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DISPENSA DI SALA CLASSE II A

IL CAFFE’

Un po’ di storia….

Se le origini della pianta del caffè si perdono nella notte dei tempi, qualche milione di anni fa, anche la scoperta delle sue doti è un episodio avvolto nella leggenda: o meglio, nelle leggende. Infatti è difficile stabilire; e il caffè fosse già noto ai tempi di Omero o se fu Maometto ad esserne il primo estimatore; o ancora se esso sia quel ricostituente più volte citato da Avicenna o se le sue doti stimolanti siano state invece scoperte da Kaldi, un pastore degli altopiani etiopici, che notò le sue pecore particolarmente eccitate dopo aver ingerito alcune bacche. L'unico punto su cui gli storici concordano è il luogo d'origine: la regione abissina di Kaffa. Attenzione però, nonostante l'assonanza non fu questo luogo a battezzare pianta e bevanda; il nome trae origine dalla parola araba «qahwa», che significa "bevanda vegetale". Forte di questa sua caratteristica, il caffè si diffuse rapidamente nelle regioni a cultura islamica con modalità di consumo alquanto diverse dalle attuali.All'inizio gli Arabi usavamo consumare l'intero frutto della pianta, una bacca rossa simile alla ciliegia: poi cominciarono ad estrarre i semi. macinarli e impastarli con grasso animale, utilizzandoli come «carburante» fisiologico durante i loro lunghi viagg i. Bisogna aspettare il Mille dopo Cristo perché i semi, ancora verdi, vengano fatti bollire in acqua per creare una bevanda aromatica e dovranno passare altri tre secoli prima che. sempre gli Arabi. inizino la pratica della tostatura e della macinatura. Tutto questo successo del caffè tra le popolazioni arabe ha anche un retroscena religioso infatti non potendo bere il vino perché gli alcolici sono categoricamente vietati dal Corano , gli Arabi facevano gran uso di caffè. Ed è proprio, con il nume di «vino Arabia» che il caffè si affaccia timidamente in Europa nel XVI secolo attraverso i porti di Venezia e Marsiglia. Ma il primo grande successo del caffè in Europa è conseguente ad un grande insuccesso conseguito dalle truppe turche nel 1683: dopo aver tenuto d"assedio Vienna, i Turchi si ritirarono sconfitti, abbandonando nel loro campo ingenti quantità di caffè. Fu così che gli Austriaci impararono ad apprezzare la profumata bevanda e cominciarono ad aprile le prime caffetterie. dove il caffè era servito accompagnato da dolci a forma di mezzaluna. chiamati Kipfel. per festeggiare la vittoria sui Turchi invasori.Eredi delle «qahweh khaneh», le antiche caffetterie arabe. i locali europei in cui si servivano caffè. bibite e dolci ebbero larga diffusione nel XVIII secolo. A questo riguardo va citato, insieme a Vienna e Parigi, il ruolo guida che ebbe Venezia. come testimoniano ancora oggi gli splendori del Caffè Florian e del Caffè Quadri: oltre due secoli di successo in un’arte, quella del caffè, che non conosce declino.

La pianta

Come un vero e proprio dono della natura, il piacere del caffè nasce su una pianta. È un arbusto della famiglia delle Rubiacee e del suo genere, la Coffea, esistono varie specie: di queste la più pregiata, quella che ha le doti migliori per assicurarci un'ottima bevanda, è la Coffea Arabica. Essa costituisce i tre quarti della produzione mondiale. Oltre alle marginali Coffea Liberica e Coffea Excelsa, l'unica altra specie che ha vasta diffusione e un rilevante peso economico è la Coffea Canephora, più comunemente nota Robusta. Per tutte le Coffea l'habitat naturale è nella fascia tropicale di Asia, Africa e America; l’arabica però, oltre ad avere grandi doti, è anche particolarmente sensibile al caldo e all'umido predilige climi di alta quota, almeno 900 metri s.l.m. E più in alto cresce la pianta migliori saranno le qualità organolettiche del chicco tostato. Questo non accade per la Robusta che, proprio per la sua notevole resistenza al clima tropicale, riesce ai svilupparsi entro i 200/300 metri, in zone sicuramente più agevoli e convenienti per la gestione di una piantagione. Purtroppo questa forza della pianta si ritrova più tardi nelle caratteristiche organolettiche del caffè che se ne ricava. E se da una parte questa dà più corpo alla bevanda, dall'altra ne aumenta il gusto amaro e astringente e il tenore di caffeina, che varia tra il 2 e il 4%, contro l'1,1-1,7'% dell'Arabica.Ancora a proposito di altezza, è da notare che una pianta di Coffea può raggiungere anche i 12 metri: per ovvie ragioni di praticità del raccolto, gli arbusti nelle piantagioni sono però tenuti al di sotto dei 3 metri.

Per fare un espresso ci vuole un fioreSui rami secondari, all’attaccatura delle foglie verde scuro che ricordano quelle dell'alloro crescono in folti gruppi dei fiorellini bianchi, a cinque o sei petali, che con il loro profumo intensissimo invadono le intere piantagioni.Questi fiori sono autogami e hanno vita breve, cioè si autoimpollinano e dopo pochi giorni sfioriscono per dare origine al frutto. Questo è una drupa di un centimetro e mezzo di diametro, dapprima di colore verde e poi, al giusto grado di maturazione in genere di un rosso vivo che lo rende molto simile alla nostrana ciliegia. Se lasciati sui rami. i frutti possono rimanervi molti mesi da 6 a 8 per l’Arabica addirittura da 9 a 11 per la Robusta. In questo periodo essi però si seccano, e sono riconoscibili dal loro colore granata o nero.La maturazione ideale si verifica invece dopo circa 7 mesi Come nella ciliegia, la polpa del frutto è tenera e zuccherina; ma laddove la ciliegia contiene un nocciolo unico e circolare, nel caso del caffè questo tipo di seme rappresenta un'eccezione: i chicchi con questa forma, poiché nati in cima ai rami e insufficientemente impollinati, sono commercialmente distinti dagli altri e indicati come caffè Perla o Caracolito. Invece nel normale frutto del caffè l’endocarpo ovvero il nocciolo, è costituito da due semi solcati e semiovali. posti uno di fronte all'altro per la parte piana e ricoperti da una prima membrana argentea perfettamente aderente, e da una pellicola più spessa e coriacea chiamata pergamino.

Le differenze di forma tra un seme di Arabica e uno di Robusta si possono notare anche nel tostato, l'Arabica è più piatto e allungato, con il solco sinuoso mentre il Robusta è convesso, rotondeggiante e con un solco rettilineo.

Andiamo a cogliere i "grani"A causa dell’uniformità de clima tropicale,con l temperatura tra i 15 2 i 25 gradi, la pianta del caffè fruttifica a ciclo continuo. Le fioriture avvengono a più riprese durante l'arco dell'anno, in seguito alla caduta di ogni pioggia; sarà infatti questo il segnale atteso dalla pianta per dare inizio a una nuova fioritura. Così se dal fiore al frutto completamente maturo passano circa sette mesi, accade che su una stessa pianta si possano trovare sia frutti acerbi che ciliegie rosso vivo accanto ad altre ipermature. Si pone quindi il problema della raccolta: la disomogeneità di n raccolto produce partite di caffè con un'alta percentuale di difetti. E se il difetto di un chicco ancora acerbo è quello di avere un gu sto troppo amaro e poco aromatico, ben più pericoloso è un grano di caffè iperfermentato. Chiamato stinker. cioè «puzzolente», questo chicco) con le sue esalazioni sgradevoli può compromet terne altre centinaia. Per evitare questi inconvenienti il migliore metodo di raccolta è quello denominato picking: periodicamente squadre di uomini passano tra gli arbusti raccogliendo una ad una solo le ciliegie mature, quelle rosso vivo, o nel caso della varietà Bourbon, quelle gialle. Le ciliegie ancora verdi rimangono sul ramo in attesa del loro turno, quelle troppo mature cadranno a terra da sole.Più rapido ma molto meno accurato e preciso è il metodo stripping: con le mani o con macchine speciali si «sgranano» i rami dall'interno verso l'esterno. i frutti cadono in terra da dove vengono poi velocemente raccolti, con il rischio di venire infestati dai batteri sviluppatisi nel ter reno umido. Inoltre questo tipo di raccolta può venire adottato solo in quei luoghi dove le piogge sono concentrate in pochi periodi dell'anno e conseguentemente può essere calcolato il momento in cui la maggioranza dei frutti è matura al punto giusto.La maggiore affidabilità del sistema picking è preferita dai coltivatori più sensibili alla qualità del loro prodotto; inoltre le macchine eventualmente utilizzate nello stripping possono provocare seri danni alle piante.

Dimmi da dove vieni

A seconda della specie, varietà e zona di origine, i grani di Coffea avranno in tazza particolari caratteristiche di gusto e di aroma. Sia di Arabica che di Robusta esistono diverse varietà: ad esempio, nel solo Brasile, che con i suoi annuali 25 milioni di sacchi copre il 30% della produzione mondiale, si coltivano numerosi tipi di caffè, prevalentemente Arabica, che vanno dal più delicato Santos al più deciso Paranà. L'Organizzazione Internazionale del Caffè, che raggruppa sia i paesi produttori che i principali consumatori, ha suddiviso le produzioni in gruppi qualitativamente affini: il gruppo dei Colombiani dolci, che raccoglie la Colombia, il Kenia e la Tanzania; il gruppo degli Arabica «non lavati», che comprende Brasile ed Etiopia; il gruppo degli Altri Dolci di cui fanno parte tutti gli altri produttori di Arabica; il gruppo dei Robusta, che raccoglie tutti i produttori di questa specie.Il secondo paese come volume di produzione (14 milioni di sacchi all'anno) è la Colombia; qui crescono buone varietà di Arabica "Mild" (Dolci), mentre i dolcissimi Typica, Maragogype e Bourbon hanno le loro radici migliori nel centro America, in particolare nel Guatemala. Per l'intensa produzione di varietà di Robusta hanno un rilevante peso nel mercato i paesi africani e, tra i paesi asiatici, l'Indonesia. Una nota a parte merita la Giamaica, che produce un tipo di caffè Mild di qualità incomparabile: il Blue Mountain. uno dei rarissimi esempi di caffè completo. che non ha cioè bisogno di essere miscelato con caffè di altre provenienze. Ed è per questo che il suo prezzo sul mercato è elevatissimo.I paesi produttori forniscono la descrizione delle caratteristiche della partita e in questo compito, come sempre, i brasiliani si distinguono per fantasia. Troviamo così accanto alla specie, al luogo di origine, al tipo di

trattamento, alle dimensioni dei chicchi, anche le gradazioni di verde che contraddistinguono i chicchi, la resa di tostatura e persino la qualità in tazza.Per stabilire prezzi e politiche di mercato i centri decisionali sono posti al di fuori dei tropici: nelle borse di New York, Londra e Parigi-Le Havre. Quest'ultima città rappresenta inoltre uno dei più importanti porti europei del caffè, insieme ad Amburgo, Rotterdam, Trieste, Genova, Livorno e Marsiglia. E qui, una nota particolare: sebbene 1'Italia abbia ben tre porti fondamentali per la distribuzione commerciale e sia uno dei paesi in cui la cultura del caffè è più forte, rispetto agli stati europei essa ha uno dei più bassi consumi pro capite. Ogni italiano consuma la metà del caffè consumato da un belga o da un olandese!

I buoni e i cattiviPiù di ogni prodotto agricolo, il caffè è sottoposto a successivi e sempre più accurati controlli di qualità. Nonostante ciò, è praticamente inevitabile avere una certa percentuale di chicchi difettosi nelle partite. Abbiamo visto come con il metodo di raccolta picking i frutti si possano già selezionare e come nelle seguenti fasi di lavorazione altri eventuali difetti possano «venire a galla» ed essere eliminati.Bisogna inoltre annotare che i paesi produttori più evoluti hanno adottato sistemi automatizzati per la selezione del chicco verde; tra di essi i più precisi e sofisticati sono quelli bicromatici, basati su fotocellule in grado di individuare ed eliminare i chicchi che non corrispondono a pre cisi codici di colore. Questo avviene con una velocità irraggiungibile manualmente e una precisione impossibile anche per il più addestrato occhio umano. Poiché questi strumenti sono ancora po co diffusi, le aziende torrefattrici che hanno a cuore la qualità del loro prodotto devono provvedere autonomamente al controllo di qualità.Prima dell'acquisto si impone dunque la necessità di verificare i campioni delle partite; ad affare concluso i torrefattori più seri selezionano le intere partite con le selezionatrici bicromatiche o quelle a raggi ultravioletti che perseguono lo stesso obiettivo: individuare i chicchi difettosi e scartarli. In Kenia, dove vengono usate selezionatrici dei due tipi, questi scarti hanno dei loro propri canali commerciali e il caffè che se ne ricava è chiamato Mbuni.

Le mille e una miscelaIl caffè diventa un piacere tanto più sono equilibrate le caratteristiche del gusto, la ricchezza dell'aroma, la pienezza del corpo. Raramente questa completezza può essere offerta da un solo tipo di caffè, e una bevanda ricavata da una sola varietà in genere risulterebbe «disarmonica» al nostro palato e il nostro olfatto non ne sarebbe pienamente soddisfatto con il risultato che un caffè «monoprovenienza» risulterebbe insoddisfacente.Inoltre le caratteristiche di un raccolto difficilmente sono identiche a quelle degli anni precedenti o successivi, rendendo impossibile la costanza qualitativa del caffè «monoprovenienza». Perciò quasi tutti i caffè che beviamo, buoni o meno buoni, sono il risultato di una miscela di chicchi di diversa specie, varietà e provenienza. Quindi principale compito del torrefattore è quello di valutare precisamente le caratteristiche di ogni partita, per riuscire a ricomporre di volta in volta quel particolare prodotto, quella particolare miscela che lo contraddistingue agli occhi e al palato del consumatore. Come veri e propri sommelier gli esperti delle migliori aziende torrefattrici degustano prima dell'acquisto vari campioni in esame, per ognuno dei quali redigono una pagella di valutazione; dietro loro indicazio ne, si procede alla miscelazione dei caffè prescelti per ottenere un risultato costante nel tempo.In genere coloro che vogliono creare un prodotto di buona qualità hanno a disposizione di verse varietà di Arabica lavati e Arabica naturali; la Robusta, come abbiamo già detto, è invece spiccatamente amara, ha meno aromi e un contenuto di caffeina superiore: ciononostante viene utilizzata nelle miscele correnti. Per i palati affinati, si può invece scegliere e dosare con arte sapiente vari Arabica naturali, con il loro gusto equilibrato e l'aroma ricco che va dal fiorito al cioccolatoso, insieme agli Arabica lavati, più dol ci e

piacevolmente acidi. Importantissima nella «pagella» di degustazione è anche la voce riguardante la capacità dei chicchi di essere macinati, ovvero il tipo di «pasta». Sapremo così se un caf fè è più adatto ad essere utilizzato per un infuso, un filtrato o un espresso. Per ottenere la massima omogeneità di gusto e di aroma è preferibile eseguire la miscelazione prima della tostatura, il che consente di operare meglio sulla qualità finale del prodotto omogeneizzando gli aromi delle varie partite durante la tostatura e consentendo controlli di qualità a posteriori sulla miscela, inutili nel caso di tostature separate partita per partita e miscelazione «a valle». Ovviamente con questo metodo aumentano anche le difficoltà per ottenere una tostatura omogenea nei chicchi di provenienza e quindi di dimensione e peso diversi. Ma la scienza e la tecnologia hanno saputo rispondere a queste difficoltà, come vedremo nel capitolo successivo.

Un capitolo a parte: la tostatura

Come a tutte le cose giovani, anche al caffè verde mancano ancora quelle caratteristiche definitive che ne fanno una delle bevande più consumate nel mondo. Ed è la tostatura a donare al caffè l'aroma, il gusto e il colore che gli sono propri.Una volta immessi nella torrefattrice, un enorme cilindro rotante, i chicchi passano il quarto d'ora più importante della loro vita. Il calore all'interno del cilindro cresce gradatamente e, nei primi minuti, l'umidità che evapora fa perdere al chicco il 20% del suo peso. Cresce invece del 60% il suo volume mentre avvengono quelle reazioni chimico-fisiche, dette di Maillard, che attivano le sostanze responsabili del gusto e dell'aroma.Questo rigonfiamento del chicco è dovuto alla pressione esercitata dall'anidride carbonica e dalle oltre 700 sostanze che compongono gli aromi volatili contenuti all'interno delle cellule; le pareti cellulari però resistono solo fino ad una certa pressione la quale aumenta assieme alla temperatura ed è per questo che nella tostatura è preferibile non superare i 230°C. È comunque molto delicata la fase finale, quando si raggiungono e si superano i 150 gradi; infatti, se imo a questa temperatura le reazioni all'interno del chicco sono endotermiche, cioè assorbono calore, oltre questo limite il chicco comincia a produrre calore, aumentando rapidamente la temperatura all'interno del cilindro e obbligando a ridurre la quantità di calore somministrata. A fronte di questo problema, per mantenere la temperatura entro i livelli di guardia e consentire a tutti i chicchi di raggiungere il giusto grado di cottura, gli impianti sono dotati di sensori termici, utili a regolare il calore all'interno del cilindro. Come si può notare, i progressi tecnici in questo senso sono notevoli ma rimane tuttavia insostituibile l'operato dell'uomo: il tostatore, che con occhio esperto controlla le «cotte» giornaliere e verifica il giusto grado di cottura e di colore bruno dei chicchi. Inoltre succede che, anche all'interno di una stessa nazione, i gusti in fatto di tostatura siano diversi: ad esempio in Italia l'usanza prevede caffè più chiaro. quindi dolce e acidulo, al nord; piú scuro e amaro al sud.A tostatura effettuata rimane un ulteriore rischio rappresentato dal processo di autocombustione del chicco tostato ed è quindi necessario procedere al raffreddamento. Anche in questo caso per la soluzione dello stesso problema esistono due scuole: la prima utilizza delle docce di acqua, la seconda utilizza l'aria fredda. Sebbene 1'acqua sia il sistema con effetto più rapido, non bisogna dimenticare che il caffè è un prodotto particolarmente igroscopico, che tende cioè ad assorbire grandi quantità d'acqua e umidità. E questo, oltre ad aumentare il peso e accelerare i processi degenerativi, provoca anche una minore resa in tazza. I1 vapore che si forma, inoltre, apre i pori delle cellule dai quali si liberano anidride carbonica e aromi.COMPOSIZIONE CHIMICA DEL CAFFÈ CRUDOAcqua (umidità) 8-12% Zuccheri 10% Cellulosa 24% Caffeina da 1.1 a 4.5% Sostanze grasse 12% Acido Clorogenico 6.8% Sostanze Azotate 12% Sostanze non Azotate 12% Ceneri 4,1 %COMPOSIZIONE CHIMICA MEDIA DEL CAFFÈ TORREFATTO

Acqua (umidità) 1 % Zuccheri 2% Cellulosa greggia 25% Caffeina da 1, 4.5% Estratto idrosolubile dal 24 al 27% Ceneri 4, 5% Derivati pirogeni dei glucidi 30% Lipidi 14% Protidi 14% Trigonellina 0.5% Acido clorogenico 4,5%

Dal caffè bevanda all'elisir

Le sostanze contenute nel caffè e responsabili del gusto, aroma e corpo, si liberano grazie all'azione dell'acqua calda (e nel caso dell'espresso anche della pressione) che le scioglie e le incorpora; si prepara così un'ottima bevanda e un buon dispensatore di energie stimolanti, da con sumare in modo corretto e adeguato, mai eccessivo. Insieme al tè, il caffè è la bevanda più diffusa nel mondo e sono differenti le modalità di preparazione e consumo nelle diverse parti della terra. Ma questi metodi differenti si possono classificare secondo due sistemi principali: per infusione, quando la polvere di caffè viene lasciata macerare nell'acqua bollente, o per percolazione, quando il flusso di acqua calda viene fatto passare attraverso la polvere macinata. La necessità di macinare i grani di caffè nasce per ampliare al massimo la superficie di contatto tra l'acqua e le cellule che contengono le sostanze aromatiche.In quei paesi dove il caffè, oltre ad essere prodotto, è anche consumato in notevoli quanti tà, è più diffuso il sistema ad infusione, e qui ricordiamo il caffè alla turca o il cafesiňo brasiliano. Con questo sistema è preferibile un tipo di tostatura chiara e, particolarmente nel caso del caffè alla turca, una macinazione finissima in modo da frantumare tutte le cellule e liberarne tutti i gas.La percolazione è invece utilizzata in gran parte dei paesi consumatori, dall'Europa al Nord America, mediante due tecniche, in cui gli italiani si sono distinti per il loro ingegno: per gravità o per pressione. Nel primo caso l'acqua passa attraverso la polvere posta nel filtro e, a causa del suo stesso peso, cade nel recipiente inferiore. In questo caso valgono gli esempi del caffè filtro, utilizzatissimo in America o nel Nord Europa, e della nostra cara vecchia napoletana.Nel secondo sistema la pressione del vapore o di una pompa imprime una spinta all'acqua che passa attraverso il macinato arricchendosi di gran parte delle sue sostanze. In questa tecnica la moka o la macchina espresso sono la testimonianza della cultura italiana del caffè. Infatti, se in moltissimi paesi il caffè è vissuto anche come bevanda da pasto o per dissetarsi, in Italia esso ha l'importanza di un rito. E questo elisir tonificante raggiunge, proprio con l'espresso all'italiana, la sua quintessenza.In pochi centimetri cubici, più o meno 30, un espresso contiene tutto il meglio di circa 50 chicchi macinati che corrispondono a sei-sette grammi di peso. L'acqua passa attraverso la polvere spinta da una pressione tale che le fa «trascinare» con sé gran parte delle sostanze: quelle solubili, responsabili del gusto, e quelle insolubili, cioè olii e colloidi, che grazie alla elevata pressione si emulsionano o si disperdono in goccioline Finissime, dando all'espresso corpo e aroma. Due caratteristiche queste ultime che sono appena accennate nelle altre bevande a base di caffè e che lasciano il ricordo più piacevole dopo aver bevuto un buon espresso.

L'espresso: il caffè tra arte e scienza

6-7 grammi di miscela di Arabica, macinatura compresa tra polvere impalpabile e granelli con 1 millimetro di diametro, circa 30 cc di acqua a 90 °C e pressione a 9 atmosfere, 30 secondi di estrazione. Questo sarebbe 1'espresso se fosse ridotto ad una semplice formula: ma quella che nel capitolo precedente abbiamo definito quintessenza del caffè non è solo scienza ma è anche un arte tutta italiana che ha conquistato il nostro paese ed ha estimatori in tutto il mondo come pubblici esercizi abbia favorito il loro sviluppo.Questo mercato ha una diffusione sempre più ampia, ma è chiaro che per muoversi e scegliere all'interno di esso le proposte migliori bisogna indirizzarsi verso quelle marche e modelli con caratteristiche che più si avvicinano alle “sorelle maggiori” utilizzate nei bar, cioè che garantisco no una temperatura costante dell'acqua intorno ai 90 °C e una pressione della pompa tra 8 e 10 atmosfere. Inoltre, insieme a queste piccole macchine è stato approntato un sistetna che assicura un risultato eccellente e soprattutto, costante: si tratta del sistema «Easy Serving Espresso». (E.S.E.) di cui parleremo dettagliatamente più avanti grazie al quale, soprattutto all'estero, si può sopperire alla mancanza di capacità ed esperienza nella preparazione, ottenendo comunque un caffè degno di un vero «maestro dell'espresso».In ogni caso è sul terreno della qualità che si decideranno le sorti del mercato dell'espresso: la concorrenza si gioca intorno al gusto, aroma e corpo della tazzina e in questa «disputa» la scelta della miscela risulta un passo fondamentale; bisogna infatti pensare che nel bar il caffè è 1'unico prodotto monomarca e che quindi la qualità finale della tazzina di espresso è uno degli elementi discriminanti per cui un consumatore decide di frequentare o meno un determinato bar, rivolgendo il suo interesse, e i conseguenti consumi, verso locali ed esercenti che con prezzi uguali agli altri possono offrirgli il meglio.Nelle pagine seguenti affronteremo l'aspetto teorico-pratico dell'espresso e della sua preparazione e scopriremo le ragioni del suo grande successo in Italia e all'estero augurandoci nel contempo di fornire a tutti gli attuali e futuri «maestri dell'espresso» i giusti strumenti per apprezzare e riuscire in questa gustosissima arte.

Un piacere in tutti i sensi

Cos'è che rende inimitabile il piacere del caffè espresso? Perché questo piacere non si ritrova nelle altre bevande che si possono ottenere dai chicchi tostati?È sufficiente usare alcuni dei nostri cinque sensi nei pochi istanti necessari a gustare piena mente un espresso per avere la risposta a queste domande.Ricordate qual è l'origine della parola caffè? È «qhawe», che in arabo significa bevanda vege tale. Ebbene, l'espresso è la bevanda che maggiormente ci stimola, che ci «sveglia»; ma questo non accade solamente perché nel caffè c'è la caffeina, anzi in un espresso di qualità, la cui miscela è composta solo di Arabica- il contenuto di caffeina non supera i 100 mg. Questo accade sia perché la specie Arabica, rispetto alla Robusta. ha un basso contenuto (I,1-1,7% contro 2-4,5%) di caffeina e sia perché, nel brevissimo tempo di estrazione che si ha con I'espresso, non tutta la caffeina contenuta nel chicco macinato riesce a disciogliersi e così si riesce ad ottenere un'ottima bevanda dal contenuto di caffeina equilibrato.I1 maggiore effetto stimolante invece è date dalle altre proprietà del chicco che l'espresso rie sce a donarci in tazzina: il gusto, che caratterizza anche altre bevande-caffè- e poi il corpo e l'aro ma, che sono «le due marce in più» che distinguono l'espresso e lo esaltano. In pratica ci sentiamo più attivi, con più carica perché di fronte ai profumi che si sprigionano, alla percezione tattile e visiva della «densità», del corpo dell'espresso. I nostri sensi sono vivificati, come risvegliati.

Questa presenza di aroma e corpo è possibile solo con l'espresso poiché tra i vari metodi d: estrazione esso è l'unico che aggiunge al calore dell'acqua un altro fattore: la pressione. È grazie alla pressione esercitata dalla macchina espresso che è possibile estrarre ed emulsionare anche parte degli olii e colloidi contenuti nel chicco di caffè, responsabili della «maggiore eccitazione».

“Contenuto di caffeina per tazzina 90-200 mg”

Prima di tutto l'aroma: i profumi che provengono dalla tazzina fumante sono «veicolati» dagli olii emulsionati nell'espresso; bisogna infatti ricordare che durante la tostatura, e se eseguita in pressurizzazione anche durante la stagionatura, le sostanze volatili che si sono sprigionate vanno a fissarsi proprio sugli olii e quando l'espresso è servito si liberano nell'aria e nel palato per il piacere del bevitore.Gli olii sono anche in parte responsabili del corpo ed in particolare della sensazione di roton dità, di «vellutato». II corpo dipende anche dalla presenza delle bollicine di gas (prevalentemente anidride carbonica) in sospensione e dai colloidi emulsionati. Questi ultimi sono dotati di altre proprietà importanti: inibiscono i ricettori del gusto amaro delle papille gustative (e questo spiega perché l'espresso anche se con un gusto molto intenso raramente è troppo amaro) e abbassano la tensione superficiale del liquido, permettendo all'infuso di penetrare più a fondo nelle papille e aumentare la sensazione di gusto e di aroma. Ecco perché la sensazione piacevole che ci dà l'espresso permane ancora a lungo dopo averlo bevuto.In questa pagina viene riportata anche una piccola scheda che vi aiuterà nell'«esame visivo» dell'espresso, in particolare della crema che lo ricopre e che fornisce utili indicazioni sulla sua qualità e sulla causa degli eventuali difetti. In fondo, oltre ad essere un'arte, l'espresso è anche una scienza esatta ed è seguendo un preciso procedimento che si può ottenere il meglio in ogni tazzina e riuscire a "ingranare" quelle due marce in piú.

La prima «M»: La MiscelaPer ottenere un espresso dal gusto equilibrato non è possibile utilizzare un solo tipo di caffè: ne occorrono più d'uno mescolati assieme, in proporzioni che tengano conto delle caratteristiche organolettiche dei singoli componenti.Questa esigenza si fa invece sentire meno nel caso di bevande preparate in infusione o tramite percolatori a gravità, vista la bassa percentuale di estrazione ottenibile con queste tecnichepegno che le aziende dovrebbero assumere: la selezione. Purtroppo in Italia sono poche le aziende che utilizzano questo sistema per difendere la qualità del loro prodotto finale ed è così che troppe volte ai è in balia del caso e dell'affidabilità della descrizione fatta dai paesi produttori.Ma è ormai consolidata tra i consumatori 1a tendenza a prediligere innanzitutto l qualità e saranno loro stessi a imporre alle aziende un maggiore impegno a sua difesa.Il gusto armonico, l'aroma ricco, il corpo pieno: sono i tre obiettivi che si prefigge una buo na miscela per l'espresso e che si possono raggiungere utilizzando caffè di diversa provenienza e caratteristiche.Proprio perché ogni singolo chicco, con tutte le sue proprietà, dà all'espresso il suo specifico apporto di gusto, aroma e corpo e poiché anche un solo chicco difettoso può pregiudicare la qua lità dell'estrazione, è necessario provvedere accuratamente sia allo studio della composizione sia alla selezione dei caffè scelti. Questa fase delicata e fondamentale è affidata alle aziende torrefattrici che acquistano le diverse partite di caffè verde, le trasformano e le miscelano in base alla loro politica commerciale e alle tendenze del mercato. La validità del prodotto che esce da queste aziende si può valutare anche in relazione ai criteri da esse seguiti per la composizione della miscela. Ad esempio uno dei problemi più diffusi e segnalati dagli esercenti è l'incostanza qualitativa: una delle ragioni di questo difetto è proprio da ricercare nel metodo con cui vengono eseguite le miscelazioni. Il metodo più corretto, e anche quello più elaborato, prevede che la miscela venga riesaminata tutte le volte che Finisce la partita di ciascun componente, poiché solo «ritardando» la composizione di volta in volta si può ricrearne la personalità. Essendo però abbastanza impegnativo, questo metodo viene eluso con la tecnica più semplice dei «componenti fissi»: si stabiliscono «una tantum» le percentuali dei componenti e si rinnova l'acquisto delle partite con la stessa provenienza e descrizione dei caffè prescelti. Ciò semplifica il lavoro all'azienda ma sottopone il suo prodotto al rischio, abbastanza comune per i prodotti agricoli, di avere una qualità incostante.Questo problema, comune a tutti i prodotti della natura, ci porta ad un altro importante imIn precedenza abbiamo spiegato che per avere una maggiore armonia di gusto e una maggiore costanza qualitativa è meglio miscelare prima della tostatura. Ciò che invece è preferibile fare durante la tostatura è il riequilibrio del gusto in funzione delle esigenze di consumo. È noto infatti che il caffè-espresso preferito nel Sud Italia sia più scuro, amaro e meno acido che al Nord e questa caratteristica si ottiene sottoponendo la miscela a una temperatura finale più elevata durante la tostatura, che scurisce maggiormente i chicchi e ne aumenta 1'amarezza. Ma se avete notato, là dove si preferisce il caffè scuro si serve l'espresso molto ristretto: in questo modo è più alta la concentrazione dei colloidi che, inibendo i ricettori del gusto amaro nelle papille gustative. rendono comunque gradevole il gusto molto in tenso.La miscela idealeNel caso dell'espresso la dose di caffè macinato deve sopportare, come abbiamo visto, condizioni di estrazione estreme; non tutte le qualità di caffè reagiscono nella stessa maniera alla pres sione e alla temperatura di estrazione, come non reagiscono allo stesso modo alla tostatura ed alla macinazione. La miscela deve essere dunque sapientemente realizzata per evitare che alcune peculiari caratteristiche come il corpo, l'acidità. l'amaro si accentuino a discapito di altre.Ogni componente dovrebbe essere accuratamente analizzato e degustato in maniera da assicurare alla miscela equilibrio e costanza assoluta di sapori. I migliori risultati si ottengono con Santos di alta qualità arricchito nel gusto e nell'aroma con Arabica lavati: la leggerissima acidità di questi ultimi è compensata dalla superiore aromaticità.La caffèinaIn un caffè di pianta arabica la caffeina oscilla tra l'1,1 e 1'1,7%, in un caffè di pianta Robusta tra il 2 e il 4,5%. In linea di massima si può affermare che per quanto riguarda la caffeina, una tazza di Robusta equivale a due di Arabica.

La capacità dell'organismo umano di metabolizzare la caffeina è piuttosto ridotta (20% all’ora). Con un maggior quantitativo di caffeina per tazzina si corre il rischio di provocare un ac cumulo di quest' ultima nell'organismo. Potrà così venir superata la quantità ideale alla quale il nostro organismo è abituato, trasformando un benefico e gradevole effetto in una sensazione di ansietà e di disagio. Come conseguenza è facile che si verifichi una diminuzione del consumo medio di caffè pro capite, per cui se ne conclude che una miscela composta esclusivamente di caffè Arabica opera sia in difesa del consumatore che nell'interesse dell'esercente, che potrà servire un numero più elevato di espressi.

La seconda «M»: il MacinadosatoreAnche se è ancora vivida nel ricordo di molti italiani l'immagine del vecchio macinino a mano -vella, oggi gran parte del caffè per uso domestico viene venduto già macinato. Questo non accade nel caso del caffè per bar e ristoranti. È infatti prerogativa dell'espresso essere «preparato all'istante» e poiché il caffè già macinato disperde rapidamente i suoi aromi e si altera al gusto, chi vuole servire un espresso di qualità provvede a macinare all'istante le dosi necessarie. Il compito del macinino è quello di trasformare i chicchi di caffè in polvere: la polvere offrirà infatti una maggiore superficie di contatto all'acqua consentendo una più elevata estrazione di sostanze so1ubili e non. Variando il grado di finezza del macinato si potrà modificare la resistenza offerta al passaggio dell'acqua: in tal modo sarà possibile influenzare il flusso del caffè mentre scende nella tazzina. È interessante sottolineare che non tutte le provenienze di caffè si «lasciano» macinare allo stesso modo; quindi non tutte sono adatte ad essere utilizzate nella miscela per l'espresso. Infatti per ottenere un buon espresso occorrono particelle di macinato con dimensioni non uguali ma opportunamente variabili da 1 mm fino alla polvere impalpabile.Nonostante la sua importanza il macinino v-iene spesso trascurato all'interno di un bar o di un ristorante.Frequentemente non si considera che la produttività dei vari modelli di macinino è molto diversa: questo andrà pertanto scelto in funzione delle sue caratteristiche e delle esigenze dell'uti lizzatore relativamente alla quantità media di caffè da macinare quotidianamente e nei momenti di punta. Spesso si chiedono al macinino prestazioni che esso non può fornire, con conseguente usura precoce delle macine e surriscalda-mento del motore. Come se non bastasse le macine usurate continuano la maggior parte delle volte ad essere utilizzate perché non si è in grado di diagnosticare quanto accaduto a netto discapito della qualità dell'espresso servito.Da notare a questo proposito che ogni macchina espresso necessita di una sua specifica macinazione per dare i migliori risultati: un macinato standard come quelli che si trovano in commercio difficilmente potrà presentare i requisiti per ottimizzare le prestazioni della macchina stessa.Attualmente sul mercato esistono tre tipi di macinini professionali: a macine piane, a macine coniche e a macine miste, con o senza dosatorePer uso familiare vengono impiegati macinini a macine piane oppure a coltelli rotanti.

La terza «M»: La Macchina espresso

Si tratta di quell'attrezzatura che ci permette di ottenere la tazzina di espresso facendo passare at -traverso il caffè macinato l'acqua calda ad elevata pressione.La combinazione delle due variabili, e pressione consente l'estrazione dal macinato delle sostanze solubili (zuccheri e proteine) ed anche di alcune non solubili come grassi e colloidi), responsabili queste ultime della caratteristica aromaticità e sciropposità dell'espressoIn una semplice tazzina di caffè-espresso c'è tutto il genio creativo e ingegneristico di alcuni uomini, soprattutto italiani, che hanno fatto la storia dell’espresso. Infatti dopo che nel 1882 in Francia fu realizzato il primo prototipo di macchina per preparare al momento tazzine individuali di caffè, dall'inizio del secolo furono quasi tutti italiani i genii che modificarono e migliora rono le caratteristiche e le prestazioni della macchina espresso: nel 1901 fu la ditta Bezzera che portò a livelli industriali la costruzione di macchine, praticamente con lo stesso principio della moka, dove la

pressione di estrazione era data dal vapore contenuto nella caldaia; un'altra svol ta la diede Francesco Illy, che nel 1935 sostituì al vapore l'aria compressa: infine ad Achille Gaggia va il merito di aver semplificato il funzionamento della macchina con l'introduzione di un mollone che, preventivamente caricato forniva la giusta compressione all'acqua che passava nella polve re.Di questi modelli «a leva» se ne trovano ancora, soprattutto nel meridione, ma sono stati perlopiù sostituiti da quelli <<ad erogazione continua questi comprimono l 'acqua per mezzo di una pompa rotativa che invia l’ acqua ancora fredda ad uno scambiatore di calore dove la sua temperatura diventa di 90°C; successivamente una boccetta la distribuisce in modo omogeneo sulla dose dì caffè e l'espresso e l’espresso è servito.Questo brevetto è del 1961 ed è firmato Ernesto Valente(Faema).Dopo questo modello la tecnologia è andata oltre, soprattutto per rispondere a un crescente problema di preparazione e specializzazione professionale del personale: sì è così arrivati alle odierne macchine completamente automatiche in cui tutte le operazioni, a partire dalla macinatura fino addirittura alla pulizia dei filtri. sono eseguiti dalla macchina stessa.Opportunamente programmata e regolata, la macchina e in grado di erogare caffè singoli o doppi, corti o lunghi o decaffeinati. e se munita di programma specifico, può conteggiare i caffè prodotti e realizzare statistiche sull'andamento dei consumi. In pratica il barista di turno deve solamente premere un bottone e attendere che la tazzina sia piena. Ma è proprio in questo unico bottone che stanno i pro e i contro di questa innovazione. Infatti da una parte è vero che bastano le visite periodiche del tecnico-progranmnatore perché la macchina funzioni bene da sola e il barista abbia più tempo per dedicarsi ai piccoli, importanti dettagli o ad altri clienti, d'altro canto e pure vero che basta un semplice abbassamento di tensione elettrica o un comune g iorno di pioggia perché la macchina ci serva un espresso non propriamente «adatto alla situazione».Negli ultimi anni, vista 1'importanza ,sempre maggiore della tazzina di caffè espresso sul mer cato mondiale e considerata la difficoltà di formare professionalmente del personale specializzato, è stata messa a punto e commercializzata una nuova macchina espresso che utilizza porzioni di caffè macinato, dosato e pressato racchiuso tra due strati di speciale carta filtrante.Utilizzando una sofisticata tecnologia, che consente di controllare dose e macinatura, e con una macchina estremamente affidabile si ottiene un ottimo risultato finale, la cui caratteristica migliore è la costanza qualitativa.Si tratta del ,sistema «E.S.E Serving espresso» (E.S.E.). Un accoppiamento di macchina caffè in cui alla dose preconfezionata si abbina una «camera di estrazione, di forna identica alla serving stessa,facilmente applicabile alle migliori macchine professionali in commercio e disponi bile nei migliori modelli per uso casalingo. Quale macchina?I1 mercato italiano offre all'esercente macchine espresso tradizionali sia dell'ultima generazione cioè ad erogazione «continua», sia a pistone manuale (a leve) o idraulico. Nella scelta della macchina espresso bisognerà tener presenti alcuni aspetti tecnici: la macchina idraulica ri chiede una pressione di rete costante. quella —a leve- necessita di personale molto preparato e robusto.Entrambe le macchine sono leggermente più lente di quelle ad erogazione continua. Per queste ultime sono stati realizzati anche sistemi automatizzati di dosatura dell'acqua. La frequente caduta irregolare del caffè dai due beccucci vanifica in genere l’uso di questi automatismi.Ciascun tipo di macchina ha pregi e difetti: ad esempio, quella a pistone può funzionare sol tanto con il gas senza energia elettrica, mentre quella ad erogazione continua può in assenza di pressione di rete, alimentarsi d'acqua succhiandola direttamente da un serbatoio. Ciascuno dovrà quindi individuare quali sono gli aspetti dei cui potrà maggiormente trarre vantaggio. Per ' quanto riguarda invece la marca, andrà senz’altro scelta quella che in zona potrà garantire la migliore assistenza.

Il grado di durezza ideale dell'acqua per il caffè è vicino ai 9 gradi francesi (9`F). Per riuscire ad avere tale caratteristica anche in luoghi dove l'acqua supera i 9°F si può provvedere con un depuratore a resine sabbiatrici di ioni. In tali depuratori i sali di calcio e magnesio. responsabi li della cosidetta durezza

dell'acqua. vengono scambiati con sali ,sodici, completamente solubili. Si ricordi che le resine dopo un certo periodo d'uso si saturano di sali di calcio e vanno rigenerate con sale da cucina (cloruro di sodio, le resine con il tempo ai esauriscono: ogni tre anni vanno sostituite totalmente.Nella seguente tabella sono riassunte alcune utili indicazioni.L’acqua sa di cloro - In aggiunta al depuratore normale è consigliabile un filtro speciale che trattenga il cloro, oppure basta fare decantare l’acqua per alcune ore in una vasca, poichè il cloro è un gas e si libera velocemente nell'aria.Acque leggere.- In caso di durezza dell'acqua inferiore a 94 è inutile anzi dannoso l'utilizzo del depuratore. Doppia depurazione- Se esiste un impianto centralizzato di depurazione oltre al depuratore normale, uno dei due va escluso, altrimenti si favorirà la presenza di sostanze organiche nel secondo depuratore.Esame dell'acquaChiunque desideri conoscere il grado di durezza dell'acqua che utilizza per l'espresso, può farlo facilmente, con molta precisione e con una spesa ridottissima. Infatti acquistando presso negozi che trattano accessori per acquari delle cartine chimiche e del solvente a gocce e consultandone le semplici istruzioni si può stabilire, espressa in gradi francesi, la durezza dell'acqua.

La quarta «M»: La Mano

Innanzitutto, scegliere una miscela adeguata alla propria clientela ed alla tazzina che si intende servire.Secondariamente, a meno che non si opti per l'acquisto di un prodotto pressurizzato, rea lizzare lo stoccaggio e la rotazione della merce conformemente al proprio fabbisogno ricordan do il rapido invecchiamento del caffè: attenzione quindi che l'ambiente sia secco e la temperatura non eccessiva.Tra le raccomandazioni, controllare lo stato di usura delle macine per evitare lo schiacciamen to e la laminazione del caffè, con conseguente surriscaldamento e affioramento dei grassi alla superficie della tazzina: controllare ed eventualmente regolare la dose destinata ad ogni tazzina: utilizzare il prodotto cercando di evitare la dispersione degli aromi (ad esempio mai macinare grossi quantitativi in una sola volta e non lasciare in giacenza il macinato dalla sera alla mattina successiva (peggio ancora durante tutto il giorno di riposo). Avere la cura di pulire il bordo del filtro prima dì agganciare il portafiltro al gruppo per evitare il formarsi di incrostazioni di caffè sulla guarnizione, e nel prelevare la dose di macinato lasciare che la leva torni di scatto alla posizione di partenza richiamata dalla sua molla per evitare che una parte della polvere rimanga sulle pareti del dosatore.Importantissimo sarà anche verificare la pressione in caldaia per ottenere la corretta temperatura dell'acqua sul ccaffè o controllare che la pressione di estrazione sia di 9 atmosfere, pulire le docce, i filtri e i portafiltri, curare la depurazione dell'acqua per evitare il deposito di calcare.

Controlli e manutenzione del macinino. controllo della dose (compresa tra 6 e 7 gr. per battuta). Controllo del grado di macinatura tenendo presente la seguente regola: il volume desiderato in tazzina deve essere ottenuto in circa 30 secondi, premesso che macine e macchina siano in perfetta efficienza. Se il tempo è superiore la macinatura va allargata, se inferiore va stretta. sempre agendo sulla apposita ghiera o manopola sul macinino,pulizia esterna ed interna della campana, pulizia esterna ed interna del dosatore per evitare oscillazioni di peso delle dosi.Controllare stato dì usura delle macine tenendo presente che quelle piane possono trattare non più di 600 kg di caffè prima di essere inservibili. mentre quelle coniche arrivano anche a 1.200 kg.Pressione dell'acqua sul caffè 9 atm: se la macchina è ad erogazione controllare il manometro della pompa. altrimenti sarà necessario l'intervento di un tecnico in caso di anomalia, in quanto le macchine a pistone non sono dotate di manometro.Il valore della pressione in caldaia regolato per dare all'acqua una temperatura di 88-92°C sul caffè. Indicativamente la pressione nella macchina a leva va regolata a 1,2-1,4 atm. nella macchina idraulica a 1,2 atm, nella macchina a erogazione a 0.7-0.9 atm.Pulizia del filtro, portafiltro. docce e guarnizioni. Se la macchina è a erogazione continua si usi il filtro cieco, anche più volte al giorno (quello senza fori fornito dalla casa assieme alla macchina nuova).Pulizia esterna della macchina. del piano per le tazze sottostante ai gruppi e della relativa vaschetta.Lavaggio dei gruppi con filtro cieco e detersivo nel caso di macchina ad erogazione continua.Stato di usura dei filtri tenendo presente che la parte maggiormente deteriorata è di solito il bordo arrotondato: anche i fori con il tempo possono allargarsi.Controlli sul depuratore- Le resine del depuratore vanno rigenerate in base al consumo in metri cubi di acqua e non al tempo.In teoria la regola prevede l'utilizzo di 30-40 gr. di sale per metro cubo d'acqua e per grado di durezza francese.-In pratica in un depuratore atto a ricevere 1 kg di sale la rigenerazione verrà fatta o g ni 12-15 kg di caffè utilizzato (circa 2000 tazzine).-In un depuratore da 2 kg di sale la rigenerazione verrà fatta ogni 25 kg di caffè utilizzato.-Nel depuratore automatico il programma viene studiato sul posto dall'installatore stesso.

- Se l'acqua di rete è molto dura (>36° F), dopo la depurazione essa diventa troppo alcalina e ciò nuoce alla qualità della tazzina di caffè. In tal caso si puó montare un by-pass per mescolare, dopo il depuratore, acqua depurata con acqua di rete. Si ottiene così un compromesso fra durezza e alcalinità dell’acqua.-Onde evitare il deposito di sostanze organiche si consiglia il lavaggio periodico delle resine e la sostituzione delle stesse almeno ogni tre anni.-Esistono depuratori con un dispositivi per il lavaggio delle resine: questo va utilizzato ogni volta prima della rigenerazione.Macchina accesa, macchina spenta?Molti si chiedono se di notte sia più opportuno lasciare accesa la macchina oppure spegnerla. Analizziamo innanzitutto i pro e i contro: lasciandola accesa consumeremo più energia. ri schieremo di bruciare la resistenza o addirittura (se a gas) di fondere la caldaia, però troveremo la macchina già pronta al mattino ed impediremo ai residui di sali presenti nell'acqua della caldaia di precipitare creando incrostazioni dannose.Spegnendola invece risparmieremo energia, ma al mattino dovremo attendere che la macchi na vada in pressione e saremo costretti a costose revisioni più frequenti per eliminare le maggiori formazioni di calcio, e a sostituire tutte le guarnizioni soggette a forte logorio dalla dilatazione dei metalli. Quindi consigliamo di rispettare sempre le norme di sicurezza, di lasciare accesa la macchina la notte con il riscaldamento elettrico (non a gas!), dopo aver controllato che la caldaia sia ben piena d'acqua e che i rubinetti del vapore e dell'acqua siano ben chiusi. Potremo invece spegnere la macchina in caso di soste prolungate quali la giornata di chiusura o le ferie.

Il Barman

Il barman è una “istituzione sociale”.questa definizione può sembrare eccessiva, riflettiamo però sul fatto che tale figura è presente in qualsiasi forma di convivenza umana: non esiste un paese, per piccolo che sia, che non abbia, oltre alla farmacia e alla parrocchia, il suo bar. Tante le definizioni che riguardano la figura del barman; c’è chi lo considera un “aristocratico”, per la pedana spesso situata sotto i suoi piedi o forse per i modi garbati con cui interloquisce con il cliente. Qualcuno lo considera “l’amico del cliente”, per la capacità di saper ascoltare i discorsi e le confidenze di quest’ultimo; c’è anche, poi, chi lo considera un “alchimista” per la sua abilità nella realizzazione di cocktail, e chi lo definisce uno “show man”, capace di spettacolari movimenti che seducono l’occhio del curioso degustatore. In ogni caso, al di là della definizione che gli si vuol dare, il barman è un serio professionista, spesso anche imprenditore, cioè orientato a gestire con profitto la propria azienda evitando perdite; in altri casi, egli gestisce e rappresenta l’azienda per conto di altri o ne è un efficiente dipendente. Per diventare barman è necessario possedere una serie di competenze tecniche e abilità nonché una predisposizione ad innovarsi di continuo, seguendo le nuove mode e tecniche di servizio. È fondamentale che l’aspirante barman abbia forza di volontà, sostenuta dalla passione per questo lavoro, qualità indispensabili per apprendere la professione e superare i momenti di difficoltà. Inoltre è importante una buona cultura generale, professionale e merceologica: un barman dovrà avere un’eccellente cultura generale, conoscere l’uso e la manutenzione di particolari strumenti e attrezzature nonché i contenuti dei diversi prodotti offerti e le norme igienico-sanitarie da osservare nella sua attività. Per poter comunicare con la clientela straniera, poi, egli deve conoscere le principali lingue straniere, prima fra tutte la lingua inglese, presente in buona parte dei termini utilizzati in un bar. A tale scopo è consigliabile, avendone la possibilità, recarsi nei paesi stranieri: ciò consente, accanto alla conoscenza della lingua, di apprendere nuove tecniche di lavoro nonché di arricchire il proprio bagaglio umano e tecnico-professionale.

I barman in Italia hanno la possibilità di tutelarsi e aggiornarsi associandosi all’A.I.B.E.S. “Associazione italiana barman e sostenitori”, nata il 21 settembre 1949. Questa associazione è fra le più prestigiose a livello mondiale, infatti molti dei suoi responsabili hanno rivestito la carica di presidente dell’I.B.A “International Bartender Association”, massima associazione a livello mondiale, sorta con l’obietivo di emanare direttive tecnico-professionali che coinvolgano tutti gli operatori e, soprattutto, di codificare le ricette dei cocktail mondiali.

Lo staff del bar

Il barman è l’operatore che lavora al bar, capace di ricoprire tutte le mansioni indispensabili per la buona gestione dell’azienda. All’interno del barvi sono diverse figure, ognuna con i propri compiti e responsabilità. Queste figure professionali formano lo staff o brigata di bar. Il personale che lavora al bar varia in base alla tipologia del locale e alle dimensioni della struttura; vediamo schematicamente quali attori operano in questo scenario.

CAPO BARMAN O PRIMO BARMAN

È il manager del bar, il responsabile di tutto ciò che concerne l’intero servizio al bar, dall’approvvigionamento dei prodotti fino alla vendita. Redige la lista del bar, organizza i turni di lavoro, si occupa dei rapporti con i clienti, mantiene i contatti con il F&B e la direzione dell’albergo. In alcuni casi, oltre alla gestione di un unico bar, può coordinare altri bar presenti all’interno di un albergo o villaggio turistico (bar di piscina, di spiaggia, american bar ecc.). Spesso può essere incaricato dell’organizzazione degli open-bar, dei coffee break o dei rinfreschi.

SECONDO BARMAN

È colui che s’interessa delle preparazioni richieste dalla clientela, fa realizzare ai commis, seguendoli attentamente, le diverse preparazioni di routine (caffetteria e mescita di bevande), mentre personalmente si occupa di preparazioni particolari (cocktail), controlla il lavoro degli altri collaboratori, gestisce i consumi e i prelievi delle bevande e dei generi alimentari e dialoga con i clienti. È sempre in stretto contatto con il primo barman e lo sostituisce in sua assenza.

COMMIS DI BAR O AIUTO BARMAN

Si tratta di giovani aspiranti barman, intenzionati ad apprendere i segreti del mestiere. Sono presenti diligentemente dietro il banco-bar, pronti ad eseguire gli ordini del capo-barman e del secondo-barman; devono mantenere ben pulito l’intero bar, in particolar modo il bancone, s’interessano della mise en place ed effettuano le preparazioni basilari.

COMMIS O CAMERIERE DI BAR

Si tratta di giovani, intenzionati anch’essi a svolgere questa professione. Si occupano del servizio delle bevande ai tavolini e devono essere capaci di gestire il dialogo con i clienti e di maneggiare denaro. Nei bar non situati all’interno degli alberghi si trova anche la figura del cassiere, la persona incaricata di incassare il denaro e rilasciare lo scontrino. Questa figura, spesso, coincide con il proprietario o il gestore del bar. Rammentiamo, inoltre, che il barman è una figura camaleontica, vale a dire può convertire la sua professionalità e accostarla ad altre attinenti al contesto del bar; infatti oggi, accanto alle consolidate figure del barman pasticciere e gelatiere, troviamo quelle del

barman-sommelier o wine-barman nonché del barman che si trasforma in uno chef a la lampe, capace di preparare succulenti desert al flambè.

L'HACCP

Le patologie provocate dalla ingestione di alimenti contaminati durante le fasi della produzione, del trattamento, del confezionamento, del trasporto e della somministrazione costituiscono da sempre un problema rilevante. In realtà qualsiasi alimento può risultare contaminato già all'origine come ad esempio vegetali, carni, uova, oppure può contaminarsi durante le varie fasi della produzione fino a1 consumo. Responsabili delle malattie dovute a1la ingestione di cibo contaminato sono microrganismi ma anche sostanze chimiche (detergenti, pesticidi, conservanti) o contaminanti particellari (schegge di metallo, legno, vetro), che nelle varie fasi di lavorazione possono contaminare gli alimenti.Per la tutela della salute dei consumatori sono stati predisposti, nel corso degli anni, provvedimenti legislativi, regolamenti e misure di sorveglianza da parte degli organi di controllo. L'innovazione tecnologica ha permesso di migliorare l'efficienza delle attrezzature per la produzione alimentare. Ma, nonostante l'applicazione di nuove tecnologie di produzione per garantire la sicurezza dei cibi, il rischio di insorgenza di malattie di origine alimentare rimane ancora oggi troppo elevato in relazione alla accresciuta domanda del comparto alimentare. A questo proposito il Decreto Legislativo n. 155 del 26/05/97, nel recepire la Direttiva CEE n. 93/43, ha introdotto un nuovo procedimento di analisi dei pericoli nelle produzioni alimentari (HACCP), attraverso l'individuazione dei punti critici di controllo.II compito è ora affidato agli stessi operatori del comparto della produzione, trasporto, trasformazione, vendita e somministrazione degli alimenti. E' prevista una procedura di autocontrollo che consente di effettuare, in ogni fase della filiera alimentare, la sorveglianza delle condizioni di lavorazione e la prevenzione delle contaminazioni accidentali dei cibi.L'espressione inglese "Hazard Analysis Critical Control Point", da cui deriva la sigla (HACCP), può essere adeguatamente tradotta in italiano come Analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo. È una modalità d'approccio sistematico finalizzato alla identificazione e prevenzione dei rischi di natura biologica, chimica o fisica che possono inficiare la sicurezza igienica di un alimento.

I 7 principi dell'HACCP Ogni piano HACCP è specifico per un determinato esercizio o impianto e prevede una serie di tappe preliminari, seguite, poi, dall'adozione e dalla messa in opera dei sette principi base del sistema. All'interno di ogni azienda, un gruppo di lavoro appositamente designato si occuperà di queste fasi. Ci limitiamo in questa sede ad elencarli:1. Condurre un'analisi del rischio, preparare un elenco dei passi del processo dove ci sono rischi significati-vi e descrivere le misure preventive.2. Identificare i punti critici di controllo (CCP) nel processo.3. Definire i limiti critici per le misure preventive associate a ciascun punto critico di controllo identificato.4. Definire i requisiti per la verifica dei punti critici di controllo e le procedure per rettificare il processo.

5. Definire azioni correttive da intraprendere quando il controllo indichi una deviazione dai limiti critici stabiliti.6. Attivare procedure per l'effettiva registrazione dei dati che documentano il sistema HACCP7. Attivare procedure per la verifica sul corretto funzionamento dell'HACCP

Hazard Analysis Criticai Controi PointLa metodica nasce e viene messa a punto negli Stati Uniti, durante gli anni '60 del XX secolo, come insieme di procedure volte a garantire l'assoluta sicurezza dei cibi utilizzati dagli astronauti durante le missioni spaziali, in particolare, durante il progetto Apollo che portò l'uomo sulla Luna.Da quel momento il sistema HACCP si è progressivamente diffuso, dapprima nelle grandi industrie alimentari americane e, successivamente, in quelle di tutto il mondo, in virtù della sua capacità di essere applicato in ogni tipo di ciclo produttivo conservando una notevole efficacia.Inoltre questo sistema di autocontrollo individua con grande rapidità la fuoriuscita dai parametri di sicurezza di un prodotto in fase di lavorazione e consente la tempestiva adozione di adeguate misure correttive, il che comporta anche un notevole contenimento dei costi. Infatti prima che il metodo si diffondesse, l'eventuale dannosità di un prodotto veniva rivelata a ciclo produttivo completato (campioni di analisi effettuati dall'azienda o dall'autorità sanitaria) e, talvolta, una volta avvenute la distribuzione e la vendita (a seguito di denunce di tossinfezioni). Ciò determinava un elevato rischio di malattie per i consumatori e, per l'azienda produttrice, la perdita dell'intera partita nonché rilevanti danni di immagine. Dove invece funziona un valido piano HACCP, la irregolarità del prodotto viene colta al suo sorgere e vengono rapidamente messe in atto le misure più opportune per l'eliminazione del problema.

HACCP nella ristorazione Numerosi sono i punti critici dì un esercizio alimentare, poiché numerose sono le fasi in cui è possibile ipotizzare un rischio concreto dì contaminazione dei prodotti.

I localiIdealmente ì locali devono essere organizzati in modo da far progredire gli alimenti a "marcia avanti", a partire dalla zona di ricezione delle merci, fino al banco dì vendita, evitando percorsi e lavorazioni che passano determinare una contaminazione crociata sporco-pulito.

Ricezione merciPer l'arrivo delle derrate è auspicabile un'entrata separata. da quella dei clienti. Nel magazzino dei prodotti secchi si devono prevedere idonee scaffalature provviste di superfici lavabi li e disinfettabili. Le confezioni devono essere sollevate di almeno cm 20 dal pavimento e deve essere assicurato un ido-neo ricambio dell'aria Per garantire le adatte condizioni igieniche dell'aria degli ambienti di stoccaggio, risulta utile l'applicazione di sistemi di disinfezione dell'area a meno di raggi U.V.

Aree lavoro Nelle aree di lavorazione i pavimenti, le pareti ed i soffitti devono essere facilmente puliti e mantenuti tali. Le griglie di drenaggio delle acque di lavaggio devono essere facilmente ri-movibili e lavabili Nel corso delle pulizie si deve inoltre prestare speciale attenzione ai punti difficilmente raggiungibili, incluse le aree poste dietro le cucine a gas, ai forni, ai frigoriferi, sotto i tavoli e i lavelli e nei punti di giunzione di porte e muri.

Ambiente di produzioneNell'ambiente di produzione è previsto almeno un lavello per il lavaggio, del pentolame e delle stoviglie ed un lavabo per la pulizia delle mani con comando di erogazione dell'acqua non manuale, munito di distributore di sapone liquido o in polvere ed asciugamani elettrici o non riutilizzabili. Accanto al lavabo va sistemato un bidone con apertura a pedale per la raccolta

della carta asciugamani usata. L'area di lavorazione non deve mai essere usata come transito per altare aree. È necessario organizzare il lavoro in modo da evitare la possibile contaminazione crociata tra alimenti crudi (carni, pollame, verdure), con alimenti pronti al consumo (formaggi, salumi, latticini, piatti di carne e pesce, dolci, ecc.). Inoltre, deve essere garantita l'applicazione delle grate anti intrusione alle finestre al fine di impedire l'accesso agli insetti.

A t t r e z z a t u r eLe attrezzature devono essere poste in modo da garantire lo spazio per le pulizie e devono stare su basi solide, preferibilmente dì cemento e facili da pulire. I recipienti e le placche dovrebbero essere conservati su scolapiatti o su scaffali, capovolti o posti su un lato. I tavoli di lavoro devono essere mobili per facilitare le operazioni di pulizia.

Servizi igieniciI servizi igienici del personale devono essere facilmente accessibili, ben illuminati e separati dai locali dì lavorazione, forniti di antibagno con lavabo munito di dispensatore di sapone liquido o in polvere, con comando non manuale di erogazione dell'acqua, asciugamani elettrici o non riutilizzabili e bidone per la raccolta della carta asciugamani usata. Devono essere apposti cartelli che richiamano la necessità del lavaggio delle mani dopo l'uso dei servizi igienici e prima del ritorno al lavoro.

Armadietti Gli indumenti e gli oggetti personali devono essere conservati in appositi armadietti lavabili e disinfettabili a doppio scomparto: per il vestiario ad uso personale e per quello di lavoro.

I p r o d o t t iLa varietà delle preparazioni realizzabili in questo tipo di esercizi rende possibile e, per molti versi, inutile una descrizione analitica e particolareggiata dei singoli prodotti; tuttavia i cibi possono essere raggruppati, sulla base di alcune caratteristiche comuni, nelle grandi categorie di seguito descritte. Ad ognuna di queste appartengono, come vedremo, rischi di natura diversa, e di variabile intensità e frequenza.Alimenti cotti con servizio immediato alla clientela: sono prodotti di complessità e natura diversa (pasta con condimenti vari, risotti, carne o pesci ripieni o meno, fritture, ecc.), il cui consumo avviene subito dopo la cottura; pertanto, qualora questa risulti appropriata e completa, il rischio biologico appare relativamente contenuto.Alimenti cotti e conservati a caldo prima del servizio (tavole calde): in questo caso, pur essendo prodotti essenzialmente sovrapponibili ai precedenti, si aggiunge il rischio di contaminazione e proliferazione microbica durante la fase di esposizione-conservazione a caldo e durante quella di porzionamento, in particolare qualora non siano rispettate le norme igieniche da parte del personale addetto e le temperature previste dalla legge.Alimenti cotti e serviti freddi: si tratta di prodotti diversi fra loro (roast-beef, vitello tonnato, insalate di pollo, contorni e antipasti vari, ecc.), molti dei quali hanno subito anche delle ulteriori manipolazioni a cottura ultimata, ma tutti caratterizzati dal fatto che vengono consumati dopo una fase di conservazione a freddo più o meno prolungata. II pericolo maggiore in questi casi è costituito da un raffreddamento troppo lento (sono opportuni gli abbattitori) e dal mancato rispetto delle corrette temperature di conservazione.Alimenti cotti, conservati a freddo e riscaldati prima del servizio: si tratta, solitamente, di salse, sughi, minestroni, paste ripiene, ecc.; in questi casi i pericoli sono da ricercarsi, oltre che

in una scorretta conservazione a freddo, anche in un insufficiente riscaldamento (inferiore ai 74 °C), con sopravvivenza dei microrganismi eventualmente presenti.Alimenti crudi: si tratta di prodotti vari (salumi, formaggi, insalate, frutta, ecc.), non sottoposti a procedimenti di cottura e serviti freddi dopo periodi di conservazione anche prolungati (salumi e formaggi stagionati). I pericoli più rilevanti sono in questi casi da mettersi in relazione alla conservazione inadeguata delle merci, all'insufficiente lavaggio (ortaggi) ed a manipolazioni scorrette.Si deve infine osservare che, negli esercizi di somministrazione, i prodotti sono generalmente rivolti alla popolazione generale, vale a dire a soggetti che non presentano una prevedibile e specifica suscettibilità alle tossinfezioni alimentari. Naturalmente la situazione cambia qualora si tratti di spacci o mense collocate all'interno di ospedali, case di cura, scuole od ospizi: in questi casi deve essere opportunamente valutato i1 rischio aggiuntivo derivante dalla tipologia della clientela servita.

Gli stili di servizio

Si tratta di 5 modalità di servizio, applicate a livello internazionale. A seconda della circostanza e del tipo di offerta si deciderà di adottare l'uno o l'altro degli stili di servizio.Il servizio alla russa, ormai scomparso, consisteva nel portare in tavola gli animali interi.

Il servizio al guéridonIl cameriere mostra al cliente i piatti di portata e le legumiere e poi li mette sugli scaldavivande ai due lati del guéridon, che è accostato al tavolo del cliente. Al centro del guéridon ci sono i piatti caldi, che il cameriere prepara con le posate nelle due mani e serve dal lato destro del cliente. Per servire il cliente una seconda volta, gli si cambia il piatto, mentre gli si lasciano le stesse posate.

Viene usato per

il servizio alla carta i banchetti fino a 20 persone circa il servizio privato

Il servizio all'ingleseIl cameriere apparecchia i piatti caldi e poi serve le pietanze dal lato sinistro del cliente, prendendole con la clips dai piatti di portata che tiene sull'avambraccio sinistro.

È adatto a

banchetti servizio privato servizio al tavolo per clienti abituali (Stammtisch)

Durante il servizio il cameriere deve fare in modo che

il bordo del piatto di portata collimi con quello del piatto, in modo che i cibi accidentalmente caduti dalla clips finiscano sul piatto di portata o sul piatto

il dorso della mano sinistra non tocchi la tovaglia i piatti di portata siano sempre completi, a meno che non si tratti di un banchetto

Servizio di minestreAl cliente vengono serviti un piatto piano ed uno fondo, che verranno poi sbarazzati insieme. Il cameriere tiene la zuppiera con la sinistra, appoggiata a un piatto coperto da un tovagliolo, e serve il cliente dalla sua sinistra.

Servizio dei secondiPietanza e contorno andrebbero serviti da piatti di portata separati. Si appoggia il piatto di portata del contorno sul guéridon e si serve la pietanza. Se il contorno o la pietanza sporcano molto la clips, è opportuno usare due clips, evitando così di sporcare le preparazioni e mescolare i sapori.

Il servizio all'italiana o al piattoI piatti con le vivande vengono preparate in cucina. Il cameriere li serve dal lato destro del cliente. Può essere semplice o con cloche.

Nel servizio all'italiana semplice il cameriere porta i piatti con le mani, due nella sinistra e uno nella destra, e li serve direttamente al cliente. La mano sinistra che sorregge i piatti deve restare alle spalle del cliente, evitando di avvicinarli al suo viso.

Nel servizio all'italiana con cloche i piatti preparati in cucina vengono coperti da una cloche e portati in sala su un piatto di portata. Quest'ultimo viene appoggiato sul guéridon, da cui il cameriere preleva i piatti, in genere sollevando la cloche dopo aver servito il piatto al cliente.

Si tratta di uno stile semplice e rapido, più elegante nella versione con cloche. Viene applicato per

il servizio alla carta banchetti fino a 50 persone alcune portate, come antipasti, minestre, desserts

Non può essere utilizzato quando vi sono cibi interi da porzionare.

Il servizio alla franceseIl cliente si serve da solo, prendendo le vivande, nella quantità e tipo desiderati, dal piatto di portata. Può essere diretto o indiretto.Nel servizio alla francese diretto il cameriere porge dalla sinistra del cliente il piatto di portata con le vivande, usando la mano sinistra, protetta dal tovagliolo di servizio. Con la mano destra offre al commensale la clips, sollevando un po' le impugnature e tenendo le punte sul vassoio. Oggi nei ristoranti viene usato solo di rado, in quanto particolarmente lento. Nel servizio alla francese indiretto i piatti di portata con le pietanze e la clips sul bordo vengono posti sul tavolo del cliente (nello scaldavivande se si tratta di portate calde), possibilmente vicino ad un uomo, e poi passati fra i commensali. Rapido e informale, si usa in osterie, trattorie e agriturismi; nei ristoranti, per il servizio di portate con numerose preparazioni e durante i banchetti. Si applica a

banchetti servizio ai piani servizio

Il self-servicePietanze e bibite sono preparate su di un buffet. Il cliente prende un piatto e sceglie da solo fra le vivande offerte. Per i piatti caldi e le bibite è talvolta aiutato dal personale di servizio. Si ricorre al self-service in occasione di banchetti, anche perchè consente l'esposizione decorativa delle pietanze.

Esistono diversi tipi di buffet:

buffet freddo buffet freddo e caldo buffet dei desserts buffet delle insalate buffet della prima colazione

Il tovagliolo di servizio

Il tovagliolo di servizio è di un tessuto più robusto e ampio di quello dei tovaglioli destinati ai clienti, possibilmente dello stesso colore. Deve essere sempre pulito e quindi va cambiato ogni volta che si sporca.    

A cosa serve   

proteggere mano ed avambraccio da sporcizia e calore coprire i piatti puliti durante il loro trasporto dalla cucina o dal tavolo di servizio pulire i bordi sporchi dei piatti mentre si serve asciugare la goccia sul bordo del collo delle bottiglie durante il servizio manipolare il materiale destinato al cliente durante la mise en place

Come si usa  Trasporto di piatti puliti (freddi e caldi). Viene aperto in lunghezza e posto sia sotto che sopra i piatti, in modo che le mani non li tocchino e che i piatti siano protetti. Nel servizio all’inglese, al momento di porre i piatti in tavola, il tovagliolo viene tolto, ripiegato e tenuto a disposizione per una eventuale passata di emergenza.  

Servizio all’ingleseViene posto tra la mano e il piatto di portata.  

Servizio al guéridonViene ripiegato e messo sul guéridon, per pulire il bordo dei piatti che si sporcano nel trasferimento dei cibi dai vassoi. Viene usato anche per riporre in tavola piatti molto caldi.  

SbarazzoLo si tiene sull’avambraccio sinistro.

Momenti di non utilizzoPuò essere riposto sopra il tavolo di servizio o il guéridon. Non deve mai essere messo sotto l’ascella, sopra la spalla o nella tasca dei pantaloni.  

Come si piega  Viene generalmente piegato in tre parti in senso longitudinale (cioè in lunghezza):  

se lo si vuole tenere lungo, lo si piega ancora in due parti, sempre nel senso della lunghezza; in caso contrario, viene piegato in altre tre parti, formando così un quadrato.

La clips

La clips è formata da un cucchiaio e da una forchetta o da un secondo cucchiaio. Questo utensile permette di porgere i cibi e il pane dal piatto di portata del cameriere al piatto/piattino del cliente. Per lavorare bene, è necessario che le due posate siano perfettamente sovrapponibili, cioè della

stessa grandezza e curvatura. Il doppio cucchiaio viene usato per afferrare cibi di piccole dimensioni. Nel servizio all'inglese, è comunque consigliabile usare una forchetta, in modo da staccare il cibo che resta sul cucchiaio. Per servire all'inglese o al guéridon vivande unte e succulente, è opportuno usare un altro paio di clips. 

Tecniche d'uso della clips

Clips standardLe parti concave delle due posate sono sovrapposte. La forchetta viene afferrata fra il pollice e l'indice, il cucchiaio con le altre dita. Per aprire la clips si devono allargare le dita che sostengono il cucchiaio.

Clips sovrappostaSi usa per afferrare vivande di una certa dimensione o cibi con guarnizioni nella parte superiore, che devono essere presi lateralmente. Rispetto alla clips standard, si gira la forchetta con pollice e indice, in modo da contrappore le parti concave delle due posate.

Clips allargataSi usa per servire alimenti piccoli e numerosi (risotto, piselli, ecc) o quando è necessario avere una superficie di appoggio ampia (per una sogliola o un pezzo di torta). Rispetto alla clips standard, la forchetta viene spostata a destra del cucchiaio con il pollice. In questo caso può essere usato anche un doppio cucchiaio.

Clips per la pasta lunga(servizio all'inglese) Si allarga la clips, si affonda la forchetta nella pasta, si stringono e si sollevano le posate. La pasta viene servita sul piatto allargando la clips.

Le regole del servizio

Prima...Prima del servizio sono importanti soprattutto due cose:

informarsi sul menù del giorno; controllare che la propria divisa e il materiale per il servizio siano in ordine e puliti.

Precedenze nel servizioServendo i clienti di uno stesso tavolo, vanno rispettate le seguenti priorità:

1. bambini 2. persone festeggiate 3. ospiti di riguardo 4. membri del clero 5. donne 6. persone autorevoli 7. persone anziane 8. organizzatori  

Come portare in tavola i piatti È importante ricordare che:

la mano destra va usata per lavorare, quella sinistra per portare;

i piatti di portata vanno tenuti con le due mani e posati sul guéridon; l'equilibrio dei piatti dipende dalla pressione che si esercita col pollice.

A seconda della quantità di piatti, si adottano diverse tecniche per portarli:

Una pila di piatti Va portata con le due mani per avere una maggiore sicurezza e coperta con una salvietta, in modo che i piatti non entrino in contatto con le mani o col corpo.

Un piatto Va tenuto fra pollice e indice, il pollice deve essere sul bordo, rivolto verso sinistra, per non toccare l'interno del piatto.

Due piatti-Presa A Il primo piatto è tenuto fra il pollice e l'indice. Il secondo viene inserito sotto il primo e sostenuto dall'indice e dalle altre dita allargate.

Due piatti-Presa B Il primo piatto è tenuto con il pollice e l'indice; per inserire l'altro, bisogna girare la mano in modo che il piatto possa trovare appoggio sul palmo della mano, sull'avambraccio, sull'anulare e sul mignolo.

Tre piatti Dopo aver preso i piatti in presa A (ovvero "di lato"), occorre girare il polso verso l'interno, lasciando il braccio vicino al corpo e allungandolo leggermente; si appoggia poi il terzo piatto, in posizione parallela al primo, sul bordo del secondo, sull'avambraccio e sul polso.

Come portare in tavola i bicchieriNormalmente si dispongono i bicchieri su in vassoio.

La tecnica di portare i bicchieri in mano può essere adottata solamente quando non ci sono clienti, perchè è molto rumorosa e poco elegante. I primi due bicchieri si inseriscono uno tra indice e medio e l'altro tra anulare e mignolo. Se c'è bisogno di più bicchieri, si inseriscono sotto quelli già presenti.

Servizio al tavolo del cliente a sinistra, a destra...

Alla sinistra del cliente:

si presentano le vivande si prelevano dai piatti di portata le vivande con una mano si porgono i piatti di portata quando il cliente si serve da sè (come nel servizio alla francese) si mette sulla tavola l'insalata si servono i panini sui piattini per il pane si sparecchia la tavola dalle stoviglie e dalle posate poste a sinistra si ripulisce la tovaglia dalle briciole a destra e a sinistra del cliente

Alla destra del cliente:

si posano e si sbarazzano i piatti si completano o si cambiano i coperti si serve da bere e si presentano le bottiglie

si sbarazzano le posate poste a destra

Nessuna regola:Si applica questa modalità quando il tavolo è posizionato in un luogo difficilmente agibile, ad esempio in un angolo, per cui non è possibile attenersi alle regole di servizio. In questi casi l'unica regola è quella di fare in modo che il cliente sia disturbato il meno possibile.

Servire con una sola manoÈ una tecnica che si usa solamente per il servizio delle portate; consiste nell'uso del cucchiaio e della forchetta a mo' di pinza (clips).

Con la mano destra, si tiene il cucchiaio tra l'indice e il medio e la forchetta tra il pollice e l'indice. La parte concava del cucchiaio viene infilata sotto la vivanda ed è trattenuta tra la parte ricurva della forchetta ed il cucchiaio. Dopo questa operazione si toglie l'indice che fungeva da fulcro della pinza.

Servire con le due maniÈ una tecnica usata principalmente al tavolo di servizio, al guèridon o al buffet; consiste nel tenere il cucchiaio nella mano destra e la forchetta nella sinistra.

Per evitare sgocciolamenti, nel caso di pietanze con salsa o intingolo, è meglio ripulire la parte inferiore del cucchiaio passandola velocemente sulla forchetta. 

Come disporre le vivande sul piatto

la carne va sempre posizionata vicino al bordo che si rivolge verso il cliente; le salse si possono servire o a sinistra della carne e del pesce, oppure separatamente in una

salsiera; se le pietanze sono cotte in salsa, questa va versata sopra la carne in modo da coprirla

completamente; il contorno va servito prima della salsa; è importante combinare bene i colori nella disposizione dei contorni; quando si servono torte di forma triangolare, la punta deve essere sempre rivolta verso il

cliente; i piatti non devono essere mai riempiti troppo, il bordo deve essere lasciato libero e non

deve presentare nessuna traccia di cibo; i piatti devono essere di temperatura uguale a quella delle vivande (freddi per pietanze

fredde, caldi per pietanze calde).

FASI DEL SERVIZIO

Ogni servizio si compone di 4 fasi:

1. Accoglienza;2. Comanda;3. Servizio dei prodotti;4. Commiato.

Ogni fase è molto importante; spesso le aziende si concentrano sul servizio dei prodotti e trascurano le altre, con ripercussioni negative sulla qualità globale del servizio percepito dal cliente.Analizziamo brevemente le fasi e il corretto sviluppo di ciascuna di esse, rimandando alla sezione apposita una trattazione più completa dei rapporti con i clienti.

ACCOGLIENZA

Situazione

I clienti entrano nel locale.

Cosa fare

Questo è il momento in cui i clienti entrano in contatto con il locale e il personale. È importante fare un’ottima impressione, in modo da predisporli favorevolmente.Questa fase può condizionare il successo o meno del pasto e del soggiorno nel ristorante.

Sviluppo della fase

1. Salutare i clienti sorridendo; se hanno abiti da depositare nel guardaroba, invitarli a deporli e aiutarli."Buon giorno, Signori, benvenuti nel nostro ristorante.""Buona sera Signor Rossi, è un piacere rivederla."

2. Chiedere se hanno prenotato, quante persone sono, se hanno desideri particolari per il tavolo."I Signori hanno prenotato? Hanno esigenze particolari per il tavolo? Preferiscono un tavolo all’interno o in giardino?"La forma di rispetto prevede l’uso, quando ci si rivolge a un cliente, della terza persona singolare, e della terza persona plurale con più clienti. Rivolgersi a più ospiti usando la seconda persona plurale (Avete prenotato?), equivarrebbe a dare del tu.

3. Offrire, in base a disponibilità e richieste, uno o più tavoli."Preferiscono accomodarsi a questo tavolo, vicino alla finestra con veduta sul lago, o gradiscono un tavolo più appartato?""Posso offrire loro un tavolo nella saletta superiore oppure uno in giardino; quello nella saletta è tranquillo e riservato, l’altro è nel nostro splendido giardino, anche se in posizione un po’ più rumorosa. Quale preferiscono?"Se non ci fossero tavoli liberi, si informano i clienti del tempo di attesa approssimativo per un tavolo, e se è presente una saletta apposita o un bar li si invita ad accomodarsi, offrendo loro un aperitivo e uno stuzzichino. Se i clienti non volessero attendere, li si ringrazia per la preferenza, invitandoli a tornare in un’altra occasione.

4. Fare accomodare i clienti."Prego, Signori, (mi seguano)."I camerieri fanno accomodare prima le signore poi, nei limiti del possibile, i signori, spostando le sedie e accostandole mentre le persone si siedono.

COMANDA

Situazione

I clienti si sono accomodati al tavolo; ora sono pronti per scegliere che cosa mangiare e bere.

Cosa fare

Vendere al meglio i prodotti del locale cercando di soddisfare i desideri dei clienti, se possibile ottemperando alle esigenze di servizio della sala e della cucina, cercando di vendere i piatti del giorno proponendo il più possibile preparazioni uguali (non quattro tipi di primi per quattro persone!), ecc.

Sviluppo della fase

1. Consegnare la carta delle vivande e dei vini (di prassi da destra)."Prego, Signori, la nostra carta.""Prego, Signori; ecco le nostre carte delle vivande e dei vini. Se desiderano consigli o chiarimenti, sono a loro completa disposizione."Nei locali di medio e alto livello, si utilizzano spesso carte senza prezzo, che vengono consegnate alle donne (e bambini) o in occasione di invitati; è una forma di galanteria in genere abolita nella ristorazione standard.

2. Chiedere se desiderano un aperitivo."Gradiscono uno degli ottimi aperitivi preparati dal nostro barman?""Signori, gradiscono nell’attesa un aperitivo?"

3. Prendere la comanda in base ai desideri e gusti dei clienti, cercando, ove possibile, di tenere in considerazione le esigenze lavorative di cucina e sala.

4. Ripetere l’ordinazione per assicurarsi di non aver commesso errori (si evita la ripetizione quando si è certi delle corretta comprensione dell’ordine).

5. Ringraziare e complimentarsi con i clienti per l’ottima scelta e disporre una copia della comanda sul tavolo di servizio (non sul tavolo dei clienti!)."Grazie, Signore; le garantisco che ha scelto dei piatti eccellenti.""Grazie, Signori, complimenti per l’ottima scelta. Ne saranno sicuramente soddisfatti."

SERVIZIO

Situazione

I clienti consumano le pietanze e le bevande ordinate.

Cosa fare

Svolgere un servizio che soddisfi le esigenze e i desideri dei clienti.

Sviluppo della fase

1. Prendere visione della comanda e portarla in cucina per farla marciare (significa farla preparare e uscire appena pronta).

2. Servire le bevande, prima l’acqua.3. Servire la prima portata, di solito antipasto o primo.4. Quando tutti i clienti hanno terminato una portata, sbarazzare e servire quella successiva.

5. Seguire lo svolgimento del pasto con discrezione, cercando di prevenire i desideri dei clienti e intervenendo subito in caso di richieste.

6. Durante il servizio mantenere il tavolo sempre pulito e ordinato, eliminando sporcizia e attrezzatura non più utile.

7. Prima di servire il dessert, eseguire un’accurata pulizia del tavolo, eliminando briciole, carte e pane (salvo non si preveda il servizio del formaggio, in tal caso il pane non si toglie).

8. Servire il dessert e, successivamente, proporre caffè e digestivi.

COMMIATO

Situazione

I clienti hanno terminato di mangiare. Ora desiderano pagare il conto e lasciare il locale.

Cosa fare

Quando i clienti lo richiedono (mai prima) portare tempestivamente il conto. Osservare costantemente il tavolo in modo da intervenire prontamente per spostare le sedie quando i clienti si alzano; porgere loro gli abiti dal guardaroba, salutarli mentre escono dal locale.

Sviluppo della fase

1. Assicurarsi del pieno soddisfacimento dei clienti."Il pasto è stato di loro gradimento, Signori?"

2. Presentare il conto su un apposito piattino, o altro, e provvedere all’incasso quando il cliente vi ha deposto il denaro (o la carta di credito).

3. Aiutare i clienti ad alzarsi spostando le sedie e prendere eventuali capi di vestiario dal guardaroba.

4. Accompagnare i clienti all’uscita, aprire loro la porta, ringraziandoli per la scelta e invitandoli a tornare."Grazie, Signori, per essere venuti nel nostro ristorante.Mi auguro di avere la possibilità di servirli ancora. A presto.""Arrivederci, Signori, e grazie della loro visita. È stato un piacere servirli. Li attendiamo presto."

Bicchieri

se si stanno servendo vini decantati nel portabottiglie, si tiene il bicchiere con la mano sinistra leggermente inclinato e si versa il vino. Infine si posa, come sempre, alla destra del cliente;

i vini in bottiglia si servono come in Svizzera, dove si usa coprire l'etichetta al momento di servire il vino, oppure come è d'uso in Germania o in Francia: l'etichetta deve rimanere visibile al cliente;

le bottiglie di vino si stappano sempre al tavolo del cliente.

IL SERVIZIO

Un breve riepilogo sul servizio

Presentare la bottiglia:(il vino in abbinamento al menu che avete scelto oppure di oggi)

1. Nome del vino (es. Barolo)

2. Nome del produttore (es. Pio Cesare)

3. Nome del vitigno (es. Nebbiolo)

4. Zona di produzione (es. Alba)

5. Annata (es. 2002

6. Classificazione (es. D.O.C.G.)

7. Principali caratteristiche organolettiche (es. colore profumi grado alcolico)

a) Dopo aver presentato la bottiglia tagliare la capsula

b) Pulire il bordo del collo

c) Inserire la spirale al centro del tappo

d) Iniziare a stappare mantenendo sempre l’etichetta davanti all’ospite

e) Quando il tappo sta per uscire roteare delicatamente, per evitare il botto

f) Pulire nuovamente il collo

g) Sentire se il tappo ha odori sgradevoli, eseguire l’analisi organolettica e servire

h) Far assaggiare un piccola quantità alla persona che ha scelto il vino

i) Se il vino va bene iniziare a servire (da destra con la mano destra in senso orario) il resto dei componenti del tavolo rispettando le precedenze e tornare per ultimo da chi ha assaggiato e completare la porzione.

j) Conservare il vino sul gueridon appositamente attrezzato per il tipo di vino.

Riepilogo degli attrezzi necessari al sommelier

Cavatappi, tovagliolo e frangino di servizio, piattino per tappi, termometro, bicchiere per degustare, decanter, accendino, candela, cestino portabottiglie, porta seau à glace, secchiello a ghiaccio o glacette, pinza per gabbietta dello spumante.

IL SERVIZIO DELLE BEVANDE

Nel servire le bevande è importante seguire queste indicazioni:

i bicchieri vanno presi per lo stelo per evitare di lasciare aloni sulla coppa;il bicchiere va sempre tenuto con la mano destra e posato in tavola alla destra del cliente;

le bevande vanno sempre servite sulla destra; se si stanno servendo vini decantati nel portabottiglie, si tiene il bicchiere con la mano sinistra

leggermente inclinato e si versa il vino. Infine si posa, come sempre, alla destra del cliente; i vini in bottiglia si servono come in Svizzera, dove si usa coprire l'etichetta al momento di servire

il vino, oppure come è d'uso in Germania o in Francia: l'etichetta deve rimanere visibile al cliente; le bottiglie di vino si stappano sempre al tavolo del cliente.

IL SERVIZIO

Un breve riepilogo sul servizio

Presentare la bottiglia:(il vino in abbinamento al menu che avete scelto oppure di oggi)

8. Nome del vino (es. Barolo)

9. Nome del produttore (es. Pio Cesare)

10. Nome del vitigno (es. Nebbiolo)

11. Zona di produzione (es. Alba)

12. Annata (es. 2002

13. Classificazione (es. D.O.C.G.)

14. Principali caratteristiche organolettiche (es. colore profumi grado alcolico)

a) Dopo aver presentato la bottiglia tagliare la capsula

b) Pulire il bordo del collo

c) Inserire la spirale al centro del tappo

d) Iniziare a stappare mantenendo sempre l’etichetta davanti all’ospite

e) Quando il tappo sta per uscire roteare delicatamente, per evitare il botto

f) Pulire nuovamente il collo

g) Sentire se il tappo ha odori sgradevoli, eseguire l’analisi organolettica e servire

h) Far assaggiare un piccola quantità alla persona che ha scelto il vino

i) Se il vino va bene iniziare a servire (da destra con la mano destra in senso orario) il resto dei componenti del tavolo rispettando le precedenze e tornare per ultimo da chi ha assaggiato e completare la porzione.

j) Conservare il vino sul gueridon appositamente attrezzato per il tipo di vino.

Riepilogo degli attrezzi necessari al sommelier

Cavatappi, tovagliolo e frangino di servizio, piattino per tappi, termometro, bicchiere per degustare, decanter, accendino, candela, cestino portabottiglie, porta seau à glace, secchiello a ghiaccio o glacette, pinza per gabbietta dello spumante.