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Ireneo di Lione (ca. 130-200), Contro le eresie

Le scarse informazioni sulla vita di Ireneo sono controbilanciate dall’importanza della sua principale opera, rimastaci in traduzione latina, Contro le eresie. Il titolo originale greco era più esplicitamente Smascheramento e confutazione della falsa gnosi: l’opera è in effetti dedicata al rifiuto delle correnti gnostiche, che nel secondo secolo e fino agli inizi del terzo costituirono il maggior tema di scontro nellateologia cristiana e contribuirono quindi molto, per contrasto, alla definizione di quest’ultima. Il rifiuto della gnosi avviene in Ireneo anzitutto per mezzo del richiamo alla tradizione degli apostoli, garantita dalla successione dei vescovi a capo delle Chiese. Essi sono i testimoni e gli ascoltatori diretti di Cristo e quindi, contro ogni pretesa di “dottrina segreta”, sono l’unica fonte affidabile di una “vera gnosi”, accessibile anche ai “barbari” che hanno creduto. Ireneo però tenta con acutezzaanche di individuare la radice ideologica dello gnosticismo: esso nascerebbe dal tentativo di colmare speculativamente i limiti posti dall’incomprensibilità divina, anziché riconoscere la duplice verità complementare della sua completa inafferrabilità per l’intelletto e della sua completa visibilità e manifestazione in Gesù Cristo. Ad una interpretazione puramente speculativa viene così contrapposta unalettura storica della salvezza (l’“economia divina”), della quale fa partepure la rivelazione di Dio nel creato (“la gloria di Dio è l’uomo vivente”).Proprio il tentativo di comprendere e respingere la pretesa teorica dellognosticismo fa così intravedere sullo sfondo il compito di una maggioreelaborazione teorica della fede cristiana, in altre parole di una “teologia”non semplicemente identificantesi con la fede.

A [Origine apostolica della tradizione (III)]

1,1. Abbiamo conosciuto l’economia della nostra salvezza non da altri che da coloro che ci recarono il Vangelo, che essi dapprima predicarono e poi per volontà di Dio trasmisero nelle Scritture perché fosse per noi “fondamento e colonna” (1Tim. 3,15) della nostra fede.Non si può dire che abbiamo predicato senza avere la “gnosi perfetta”, come alcuni osano affermare vantandosi di correggere gli Apostoli, poiché dopo la resurrezione del Signore nostro da morte “furono investiti della potenza superna con la venutadello Spirito Santo” (Lc. 24,49) e furono ripieni di tutti i doni ed ebbero quindi anche la “gnosi perfetta”. Allora s’avviarono ai confini del mondo portando il lieto annunzio dei beni che Dio ci dona e proclamando agli uomini la pace dal cielo.Tutti e ciascuno di loro avevano lo stesso Vangelo di Dio. Matteo, che stava tra gli Ebrei pubblicò il Vangelo in ebraico, mentre Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondavano la Chiesa. Dopo la loro scomparsa, Marco, discepolo ed interprete di Pietro, pose in scritto ciò che Pietro aveva insegnato. Luca, compagno di

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Paolo, redasse a sua volta il Vangelo da questi predicato. Più tardi Giovanni; discepolo del Signore, che posò il capo sul petto di lui pubblicò il suo Vangelo al tempo che dimorava ad Efeso in Asia.

1,2. Tutti costoro predicarono la seguente dottrina: un solo Dio creatore del cielo e della terra, annunziato dalla Legge ebraica e dai profeti, e un solo Cristo Figlio di Dio. Chi non presta loro fede disprezza coloro che hanno conversato col Signore, disprezza lo stesso Cristo Signore, disprezza anche il Padre e si condanna da sé opponendosi alla propria salvezza. Così fanno tutti gli eretici.

B [Atteggiamento degli eretici]

2,1. Quando si portano argomenti scritturistici contro di loro prendono ad accusare le stesse Scritture dicendo che il testo è corrotto, che è apocrifo, che è in contraddizione con altri, che non può provare in esso la verità chi non conosce la tradizione.La verità, essi dicono, non è trasmessa solo per scritto, ma anche mediante la viva voce; per questo l’Apostolo avrebbe detto: “Parliamo di sapienza tra i perfetti, ma non la sapienza di questo mondo” (1Cor. 2,6). Tale sapienza ciascuno di loro dice esser quella che lui ha scoperto, o meglio inventato, così che la verità si trova ora in Valentino, ora in Marcione, ora in Cerinto; in seguito sarebbe passata in Basilide, che la pensa diversamente dalla Chiesa senza poter dir nulla circa l’ordine della salvezza.Ciascuno di essi, infatti, è tanto perverso che, falsando la norma della verità, non arrossisce di “predicare sé stesso” (2Cor. 4,5).

2,2. Quando poi li richiamiamo alla tradizione apostolica custodita nelle varie chiese dalla successione dei presbiteri, allora si oppongono alla tradizione dicendo che, essendo essi superiori non solo ai presbiteri, ma agli stessi apostoli, essi solihanno scoperto la verità pura. Gli Apostoli infatti avrebbero confuso insieme le parole del Signore e quelle della Legge; anzi non solo gli apostoli, ma lo stesso Signore avrebbe parlato ora del Demiurgo, ora del Mediatore, ora delle regioni superne. Essi invece senza dubbi e confusione conoscerebbero veramente il“mistero nascosto” (Ef. 3,9; Col. 1,26). Ora questo è bestemmiare il proprio Creatore!Essi non credono né alle Scritture né alla tradizione.

2,3. La nostra battaglia, carissimo, è contro costoro i quali sfuggono da ogni parte come lubrici serpenti. Si deve resistere loro in tutti i modi nella speranza che qualcuno, confutato e confuso, ritorni alla verità. Se è difficile che si riprenda da solal’anima presa dall’errore, non è del tutto impossibile che se ne allontani quando viene presentata da qualcuno la verità.

C [Dov’è la vera tradizione]

3,1. La tradizione degli Apostoli, manifesta in tutto il mondo, può

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essere riscontrata in ogni chiesa da coloro che vogliono conoscere la verità. Potremmo qui enumerare i vescovi stabiliti dagli Apostoli e i loro successori fino a noi: essi non insegnarono e non conobbero affatto ciò che costoro vanno delirando [cioè gli eretici] . Ora se gli Apostoli avessero conosciuto i “misteri segreti” e li avessero insegnati ai “perfetti” all’insaputa degli altri, li avrebberoconfidati prima di tutto a quelli ai quali affidavano la chiesa stessa. Volevano infatti che i loro successori ai quali trasmettevano il loro stesso ufficio di maestri, fossero perfetti e in tutto irreprensibili, poiché, agendo bene, ne sarebbe venutagrande utilità a tutta la chiesa, mentre se fossero venuti meno nesarebbero provenuti gravi danni.

3,2. Ma poiché sarebbe troppo lungo enumerare in un volume come questo le successioni di tutte le chiese, ci limiteremo alla chiesa più grande e antica, a tutti nota, fondata e costituita in Roma dai gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo e, indicando la sua tradizione, ricevuta dagli apostoli e giunta fino a noi attraversola successione dei suoi vescovi, confondiamo tutti quelli che per compiacenza di sé o vanagloria, per cecità o errore si allontanano dall’unità. Con questa Chiesa infatti, in ragione della sua autorità superiore, deve accordarsi ogni chiesa, cioè i fedeli di tutto il mondo, poiché in essa è stata conservata la tradizione apostolica.

3,3. I beati Apostoli, che fondarono la Chiesa romana ne trasmisero il governo episcopale a Lino, ricordato da Paolo nella lettera a Timoteo. Lino ebbe come successore Anacleto e dopo Anacleto fu Clemente, terzo a partire dagli Apostoli. Clemente aveva visto i beati Apostoli, era stato in relazione con essi, avevaancora negli orecchi la loro predicazione e davanti agli occhi la loro tradizione. Al suo tempo poi vivevano ancora molti di quelli che era stati ammaestrati dagli Apostoli. Sotto questo Clemente scoppiò un dissenso assai grave tra i fedeli di Corinto; allora la Chiesa romana indirizzò loro una bellissima lettera invitandolialla pace, rianimando la loro fede e riaffermando la tradizione ancora fresca degli apostoli, cioè la fede in un unico Dio Padre onnipotente che fece il cielo e la terra, plasmò l’uomo e provocò il diluvio, chiamò Adamo, fece uscire il popolo dall’Egitto, conversò con Mosè, ordinò l’economia della Legge, mandò iprofeti, preparò il fuoco al diavolo e ai suoi angeli. Che Egli è ancora il Padre del Signor nostro Gesù Cristo predicavano le chiese, come si può apprendere da quella lettera, eco genuina della tradizione apostolica, perché più antica di coloro che orapredicano erroneamente un altro Dio superiore al Demiurgo Creatore di questo universo. A Clemente succedette Evaristo, ad Evaristo Alessandro; sesto poidagli Apostoli fu Sisto; a questi seguì Telesforo che chiuse la vita con glorioso martirio; poi Igino, poi Pio e quindi Aniceto. Ad Aniceto succedette Sotere e al presente dell’episcopato è insignito Eleuterio, che occupa il dodicesimo posto nellasuccessione apostolica.Con quest’ordine e successione pervenne fino a noi nella chiesa la tradizione apostolica e la predicazione della verità. Ciò prova pienamente che è stata conservata e trasmessa fedelmente dagli Apostoli la stessa, unica vivifica fede.

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3,4. Possiamo riferirci anche a Policarpo. Egli non solo fu discepolo degli Apostoli e amico intimo di molti che avevano visto il Signore, ma fu dagli Apostoli stessi costituito vescovo della chiesa di Smirne in Asia. Io lo potei conoscere nella miafanciullezza poiché ebbe una vita longeva ed era assai vecchio quando mori con glorioso e illustre martirio. Ora egli insegnò sempre ciò che aveva appreso dagli Apostoli e questa è ancora la dottrina trasmessa dalla Chiesa ed è l’unica vera. Questo attestano concordemente tutte le chiese dell’Asia e quelli chefino ad oggi successero a Policarpo. Egli è un assertore della verità ben più sicuro e degno di fede che Valentino, Marcione e gli altri perversi dottori. Venuto a Romasotto Aniceto riuscì a ricondurre molti di tali eretici al grembo della chiesa di Dio predicando loro che una sola ed unica verità lasciarono gli Apostoli e ch’essa è precisamente quella trasmessa dalla Chiesa. Alcuni l’udirono raccontare che Giovanni, discepolo del Signore, recatosi un giorno alle terme di Efeso e scortoviCerinto, si precipitò verso l’uscita gridando: “Fuggiamo, ché le terme non abbiano a caderci addosso ora che v’è Cerinto, nemico della verità!”. Una volta al medesimo Policarpo venne incontro Marcione dicendo: “Facciamo conoscenza”. “Ti conosco, ticonosco, rispose, tu sei il primogenito di Satana”. Tanta era la prudenza degli Apostoli e dei loro discepoli da non voler neppure scambiar parola coi falsari della verità, come ammonisce pure S. Paolo: “Fuggi l’eretico dopo averlo ammonitouna volta sapendo ch’egli è perverso, sviato e da sé va verso la dannazione” (Tit. 3,10). Esiste tuttora una lettera assai preziosa di Policarpo ai Filippesi; da essa coloro che desiderano e sono solleciti della propria salvezza, possono conoscere lecaratteristiche della sua fede e la predicazione della verità.Anche la chiesa di Efeso, fondata da Paolo e nella quale Giovanni dimorò fino ai tempi di Traiano, è testimone autentico della tradizione apostolica.

4,1. Essendo le nostre prove così solide non è necessario cercare presso altri la verità che possiamo trovare facilmente nella Chiesa. Gli Apostoli, infatti, recarono come ad un ricco deposito tutto ciò che appartiene alla verità, affinché chiunque lodesidera trovi qui la bevanda della vita. Di qui soltanto si entra nella vita: tutti gli altri dottori sono ladri e briganti che occorre evitare. Si deve invece amare ciò che vien dalla Chiesa e custodire la tradizione della verità. E se sorgesse qualchequestione di dettaglio non si deve forse ricorrere alle chiese più antiche, fondate dagli Apostoli, per sapere da loro quello che è certo e quello che è da abbandonare? E se gli Apostoli non ci avessero lasciato le Scritture, non si sarebbe forse dovuto seguire l’ordine della tradizione da essi trasmessa a quelli ai qualiaffidavano le chiese?

4,2. A questi principi si attengono molte genti illetterate che credono in Cristo: senza carta né inchiostro esse portano la salvezza scritta nei loro cuori dallo Spirito e custodiscono diligentemente l’antica tradizione. Essi credono in un solo Diocreatore del cielo e della terra e di tutto ciò che è in essi per opera di Cristo Gesù Figlio di Dio, il quale per la sua immensa carità verso gli uomini sue creature si

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sottopose alla generazione dalla Vergine unendo così l’uomo a Dio, patì sotto Ponzio Pilato, risuscitò e fu assunto nella gloria, verrà glorioso Salvatore e Giudice e manderà nel fuoco eterno i deformatori della verità che non apprezzano il Padre e la sua venuta. FEDE Gli illetterati che accettarono questa fede sono barbari rispetto a noi per la lingua, ma saggi nella loro mente, nei loro costumi e nella loro condotta per via della fede che li rese sapienti e graditi a Dio inducendoli a vivere in perfetta santità, castità e saggezza.Ora se qualcuno, parlando la loro lingua, annunziasse loro le trovate degli eretici, subito si turerebbero gli orecchi e fuggirebbero lontano per non udire neppure tali bestemmie.Attaccati all’antica tradizione degli Apostoli essi non possono neppure concepire ragionamenti tanto mostruosi.

4,3. Il fatto è che tra loro non vi fu mai né chiesa, né insegnamento legittimo. Prima di Valentino non esistevano i Valentiniani né prima di Marcione i Marcioniti, né alcuno dei perversi sistemi che abbiamo elencato sopra prima che venisseroquesti novatori e inventori di perversità. Valentino infatti venne a Roma sotto Igino, raccolse i successi più prosperi sotto Pio e vi rimase fino ad Aniceto.Cerdone, il predecessore di Marcione, vi apparve sotto Igino, ottavo vescovo di Roma; veniva spesso in chiesa e faceva pubblica penitenza, ma finì allo stesso modo: ora propalando segretamente la sua eresia, ora sconfessando pubblicamente glierrori di cui era accusato, allontanandosi poi definitivamente dalla comunità dei fratelli. Marcione, che gli succedette, esplicò la sua attività sotto Aniceto,decimo nell’ordine dell’Apostolato.Gli altri cosiddetti “gnostici” ebbero inizio, come abbiamo detto, con Meandro, discepolo di Simone; ciascuno poi adottò una propria teoria divenendo padre e vescovo del gruppo che lo seguiva. Tutti però s’incamminarono verso l’apostasia in un tempo piuttosto recente, quando la storia della Chiesa era già in pieno svolgimento.

D [Cristo perfetta verità]

5,1. È dunque in questo modo che la tradizione apostolica vive nella Chiesa e perdura tra noi. Torniamo ora alla prova delle Scritture lasciate da coloro che composero il Vangelo, cioè dagli Apostoli; alcuni di essi posero in scritto la dottrina riguardante Dio, dimostrando che il Signore nostro Gesù Cristo è la Verità e che in Lui non v’è menzogna (Gv. 14,6). È ciò che predisse Davideparlando della sua concezione verginale e della sua resurrezione:“La Verità è sbocciata sulla terra” (Sal. 84,12). Anche gli Apostoli, discepoli della Verità, sono al di sopra di ogni menzogna, poiché il falso non va con la verità e le tenebre non stanno con la luce; dov’è l’uno non può essere l’altro. Nostro Signore, dunque, essendo la Verità, non mentiva e perciò non avrebbe proclamato Dio,

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Signore di tutte le cose, sommo Re e proprio Padre un essere ch’egli avesse conosciuto essere frutto di scarto; essendo egli perfetto, spirituale e nel “pleroma” non avrebbe fatto tali riconoscimenti ad un essere imperfetto, psichico e fuori del “pleroma”. Per la stessa ragione neppure gli Apostoli avrebbero chiamato Dio e Signore uno che non lo fosse stato. Invece questi sofisti stoltissimi affermano che gli Apostoli insegnavano ipocritamente secondo le disposizioni degli uditorie rispondevano secondo il desiderio degli interlocutori: ai ciechi parlavano di cecità secondo il loro difetto, ai malati secondo la loro malattia, a quelli in errore secondo il loro errore; a coloro che ritenevano che il Demiurgo è l’unico Dio, di questopredicavano; a quelli che “comprendono il Padre innominabile” avrebbero esposto “l’ineffabile mistero” mediante parabole ed enigmi. Insomma né il Signore né gli Apostoli avrebbero insegnato la verità come è realmente, ma avrebbero esposto la dottrina con ipocrisia e secondo le disposizioni di ciascuno.

5,2. Essi non avrebbero quindi guarito e ridato la vita, ma piuttosto aggravato i mali e aumentato l’ignoranza. Sarebbe perciò molto più vera la legge che maledice (Deut. 27,18) colui che guida il cieco su una via sbagliata.Ma gli Apostoli, mandati a guidare gli erranti, illuminare i ciechi e guarire i malati, non parlavano certamente secondo l’opinione del momento, ma secondo la manifestazione della verità. Certo sarebbe condannabile chiunque vedendo un cieco sull’orlo del precipizio lo esortasse a procedere per quella via pericolosissimacome fosse giusta e conducesse a buon termine. Qual medico per guarire un malato si comporta secondo i desideri del paziente invece che secondo le regole della medicina? Ora il Signore afferma di essere venuto come un medico perquelli che stanno male: “Non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati e io sono venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori perché si convertano” (Lc. 5,31s). Come si riavranno i malati e come si convertiranno i peccatori? Forse continuandocome prima o non piuttosto con un radicale mutamento e allontanamento da ciò che provocò la loro grave malattia e i numerosi peccati? L’ignoranza, madre di tutti questi mali, viene eliminata dalla “gnosi”. Il Signore comunicava dunque la “gnosi” ai suoi discepoli e con questa sanava i malati e liberava i peccatori dai loro peccati. Non parlava dunque secondo le loro vecchieopinioni né rispondeva secondo il pensiero degli arroganti, ma insegnava la dottrina della salvezza senza ipocrisia e senza riguardi personali. LA TRADIZIONE

5,3. Ciò appare anche dai discorsi del Signore: agli ebrei egli dimostrava che il Messia predetto dai profeti era il Figlio di Dio, cioè manifestava sé stesso, venuto a riportare agli uomini la libertà e ad offrire loro l’eredità dell’incorruttibilità.Gli Apostoli, a loro volta, insegnavano ai pagani ad abbandonare i vani legni e pietre che essi consideravano come divinità e ad adorare il vero Dio, il quale creò e costituì tutto il genere umano dandogli poi nutrimento, sviluppo, sicurezza e sussistenza per mezzo della creazione; ad attendere alla venuta del Figlio suo

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Gesù Cristo, il quale ci riscattò dall’apostasia mediante il suo sangue perché fossimo anche noi un popolo santo (1Pt. 2,9; Es. 19,6); che discenderà dal cielo nella maestà del Padre. Per giudicare tutto il mondo e donare i beni divini a coloro che avranno osservato i suoi precetti. Egli apparve negli ultimi tempi pietra somma angolare, raccolse insieme e congiunse i lontani e i vicini (Ef. 2,13ss), cioè i circoncisi e gl’incirconcisi facendo grande Jafet e introducendolo nella casa di Sem (Gn. 9,27).

E [Dio è incomprensibile in sé (IV)]

19,1. Tutti i doni, oblazioni e sacrifici del popolo ebreo erano figure, come fu mostrato a Mosè sul monte, provenienti dall’unico e identico Dio il cui nome è ora glorificato dalla Chiesa in tutte le nazioni. Ma le cose terrene che ci circondano possono essere tipo delle celesti, fatte dallo stesso Dio, poiché altrimentinon si spiegherebbe come l’immagine corrisponda alle cose spirituali.Ma dire che le cose sovraccelesti e spirituali, per noi invisibili e ineffabili, siano figura di altri cieli e di un altro “pleroma” e che Dio sia immagine di un altro Padre, è errare dalla verità, è da stolti e da sciocchi. Costoro, come abbiamo detto più volte, sono costretti a trovare sempre nuove figure di figure e immagini di immagini senza mai fissare il loro pensiero sull’unico e vero Dio. I loro pensieri hanno oltrepassato Dio, nei loro cuori hanno superato il maestro credendo così di essersi elevati al di sopra di tutto, mentre in realtà non hanno fatto altro che allontanarsi dal vero Dio.

19,2. Ad essi si potrebbe giustamente dire, come suggerisce il Verbo stesso: “Fin dove innalzerete i vostri pensieri sopra Dio, stolti orgogliosi? Avete udito che i cieli sono contenuti nella mano [di Dio]?” (Is. 40,12). Ditemi voi la misura e la quantitàinnumerevole dei cubiti [dei cieli]; spiegatemi la pienezza, la larghezza, la lunghezza, l’altezza, il principio e la fine dell’estensione che mente umana non comprende. Davvero grandi sono i magazzini celesti; incommensurabile alla mente eincomprensibile al pensiero di Dio che la terra tiene nel suo pugno. Chi misura la sua destra? e chi conosce il dito di Dio e comprende la mano, che misura l’infinto e fissa le dimensioni dei cieli e stringe col pugno la terra e gli abissi, che in sécontiene la larghezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza di tutta la creazione visibile, sensibile, intelligibile e invisibile? Per questo Dio “è sopra ogni principato, potestà, dominazione e sopra tutto ciò che ha un nome” (Ef. 1,21) di tutte le cose fatte e create. È lui che riempie i cieli e scruta gli abissi, che è pure conciascuno di noi: “Io sono — dice — un Dio vicino e non un Diolontano. Se l’uomo si nasconde in nascondigli forse non lovedrò?” (Ger. 23,23). La sua mano prende tutte le cose; essa è cheillumina i cieli e ciò che sta sotto i cieli, scruta le reni e i cuori, èpresente nei luoghi occulti e nei nostri segreti e apertamente cinutre e ci conserva.

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19,3. Se l’uomo non comprende la pienezza e la grandezza della sua mano, come potrà comprendere e conoscere un Dio così grande? Come lo avessero già misurato e scrutato e percorso tutto, inventano un altro “pleroma” di “eoni” sopra di lui e unaltro Padre. Però non vedono in alto, ma discendono nel profondo abisso della pazzia quando dicono che il loro Padre è limitato dagli esseri esterni al “pleroma” e che il Demiurgo a sua volta non giunge al “pleroma”, e così né l’uno né l’altro, secondoloro, è perfetto e comprende tutte le cose: all’uno manca la creazione che sta fuori del “pleroma”, all’altro quella che sta dentro.Che invece partendo dalla creazione nessuno possa misurare la grandezza di Dio è a tutti evidente e che alla sua grandezza nulla manchi, che tutto contenga e giunga fino a noi e sia in noi, lo ammette chiunque ha un giusto concetto di Dio.

F [Dio diventa accessibile in Gesù Cristo]

20,1. Non si può dunque conoscere la sua grandezza perché è impossibile misurare il Padre; obbedendo invece per amore di Lui — è questo che ci conduce a Dio mediante il suo Verbo — sempre possiamo apprendere che egli è grande e che è lui che da sé crea, sceglie, adorna e contiene tutte le cose, e fra tutte questeè compreso anche il nostro mondo. Anche noi, dunque, con tutte le cose da lui contenute, siano creati da lui. È quanto dice la Scrittura: “Dio plasmò l’uomo prendendo del fango e soffiò sul suo viso il soffio della vita” (Gen 2,7). Non siamo dunque stati fatti dagli angeli né da essi plasmati — essi non avrebbero potutofarci a immagine di Dio — né da alcuna Potenza diversa dal Verbo di Dio. Dio non aveva bisogno di costoro, per attuare ciò che aveva deliberato di fare, come non avesse mani: sono sempre a sua disposizione il Verbo e la Sapienza, [cioè] il Figlio e lo Spirito, mediante i quali opera tutte le cose con ogni libertà e indipendenza. Ad essi parla quando dice: “Facciamo l’uomo a immagine e somiglianza nostra” (Gen. 1,26): da sé stesso prende la sostanza della creatura, il modello di ciò che fa e la forma degli ornamenti del mondo.

20,2. Bene dice la Scrittura: “Prima di tutto credi che c’è un Dio solo, che tutto creò e organizzò e fece essere dal nulla, che tutto comprende senza essere compreso da nessuno” (Erma, Il Pastore, II,1). Nel libro dei profeti bene dice Malachia: “Non è uno solo il Dio che ti creò? Non è uno il Padre di noi tutti?” (Mal. 2,10). L’Apostolo poi: “Uno è Dio Padre, che sta sopra e in tutti noi” (Ef. 4,6). Similmente il Signore: “Tutto mi è stato consegnato dal Padre mio” (Mt. 11,27), con le quali parole indica chiaramente che le ricevette dal Creatore di tutte le cose non poteva infattidare le cose altrui, ma le sue ora nel tutto nulla viene eccepito e per questo lo stesso è giudice dei vivi e dei morti, “ha la chiave di Davide: apre e nessuno chiude, chiude e nessuno apre” (Ap. 3,7). Nessun altro infatti, né in cielo né in terra, poteva aprire il libro del Padre e leggerlo all’infuori dell’Agnello che fu ucciso e che ciredense col suo sangue, dallo stesso che mediante il Verbo fece tutte le cose e che con la Sapienza le adorna, il Verbo ricevette ogni potere quando si fece carne,

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perché come ha la supremazia in cielo, l’abbia anche sulla terra, come uomo giusto “che non commise colpa e la cui bocca è, senza inganno” (1Pt. 2,22): FEDE supremazia s’intende su tutte le cose terrestri essendo divenuto il primogenito dei morti; e perché tutte le cose vedessero, come abbiamo detto, il loro re perché nella carne del Signore nostro discendesse il lume del Padre e rifulgendo dalla sua carnevenisse in noi e così l’uomo possa giungere alla incorruttibilità in forza della luce del Padre che lo circonda.

20,3. Che il Verbo sia sempre stato vicino al Padre l’abbiamo abbondantemente dimostrato. Che la Sapienza, cioè lo Spirito, sia stata presso di Lui prima di ogni creatura è detto da Salomone: “Dio con la sapienza creò la terra, compose il cielocon la prudenza, per opera della sua mente gli abissi aprirono le loro sorgenti e le nubi stillarono rugiada” (Prov. 3,19). E ancora: “Dio mi creò al principio delle sue vie nelle opere sue, mi costituì prima dei secoli, e al principio prima di fare la terra, prima di stabilire gli abissi e prima che scaturissero le sorgenti di acqua,prima di fissare i monti, prima di tutti i colli mi generò” (Prov. 8,22s). E di nuovo: “Quando componeva il cielo ero con lui e quando fissava le fonti degli abissi, quando consolidava le fondamenta della terra ero con lui al lavoro; in me si compiaceva, ogni giorno mi deliziavo davanti a Lui in ogni tempo, quando si rallegrava nella perfezione dei mondo e si allietava tra i figli degli uomini” (Prov. 8,27ss).

20,4. Uno solo, dunque, è Dio che tutto creò e ordinò mediante il Verbo e la Sapienza; s’identifica col Demiurgo [= Creatore], che questo mondo assegnò al genere umano. Egli è ignorato nella sua grandezza dalle sue creature — nessuno, infatti, ha investigato la sua profondità, tanto degli antichi che dei moderni —; per via d’amore, invece, è conosciuto mediante colui con l’opera del quale fece tutte le cose. Questi è il Verbo suo, il Signore nostro Gesù Cristo, che negli ultimi tempi si fece uomo tra gli uomini per congiungere l’estremità al principio, cioè l’uomo a Dio. Per questo i profeti, ricevendo il carisma profetico dallo stesso Verbo, predissero il suo avvento nella carne, per il quale si è realizzata la intima unione di Dio con l’uomo secondo il beneplacito del Padre. Dal principio il Verbo di Dio annunciò che Dio si sarebbe fatto vedere dagli uomini e avrebbe parlatofacendosi presente per salvare l’uomo e sarebbe divenuto percettibile per liberarlo dalle mani di tutti i suoi nemici, cioè da tutti gli spiriti ribelli: per indurci a servirlo nella santità e nella giustizia per tutti i nostri giorni, affinché avendo l’uomoabbracciato lo Spirito di Dio, entri nella gloria del Padre.

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Tutto fu creato e ordinato con la Parola e lo Spirito

"Tutte le cose create necessariamente derivano da una causa prima il fondamento della loro esistenza: il principio di tutto è Dio. Egli infatti non è stato creato da nessuno, ma da lui tutte le cose sono state create. Perciò è necessario riconoscere in primo luogo che vi è un solo Dio, Padre, che ha creato e formato tutto l’universo, che fa esistere ciò che prima non esisteva e che, contenendo tutto, da nessuna cosa può essere contenuto. Ora, in quest’universo rientra anche il nostro mondo, e nel mondo l’uomo: dunque anche questo nostro mondo quaggiù è stato formato da Dio.

Ecco come si espone la presente dottrina: vi è un solo Dio Padre, increato, invisibile, creatore dell’universo; al di sopra di lui non vi è altro Dio, e dopo lui non vi è altro Dio; Dio, inoltre, è intelligente, perciò la creazione di tutte le cose fu opera di intelligenza. Dio è spirito, perciò con lo Spirito tutto ha disposto, come dice il profeta: Con la Parola (Verbo) del Signore furono creati i cieli, e col suo Spirito, tutta la loro potenza (Sal 32,6).

Dunque, poiché il Verbo crea, cioè opera nella carne e dona gratuitamente l’esistenza, mentre lo Spirito plasma e forma le varie potenze angeliche; a buon diritto, perciò, il Verbo è chiamato Figlio e lo Spirito Santo, Sapienza di Dio. Così Paolo, suo apostolo, dice rettamente: Un solo Dio Padre, il quale è sopra tutti, e tra tutti e in tutti noi (Ef 4,6). Infatti al di sopra di tutte le cose c’è il Padre, tra tutte le cose c’è il Verbo, poiché per mezzo di lui il Padre ha creato ogni cosa; e in noi vi è lo Spirito che grida: Abbà, Padre (Gal 4,6), e modella l’uomo a somiglianza di Dio. In conclusione lo Spirito rivela il Verbo, ed è per questo che i profeti annunciarono il Figlio di Dio; ma il Verbo spinge ad operare lo Spirito: è lui che parla ai profeti, e innalza l’uomo fino al Padre.

Eccola la regola della nostra fede, il fondamento dell’edificio, e ciò che rende salda la nostra condotta: Dio Padre, increato, non circoscritto, invisibile, unico Dio, creatore dell’universo; è questo il primo articolo della nostra fede.

Il secondo articolo è questo: Il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, Cristo Gesù nostro Signore, che si è manifestato ai profeti in forme diverse secondo il genere della loro profezia e secondo i disegni provvidenziali del Padre; per la cui opera è stata creata ogni cosa; che poi, alla fine dei tempi, s’è fatto uomo tra gli uomini per ricapitolare ogni cosa, s’è fatto visibile e tangibile, per distruggere la morte, rivelare la vita e operare l’unità tra Dio e gli uomini.

Il terzo articolo è questo: Lo Spirito Santo, per mezzo del quale i profeti hanno profetato, i Padri hanno appreso la scienza di Dio, e i giusti sono stati guidati nella via della giustizia; che alla fine dei tempi è stato diffuso in modo nuovo sull’umanità, per far nuovo l’uomo su tutta la terra, e riportarlo a Dio.

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Perciò alla nostra nuova nascita, in grazia di questi tre articoli si compie il battesimo che ci accorda la grazia della nuova nascita in Dio Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Infatti coloro che portano in sé lo Spirito di Dio vengono condotti al Verbo, cioè al Figlio; il Figlio poi li presenta al Padre, e il Padre dona loro l’incorruttibilità. Dunque, senza lo Spirito non è possibile vedere il Figlio di Dio, e senza il Figlio nessuno può appressarsi al Padre, dato che la conoscenza del Padre è il Figlio, e la conoscenza del Figlio di Dio si attua per mezzo dello Spirito Santo. Lo Spirito poi, viene dispensato dal ministero del Figlio, secondo il beneplacito del Padre, cioè come e a chi il Padre vuole.

Se dallo Spirito, il Padre viene chiamato altissimo, onnipotente e signore di ogni potenza, questo è perché dobbiamo convincerci che Dio è veramente tale, cioè che è creatore del cielo, della terra e di tutto questo universo; creatore degli angeli, degli uomini, e signore di tutto; per lui tutte le cose esistono e ciascuno riceve il suo nutrimento; è misericordioso, pietoso e pieno di tenerezza; buono, giusto, Dio di tutti, e dei giudei, e dei pagani e dei credenti. Ma dei credenti è Padre, perché alla fine dei tempi ha aperto il testamento dell’adozione; dei giudei è signore e legislatore, perché nei tempi di mezzo gli uomini, avendo dimenticato Dio, si erano allontanati e ribellati a lui, ed egli per questo li aveva ridotti in servitù per mezzo della legge, affinché apprendessero di avere un padrone, un creatore e fattore, che dona il soffio della vita e al quale dobbiamo rendere omaggio giorno e notte. Per i pagani, poi, è creatore e demiurgo onnipossente. Ma per tutti, senza eccezione, è dispensatore di nutrimento, è re e giudice: nessuno infatti sfuggirà al suo giudizio, né giudeo, né pagano, né alcun credente che abbia peccato, né gli angeli. Quanti rifiutano ora di credere alla sua bontà, conosceranno allora al momento della condanna, la sua potenza, come dice il beato Apostolo: ...ignorando che l’amore di Dio ti chiama a conversione, con la tua ostinazione e l’impenitenza del tuo cuore tu vai accumulando su di te ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le proprie opere (Rm 2,4-6).

È lui, che viene detto, nella legge, Dio di Abramo, Dio d’Isacco e Dio di Giacobbe: Dio dei viventi. Perciò ineffabile è l’altezza e la grandezza di questo Dio.

Questo nostro mondo è circondato da sette cieli nei quali abitano potenze innumerevoli, angeli e arcangeli che prestano culto a Dio onnipotente e creatore di tutto. Egli non ne avrebbe bisogno, ma essi lo fanno per non restare oziosi, inutili e chiusi nel loro egoismo. È chiaro, perciò, che la presenza interiore dello Spirito di Dio è molteplice; essa viene definita dal profeta Isaia in sette diverse forme di ministero, che sono discese tutte sul Figlio di Dio, cioè sul Verbo, al momento della sua venuta come uomo. Dice infatti Isaia: Su lui riposerà lo Spirito di Dio: Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà; e lo riempirà poi lo Spirito del timore di Dio (Is 11,2).

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Dunque il primo cielo, a partire dall’alto, quello che contiene tutti gli altri, è il cielo della sapienza; il secondo è quello dell’intelletto; il terzo, quello del consiglio; il quarto, contando a partire dall’alto, è quello della fortezza; il quinto, poi, quello della scienza; il sesto, quello della pietà, e il settimo, cioè questo firmamento che circonda il nostro mondo, è pieno del timore di quello Spirito che illumina i cieli. Mosè ne aveva ricevuto il simbolo: il candeliere a sette braccia, acceso perennemente nel Santo; egli infatti aveva ricevuto le prescrizioni rituali, modellate sui cieli, come gli aveva detto il Verbo: Farai tutto secondo il modello che hai visto sul monte (Es 25,40).

Dunque, questo Dio viene glorificato dal suo Verbo, che è suo Figlio in eterno, e dallo Spirito Santo, che è la sapienza del Padre di ogni cosa. Le loro potenze - quelle cioè del Verbo e della Sapienza - che vengono dette cherubini e serafini, glorificano Dio con inni che mai cesseranno; e tutto ciò che esiste, tutto ciò che si trova nei cieli, rende gloria a Dio Padre di ogni cosa. Egli, per mezzo del suo Verbo, ha donato l’esistenza al mondo intero, e anche agli angeli che pure esistono in questo mondo; a questo mondo poi ha stabilito come legge, che ciascuno resti al suo posto senza varcare i limiti stabiliti dalla volontà di Dio, e che ciascuno compia l’opera che gli è stata assegnata." 

Dal «Trattato contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo (Lib. IV, 20, 5-7; SC 100, 640-642. 644-648)

L’uomo vivente è gloria di Dio; vita dell’uomo è la visione di Dio La gloria di Dio dà la vita; perciò coloro che vedono Dio ricevono la vita. Eper questo colui che è inintelligibile, incomprensibile e invisibile, si rende visibile, comprensibile e intelligibile dagli uomini, per dare la vita a coloro che lo comprendono e vedono. È impossibile vivere se non si è ricevuta la vita, ma la vita non si ha checon la partecipazione all’essere divino. Orbene tale partecipazione consiste nelvedere Dio e godere della sua bontà. Gli uomini dunque vedranno Dio per vivere, e verranno resi immortali edivini in forza della visione di Dio. Questo, come ho detto prima, era stato rivelato dai profeti in figura, che cioè Dio sarebbe stato visto dagli uomini che portano il suo Spirito e attendono sempre la sua venuta. Così Mosè afferma nelDeuteronomio: Oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l’uomo e l’uomo aver la vita (cfr. Dt 5, 24). Colui che opera tutto in tutti nella sua grandezza e potenza, è invisibile eindescrivibile a tutti gli esseri da lui creati, non resta però sconosciuto; tuttiinfatti, per mezzo del suo Verbo, imparano che il Padre è unico Dio, che contiene tutte le cose e dà a tutte l’esistenza, come sta scritto nel vangelo: «Dio nessuno lo ha

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mai visto; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18). Fin dal principio dunque il Figlio è il rivelatore del Padre, perché fin dalprincipio è con il Padre e ha mostrato al genere umano nel tempo più opportunole visioni profetiche, la diversità dei carismi, i ministeri e la glorificazione delPadre secondo un disegno tutto ordine e armonia. E dove c’è ordine c’è anchearmonia, e dove c’è armonia c’è anche tempo giusto, e dove c’è tempo giusto c’è anche beneficio. Per questo il Verbo si è fatto dispensatore della grazia del Padre per l’utilitàdegli uomini, in favore dei quali ha ordinato tutta l’«economia» della salvezza,mostrando Dio agli uomini e presentando l’uomo a Dio. Ha salvaguardato peròl’invisibilità del Padre, perché l’uomo non disprezzi Dio e abbia sempre qualcosa a cui tendere. Al tempo stesso ha reso visibile Dio agli uomini con molti interventiprovvidenziali, perché l’uomo non venisse privato completamente di Dio, ecadesse così nel suo nulla, perché l’uomo vivente è gloria di Dio e vita dell’uomo è la visione di Dio. Se infatti la rivelazione di Dio attraverso il creato dà la vita a tutti gli esseriche si trovano sulla terra, molto più la rivelazione del Padre che avviene tramite il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio.

Ireneo di Lione, Dimostrazione della predicazione apostolica, 4-10

Dalla Dimostrazione della predicazione apostolica di sant’Ireneo vescovo di Lione

31-34

 Alla fine di questo secolo Gesù Cristo si sarebbe manifestato al mondo intero

come uomo, egli che è il Verbo di Dio che in sé ricapitola tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Egli unì dunque l’uomo con Dio operò l’unione di Dio con l’uomo; noi uomini non avremmo potuto in alcun modo partecipare all’incorruttibilità se egli non fosse venuto tra noi. Infatti, se l’incorruttibilità fosse rimasta invisibile ed occulta, non ci sarebbe stata di utilità alcuna.

Perciò egli si fece visibile, affinché ricevessimo la partecipazione, in ogni senso, a questa incorruttibilità. E perché nella prima creatura, Adamo, noi tutti eravamo stati incatenati alla morte per la disobbedienza, fu necessario che i lacci di morte venissero rotti dall’obbedienza di colui che per noi si era fatto uomo.

La morte aveva regnato sulla carne; per mezzo della carne bisognava che essa venisse perciò abolita, e l’uomo venisse liberato dalla sua schiavitù. Per questo, il

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Verbo si fece carne, affinché il peccato fosse abolito per mezzo della carne - grazie alla quale aveva ottenuto potere, diritto di possesso e dominio - e più non dimorasse in noi. Per questo, il Signore assunse una “corporeità” identica a quella della prima creatura, per combattere in maniera ravvicinata in favore dei padri, e vincere in Adamo colui che in Adamo ci aveva colpiti.

Ora da dove procede la sostanza della prima creatura? Dalla volontà, dalla sapienza di Dio e da una terra vergine, perché Dio non aveva ancora fatto piovere, dice la Scrittura, prima che l’uomo fosse stato fatto, e non vi era nessuno che lavorasse la terra (Gn 2, 5). Dunque, da questa terra, mentre era ancora vergine, Dio prese del fango e ne plasmò l’uomo, capostipite della nostra umanità. Ricapitolando in sé quest’uomo, il Signore assunse la stessa economia della sua “corporeità”, nascendo da una Vergine per volontà e sapienza di Dio. Mostrò così l’identità della sua “corporeità” con quella di Adamo e divenne quello ch’era stato descritto all’inizio, cioè l’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26).

Come per l’opera di una vergine che aveva disobbedito l’uomo fu ferito, cadde e morì, così per l’opera di una vergine che ha obbedito alla parola di Dio l’uomo è stato rianimato, e dalla Vita ha ricevuto la vita. Il Signore è venuto a cercare la pecorella smarrita, ed era l’uomo che s’era perduto; e se egli non ha assunto una qualunque altra carne umana diversamente plasmata, ma per mezzo di questa stessa Vergine che era della razza di Adamo, ha voluto mantenere la somiglianza con questa nostra carne plasmata, tutto ciò è avvenuto per uno scopo ben preciso: perché Adamo venisse ricapitolato nel Cristo - e così ciò che era mortale venisse assorbito e inghiottito dall’immortalità - ed Eva venisse ricapitolata in Maria e così una Vergine, divenendo l’avvocata di un’altra vergine, distruggesse e cancellasse la disobbedienza di quella vergine con la sua obbedienza verginale.

Il peccato ch’era stato commesso per mezzo di un legno, fu distrutto per mezzo dell’obbedienza patita sul legno conformemente alla quale il Figlio dell’uomo, in obbedienza a Dio fu inchiodato sul legno: distrusse in tal modo la scienza del male e rivelò e comunicò la scienza del bene. Il male è appunto disobbedire a Dio mentre il bene è obbedirgli.

Per questo il Verbo disse per bocca di Isaia profeta, che preannunciava il futuro - erano profeti appunto perché annunciavano il futuro - il Verbo, ripeto, così disse: Io non mi rifiuto, né contesto; ho presentato le mie spalle alle percosse e le mie guance agli schiaffi; non ho sottratto il mio volto all’ignominia degli sputi (Is 50, 6). Dunque, per quell’obbedienza cui si è sottomesso inchiodato fino alla morte sul legno, egli ha distrutto l’antica disobbedienza commessa per il legno.

E poiché è il Verbo di Dio, anche lui onnipotente, che per la sua natura invisibile è presente tra noi in questo universo che egli abbraccia in tutta la sua lunghezza e larghezza, altezza e profondità - infatti, è per opera del Verbo di Dio che

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tutte le cose quaggiù sono state disposte e strutturate - per questo la crocifissione del Figlio di Dio si è compiuta anche lungo tutt’e quattro queste dimensioni, quando egli ha tracciato sull’universo il segno della sua croce. Infatti, col suo farsi visibile, ha dovuto rendere visibile la partecipazione di questo nostro universo alla sua crocifissione, per mostrare, con la sua forma visibile, l’azione che egli esercita sull’universo visibile: che egli cioè illumina l’altezza cioè tutto ciò che è nel cielo, che contiene la profondità, cioè quanto esiste nelle viscere della terra, che estende la sua lunghezza da oriente a occidente, che governa come nocchiero la regione di Arturo e la larghezza del Mezzogiorno, chiamando d’ogni parte coloro che sono dispersi, alla conoscenza del Padre.