docenti.unicam.itdocenti.unicam.it/tmp/4249.docx · Web viewci sembra, che soggetti, che pur hanno...

47
I RAPPORTI CON LA TUTELA DI MERITO. IL PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO DELLA CAUTELA Sommario: 40. Premesse. Necessarietà o facoltatività dell’inizio del giudizio di merito. – 40.1. La parte onerata della instaurazione del giudizio di merito in caso di cautele non ultrattive. 40.2. La parte onerata dell’instaurazione del giudizio di merito in caso di cautele ultrattive. 41. La prevenzione ai fini della litispendenza in caso di instaurazione di due giudizi di merito davanti a diversi uffici giudiziari. 42. Le parti del giudizio di merito. 43. Il giudice competente per la causa di merito. 44. La procura ai fini del giudizio di merito. 45. Il luogo di notificazione dell’atto di citazione. 46. Applicazione del rito cui è sottoposta la controversia decisa in sede cautelare. 47. Il principio di terzietà e l’incompatibilità del giudice della cautela ante causam a decidere la causa di merito. 48. L’oggetto del giudizio di merito. 49. Il materiale istruttorio acquisito in sede cautelare. Il principio di inidoneità della cautela a produrre effetti sulla decisione di merito. 50. La liquidazione delle spese del procedimento cautelare da parte del giudice del merito. 51. Il principio di assorbimento della misura cautelare nella sentenza di merito di primo grado sul diritto cautelato. – 51.1. Segue. Principio di assorbimento e sentenza di condanna. – 51.2. Segue. Principio di assorbimento e sentenza di mero accertamento o di modificazione giuridica sostanziale. – 51.3. L’asserita «ultraefficacia» del sequestro giudiziario. – 51.4. La conversione del sequestro conservativo in pignoramento. Rinvio. 52. La sorte del provvedimento cautelare in caso di definizione in rito della causa di merito. 40. Premesse. Necessarietà o facoltatività dell’inizio del giudizio di merito. I principi che regolano i rapporti tra tutela cautelare ante causam e tutela di merito devono, in primo luogo, tener conto che, solo per le cautele non ultrattive, l’inizio del giudizio di merito entro il termine perentorio di sessanta giorni (dalla pronuncia dell’ordinanza cautelare se avvenuta in udienza ovvero dalla sua comunicazione a mezzo di biglietto di cancelleria) è obbligatorio, a pena di inefficacia della cautela emessa. Se la cautela è ultrattiva l’inizio del giudizio di merito è «facoltativo», nel senso che la parte vittoriosa in cautela è affrancata dall’obbligo, a pena di inefficacia della stessa, di iniziare nel termine di sessanta giorni il giudizio di merito, e ciascuna delle parti è chiamata a valutare se e quando dare inizio alla tutela di merito. Gli effetti della cautela concessa continueranno a prodursi sino a quando saranno rimossi (o modificati) all’esito del procedimento di revoca o modifica ovvero si assorbiranno (o verranno meno) all’esito della definizione del giudizio di merito di primo grado.

Transcript of docenti.unicam.itdocenti.unicam.it/tmp/4249.docx · Web viewci sembra, che soggetti, che pur hanno...

I RAPPORTI CON LA TUTELA DI MERITO.IL PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO DELLA CAUTELA

Sommario: 40. Premesse. Necessarietà o facoltatività dell’inizio del giudizio di merito. – 40.1.La parte onerata della instaurazione del giudizio di merito in caso di cautele non ultrattive. –40.2. La parte onerata dell’instaurazione del giudizio di merito in caso di cautele ultrattive. –41. La prevenzione ai fini della litispendenza in caso di instaurazione di due giudizi di meritodavanti a diversi uffici giudiziari. – 42. Le parti del giudizio di merito. – 43. Il giudicecompetente per la causa di merito. – 44. La procura ai fini del giudizio di merito. – 45.Il luogo di notificazione dell’atto di citazione. – 46. Applicazione del rito cui è sottopostala controversia decisa in sede cautelare. – 47. Il principio di terzietà e l’incompatibilità delgiudice della cautela ante causam a decidere la causa di merito. – 48. L’oggetto del giudiziodi merito. – 49. Il materiale istruttorio acquisito in sede cautelare. Il principio di inidoneitàdella cautela a produrre effetti sulla decisione di merito. – 50. La liquidazionedelle spese del procedimento cautelare da parte del giudice del merito. – 51. Il principiodi assorbimento della misura cautelare nella sentenza di merito di primo grado suldiritto cautelato. – 51.1. Segue. Principio di assorbimento e sentenza di condanna. – 51.2.Segue. Principio di assorbimento e sentenza di mero accertamento o di modificazione giuridicasostanziale. – 51.3. L’asserita «ultraefficacia» del sequestro giudiziario. – 51.4. Laconversione del sequestro conservativo in pignoramento. Rinvio. – 52. La sorte del provvedimentocautelare in caso di definizione in rito della causa di merito.

40. Premesse. Necessarietà o facoltatività dell’inizio del giudizio di merito.I principi che regolano i rapporti tra tutela cautelare ante causam e tutela di merito devono, in primo luogo, tener conto che, solo per le cautele non ultrattive, l’inizio del giudizio di merito entro il termine perentorio di sessanta giorni (dalla pronuncia dell’ordinanza cautelare se avvenuta in udienza ovvero dalla sua comunicazione a mezzo di biglietto di cancelleria) è obbligatorio, a pena di inefficacia della cautela emessa.Se la cautela è ultrattiva l’inizio del giudizio di merito è «facoltativo», nel senso che la parte vittoriosa in cautela è affrancata dall’obbligo, a pena di inefficacia della stessa, di iniziare nel termine di sessanta giorni il giudizio di merito, e ciascuna delle parti è chiamata a valutare se e quando dare inizioalla tutela di merito.Gli effetti della cautela concessa continueranno a prodursi sino a quandosaranno rimossi (o modificati) all’esito del procedimento di revoca o modificaovvero si assorbiranno (o verranno meno) all’esito della definizione delgiudizio di merito di primo grado.Il diverso regime di obbligatorietà o di facoltatività, a parte le conseguenzesul «tempo» di produzione degli effetti della cautela (anche in casodi sopravvenuta estinzione del giudizio di merito), impone diverse soluzionial problema della individuazione della parte onerata a dare inizio alla causadi merito (v. infra).Una volta instaurato il giudizio di merito, i principi che governano i rapportitra tutela cautelare e tutela di merito, che saranno analizzati in questocapitolo, sono gli stessi.

40.1. La parte onerata della instaurazione del giudizio di merito in caso di cautelenon ultrattive.Per le cautele non ultrattive, la legge non indica la parte su cui grava l’onere di instaurazione della causa di merito.Ferma la possibilità, anche da parte del soggetto passivo della misura urgente, di instaurare autonomo giudizio di ordinaria cognizione per l’accertamento negativo del diritto sottoposto a cautela, questa iniziativa, ove assunta, non è comunque sufficiente ad evitare la perdita di efficacia del provvedimento,

in quanto il giudizio di merito, al quale la legge fa riferimento, è quello nel quale la parte formula la domanda di merito prospettata in sede cautelare e che deve concludersi con la sentenza i cui effetti sono stati assicurati in via di cautela atipica.Ciò comporta che il soggetto che si è visto accogliere, in tutto o in parte, la domanda cautelare con un provvedimento non ultrattivo non può restare inerte e ha l’onere di attivarsi per la tempestiva instaurazione del giudizio di merito ovvero per la proposizione, nello stesso giudizio che nelle more sia stato eventualmente già instaurato dall’altra parte, di domanda riconvenzionale, previa costituzione in cancelleria che deve avvenire, in ogni caso, entro il termine perentorio sopra indicato.In altri termini, il giudizio di merito può essere certo instaurato anchedal soccombente in cautela, sia prima della pronuncia della cautela stessa siaancora entro il termine di efficacia; ma non ci sembra – avendo riguardo aiprincipi generali sull’interesse ad agire – che l’azione del convenuto in cautelapossa valere a mantenere efficace il provvedimento cautelare reso a favoredell’altra parte.Alla parte vittoriosa in cautela incombe, pertanto, l’onere, di provvederead instaurare la causa di merito, prima della scadenza del termine in questione,al fine di formulare la o le relative domande. Lo potrà fare sia dando impulsoad un giudizio autonomo – da riunire con quello eventualmente giàproposto dall’altra parte –, sia proponendo, sempre nel rispetto del termineperentorio, una domanda riconvenzionale in quel giudizio.Questa conclusione appare confermata dal comma sesto dell’art. 669-octiesc.p.c., nella parte in cui, per le cautele «ultrattive», dispone che «ciascunaparte» può iniziare il giudizio di merito senza l’osservanza di alcun termine.In questo caso, proprio in quanto la misura cautelare continua comunquea produrre i suoi effetti, la parte vittoriosa in cautela può decidere di attenderel’iniziativa dell’altra (sul giudizio di merito «facoltativo» v. infra) (1).(1) Nel senso che la tardiva introduzione del giudizio di merito conseguente all’autorizzazionedel sequestro conservativo comporta l’inefficacia della misura cautelare concessa antecausam anche nel caso in cui la parte intimata si sia ritualmente costituita si veda Cass. 23 giugno2009, n. 14641.

40.2. La parte onerata dell’instaurazione del giudizio di merito in caso di cauteleultrattive.Per le cautele ultrattive, nel sancire il principio che «resta fermo il potere di ciascuna parte di iniziare il giudizio di merito», l’ultimo comma dell’art. 669-octies c.p.c. ha voluto sottolineare, da un lato, la piena libertà di ciascuna parte – quella vittoriosa in cautela come quella soccombente – di dare inizioal giudizio di merito nel «tempo» ritenuto più opportuno (senza conseguenze sulla misura cautelare che continua a produrre i suoi effetti) e, nello stesso tempo, il diverso, se non opposto, interesse che può spingere ciascuna delle parti a dare inizio a questo giudizio.Proprio in relazione a questo interesse, occorre tener conto che il nuovo secondocomma dell’art. 669-decies c.p.c., come modificato dalla legge n. 80 del2005, consente, quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiaratoestinto, di chiedere la revoca e la modifica dell’ordinanza di accoglimento,una volta esaurita l’eventuale fase del reclamo, al giudice che ha provvedutosull’istanza cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si alleganofatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimentocautelare, fermo restando, in quest’ultimo caso, l’obbligo dell’istantedi fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza.In sostanza, la parte interessata ad ottenere un provvedimento di revocao di modifica ha a disposizione due possibilità: la prima è quella di iniziare lacausa di merito e di rivolgere al giudice di questa l’istanza di revoca o di modifica;

la seconda è quella di proporre l’istanza di modifica o di revoca, nellasussistenza dei presupposti indicati nel nuovo testo dell’art. 669-decies c.p.c.,allo stesso giudice che ha emesso la misura cautelare.L’inizio del giudizio di merito sta a significare che la parte intende rimuovereil contenuto della cautela (in ipotesi confermata di tutto in parteanche dal giudice del reclamo), chiedendo l’accertamento pieno del diritto odel rapporto che ha dato origine al procedimento di cautela ante causam. Inquesto caso la parte, che è di norma quella che ha subìto gli effetti della cautelaante causam, ritiene necessario o comunque opportuno invocare la tuteladi merito, utilizzando gli strumenti della cognizione piena.Anche la parte che ha ottenuto la cautela ante causam può dare inizio algiudizio di merito in tutte le ipotesi di ritenuta insufficienza della cautela comedisposta per la tutela delle proprie ragioni, non escluse quelle di tipo risarcitorionon prese in considerazione in sede cautelare, ma che la parte ritienedi aver diritto di ottenere all’esito della tutela di merito.In definitiva, la scelta di iniziare il giudizio di merito è da valutare caso percaso, sulla base di ragioni, talvolta anche di opportunità, che ciascuna delle partivaluta in maniera opposta, in relazione alle esigenze di tutela e alle chancesdi ottenere maggiori o diverse utilità all’esito del giudizio di merito.In tal modo, il rapporto con la tutela di merito si viene a modificare sottonumerosi profili. Certamente con maggiore frequenza, la parte soccombentein cautela, dopo l’infruttuoso esito del reclamo, darà inizio al giudizio di meritoper far valere, in questa sede, le proprie difese sul diritto sottoposto acautela. In questo caso, la parte vittoriosa in cautela dovrà assumere una po-sizione di difesa-attacco, nel senso che non potrà limitarsi a contrastare ledomande dell’attore, ma dovrà far valere le proprie, tenendo conto che anchela cautela ultrattiva è destinata ad essere assorbita dalla sentenza di meritodi primo grado.Salvo quanto si dirà, ancora in seguito, sulla liquidazione, da parte delgiudice di merito, delle spese del procedimento cautelare, l’interesse, in capoalla parte vittoriosa in cautela, di dare inizio al giudizio di merito al solo (oanche al) fine di ottenere la liquidazione delle spese del procedimento cautelare,su cui nulla dicono i nuovi commi introdotti dalla legge n. 80 del 2005(che ha omesso di riprodurre la previsione «in ogni caso» della condanna allespese contenuta nell’art. 23, secondo comma, d.lgs. n. 5 del 2003, abrogatodalla legge n. 69 del 2009), può venir meno solo se il giudice della cautelaultrattiva provvederà sulle spese.

41. La prevenzione ai fini della litispendenza in caso di instaurazione didue giudizi di merito davanti a diversi uffici giudiziari.Se, a seguito della pronuncia di cautela ante causam, sono instaurati duedistinti giudizi di merito davanti a diversi uffici giudiziari, occorre chiedersiquale sia il criterio di determinazione della litispendenza (o, se del caso, dellacontinenza), se, cioè, debba applicarsi il principio sancito dall’art. 39 c.p.c. etenere conto della data di notificazione dell’atto di citazione (o del depositodel ricorso) ovvero se, come sostenuto in giurisprudenza, debba tenersi contodella data del deposito del ricorso cautelare ante causam (2).

(2) Nel senso che, ai fini della litispendenza, la prevenzione sarebbe determinata dallaproposizione dell’istanza cautelare ante causam, se il provvedimento cautelare è stato pronunciatoe la controversia sul merito sia stata successivamente proposta, si è espressa Cass. 9 febbraio2009, n. 3119, in Riv. dir. proc. 2010, 1, 236, con nota di E. Ricci, Il provvedimento cautelareante causam come lampada di Aladino.

L’autonomia del processo cautelare e la mancanza di qualsiasi vincolo, conseguente alla emanazione del provvedimento da parte del giudice investito della domanda cautelare, sulla individuazione del giudice competente a conoscere della causa di merito ci portano ad escludere qualsiasi deroga rispettoalle regole ordinarie in tema di prevenzione. In particolare, deve escludersi che al giudice (inteso come ufficio giudiziario) che ha provveduto sulla cautela possa essere riconosciuta una competenza «preferenziale» e comunque tale da «assorbire» ogni altra competenza, anche di natura concorrente,a conoscere della causa di merito.Se, facendo applicazione delle regole ordinarie, il giudice che ha pronunciato la cautela, davanti al quale è stato iniziato il giudizio di merito, deve declinare la propria competenza a favore del giudice (sempre inteso come ufficio giudiziario) preventivamente adìto, la cautela continuerà a produrre i suoi effetti, ferma restando la titolarità in capo a quest’ultimo dei poteri di revoca e/o modifica ai sensi dell’art. 669-decies c.p.c.

42. Le parti del giudizio di merito.Si potrebbe ritenere che l’individuazione delle parti che debbono partecipare al giudizio di merito debba, più o meno meccanicamente, seguire gli stessi criteri che hanno portato all’individuazione delle parti che hanno partecipato al procedimento cautelare, in una sorta di necessario «parallelismo» tra parti di quest’ultimo e parti della causa di merito. Anche se, il più delle volte, leparti sono le stesse, occorre tener conto che l’autonomia della tutela cautelaree, per converso, della tutela di merito, non consente simili automatismi, ma rendenecessaria, nella fase di individuazione delle parti che debbono essere chiamatea partecipare al giudizio di merito, l’applicazione delle regole ordinarie.In particolare, si possono formulare le seguenti ipotesi:

a. alcuni procedimenti cautelari possono essersi svolti nei confronti dipiù soggetti – si pensi ad un’istanza di sequestro conservativo proposta incumulo nei confronti di più (presunti) debitori solidali –, per alcuni dei qualipotrebbe non essere necessaria od opportuna la partecipazione alla successivacausa di merito (3).(3) A questa ipotesi, forse, ha inteso riferirsi Trib. Roma 22 novembre 1999, in Gius.2000, 701, quando ha escluso che sussista litisconsorzio necessario tra coloro che hanno partecipatoalla fase cautelare rispetto all’instaurando giudizio di merito, in ipotesi nella quale ladomanda di tutela cautelare avrebbe potuto essere validamente ed utilmente proposta neiconfronti di uno solo dei convenuti, non incidendo si una situazione sostanziale necessariamenteplurilaterale.

In questo caso, la mancata partecipazione di questi soggetti, già parti delprocedimento cautelare ante causam, comporta la perdita di efficacia, nei loroconfronti, della misura cautelare di accoglimento eventualmente emessa;

b. al procedimento cautelare possono aver partecipato soggetti nei confronti dei quali non si formulano o non si vogliono formulare domande di merito.È il caso, in particolare, di quei soggetti che, in quanto destinatari di ordini cautelari – come, ad esempio, la Camera di commercio, per ordini di non pubblicare o di cancellare protesti di cambiali o di assegni:–, debbono, a parer nostro, partecipare al processo cautelare, ma non necessariamente a quello di merito.Va, al riguardo, considerato che, come si vedrà anche in seguito, non rientra nell’oggetto del giudizio di merito (successivo alla celebrazione del procedimento cautelare ante causam o comunque alla pronuncia di una misura cautelare in corso di causa) il «riesame» circa la sussistenza o insussistenza

dei presupposti in base ai quali la misura cautelare è stata emessa nel procedimento ante causam, il quale è possibile – sempre in applicazione del principio di autonomia della tutela cautelare – solo all’interno di quest’ultimo con l’esperimento della fase di reclamo. Si è già osservato che al giudice del merito sono trasferiti i poteri di «gestione» della cautela emessa ante causam (in particolare, revoca, modifica e attuazione), ma non quelli di «controllo» sul rispetto dei presupposti per la concessione dellacautela, che sono attribuiti, appunto, al giudice del reclamo. Con la conseguenza,ci sembra, che soggetti, che pur hanno partecipato al procedimento cautelare, non debbono partecipare al giudizio di merito, sempre che non siano destinatari di specifiche, nuove domande formulate in questa sede (si pensi, ad esempio, alla domanda risarcitoria per il ritardo nell’attuazionedell’ordine cautelare) (4);(4) Nel caso dell’ordine di cancellazione dal Bollettino di un protesto del quale si prospettil’illegittima levata e del connesso ordine di pubblicazione della rettifica, il provvedimentod’urgenza, secondo Cass. 30 agosto 2004, n. 17415, si atteggia con un contenuto e unadirezione tali che il destinatario del mezzo di tutela cautelare è un soggetto diverso da quelloche dovrà essere convenuto nel giudizio di merito quale soggetto nei cui confronti è richiestala tutela giurisdizionale finale e definitiva di accertamento dell’illecito e risarcitoria: nell’enunciarequesto principio, in un caso nel quale la richiesta cancellazione era dipesa dall’illegittimitàdel protesto per fatto colposo del pubblico ufficiale responsabile della levata, la Corte,muovendo dal rilievo che le ragioni della partecipazione della Camera di commercio al procedimentoerano destinate ad esaurirsi con l’emissione del provvedimento cautelare, senza alcu-

c. la formulazione di nuove domande nella causa di merito – a parer nostro, ben possibile– può rendere necessaria la partecipazione di soggetti diversi da quelli chiamati a partecipare al procedimentocautelare.

43. Il giudice competente per la causa di merito.Sulla questione, oggi molto dibattuta, se il radicamento della competenza cautelare ante causam in capo ad un determinato giudice, a fronte di un esplicito accertamento ovvero della mancata formulazione dell’eccezione o del rilievo officioso dell’incompetenza, possa comportare l’obbligo di instauraredavanti allo stesso giudice anche il giudizio di merito si è già detto nelcapitolo 2o di questo Volume.A parer nostro, il principio di corrispondenza tra competenza cautelare ecompetenza ai fini del merito non può significare che lo svolgimento delprocesso cautelare davanti a un certo giudice e la stessa pronuncia, da partedi questi, del provvedimento cautelare di accoglimento (o di rigetto) comportino,da un lato, l’obbligo di instaurare il giudizio di merito davanti aquello stesso giudice e, dall’altro, soprattutto, il venir meno dei poteri, ancheofficiosi, in capo al giudice investito della causa di merito, di decidere sullapropria competenza. Il fatto che il processo cautelare ante causam si sia svolto,con o senza contestazioni attorno alla competenza cautelare, davanti adun determinato ufficio giudiziario non determina la perdita, in capo alle partie al giudice, dei poteri di eccezione e di rilevazione dell’incompetenza aconoscere dell’autonoma causa di merito, nella quale possono essere formulateanche domande diverse ed ulteriori rispetto a quella prospettata in sedecautelare.Ciò significa che il giudice della causa di merito conserva il potere di declinare,a seguito di tempestiva eccezione di parte (da formularsi, ai sensidell’art. 38 c.p.c., a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamentedepositata) o di rilievo officioso, la propria competenza secondo leregole ordinarie (5).

(5) Nel senso che è da escludere che, una volta emessa la misura cautelare, la competenza

sul giudizio di merito si consolidi definitivamente in capo all’ufficio adito in sede cautelarea causa del silenzio serbato dalle parti e dal giudice si veda Cass. 3 febbraio 2010, n. 2505.Anche secondo Cass. 1 febbraio 2011, n. 2317, il provvedimento col quale il giudice affermi oneghi la propria competenza per territorio a provvedere sull’istanza di accertamento tecnicopreventivo a fini conciliativi, proposta ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c., non ha alcuna efficaciapreclusiva o vincolante nel successivo giudizio di merito; ne consegue che, ove in quest’ultimoil giudice dichiari la propria incompetenza a causa dell’esistenza di una clausola compromissoriaper arbitrato rituale, la mancata impugnazione della pronuncia sulla competenza resadal presidente del tribunale in sede di accertamento tecnico preventivo non rende incontestabilela competenza del giudice togato.

SEGNALAZIONE DI CONTRASTOIl contrasto è sulla formazione del vincolo attorno alla competenza del giudicedella causa di merito, negato da Cass. 30 dicembre 1999, n. 14710, e da Cass. 3febbraio 2010, n. 2505, ed affermato da Cass. 8 marzo 2007, n. 5335.

44. La procura ai fini del giudizio di merito.L’autonomia del giudizio di merito richiede che il difensore, per proporrela domanda o per contraddire alla stessa, sia munito di procura ad litemche attribuisca allo stesso il potere di svolgere le attività difensive necessarieai fini della tutela di merito.Una volta affermato il principio del necessario rilascio di una procura adhoc, riteniamo, in difformità dall’orientamento della giurisprudenza, che nonpossa valere la procura speciale rilasciata per il procedimento cautelare,nemmeno se questa esprime, più o meno chiaramente, la volontà della partedi essere rappresentata e difesa dallo stesso difensore anche nel successivogiudizio di merito. Il principio di specialità della procura esclude, infatti, cheessa possa conservare validità ed efficacia in un processo diverso da quello incui è stata rilasciata. Il rilievo che il processo cautelare non costituisce una«fase» di un unitario processo e che la causa di merito non si «riassume», masi inizia, giustifica questa conclusione (6).(6) Dal rilievo che il procedimento cautelare costituisce un procedimento distinto ed autonomorispetto a quello di merito, ancorché legato ad esso da un nesso di strumentalità,Cass. 8 giugno 2004, n. 10822, desume la duplice conseguenza che, ottenuta la pronuncia sull’istanzacautelare, si deve iniziare un nuovo procedimento per il merito, e che, a tal uopo, varilasciata altra procura, avendo quella precedentemente rilasciata ormai esaurito i suoi effetti;la procura speciale rilasciata per il procedimento ante causam può, peraltro, nonostante la pienaautonomia di questo procedimento rispetto all’eventuale giudizio di merito, abilitare ilprocuratore ad introdurre il successivo giudizio a cognizione piena (ovvero a resistere ad esso)a condizione che la procura sia «riferibile in modo certo e non equivoco anche al giudiziodi merito, e che quest’ultimo giudizio verta sullo stesso oggetto del procedimento cautelareinizialmente introdotto»; con la conseguenza, sempre secondo la Corte, che, ove la parte riassumacon comparsa il procedimento cautelare, e la comparsa contenga gli elementi dell’attodi citazione, sì da costituirne valido equipollente, è egualmente soddisfatta l’esigenza di dareinizio a un nuovo procedimento, e non occorre altra procura quando quella rilasciata per lafase cautelare si riferisca in modo certo ed inequivocabile anche al giudizio di merito.Seppure la successiva instaurazione del giudizio di merito, che è autonomo rispetto alprocedimento cautelare, rende in via di principio necessaria una distinta procura, anche secondoCass. 27 ottobre 2003, n. 16094, in Giust. civ. 2004, I, 58, il mandato rilasciato per lafase cautelare consente al difensore anche di introdurre la causa di merito, qualora la parteabbia in esso manifestato inequivocabilmente volontà di estenderlo a quest’ultimo.Secondo Cass. 17 aprile 1996, n. 3646, la procura speciale rilasciata ai fini di un procedimentoex art. 700 promosso ante causam può, nonostante la piena autonomia di questo procedimentorispetto all’eventuale giudizio di merito, abilitare il procuratore ad introdurre il successivogiudizio a cognizione piena (ovvero a resistere in esso), a condizione che la procura sia«riferibile in modo certo e non equivoco anche al giudizio di merito e che quest’ultimo giudizioverta sullo stesso procedimento di cui all’art. 700».Il procedimento promosso a norma dell’art. 700 c.p.c., pur avendo carattere cautelativo estrumentale rispetto alle statuizioni che in sede di cognizione ordinaria saranno successivamenteadottate dal giudice competente per il merito, costituisce, secondo Cass. 4 marzo 1993,n. 2642, oggetto di un procedimento autonomo e distinto da quello di merito; ne consegue

che, per dare inizio a quest’ultimo giudizio (o per resistere ad esso), è necessario il conferimentodi una distinta procura al difensore, non potendo a tal fine ritenersi valida quella rilasciataper il precedente e diverso procedimento, la quale esaurisce i suoi effetti con la definizionedel procedimento stesso, salvo che la procura rilasciata con il ricorso iniziale (o con lacomparsa di risposta del convenuto) sia formulata in modo da rilevare inequivocabilmente lavolontà della parte di estendere il mandato anche al successivo giudizio di cognizione.La procura speciale conferita al difensore in sede di ricorso ex art. 700 con la formula«per il presente e per tutti i gradi del giudizio» o altra equivalente, secondo Trib. Cagliari 10marzo 1994, in Riv. giur. sarda 1995, 114, con nota di Corpino, deve ritenersi estesa al giudiziodi merito da instaurarsi dopo l’adozione del provvedimento d’urgenza, sempre che «l’atto

SEGNALAZIONE DI CONTRASTOSulla necessità del conferimento di una nuova procura sembra esservi contrastonella giurisprudenza di legittimità, in particolare sul rilievo da dare all’autonomiadella fase cautelare rispetto alla tutela di merito (Cass. 23 giugno 2008, n.17028), rilievo negato da Cass. 7 gennaio 2009, n. 37, sul presupposto del collegamentofunzionale esistente tra le due fasi, ferma restando la riconosciuta validitàdella procura rilasciata per il giudizio cautelare ante causam, ove formulata«in termini lati e omnicomprensivi, purché in equivoci».

45. Il luogo di notificazione dell’atto di citazione.Sempre in ragione dell’autonomia del giudizio di merito, la notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito deve essere effettuata non nel domicilio eletto presso il difensore costituito nel procedimento cautelare ormai concluso, ma al convenuto nel suo domicilio reale (7).Ci sembra possibile che la notificazione sia validamente eseguita, semprenei confronti della parte convenuta, anche nel domicilio eletto presso il difensorecostituito nel procedimento cautelare, quando la volontà della parteespressa nell’elezione di domicilio inserita nella procura rilasciata in sedecautelare sia nel senso di attribuire al difensore un potere di «rappresentanza», a questo specifico fine, che vada oltre il giudizio cautelare, ai sensi dell’art.141 c.p.c. In questo caso, valgono i limiti imposti dall’ultimo commadell’art. 141 e la notificazione non può essere eseguita nel domicilio eletto seè chiesta dallo stesso domiciliatario, se questi è venuto meno o si è trasferitofuori della sede indicata nell’elezione di domicilio o è cessato l’ufficio (8).

(7) Sul presupposto che il procedimento per i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 ed ilsuccessivo procedimento di merito non costituiscono fasi distinte di un unico processo, madue processi formalmente autonomi, la notificazione dell’atto di citazione per il giudizio dimerito, secondo Cass. 10 luglio 1991, n. 7630, non deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 170c.p.c. al procuratore costituito nel procedimento per i provvedimenti d’urgenza, ma deve esserefatta al convenuto nel suo domicilio reale.L’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito dopo l’esaurimento del procedimentocautelare ante causam deve essere notificato, secondo Trib. Roma 25 maggio 2001, in Gius 2001,2784, alla parte personalmente e non al difensore costituito nel detto procedimento.Anche secondo Trib. Modena 11 febbraio 2004, Trib. Trani 4 luglio 2000 e Trib. Brescia16 maggio 1995, rispettivamente in Giur. loc. – Modena 2004, Gius. 2001, 2781 e in Foro it.1995, I, 2995, l’atto introduttivo del giudizio di merito deve essere notificato alla parte personalmentee non già al procuratore domiciliatario della parte nella fase cautelare.Sempre facendo leva sull’autonomia del giudizio di merito anche App. Napoli 29 dicembre2008 ha ritenuto che il convenuto deve essere evocato mediante citazione secondo le formeordinarie presso il luogo di residenza o di domicilio.(8) La procura rilasciata per la fase cautelare e che contenga l’elezione di domicilio pressoil difensore, l’indicazione di sua validità oltre la fase cautelare, nonché la menzione delle fasidi opposizione e di esecuzione successive al provvedimento urgente, soddisfa, secondoCass. 15 marzo 2002, n. 3794, in Giust. civ. 2003, I, 1101, con nota di Trinchi, l’esigenza cheè alla base dell’art. 141 c.p.c., il quale individua nella volontà della parte la fonte della legittimitàdi un’elezione di domicilio che vada oltre la fase processuale nella quale viene compiuta.Nel caso in cui la procura speciale rilasciata ai fini di un procedimento cautelare promossoante causam abiliti il procuratore ad introdurre anche il successivo giudizio a cognizione piena,essendo riferibile in modo certo e non equivoco anche al giudizio di merito che fa seguito al procedimento

cautelare, in questo caso, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio ordinario, secondoCass. 28 gennaio 2003, n. 1236, in Giur. it. 2003, 2027, è validamente effettuata presso ilprocuratore costituito nel procedimento volto all’emissione del provvedimento d’urgenza.

In ogni caso, se la citazione è notificata al difensore nel domicilio già eletto ai fini dell’(ormai definito) processo cautelare, il vizio è, in ogni caso, di nullità e mai di giuridica inesistenza, in quanto la notificazione è eseguita in un luogo comunque riferibile alla parte e non dà luogo ad una di quelleeccezionali ipotesi di radicale invalidità che possono dare luogo al fenomenodella giuridica inesistenza. Trattandosi di nullità, il vizio è sanabile (ad esempio,con la costituzione della parte) e di esso può essere disposta la rinnovazioneai sensi dell’art. 291 c.p.c., idonea ad impedire ogni decadenza (9).

SEGNALAZIONE DI CONTRASTOVi è contrasto sulla validità (Cass. 23 giugno 2009, n. 14641) ovvero sulla nullità,sanabile dalla costituzione (Cass. 2 dicembre 2009, n. 25350), della notificazionedell’atto introduttivo del giudizio di merito eseguita nel domicilio elettopresso il difensore che ha assistito la parte nel giudizio cautelare.L’elezione di domicilio, secondo Cass. 4 dicembre 2003, n. 18518, in Giust. civ. 2004, I,1276, ha la stessa ampiezza della procura, salvo che espressamente non sia posta una limitazionead un solo grado o fase del giudizio.La citazione del giudizio di merito che segue la concessione di una misura cautelare antecausam, secondo Cass. 15 marzo 2002, n. 3794, in Giur. it. 2003, 52, con nota di Frus, è regolarmentenotificata al domicilio eletto dalla parte presso il difensore nominato con la procuraalle liti rilasciata per il procedimento cautelare.Cass. 23 giugno 2009, n. 14641, ha ribadito il principio della validità della notificazioneeffettuata non alla parte personalmente, ma nel domicilio da questa eletto nel corso del procedimentocautelare presso il proprio difensore, qualora dal tenore letterale della procura alle litipossa desumersi che essa sia stata conferita anche per la fase di merito.Ma, sul presupposto che il giudizio di merito, promosso successivamente alla proceduracautelare ex art. 669 octies c.p.c., è autonomo, a tutti gli effetti, rispetto alla procedura cautelare,App. Napoli 29 dicembre 2008 ha ritenuto che il convenuto deve essere evocato mediantecitazione secondo le forme ordinarie presso il luogo di residenza o di domicilio.(9) Sul presupposto che la notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in unluogo o con riguardo ad una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatariodell’atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetta da nullità (sanabile con effettoex tunc attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notificacui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dalgiudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilitodalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibileche l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza deldestinatario, Cass. 2 dicembre 2009, n. 25350, ha ritenuto sanata dalla costituzione del convenutola nullità della notifica dell’atto di citazione eseguita presso il difensore domiciliatarioche aveva assistito le medesime parti nella fase a cognizione sommaria.

46. Applicazione del rito cui è sottoposta la controversia decisa in sedecautelare.La causa di merito deve essere iniziata con l’osservanza delle norme delrito cui la controversia decisa in sede cautelare ante causam è dalla legge sottoposta.Analogamente a quanto accade per l’opposizione a decreto ingiuntivo, l’errore nella individuazione del rito può comportare conseguenze assai gravi per la cautela, quando, a causa dellamancata adozione della forma dell’atto introduttivo prescritta dal rito applicabile,potrebbe non essere rispettato il termine perentorio per l’inizio dellacausa di merito.Se, ad esempio, il provvedimento cautelare ha avuto ad oggetto una controversiain materia locatizia, il giudizio di merito deve essere introdotto nelleforme del ricorso ex art. 447-bis c.p.c., e la notifica di un eventuale atto dicitazione, pur se tempestiva, non varrà ad evitare la «sanzione» dell’inefficaciadella cautela se il deposito in cancelleria dello stesso (in occasione dell’iscrizione

a ruolo) non sarà avvenuto entro il detto termine (10).

(10) In caso di errata introduzione con atto di citazione, il termine perentorio è rispettato,secondo Trib. Belluno 16 settembre 2003, in Gius. 2004, 2601, solo se la causa è iscritta aruolo nel predetto termine.

Vale naturalmente l’inverso in caso di errata scelta della forma del ricorso,in luogo di quella dell’atto di citazione. In questo caso, la perdita di efficaciadella cautela si verificherà se la notificazione del ricorso (e del decretodi fissazione dell’udienza) avviene oltre il termine per l’inizio della causa dimerito.Anche se l’errore sul rito non incide, di per sé, sulla validità della domandagiudiziale, nel senso che introdurre un processo con forme diverseda quelle sue proprie non comporta, di per sé, la conclusione del processo,né il rigetto della domanda per motivi di mera procedura, ma solo la possibilitàche, a seguito di eccezione di parte od anche di rilievo officioso, lostesso processo prosegua, previo mutamento di rito, secondo diverse regoleprocessuali e si concluda con sentenza di merito, esso può incidere sul rispetto di termini e di forme e determinare, in questo caso, secondo la giurisprudenza, conseguenze assai gravi: si pensi, ad esempio, all’introduzione del processo di lavoro in grado di appello con citazione, anziché con ricorso,depositata dopo la scadenza del termine di impugnazione o all’opposizionea decreto ingiuntivo per crediti di lavoro, pure introdotta con citazione(tardivamente depositata in cancelleria) anziché con ricorso, dalla qualela giurisprudenza fa conseguire l’inammissibilità del processo se l’atto di citazionenon sia depositato in cancelleria entro lo stesso termine per il depositodel ricorso (11).

(11) L’inammissibilità o l’improponibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivonon osta, secondo Cass. 15 marzo 2001, n. 3769, a che l’opposizione medesima produca glieffetti di un ordinario atto di citazione, nel concorso dei requisiti previsti dagli artt. 163 e 163-bis c.p.c., con riguardo alle domande che essa contenga, autonome e distinte rispetto alla richiestadi annullamento e revoca del decreto. Nello stesso senso Cass. sez. un. 19 aprile 1982,n. 2387, in Giust. civ. 1982, I, 2363.Cass. 1 febbraio 2001, n. 1396, ha ritenuto applicabile l’art. 434, comma secondo, c.p.c.all’ipotesi di appello proposto con atto di citazione, a condizione che lo stesso sia depositatonella cancelleria del giudice dell’impugnazione nel termine di trenta giorni dalla notificazionedella sentenza impugnata. Già Cass. 3 novembre 1984, n. 5577, richiamando il principio diconvalidazione degli atti processuali nulli, ha ritenuto valido l’appello anche se proposto concitazione ad udienza fissa, anziché con ricorso, in quanto l’atto era stato depositato prima dellascadenza del termine di impugnazione. Sempre richiamando la possibilità che, ai sensi dell’art.159 c.p.c., il ricorso si converta in citazione, Cass. 6 giugno 1988, n. 3828 e Cass. 14 ottobre1983, n. 6021, hanno ribadito che quest’ultima in tanto può produrre gli effetti del ricorso,in quanto sia depositata in cancelleria nel termine di cui all’art. 641, non potendo lanotificazione della citazione spiegare l’effetto costitutivo del rapporto e quindi determinare leconseguenze proprie dell’opposizione ad ingiunzione.Con riferimento al procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione (v. il capitolo123o del Volume secondo), se l’opposizione è proposta con citazione, l’atto è idoneo, secondoCass. 15 dicembre 1999, n. 14113, alla tempestiva instaurazione del giudizio solo se depositatonel rispetto dell’indicato termine, non essendo sufficiente la mera notificazione nel terminestesso.Ancora, se l’appello avverso la sentenza di separazione tra coniugi (v. il capitolo 127o) èstato introdotto con citazione, trova applicazione il principio di conversione degli atti processualiviziati, sempre che la costituzione dell’appellante, con il deposito in cancelleria dell’attodi impugnazione, sia intervenuta entro il termine di proposizione della stessa; nell’affermarequesto principio Cass. 8 maggio 1996, n. 4290, ha ritenuto che a nulla rileva che, entro i dettitermini, sia stata effettuata la notificazione all’appellato.

Si è ritenuto che il giudizio di merito possa essere utilmente introdotto

anche ricorrendo al procedimento monitorio, ma il rapporto di strumentalità sembra esigere che la tutela di merito successiva a quella cautelare sia solo quella idonea alla formazione del giudicato ai sensi dell’art. 2909 c.c.Inoltre, la pendenza della causa di merito comporta l’immediato trasferimentoal giudice di questa dei poteri di «gestione» della cautela emessa antecausam, che non potrebbe avere luogo in caso di proposizione della domandamonitoria, nonché l’applicazione del principio di assorbimento (o di inefficacia)della cautela, che, in questo caso, sarebbe subordinata alla solo eventualeproposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo.

47. Il principio di terzietà e l’incompatibilità del giudice della cautela antecausam a decidere la causa di merito.Va premesso che, con sentenza 7 novembre 1997, n. 326, la Corte costituzionaleha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità dell’art.51 c.p.c., nella parte in cui non impone l’obbligo di astensione al giudice dellacausa di merito che abbia concesso provvedimento d’urgenza ante causam.A sostegno della decisione la Corte ha, tra l’altro, affermato: a. che bendiversa (rispetto a quella, presa in considerazione dal n. 4 dell’art. 51, dipluralità di gradi di giudizio) è la situazione che si presenta quando «l’iterprocessuale semplicemente si articoli attraverso più fasi sequenziali (necessarieod eventuali poco importa), nelle quali l’interesse posto a base delladomanda – e che regge il giudizio – impone l’appagamento di esigenze, aquest’ultimo connesse, di carattere conservativo, anticipatorio, istruttorioecc.»: tanto più che, nell’intenzione del legislatore, il principio di concentrazioneimpone che di regola sia sempre lo stesso giudice a condurre ilprocesso e che il giudice già investito di una cognizione sommaria ancheante causam sia il più adatto a decidere sul merito, com’è dimostrato, tral’altro, proprio dall’avere la riforma del 1990 attribuito la competenza cautelareante causam all’ufficio giudiziario competente per il merito; b. non valgono per il processo civile «tutte le considerazioni svolte dalla Corte»con riferimento al processo penale, «che è finalizzato essenzialmente all’accertamentodel fatto ascritto all’imputato, la cui posizione viene costantementeassistita dal favor rei; c. la concessione della misura cautelare ante causam si fonda sul presupposto (oltre che del pregiudizio irreparabile) del fumus boni iuris, che deve risultare da «un semplice giudizio di verosimiglianza,concretizzantesi in una valutazione probabilistica circa le buone ragionidell’attore, le quali vanno preservate dal rischio di restare irreversibilmentecompromesse durante il tempo necessario a farle valere in via ordinaria»; d. la cognizione che il c.p.c. attribuisce al giudice in sede di provvedimenticautelari ante causam lascia «assolutamente irrisolto il quesito circal’esito finale del giudizio e non anticipa affatto la decisione del merito, mirandosolo a tutelare temporaneamente un preteso diritto onde salvaguardarlodal pregiudizio grave e irreparabile, ravvisato sulla base di una valutazioneprovvisoria e di semplice verosimiglianza»; e. a differenza di quantodisponeva l’art. 252 del previgente c.p.p., l’art. 273, primo comma, del codicedi rito penale attuale consente la misura cautelare solo in base ad ungiudizio che, pur senza raggiungere il grado di certezza richiesto per lacondanna, sia di alta probabilità dell’esistenza del reato e dell’esserne autorel’indagato, tanto che lo stesso giudice deve esporre con adeguata motivazionei gravi indizi giustificanti in concreto la misura applicata (art. 292,lett. c, c.p.p.) e dare una valutazione negativa non solo circa l’esistenza dicause di proscioglimento ex art. 273 stesso codice, ma anche in ordine allapossibilità di ottenere con la eventuale sentenza di condanna la sospensione

condizionale della pena (art. 275, comma 2-bis, introdotto dall’art. 4, legge8 agosto 1995, n. 392): presupposti, questi, che nettamente si differenzianodal fumus boni iuris e dal periculum in mora sufficienti alla cautela in sedecivile (13).

(13) Con ord. 26 maggio 1998, n. 193, sono state dichiarate manifestamente infondate,con riferimento all’art. 24 Cost., le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 51, primocomma, n. 4, c.p.c. – nella parte in cui non prevede che il giudice abbia l’obbligo di astenersiallorché abbia conosciuto della causa in sede di procedimento cautelare proposto anteriormenteal giudizio di merito – e 669-octies c.p.c. – nella parte in cui non prevede (con disposizioneanaloga a quella contenuta nel secondo comma dell’art. 669-terdecies) una specifica causadi incompatibilità alla trattazione e decisione del giudizio di merito costituita dall’aver conosciutodella controversia nella fase del procedimento cautelare introdotto prima dell’iniziodella causa di merito, in quanto analoga questione era stata già dichiarata non fondata con lasent. n. 326 del 1997 e le considerazioni ivi svolte assumono, secondo la Corte, valenza generaleestensibile anche al censurato art. 669-octies c.p.c.Con ordinanza del 21 ottobre 1998, n. 359, la Corte costituzionale ha ribadito la manifestainfondatezza della questione, in quanto – premesso che lo scrutinio di costituzionalità richiestodeve incentrarsi sull’art. 51 c.p.c., nella parte in cui non prevede la incompatibilità delmagistrato, che abbia conosciuto della causa in fase cautelare, a partecipare alla decisione delmerito; che la Corte ha già affermato che «le insopprimibili esigenze di imparzialità del giudicesono risolvibili nel processo amministrativo attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione,previsti dal codice di procedura civile» – anche per il processo amministrativo puòessere confermato, come rilevato con la sentenza n. 326 del 1997 a proposito del giudizio civile,che la cognizione attribuita al giudice in sede di provvedimenti cautelari lascia irrisolto ilquesito circa l’esito finale del giudizio e non «anticipa» la decisione del merito, mirando soloa tutelare temporaneamente un preteso diritto (o interesse legittimo) onde salvaguardarlo dalpregiudizio grave ed irreparabile ravvisato sulla base di una valutazione provvisoria e di sempliceverosimiglianza; del resto, eventuali anormali pronunciamenti del giudice in sede cautelarenon possono dare fondamento ad un vizio di costituzionalità, risolvendosi in cattiva applicazionedella procedura, ed anzi, in tali casi, è «dovere del giudice di valutare, nel concreto,se esistono gravi ragioni di convenienza legittimanti l’astensione», secondo la previsionedel medesimo art. 51.Con riferimento al procedimento possessorio, con ord. 19 giugno 2000, n. 220 e 18 marzo2004, n. 101, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata, con riferimentoagli artt. 3 e 24 cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 51 c.p.c., laddovenon prevede che, nell’ambito del giudizio possessorio, il giudice che abbia trattato la fasesommaria ha il dovere di astenersi dal decidere anche la successiva fase di merito, con motivazioniriguardanti l’asserita «identità, in entrambe le fasi in cui il giudizio possessorio necessariamentesi articola, sia della res iudicanda, sia della valenza della relativa istruzione probatoria».In termini più generali, Cass. 4 gennaio 2001, n. 70, ha ritenuto non «riferibili al processocivile» le considerazioni relative alle incompatibilità del giudice nel quadro dell’art. 34 c.p.p., attesele profonde differenze strutturali e funzionali tra il modello penale e quello civile.Cass. 13 agosto 2001, n. 11070, non ha ritenuto deducibile come motivo di nullità di unasentenza d’appello la circostanza che uno dei componenti del collegio che l’aveva pronunciataprecedentemente avesse conosciuto dei medesimi fatti in sede di reclamo contro ordinanza dirigetto di richiesta di un provvedimento di urgenza ante causam, poiché l’avere conosciutodella stessa causa in un altro grado deve essere ritualmente fatto valere come motivo di ricusazionedel giudice, a norma degli art. 51, primo comma, n. 4, e 52 c.p.c. e, d’altra parte, l’averetrattato della controversia in sede di procedimento cautelare proposto ante causam neanchecostituisce, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 326 del 1997 e ordinanza n.193 del 1998), un’ipotesi sufficientemente assimilabile, sotto il profilo dell’incompatibilità, allatrattazione della causa in un altro grado di giudizio.

Ma sussistono ragioni che impongono di riconsiderare la questione.Abbiamo già avuto modo di osservare che l’introduzione, nella nostra Costituzione (art. 111), della regola di imparzialità e di terzietà del giudice, che è uno dei principi del giusto processo, non può non riverberare i suoi effetti, oltre che sulla disciplina anche processuale dei fenomeni dell’astensione e della ricusazione, anche sui pur consolidati orientamenti giurisprudenziali formatisi attorno all’art. 51, n. 4, nel riferimento che questa norma contiene al «grado» di giudizio.

Il problema è quello di valutare se lo sbarramento al «grado» sia compatibile,per come originariamente concepito dal legislatore del 1940, con ilprincipio di terzietà. Il giudizio su tale compatibilità presuppone che si mettaa punto una nozione di terzietà, che, pur essendo diversa da quella elaboratacon riferimento al processo penale (14), dovrebbe comunque evitare cheil giudice sia messo nella condizione di decidere nel merito una causa nelcorso della quale ha già esercitato non già meri poteri ordinatori e istruttori,ma poteri cognitivi sommari che sono stati idonei a definire una fase autonomadello stesso processo.Taluni ritengono che al «grado» si debba sostituire la «fase»: in questosenso si pone la sentenza della Corte costituzionale n. 287 del 1999, la qualeinterpreta il «grado» non solo nel ristretto senso dell’ordine degli uffici giudiziariprevisto dall’ordinamento giudiziario, ma anche come «fase che, inun processo civile, si succede con carattere di autonomia, avente contenutoimpugnatorio, caratterizzata da una pronuncia che attiene al medesimo oggettoe alle stesse valutazioni decisorie sul merito dell’azione proposta nellaprima fase, ancorché davanti allo stesso organo giudiziario».A parer nostro, nel processo civile, l’espressione «fase» è troppo genericae potrebbe innestare problemi di incompatibilità anche in assenza di situazioniidonee a mettere in pericolo la terzietà del giudice. E, soprattutto,non può operarsi un collegamento tra la «fase» e il principio di prevenzione,in quanto vi sono «momenti» del processo – si pensi, in particolare, alla valutazioneche il giudice istruttore è chiamato a compiere sulla presenza diquestioni preliminari, di rito e di merito, assorbenti, idonee alla immediatarimessione della causa in decisione (art. 187, secondo e terzo comma, c.p.c.)

(14) La Corte costituzionale, nella sentenza 24 luglio 1998, n. 341, dopo aver chiarito cheil principio di imparzialità terzietà della giurisdizione ha carattere costituzionale generale, hagià avuto modo di rilevare che esso trova attuazione in relazione specifica a ciascun tipo diprocesso, sicché la trasferibilità al giudizio civile di tutti i principi sul pericolo di prevenzionedel giudice enunciati con riguardo al processo penale trova ostacolo nella circostanza che, nelprocesso civile, il convincimento del giudicante subisce la mediazione dell’impulso delle partie dipende dal principio dispositivo svolgentesi attraverso il contraddittorio su un piano di«parità delle armi».

– nei quali il giudice emette provvedimenti che, in qualche modo, anticipanoun convincimento che può essere già maturato prima della decisione; oppure,nei quali il giudice è chiamato a pronunciare provvedimenti sommari,cautelari e non, che anticipano, in tutto o in parte, gli effetti della successivadecisione di merito.La garanzia di terzietà è, invece, messa in pericolo non in presenza dellac.d. prevenzione (e, dunque, dell’esigenza di evitare che il giudice sia messoin grado di contraddire se stesso), ma del previo esercizio di poteri decisoripur sommari, che si siano tradotti in provvedimenti idonei a concludere unautonomo giudizio o fase di giudizio (come avviene, ad esempio, per il decretoex art. 28 Cost. o per la sentenza dichiarativa di fallimento), ovvero dipoteri cautelari ante causam, che, pur non potendo acquisire un regime distabilità, sono comunque resi all’esito di autonomo (seppur strumentale)giudizio, distinto da quello di merito.In altri termini, non è l’esercizio in sé dei poteri cautelari a determinarel’incompatibilità a decidere la causa di merito (come accade per la cautela incorso di causa), ma il fatto che quei poteri siano esercitati all’esito di un procedimentoautonomo, nel quale il giudice della cautela ante causam è chiamatoad applicare i principi sulla soccombenza e a liquidare le relative spese.Riteniamo, pertanto, che il giudizio di merito non possa essere trattato edeciso dallo stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento cautelare

ante causam, con il conseguente obbligo di astensione da parte del giudice efacoltà, per la parte, di proporre istanza di ricusazione nel termine previstodal secondo comma dell’art. 52 c.p.c. (15).(15) Ma, Cass. Sez. Un. 26 gennaio 2011, n. 1783, ha ribadito il principio che l’incompatibilitàche, ai sensi dell’art. 51 n. 4 e 52 c.p.c., giustifica l’accoglimento dell’istanza di ricusazioneper avere il giudice conosciuto del merito della causa in un altro grado dello stesso processonon è ravvisabile nell’ipotesi in cui gli stessi componenti del Collegio delle Sezioni Uniteinvestito della decisione sul ricorso avverso un provvedimento disciplinare posto a carico diun magistrato abbiano già deciso sull’impugnazione del provvedimento di sospensione cautelareemesso nei confronti del medesimo incolpato, atteso che la decisione sul provvedimentocautelare appartiene ad una serie processuale autonoma sia per presupposti, sia per ambito dicognizione sia per effetti impugnatori e che essa, di conseguenza, non è in alcun modo riferibile«ad un altro grado dello stesso processo».Trib. Potenza 26 gennaio 2010 ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionaledell’art. 24 della Cost. in relazione all’art. 51 c.p.c. nella parte in cui non prevede fra lecause di astensione obbligatorie per il giudice di merito l’adozione di un provvedimento cautelareante causam sul presupposto che la cognizione sommaria, strumentale alla pronuncia

48. L’oggetto del giudizio di merito.Il giudizio di merito successivo ad un provvedimento di accoglimentodella domanda cautelare proposta ante causam deve vertere sullo stesso dirittoo rapporto giuridico sostanziale sottoposto a cautela, tipica o atipica, conil contenuto «preannunciato» nel ricorso cautelare, in base alle regole analizzatenel capitolo 20o.Attorno a questo diritto o rapporto giuridico sostanziale si esercitano ipoteri cognitivi pieni, in funzione dell’accertamento sullo stesso che, già conla sentenza di primo grado, determinerà l’assorbimento (o, in relazione alsuo contenuto, l’inefficacia ex lege) della cautela (v. infra).Non è, peraltro, esclusa la possibilità di proporre, da una parte e dall’altra,nello stesso giudizio di merito, anche in via riconvenzionale, domandediverse e ulteriori rispetto a quelle prospettate nel giudizio cautelare antecausam (16).

(16) Essendo la fase di merito del tutto svincolata da quella cautelare e caratterizzatada propri petitum e causa petendi, è possibile, secondo Cass. 7 gennaio 1992, n. 49, proporredomande anche dirette a far valere diritto diverso da quello cui si riferivano le domandecautelari.Nel giudizio di merito successivo al provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., secondoTrib. Ancona 5 aprile 1994, può allargarsi il thema decidendum allorché il diritto fatto valereabbia portata più ampia di quella già sottoposta all’esame del giudice ai fini del procedimentocautelare, essendo questo diretto ad ovviare ad una minaccia di pregiudizio limitata a determinatiaspetti e ad una parte della cosa che forma oggetto del diritto da tutelare.L’ipotesi di domanda di merito diversa da quella azionata in sede cautelare, la quale determinal’inefficacia del provvedimento cautelare per il venir meno del rapporto di strumentalità,è stata equiparata da Trib. Biella 8 marzo 1996, in Giur. mer. 1998, 274, all’ipotesi in cuila domanda di merito, originariamente non diversa da quella indicata nel ricorso introduttivo,sia divenuta tale in corso di causa.

Si pensi ad una domanda di risarcimento dei danni prodotti da atti, ad esempio di concorrenza sleale, o da condotte già sanzionati in sede cautelare, ma anche ad ulteriori domande proponibili, come quella risarcitoria, solo in sede di merito ovvero derivanti da atti o da condotte posti in essere successivamente alla pronuncia della misura cautelare (17).Il procedimento cautelare ante causam non «genera», al suo interno, preclusionio decadenze. Pertanto, nel successivo giudizio di merito, possonoessere fatte valere eccezioni e, più in generale, difese nuove, non fatte valerenel giudizio cautelare o comunque in questa sede «assorbite» (18).Il principio di autonomia della tutela cautelare comporta che, nel giudiziodi merito, non si possano e non si debbano accertare, con la cognizione

piena, i presupposti della cautela o gli eventuali vizi del procedimento cautelare.Diffuso, nella prassi applicativa, è il convincimento che il giudizio di meritoabbia ad oggetto la «convalida» o la conferma della misura cautelare, secondoil modello della convalida dei sequestri, che la riforma del 1990 haabrogato, quasi come se la relativa richiesta debba essere formulata nel relativoatto introduttivo, allo scopo di «conservarne» l’efficacia (19).

(17) Nel senso qui sostenuto si è pronunciata Cass. 11 aprile 2001, n. 5421, in Corr. giur.2002, 637 e ss., con nota adesiva di S. Recchioni, Strumentalità cautelare e cumulo oggettivodi domande nel processo «di merito», che ha affermato il principio della possibilità di introdurreuna domanda «ulteriore» rispetto a quella oggetto della misura cautelare, non rilevandoostacoli al cumulo di domande anche non altrimenti connesse ex art. 104 c.p.c. (nella specie,era stata formulata, nel giudizio di merito, una domanda basata sull’esistenza di un atto emulativo,che aveva ampliato il thema decidendum).Ma, secondo Pret. Torre Annunziata 6 marzo 1998, in Foro it. 1998, I, 2307, domandenuove idonee a determinare uno spostamento di competenza per valore del giudicante sarebberoimproponibili.(18) V. Cass. 2 ottobre 2001, n. 12193, in Mass. giur. lav. 2001, 1270, con nota di Tatarelli.Nella specie, la Corte ha confermato la decisione del tribunale che aveva rigettato l’appelloavverso la decisione pretorile con cui era stata dichiarata inammissibile, per inosservanzadel termine ex art. 6 della legge n. 604 del 1966, la domanda diretta all’impugnativa di licenziamentosenza preavviso in virtù dell’art. 7 legge 20 maggio 1970, n. 300, non attribuendoalcun rilievo preclusivo alla circostanza che tale decadenza non fosse stata eccepita nella fasecautelare, in cui era stato richiesto un provvedimento ex art. 700 c.p.c.(19) Il giudizio di convalida, che di norma si svolgeva contestualmente a quello di merito,aveva per oggetto l’accertamento delle condizioni dell’azione cautelare non solo nel momentodella richiesta, ma anche nel momento della decisione (Cass. 17 ottobre 1992, n. 11408); mentre,se si svolgeva separatamente, aveva ad oggetto non già l’accertamento sull’effettiva esistenzadel diritto controverso a garanzia del quale il sequestro era stato eseguito, né la risoluzionein via definitiva delle eventuali contestazioni in ordine ai presupposti dell’azione, ma solose l’autorizzazione della misura cautelare e la sua esecuzione fossero state o meno opportune,con giudizio di probabilità sia dell’esistenza del credito sia del periculum in mora (v. Cass.29 dicembre 1988, n. 7092).

Ma non rientra nell’oggetto del giudizio di merito, né nei poteri del giudicedi merito, il «riesame» circa la sussistenza o insussistenza dei presuppostiin base ai quali la misura cautelare è stata emessa nel procedimento antecausam, riesame possibile solo all’interno di quest’ultimo con l’esperimentodella fase di reclamo.Né il giudice di merito deve, con sentenza, «confermare» la misura cautelareo convalidarne gli effetti sino a quel momento prodotti, in quanto, comesi vedrà fra breve, la pronuncia della decisione di merito determina ex legeo l’assorbimento della cautela o l’inefficacia della stessa (20).Il giudice del merito potrà conoscere dei presupposti in base ai quali lacautela è stata originariamente emessa solo se investito di istanze di revoca odi modifica, ma solo al limitato fine di valutare se le dedotte «sopravvenienze» – solo in presenza delle quali si ha accesso al procedimento di cui all’art.669-decies c.p.c. –, una volta ritenute tali attraverso la comparazione conquei presupposti, giustifichino la revoca o la modifica del provvedimentocautelare.Questo principio si estende anche al controllo sulla liquidazione dellespese operata dal giudice della cautela, anche in sede di reclamo. La reclamabilitàanche del solo capo sulle spese esclude che si possa sollecitare algiudice del merito, anche nelle fasi di impugnazione, la pronuncia di unprovvedimento in materia e rende inammissibile ogni relativa istanza (o motivodi appello o di ricorso per cassazione).Si è già accennato che, nel giudizio di merito, non si possono e non sidebbono accertare, con la cognizione piena, i presupposti della cautela o glieventuali vizi del procedimento cautelare (21).

(20) Poiché il giudizio di merito instaurato successivamente all’emanazione di un provvedimentocautelare non si configura come opposizione, convalida o impugnazione del medesimo,nel giudizio di opposizione a precetto, che ha ad oggetto il diritto di procedere ad esecuzioneforzata, proposto successivamente all’emanazione di un provvedimento d’urgenza, con cui siastata interdetta la procedura esecutiva, non possono essere rimessi in discussione, secondo Cass.22 marzo 2001, n. 4107, i presupposti dell’azione cautelare, che dovevano formare oggetto delprocedimento cautelare e la cui mancanza doveva essere fatta valere in sede di reclamo.Cass. 28 aprile 2006, n. 9936, ha ribadito il principio che il provvedimento d’urgenzaemesso ai sensi dell’art. 700 c.p.c., essendo diretto ad assicurare provvisoriamente gli effettidella decisione di merito, è destinato ad essere sostituito dalla relativa pronuncia sulla domanda,sia essa di accoglimento che di rigetto, senza necessità che il giudice adotti alcun provvedimentodi convalida.(21) Ad esempio, secondo Cass. 24 luglio 2001, n. 10062, l’eventuale vizio di notificazio-

Questi ultimi possono essere fatti valere solo nell’ambito dei controlli interni al procedimento cautelare,in particolare in sede di reclamo.

49. Il materiale istruttorio acquisito in sede cautelare. Il principio di inidoneitàdella cautela a produrre effetti sulla decisione di merito.I risultati degli atti di istruzione compiuti dal giudice della cautela ai sensidell’art. 669-sexies, primo comma, c.p.c. – ad eccezione delle produzionidocumentali, che possono essere liberamente «reiterate» con le regole ordinarie–, anche se conseguiti nel contraddittorio tra le parti e con l’osservanza,più o meno integrale, di fatto, delle regole «ordinarie», sono in ogni casoinidonei a fondare la successiva decisione di merito, per la diversità di funzionee di struttura della cognizione cautelare, sempre sommaria, rispetto aquella di merito.Gli atti di istruzione cautelare sono, infatti, funzionalmente diretti a fornireal giudice della cautela gli elementi e i riscontri in fatto necessari perprovvedere sulla domanda cautelare, restando estranei all’accertamento deitorti e delle ragioni che porta alla decisione di merito.Detti risultati, sempre che una delle parti li abbia «riversati» nel giudiziodi merito (nel rispetto delle preclusioni istruttorie previste dal rito daosservare), potranno essere valutati come argomenti di prova, dei qualiil giudice della tutela normale può liberamente tener conto ai fini dellaformazione del proprio convincimento, sempre in concorso con provetipiche (22).(22) Le valutazioni correttamente compiute in sede di rilascio della misura cautelare (nellaspecie, nell’ambito di procedimento di denuncia di nuova opera e di danno temuto) nonpossono, secondo Cass. 28 maggio 2004, n. 10282, sic et simpliciter, porsi a fondamento delladecisione della causa di merito, in quanto, in questa sede, necessita una valutazione affattocompleta ed esaustiva di ogni tema di giudizio introdotto dalle parti, ivi inclusa, ovviamente,quella relativa alla situazione di fatto addotta a fondamento della richiesta introduttiva delgiudizio, onde regolare definitivamente il rapporto tra soggetto autore della situazione di pericoloe soggetto esposto alla stessa (l’uno e l’altro nella qualità di titolari di diritti reali suidue fondi confinanti), sulla base della effettiva entità di quel pericolo, della individuazionedell’intervento idoneo ad eliminarlo, della definitiva identificazione dell’onerato all’interventoe della misura di tale onere.

Per le ragioni sopra svolte, il contenuto e le ragioni poste a fondamentodella cautela, emessa sia ante causam sia in corso di causa, non sono in gradodi produrre effetti e tanto meno di condizionare il contenuto e le ragioni delladecisione di merito.Ciò vale anche quando il materiale in senso lato istruttorio sul quale siesercita la cognizione piena sia lo stesso di quello a suo tempo acquisito nel

procedimento cautelare (23).Discorso diverso va condotto per l’istruzione preventiva. L’assunzionepreventiva, secondo quanto disposto dall’art. 698, secondo comma, c.p.c.,non pregiudica le questioni relative all’ammissibilità e rilevanza di tali mezzidi prova e non impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito, nel sensoche il giudice istruttore della futura causa di merito è chiamato a rinnovareil giudizio di ammissibilità e rilevanza, senza che la valutazione sommariasul punto già operata dal giudice della cautela determini vincolo alcuno neiconfronti dell’istruttore. Per questa ragione, il terzo comma dell’art. 698c.p.c. prescrive che i processi verbali delle prove preventivamente assuntenon possano essere prodotti, né richiamati, né riprodotti in copia nel giudiziodi merito prima che quegli stessi mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibilidal giudice istruttore, all’evidente scopo di non condizionare l’esitoLe sommarie informazioni fornite informalmente dai testi non sotto il vincolo del giuramentonella prima fase del giudizio ai sensi dell’art. 689, primo comma, c.p.c., pur non costituendoprova testimoniale in senso tecnico e proprio, sono idonee, secondo Cass. 25 settembre1991, n. 10011, a fornire elementi indiziari liberamente valutabili dal giudice in sede didecisione del merito.I documenti prodotti nel corso di un procedimento per sequestro conservativo, introdottoin pendenza del giudizio di merito, sono utilizzabili, secondo Cass. 19 giugno 2009, n.14338, anche in quest’ultimo processo, alla sola condizione che la produzione sia avvenutaprima che nel giudizio di merito siano maturate le preclusioni istruttorie.(23) Il provvedimento d’urgenza, in quanto caratterizzato, oltre che dalla sua strumentalità,dalla provvisorietà e dal difetto di decisorietà, ed essendo destinato, data la sua natura interinale,ad essere assorbito o superato dagli altri provvedimenti che possano essere adottatinel corso del giudizio, è inidoneo, secondo Cass. 17 marzo 2003, n. 3898, in Giust. civ. 2003,I, 628, a produrre effetti sostanziali o processuali sulla vicenda sottoposta all’esame del giudice(nella specie, la Corte ha ritenuto affetta da vizio di motivazione la sentenza del giudice dimerito che aveva tratto, dal rigetto di un ricorso ex art. 700 c.p.c. non reclamato, chiesto dallalavoratrice nei confronti del datore di lavoro che aveva unilateralmente modificato l’orario dilavoro concordato, la conseguenza dell’implicita valutazione di legittimità dell’operato dell’aziendae della mala fede del comportamento della lavoratrice, che aveva rifiutato di adeguarsial nuovo orario lavorativo).

del giudizio di ammissibilità e rilevanza, che deve essere autonomamentesvolto dall’istruttore sulla base degli elementi forniti dalle parti.La giurisprudenza, peraltro, ritiene che il provvedimento ammissivo possaanche essere implicito e non sia soggetto a forme particolari, sempre chele altre parti siano state messe in grado di esaminare e controdedurre sulle risultanzedelle prove preventive (24).

50. La liquidazione delle spese del procedimento cautelare da parte delgiudice del merito.Prima della legge n. 80 del 2005, l’ordinanza di accoglimento ante causam(oltre che quella pronunciata in corso di causa) della misura cautelare,non doveva contenere – a differenza dell’ordinanza di rigetto – la condannaalle spese del soccombente, per la precisa, ma discutibile, scelta del legislatoredel 1990 di attribuire al giudice della successiva e, all’epoca, sempre necessaria,causa di merito il potere-dovere di liquidare le spese anche del procedimentocautelare in precedenza svoltosi. Scelta che, seppure si ricollegavaal rapporto di strumentalità necessaria tra la cautela concessa ed il giudiziodi merito o già pendente ovvero che avrebbe dovuto essere iniziato entrobreve termine, non teneva in adeguato conto il principio di autonomia dellatutela cautelare, non riconoscendo al giudice della cautela il potere di pronunciaresulle spese del procedimento svoltosi davanti a lui, a prescinderedal contenuto dello stesso e, nello stesso tempo, attribuendo il relativo potereal giudice del merito, come se la liquidazione delle spese del processo cautelare

fosse condizionata all’esito della causa di merito.Il legislatore della cautela societaria, nell’art. 23, secondo comma, d.lgs.n. 5 del 2003 (abrogato dalla legge n. 69 del 2009), aveva corretto questa,non lieve, anomalia, introducendo il principio che, con riferimento alle solemisure cautelari ante causam in materia societaria, il giudice della cautela deve«in ogni caso» provvedere sulle spese del processo, laddove la formula(24) Nel senso che l’acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra lefonti che il giudice di merito utilizza per l’accertamento dei fatti di causa non deve necessariamenteavvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione,ed essendo sufficiente che quel giudice l’abbia poi esaminata traendone elemento peril proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell’acquisizione e l’impossibilitàdi esame delle risultanze dell’indagine sia stata posta in grado di contraddire in meritoad esse si vedano Cass. 7 settembre 2004, n. 17990 e Cass. 9 novembre 2009, n. 23693.

«in ogni caso», inserita in apposito comma, vuol significare che questo obbligosussiste non soltanto per le cautele «ultrattive», ma per ogni provvedimentodi accoglimento, parziale o totale, della domanda cautelare. Ma, lalegge n. 80 del 2005, nonostante abbia generalizzato (sempre nell’ambitodelle sole cautele ultrattive) ed ampliato il principio di facoltatività dell’iniziodel giudizio di merito, ha omesso di riprodurre la previsione «in ogni caso» della condanna alle spese e questa omissione fa sorgere il problema sel’ordinanza di accoglimento, emessa ante causam, possa o non contenere larelativa statuizione, anche nelle ipotesi di cautele «ultrattive».Avevamo osservato che, a seguito della mancata riproduzione di unanorma, analoga a quella contenuta nell’art. 23, secondo comma, che consentivala condanna alle spese «in ogni caso», il quadro normativo relativo allespese, come contenuto nella disciplina del rito cautelare uniforme, solo apparentementeera rimasto immutato. Se è vero che l’art. 669-octies c.p.c.continuava a non prevedere – a differenza dell’art. 669-septies c.p.c. per ilprovvedimento di rigetto – il potere del giudice di liquidare «definitivamente» le spese del procedimento cautelare, la legge n. 80, con l’introduzionedel principio di ultrattività di una serie di cautele, ha fortemente inciso sulsistema dei complessivi rapporti tra processo cautelare ante causam e giudiziodi merito. Anche se il principio di strumentalità è stato solo «attenuato»,aver reso facoltativo il giudizio di merito ha comportato il potenziamentodell’autonomia della tutela cautelare ultrattiva, che, a differenza del passato,non ha più «bisogno» dell’instaurazione del giudizio di merito per continuarea produrre i suoi effetti. Con la conseguenza che il processo cautelare antecausam, con oggetto una cautela ultrattiva, costituisce oggi un procedimentoautonomo, al quale si applicano i principi generali contenuti negli artt. 91 ess. c.p.c., in virtù dei quali il giudice, quando definisce un processo, devecondannare la parte soccombente al rimborso delle spese.La legge n. 69 del 2009 ha introdotto il terz’ultimo comma dell’art. 669-octies c.p.c. che consente al giudice di provvedere sulle spese del procedimentocautelare solo quando pronuncia una cautela ultrattiva.Per le cautele non ultrattive non è mutato il rapporto tra tutela cautelare egiudizio di merito e ciò impedisce di «superare» il quadro normativo vigente,anche se è auspicabile un intervento «additivo» della Corte Costituzionale, che,riconoscendo la violazione dell’art. 24 Cost., in relazione alla mancata possibilità,per la parte vittoriosa in cautela, di ottenere sempre il rimborso delle speseda parte dello stesso giudice che definisce ante causam un procedimento autonomoquale quello cautelare, elimini questa grave asistematicità.In questo confuso quadro normativo, il giudice di merito, quando pronunciasentenza, deve sempre liquidare le spese del procedimento cautelarese si tratta di cautela non ultrattiva. Dal momento che, come si è visto in precedenza,

il giudice di merito non deve «confermare» o «convalidare» la misuracautelare (25) e, in particolare, non ha alcun potere di sindacare i presuppostisulla base dei quali la cautela è stata concessa, l’unico criterio da seguirenella liquidazione è quello di valutare il complessivo esito del giudiziodi merito, in specie con riferimento all’accertamento sulla sussistenza del dirittogià sottoposto a cautela, stabilendo se, e in quale misura, l’attore, o comunquela parte già vittoriosa in cautela, abbia diritto a ripetere le spese delprocedimento cautelare.Ci sembra che, in questo caso, la liquidazione debba avvenire separatamenterispetto a quella relativa alle spese della causa di merito, in quanto potrebberoesservi ragioni tali da giustificare una decisione diversa tra questeultime e le prime.Se si tratta di cautela ultrattiva per la quale, in violazione del terz’ultimocomma dell’art. 669-octies c.p.c., il giudice della cautela ha rinviato la liquidazionedelle spese al giudice del merito, sarà quest’ultimo a provvedere comeper le cautele non ultrattive.

51. Il principio di assorbimento della misura cautelare nella sentenza dimerito di primo grado sul diritto cautelato.Al momento della pubblicazione della sentenza di merito di primo grado,qualsiasi misura cautelare concessa ante causam o in corso di causa – siaessa pronunciata dal giudice di prima istanza o all’esito del giudizio di reclamo– o è sottoposta alla perdita ex lege della propria efficacia in caso di rigettodella domanda (l’art. 669-novies c.p.c. parla di dichiarazione di «inesistenza» del diritto a cautela del quale il provvedimento cautelare era statoconcesso) ovvero, in caso di accoglimento, totale o parziale, della domanda(25) Nel senso che il giudizio di merito instaurato successivamente all’emanazione di unprovvedimento cautelare non si configura come opposizione, convalida o impugnazione delmedesimo si veda secondo Cass. 22 marzo 2001, n. 4107.

(con conseguente dichiarazione di «esistenza» del diritto), è assorbita dallasentenza e dai suoi effetti.Questo doppio possibile «esito», collegato al contenuto della sentenza, siestende ad ogni cautela, sia essa ultrattiva o non ultrattiva, nel senso chel’eventuale ultrattività non ha alcuna rilevanza in ordine alla sorte della cautelauna volta che sia stata pronunciata la sentenza di merito di primo grado.Ciò conferma che l’ultrattività è da riferire al rapporto tra efficacia della cautelaed inizio del giudizio di merito (od eventuale successiva estinzione dellostesso), mentre, quando quest’ultimo viene definito, le regole applicabili sonole stesse ed ogni ulteriore fenomeno di «ultrattività» sarebbe incompatibilecon la stessa funzione cautelare (26).Consegue che gli effetti della misura cautelare non sono mai in grado diconcorrere o di «sovrapporsi» agli effetti, oggi sempre esecutivi in caso dicondanna, della sentenza di primo grado, nemmeno in funzione integrativa o

(26) Per la loro natura strumentale e funzione cautelativa del tutto provvisoria, i provvedimentidi urgenza, secondo Cass. 11 marzo 2004, n. 4964, sono destinati a perdere ogni efficaciae vigore a seguito della decisione emessa nel successivo giudizio di merito nella quale rimangonoassorbiti e caducati, con l’esaurimento della funzione cautelare che li caratterizza.Il provvedimento d’urgenza, in quanto caratterizzato, oltre che dalla sua strumentalità,dalla provvisorietà e dal difetto di decisorietà, è destinato, secondo Cass. 17 marzo 2003, n.3898, data la sua natura interinale, ad essere «assorbito o superato» dagli altri provvedimentiche possano essere adottati nel corso del giudizio.I provvedimenti d’urgenza, secondo Cass. 1 agosto 1995, n. 8426, esauriscono la lorofunzione una volta che sul diritto che essi tendono ad assicurare sia pronunciata la decisionedi merito, dalla quale restano, a seconda dei casi, «assorbiti o travolti», indipendentemente da

ogni rilievo in ordine alla relativa legittimità sotto il profilo della sussistenza dei requisiti perla loro adozione, ovvero dell’osservanza delle norme disciplinanti il procedimento prodromicoalla loro pronuncia.Il provvedimento cautelare, assolvendo «unicamente la funzione di dare immediata attuazionealla tutela giurisdizionale mediante l’eliminazione del pregiudizio che possa derivaredalla durata del processo a cognizione piena, è caratterizzato, secondo Cass. 21 ottobre 1994,n. 822, oltre che dalla strumentalità, dalla provvisorietà, atteso che non è idoneo a regolare ilrapporto in via definitiva e che è destinato a rimanere «assorbito o superato» da altri provvedimentiche possono essere successivamente emessi nel corso del giudizio (anche nel medesimogrado)».I provvedimenti cautelari, secondo Cass. 29 ottobre 1992, n. 11770, sono «destinati adessere sostituiti dalla sentenza di accoglimento della domanda».Anche i provvedimenti resi in sede di reclamo, avendo gli stessi caratteri di provvisorietàe non decisorietà tipici dell’ordinanza reclamata, secondo Cass. 14 gennaio 2003, n. 441, sonodestinati a perdere efficacia per effetto della sentenza definitiva di merito.

rafforzativa di quest’ultima, la quale, non appena pronunciata, si pone qualeunica ed esclusiva fonte di regolamentazione del diritto o del rapporto dedotto,anche prima del passaggio in giudicato (27).In questo quadro generale, occorre analizzare il principio di assorbimento,i suoi effetti, le sue «varianti» e il suo ambito di applicazione in presenzadi definizioni in rito del giudizio di merito (su quest’ultimo profilo v. il paragrafosuccessivo).In primo luogo, va ribadito che la sentenza emessa all’esito del giudiziodi merito di primo grado deve pronunciarsi esclusivamente sul diritto giàsottoposto a cautela e sulle relative domande formulate dalle parti e non sulla«conferma» del provvedimento cautelare, la quale, anche se sollecitata conapposita domanda dalla parte interessata, non rientra nei poteri cognitivi delgiudice del merito in virtù del principio di autonomia della tutela cautelare.Del resto, la chiara volontà della legge di rendere inefficace ovvero di assorbirela cautela nella sentenza di merito renderebbe superfluo ogni accertamentosulla «legittimità» della cautela e sulla sussistenza dei suoi presupposti,comunque estraneo ai poteri del giudice di merito, nel momento in cui èl’esito della causa di merito, cioè l’accertamento sul diritto, a determinare lasorte della cautela (28).Il giudice del merito potrà pronunciarsi, seppure incidenter, sulla legittimitàdella cautela e delle sue modalità di attuazione solo se chiamato, conapposita domanda, ad accertare la responsabilità per illecito di chi abbiausato della cautela senza avere il diritto cautelato o, pur avendolo, in mancanzadei presupposti specifici della stessa cautela. In questo caso, l’accertamentosulla cautela si impone non in quanto tale, ma solo ai fini della pro-

(27) Nel senso che i provvedimenti cautelari, non idonei, per la loro natura, ad acquistareefficacia definitiva se non tempestivamente impugnati, sono caratterizzati dalla provvisorietà edalla strumentalità, essendo destinati a rifluire nel provvedimento che definisce la controversiain atto tra le parti si veda Cass. 9 aprile 1999, n. 3473.(28) Riteniamo di condividere il principio affermato da Cass. 21 marzo 2008, n. 7697, inrelazione ad un caso nel quale, concesso in corso di causa un provvedimento cautelare ed attuato(con la nomina di un custode, la vendita delle cose deperibili in sequestro nonché il depositodel ricavato su libretto bancario), in sede di precisazione finale delle conclusioni, nessunadelle parti aveva fatto riferimento alle somme in deposito, nonostante non fosse intervenutaalcuna espressa rinunzia al provvedimento a suo tempo richiesto, né risultando cessatatra le parti la materia del contendere sulla questione specifica. La Corte ha affermato il principioche il giudice «non può non pronunziare» sulla «sorte» del provvedimento e astenersi,quindi, dall’accertare a chi spettino (o, almeno, in quale proporzione debbano ripartirsi tra leparti in lite) le somme in sequestro giudiziario.

nuncia sulla domanda di responsabilità aggravata ex art. 96, comma secondo,c.p.c.

Una volta esclusa, di norma, la necessità di una pronuncia esplicita sullacautela, è, come detto, l’accertamento del diritto già sottoposto a cautela adeterminare ex lege la sorte della cautela, che viene comunque a «cessare» oper inefficacia ex lege ovvero per assorbimento, con conseguente inammissibilità,anche per carenza di interesse, di ogni motivo di impugnazione cheabbia ad oggetto la asserita inesistenza dei presupposti sui quali la cautela èstata concessa (29).È la legge a volere che la sentenza di merito di primo grado, anche nonpassata in giudicato, che dichiara esistente il diritto cautelato sia in grado di«soddisfare» le esigenze che hanno dato base alla cautela, e questa volontànon può che trovare fondamento nella generale previsione della provvisoriaesecutività ex lege della sentenza medesima.Il fenomeno appare in tutta la sua evidenza con la conversione automaticadel sequestro conservativo in pignoramento, che si verifica al momentodella pubblicazione della sentenza di condanna di primo grado.Si sostiene in dottrina che la misura cautelare non perderebbe la sua efficaciaa seguito della pronuncia della sentenza che accerta l’esistenza del dirittocautelare, in quanto non si potrebbe lasciare privo di tutela il beneficiariodella cautela nell’attesa della formazione del giudicato, quando si tratti disentenza di mero accertamento o costitutiva od anche quando l’efficacia esecutivadella sentenza di primo grado sia sospesa dal giudice d’appello (30).

(29) Nel senso che con i motivi del ricorso per cassazione avverso la sentenza di meritonon possono essere addotte censure nei confronti del provvedimento d’urgenza si veda Cass.11 marzo 2004, n. 4964, cit.(30) V. E. Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig. sc. priv., XIV,Torino 1996, 421; G. Tarzia e A. Saletti, Processo cautelare, voce Enc. dir., Agg., Milano2001, 857-858.Sul presupposto che il sequestro giudiziario di beni è una misura cautelare di carattereconservativo i cui effetti non sono assorbiti nella sentenza di condanna provvisoriamente esecutivafavorevole alla parte sequestrante, se il giudice di primo grado ha autorizzato il sequestro,accogliendo l’istanza di tutela cautelare dell’attore, il provvedimento, secondo App. Torino27 dicembre 2002, in Giur. it. 2003, 1838, con nota di Dominici, è efficace anche nellefasi di impugnazione della sentenza che accoglie la domanda di merito e il convenuto appellante non ha interesse a richiedere il sequestro del bene già sottoposto alla tutela cautelare.

Se certamente sussiste l’esigenza di non lasciare privo di tutela il soggetto che ha ottenuto la misura cautelare nell’attesa della formazione del giudicato, non condividiamo la soluzione proposta, che sarebbe quella di derogare al principio di assorbimento, mantenendo ferma l’efficacia della cautela soloin alcune ipotesi e, precisamente, quando la sentenza, diversa da quella dicondanna, non sarebbe in grado di produrre effetti provvisoriamente esecutivi,ma anche in caso di accoglimento dell’istanza di inibitoria in appello.Come si vedrà nei successivi paragrafi, riteniamo incompatibile ogni «ultrattività» della cautela in presenza della decisione di merito di primo grado,sia per ragioni sistematiche, sia per l’impossibilità di giustificare la sopravvivenzadella cautela, ed il relativo contenuto, in presenza dell’accertamentopieno del diritto che, pur ritenendo sussistente lo stesso, potrebbe averecontenuti diversi e contrastanti con quello della cautela. A parte i casi di sentenzadi mero accertamento e di modificazione giuridica sostanziale (su cuiv. infra), proprio l’ipotesi della sospensione degli effetti esecutivi da partedel giudice d’appello sta a dimostrare l’impraticabilità della soluzione proposta,in quanto comporterebbe la «riesumazione» di un provvedimento giàassorbito, il cui contenuto potrebbe, oltre tutto, contrastare, in tutto o inparte, con quello della sentenza di merito.Si pensi, ad esempio, all’ordine, emesso in via provvisoria e cautelare, dipagare una determinata somma di danaro, assorbito dalla sentenza di condanna

al pagamento di un minore importo, che, a seguito dell’inibitoria inappello, continuerebbe a produrre i suoi effetti anche in presenza dell’accertamentopieno contenuto nella sentenza di condanna. Al di là del possibile«contrasto» tra i contenuti dei due provvedimenti (di per sé non proponibile,trattandosi di accertamento sommario, da un lato, e di accertamento pienodall’altro), ad essere vanificato, come si vedrà, sarebbe proprio il provvedimentodi inibitoria, anch’esso sommario, ma pronunciato a seguito dellasentenza di merito di primo grado, i cui effetti quel provvedimento intendeparalizzare.L’assorbimento e la conseguente caducazione della misura cautelare pereffetto della sentenza di merito di accoglimento può essere, a nostro avviso,anche implicito. In questo senso, la giurisprudenza, ci sembra correttamente,parla di totale sostituzione della decisione finale alla pronuncia interinale,anche quando la prima si conformi in tutto o in parte alla seconda.Dalle considerazioni sopra svolte deriva, tra l’altro, l’improcedibilità delgiudizio di reclamo che si trovasse ancora pendente al momento della pronunciadella sentenza di merito sul diritto cautelato (31).(31) Il reclamo cautelare avverso provvedimento emesso in relazione a vertenza di merito

51.1. Segue. Principio di assorbimento e sentenza di condanna.In caso di sentenze di condanna, occorre tener conto del tipo di cautelache è oggetto del fenomeno di assorbimento.Se è stato autorizzato il sequestro conservativo, la pronuncia della sentenzadi condanna determina il fenomeno dell’automatica conversione dellacautela in pignoramento, con le modalità che saranno esaminate nel capitolo7o, al quale rinviamo.Se è stato autorizzato il sequestro giudiziario, non si ha alcuna «conversione», ma la cautela è assorbita dalla decisione di merito (favorevole allaparte che ha ottenuto la cautela), con conseguente cessazione della custodia(v. il paragrafo successivo).Se è stata emessa una misura di cautela atipica ex art. 700 c.p.c., il fenomenodell’assorbimento, come si vedrà nel capitolo 14o, non presenta particolariaspetti di complessità, in quanto la formazione di un titolo esecutivo,seppure provvisorio (fino all’inutile decorso del termine per proporre impugnazione),si «sovrappone» agli effetti determinati dall’attuazione, anchecoattiva, della misura cautelare, sempre che compatibili al contenuto dellasentenza.Se, ad esempio, il provvedimento d’urgenza ha ordinato il pagamento, invia provvisoria, di somme di danaro e, sulla base di questo, la parte obbligataha effettuato il relativo pagamento ovvero ha subìto il pignoramento, nelprimo caso, sorgerà l’obbligo restitutorio se le somme corrisposte sono superioria quelle oggetto di condanna, e, nel secondo, il pignoramento si «ridurrà» in proporzione al contenuto della condanna, in applicazione del principio,che può dirsi generale, contenuto nell’art. 653, secondo comma, c.p.c.,che regola la «successione» tra decreto ingiuntivo e sentenza di opposizione.Ciò comporta che, se le somme pignorate in base al provvedimento cautelaresono insufficienti a garantire la soddisfazione del creditore in relazioneai contenuti condannatori della sentenza (anche a titolo di spese), in base al titoloesecutivo costituito dalla sentenza saranno possibili ulteriori atti esecutivi.Mentre, in caso di inibitoria pronunciata dal giudice d’appello, questoprovvedimento, come si accennava nel paragrafo precedente, se sospende glieffetti della sentenza pronunciata in base a cognizione piena, a maggior ragionenon può far sopravvivere – e tanto meno determinarne l’ultrattività –gli effetti del provvedimento sommario cautelare, già assorbiti dalla sospesa

decisione di merito.È opportuno chiarire che le sentenze «assorbenti» le tutele cautelari possonoessere non solo di condanna in senso proprio e di accertamento nelleipotesi suaccennate, ma anche di condanna in futuro, quando sono cautelatidiritti a prestazioni non esigibili.

51.2. Segue. Principio di assorbimento e sentenza di mero accertamento o dimodificazione giuridica sostanziale.Anche per le sentenze di mero accertamento e di modificazione giuridicasostanziale, inidonee, di norma, a produrre effetti provvisoriamente esecutivise non nei capi condannatori diversi da quelli corrispettivi (32), in relazione

(32) Non può riconoscersi efficacia esecutiva alle sentenze di mero accertamento, giacché l’ordinamento vigente collega l’efficaciadell’accertamento giurisdizionale solo alle sentenze passate in giudicato. Per queste sentenze,a differenza di quel che accade per le altre sentenze di merito che pur hanno sempreun’efficacia di accertamento, lo strumento di tutela giuridica è dato qui solo da questa efficacia,la quale opera dando forte certezza a rapporti giuridici con l’enunciare sulla loro essenzaun giudizio «stabilmente vincolante», che, cioè, si impone in modo da rendere giuridicamenteirrilevante ogni affermazione o pretesa e illegittimo ogni comportamento checontrastino col giudizio medesimo. Questa «stabile vincolatività» si produce pacificamentesolo al momento della formazione della cosa giudicata. Ad una efficacia antecedente al giudicatodelle sentenze di modificazione sostanziale – data la differenza tra questa efficacia equella di mero accertamento – non è di ostacolo l’art. 2909 c.c.; ma lo è – a nostro avviso,nonostante varie opinioni contrarie – il fatto che le disposizioni generali in materia parlanosolo di «esecuzione provvisoria». Quel che è certo è che l’effetto costitutivo (e, più in generale,di modificazione giuridica sostanziale) si realizza con il giudicato, perché solo in questomomento «nasce» o si modifica o si estingue il rapporto giuridico sostanziale oggettodell’accertamento giudiziario. Quando in una medesima sentenza la condanna è legata daun nesso di pregiudizialità-dipendenza ad un mero accertamento o ad una modificazione sostanziale (ad esempio, condanna del conduttore al rilascio dell’immobile locato conseguenteall’accertata nullità o alla disposta risoluzione del contratto di locazione), l’esecutivitàprovvisoria non è, di norma, impedita dal mancato passaggio in giudicato della sentenza:è questo uno dei tanti casi in cui l’ordinamento consente e anzi favorisce la formazionedi titoli esecutivi indipendenti dalla cosa giudicata sull’esistenza dei diritti o delle sanzioniche essi tutelano o predispongono. Il profilo temporale di produzione dell’effetto costitutivonon significa che la realtà sostanziale debba necessariamente restare totalmente immutatain attesa di quella produzione. Così, quando nella medesima sentenza la condanna è legatada un nesso di pregiudizialità-dipendenza ad un mero accertamento o ad una modificazionesostanziale (ad esempio, condanna del conduttore al rilascio dell’immobile locatoconseguente all’accertata nullità o alla disposta risoluzione del contratto di locazione, condannaal risarcimento dei danni ecc.), il mancato passaggio in giudicato della sentenza nonsembra, di per sé, impedire l’esecutività provvisoria. In altri termini, se l’effetto costitutivoè legato alla formazione del giudicato, il capo condannatorio che da esso dipende non sfuggealla generale esigenza di anticipare l’adeguamento della realtà sostanziale di quelle statuizionicondannatorie che, pur legate all’assetto solo in fieri dei rapporti tra le parti (e, inquanto tali, destinate a «cadere» in caso di caducazione della statuizione «a monte»), sonodirette a regolamentare in via provvisoria l’assetto degli interessi in gioco, introducendoquelle modificazioni della realtà sostanziale (si pensi, appunto, al rilascio o agli effetti restitutoridella risoluzione) compatibili con l’effetto costitutivo. Occorre, a questo punto, chiedersise questo adeguamento della realtà sostanziale possa estendersi a tutte le statuizionicondannatorie contenute nella sentenza costitutiva ovvero se sia necessario procedere aduna selezione delle stesse. A differenza di quanto accade per la condanna tout court, la possibilitàdi anticipare l’esecuzione dei capi condannatori contenuti nella sentenza costitutivanon sembra del tutto generalizzabile, in quanto appare necessario valutare il tipo di rapportotra l’effetto che si anticipa e l’effetto costitutivo (o dichiarativo) che si produrrà con ilgiudicato. Proprio in quanto l’adeguamento della realtà sostanziale non può ritenersi, in viadi principio, precluso dal fatto che l’effetto costitutivo non si è ancora prodotto, occorredistinguere le statuizioni condannatorie che siano semplicemente dipendenti da quell’effettoda quelle statuizioni che, invece, sono ad esso legate da un vero e proprio nesso sinallagmatico,in quanto si pongono come parte, talvolta «corrispettiva» del nuovo rapporto. Si pensi,ad esempio, alla condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo: riconoscereeffetti esecutivi a questa condanna (come ritenuto da Cass. 3 settembre 2007, n.18512) significherebbe spezzare il nesso tra il trasferimento della proprietà ex art. 2932 c.c.

ed il pagamento del prezzo della vendita ed ammettere che la parte promittente venditrice,la quale resta titolare del diritto di proprietà sul bene, possa (anche in via esecutiva) incassareil prezzo prima ancora del trasferimento della proprietà. Ancora, la condanna al pagamentodel conguaglio in danaro contenuta nella sentenza di primo grado di scioglimentodella comunione, che attribuisca ad uno dei condividenti la proprietà esclusiva del bene(con obbligo, appunto, di pagare all’altro il conguaglio) appare difficilmente anticipabile invia esecutiva, in quanto parte del nuovo assetto di interessi che si formerà solo con il giudicato.Anche se, sotto il profilo strettamente processuale, potrebbero non esservi ostacoli al riconoscimento degli effetti esecutivi anche a questi capi condannatori, ragioni sostanziali sembrano essere di ostacolo all’anticipazione di quegli effetti che, per le ragioni illustrate, possono prodursi solo contestualmente alla produzione dell’effetto costitutivo, in quantoparte di esso.Nel senso qui prospettato Cass. sez. un. 22 febbraio 2010, n. 4059, ha formulato il principiosecondo cui, nel caso di preliminare di compravendita e di pronuncia ex art. 2932 c.c. l’effettotraslativo della proprietà del bene si produce solo con l’irretrattibilità della sentenza chedetermina l’effetto sostitutivo del contratto definitivo e, pertanto, la sentenza di primo gradodi accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non può produrre, prima del passaggio ingiudicato, proprio quegli effetti del contratto definitivo che è destinato a surrogare, né è possibiledare esecuzione ad obblighi che sul piano sostanziale non sono ancora sorti, con la conseguenteimpossibilità di scissione, nelle sentenze ex art. 2932 c.c. in tema di contratto preliminaredi compravendita, tra capi costitutivi principali e capi condannatori consequenziali,con riferimento specifico a quelli cc.dd. sinallagmatici le cui relative statuizioni fanno parteintegrante della pronuncia costitutiva nel suo complesso. La Corte ha precisato che la possibilitàdi anticipare l’esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutivava riconosciuta in concreto volta a volta a seconda del tipo di rapporto tra l’effetto accessivocondannatorio da anticipare e l’effetto costitutivo producibile solo con il giudicato; aquesto fine occorre differenziare le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dal dettoeffetto costitutivo, dalle statuizioni che invece sono a tale effetto legate da un vero e proprionesso sinallagmatico ponendosi come parte – talvolta «corrispettiva» del nuovo rapporto oggettodella domanda costitutiva. Così, ad esempio, nel caso di condanna del promissario acquirenteal pagamento del prezzo della vendita, non è possibile riconoscere effetti esecutivi atale condanna altrimenti si verrebbe a spezzare il nesso tra il trasferimento della proprietà derivantein virtù della pronuncia costitutiva ed il pagamento del prezzo della vendita.

alle quali siano stati emessi provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c., lapronuncia della decisione di merito di primo grado comporta l’assorbimento (in caso di accoglimento) o l’inefficacia ex lege (in caso di rigetto) della cautela.La, ormai pacifica, sottoposizione alla cautela atipica (ante causam e incorso di causa) anche dei diritti che possono dare luogo a sentenze dichiarativeo costitutive comporta che la modificazione, seppure in via provvisoria ecautelare, della realtà sostanziale possa avvenire, in presenza del periculum inmora, anche prima della sentenza di primo grado.Si pensi, ad esempio, all’ordine cautelare di consentire il passaggio sufondo intercluso, che autorizza il proprietario del fondo dominante a transitare(magari con determinate modalità) sul fondo servente ben prima che siacostituito il negozio di servitù coattiva.Anche per le sentenze di mero accertamento e di modificazione giuridicasostanziale, in relazione alle quali siano stati emessi provvedimenti d’urgenzaex art.700 c.p.c., la pronuncia della decisione di merito di primo grado comportal’assorbimento (in caso di accoglimento) o l’inefficacia ex lege (in casodi rigetto) della cautela.In questi casi, sempre che il contenuto della sentenza sia «compatibile» conl’effetto assicurativo della cautela, nel senso che questo effetto sia stato «confermato» dalla sentenza, il fenomeno dell’assorbimento si attua con il «mantenimento» degli effetti già prodotti dalla cautela, che, però, continueranno a prodursinon più come effetti della cautela, ma della sentenza che li ha «assorbiti» e, dunque,fatti propri. In altri termini, questi effetti, già riferibili alla cautela, dopo lapronuncia della sentenza sono a questa «riferibili» proprio a seguito del fenomenodi assorbimento, che qui è in grado di giustificare la conservazione dell’assicurazionedisposta in via cautelare, mutandone, in certo senso, la natura.Di questo «mutamento» si ha conferma proprio in relazione alle vicende

successive alla pronuncia della sentenza, in relazione alla possibilità che ilgiudice d’appello, in sede di inibitoria, sospenda, in tutto o in parte, gli effettidella sentenza, che, in questo caso, non sono altro che gli effetti della cautela«trasferiti» nella sentenza.La possibilità, riconosciuta dall’art. 283 c.p.c., che il giudice dell’inibitoriasospenda anche in parte l’esecutorietà o l’esecuzione della sentenza diprimo grado, consente a questo giudice, in presenza di «gravi motivi», di paralizzare,selezionandoli, gli effetti di questa che, per qualsiasi ragione, sianoritenuti non compatibili con il probabile esito del giudizio di impugnazione.

51.3. L’asserita «ultraefficacia» del sequestro giudiziario.Anche il sequestro giudiziario è assorbito dalla decisione di merito diprimo grado, con il conseguente venir meno anche della custodia.Di possibile «ultrattività» del sequestro è possibile parlare solo con riferimentoal periodo di tempo in cui il custode, quando sia soggetto diverso daquello vittorioso nella causa di merito, è tenuto a immettere quest’ultimonella materiale disponibilità del bene sequestrato.Ma, a ben vedere, si verifica, in questa ipotesi, la stessa situazione cui dàluogo ogni fattispecie di sopravvenuta inefficacia della misura cautelare, chedetermina il venir meno della custodia e l’obbligo del custode di provvederealla consegna del bene alla parte che lo possedeva al momento della emissionedella misura cautelare (33).(33) Sul presupposto che il sequestro giudiziario di beni concesso dal giudice di primo grado sarebbe efficace anche nelle fasi di impugnazione della sentenza che accoglie la domanda, App. Torino 27 dicembre 2002, in Giur. it. 2003, 10, ha ritenuto non fondata l’istanza di revoca del provvedimento cautelare per motivi riconducibili alla sopravvenienza della decisionedi merito rispetto al provvedimento cautelare.

In caso di accoglimento della domanda, la parte vittoriosa ha diritto dientrare (o rientrare) nella materiale disponibilità del bene già sottoposto asequestro, anche nei confronti del custode (34).

(34) Il provvedimento di sequestro, secondo Cass. 4 giugno 2008, n. 14765, perde efficaciasia nel caso di dichiarazione di inesistenza (anche se con sentenza non passata in giudicato)del diritto a tutela del quale il provvedimento è stato concesso, sia nell’ipotesi inversa, incui, accogliendosi la domanda di merito, sia affermato a chi spetti la titolarità del diritto sulbene, la cui integrità il sequestro aveva la funzione di conservare per assicurare al provvedimentoattributivo la sua pratica efficacia; con la conseguenza che, se il titolare di tale diritto,ancorché sia la medesima persona fisica che è stata nominata custode del bene sequestrato,chiede il rilascio del bene per effetto di detta sentenza, questo titolo è diverso da quello – peraltrocaducato dal medesimo provvedimento, per esserne venuti meno la funzione e lo scopo– con cui gli è stato conferito l’incarico di custode e, quindi, non è configurabile un inammissibileesercizio della medesima azione esecutiva.

51.4. La conversione del sequestro conservativo in pignoramento. Anche il sequestro conservativo, quando viene pronunciata la sentenzadi merito di primo grado, o diventa inefficace ex lege, se questa ha accertatocome inesistente il diritto di credito cautelato, ovvero si converte automaticamentein pignoramento, cessando, in entrambi i casi, di produrre la sua efficacia.

52. La sorte del provvedimento cautelare in caso di definizione in rito dellacausa di merito.Nel paragrafo precedente sono stati analizzati i rapporti tra il provvedimentocautelare e la sentenza di merito di primo grado che abbia respinto

ovvero accolto, in tutto o in parte, la domanda sul diritto già sottoposto acautela. Ma il giudizio di merito può concludersi anche con una sentenzache definisce in rito il processo, senza alcuna decisione sul merito e, in questicasi, occorre chiedersi quale sia la sorte della cautela emessa ante causam o incorso di causa.In mancanza di qualsiasi previsione normativa, appare decisiva la considerazionedel profilo funzionale della tutela cautelare e del rapporto di strumentalitàcon la decisione sul merito, che porta a distinguere le ipotesi nelle qualila tutela di merito di primo grado è ancora possibile da quelle nelle quali, fattesalve le possibili impugnazioni, la decisione di merito è, allo stato, esclusa.Per queste ultime ipotesi, la riconosciuta inidoneità del processo a fornirela richiesta tutela di merito, quanto meno all’esito del processo di primo grado,fa ritenere sussistenti i presupposti per l’inefficacia ex lege della cautela. Seè vero che, in questi casi, non vi una dichiarazione di inesistenza del diritto giàsottoposto a cautela, il fatto che il giudice di primo grado abbia negato la tuteladi merito richiesta comporta il venir meno, quanto meno allo stato, delleragioni giustificatrici della cautela, proprio a causa dell’esito del processo.Né vale osservare che la tutela di merito negata, per ragioni di rito, dalgiudice di primo grado potrebbe essere concessa dal giudice dell’impugnazione,in quanto la situazione è la stessa di quella che si realizza con la sentenzadi rigetto nel merito della domanda, anch’essa suscettibile di annullamentoin appello.Pertanto, la sentenza, resa all’esito del giudizio di merito di primo grado,dichiarativa della inammissibilità e/o della improcedibilità della domandacomporta l’inefficacia ex lege della misura cautelare emessa ante causam o incorso di causa (35).(35) Cass. 23 giugno 2008, n. 17028, ha ritenuto che, dichiarata l’inammissibilità delladomanda (nella specie, per difetto di procura ad litem), nulla osta a che il giudice, investitodell’intera cognizione, revochi contestualmente la misura cautelare concessa ante causam, divenutaipso iure inefficace: tale contestualità non arreca infatti alcuna lesione al diritto di difesa,integralmente dispiegatosi nel processo a cognizione piena, ed appare altresì giustificata daragioni di economia processuale, avuto riguardo alla pendenza del giudizio di merito, che rendesuperfluo un nuovo ricorso al giudice, necessario invece nelle ipotesi contemplate dall’art.669-novies c.p.c. Ma occorre chiedersi se sia necessario revocare espressamente una misuracautelare inefficace ex lege al momento della pubblicazione della sentenza.Nel senso che la sentenza che definisce il giudizio di merito per ragioni puramente processuali(nella specie, dichiarazione di nullità del ricorso introduttivo) rientra tra le cause diinefficacia della misura cautelare previste dall’art. 669-novies c.p.c. si veda Pret. Roma 19 febbraio1997, in Giur. mer. 1998, 236, con nota di Recussi.La sentenza che dichiara l’inammissibilità della citazione in giudizio, in ragione dellamancata audizione del presunto responsabile, implica, secondo C. Conti reg. Campania 14novembre 2003, n. 1322, in Riv. corte conti 2003, 130, l’accertamento della decadenza dall’azionedi responsabilità e quindi la «inesistenza» del diritto già oggetto di misura cautelare,con la conseguente applicabilità dell’art. 669-novies, comma terzo, c.p.c.

La situazione appare diversa quando il giudizio di merito di primo gradoviene definito con una pronuncia di declinatoria di competenza. In questocaso, la possibilità di translatio davanti ad altro giudice designato come competenteai sensi dell’art. 44 c.p.c. sta a significare che quella tutela di meritodi primo grado, negata dal giudice a quo, può essere concessa dal giudice adquem all’esito di tempestiva riassunzione della causa davanti a quest’ultimo.In altri termini, la possibile prosecuzione del giudizio, fermi gli effetti giuridiciprocessuali e sostanziali già prodotti con la notificazione della citazionedavanti al primo giudice, giustifica la sopravvivenza della cautela, che puòancora essere assorbita dalla decisione di merito di primo grado.In questa ipotesi, sempre che il processo sia tempestivamente riassuntoex art. 50 c.p.c, non si determina l’inefficacia ex lege del provvedimento cautelare,fermo restando il potere di eventuale revoca dello stesso (sempre su

istanza di parte) da parte del giudice a quo (36).

(36) Cass. 3 febbraio 2010, n. 2505, ha escluso che ricorra una eadem ratio per ritenereche la declaratoria di incompetenza sul giudizio di merito iniziato davanti al giudice che emisela misura cautelare o davanti ad altro giudice possa essere considerata idonea a determinarel’inefficacia della misura cautelare, in quanto la declaratoria di incompetenza non preclude ladecisione sul merito da parte del giudice davanti al quale le parti vengano rimesse; la misuracautelare, pur concessa da altro ufficio, è, infatti, strumentale rispetto alla decisione sul meritoed è il giudice cui ormai compete il potere di decidere sul merito che deve provvedere.Nell’ipotesi di declinatoria di competenza del giudice del merito in origine indicato nelprovvedimento emesso ante causam ex art. 669-octies c.p.c., Trib. Verona 26 gennaio 2000, inGiur. mer. 2000, 551, ha ritenuto che l’inefficacia deve escludesi se quel giudice è stato tempestivamenteadito, mentre la tardiva riassunzione del giudizio di merito innanzi al giudicedesignato nella declinatoria comporta se mai estinzione della causa secondo la diversa previsionedell’art. 669-novies c.p.c.; ma l’inefficacia del provvedimento cautelare può esser dichiaratasoltanto se la parte interessata la faccia specificamente valere.

Ma oggi, anche a seguito di declinatoria di giurisdizione, è possibile, nelle forme e con le modalità previste dall’art. 59 della legge n. 69 del 2009, la translatio davanti al giudice indicato come giurisdizionalmente competente, con la salvezza degli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbeprodotto se il giudice di cui è sta dichiarata la giurisdizione fosse stato adìtofin dall’instaurazione del primo giudizio (37). Anche in questo caso, dunque,è possibile la prosecuzione dello stesso giudizio e la conseguente, eventuale,decisione di merito sul diritto già sottoposto a cautela seppure da parte di ungiudice appartenente ad una diversa giurisdizione (38).

(37) Già Cass. sez. un. 22 febbraio 2007, n. 4109, attraverso una lettura costituzionalmenteorientata della normativa vigente, e non ritenendo esistente, nel nostro ordinamento,un espresso divieto di trasmigrazione del processo dal giudice ordinario al giudice speciale (eviceversa), aveva affermato il principio dell’operatività della regola della translatio iudicii sianel caso di ricorso ordinario sia nel caso di regolamento preventivo di giurisdizione proponibileinnanzi al giudice ordinario, ma anche innanzi al giudice amministrativo, contabile o tributario,in tal modo consentendosi al processo, iniziato erroneamente davanti ad un giudiceprivo di giurisdizione, di poter continuare – così com’èra iniziato – davanti al giudice effettivamentedotato di giurisdizione e dar luogo ad una pronuncia di merito conclusiva della controversia,così realizzandosi in modo più sollecito ed efficiente il servizio giustizia, costituzionalmentegarantito. Inoltre, con sentenza 12 marzo 2007, n. 77, la Corte costituzionale, conun percorso in parte diverso, ha dichiarato illegittimo l’art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n.1034, nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domandaproposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione,nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione. La trasmigrabilitàdel processo, secondo la Corte, è strumento necessario, ma non sufficiente perché il giudicead quem possa giudicare della domanda dinanzi a lui riassunta come se essa fosse stata propostadavanti a lui nel momento in cui lo fu al giudice privo di giurisdizione, essendo necessarioche siano mantenuti fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla originaria domanda.Nel senso che il processo che, dopo la pronuncia declinatoria della giurisdizione, siinstaura, per effetto della tempestiva riassunzione, davanti al giudice indicato come munito digiurisdizione non è un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell’unicogiudizio si veda Cass. Sez. Un. 22 novembre 2010, n. 23596.(38) Sulle modalità della translatio e sulle non poche questioni applicative poste dall’art.59 cit. v. M.P. Gasperini, Decisione delle questioni di giurisdizione e translatio iudicii (art. 59,L. 69/2009), in Il processo civile competitivo, a cura di A. Didone, Torino 2010, 129 e ss.(39) Nel senso che l’atto che determina la prosecuzione del giudizio va diversamente regolatoa seconda che debba essere proposto davanti ad un giudice la cui giurisdizione abbia omeno le medesime caratteristiche della prima si veda Cass. Sez. Un. 21 aprile 2011, n. 9130.

Se, dunque, si deve ritenere che il provvedimento cautelare non sia caducatoex lege a seguito di declinatoria di giurisdizione, occorre valutare se glieffetti della decisione di merito ottenibili all’esito del processo davanti a giudiceappartenente ad una diversa giurisdizione siano «compatibili» con quelli

già prodotti dal provvedimento cautelare, anche all’esito della domanda«riproposta» con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio cheprosegue (39). Si tratta di valutazione rimessa al giudice ad quem, all’esitodell’istanza di modifica e/o revoca che la parte interessata potrà proporre aseguito della riassunzione del giudizio (40).

(40) C. Consolo, La translatio iudicii tra giurisdizioni nel nuovo art. 59 della legge di riformadel processo civile, in Riv. dir. proc. 2009, 1272, si è espresso nel senso della possibilitàche le misure cautelari restino in vita, proprio perché quello riassunto innanzi al giudice competentenon è un diverso rapporto processuale, né vi è stato alcun rigetto in rito della domanda,ferma restando la possibilità che queste possano essere «modificate, anche profondamente,» dal giudice innanzi a cui la causa verrà riassunta, qualora diverse siano le regole dettate inproposito dalle norme disciplinanti la tipologia di misure cautelari nella sua giurisdizione.

Né sembra possibile sostenere una sorta di impossibilità che la cautelaemessa, ad esempio, dal giudice ordinario possa produrre i propri effetti inpendenza del giudizio proseguito davanti al giudice speciale amministrativo.A parte l’espressa previsione che le prove raccolte nel processo davanti algiudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti diprova (quinto comma dell’art. 59 cit.), dalla quale si può evincere il principiodi «utilizzabilità» degli atti istruttori compiuti da quel giudice, non èestraneo all’ordinamento il principio che, quando la giurisdizione sul meritoappartiene ad un giudice straniero, il giudice italiano può concedere i provvedimenticautelari da eseguirsi nel territorio italiano, pur sempre strumentalialla decisione di merito da parte del giudice straniero, cioè destinati adessere assorbiti dalla decisione di accoglimento e a diventare inefficaci ex lege(v. art. 669-novies c.p.c.) in caso di sentenza di rigetto.