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    Videoarte una bottega neorinascimentale per la pi ibrida delle forme despressione

    .

    (Ira Schneider per Tv as a Creative Medium, 1969, Howard Wise Gallery, New York)

    a. La videoarte, tanto per cominciare

    Forse non pensavano che una loro trovata avrebbe aperto la strada duna vera e propria

    rivoluzione nel campo dellarte, estesasi in seguito alla pubblicit e diventanto nel tempo lo

    strumento principe di diffusione dei generi di musica popolare, dal rock al soul al jazz al

    pop nel medium videoclip. Eppure stato un gruppo di ragazzi giovani con la voglia di

    aprire il mondo a battezzare i primi esperimenti di videoarte, pescando dalla ancor breve

    catalogazione del cinema, larte che per molti anni era stata rifiutata dalle accademie.

    Erano gli anni Cinquanta, il decennio delle performances, degli happenings, della lotta

    contro la proliferazione termonucleare. In Italia fu il decennio dellinizio della

    trasformazione delle economie rurali in economie industriali: le citt accoglievano migliaia

    e decine di migliaia di lavoratori provenienti dalle campagne e dalle zone pi povere,

    nascevano i quartieri dormitori collocati nelle periferie, aumentava leconomia che aprir le

    porte dellistruzione ai figli, con il boom di nascite che si trasformer in aumento

    vertiginoso del tasso di scolarizzazione, con lingolfarsi della scuola superiore e delle

    universit, e linevitabile (?) abbassamento del livello dinsegnamento e di apprendimento.

    La televisione unir il paese mediante la stessa lingua, sebbene, come sappiamo, senza

    riuscire ad annullare i dialetti. Insomma arriva la cultura di massa, sostenuta a gran cassa

    dalle sinistre socialista e comunista, ma favorita di fatto dalla gestione governativa della

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    Democrazia cristiana. Ed sul finire degli anni Sessanta e poi diffusamente nel decennio

    successivo che in Italia si vedono i primi tentativi di videoarte. Anni di grandi fermenti, con

    il Nuovo Teatro che di fatto costituir una sorta di mondo a parte dal Convegno di Ivrea del

    67 (il Convegno per un Nuovo Teatro stato definito da Marco De Marinis come

    unoccasione impossibile, in Il Nuovo Teatro 1947-1979, Bompiani, Milano, 1987), con i

    nuovi cantautori, con la nascita del concettuale e dellarte povera, con lapertura della

    poesia operata dal Gruppo 63, con i nuovi narratori, con il cinema che super il

    neorealismo con Federico Fellini, Michelangelo Antonioni e Bernardo Bertolucci.

    Il gruppo di ragazzi: Fluxus. Un movimento che radicalmente coinvolse nuclei dartisti in

    diversi paesi, in primis gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, il Giappone. Capostipiti

    furono Wolf Vostell che nel 58 diede vita alla serie TV Dcoll/age (poi presentata

    compiutamente nel 63) ed uno dei maestri riconosciuti, tuttora attivo, il coreano Nam

    June Paik (1932). Le prime mostre ad avere ospiti opre in video hanno luogo a New York,

    Colonia, Wuppertal, Londra e Boston, tra le quali va ricordata come apripista essendo

    interamente dedicata alla videoarte Tv as a Creative Medium presso la Howard Wise

    Gallery di New York, con artisti quali Paik, Ira Schneider, Charlotte Moorman, Eric Siegel,

    Frank Gillette, Earl Reiback, Aldo Tambellini, Joe Weintraub, Thomas Tadlock. Da

    sottolineare che lidea che oggi abbiamo del video sostanzialmente differente rispetto

    alle macchinazioni di allora, quando ad interessare erano le interazioni fra software,

    macchina e possibilit comunicative, cos come in musica diverse erano le interazioni fra

    matematica, tempo musicale, nuove sonorit di matrice elettronica. Era lentrata in gioco

    della macchina ad interessare gli artisti, che al tempo collaboravano non a caso

    soprattutto con gli ingegneri. Levoluzione verso unarte innanzitutto estetica avverr poi

    nel decennio Settanta, con la creazione semplificando di realt della mente come per

    Paik, il recupero e levoluzione dellanimazione, la convergenza di cinema minimalista,

    realista ed intimista.

    (Nam June Paik T.V. Cello with Charlotte Moorman)

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    b. levoluzione del video verso il marketing e lautonomia artistica

    Levoluzione delle macchine, del computer, quindi la tecnologia ha consentito ad una

    generazione di artisti di pensare il video come un settore autonomo dellarte, ovviamente

    unarte ibrida (secondo la studiosa Silvia Bordini video e videoinstallazioni costituiscono

    un'arte ibrida, che incessantemente trasmigra dall'immobilit al movimento, dall'oggetto

    all'immaterialit, dal compiuto al modificabile, dall'unicum al riproducibile, dal silenzio al

    suono, dal dato fisico alla fluidit, dalla materia all'evento, dalla contemplazione alla

    partecipazione, dal visibile all'invisibile) che pesca da tutte le altre forme di espressione, e

    che si presta, per natura, ad essere oggetto di regole commerciali e diventare essa stessa

    strumento del marketing. Lo dimostrano i video girati dai gruppi rock e pop: gi i Beetles, i

    Rolling Stones ed i Pink Floyd avevano intuito la possibilit divulgativa di questa nuova

    modalit di comunicazione. E saranno poi i primi anni Ottanta, con lesplosione dei canali

    musicali, da Mtv a Deejay Television (chi se la ricorda?) a consentire alla musica da

    guardare di diffondersi e contaggiare il modo stesso di intendere la televisione e di

    realizzare la pubblicit. Ed anche qui forse si pu individuare un capostipite: Michael

    Jackson, che nel biennio 1983-84 sforn i video di Billie Jean e, soprattutto, Thriller. I

    video a questo punto entrano compiutamente nellesperienza quotidiana, diventano fonte

    di denari e di successo, sia in arte sia nel business.

    Ritornando allevoluzione della videoarte, negli anni Settanta i personaggi chiave furono il

    sempreverde Paik, Fabrizio Plessi, Joseph Beuys, Gilbert & George, Bruce Nauman, Bill

    Viola, Vito Acconci, Dennis Oppenheim, Peter Campus, Richard Serra, Marina Abramovic,

    John Baldessari, Richard Foreman, William Wegman. Vengono creati il primo

    microprocessore della Intel (1971), la Sony mette sul mercato le prime videocamere

    portatili (1972), la prima telecamera a colori portatile (1974), nasce la Microsoft (1975).

    Ovviamente la diffusione di strumentazione adatta alla libera realizzazione dei video

    favorisce la videoarte, che da una parte vivr unespansione direttamente proporzionale

    alla facilit, ed alla economicit dei mezzi tecnicamente disponibili, e dallaltra avr il

    favore di centri che nasceranno in diverse parti del mondo, studi officine botteghe

    postrinascimentali dove gli artisti possono imparare ad utilizzare le macchine e dove sono

    liberi di creare. Fra questi centri, che svolsero indiscutibilmente un ruolo di propulsione,

    educazione e mecenatismo, va ricordato litalianissimo Art/Tapes/22 di Firenze, diretto da

    Maria Gloria Bicocchi, dove lavor dal 74 al 76 una figura centrale quale Bill Viola (una

    sua testimonianza in merito leggibile in Le pratiche del video, a cura di Valentina

    Valentini, volume di cui avr modo di parlare in seguito).

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    Gli Stati Uniti saranno comunque allavanguardia, grazie alla struttura delle fondazioni ed

    allapertura mentale delle direzioni dei grandi musei come il MOMA (Museum Of Modern

    Art) di New York, le gallerie, e da non sottovalutare, lazione di sostegno e di

    finanziamento del National Endowement for the Arts (il loro Ministero della Cultura, o

    meglio, delle Arti) che per diversi anni ha foraggiato lo sviluppo e la diffusione della

    videoarte. Tecnicamente gli Stati Uniti si troveranno dalla seconda met degli anni

    Settanta fino ai primi anni Ottanta, e ancora pi, fra fine Ottanta e primissimi Novanta, in

    una situazione ideale, con i fondi a disposizione, le strutture di composizione di diffusione

    delle opere, e strumenti allavanguardia, come ad esempio i microvideoproiettori che

    utilizzer Tony Oursler per dipingere oggetti sferici con i suoi volti deformanti.

    Negli anni Ottanta e Novanta la platea di artisti che faranno ricorso alla videoarte si

    amplia, con lentrata in gioco di Pipilotti Rist, Studio Azzurro, Gary Hill, Mary-Jo La

    Fontaine, Piero Gilardi, Doug Aitken, Shirin Neshat, Cecilia Condit, Douglas Gordon,

    Matthew Barney, Sam Taylor-Wood, Woody Vasulka, Laurie Anderson, Mona Hatoum,

    Grazia Toderi, Vanessa Beecroft, Gillian Wearing, William Kentridge, Louise Forshaw, Jaki

    Irvine, Nan Hoover, Bruna Esposito, Tracey Emin, Elaine Foster, Georgina Starr, Jun

    Nguyen-Hatsushiba, Eva Marisaldi, artisti legati alla musica come Chris Cunningham

    diversi video per Bjork e collaborazioni con Steven Spielberg per A.I. e Spike Jonze,

    regista di Being John Malkovich, e artisti totali come Peter Greenaway e Derek Jarman

    che hanno coniugato pi di altri cinema, letteratura, teatro, danza, musica e videoarte: ne

    sono esempi miracolosi Drowning by numbers (1988), Prosperos Books (1991), The

    Pillow Book (1995), la prima parte della trilogia The Tulse Lupers Suitcases (2003) per

    Greenaway, Tempest (1979), Caravaggio (1986, finalista al Turner Prize) , Wittgenstein

    (1993) per Jarman. E si potrebbero citare anche David Lynch, Wong Kar-Way, Takeshi

    Kitano, Jim Jarmush. Lelenco potrebbe proseguire a lungo.

    c. Due rischi monumentali: la prostituzione diaristica e cronachistica.

    I costi per dotarsi di unattrezzatura digitale in grado di riprendere e montare un video oggi

    sono assai contenuti. Chi lavora nelle galleria darte o nei teatri sa quanto materiale video

    oggi sia in circolazione. Ma se fino a pochi anni fa larte prendeva spunto anche dalla

    cronaca (oltre che dal dettato esistenziale e culturale) per rielaborare una visione del

    mondo, oggi, spesso la cronaca ad essere meccanicamente trasposta in video o in

    installazione, come capitato alle immagini dei Boeing che si abbattono sul World Trade

    Center. La cronaca sta lentamente sostituendo, nelle generazioni pi giovani,

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    lelaborazione artistica. E cos dicasi per uno sciatto e piatto minimalismo, quali riprese di

    insignificanti movimenti, oppure trance de vie senza alcuna motivazione. E pur vero che

    John Cage afferm Ive nothing to say, and Im saying it to you (trad.: Non ho nulla da

    dire, e ve lo sto dicendo), ma il rischio quello dincappare in un immenso mosaico

    costituito da tessere che si ripetono identicamente. La videoarte terra di conquista, il

    video lelemento principe della diffusione dun compact disk, tranne rare ed eccellenti

    eccezioni, la formula prima (insieme allinstallazione) dellelaborazione artistica dei

    giovani che escono dalle Accademie di Belle Arti e dArte Drammatica. Senza dimenticare

    che il corto cinematografico viene costruito di fatti con principi analoghi al video. Insomma,

    la videoarte sta diventando un quartiere delle arti espressive assai popolato, strattonato da

    qualsiasi parte e veicolato grazie alla sua resa immediata. Di questa tendenza sono

    purtroppo riprova diverse mostre collettive, dalla Biennale di Venezia a Documenta a

    Kassel. Oppure penso ad EXIT. Nuove geografie della creativit italiana, mostra a cura di

    Francesco Bonami, svoltasi nel 2002 nella neonata sede torinese della Fondazione

    Sandretto Re Rebaudengo (esiste un volume edito addirittura da Mondadori).

    Altro discorso per la videopoesia: la poesia, in Italia ma non soltanto, sta vivendo un

    periodo di grande difficolt, che per non coincide affatto con le dinamiche per cos dire

    poetiche. Infatti sono diverse le raccolte interessanti uscite negli ultimi anni, ma

    nonostante questo la diffusione si esprime in centinaia di copie, o nei migliori dei casi in

    migliaia, con i grandi editori nazionali (Einaudi, Mondadori). In Inghilterra e negli Stati Uniti

    diversi poeti hanno da tempo sperimentato il videopoema, ovvero una poesia coniugata ad

    una serie di immagini, che possono essere legate da un tema oppure emotivamente

    accostate. Mi pare che sia arrivato il momento di cercare di provare questa strada in Italia,

    con percorsi personali oppure collettivi.

    (Tony Oursler Digital)

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    d. Alcuni consigli: libri, video ed altro

    Esistono oggi diverse pubblicazioni di interesse, in buona parte uscite in occasione di

    mostre che hanno attribuito alla videoarte il giusto e meritato riconoscimento. Innanzitutto

    indico il doppio volume Le storie del video / Le pratiche del video, curati dallinstancabile

    Valentina Valentini dellUniversit degli Studi della Calabria e La Sapienza di Roma, che

    da alcuni anni si sta accerchiando di giovani osservatori onnivori di teatro, arti e letteratura

    (fra i quali Andrea Lissoni e Vincenza Costantino). Questo doppia ricerca, condotta sul

    campo essendo lei stessa organizzatrice di eventi che riguardano la videoarte in diverse

    citt continentali (tra laltro direttrice dal 1986 al 1996 della Rassegna Internazionale del

    Video dautore di Taormina Arte) consente al lettore o allo studioso di incontrare le

    esperienze di un nutrito gruppo di artisti mediante intervista (tra gli altri vanno segnalati

    Matthew Barney, Bruce Nauman, Nam June Paik, Pipilotti Rist, Bill Viola ed i nostrani Vito

    Acconci, Cipr e Maresco, Paolo Rosa e Fabio Cirifino di Studio Azzurro) e di ragionare sul

    video e la sua ripetitivit, la relazione con lanatomia del corpo e lo spazio dei sentimenti e

    altro ancora (tra i saggi Jean Baudrillard, Jacques Derrida, Philippe Dubuis, Gianfranco

    Mantegna, la stessa Valentina Valentini). Editore: Bulzoni, Roma, 2003.

    Utilissimo strumento che affianca interviste a ricche e attente note introduttive

    lantologico Contemporanee. Percorsi e poetiche delle artiste dagli anni Ottanta ad oggi, a

    cura di Emanuela De Cecco e Gianni Romano. Un libro perfettamente curato, con un

    ottimo supporto fotografico, prende in esame il lavoro di quarantasette artiste

    internazionali, fra le quali Cindy Sherman, Rebecca Horn, Yayoi Kusama, Sophie Calle,

    Nan Goldin, Roni Horn, Pipilotti Rist, Andrea Zittel, Sam Taylor-Wood, Eija-Liisa Ahtila,

    Tracey Moffatt, Gillian Wearing, Vanessa Beecroft, Grazia Toderi. Leditore Postmedia,

    Milano, 2002.

    Tra le mostre pi interessanti vistesi in Italia in queste ultime stagioni vi sono LArte

    Elettronica. Metamorfosi e metafore (2001) a Palazzo Diamanti a Ferrara ed Arte in video

    (2002) al Museo dArte Contemporanea del Castello di Rivoli, che ha fondato una

    ricchissima Videoteca dartista. Il catalogo della mostra curata da Silvia Bordini (Edizioni

    Gallerie darte moderna e contemporanea, Ferrara) ci consente un viaggio nel percorso

    allestito durante la manifestazione: dalle elaborazioni degli anni Sessanta fino ai quadri

    digitali, dal sorprendente e primitivo Tv Buddha (1989, una statua del Buddha contempla

    una candela accesa nella cavit dun monitor) al totemico Passage (1989, videoscultura

    con vari schermi e scritte in diverse lingue) di Nam June Paik, e poi Digital (1997, volti

    mormoranti e deformati proiettati su cubi in legno di Tony Oursler), Bombay Bombay. I

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    lavatoi dellanima (1993, una fila di televisori che riproducono il passaggio dellacqua nel

    fiume sacro affiancata da una fila di panni bagnati) di Fabrizio Plessi, alla meravigliosa

    rivisitazione postmoderna della Visitazione (1528) del Pontormo secondo Bill Viola: The

    Greeting (1995, tre donne si incontrano al ralenty, quarantacinque secondi dilatati in dieci

    minuti di proiezione, un video dai colori splendenti). Una nota a parte vale per la video

    installazione interattiva della compagine milanese Studio Azzurro, Il soffio sull'angelo,

    un'opera d'aria, immagini di corpi, forse angeli o forse spettri o forse proiezioni della

    mente, che si agitano e fluttuano quando il visitatore soffia sull'interfaccia costituita da

    piume sospese. Da ci che si visto alla Biennale dArte Emergente (BIG) di Torino, nelle

    sue varie edizioni, linterattivit rappresenta una caratteristica ossessiva, anche se si tratta

    sovente duna interattivit da videogame, il cui nucleo concettuale non parifica la qualit

    tecnica dellinstallazione. Niente a che vedere comunque con lelaborazione artistica e la

    qualit di Studio Azzurro. Arte in video svoltasi al secondo piano del Castello di Rivoli

    invece ha proposto una raccolta di video, con gli attraversamenti postteatrali degli

    americani Richard Foreman (storico fondatore nel 1968 dellOntological Theater di New

    York) e Bob Wilson (regista di culto che diresse, fra gli altri, nel 1976 Einstein on the

    Beach. An opera in four acts con musiche strepitose di Philip Glass), le riflessioni

    esistenziali del regista francese Jean-Luc Godard, le invenzioni elettroniche ed acide

    dellonnipresente Paik, Air Block di Tony Oursler (come al solito disumano e disarmante), il

    gioco dellincomunicabilit fra uomo e donna ritratto in Latrio (1998) di Grazia Toderi, le

    modelle di Vanessa Beecroft in VB 47 (2001) riprese durante la performance alla Peggy

    Guggenheim Collection di Venezia, Verso Sud (2002) di Bruna Esposito, un ironico

    viaggio in macchina visto dallabitacolo durante un giorno di pioggia, con tanto di piumino-

    tergicristalli che si muove sulla superficie dello schermo. E Vito Acconci, John Baldessari,

    Dennis Oppenheim con le sue passeggiate attraverso la Land art e la Boby Art, Joan

    Jonas, Martha Rosler, Bruce Nauman, Alessandra Tesi, Candice Breitz, Monica Bonvicini,

    Dara Birnbaum.

    Risalente al 1999 un piccolo libro, Sweetie. Identit femminile nel video britannico, a

    cura di Cristiana Parrella e Maria Rosa Sossai, in occasione dellomonima mostra svoltasi

    alla British School di Roma. Il libro offre alcuni interventi critici e schede riassuntive delle

    trame dei video trasmessi, fra i quali i celebri Hysteria (1997) di Sam Taylor-Wood, Dual

    (1997) e Gag (1996) della coppia Smith/Stewart, Why I never Became a Dancer (1995) di

    Tracey Emin, ed English Rose (1996) del trio Emin/Starr/Wearing. Castelvecchi, Roma,

    1999.

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    Strumento assai economico poi il dossier Arte Elettronica a cura di Silvia Bordini: una

    ricognizione rapida del fenomeno videoarte e arte alettronica dalle sue origini alla fine

    degli anni Novanta. Giunti, Firenze, 2000.

    Esistono pubblicazioni, video, dvd di molti di questi artisti. Ma non sempre facile trovarli:

    per questa ragione buona norma rivolgersi alle gallerie o fondazioni che hanno ospitato i

    loro lavori.

    (Motus scena di Orpheus Glance)

    Infine, apro una parentesi sulla videoarte nel teatro. Diversi registi del Nuovo Teatro si

    sono avvicinati alle arti visive, talvolta utilizzando il video in scena come nel caso di

    Giorgio Barberio Corsetti, Cesare Ronconi del Teatro Valdoca, Romeo Castellucci della

    Societas Raffaello Sanzio, e formazioni cronologicamente successive come Teatro Aperto,

    Motus, Teatrino Clandestino, Fanny & Alexander, Accademia degli Artefatti, Masque

    Teatro. Tutti teatranti che hanno poi mostrato lesito di queste alchimie durante il festival

    riccionese TTVV, che ogni due anni si organizza in Emilia Romagna

    (www.riccioneteatro.it). Vale la pena di visionare questi lavori, o meglio ancora, di andarli a

    incontrare in teatro. E, concludendo, sarebbe magari opportuno andare nelle gallerie e

    vederli questi video: non esiste infatti critica o testimonianza che possa sostituire la

    presenza dello spettatore, che possa trasmettere ci che soltanto lindividuo in grado di

    provare dinanzi ad un evento, unopera darte o, pu accadere, ad una porcata (con

    licenza poetica, sintende).

    Tiziano Fratus