limite per l’inserimento di clausole nei contratti tipici e per la scelta di contratti atipici è che l’interesse volto a realizzare sia meritevole di tutela per l’ordinamento e sia lecito (limite di legge). Ecco la manifestazione della liberà delle parti: il procedimento parte dalla libertà della decisione della stipula del contratto e procede con la libertà della decisione dei dettagli; l’individuo ha la libertà di scegliere se stipulare un contratto: è obbligato a stipularne uno solamente se ha il monopolio di un bene. Fino al 1990 il mondo comunista/socialista non conosceva il contratto (ufficialmente, escludendo il mercato nero); i bisogni delle persone erano regolati dal diritto pubblico: lo Stato (la pubblica amministrazione) concedeva i generi di prima necessità ai privati, secondo le necessità di ciascun nucleo familiare.

Le due regole che questo articolo introduce sono: La limitazione al buon costume dell'applicazione della norma; La parola liberamente implica che le decisioni che prendiamo siano libere. Se

il contratto è stato stipulato sotto minaccia, il contratto non è valido. A meno di 18 anni o per eventuale sentenza del tribunale (incapacità legale), la persona non ha la libertà di decidere: questa viene dedotta dall’avverbio “liberamente”, che, legato alla L. 39/1975, stabilisce la maggiore età a 18 anni.

Tra tutti gli accordi possibili, ogni volta in cui il rapporto tocca il patrimonio, ci troviamo di fronte ad un contratto. Il contratto è quindi il sistema giuridico per dare una disciplina civile alla nostra giornata, per soddisfare i bisogni di vita quotidiana.

30/09/15L’esistenza di interessi contrapposti tra gli individui fa sorgere la necessità di norme giuridiche: un ordinamento è definito giuridico dal momento in cui questo è volto a risolvere dei conflitti (di interesse) e solo se alla mancata osservanza delle regole corrisponde una sanzione. Nello stato di diritto, il soggetto che esercita il potere è

sottoposto alla legge; la legge detta i limiti e l’esercizio del potere. Questo fa cadere l’assolutismo, che aveva caratterizzato l’epoca pre-moderna.Diritto oggettivo: complesso di norme che sono vigenti in quell’ordinamento giuridico, di com’è organizzata la società in quel momento.Diritto soggettivo: situazione giuridica in cui si trova un determinato soggetto (persona fisica o giuridica) e ciò che quella persona può fare per soddisfare il suo interesse. Persona fisica: ognuno di noi che è titolare dalla nascita di situazioni giuridiche soggettive. Persona giuridica: ente a cui è attribuita la capacità giuridica

05/10/15

CONTRATTO E AUTONOMIA CONTRATTUALEIl contratto è un accordo, e in quanto tale sarebbe in contraddizione stipulare un accordo sotto costrizione: esso è una scelta. L’art. 1322 ci concede due tipologie di libertà: se stipulare o meno un contratto, quali clausole stabilire. L'autonomia privata è funzionale perché ha forza di legge. Se così non fosse sarebbe un mondo di sogni, desideri, forza e prepotenza perché non ci sarebbero protezioni di legge. Il principio di questo articolo è contenuto nel c.c., legge ordinaria approvata dal parlamento. In quanto tale, il parlamento stesso attraverso un’altra legge ordinaria potrebbe abrogarla. Esiste una norma costituzionale che protegge la libertà contrattuale? È valida comunque, considerando che il codice civile è antecedente alla Costituzione? L’art. 41 della Costituzione (libertà di iniziativa economica) protegge il 1322 c.c. poiché anche il contratto, pur essendo in forma privata, è un’iniziativa economica. Essendo il contratto un accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale, esso è il mezzo giuridico attraverso cui si svolge l’attività economica.Qualsiasi attività economica si svolge attraverso contratti. Il secondo comma dell’art. 1322 implica la conoscenza delle tipologie di contratto (artt. 1470 ss.). Si sceglie il contratto in base all’interesse del privato: l’articolo consente la stipula di altri contratti, detti atipici, che non sono previsti dalla legge a patto che siano meritevoli di tutela; lo scopo perseguito deve essere accettato dalla legge.Nel momento in cui le parti raggiungono l’accordo, il contratto è legge per i contraenti, ovvero norme che devono essere rispettate da essi, la cui violazione da diritto ad una parte di ricorrere all’autorità giudiziaria per il rispetto delle clausole contrattuali. Le regola contrattuale non è una regola per tutti, ma solamente tra le due o più parti che hanno stipulato il contratto. Non si possono sottrarre a meno che non ci sia un accordo o per cause ammesse dalla legge (1372).Le suddette cause sono: il mutuo consenso, la nullità del contratto, l’annullabilità, la rescissione, la risoluzione per inadempimento, impossibilita sopravvenuta, eccessiva onerosità (artt. 1418-1469)Il mutuo consenso è un contratto che estingue un altro contratto. Mutuo = accordo di tutti i contraenti. Per liberarsi da un contratto bisogna accordarsi. Il comma 2, detto principio di relatività degli effetti del contratto, stabilisce che la forza di legge del contratto riguarda solo i contraenti. Terzo indica un soggetto estraneo alla vicenda.

Il contratto, dal punto di vista economico, è un affare, o meglio, il contratto è lo strumento giuridico per gli affari. L'affare è fissato dal contratto: l'affare può essere più o meno buono o cattivo. Comunque esso sia, gli effetti restano a carico della persona che ha stipulato il contratto. Questo implica alla responsabilità della scelta: non ci possiamo sottrarre alle conseguenze giuridiche. Alla libertà contrattuale e di decisione, si contrappone la responsabilità della scelta, personale e patrimoniale. Il diritto privato presuppone scelte sincere, che io faccio nel mio interesse. Sono egoiste perché gli effetti ricadono su di me e quindi dovrebbero essere veramente vere. Si corre il rischio di fare cattivi affari. Il mercato è il luogo dove si incontrano domanda e offerta, da dove poi nasce il valore di mercato di beni e servizi. I listini di mercato si stabiliscono in base ai contratti.

IL NEGOZIO GIURIDICOIl contratto è uno dei mezzi del diritto privato. Il diritto privato è fatto anche di altri accordi o dichiarazioni di volontà: tutto ciò è compreso nel NEGOZIO GIURIDICO. Il contratto è un accordo: non rientrano nei contratti le dichiarazioni unilaterali di volontà, ovvero un singolo che esprime il potere di esprimere effetti giuridici. La legge ammette effetti giuridici validi per legge anche con dichiarazioni unilaterali oltre che tramite contratti (ad esempio, art. 1236, dichiarazione di remissione del debito). La dichiarazione unilaterale non è un contratto perché non è un accordo: è il creditore che produce un effetto giuridico patrimoniale. Sia con il contratto, sia con la dichiarazione unilaterale di volontà si produce un effetto giuridico. Le dichiarazioni unilaterali di volontà sono regolate dall’art. 1324 c.c. Accordi patrimoniali e non, dichiarazioni unilaterali a carattere patrimoniale e non fanno parte di un “contenitore” che si chiama negozio giuridico, figura che si ricava per astrazione dalle varie tipologie di accordi e dichiarazioni

ELEMENTI COSTITUTIVI DEL CONTRATTOL’art. 1325 stabilisce quali sono i requisiti del contratto: se manca uno degli elementi costitutivi, ciò che è accaduto non è un contratto. I quattro requisiti sono:

Accordo Causa Oggetto Forma, se prescritta dalla legge.

AccordoL'accordo tra le parti è il primo requisito fondamentale e la sua definizione si può trovare nell’art. 1321; la dichiarazione unilaterale è un’eccezione nel diritto privato, poiché è una dichiarazione che non prevede un accordo ma si basa sul suo concetto. Per avere una definizione di accordo bisogna ampliare il significato letterale con quello giuridico. C'è l'esigenza di tecnicità per la terminologia giuridica. Se non c'è accordo non c'è contratto e non si producono effetti giuridici; a questo proposito, bisogna stabilire a quali condizioni, quando e dove è stato raggiunto l’accordo: le regole per la conclusione di un contratto si trovano nel codice civile. Le regole sono i procedimenti di formazione del contratto stesso: si tratta di 4 procedimenti, che

consistono in atti e comportamenti che se posti in essere tra le parti si può dire che il contratto è concluso. L’accordo contrattuale è la conclusione del contratto in base ad uno dei procedimenti appositi descritti dal codice. L’idea di accordo contrattuale è un’idea formalizzata: prima c’è un consenso intellettuale, una idea condivisa; da punto di vista giuridico questa condivisione si traduce in un contratto se e solo se si segua uno dei procedimenti e questo venga concluso.

PROCEDIMENTI DI CONCLUSIONE DEL CONTRATTOI 4 procedimenti sono descritti agli articoli 1326, 1327, 1333, 1341. Il codice civile ammette l’autonomia privata, ovvero non solo la libertà di concludere o no il contratto, ma anche di scegliere quale modalità di conclusione si preferisca. Così come per il contratto è possibile concluderne di atipici, altrettanto l'autonomia privata consente di inventarsi una autonomia procedimentale. Il codice è come un contenitore di strumenti, fruibili a seconda degli interessi. La scelta libera comporta una presa di responsabilità: è importante dare il consiglio giusto, essendo a conoscenza delle conseguenze favorevoli o non.

Il procedimento descritto dall’art. 1326 è il più consueto: esso disciplina un procedimento che si basa su due atti unilaterali chiamati “proposta di conclusione” e “accettazione della proposta”. La proposta è una dichiarazione unilaterale di volontà con la quale il proponente si rivolge al destinatario della proposta/oblato, chiedendo se è disposto a concludere il contratto proposto, alle condizioni proposte. Il proponente prende l'iniziativa: è l’atto unilaterale del proponente che esprime la volontà di concludere un certo contratto in un certo modo. L’accettazione, secondo atto che compone il procedimento, è il modo in cui l’oblato esprime il suo consenso alla conclusione del contratto. L'ultimo comma esprime il principio di conformità tra proposta e accettazione: è il principio per cui l’accettazione provoca la conclusione del contratto solo se è conforme al contenuto della proposta; entrambi devono esprimere il consenso sulla stessa cosa: non è necessario che si utilizzi la stessa forma, basta che il significato sia coerente. Il significato linguistico del “si” mi dice che va bene. Se non è conforme la risposta, il proponente diventa destinatario e viceversa: finché la dichiarazione non è conforme, il contratto non è concluso (es. macchina da vendere con lo sconto [definito o non, l'accordo c’è]).

Il momento di conclusione del contratto è fondamentale per contare la validità dello stesso (res perit domino, esempio della macchina distrutta): il problema è risolta al primo comma art. 1326. Ogni ordinamento ha un suo preciso momento (al mondo ne esistono circa 6/7): in alcuni casi, la distinzione logica e cronologica della conclusione non coincidono, in altri si.

L’art. 1326 è una specificazione dell’art. 1334. Questo regola la validità degli atti unilaterali recettizi, destinati ad una persona, i quali producono gli effetti nel momento in cui il destinatario ne è venuto a conoscenza. Certi ordinamenti si fermano qua. Come si fa a stabilire che una persona sia realmente venuta a conoscenza dell’atto? Ciò è impossibile, perché conoscenza e ignoranza sono fatti psicologici e non possono essere provati dall'esterno (“le porte della mente si aprono solo dal di dentro”: solo chi sa, sa di sapere). Per risolvere questo inconveniente, interviene l’art. 1335. La presunzione è una deduzione logica basata su fatti provati, detti indizi: è un istituto giuridico a mezzo di prova; non ho una prova positiva ma desumo sia stato lui. Se dimostro che la comunicazione è arrivata all’indirizzo del

destinatario, allora il destinatario la conosce: provare ciò è molto più semplice; sarà il proponente eventualmente che deve dimostrare di non aver avuto colpa nella non conoscenza.

“Indirizzo” è un concetto giuridicamente inesistente; esistono istituti che stabiliscono le collocazioni spazio-temporali dell’individuo: dimora, domicilio e residenza per le persone fisiche e sede per le giuridiche. “Dimora” è il luogo in cui la persona si trova in un determinato momento, purché abbia un minimo di stabilità (ad esempio, due giorni in montagna, la dimora sta presso l’albergo). “Residenza” è la dimora abituale, dove si trascorre la maggior parte del suo tempo (art. 43 c.c.). “Domicilio” è la sede principale in cui l’individuo ha stabilito come sede principale dei suoi affari o interessi e può coincidere con la residenza (domicilio generale); esiste anche il domicilio speciale, che può essere scelto attraverso un documento scritto di elezione di domicilio (art. 47. Ad es. il cliente elegge il domicilio speciale nello studio dell’avvocato durante la causa, in modo che tutte le comunicazioni per quanto riguarda un determinato affare arrivino all'avvocato); il domicilio legale è proprio dei minori presso la famiglia (art. 44). “Sede” è il luogo in cui l’ente è collocato nello spazio (art. 46).

Come si interpreta allora la voce “indirizzo”? Si è detto essere una questione di sintesi: “indirizzo” intende tutti gli istituti previsti dal codice (dimora, domicilio, residenza, sede). Il concerto si è evoluto in due modi: il primo in ragione dell’opportunismo (es. lettera non è arrivata dentro casa ma nella cassetta delle lettere all’esterno: non ne ero a conoscenza). La corte di Cassazione risolve dicendo che l’indirizzo è il luogo in cui si trova nella sfera di controllo della persona (anche se la sentenza fu fatta precedentemente all’invenzione dell’indirizzo e-mail, questa vale anche per la posta elettronica, poiché è sotto la sfera di controllo).

La norma offe al destinatario di provare di non aver conosciuto l'atto non per sua colpa.

Il primo schema di conclusione del contratto è composto dagli artt. 1326-1334-1335: è uno schema che può essere complicato o semplificato dalle parti, richiamando l'autonomia procedimentale per regolare nel modo più confacente le regole. L’aspetto più importante si trova nell’art. 1326, quando si dice che il proponente può definire i termini della durata della proposta. Ciò implica due corollari:

1. Se l’accettazione arriva al proponente entro i termini stabiliti, allora il contratto è valido; se il termine non è previsto, la risposta deve pervenire entro un tempo adeguato (il margine si capisce volta per volta).

2. Il proponente può ritenere efficacie la propria proposta anche se tardiva (art. 1326, comma 3).

Le due complicazioni sono il termine e la forma dell’accettazione (art. 1326, comma 4). Altro problema è che in molti casi il contratto è concluso secondo lo schema ma tramite lo scambio fra più proposte.

L’art. 1327 richiama l’art. 1326, per quanto riguarda “su richiesta del proponente”, “natura dell’affare”, “secondo gli usi”; molte volte le norme hanno queste condizioni. Questo modello può essere usato su richiesta del proponente o dalle circostanze che caratterizzano la situazione concreta (es. imprenditore che acquista vino: il contratto

è concluso nel momento in cui il fornitore comincia a fare quello che il contratto stabilisce. Es. macchina del caffè). Il problema è dare la veste giuridica adeguata alla situazione concreta: bisogna acquisire una sensibilità tramite le norme studiate. Il contratto via internet viene concluso nel momento in cui eseguo il pagamento.

In entrambi i casi (1326 e 1327), il procedimento di conclusione del contratto inizia con la dichiarazione unilaterale che si chiama proposta.

L’atto attraverso cui si cambia idea è definito “revoca”: esso è un atto successivo i cui effetti hanno effetto di togliere effetto giuridico all’atto precedente (proposta). La revoca avviene di chi aveva eseguito una dichiarazione (art. 1328). Ecco l’importanza del momento in cui si è concluso il contratto. La revoca è un atto unilaterale recettizio (regolato dagli artt. 1334 e 1335). La revoca vale dal momento in cui arriva all’indirizzo del destinatario; se la revoca arriva dopo l’accettazione, il contratto è concluso.

Se una proposta irrevocabile è revocata cosa succede? 1329. Revoca senza effetto, non si produce l’effetto tipico, ovvero privare la proposta dell’effetto giuridico. Resta in vita l’effetto della proposta contrattuale.

La proposta in alcuni casi è irrevocabile: il proponente decide unilateralmente di tenere ferma la proposta per un certo periodo di tempo; se entro questo periodo arriva una revoca, essa rimane senza effetto (art. 1329. Es. mercato immobiliare).

Per fermare una proposta, si può stipulare un patto di opzione (art. 1331): è un accordo per il quale il proponente si impegna a non fare proposte ad altri, tenendo ferme le condizioni per un determinato accettante. Per la natura contrattuale di accordo, l’opzione potrebbe essere gratuita ma anche oneroso: chi si impegna in un’opzione, è vincolato ai sensi dell’art. 1329.

Il terzo caso di proposta irrevocabile corrisponde al terzo procedimento di conclusione del contratto (art. 1333). I contratti possono essere “a titolo oneroso” o “a prestazioni corrispettive”, nei quali c'è uno scambio ed entrambe le parti si arricchiscono e si impoveriscono di diverse contenuti di prestazione, oppure “a titolo gratuito”, dove una parte si impoverisce e una si arricchisce (si riceve senza fare nulla in cambio).

I contratti a titolo gratuito si dividono in due gruppi: il primo comprende la donazione (art. 769); la particolarità sta nel fatto che nel c.c. non è posto insieme alle altre tipologie di contratto, ma è posto nel secondo libro insieme ai testamenti. È un atto di LIBERALITÀ: ciò che spinge a donare è un interesse del donante di tipo altruistico, non patrimoniale. Il secondo gruppo, detti anche contratti non donativi (art. 1333), si distinguono per un tipo di interesse che una persona ha nel trasferire un personale diritto a qualcun altro; l'interesse sta in un vantaggio economicamente rilevante. L’esempio classico è nell’ambito pubblicitario: uno sponsor fornisce denaro poiché la pubblicità attraverso un programma o una partita è meno dispendiosa rispetto ad uno spazio pubblicitario nello stesso tempo. La donazione deve essere fatta davanti al notaio, i contratti non donativi no.

Tre regole:

1. Proposta contrattuale. Irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte interessata. Irrevocabilità legale. Di solito la proposta è revocabile a meno che non sia stabilito. La irrevocabilità è volontaria.

2. Il contratto è concluso se il destinatario non rifiuta la proposta secondo i termini stabiliti o secondo gli usi.

Il contratto non è concluso appena la proposta giunge a destinazione ma, non c'è bisogno dell’accettazione o di eseguire qualcosa. Perché non bisogna dare comunicazione dell’accettazione? Il c.c. si adegua a quello che succede normalmente: se a qualcuno viene offerto un beneficio solitamente non lo rifiuta (“ben venga”), ma la legge deve anche tener conto del fatto che il contratto può non essere concluso; se non accetto, devo rifiutare. Principio di economicità dei mezzi giuridici.

Non sempre la proposta contrattuale è rivolta ad una persona determinata: spesso è rivolta a chiunque abbia interesse, persona qualsiasi del pubblico. Quando la proposta non è un atto unilaterale recettizio, si parla di offerta al pubblico, regolata dall’art. 1336. L’offerta al pubblico deve contenere tutti i contenuti del contratto: se non c’è il prezzo esposto in una vetrina, non è una proposta contrattuale perché manca di un estremo di un contratto la cui conclusione è diretta e non vale come proposta se così non è secondo gli usi, anche se contiene tutti gli estremi per la conclusione diretta del contratto (es. supermercato, la pasta sugli scaffali avrebbe tutti gli estremi per un contratto a conclusione diretta). Ma cos’è questa offerta al pubblico giuridicamente? Se l’offerta non è una proposta contrattuale è un invito a proporre, atto precedente alla proposta: la proposta non è la pasta sugli scaffali, ma il cliente, che porta un bene alla cassa, propone di acquistarlo al prezzo di vendita e il supermercato accetta nel momento in cui passa il codice a barre; il contratto si conclude nel momento in cui il prodotto viene strisciato e io sono obbligato a pagare.

Il quarto ed ultimo procedimento di conclusione del contratto è regolato dall’art. 1341, comma 1, denominato “condizioni generali di contratto”: esso riguarda i contratti conclusi per condizioni generali, che sono regole contrattuali che vengono elaborate e predisposte da una sola delle parti (chiamate contraenti), il predisponente, il quale predispone le clausole per la validità del contratto. Il contraente stipula tanti contratti e vuole che vengano disciplinati dalle stesse clausole: se dovesse disciplinare ogni contratto spenderebbe troppo, per cui predispone le condizioni generali. Esempio F.S., Compagnia aerea, venditore di auto, ecc. Contratti in cui l'intero insieme di clausole è predisposto e il contraente più debole, l’aderente, deve sottostare. Le condizioni generali sono valide se nel momento in cui si stipula il contratto, l’aderente ha conosciuto o avrebbe potuto conoscere tali condizioni.

Questo tipo di contratto crea vantaggi enormi perché la contrattazione è un’attività onerosa ma c'è il pericolo di abusi. L’aderente è istituzionalmente debole, il predisponente è forte: il cliente non ha una vera voce in capitolo e c’è il pericolo di imposizione di condizioni inique, squilibrate. Certe volte la possibilità di rinuncia è solo formale, in particolare quando riguarda di beni primari. Il principio di autonomia privata nella realtà spesso evapora a causa delle condizioni generali che sono una sorta di imposizione, ma è ineliminabile perché ha più vantaggi che svantaggi.

Il secondo comma afferma che le clausole particolarmente svantaggiose devono essere scritte e firmate dall’aderente (clausole vessatorie): il contraente debole

sostanzialmente non è protetto. Dal ’42 le condizioni sono migliorate sempre di più, grazie al processo di evoluzione legislativa generato dall’UE. Il diritto contrattuale è volto alla tutela del contraente debole: questo è il diritto del consumatore, settore del diritto privato.

20/10/15

CausaSecondo elemento costitutivo del contratto, non necessita di particolare approfondimento poiché pressoché inutile.

La causa indica la funzione economico-sociale del contratto (sociale perché deve contribuire allo sviluppo della società): è quindi una sorta di sintesi degli effetti del contratto. Il concetto di causa non va confuso con la motivazione (per approfondire, vedi relazione del ministro firmatario del codice). Un esempio di causa di contratto di lavoro è il fatto che si voglia produrre più di quanto si sarebbe in grado di fare da soli. Il fatto che si voglia evitare una causa in tribunale e ci si accordi potrebbe essere una causa.

La dottrina ha il ruolo di rompighiaccio, traccia strade che la giurisprudenza percorre. La dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato un altro concetto di causa, diverso dal contratto tipico (la cui causa è spesso astratta). La causa deve essere intesa in concreto: non guardando al tipo di affare astratto che le parti vogliono concludere, ma all’affare specifico che le parti hanno stipulato

La differenza tra causa e motivi sta nella rilevanza giuridica: la causa è un requisito fondamentale e senza di essa il contratto non è valido; il motivo individuale non ha rilevanza giuridica. Per motivo si intende ciò che spinge l’individuo a concludere un determinato contratto: il contratto non cambia se io lo stipulo per un motivo o per un altro, ma se la causa è diversa, gli effetti sono diversi. Il motivo è indifferente perché la legge si occupa di ciò che riguarda gli individui nei rapporti esterni, non di ciò che accade dentro l’individuo. L’unico caso in cui i motivi sono rilevanti è l’art. 1345: motivo illecito comune (per lo stesso motivo) e determinante (ragione per cui si stipula il contratto).

Per causa in concreto si fa riferimento all’affare concreto realizzato dai contraenti, concreta azione economica: questo rende evanescente la differenza ma permane una differenza. Categoria di interesse e categoria di motivo. Causa: scambio tra un servizio complessivo di diversa natura legati a viaggi, trasporti e soggiorni, e denaro. Manca un requisito fondamentale: non ci sono le nozze per cause non dipendenti dagli sposi. È molto vicino al motivo: il viaggio di nozze però è un interesse.

La causa è regolata da due articoli. C’è solo un requisito: la causa non deve essere illecita (art 1343). La norma è imperativa quando le parti d’accordo tra loro decidono che la norma non si può derogare. Esistono anche norme dispositive. L’art. 1350 è una norma imperativa. Il contratto per il pagamento di una prestazione sessuale è una causa illecita per buon costume.

Ordine pubblico e buon costume sono formule generiche per garantire l’evoluzione del sistema. Ordine pubblico è l’insieme dei principi fondamentali del sistema che se anche non sono cristallizzati e resi espliciti dalle norme, tuttavia esistono (principio

di economicità dei mezzi giuridici ad es.). Buon costume fa riferimento a valutazioni morali, in particolare sessuale, che vengono adeguati al momento storico.

La causa è illecita non solo per motivazione economica ma anche per ordine pubblico e buon costume (ad es. Contratto di affitto d’utero).

Terza regola, art 1344, contratti in frode alla legge. L’operazione non è direttamente illecita ma è considerato come se fosse vietato nel momento in cui si cerca di eludere una norma imperativa attraverso un contratto (es. elusione fiscale. Norma imperativa: è illegale non pagare le tasse, ma se vengono costruiti contratti per evitare il pagamento, anch’essi sono illeciti.

OggettoTerzo requisito fondamentale del contratto. Se la causa è l’affare, l’operazione economica che le parti hanno realizzato tramite la stipulazione, l’oggetto sono le cose su cui le parti hanno contrattato.

L’art. 1346 afferma che se l’oggetto del contratto non rispetta alcuni parametri, il contratto manca di oggetto e quindi non produce effetto giuridico. La nozione di liceità è come per la causa: è illecito tutto ciò vietato dalla legge, contrario all’ordine pubblico o alla norma imperativa.

Possibilità: materiale o fisica e giuridica. Saltare 10 metri/vendita Colosseo. La possibilità, ai sensi dell’art. 1347, è richiesta nel momento in cui viene eseguita la prestazione: se al momento della conclusione non c’è, ma diviene possibile prima della scadenza, allora il contratto è valido.

Determinato/determinabile: lo sconto per la vendita dell’automobile. Accettazione conforme alla proposta, ma lo sconto si determina in seguito. L’art. 1349 afferma che le parti affidano ad un terzo, detto arbitratore, la determinazione dell’oggetto. L’arbitratore svolge l’attività in due modi: secondo equo apprezzamento o mero arbitrio. Nel primo caso, l’arbitratore deve essere una persona competente nella disciplina. Nel secondo caso, può procedere secondo sue proprie valutazioni. Ci si può lamentare soltanto se si dimostra la mala fede del terzo, se ha avvantaggiato uno rispetto all’altro, solo se non è imparziale.

Forma26/10/15

L’errata interpretazione dell’art. 1325 ci porta a credere che la forma sia un requisito fondamentale solo se “è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”. La forma è il modo in cui la volontà della parte viene manifestata. La nozione di forma ci fa capire come non esista un negozio senza forma: se la forma è il modo attraverso cui si manifesta la volontà, in sua assenza la volontà è rimasta all’interno, non è stata espressa. Se non è stata espressa, è giuridicamente irrilevante: al diritto interessa infatti l’interazione tra gli individui. Se la volontà è espressa, allora esce in qualche forma e la forma quindi c’è.

La volontà può essere manifestata in molti modi diversi: verbali (forma orale, espressa tramite parole dette), per iscritto (forma scritta, tradotta in parole scritte), tramite gesti o comportamenti (molto frequentemente, ad es. macchina caffè,

supermercato). Possiamo quindi dividere l’espressione della volontà in due grandi categorie:

Dichiarazioni di volontà: tramite formule linguistiche (parole dette o scritte, segni grafici o suoni con significato convenzionale)

Manifestazioni di volontà: ipotesi in cui la volontà viene espressa tramite gesti, comportamenti, fatti che hanno la caratteristica di manifestare l’esistenza di una certa volontà, dei segnali (es. Abbandonare la proprietà: dire che non lo voglio più oppure mettere vicino ad un cassonetto).

Ci sono delle regole che impongono in certi casi l’uso di una determinata forma (per il principio di autonomia contrattuale, che opera anche rispetto alla forma): l’art. 1325, punto 4 può essere letto come principio di libertà delle forme, salvo che la legge non prescriva determinate forme, pena la nullità del contratto.

L’art. 1350 afferma che tutti gli atti e i contratti che hanno per oggetto di beni immobili devono farsi per iscritto. Per beni immobili si intende tutto ciò che è prescritto all’art. 812 (tutto ciò che è incorporato al terreno). Il punto 8 ha una particolarità, che in realtà è definita da un altro ambito del diritto. La regola della forma è completata dall’art. 1351, contratto preliminare, del quale non è prevista una forma specifica, ma deve essere fatto nello stesso modo del contratto definitivo. Se il definitivo non ha una forma specifica prestabilita, il preliminare può essere fatto in qualunque modo. Ci si può vincolare nell’uso di una particolare forma nella conclusione dei contratti futuri (art. 1352, vantaggioso per una società).

L’art. 1350 ammette due tipologie di contratti scritti: per atto pubblico o per scrittura privata. Queste due modalità sono prescritte nel libro sesto del c.c. al capo “della prova documentale”.

L’atto pubblico (art. 2699) è un documento confezionato da un notaio o altro pubblico ufficiale: il primo ha una competenza generale e può dare la pubblicità a qualsiasi atto, il secondo ha specificità di un particolare atto. Ciò che risulta dall’atto pubblico risulta provato, quindi fa piena prova di ciò che le parti hanno dichiarato (art. 2700) salvo querela di falso, procedimento per cui si accusa il notaio o il pubblico ufficiale di aver falsificato la scrittura. L’atto pubblico certifica l’autenticità della provenienza, delle dichiarazioni e descrive ciò che il notaio/pubblico ufficiale dice che le parti hanno fatto in sua presenza. L’atto pubblico fa piena prova di ciò che le parti hanno detto: non è discutibile quindi che si sia detto qualcosa ma si può discutere sulla verità di ciò che le parti dicono.

La scrittura privata è un qualsiasi documento scritto che non sia un atto pubblico. Normalmente è caratterizzata dalla sottoscrizione: la firma apposta al documento sta ad indicare qual è la provenienza del documento; chi appone la firma si appropria del contenuto del documento (art. 2702). Viene presa in considerazione solo se è firmata e fa piena prova della provenienza delle informazioni di chi ha messo la firma. Si presuppone che la persona il cui nome appare a mezzo firma abbia la titolarità dell’atto. Se la persona afferma la falsificazione della propria firma, non si ha più la certezza della provenienza dell’atto: viene avviato un procedimento di verifica dell’identità tra la firma presente sul documento e la firma di chi si suppone l’abbia posta (verifica di scrittura privata).

La scrittura privata può essere autenticata da un notaio (art. 2703): in questo modo il notaio non confeziona un atto pubblico ma verifica la provenienza della firma.

TRATTATIVE21/10/15

Al di là dei casi di contratti per condizioni generali, è normale che la conclusione del contratto sia preceduta da una fase di trattative dove i futuri contraenti discutono su quali possono essere i contenuti del contratto. Nella fase di trattativa vige il principio dell’art. 1337, clausola generale della buona fede. Le clausole generali sono valvole di sfogo del sistema che permettono un’interpretazione sulla situazione concreta.

Con la nascita delle trattative, nasce anche la responsabilità precontrattuale: se si viola la legge, si commette un fatto illecito (precontrattuale, in questo caso) e la conseguenza del comportamento anti giuridico è l’obbligo di risarcimento dei danni a chi li ha subiti a causa del comportamento illecito. La buona fede contrattuale è intesa in senso oggettivo fa riferimento al fatto di comportarsi in modo leale e corretto (accezione concreta nella disciplina dei contratti). La buona fede intesa in senso soggettivo indica non un comportamento conforme a regole di correttezza e realtà, bensì ad un atteggiamento psicologico della persona (situazione di ignoranza incolpevole): è in buona fede chi nell’ignoranza non sa di ledere un diritto altrui (art. 1147). Nella materia dei diritti reali, quando si parla di buona fede è intesa in senso soggettivo (privato 2). Nella materia dei contratti è intesa in senso oggettivo, solitamente, salvo eccezioni.

Nelle trattative bisogna comportarsi in maniera leale e corretta. Ma come si comprende se un comportamento sleale e scorretto? Guardando il caso concreto, le sentenze precedenti, si può cercare di capire cosa bisogna fare per essere in buona fede.

Recesso ingiustificato nelle trattative (1373). La revoca del proponente ha efficacia se arriva al destinatario prima che al proponente arrivi l’accettazione del destinatario (1328). Se posso interrompere il procedimento del contratto con la revoca, avrò anche il diritto di interrompere le trattative. È possibile in ogni caso interrompere le trattative essendo sempre in buona fede? La rottura delle trattative è contraria a buona fede se:

Le trattative sono arrivate ad un punto tale da far ragionevolmente ritenere che il contratto si sarebbe concluso (trattative avanzate)

Le trattative avanzate siano state interrotte senza alcun buon motivo (rottura delle trattative mature senza giustificazione).

Durante le trattative succede spesso di concludere documenti preparatori (lettere di intenti, minute, puntuazioni di clausole) ovvero dei documenti con cui i potenziali contraenti fermano e firmano il punto in cui la trattativa è arrivata: su questi atti si scrivono i punti saldi della trattativa (i punti fermi non si discutono più). Il comportamento è in malafede nel momento in cui rimetto in discussione un punto su cui si era già in accordo.

La differenza tra l’art. 1175 (comportamento secondo correttezza) e l’art. 1337 (buona fede) sta nell’ambito di applicazione: il primo si colloca nell’ambito dell’obbligazione tra creditore e debitore (c’è un rapporto giuridico tra i contraenti);

il secondo si colloca nell’ambito delle trattative precontrattuali (non c’è alcun rapporto giuridico tra le parti). La correttezza è compresa nella buona fede.

Tra gli accordi preparatori al contratto definitivo, sono presenti anche il patto di opzione (art. 1331) e i patti di prelazione. Con questi ultimi, un soggetto resta libero di vendere a chi vuole ma attribuisce ad un determinato soggetto la precedenza a parità di condizioni (diritto di essere preferiti nella conclusione del contratto. Esistono anche patti normativi, ovvero accordi nei quali le parti si impegnano ad inserire nei futuri contratti determinate clausole: un esempio sono i contratti collettivi di lavoro dove l’azienda, a fronte di una richiesta sindacale si impegna ad inserire clausole a favore dei lavoratori (il datore resta libero di decidere se assumere o no dei lavoratori, ma nel momento in cui lo fa deve inserire le clausole previste nel contratto collettivo).

Il più importante accordo preparatorio è il contratto preliminare, che si conclude con le regole contrattuali e produce effetti particolari: le parti del contratto promettono di concludere il contratto definitivo; l’esecuzione del preliminare è la stipula del contratto definitivo. Il preliminare è una particolarità italiana e si attua nel campo immobiliare: la sua diffusione si spiega per interesse economico e sicurezza giuridica. La legge prevede un accordo per che tutela la parte che vende a ricevere il denaro, e la parte che compra a diventare proprietario dell’immobile. Se una delle parti si rifiuta di concludere il contratto definitivo, la legge non può imporre di fare ciò che non vuole (incoercibilità degli obblighi di fare: nessuno può essere costretto a fare qualcosa che non vuole fare); l’art. 2932 prevede che il giudice si sostituisca alla parte che ha rifiutato di concludere il contratto.

Nel preliminare si possono anticipare alcuni effetti del contratto definitivo. Il valore dell’immobile scritta sul contratto definitivo può essere la differenza tra quello che mi impegno a pagare e quello che avevo pagato al preliminare. Questo agevola l’evasione fiscale. È stata introdotta una norma per cui i notai devono comunicare il prezzo del contratto. Per evadere è stato inventato il preliminare del preliminare. Per molto tempo è stato dichiarato inutile, contratto privo di causa e pertanto illegittimo. Poi è diventato legale.

EFFETTI DEL CONTRATTOGli effetti del contratto sono disciplinati dall’art. 1372. Essi si dividono in due categorie: effetti obbligatori ed effetti reali. Tutti contratti producono effetti obbligatori (ovvero fanno sorgere un rapporto di tipo patrimoniale) ma non tutti producono effetti reali. Si può dire che alcuni contratti sono ad efficacia (solo) obbligatoria e altri sono ad efficacia (anche) reale.

I primi rimandano alla categoria delle obbligazioni (artt. 1173-1320). La definizione di obbligazione risale al diritto romano: l’obbligazione è il vincolo giuridico in base al quale taluno (chiamato debitore) è obbligato ad eseguire una determinata prestazione a favore di una determinata persona (chiamata creditore). Si genera quindi un rapporto giuridico tra i due soggetti che deve essere suscettibile di valutazione economica. Lo scopo del contratto è quello di soddisfare l’interesse del creditore.

Il diritto reale è un diritto sulla cosa, caratterizzato dai connotati di immediatezza e assolutezza. Il diritto di credito è un diritto nei confronti di un soggetto obbligato ad una determinata prestazione.

27/10/15

L’obbligazione è tipo di rapporto giuridico che serve a soddisfare un rapporto creditorio affinché l’interesse del creditore venga soddisfatto. Da punto di vista giuridico, concluso il rapporto le due parti sono due perfetti estranei. Contratti e obbligazioni sono disciplinati separatamente perché, ai sensi dell’art. 1173, tutti i contratti generano obbligazioni ma non tutte le obbligazioni sono generate da contratti.

Il secondo tipo di fonte di obbligazione è il fatto illecito, che è un comportamento umano contrario alle regole del diritto oggettivo, difforme da una regola legale. Se viene violata la norma di legge, la conseguenza è una sanzione che varia a seconda della natura della norma violata (penale, civile, amministrava). Se viene violata una norma del diritto civile, nasce un’obbligazione sempre uguale per forma, ovvero il risarcimento del danno causato violando la norma (come la responsabilità precontrattuale, 1337). Se una parte si comporta in malafede deve risarcire il danno. Un illecito può violare più regole contemporaneamente (es. incidente, ha ricadute penali, civili e amministrative). Chi ha provocato il danno è debitore e chi lo subisce è il creditore (danneggiante e danneggiato).

Il terzo tipo di fonte sono altri atti o fatti conformi a produrne; l’esempio può essere quello di dare a qualcuno una somma di denaro anche se non si è debitori: in questo caso si ha il diritto di chiederlo indietro.

Tipologia di effettiContratto... ...consensuale ...reale…ad effetti obbligatori Appalto, locazione Comodato, deposito…ad effetti reali Compravendita Mutuo

Un contratto di definisce reale quando per la sua conclusione è necessario il passaggio fisico della cosa, oltre che con il consenso: l’effetto si produce solo se la cosa è determinata (posso vendere la mia automobile ma non un automobile). Quando la cosa non è determinata precisamente, ovvero è determinata solo nel genere, l’art. 1378 afferma che la proprietà passa nel momento in cui l’oggetto è riconosciuto dal vettore: quando c’è l’individuazione, l’oggetto diventa determinato (questo contratto non ha effetti reali). Per avere efficacia, il principio consensualistico (ovvero il consenso delle parti ammette effetti giuridici) non basta: deve esserci il passaggio di un oggetto concreto (art. 1766, contratto di deposito; art. 1803, contratto di comodato; mutuo, prestito). Il contratto è concluso e produce gli effetti nel momento in cui si consegna e c'è accordo.

I contratti ad effetti reali sono disciplinati all’art. 1376. Gli effetti contrattuali reali sono:

Trasferimento della proprietà della cosa determinata Trasferimento o costituzione dei diritti reali (diverso da proprietà) Trasferimento di diritti non reali

Sono caratterizzati dal fatto che il diritto in questione (proprietà o diritti diverso dalla proprietà) si trasmette automaticamente non appena le parti raggiungono l'accordo ed esprimono il consenso (contratto di compravendita, art. 1470, quando le parti hanno raggiunto l'accordo, in quel momento la proprietà passa). Il consenso deve essere manifestato lecitamente. Per questi contratti (non reali, ma solo obbligatori), basta il principio consensualistico per produrre un effetto giuridico.

La categoria contrapposta a reale è quella consensuale: per i contratti consensuali basta il consenso delle parti, non necessita il trasferimento della proprietà di un oggetto per produrre effetti (compravendita, prestazione d’opera).

28/10/15

Il contratto ad efficacia reale si distingue da quello ad efficacia solo obbligatoria poiché non ha una fase di esecuzione (nel momento in cui si raggiunge l’accordo si hanno i tre effetti immediatamente). Durante la fase di esecuzione, torna il concetto di buona fede (art. 1375): la legge non prescrive un determinato comportamento ma una norma generale, ovvero che l’esecuzione deve avvenire in modo leale e corretto; è il giudice che ha il compito di individuare nel caso concreto quando la buona fede è presente o no (art. 1337). La clausola generale è la stessa in tutti gli articoli, ma si applica ad articoli con finalità differenti. Il comportarsi in buona fede durante l’esecuzione del contratto significa eseguire il contratto tenendo in considerazione non solo il proprio interesse ma anche quella dell’altro contraente, a meno che la cura per l’interesse altrui rechi un significativo pregiudizio nei propri confronti, ovvero un sacrificio che non deve essere fatto. Il contratto potrebbe essere eseguito in più di un modo, legittimamente, è elastico. È impossibile che si riesca a prendere in considerazione ogni particolarità dell’esecuzione al momento della scrittura. Non sempre le variabili vengono disciplinate e non sempre è opportuno.

INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTOQualsiasi espressione umana è suscettibile di interpretazione e interpretando c'è sempre una precomprensione che si basa sulla nostra esperienza. Interpretare un contratto significa ricercare ciò che le parti vogliono dire al momento della disciplina, capire quali sono le regole contrattuali che si intendevano inserire. L’interpretazione può essere soggettiva (art. 1362-1365) o oggettiva (1367-1371); la buona fede è inserita in mezzo (art. 1366).

Il significato letterale è il punto di partenza per l’interpretazione soggettiva. Successivamente bisogna comprendere le intenzioni comuni dei contraenti, ossia ciò che della volontà individuale del singolo è stato condiviso ed effettivamente concordato: per questo, si valuta anche il comportamento che le parti hanno tenuto dopo la stipula del contratto. Gli articoli 1363 (interpretazione delle clausole in base al contesto), 1364 (interpretazione delle espressioni generali) e 1365 (se è descritto un fatto concreto deve essere considerato come esempio) aiutano a chiarire quale sia stata la comune intenzione, specificando l’art. 1362.

Se manca la comunanza di volontà o l’interpretazione soggettiva non chiarifica il contratto, si passa all’interpretazione oggettiva. Per il principio di economicità dei mezzi giuridici, l’art. 1367 afferma che le clausole vanno interpretate in modo che

producano effetti giuridici (l’attività umana non va sprecata perché l’attività giuridica costa). Gli articoli 1368 (interpretazione secondo gli usi del luogo in cui è stipulato il contratto), 1369 (interpretazione coerente con la natura e l’oggetto del contratto) e 1370 (le clausole poste da una parte si interpretano a favore dell’altra) aiutano l’interpretazione oggettiva.

Se non si arriva ad un’interpretazione definitiva malgrado l’applicazione di tutte le norme allora (art. 1371):

Se il contratto è a titolo oneroso (a prestazioni corrispettive) bisogna cercare di realizzare un equo interesse tra le parti, i sacrifici e i vantaggi devono essere proporzionati (principio di giustizia contrattuale);

Se è a titolo gratuito, il contratto si interpreta in senso meno gravoso per chi si è obbligato (favor debitoris).

È obbligatorio interpretare in questo modo i contratti.

02/11/15

CATEGORIE DI ISTITUTIIl sistema giuridico regola due categorie di istituti: soggetti del contratto e clausole contrattuali.

Istituti riguardanti i soggettiRappresentanzaIl rappresentante è colui il quale ha il potere di compiere uno o più atti giuridici in nome e per conto di un altro soggetto detto rappresentato. Gli atti giuridici compiuti dal rappresentante per conto del rappresentato producono immediatamente effetti giuridici nella sfera giuridica del rappresentato, come se l’atto fosse stato compiuto in prima persona da quest’ultimo. La parte formale è il rappresentante, la parte sostanziale è il soggetto rappresentato. La rappresentanza è il potere di compiere atti giuridici per conto di un rappresentato (art. 1388, si parla di POTERE, situazione giuridica soggettiva).

L’art. 1387 distingue la rappresentanza volontaria e la rappresentanza legale (attribuita dalla legge, ad esempio la tutela, la curatela, ecc.). La prima è conferita da un soggetto capace di agire ad un altro la capacità di agire in suo nome. L’atto unilaterale con cui si conferisce l’incarico è la procura, che può essere speciale (per singoli atti giuridici) o generale (riguarda tutta l’attività contrattuale della rappresentato). La regola sulla forma dell’atto di procura (art. 1392) è uguale a quella del contratto preliminare (art. 1351): se il contratto che il rappresentante deve stipulare è in forma scritta, allora anche l’atto di procura deve essere in forma scritta; se richiesto, il rappresentante deve dimostrare di essere rappresentante (art. 1393, prova della procura). Il rappresentante deve restituire i documenti sui poteri concessigli alla scadenza dell’atto (art. 1397).

Se una persona agisce come rappresentante ma non ha la procura o va oltre i poteri conferiti dalla procura (falsus procurator), sono possibili tre soluzioni.

1. Il contratto è completamente inefficace (come se non fosse mai esistito): nessuno ha venduto nulla e nessuno è obbligato a pagare nulla;

2. Il terzo che ha contrattato con il falso rappresentante può richiedere il risarcimento del danno se senza sua colpa ha creduto che il contratto fosse valido (art. 1398, diligenza e attenzione, si può sostenere se il terzo esercita l’onere nel richiedere la prova della procura);

3. Il contratto può essere ratificato dall’interessato ossia può attribuire a posteriori il potere di rappresentanza (art. 1399); con la ratifica viene sanato il difetto rappresentativo.

Il rappresentante ha un potere e può decidere se esercitarlo: può decidere se stipulare o meno contratti in nome del rappresentato o a nome proprio. Per obbligare il rappresentante a concludere contratti in favore e in luogo del rappresentato, bisogna affiancare alla procura il contratto di mandato (accordo, per cui deve essere firmato e accettato dal mandatario). Il mandato con rappresentanza (art. 1704) obbliga un soggetto che ha il potere compiere atti giuridici in nome e per conto di un altro a compierli.

Se il rappresentante è in conflitto di interessi con il rappresentato il contratto è annullabile (art. 1394-95). Se il terzo non era in grado di conoscere il conflitto di interessi, il contratto resta valido per proteggere la buona fede del terzo.

MandatoIl mandato può essere conferito anche senza rappresentanza (art. 1705): gli effetti giuridici dei contratti conclusi dal mandatario si producono su se stesso e deve provvedere a conferirli al mandante (art. 1706); il mandatario trasferisce la proprietà di un oggetto al mandante e quest’ultimo trasferisce una somma di denaro pari al valore dell’oggetto acquistato (art. 1719).

Persona da nominareSe uno dei contraenti si riserva di nominare successivamente la persona sulla quale verranno prodotti gli effetti giuridici si inserisce una clausola ai sensi dell’art. 1401 (si decide in un secondo momento se comprare per se stessi o per un’altra persona). La dichiarazione di nomina deve essere comunicata all’altra parte (art. 1402) e pervenire, insieme all’accettazione del terzo, entro il termine stabilito. Se manca uno dei due atti, il contratto produce effetti su chi lo ha stipulato. Questo contratto può essere usato anche per ipotesi speculativa (patto d’opzione, art. 1331); anche un preliminare può essere fatto per persona da nominare.

Se unisco gli effetti della procura e della persona da nominare, la parte che si è obbligata a nominare un terzo deve trovarlo ma non c'è bisogno di un atto di accettazione in presenza di una procura (istituti complementari). La forma degli atti è normata all’art. 1403 (differenza tra 1351,1392,1403).

Cessione del contrattoIn un contratto a prestazioni corrispettive una parte può sostituire a sé un’altra persona. Il cedente cede al cessionario diritti e obblighi che nascono dal contratto (è necessario il consenso del contraente ceduto, art. 1406 e ss.). Un esempio è il cambio dell’intestatario di un’utenza: affinché il contratto abbia validità, deve esserci la volontà di tre parti (contratto trilaterale): il cedente, il contraente ceduto e il cessionario (colui che fornisce una prestazione).

Contratto a favore di terzoUn promittente e uno stipulante si accordano per cui i diritti che nascono dal contratto vengono acquistati da un terzo beneficiario (art. 1411 e ss.); il terzo acquista automaticamente i diritti, senza far nulla. Se accetta esplicitamente, cade il potere di revoca da parte del promittente (la stipula a suo favore è irrevocabile); ha il potere di rifiutare.

Clausole contrattualiLe clausole contrattuali sono un gruppo di istituti che costituisce gli strumenti per regolare i contratti.

Integrazione del contrattoL’art. 1339 prevede l’integrazione imperativa (e anche tacita) di clausole imposte dalla legge per caratterizzare determinati contratti. Quando un commerciante offre ad un cliente un determinato contratto fuori dai locali commerciali (porta a porta, televendite, telefonate commerciali), la legge prevede l’inserimento di clausole (ripensamento, recesso, da esercitarsi entro 15 giorni) perché non è stata la volontà del cliente, ma il commerciante che è riuscito a convincerlo ad acquistare.

Le clausole d’uso (art. 1340) sono un’integrazione dispositiva del contratto: sono clausole che sussistono abitualmente tra determinate categorie di operatori economici e si intendono inserite a meno che le parti non le escludano (al contrario dell’integrazione imperativa); sono clausole di uso contrattuale, non uso normativo: è ciò che avviene nella realtà, non una norma di diritto oggettivo. Sono differenti anche dagli usi previsti dall’art. 1368 sull’integrazione del contratto (uso normativo), perché non attengono al contratto stesso ma a ciò che avviene per la sua interpretazione.

Condizione e termineLe parti possono scegliere di inserire clausole di condizione e di termine.

L’art. 1353 afferma che la condizione è un evento futuro e incerto da cui dipende l’efficacia del contratto. È un evento che avverrà nel futuro: non si sa se avverrà o no. Se manca una delle due caratteristiche (futuro o incerto), allora non abbiamo la condizione, ma potrebbe essere qualcosa d’altro. Il termine è un evento che non si è ancora verificato ma che sicuramente si verificherà (non è incerto).

L’acquisto di una casa in una città se si viene trasferiti a lavorare in quella città è una condizione. L’acquisto di una casa in seguito alla morte del proprietario è un termine. Il termine di adempimento delle obbligazioni è diverso dal termine di efficacia del contratto.

Le condizioni si dividono in due categorie:

Sospensive: il contratto comincerà a produrre i suoi effetti dal momento in cui si verificherà l’evento futuro e incerto (solitamente si inserisce una clausola di termine, “purché tutto avvenga entro...”)

Risolutive: il contratto comincia a produrre i suoi effetti da subito, ma si risolve se e quando si verificherà l’evento futuro e incero.

In caso di condizione sospensiva, il periodo dalla conclusione del contratto al verificarsi dell’evento si chiama pendenza della condizione. In questa fase possono succedere molte cose: la legge prescrive che colui che si è obbligato deve

comportarsi in buona fede (in senso oggettivo, art. 1358) al fine di preservare il motivo della conclusione del contratto. L’altra parte può compiere atti conservativi durante questo periodo, allo stesso scopo (art. 1356). In generale, chi ha stipulato un contratto sotto condizione può compiere atti giuridici i cui effetti sono subordinati al contratto primitivo (art. 1357).

L’evento futuro e incerto potrebbe essere illecito o impossibile (art. 1354). Se è illecito, il contratto è nullo (comma 1); se la condizione è impossibile, se è sospensiva allora il contratto è nullo (è come se una parte non volesse stipulare il contratto), se è risolutiva allora è come se non fosse stata scritta (la parte non vuole che il contratto termini).

Le condizioni possono essere divise in tre categorie: sono potestative se dipendono dalla volontà di almeno una parte, sono casuali se dipendono esclusivamente dal futuro e le parti non possono in alcun modo influenzare l’evento, sono miste se dipendono in parte dalla volontà e in parte dal caso.

Se una parte ha interesse ad impedire che la condizione si avveri e si impegna affinché non avvenga, la legge sanziona il comportamento attraverso la realizzazione del contratto (come se si fosse realizzata la condizione, art. 1359); la regola può applicarsi solo alle condizioni potestative o miste. Una condizione meramente potestativa (art. 1355), ossia che dipende solamente dalla parte (“a condizione che lo voglia”), rende nullo il contratto.

Diritto di recessoUn contratto può prevedere la facoltà di recedere: il recesso è una dichiarazione unilaterale di volontà (art. 1373). La clausola si ritiene inserita automaticamente solo nel diritto del consumatore. Si può recedere dal contratto se non c’è stato un principio di esecuzione (deve esserci un periodo in cui non si verificano effetti, quindi solo per i contratti ad efficacia obbligatoria, ad efficacia reale con condizione sospensiva o con termine iniziale) o, per i contratti continuativi o periodici, la revoca ha effetto ex nunc. Il diritto di recesso deve essere esaminato insieme all’istituto della caparra.

CaparraLa caparra è una somma di denaro che viene consegnata da un contraente all’altro al momento di conclusione del contratto. Se il contratto viene eseguito, quanto viene dato a titolo di caparra viene computato all’interno della prestazione (sarà sottratto il valore della caparra dal valore totale della prestazione, art. 1385 comma 1); il comma 1 fa capire che deve essere esplicitato che si sta dando una caparra, altrimenti si tratterà solo di un acconto o anticipo e non saranno previsti i diritti di questo istituto. L’istituto di caparra nasce per tutelare contro i problemi (il codice si occupa della patologia e non della fisiologia). Esistono due tipi di caparra:

Confirmatoria (art. 1385, comma 2): viene data allo scopo di rassicurare sulla serietà dell’impegno preso, conferma la serietà dell’impegno. Di fronte all’inadempimento, il contraente fedele (che ha adempiuto o che sarebbe pronto ad adempiere) ha una serie di strumenti che lo tutelano (condanna da

parte del giudice all’esecuzione del contratto o richiesta di risoluzione del contratto). Se è inadempiente chi ha dato la caparra, l’altro può recedere dal contratto (diritto di recesso, il contratto salta e la caparra rimane a chi l’ha ricevuta). Se è inadempiente chi ha ricevuto la caparra, chi ha dato la caparra può recedere dal contratto e farsi dare il doppio della caparra. Il procedimento è: c’è INADEMPIMENTO, la parte fedele esercita il diritto di RECESSO, chi tiene il DENARO.

Penitenziale (art. 1386): il recesso nasce dalle clausole del contratto, non come conseguenza dell’inadempimento; si può recedere dal contratto sempre: il prezzo da pagare è la perdita della caparra se recede chi l’ha data, o la restituzione del doppio di essa se recede chi l’ha ricevuta.

Il contratto che garantisce il diritto di recesso a fronte di un corrispettivo è simile alla caparra penitenziale (in entrambi i casi il diritto di recesso costa) ma la differenza sta nel passaggio del denaro: la caparra penitenziale obbliga il passaggio di denaro, nell’altro caso il denaro è solo promesso. Il diritto di recesso avrà effetto nel momento in cui il pagamento è avvenuto.

Clausola penaleLa responsabilità civile del debitore (art. 1218) ammette che il creditore possa richiede un risarcimento se la prestazione da lui richiesta non viene adempiuta esattamente; il risarcimento è proporzionale alla prestazione non adempiuta e il creditore ha l’onere della prova (art. 2697): deve dimostrare i danni che effettivamente ha subito a causa dell’inadempimento.

La clausola penale (art. 1382) serve ad evitare il problema dell’onere della prova (comma 2) e permette di evitare la causa in tribunale in seguito all’inadempimento (quantifica a priori il danno di cui si può chiedere il risarcimento); si ritiene che esonerando la prova sia deterrente contro l’inadempimento (stimolo ad adempiere). La penale viene inserita solo se ci sono un contraente forte e uno debole (da quello forte), poiché due parti allo stesso livello non accetterebbero mai di lavorare sotto clausola penale. A volte viene abusato questo strumento (art. 1384): se la penale è manifestamente eccessiva, il giudice può ridurre il valore del risarcimento. Sono norme sporadiche quelle che tutelano i deboli.

09/11/15

ELEMENTI DI PROCEDURA CIVILEIl processo civile dal penale poiché il primo si occupa di dirimere le controversie e il secondo di giudicare i reati. Il penale è basato sul principio inquisitorio, ossia un giudice decide sulla base di quanto dice la pubblica accusa (che è un altro giudice, il PM) e la difesa dell’imputato. Principio inquisitorio significa che la magistratura inquirente ha il potere di cercare le prove per dimostrare la colpevolezza e di presentarle al giudice. Il civile è basato sul principio dispositivo, poiché le parti sono due privati; chi prende l’iniziativa è detto attore, chi si difende convenuto. In mezzo c’è il giudice che decide chi ha ragione poiché sono le parti che gli chiedono di pronunciare una sentenza (ciascuna parte sulla base di interessi personali). Le parti

devono dimostrare i fatti posti a base della richiesta, sui quali si baserà il giudice per la sua decisione.

La sentenza è la fine del processo di cognizione, prima fase del processo civile. Le sentenze che il giudice può pronunciare possono essere:

Dichiarativa/di accertamento: alle parti interessa che il giudice dichiari qual è il rapporto giuridico esistente fra loro (es. accettazione, conforme o no?). Si chiede al giudice se il contratto è concluso o no. Il giudice dovrebbe esprimersi solo con le sentenze (tutti gli altri momenti in cui si parla sono indebiti).

Di condanna: il giudice ordina a una delle parti di tenere un certo comportamento. La sentenza contiene un ordine (Caio è debitore e deve pagare).

Costitutive: creano una nuova situazione giuridica tra le parti (es. art 2932, obbligo di concludere il definitivo a fronte del preliminare).

Il processo civile ha tre gradi: primo grado in tribunale che ha sede in ogni capoluogo di provincia, secondo grado è la corte d’appello con sede nel capoluogo di regione, terzo grado è la corte di cassazione con unica sede nella capitale. Al termine dei tre gradi, la sentenza passa in giudicato (diventa definitiva, non può più andare oltre).

Nel processo civile, l’onere della prova a carico dell’attore è simile alle prove che porta il PM nel penale: l’attore esercita un’azione e il convenuto si difende, e non è il giudice che va in prima persona a cercare le prove. Se l’attore non assolve all’onere della prova, il giudice non può dargli ragione e non condanna il convenuto. Il convenuto si può difendere anche attraverso delle eccezioni (attore, azione; convenuto, eccezione). Si oppone all’azione un fatto impeditivo (non pago perché i soldi non sono stati prestati a me: la domanda non può essere accolta perché c’è una situazione non favorevole), estintivo (ti ho già ridato i soldi, domanda respinta) o modificativo (c’è stato un accordo con cui si è rimesso il debito, accordo successivo che ha modificato quello precedente). Questo è il processo di cognizione.

Per ottenere la prestazione per cui il creditore ha esercitato il suo diritto, non basta la sentenza di condanna (il debitore avrebbe potuto pagare volontariamente anche senza una sentenza): per questo, oltre all’ordine da parte del giudice alla parte soccombente di eseguire una certa prestazione, c’è bisogno della seconda fase del processo civile, la fase di esecuzione. L’art. 2740 impone al debitore di adempiere all’obbligazione attraverso tutti i beni presenti nel suo patrimonio. Il creditore avvia il processo di esecuzione che inizia con l’atto di pignoramento con cui vincola i beni del debitore. I beni pignorati possono essere venduti ad un’asta pubblica al miglior offerente; il ricavato della vendita viene attribuito al creditore. In questo momento si arriva all’effettività della tutela, il suo interesse viene realizzato sia a parole che a fatti.

SIMULAZIONE DEL CONTRATTOLa simulazione del contratto è la disciplina intermedia tra gli strumenti contrattuali e i vizi del contratto. È definibile come una situazione nella quale i contraenti vogliono che appaia l’esistenza di un contratto (detto simulato), mentre in realtà quel contratto non produce nessun effetto giuridico. La simulazione può essere relativa (art. 1414), se esiste un altro contratto tra le parti (detto dissimulato), o assoluta, se

esiste solo la finzione di un contratto e un nulla giuridico. Le parti, attraverso un accordo simulatorio, decidono se e che tipo di rapporto giuridico. La simulazione è uno strumento giuridico che si potrebbe utilizzare per scopi illeciti: se non fosse disciplinato, verrebbe usato lo stesso; disciplinandolo si cerca di operare controllo.

La situazione che si crea è apparente all’esterno e reale all’interno: i terzi si basano su ciò che appare all’esterno e prendono decisioni sulla base di situazioni apparenti (i terzi non sono a conoscenza dell’accordo simulatorio, che in quanto tale, viene tenuto nascosto dalle parti). La legge si occupa di risolvere i conflitti di interessi che sorgono dalla simulazione verso i terzi (art. 1415) e verso i creditori (art. 1416).

Il simulato alienante è colui che finge di vendere; il simulato acquirente è colui che finge di comprare. Il problema che la legge deve regolare rispetto ai terzi è l’interesse di chi ha comprato dal finto compratore o dal finto venditore. In un’ipotesi di simulazione assoluta, si suppone che la vendita sia stata effettuata (passaggio di proprietà e di denaro). A ha venduto per finta a B e B ha venduto per davvero a Y. Y acquista dal simulato acquirente. Se Y è proprietario, A non è più proprietario anche se il contratto era simulato, con sacrificio di A, dei creditori di A e colui X che ha comprato da A sapendo che lui era proprietario. Se Y ha acquistato da B in buona fede e a titolo oneroso, A, C1 e X non possono sostenere la tesi che il contratto era simulato. È tutelato l’interesse di Y, anche se B non era proprietario. Se Y ha acquistato a titolo gratuito, la legge impone la restituzione del bene al proprietario (A). La buona fede in questo caso è intesa in senso soggettivo (non conoscenza o ignoranza incolpevole). Y è protetto se non sapeva che era un contratto simulato. PARTE SULLA TRASCRIZIONE!!!

I creditori del simulato alienante (C1) hanno interesse a dire che il contratto era simulato mentre i creditori del simulato acquirente (C2) hanno interesse a dire che la situazione apparente è quella reale. L’art. 1416 afferma che se C2 inizia un processo di esecuzione sui beni di B (credendolo effettivamente titolare, in buona fede), A non può far nulla. La legge tutela però C1, nel momento in cui A deve saldare i suoi debiti (il conflitto tra C1 e C2 viene risolto a favore del primo).

INVALIDITÀ CONTRATTUALEI privati godono di autonomia contrattuale/negoziale: possono utilizzare il contratto come strumento di collaborazione per soddisfare le proprie esigenze collaborando con altri individui; l’ordinamento regola come questa libertà deve venire esercitata. La reazione dell’ordinamento all’inosservanza delle regole (anomalie del contratto) date nell’ambito dell’autonomia è l’invalidità dell’atto: essa determina l’incapacità dell'atto di produrre gli effetti giuridici voluti dalle parti (è un giudizio dell’ordinamento). L’invalidità in concreto si traduce nel fatto che le parti non possono avanzare pretese sugli eventuali effetti. L’invalidità si manifesta tramite due istituti: la nullità e l’annullabilità (date quando gli errori sono qualificati come vizi genetici dell’atto, diversi dai vizi funzionali). I vizi genetici sono dovuti a cause coeve alla conclusione del contratto. La nullità dipende da insufficienze strutturali dell’atto oppure dalla dannosità sociale (illiceità dell’atto, è una protezione per la comunità); l’annullabilità è legata a vizi che attengono al profilo della consapevolezza e della volontarietà dell'atto da parte di uno dei contraenti (protegge uno dei due

contraenti). La nullità risponde sempre ad interessi superiori dell’ordinamento; l’annullabilità è diretta alla tutela della posizione personale del singolo contraente.

Nullità del contrattoUn contratto è nullo se è contrario a norme imperative, se mancano elementi o caratteristiche essenziali, se la legge lo qualifica espressamente (art. 1418).

Le tre forme di nullità sono:

Virtuale: il contratto è contrario a norma imperativa. L’interprete deve qualificare una norma come imperativa e dimostrare che è contrario alla stessa. Le norme imperative sono inderogabili dai privati poiché tutelano interessi superiori dell’ordinamento: sono norme funzionali all’affermazione di valori di interesse generale. Non tutte le norme possono essere dichiarate imperative;

Strutturale: il contratto manca di elementi essenziali o loro caratteristiche; richiama le singole ipotesi;

Testuale: se previsto specificamente dalla legge (es. art. 1229, 1972). Si trovano in particolare nelle leggi speciali.

La causa del contratto ha una funzione economico-sociale-individuale, che qualifica il vero e proprio interesse. Se il contratto non è utile, manca di causa.

L’azione è lo strumento (mezzo processuale) che permette la dichiarazione di nullità. La nullità ha come caratteristica la totale inefficacia fin dall’inizio del negozio giuridico (in caso di annullabilità non è così). La sentenza del processo di cognizione ha natura dichiarativa (in caso di annullabilità la sentenza è costitutiva)

Il soggetto legittimato è colui che ha il potere di esercitare l’azione. L’art. 1421 prevede una legittimazione assoluta: possono esercitare la richiesta di nullità i contraenti o chiunque ne abbia interesse. La nullità può anche rilevabile d’ufficio dal giudice, se si accorge (interpellato dalle parti per altro motivo) che il contratto è nullo (anche se le parti non hanno sollevato la questione, questo perché risponde all’interesse generale).

L’art. 1422 ammette che l’azione di nullità può essere fatta valere in qualunque momento, salvo che il bene in oggetto al contratto sia stato usucapito o si sia COSA VUOL DIRE?

Non è possibile sanare il vizio di nullità (art. 1423), ma può essere convertito a certe condizioni (art. 1424). La nullità può essere parziale, ovvero riguardare una parte del contratto o singole clausole (art. 1419). Questi due articoli sono ispirati al principio di conservazione dell’efficacia degli atti giuridici: di fronte ad un contratto affetto da nullità, la legge consente di far cadere la parte invalida o di trasformare il contratto invalido in un altro valido. L’art. 1419 riguarda parte del contratto o singole clausole: se le clausole nulle sono state essenziali per la conclusione del contratto, allora il contratto è nullo. Se non lo sono state, il contratto rimane valido in tutte le altre parti e cadono solo le clausole nulle. Se le clausole nulle possono essere sostituite di diritto da norme imperative il contratto non è nullo. ANCHE LE CLAUSOLE ESSENZIALI POSSONO ESSERE SOSTITUITE DA NORME IMPERATIVE? La trasformazione di un contratto nullo è una conversione automatico che passa per un accertamento

giudiziale; il principio opera sulla base della sussistenza dei presupposti che il negozio nullo deve contenere contenuto e forma del negozio in cui sarà convertito. Attraverso un giudizio deve risultare che le parti avrebbero accettato il diverso negozio se fossero state a conoscenza al momento della conclusione della causa di nullità.

Annullabilità del contrattoAl contrario della nullità, l’annullabilità può avere solamente una forma testuale, ossia è un vizio il quale può affermarsi esistente nei soli casi in cui è specificamente previsto dalla legge. L’annullabilità dipende dall’incapacità delle parti: non può essere prevista una annullabilità virtuale perché la norma imperativa non dipende dalla volontà delle parti. I casi di nullità sono tanti quanti sono le norme imperative: l’imperatività spesso si stabilisce da interpretazione, quindi non è predeterminato. Alcuni casi sono specificamente previsti, altri no.

Il contratto è annullabile in caso in incapacità di agire (legale o naturale, artt. 1425 e 428) o in caso di vizi di consenso (errore, violenza e dolo). L’annullabilità costituisce un rimedio giuridico che la legge predispone con lo scopo di proteggere uno dei contraenti: l’interesse che mia a proteggere è la libertà (art. 1322); quando la scelta non è libera, allora si entra nel campo dell’annullabilità.

Il minore è considerato immaturo perché è considerato influenzabile e non in grado di valutare specificamente (eccezione nell'art. 1426).

Il contratto è parimenti annullabile se è presente uno dei seguenti tre vizi del volere (art. 1427):

Errore: è la falsa rappresentazione della realtà. L’individuo percepisce la realtà in un determinato modo (se la rappresenta falsamente), anche se in realtà è differente. L'errore, per rendere annullabile il contratto, deve essere essenziale e riconoscibile dall'altro contraente (art. 1428). I due requisiti riguardano uno una parte del contratto e uno l'altra. L'essenzialità è determinata dal contraente che ha fatto l'errore, la riconoscibilità deve essere esercitata dall'altro contraente (se chi ha stipulato il contratto con chi si è sbagliato poteva accorgersi che l'altra parte si stava sbagliando, art. 1431). Se sussistono entrambe le condizioni, allora il contratto è annullabile. L'errore è essenziale nei casi previsti dall'art. 1429:

o Sulla natura vuol dire sulla tipologia (pensava di stipulare un contratto di locazione ma ha fatto una compravendita); sull'oggetto vuol dire che si voleva vendere una cosa e in realtà se n'è venduta un'altra.se ce un errore su una cosa che è venduta e ne viene venduta un’altra.

o Sull’identità del debitore o la qualità della prestazione (in capo al debitore): sull’identità vuol dire caso di omonimia. Sulla qualità dell’altro contraente riguarda le caratteristiche intrinseche e durature di una persona.

o Di diritto: è l’ignoranza o lo sbaglio commesso sull’esistenza di una norma giuridica, se è stata la ragione del consenso. Se un contraente non conosce il 1350 -51 e fa un preliminare orale, quel contraente non sa che è nullo per vizio di forma e commette un errore: lo stesso contraente pensa che ci sia il vincolo al contratto definitivo. La norma

sconosciuta alla parte costituisce l’errore. La parte che ha stipulato il definitivo in base ad una norma che non sapeva esistere, quella parte è caduta in un errore essenziale e può annullare il contratto definitivo.

o Sulla quantità, ai sensi dell'art. 1430, può essere considerato errore essenziale.

o Vizio/motivo: da non confondere dell’errore sui motivi, irrilevante perché i motivi sono irrilevanti.

o Ostativo (art. 1433): c’è una differenza sostanziale con gli altri.. Qui la volontà della persona si è formata perfettamente, senza sbagli, solo che nel momento in cui questa viene esplicitata, si espone in modo errato (errore sulla dichiarazione: la segretaria manda la mail al soggetto sbagliato)

o Riconoscibile (art. 1431). Il contratto è annullabile se chi stipula il contratto con qualcuno che sta facendo un errore, essendo normalmente attento, poteva accorgersi dell’errore. Se non poteva accorgersene non è annullabile, perché così come non poteva accorgersene prima, non se ne può accorgere ora.

Violenza (morale, art. 1434): è definita come una minaccia di un male ingiusto e notevole. Una parte o un terzo induce qualcuno stipulare un contratto sotto minaccia (pone un’alternativa tra stipulare il contratto e la violenza: la decisione non è libera perché, per evitare il male, si sceglie di stipulare il contratto). La volontà è impeccabile ma non è libera. Prospettare l’esercizio di un proprio diritto non è considerato una minaccia (o paghi o ti faccio fallire), se non nei casi previsti dall’art. 1438 (Mi devi dare il triplo di quello che avanzo). Ingiusto vuol dire evento contrario al diritto, antigiuridico. Il male è considerato notevole se è tale da far impressione a una persona sensata (art. 1435) e la minaccia di danni può riguardare (art. 1436) anche contro i congiunti vicini.

Dolo: vuol dire imbroglio. Uno dei contraenti stipula il contratto perché imbrogliato dall’altro o da terzi. Può essere considerato dolo se i raggiri sono stati determinanti e necessari per la conclusione del contratto. Per raggiro si intende un comportamento attuato da una persona, una serie di atti volutamente compiuti, un comportamento attivo (machinatio, artifitio). La semplice reticenza, comportamento omissivo, non è considerato dolo (se si tace sugli eventuali difetti, non è considerato raggiro). Il dolo può provenire anche da un terzo, con la differenza che il contratto è annullabile solo se i raggiri del terzo erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio. Se l’imbroglio c’è stato ma non è stato quello a determinare la conclusione, il contratto non è annullabile: sarebbe stato stipulato a condizioni diverse (si parla di dolo incidente, art. 1440). Il contratto resta valido ma il contraente in malafede risponde dei danni causati.

AZIONE DI ANNULLAMENTOL’azione di annullamento è prevista per salvaguardare l’incapace o il soggetto con volontà viziata: solo coloro i quali sono legittimati all’azione hanno il potere di proporla (art. 1441). Legittimazione all’azione significa adire l’autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento. L’altra parte non è legittimata all’azione (non può proporre l’annullamento), anche se riconosce il vizio: la domanda sarebbe respinta

per difetto di legittimazione. L’azione di annullamento è relativa perché può essere fatta valere solo da qualcuno. È possibile far vare l’annullabilità per incapacità o per vizi del consenso.Se un soggetto è stato così abile da occultare la sua minore età vuol dire che non ha bisogno di protezione, non è un soggetto debole: il legislatore toglie la possibilità di annullare il contratto e perciò rimane valido (l’altra parte non può farlo). La parte debole chiede al giudice una sentenza che dichiari lo stato di annullamento (sentenza costitutiva). Annullamento vale ex nunc, valido fino al momento della sentenza. Dopo 5 anni che nessuno ha esercitato il diritto di annullamento, il contratto è ritenuto valido. La sentenza cambia lo status: i rapporti tra le parti hanno un cambiamento. La prescrizione (art. 1442) scatta a 5 anni, anche se cambia a seconda del vizio. In caso di incapacità legale, la prescrizione si conta da quando il soggetto diventa maggiorenne o da quando riacquista la capacità di agire, o se è fatta dai tutori dalla conclusione del contratto. In caso di violenza (dalla controparte o da terzi), 5 anni da quanto è terminata la violenza; se è diretta ad un terzo, se è un familiare stretto, è ammessa (sic et sempliciter), se è un altro soggetto è a discrezione del giudice. In caso di dolo, da quando è stato scoperto il raggiro. Se è fatto da terzo, è annullabile solo se la parte conosceva che ne ha tratto vantaggio era a conoscenza del raggiro. In caso di errore, ‘da quando è stato scoperto l’errore. L’eccezione di annullamento è imprescrittibile: se sono stato convenuto in processo per adempiere al contratto che avrei potuto annullare, possono in via eccezionale eccepire (faccio presente che) quel contratto è annullabile (serve a bloccare la richiesta di adempimento dal contratto, art. 1442,4).Gli effetti dell’annullamento del contratto rispetto ai terzi dipendono dalla causa di annullamento (art. 1445):

- Per incapacità legale, l’ordinamento tutela l’incapace; il terzo viene sempre pregiudicato.

- Se non dipende da incapacità legale, per vizi del consenso, il terzo fa salvo il suo acquisto se:

o Sia stato un acquisto a titolo onerosoo Sia in buona fede, ossia non sapere che c’è una causa di annullamento. o Ha trascritto il suo acquisto prima che il legittimato all’azione di

annullamento abbia trascritto la domanda di annullamento. Il trascorrere del tempo sana il vizio (art. 2652 n. 6, pubblicità sanante). Per una esigenza di certezza giuridica, se si trascrive un qualcosa vuol dire dare pubblicità. Dopo 5 anni dalla trascrizione dell’acquisto, se c’era una causa di nullità o annullamento per incapacità legale, l’acquisto è fatto salvo. Prima del numero 6 dice la stessa cosa del 1445. Proprio perché l’annullamento è relativo, si comprende l’istituto della convalida, che dà la possibilità al soggetto legittimato a chiedere l’annullamento di sanare l’atto attraverso un atto espresso, unilaterale non recettizio: produce i suoi effetti dal momento in cui viene dichiarata la volontà (convalida espressa e per iscritto, dichiarando di conoscere il motivo dell’annullabilità); la convalida può essere di tipo tacito, attraverso un comportamento che si uniforma agli effetti dell’atto. La convalida è ammissibile per contratti annullabili, se si ha la consapevolezza del motivo dell’annullamento, e non per nulli.

L’ordinamento interviene se un contratto è stato concluso con clausole sperequate: la rescissione è quell’istituto che permette che un contratto sia annullato se è stato stipulato in caso di bisogno o pericolo. L’ordinamento cerca di tutelare la persona che si è trovata in quello stato.In stato di pericolo (art. 1447), le condizioni sono che:

1) Ci sia lo stato di pericolo2) Lo stato di pericolo deve essere noto alla controparte3) Le condizioni sono inique4) Il diritto deve essere esercitato entro un anno

In caso di bisogno (art. 1448), le condizioni sono che:1) Ci sia lo stato di bisogno2) Lo stato di bisogno sia conosciuto dalla controparte3) Deve esserci una lesione ultra dimidium (la controparte deve averne

approfittato traendone più del 50% di vantaggio)4) Il diritto deve essere esercitato entro un anno dalla conclusione del contratto

(art. 1449)

17/11/15

Risoluzione del contrattoPossono verificarsi casi di annullamento del contratto (art. 1372) anche quando il contratto nasce perfetto, senza invalidità, perché la patologia si verifica durante la fase di esecuzione, nel corso del rapporto contrattuale. La risoluzione è un difetto del contratto che riguarda il suo profilo funzionale, cioè la fase di attuazione. Non è un difetto genetico ma funzionale. Il contratto si risolve perché nel corso del rapporto si verifica un evento che non permette la prosecuzione del rapporto. Bisogna distinguere il contratto come atto (momento genetico, accordo a cui fa riferimento art 1321) e contratto come rapporto giuridico (fase di esecuzione). I difetti genetici riguardano il primo e i difetti funzionali riguardano il secondo. I casi in cui si può chiedere la risoluzione sono tre fattispecie: inadempimento di un’obbligazione, impossibilità sopravvenuta della prestazione, eccessiva onerosità sopravvenuta. I contratti devono essere a prestazioni corrispettive. InadempimentoUna delle ipotesi più diffuse e frequenti di patologie contrattuali è la risoluzione per inadempimento: una delle due parti non esegue o non esegue esattamente la prestazione dovuta. Prima di chiedere lo scioglimento, la legge prevede strumenti per la TUTELA PREVENTIVA contro l’inadempimento. Il primo è l’eccezione di inadempimento (art. 1460): se uno dei due contraenti richiede l’adempimento senza aver adempiuto lui stesso, la parte contro cui si è rivolto può invocare l’eccezione di inadempimento (il convenuto non adempie perché l’attore per primo non ha adempiuto). L’eccezione serve per paralizzare la domanda di adempimento finché non si verifica che l’altra prestazione è stata eseguita. L’eccezione non si può sollevare se sono previsti termini diversi per l’adempimento o se il rifiuto è contrario a buona fede. Il secondo è la sospensione per il mutamento delle condizioni economiche di una delle due parti (art. 1461): non c’è la richiesta di adempimento perché la sospensione è un atto spontaneo; l’iniziativa è presa dal contraente che pensa che non verrà eseguita la controprestazione (ma verrà eseguita nel momento in cui si vedranno le garanzie. Il contratto c’è anche se si invoca una tutela preventiva.

Per la risoluzione si segue quello che prevede l’art. 1453. Se un contraente è inadempiente, l’altro può ottenere la risoluzione del contratto. Non tutti gli inadempimenti portano alla risoluzione del contratto (art. 1455): il giudice deve valutare se è così grave da provocare lo scioglimento del contratto; se lo ritiene di scarsa importanza non pronuncia la risoluzione del contratto ma solo il risarcimento del danno. Se entrambi sono inadempienti, il giudice deve valutare chi ha compiuto l’inadempimento più grave. Il contratto si risolve a prescindere, ma serve per capire a quale delle due parti sia imputabile la risoluzione e chi deve risarcire il danno. La sentenza che pronuncia la risoluzione è costitutiva. Ai sensi dell’art. 1218, il contraente fedele può richiedere la condanna del debitore al risarcimento del danno e/o la condanna all’esecuzione della prestazione dovuta (in questo caso, il creditore otterrà l’esecuzione in un momento diverso da quello stabilito, quindi avrà subito sicuramente anche un danno e avrà diritto a richiede il risarcimento). Il creditore può anche solo chiedere il risarcimento del danno. Questo vale per tutte le obbligazioni. Se l’obbligazione nasce da contratto a prestazioni corrispettive, è possibile:

1) Tenere il contratto, chiedere l’adempimento e il risarcimento del danno. Tutela conservativa.

2) Tenere il contratto e chiedere il risarcimento. Tutela conservativa.3) Risolvere il contratto e chiedere il risarcimento. Tutela demolitoria.

Si può ottenere in 4 meccanismi, uno giudiziale (art. 1453) e tre stragiudiziali (1454/6/7): i primi sono cause di risoluzione che possono essere fatte valere in ogni caso, i secondi due solo se previsto. 1) È possibile chiedere la condanna all’adempimento e in un secondo momento la

risoluzione ma non viceversa (art. 1453, comma 2): la ratio è la tutela dell’inadempiente (se un imprenditore riceve una richiesta di risoluzione, destinerà le risorse del contratto inadempiuto ad altri affari; se ricevesse la richiesta di adempimento avrebbe costi ulteriori).

2) Procedimento monitorio (art. 1454). Il giudice non interviene: il contraente fedele si rivolge all’altro tramite una comunicazione scritta, imponendogli di adempiere. La risoluzione è un effetto automatico dell’inadempimento senza necessità del giudice. Anche questa ipotesi è assoggettata alla gravità dell’inadempimento (art. 1455).

3) Clausola risolutiva espressa (art. 1456). Le parti possono stabilire a priori (facendo una valutazione di convenienza) se un inadempimento sarà grave a tal punto da far risolvere il contratto: per ogni motivo di risoluzione sarà inserita una clausola nel contratto (non si può scrivere in modo vago, bisogna precisare il tipo di obbligazione che farà saltare il contratto se non viene adempiuta). Si può prevedere che anche tutte le obbligazioni eventualmente inadempiute provochino risoluzione, ma bisogna specificarlo. Non è previsto l’onere di provare la gravità davanti al giudice perché è stata fatta una valutazione a priori. Il contratto si risolve per effetto della richiesta di una parte di volersi avvalere della clausola (non è automatica la risoluzione: si può scegliere se tenere il contratto o scioglierlo).

4) Termine essenziale per una delle parti (art. 1457). Se il creditore ha interesse a ricevere la prestazione entro un determinato giorno, il termine è essenziale; se ha interesse a riceverlo anche dopo il termine, non è essenziale (es. la sarta che si

obbliga a consegnare il vestito da sposa entro il termine del matrimonio: la sposa non ha interesse a ricevere il vestito dopo il giorno del matrimonio; se bisogna pagare entro il 5 del mese non è essenziale perché ha interesse a ricevere il canone anche se è dopo). Il contratto è risolto di diritto alla scadenza del termine, a meno che il creditore non manifesti la volontà di mantenerlo, entro tre giorni. C’è un meccanismo opposto rispetto alla clausola risolutiva espressa: se la parte non parla il contratto è risolto, se parla resta.

La risoluzione ha effetto retroattivo tranne che nei casi di contratti a prestazioni continuative (art. 1458), non si può chiedere la restituzione di ciò che è stato eseguito. L’acquisto del terzo è sempre fatto salvo, anche se a titolo gratuito o in mala fede, salvo la trascrizione della domanda di annullamento. Vale anche per gli altri casi di risoluzione.Impossibilità sopravvenutaIl contratto a prestazioni corrispettive con efficacia obbligatoria fa nascere due obbligazioni. Il creditore in una è debitore nell’altra. La prestazione di una delle due obbligazioni diviene impossibile: potrebbe essere provocata per colpa del debitore o non imputabile a lui; nel primo caso, il debitore è tenuto al risarcimento del danno; nel secondo caso, non deve risarcire il danno ne eseguire la prestazione (art. 1256, es. chirurgia plastica chirurgo senza mano. Se l’incidente è colpa sua, deve risarcire il danno). Ai sensi del 1218, non deve risarcire il danno se la causa è a lui non imputabile. Una sola obbligazione è diventata impossibile in questo momento: l’obbligazione del pagamento è ancora valida. Se le due obbligazioni non fossero sinallagmatiche l’altra dovrebbe essere eseguita; la risoluzione per impossibilità sopravvenuta (art. 1463) fa fronte ad un risultato iniquo e insensato. Se la prestazione può essere eseguita solo in parte, la controprestazione dovrà essere ridotta (art. 1464). Si giustifica solo in presenza di contratti ad efficacia obbligatoria: sono le obbligazioni che si estinguono per impossibilità. Non è concepibile un’impossibilità sopravvenuta per la consegna di denaro.Nel caso di contratti ad effetti reali non esiste la risoluzione per impossibilità sopravvenuta, poiché il passaggio di proprietà di una cosa avviene al momento della conclusione del contratto (art. 1376): se la cosa perisce per causa non imputabile al venditore, bisogna vedere a chi apparteneva (art.1465, res perit domino).

Eccessiva onerositàRiguarda i contratti obbligatori ad efficacia obbligatoria a prestazione periodica o continuativa. È causata da eventi fortuiti che alterano l’equilibrio tra prestazione e controprestazione. La parte che deve la prestazione eccessivamente onerosa può chiedere la risoluzione. Si mira a conservare un equilibri di valore come per 1371, 1384, 1450, 1467. Ha anche una applicazione molto limitata a causa delle circostanze molto difficili da realizzare (es. È servito a porre rimedio alla situazione insostenibile in Germania prima della WWII, inflazione del marco).

Nella simulazione, nell’annullamento, nella rescissione e nella risoluzione si pone il problema di capire se e in quali condizioni il terzo che acquista veda salvi i suoi diritti.

TRASCRIZIONELa trascrizione permette l’opponibilità degli effetti del contratto erga omnes. I diritti soggettivi si distinguono in assoluti e relativi. I diritti assoluti possono essere fatti valere verso tutti: l’interesse che la legge protegge è un interesse che prevale su tuti gli altri interessi confliggenti con esso. I diritti assoluti sono divisi in interesse patrimoniale e non (della persona). I diritti reali hanno per oggetto cose suscettibili di natura economica: tutti devono rispettare il diritto reale di colui che lo possiede. La legge non dice cos’è la proprietà ma dice cosa può fare il proprietario (832). I beni si distinguono tra bene mobili e immobili (812). Il contratto produce effetti giuridici (reali o solo obbligatori), ha forza di legge tra le parti e non rispetto ai terzi ma la proprietà è un diritto assoluto: come si conciliano le due cose? Occorre trovare lo strumento per imporre ai terzi il rispetto degli effetti del contratto che riguardano solo le parti. Lo strumento che la legge introduce e prende in considerazione in modo diverso se il contratto ha per oggetto diritti reali su beni mobili o immobili è la trascrizione. Questo istituto serve alla legge per definire il proprietario di un oggetto: se A fa una doppia vendita della cosa a due persone diverse, la legge deve capire di chi è la cosa. B può far valere il suo diritto di proprietà di fronte a C? La soluzione cambia se il bene è mobile o immobile. Nel primo caso, la soluzione è l’art. 1155. Taluno è A, la buona fede si intende in senso soggettivo (ignoranza di ledere un altro diritto). Se il gioiello è stato consegnato prima a C e C non sapeva l’esistenza di un contratto precedente, allora diventa proprietario. Se il bene è immobile entra in gioco la trascrizione.

I beni immobiliLa legge impone la trascrizione dei contratti sui beni immobili in pubblici registri immobiliari, per far valere qualsiasi forma di diritto su di essi: l’ente pubblico che mantiene i registri immobiliari è la conservatoria, istituito dall’agenzia del territorio; svolge una funzione pubblica, chiunque può accedere e consultare questi registri. Quando si parla di segnalazioni pubblicitarie, si parla di trascrizioni.La trascrizione riguarda atti con oggetto diritti su beni immobili. La trascrizione riguarda ATTI, non diritti ne beni. La formalità avviene presentando un documento, l’atto, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, e corredata da due note di trascrizione: questi sono due documenti paralleli nei quali si descrive chi ha chiesto la trascrizione e il tipo di atto che si vuole trascrivere. Chi ha chiesto la trascrizione riceve una nota vidimata che contiene tutte le formalità trascritte. Nel registro immobiliare le trascrizione avvengono secondo un criterio personale (secondo il nome e non l’immobile). Ogni volta che avviene un passaggio, vengono fatte due trascrizioni: una fatta contro colui che ha ceduto il diritto, alienante (dante causa), e una a favore di chi ha acquistato il diritto, avente causa. Il sistema italiano con sistema a carattere personale si basa sul concetto francese e si distacca dall’ordinamento germanico che si basa sul criterio reale, lista di beni. Ci sono alcuni territori dello Stato italiano in cui la trascrizione si basa sul criterio reale: provincie di Trieste e Gorizia, alcuni comuni del Veneto e del Trentino, e la provincia di Bolzano seguono la pubblicità austriaca.

Il sistema di trascrizione ha senso se vengono trascritti tutti gli atti e i contratti che sono suscettibili di modificare diritti su beni immobili: deve risultare tutto quello che

riguarda la circolazione giuridica di beni immobili. Gli art. 2643 e 2645-2649 contengono tutti i casi in cui bisogna trascrivere gli atti; la legge è completa, non ne esistono altri che provochino movimento di diritti su beni immobiliari. Esistono anche atti che non sono contratti che provocano trasferimenti, come le vicende successorie per causa di morte (testamenti, accettazione delle eredità) o alcune sentenze (vedi 2932, o tutti quelli per art 1372). I fini per cui viene operata la trascrizione sono vari. Attraverso questo sistema vengono realizzati tre principi:

1) Efficacia dichiarativa: risulta dall’art. 2644, ma segue lo schema dell’art. 1155. Il diritto su un bene immobile viene ceduto a più persone (ovviamente è incompatibile): a uno verrà riconosciuto il diritto, tutti gli altri potranno chiedere il risarcimento del danno. Il compratore che in buona fede ha trascritto per primo l’atto (anche se di data posteriore), diverrà il titolare del diritto reale. Il criterio per i beni mobili è il possesso, il criterio per i beni immobili è la trascrizione. Con la trascrizione, colui che ha acquistato il diritto verso tutti quelli che non hanno avuto a che fare con il contratto: ecco l’efficacia dichiarativa. L’opponibilità è il superamento dell’antinomia tra la relatività degli effetti del contratto e la natura assoluta del diritto reale. Una trascrizione che non produce effetto vuol dire che non ha effetto dichiarativo: chi ha acquistato con un atto trascritto senza che sia stato trascritto l’atto precedente, non può giovarsi dell’effetto dichiarativo e non può opporre l’effetto dichiarativo contro chi ha acquistato e trascritto dopo seguendo il principio di continuità.

2) Continuità delle trascrizioni (art. 2650): mediante la pubblicità immobiliare, si vuole creare una mappatura dei passaggi di proprietà di tutti gli immobili. Il principio si basa sul fatto che ogni trascrizione contro il titolare corrisponde ad una precedente dichiarazione a suo favore: essendo che ogni passaggio di beni immobili viene registrato, un atto di acquisto non ha effetto se non è trascritto l’atto precedente.

3) Efficacia prenotativa della trascrizione delle domande giudiziali (art. 2645 e 2651): funziona sul principio dell’efficacia prenotativa. La fase processuale comporta un tempo per arrivare alla sua conclusione; essa inizia con un atto introduttivo (citazione o ricorso) da parte della parte che chiede una tutela giudiziale. La parte chiede al giudice di pronunciare una certa sentenza. Il processo si svolge nel contraddittorio. Bisogna portare le prove (precostituite o costituende). La durata del processo è un’inconveniente che non deve andare a discapito di chi ha ragione (gli anni non devono gravare economicamente su chi ha ragione: chi ha torto deve sostenere i costi del processo). L’atto con cui ha inizio il giudizio può essere trascritto e ha effetto prenotativo: una volta trascritta la domanda giudiziale, gli effetti della sentenza sono retrodatati alla data della trascrizione (art. 2644). L’effetto prenotativo riguarda gli effetti della trascrizione della sentenza non della sentenza: si genera un rapporto tra trascrizioni; con la trascrizione vengono prenotati in anticipo gli effetti della pubblicità dichiarativa (esempio della casa venduta a 500000 con preliminare e offerta di 1000000). Il problema è prenotare gli effetti verso i terzi: la sentenza ha effetto solo verso i terzi.

OBBLIGAZIONIL’obbligazione, nella concezione storica, viene definita come rapporto giuridico nel quale un soggetto, detto debitore, è obbligato a tenere un certo comportamento, prestazione, per soddisfare l’interesse di un altro soggetto, creditore. Il creditore è titolare di diritto di credito e pertanto soggetto attivo. Il senso di questo rapporto giuridico si coglie quando si comprende che l’obbligazione serve a soddisfare l’interesse del creditore. La legge consente al creditore di ottenere denaro dal debitore anche contro la sua volontà. Il rapporto obbligatorio esiste fintanto che l’interesse del creditore non sia soddisfatto. Anche il debitore ha interesse ad eseguire la prestazione: se viene adempiuta la prestazione il debitore è liberato dal vincolo dell’obbligazione. A una persona interessa non essere debitore: da un lato può dar fastidio essere sottomesso, da un lato può essere interessante svolgere la prestazione. Al debitore può interessare non apparire come debitore in tante situazioni.L’art. 1174 afferma che se cessa l’interesse del creditore cessa anche l’obbligazione; l’obbligazione può soddisfare anche un interesse non patrimoniale, a patto che sia suscettibile di valutazione economica (diventa obbligazione non solo l’interesse di ricevere del denaro, ma anche l’obbligo di ricevere una prestazione sanitaria). L’obbligazione è indifferente all’interesse creditorio, ma questo deve esserci indipendentemente dal tipo. È differente se un determinato rapporto sia o meno un’obbligazione: per capire se lo è o meno bisogna capire se è patrimoniale o meno (valutare se esiste qualcuno

disposto a mettere del denaro per quella prestazione). La cosa ha una valutazione economica se di quella cosa esiste un mercato (domanda e offerta su quella cosa. Es. il mercato da prendere in considerazione è quello della locazione: se devo sostenere costi perché altri mi chiedono il risarcimento, allora suonare il violino diventa una obbligazione). Oggi l’obbligazione è qualcosa di più della definizione: l’art. 1175 parla della correttezza delle parti; anche la correttezza si inserisce tra le fonti perché l’obbligazione è vista non solo come dovere di prestazione del debitore, ma anche di una serie di comportamenti delle parti per salvaguardare l’interesse altrui. Il debitore si comporta con correttezza non solo se esegue la prestazione ma anche se osserva degli obblighi ulteriori che variano a seconda della prestazione (es. Della cucina, violato un interesse di protezione) e questi obblighi di correttezza fanno parte dell’obbligazione. Anche il creditore però deve eseguire obblighi di correttezza (essere presente nel momento della consegna): sono detti obblighi integrativi. L’interesse del creditore non è soddisfatto per intero se c’è stato un danno: l’interesse vale il costo della prestazione meno la riparazione dei danni. L’obbligazione quindi diventa una specie di programma obbligatorio: non c’è solo il dovere di eseguire la prestazione ma anche tutte quelle previste dal dovere di correttezza, in certi casi più importanti del dovere principale. L’art. 1176 introduce la diligenza: fa riferimento a come il debitore debba eseguire la prestazione, non più il comportamento che deve tenere come per la correttezza. “Buon padre di famiglia” deriva dal diritto romano: si intende dire che il debitore è diligente se si comporta come se nei suoi panni ci fosse il suo creditore. Esprime il modello, uno standard di comportamento che il debitore deve tenere. Per capire che l’interesse del creditore è soddisfatto, il debitore deve eseguire tutto quanto e secondo quanto era stato stabilito (adempimento). L’art. 1218 sanziona i comportamenti illeciti nascenti da contratto. Solo un adempimento esatto estingue l’obbligazione: sia in caso di inadempimento totale sia parziale è considerato inesatto (tempo, luogo, diligenza). Le regole sull’adempimento esatto devono essere lette alla luce dell’interesse del creditore. Il creditore ha sempre la possibilità di dire ciò che è idoneo a soddisfare il suo interesse: è il depositario della consapevolezza di ciò che sia il suo interesse. Le disposizioni sull’adempimento si dividono in due gruppi: caratteristiche oggettive (tipi di comportamento, aspetti materiali) e soggettive (chi deve fare cosa, chi può, a chi deve). La regola più importante è l’art. 1176 sulla diligenza. Art. 1177: si interpreta in senso letterale: se non ci fosse, l’interesse del creditore non sarebbe non protetto.Art. 1181: ha il significato del 1218 in senso positivo: il creditore ha la facoltà di rifiutare l’adempimento parziale, ma può anche accettarlo. Art. 1178: si collega al 1378; con l’individuazione si passa dalla cosa generica alla cosa specifica: i due articoli si riferiscono il primo alle obbligazioni e il secondo ai contratti. La qualità della cosa, se non stabilita, non deve essere inferiore alla media delle cose dello stesso tipo. Art. 1179: come per 1178, se la garanzia non è stata stabilita, questa deve essere sufficiente. In entrambi i casi si fa riferimento ad un tipo medio di prestazione, sempre che le parti non abbiano stabilito altro.

Adempimento dell’obbligazionePrincipio da cui partire, quando si ragiona sul procedimento per verificare se la prestazione è stata adempiuta, è vedere ciò che è stato stabilito: solitamente, tempo e luogo sono due modalità che sono sempre presenti (modalità spaziotemporali). Gli artt. 1182-83 confermano che se le parti stabiliscono qualcosa, si devono osservare quelle regole: l’adempimento sarà esatto se vengono rispettate. Se le parti non stabiliscono, la legge prevede un supporto.

Art. 1182: quando si parla di consegna, si intendono sia le cose mobili sia le cose immobili (per queste ultime, si parla di consegna ficta, ossia il passaggio delle chiavi ad esempio). Se i contraenti non disciplinano il luogo dell’adempimento, la consegna va effettuata nel luogo dove la cosa si trovava nel momento in cui l’obbligazione è sorta e non dove viene eseguita. Il pagamento di una somma di denaro deve essere fatta al domicilio del creditore (debiti portabili). In tutti gli altri casi, l’adempimento va effettuato al domicilio del debitore al tempo della scadenza (debiti chiedibili, il creditore si reca al domicilio per chiedere l’adempimento).

Art. 1183: prima bisogna guardare cosa le parti avevano stabilito. Diversità tra termine dell’obbligazione e termine del contratto. La condizione del contratto è incerta, il termine del contratto è certo: sono effetti obbligatori, ma possono anche essere reali. Se il termine obbligatorio coincide con quello dell’obbligazione, il termine reale non è detto. Se non è stato stabilito nulla, ciò che è dovuto, è dovuto subito, quod sine die debetur statim debetur. Casi in cui un termine è inevitabile: o le parti si mettono d’accordo o decide il giudice. Quando la prestazione deve essere eseguita? Può voler dire che fino al 10 il creditore non può pretendere il pagamento (se vuole farlo può farlo) termine a favore del debitore, oppure che non può pagare prima del 10 termine a favore del creditore (il creditore può esigere l’adempimento antecedente il termine).

Art. 1184: ammette una presunzione legale del termine. Il termine può essere a favore del debitore, a favore del creditore, a favore di entrambi: nel primo caso, il creditore non può pretendere il pagamento prima del termine ma il debitore può adempiere anche prima; nel secondo caso, il debitore non può adempiere prima del termine ma il creditore può richiedere l’adempimento anticipato; a favore di entrambi significa che il creditore non può esigere un adempimento anticipato e il debitore non può eseguire la prestazione prima della scadenza del termine: il giorno in cui deve venir eseguita la prestazione è esattamente il termine (somma delle regole).

Art. 1186: se durante il periodo di attesa alcune condizioni mettono in pericolo la soddisfazione dell’interesse (il debitore non fornisce le garanzie o diventa insolvente), il creditore può esigere immediatamente l’adempimento. Si comprende in funzione dell’interesse creditorio.

Art. 1191: il pagamento eseguito da un debitore incapace non è invalido ne inefficacie perché il pagamento è un atto dovuto, non comporta una scelta (se eseguire o no); la capacità di scegliere è irrilevante. Questo vale rispetto a tutti gli atti dovuti.

Art. 1190: regola speculare. Il pagamento, per liberare il debitore dall’obbligazione, deve soddisfare l’interesse del creditore: essendo il creditore incapace, il debitore dovrà dimostrarlo.

ADEMPIMENTO DEL TERZOArt. 1180: In linea di massima, non è la persona del debitore che soddisfa il creditore bensì l’esecuzione della prestazione: l’adempimento del terzo è una causa di estinzione dell’obbligazione. In linea di massima, la legge vieta di rifiutare l’adempimento del terzo perché andrebbe oltre l’interesse protetto del creditore. Il primo limite riguarda il rapporto per cui è proprio il debitore che deve eseguire la prestazione (es. operazione chirurgica): può rifiutare l’adempimento del terzo, che non avrebbe la stessa abilità (il creditore è il miglior giudice dei suoi interessi); il secondo limite è se il debitore ha fatto opposizione, dicendo di non accettare l’adempimento da nessuno: chi perde volontariamente qualcosa è il terzo.

Nei casi in cui il terzo che paga subentra nei diritti del creditore: il credito non si estingue ma passa al terzo che ha pagato. Il terzo che ha pagato è surrogato nei diritti del creditore; in questo modo, il terzo non perde nulla. Il pagamento con surrogazione può essere per volontà del creditore, per volontà del debitore, legale. Attenzione a non confondere il pagamento con surrogazione con azione surrogatoria.

Art. 1201: occorre una dichiarazione espressa del creditore al momento del pagamento; altrimenti, si ricade nel caso dell’adempimento del terzo, che libera il debitore dall’obbligazione, che si estingue. La dichiarazione fa si che il credito sia solo trasferito.

Art. 1202: se il debitore chiede in prestito del denaro per saldare il debito, ha la facoltà di surrogare nei diritti colui che gli ha prestato i soldi. Per far questo, devono sussistere alcuni principi:

1. Atto di prestito dei soldi e ricevuta del creditore devono avere data certa (registrazione dell’atto). Per evitare l’imposta di registro, si chiede il timbro in posta.

2. Nell’atto di mutuo deve esserci scritto il motivo per cui sono stati presi in prestito i soldi (di solito non è necessario, mutuo di scopo).

3. Nella ricevuta del creditore deve essere scritto che la somma utilizzata dal debitore proviene dal mutuo.

Istituto tornato in auge per stimolare la concorrenza: portabilità del mutuo.

Art. 1204: la ratio della surroga per volontà del debitore si trova nell’art. 1204; chi viene surrogato acquista tutti i diritti del creditore originario, comprese le eventuali garanzie date in favore del debitore.

Art. 1203: casi legali per cui la surrogazione è automatica.

Art. 1188: il pagamento deve essere fatto al creditore o un suo rappresentante oppure ad una persona incaricata dal creditore. Obbligazione estinta per adempimento. Ratifica: il creditore conferma il benestare nell’adempimento.

Art. 1189: il pagamento se fatto al creditore apparente è liberatorio se eseguito in buona fede (in senso soggettivo: il debitore non poteva sapere); se chiunque, nelle medesime condizioni, si sarebbe potuto accorgere che il creditore fosse apparente o se il debitore sapeva anche se le circostanze erano univoche non è liberato dall’obbligazione. Anche se chi doveva ricevere non ha ricevuto e chi non doveva ricevere ha ricevuto, l’obbligazione è estinta.

PAGAMENTO DELL’INDEBITOUn adempimento è indebito se ciò che è stato pagato non dovrebbe esserlo stato, o perché il debito/credito non esisteva (oggettivo) o perché la persona che è stata pagata non era il creditore (soggettivo). Il pagamento dell’indebito è fonte di obbligazione perché nasce dal diritto di ripetere (riottenere): colui che mal riceve il pagamento (accipiens) ha il dovere di restituire. Il diritto alla ripetizione per legge è sottoposto ad una condizione necessaria: l’errore del soggetto a cui abbiamo pagato deve essere scusabile. Se non è scusabile, non esiste il diritto di ripetere: chi ha mal pagato non ha diritto a riottenere. Se l’errore non è scusabile (fatto non usando le regole della ordinaria diligenza), il creditore può credere che la persona che adempie sia un terzo che adempie per un debito effettivo (art. 1180), non un finto debitore: è una tutela per il creditore.

L’obbligazione restitutoria conosce cinque deroghe (non si ha il diritto di ripetizione nei seguenti casi):

Art. 2034: se non esiste il credito ma qualcuno ha pagato perché sentiva moralmente di doverlo fare.

Art. 2035: se l’adempimento riguarda una prestazione contraria a buon costume.

Art. 2036, 3: se la ripetizione non è ammessa. Art. 2039: se l’indebito è stato ricevuto da un incapace, questo deve restituire

solamente ciò che si è rivolto a suo vantaggio. Se il termine per esercitare il diritto di ripetizione si è prescritto (10 anni).

Ciò che deve essere restituito dipende dallo stato soggettivo dell’accipiens: se è in buona fede (in senso soggettivo, ignorava che il pagamento fosse stato fatto male), quando deve restituire, restituirà i frutti e gli interessi dal momento della domanda di ripetizione; se era in mala fede (conosceva il problema), dovrà restituire i frutti e gli interessi dal momento in cui ha ricevuto la somma. L’onere della prova della buona fede è in capo a chi fa la domanda.

Art. 2033: la legge dà il diritto a ricevere indietro (diritto di ripetizione) una somma di denaro data senza che fosse un debito (indebito oggettivo); oltre a ricevere la somma, ha diritto a ricevere i frutti e gli interessi di quella somma.

Art. 2036: se qualcuno pensa di essere debitore e adempie l’obbligazione commettendo un errore scusabile (se tutti avrebbero potuto incorrere), ha diritto di ripetere; se l’errore non è scusabile, si entra nel caso dell’adempimento del terzo e del pagamento con surrogazione.

SPESE DI ADEMPIMENTO E IMPUTAZIONE DEL PAGAMENTOArt. 1196: pagamento vuol dire adempimento, inteso in forma estensiva. La spesa è un qualcosa di accessorio rispetto all’adempimento: spese di consegna della merce, di imballaggio; è il debitore che deve farsi carico di tutto ciò; è possibile però che le spese siano a carico del creditore: questo perché è una norma dispositiva (non imperativa).

Art. 1199: se il debitore lo richiede, il creditore è obbligato ad emettere una dichiarazione scritta con cui il creditore dichiara di aver ricevuto l’adempimento (ad esempio per la surrogazione, art. 1202). La quietanza deve indicare la prestazione che è stata ricevuta. Titolo è la fonte. La quietanza deve citare il contratto in forza del quale è sorta la fonte. L’obbligo sussiste solo se il debitore fa espressa richiesta: il debitore può aver interesse a riceverla perché attesta l’avvenuto pagamento e potrà servire per dare la prova del pagamento. La quietanza è una forma di confessione stragiudiziale: ha valore di prova legale molto forte. Con la prova legale, il giudice è vincolato ad un determinato risultato.

Se il debitore e creditore sono vincolati da più rapporti obbligatori (il creditore è soggetto attivo di una pluralità di obbligazioni, il debitore è soggetto passivo di una pluralità di prestazioni dello stesso tipo), e se il debitore non adempie tutto il debito, è necessario stabilire a quale debito imputare il pagamento e quindi quale ritenere estinto.

Art. 1193: imputazione del debitore Il debitore ha la facoltà di imputare il pagamento ad un debito specifico (la facoltà va esercitata al momento del pagamento). Se non compie la scelta, la legge pone dei criteri di scelta.

Art. 1195: imputazione del creditore, se il debitore non compie la scelta. Se il creditore compie la scelta (attraverso una scrittura sulla quietanza di pagamento) e il debitore non esercita la possibilità di opporsi (sempre al momento del pagamento), il debitore è vincolato. Per ottenere una imputazione diversa, il debitore dovrà dimostrare che è stato usato dolo o sorpresa (comportamento contrario a buona fede). Se non viene definito nulla entrano in gioco i criteri legali di imputazione dell’art. 1193,2.

Art. 1194: adempimento parziale di una obbligazione pecuniaria. Se una obbligazione è costituita in modo eterogeneo (capitale, interessi e spese), di regola il pagamento viene imputato a interessi e spese. Il creditore deve dare il consenso per l’imputazione al capitale. Se si tratta di acconto, il pagamento è imputato sempre agli interessi.

Mora del creditore (1206-1217)Il creditore deve permettere al debitore di liberarsi dell’obbligazione (es. creditore che non apre i magazzini): i due contraenti quindi devono comportarsi secondo correttezza e in buona fede (senso oggettivo). Dal principio di buona fede deriva in capo al creditore l’obbligo di cooperazione affinché il debitore possa adempiere.

Art. 1206: violazione dell’obbligo di cooperazione. Si presuppone che il creditore non riceva l’adempimento per illegittimo motivo.

Per costituire in mora il creditore il debitore deve fare un’offerta solenne di adempimento (è fondamentale che sia solenne). Le caratteristiche di questa sono:

1) Deve essere compiuta per mezzo di un pubblico ufficiale2) Deve essere fatta nelle forme alternative dell’offerta reale (1209,1) o per

intimazione (1209,2-1216-17). 3) Deve presentare i requisiti di validità ai sensi dell’art 1208.

La forma varia a seconda del tipo di obbligazione.

Art. 1209: l’offerta deve essere reale (se la presSe è reale, il pubblico ufficiale offre la prestazione al creditore: se accetta, la faccenda si chiude, se non la accetta, sarà ritenuto costituito in mora. Altrimenti sarà definito nel verbale la costituzione.

Se è per intimazione, ci sarà un atto di intimazione notificato da ufficiale giudiziario come la citazione, di intimazione a ricevere la consegna delle cose in un luogo specifico. Succede come nel caso precedente.

Se è per intimazione di cosa immobile, sarà di prendere possesso.

Se è per fare

Gli effetti della costituzione in mora si producono da giorno dell’offerta solenne (1207). L’offerta deve essere convalidata dal giudice o accettata dal creditore.

La risoluzione per impossibilità sopravvenuta per cause non imputabili al debitore. Una delle prestazioni corrispettive diviene impossibili. Il contratto a prestazioni corrispettive è risolto e il creditore non ha diritto a ricevere il compenso. Se è stato costituito in mora, il rischio dell’impossibilità sopravvenuta passa al creditore e se diventa impossibile la prestazione del debitore non viene meno l’altra prestazione non viene meno.

RESPONSABILITÀ CONTRATTUALELa responsabilità contrattuale è normata all’art. 1218, dove sono contenute due regole, una per ogni frase. La seconda tratta la prova liberatoria che il debitore può fornire. L’illecito civile non ha il fine di punire qualcuno ma solo di risarcire il danno: nella responsabilità contrattuale incorre il debitore che non adempie esattamente alla prestazione; prima del danno sussiste un rapporto obbligatorio, che viene aggravato dall’inadempimento (non come per il 2043 che non c’è nessun rapporto giuridico prima del fatto dannoso). Si parla di responsabilità contrattuale in ogni situazione di inadempimento, anche non nascente da contratto: è l’inadempimento di una qualsiasi obbligazione; il dato centrale è che sia inadempimento da obbligazione, non importa la fonte di provenienza.

Risarcire il danno vuol dire versare una somma tale da far conseguire al creditore la soddisfazione del suo interesse. Il debitore deve riparare il pregiudizio arrecato (risarcimento equivalente: somma necessaria e sufficiente, né più né meno) ma il danneggiato non può essere posto in condizioni migliori di come si sarebbe trovato se ci fosse stato l’adempimento: se l’inadempimento è stato lieve ma ha causato un danno grande va risarcito il danno per intero e viceversa, se l’inadempimento è stato quasi totale ma il danno minimo, il risarcimento sarà minimo. L’art. 1218 pone l’accento non su chi ha violato la legge, bensì su chi ha subito un danno.

Il risarcimento può essere equivalente (denaro al posto dell’obbligazione) o in forma specifica (può essere anche in natura). Un risarcimento può essere solo monetario, o se avviene in natura, il denaro può essere corrisposto per compensare il ritardo della prestazione.

È necessario quindi stabilire se c’è la responsabilità e a quanto ammonta il danno.

Art. 1223: ammette due voci di danno, le perdite subite e il mancato guadagno (danno emergente e lucro cessante). Per perdita subita si intende una diminuzione del patrimonio complessivo del creditore per effetto del l’inadempimento, ossia i costi sostenuti dal creditore a causa dell’inadempimento. Il mancato guadagno consiste invece nel mancato incremento patrimoniale per il creditore, impedito dall’inadempimento.

Art. 1225: l’inadempimento può essere doloso (dipende da dolo, nel senso di volontà del danno) o colposo. Nel secondo caso il risarcimento è dovuto nel limite dei danni prevedibili al momento in cui è sorta l’obbligazione. Se è doloso, è risarcimento è dovuto anche per i danni imprevedibili. La ratio è quella di evitare l’inadempimento efficiente: in certi casi, per il debitore è più conveniente essere inadempiente e risarcire il danno piuttosto che adempiere esattamente.

Art. 1227: comma 1. Danno provocato da due cause: inadempimento del debitore, negligenza del creditore: il creditore contribuisce ad aggravare il danno da inadempimento. Conseguenze dannose ulteriori derivanti dall’inadempimento. Comma 2: il creditore deve mettersi in moto per limitare il danno. Il danno è un costo che grava su tutta la società, il risarcimento non elimina questa perdita netta. La legge vuole che i danni siano ridotti al massimo affinché i costi sociali si riducano. Principio per cui esiste un dovere sociale di limitare il danno: non bisogna confidare nei danni che verranno risarciti, bensì attivarsi per cercare di limitarli in base alla diligenza.

Art. 1226: il creditore deve provare il fatto che ci fosse il credito, la fonte dell’obbligazione, non è tenuto a dimostrare l’inadempimento, basta che lo affermi. Eventualmente sarà il debitore dimostrare il suo esatto adempimento. Se non riesce a dimostrare il danno non otterrà la condanna all’adempimento. Quando il danno non può essere dimostrato, il giudice, sulla base degli elementi raccolti, indica il risarcimento con una valutazione equitativa. Contiene una deroga al 2697. Semplifica la vita del creditore. Non bisogna abusare di questo strumento: il giudice può aiutare gli avvocati ma non sostituirsi. Se non ci si trova davanti a prove particolarmente difficile, allora il giudice interviene.

La seconda parte dell’art. 1218 contempla la possibilità della prova liberatoria in capo al debitore inadempiente. La legge consente a quest’ultimo di evitare la responsabilità dimostrando che l’impossibilità o il ritardo derivano da cause a lui non imputabili. Per essere liberato dalla prestazione, deve dimostrare che:

1. La prestazione è diventata impossibile.2. L’impossibilità è provocata da una causa non imputabile al debitore, ossia che

sfugge alla sua sfera di controllo; si ricollegano a questo punto il caso fortuito e la forza maggiore, ossia eventi straordinari ed imprevedibili

3. Portare le prove

Se il debitore è in mora, non si libera dalla prestazione nemmeno se è divenuta impossibile per cause a lui non imputabili; il rischio del non adempimento passa dal creditore al debitore. L’impossibilità sopravvenuta è un rischio per il creditore, di regola, perché se la prestazione diventa impossibile per cause non imputabili al debitore non riceve l’adempimento né il risarcimento del danno.

La mora del debitore può essere ex persona o ex re; entrambe sono contenute nell’art. 1219

1. Primo comma, mora ex persona. Il creditore si rivolge al debitore inadempiente chiedendo in forma scritta l’esecuzione della prestazione dovuta. Non sono previste formule specifiche particolari: basta che dal significato risulti una richiesta di adempimento. Non bisogna confondere l’intimazione o richiesta di adempiere con la diffida ad adempiere (art. 1454). La diffida ad adempiere è una dichiarazione scritta con cui la parte di un contratto a prestazioni corrispettive intima all’altra di adempiere alla prestazione dovuta entro un certo termine avvertendola della risoluzione del contratto se la prestazione non viene adempiuta. Il contenuto è individuato in alcuni punti: intimazione di adempimento, termine, avviso di risoluzione. Ha effetto di portare alla risoluzione del contratto. Ha un contenuto più ricco: contiene anche la richiesta di adempimento. Produce anche la costituzione in mora oltre che l’effetto risolutivo. La richiesta di adempimento è una dichiarazione scritta con cui il creditore intima o richiede l’adempimento al debitore. L’effetto della richiesta è la costituzione in mora del debitore. Ha un contenuto più scarno. La differenza è che la seconda riguarda qualsiasi obbligazione e non solo quelle che nascono da contratto a prestazioni corrispettive e non è previsto dalla legge.

2. Secondo comma, mora ex re. Questo caso è automatico se sussistono determinati presupposti:

a. Il debito sia nato da fatto illecito, nel momento stesso in cui nasce l’obbligazione

b. Se il debitore ha scritto che non vuole adempierec. Quando è scaduto il termine per la prestazione (esigibile), la prestazione

deve essere esigibile al domicilio del creditore (debito portabile scaduto).

Gli effetti della mora sono la produzione di interessi moratori. Il risarcimento del danno non è un effetto della mora, ma dell’inadempimento!!!

Art. 1221: il debitore riesce a liberarsi dall’obbligazione anche se in mora se riesce a dimostrare che l’oggetto sarebbe perito presso il creditore (anche se fosse stata eseguita subito la prestazione, il creditore sarebbe rimasto comunque insoddisfatto).