Vichinghi - Letture Fantastiche · veleggiare tra le stelle guidati da un dio. ... dal cielo, o dai...

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Vichinghi di Marco Alfaroli ISBN 978-1-326-77701-2 © 2016 Marco Alfaroli. Tutti i diritti riservati Illustrazione di copertina © Marco Alfaroli http://archonzeist.blogspot.it/

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Vichinghidi Marco Alfaroli

ISBN 978-1-326-77701-2

© 2016 Marco Alfaroli. Tutti i diritti riservatiIllustrazione di copertina © Marco Alfaroli

http://archonzeist.blogspot.it/

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«Odino ci ha condotti qui da Miðgarðr.Sfiorando Múspellsheimr ha attraversatoGinnungagap nel buio assoluto sul gigante-sco drakkar d’acciaio. Ricordalo sempre,Gunnar!»

Gunnar ascoltò suo nonno Håkon, re deiVichinghi, e fu come se assistesse realmen-te al viaggio fantastico che gli narrava; im-maginò i possenti uomini del Nord intenti aveleggiare tra le stelle guidati da un dio.Immaginò e sognò a occhi aperti...

«Ricorda!» aggiunse il re scuotendolodai suoi sogni. «Odino ammira il coraggio!Ci ha donato un mondo intero e si aspettarisolutezza nel difenderlo dai tre popoli in-vasori che cercano di strapparcelo. Se do-vessimo morire combattendo, lui ci acco-glierà nel Valhalla. Ma se fuggiremo, se nonsaremo abbastanza forti e ci comporteremocon disonore, allora ci disprezzerà e saremodannati per sempre». Lo sguardo del renonno, che già di per sé era severo e grave,

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si fece minaccioso. Gunnar si spaventò. Maa quel punto il re, che comprese di aver esa-gerato, sorrise: «Lo so che hai solo ottoanni, Gunnar» continuò stringendolo a sé«eppure devi diventare un grande guerriero,come lo è stato tuo padre, mio figlio!» Col-to da un momento di debolezza il re si la-sciò andare, una lacrima gli scese sullaguancia. Strinse gli occhi più volte cercan-do di soffocare la sofferenza e distolse losguardo dal bambino. Un re non dovrebbemai piangere, soprattutto davanti ai proprieredi. Calò il silenzio nella sala del tronodeserta. Nonno e nipote si abbracciarono,illuminati dal fuoco dei bracieri.

«Dov’è Odino, nonno?»«Vive sulla Grande Montagna, la più alta

che vedi a est, davanti alla porta diKåreheim».

«Tu l’hai mai visto?»«No. Ma tuo padre... tuo padre è con

lui».«Il Valhalla è sulla Grande Montagna?

Posso andare da mio padre, lassù?»«Non puoi. Forse ti ho confuso con i

miei discorsi... un giorno rivedrai tuo padre,ma quel giorno è ancora molto lontano.Adesso va da tua madre e riposa. E ricordati

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che per un vichingo il tempo è molto im-portante. Vedrai: il tempo farà di te unuomo».

«Ti voglio bene nonno».«Anch’io te ne voglio, Gunnar».

***

Trascorsero due lustri e Gunnar crebbeforte e coraggioso. Re Håkon morì in batta-glia, affrontando i Möss alla testa dei suoiberserkir, durante l’ennesimo assalto allemura di Kåreheim. Lo zio di Gunnar, Eirik,salì al trono. Si trattava di un vero vichingo,di quelli con la pirateria nel sangue, chegiocavano più d’astuzia e meno d’impetosui nemici... mostrando forse poco onore,ma raggiungendo sempre i suoi obiettivi. Eforse era proprio di uno come lui che i Vi-chinghi avevano bisogno, per sopravvivereai Möss, gli orrendi ratti alti come un uomo,puzzolenti e violenti, che camminavanocurvi e si battevano come bestie prive di in-telletto. Oppure avevano bisogno di lui perdifendersi dai terribili Ørne che attaccavanodal cielo, o dai giganteschi Hunde pelosicapaci di uccidere, anche da soli, dieci uo-mini alla volta.

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Eirik riuscì a tenere a bada i nemici perdue lustri. Potenziò la flotta di drakkar esnekke che, grazie all’acqua magica, vola-vano sulle lande ghiacciate di Niflheimrcome sentinelle. I Vichinghi conobbero cosìun lungo periodo di tranquillità.

***

In un pomeriggio più freddo del solito, diquelli in cui il fiato che esce sotto forma divapore rischia di solidificarsi all’istante incubetti di ghiaccio, due cacciatori si aggira-vano tra gli alberi colmi di neve, spingendouna slitta.

Si fermarono. Uno dei due preparò arcoe freccia, la preda era vicina.

«L’hai sentito, Ingrid?»«No».Gunnar le indicò tra gli arbusti, dritto da-

vanti a lei. Poi tese l’arco, prese con calmala mira sullo svinekød che si confondeva inmezzo a tutto quel bianco e scoccò un colpomicidiale. Il bestione goffo e peloso irrigidìle antenne, gli occhi simili a quelli dellamosca divennero vitrei e cadde con un ton-fo sordo.

«L’hai centrato!» gridò Ingrid.

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«Sbaglio mai un colpo?» le rispose lui,ridendo.

Ingrid spinse la slitta verso l’animale ab-battuto, Gunnar si sistemò l’arco a tracollae la seguì. Insieme caricarono la bestia.

Il giorno morente tinse di rosso il cielo,la sera avrebbe presto ceduto il passo allanotte e le tre lune divennero sempre più vi-sibili e allineate.

«Le Norne ci controllano, Gunnar» so-spirò Ingrid mentre le osservava.

«Quelle tre vecchie tessono la trama delnostro destino».

«Cosa avranno preparato per noi?»«Quando sarò al cospetto di Odino, am-

mirerà il mio coraggio e mi accoglierà nelValhalla. Qualsiasi cosa abbiano deciso perme quelle tre vecchie!» Gunnar sorrise e af-ferrò Ingrid con una stretta vigorosa. «Mafino a quel giorno staremo sempre insieme»e la baciò. Lei contraccambiò con passione.

Sopra le loro teste, oltre le cime degli al-beri, scivolò una snekke. Gunnar e Ingridriuscirono a vederla per un attimo appena,tanto era fitta e colma di neve, la vegetazio-ne.

«Vuoi vedere il pozzo di acqua magica diSnorri? È qui vicino».

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«Quello dove comanda quella smorfiosadi Borghild?» Ingrid l’allontanò da sé,estrasse la spada e dette un’imbroccata,bloccando a pochi millimetri dalla gola.«Ricordati che sei mio! Se ti scopro conun’altra saprò cosa tagliare».

«Sono sicuro che scherzi. E poi Borghildè brutta» ridacchiò lui, ma il sorriso gli sispense sulla faccia. Restarono così per qual-che secondo, circondati dal bosco silenzio-so, immobili.

«Forse è meglio lasciar perdere quel poz-zo».

«Forse...» gli rispose lei. Sorrise. E dalsorriso passò a una grassa risata. Rinfoderòla spada e l’abbracciò. «Torniamo. La cac-cia è andata a buon fine e ci meritiamo unaserata davanti al fuoco dei bracieri, comodisotto calde pellicce».

Gunnar si dette da fare con la slitta, In-grid l’aiutò e iniziarono a scivolare versoKåreheim.

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I feroci Hunde conoscono solo la violenza.

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L’alba fredda del giorno seguente illumi-nò il panorama. Le cime innevate che ac-cerchiavano la Grande Montagna, sorve-gliante severa di Niflheimr, sembravano alconfronto solo leggeri rilievi. In cielo ap-parve il drakkar che volava a vela spiegataverso sud, verso i confini delle terre ghiac-ciate. La polena a forma di drago, possentee minacciosa, dava l’impressione di esserela prima sentinella tra i Vichinghi dell’equi-paggio.

La quiete mattutina fu interrotta.«Laggiù! Vedo qualcosa!» gridò Olaf, a

prua. Aguzzò la vista parandosi dal sole colpalmo della mano e appena fu sicuro diaver identificato l’avvistamento aggiunse:«Sono Hunde! Corrono sulla neve più velo-ci del solito».

Pål l’affiancò massaggiandosi nervoso lafolta barba rossa. «Sono proprio Hunde. Ecorrono in direzione di Kåreheim».

«Sono pochi per tentare un assedio...»«Non tenteranno mai un assedio, perché

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li fermeremo prima!» sguainò la spada, af-ferrò lo scudo attaccato allo scafo e sbraitò:«Øystein! Portaci giù! Li faremo a pezzi evoglio essere il primo a colpire! Yahhh!!!»

Øystein abbassò il timone laterale cheazionò due alettoni, il drakkar scese in pic-chiata. L’acqua magica che bagnava lo sca-fo senza asciugare mai, produsse energiapreziosa e portò sostegno alla forza del ven-to sulla vela.

A terra, gli Hunde si fermarono. Ostenta-rono le mazze ferrate e le clave uncinate,ruggirono in segno di sfida e attesero.

Mentre il drakkar scendeva e i Vichinghitendevano i loro archi pronti a scoccare lefrecce, avvenne qualcosa di inaspettato.Uno stormo di figure alate bucò le nubi e siavvicinò in rotta di collisione.

«Ørne! Ci attaccano!» gridò qualcuno.Chi fu abbastanza veloce da voltarsi e

cambiare bersaglio scagliò la sua freccia.Ma servì a poco. Ben presto le ali rapaci ca-larono su tutti, e becchi e artigli acuminaticolpirono. In molti caddero urlanti, feriti,dilaniati. Riparati dietro gli scudi, i super-stiti risposero con le spade e con le scuri.Olaf roteò più volte la sua ascia bipenne perimprimere maggior forza al colpo e tagliò

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di netto la testa a un Ørne. Combatteronocon coraggio, ma gli Ørne, che bevevanol’acqua magica prima di andare in battagliae si caricavano di energia, vomitarono lam-pi di fuoco dagli occhi. Scudi e elmi diven-nero roventi, alcuni uomini in fiamme sigettarono dal drakkar urlando.

Chi teneva il timone mantenne la calma emanovrò per planare sulla neve, in modoche la picchiata non finisse in catastrofe. Aquel punto, però, gli Hunde dilagarono sullanave e i berserkir, attaccati su due fronti,capirono che era la fine. Agitarono asce espade. Il loro grido di battaglia privo dipaura sovrastò i nemici, si gettarono nellamischia e morirono combattendo. Per lorosi sarebbero certamente spalancate le portedel Valhalla.

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Quella sera re Eirik, seduto sul trono,aveva radunato i suoi uomini migliori da-vanti a sé.

«Ørne e Hunde insieme, com’è possibi-le?» sbraitò.

«Abbiamo trovato le loro carcasse inmezzo a quella mattanza» gli rispose

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Øyvind, il vichingo più alto e più grosso ditutti. «Forse si sono alleati».

«Se è così vinceranno la guerra. Control-lano la terra e l’aria. Gli resta precluso ilsottosuolo, ma i Möss sono troppo stupidiper tenergli testa o per allearsi con noi».

«I Möss sono il popolo più numeroso, siriproducono a un ritmo incredibile. Saràdifficile sterminarli».

Il re si tormentò nervoso la barba nera. «IMöss sono una piaga, non una risorsa. Ep-pure noi possiamo allearci con qualcunoche è infinitamente più potente dei nostrinemici».

«Chi?»«Odino».Le facce sconvolte da tanto ardimento

fecero comprendere al re che avrebbe avutodifficoltà a reclutare seguaci per l’impresache aveva in mente.

«Zio...» osò Gunnar, ma si corresse subi-to dopo l’occhiata di rimprovero del re.«Sire... non possiamo neanche entrare nellaGrande Montagna. E poi come si può pen-sare di sfidare un dio?»

«Non lo sfideremo, chiederemo il suoaiuto!» rispose Eirik. «Abbiamo la chiaveper entrare nella sua dimora».

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Øyvind sollevò il suo enorme martello.«Quest’arma e il mio braccio sono ciò chedi più potente abbiamo a Kåreheim. Nonesistono chiavi per accedere al Valhalla, losanno tutti. Ma farò quel che devo per ab-battere il portone d’ingresso, se me lo chie-derai, mio re».

«Non sarà necessario, amico mio.» Conun cenno chiamò la figlia Åse, che se nestava in fondo alla sala tenendo tra le maniuna cesta coperta da un telo.

Åse sfilò in mezzo ai guerrieri e si fermòdi fronte a suo padre.

«Scopri la cesta» le ordinò lui.Lei eseguì rivelando un oggetto molto

dissimile da una chiave: lucente, di formacilindrica, con tre piccoli fori laterali dentroi quali brillavano prepotenti tre luci rosse.

«Che magia è questa?» chiese sbalorditoGunnar.

«Questa, Gunnar, è la chiave di Odino.Rubata da re Ragnar durante il lungo viag-gio attraverso Ginnungagap».

Øyvind, con prudenza, toccò la chiave.Poi la prese con entrambe le mani e la solle-vò.

«È... leggerissima!»«È magica. L’ha forgiata Odino per met-

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terci alla prova. Dobbiamo dimostragli chesiamo astuti, oltre che forti e coraggiosi.Quando ci vedrà entrare nella sua dimoraresterà meravigliato e ci aiuterà a distrugge-re i nostri nemici».

Riuscì a convincerli. I guerrieribrandirono le armi e gridarono in coro:«Eirik! Eirik! Eirik!».

***

Due giorni dopo il drakkar per la missio-ne era pronto a salpare dalla torre più alta diKåreheim. Ingrid, con le lacrime agli occhi,strinse forte Gunnar. «Torna tutto intero,amore mio» gli sussurrò e lo baciò.

«Lascialo in pace, donna! Non puòpartire col tuo pianto nelle orecchie!»sbraitò Eirik.

«Tuo zio è più stupido di uno svinekøddei boschi» bisbigliò lei a denti stretti.

«È anche il tuo re. Il nostro re».«Sì, ma quanto era meglio re Håkon».«Sbrigati Gunnar!» gridò Øyvind mentre

mollava l’ormeggio.«Eccomi, arrivo» Gunnar dette un ultimo

bacio fugace alla sua donna e corse verso ildrakkar che ormai si stava allontanando dal

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molo. Spiccò un salto e riuscì a saltarci den-tro per un pelo. Øyvind rise di gusto, Eiriksi voltò con lo sguardo a prua mentre lavela si gonfiava e la nave prendeva veloci-tà.

Attraversarono il cielo sorvolando le lan-de ghiacciate diretti alla Grande Montagna.Il viaggio fu molto lungo, durò giorni egiorni. I drakkar superavano le vette piùalte dei monti comuni, ma la Grande Mon-tagna era altissima, oltre la quota consentitadal potere dell’acqua magica. Così quandola raggiunsero ormeggiarono il drakkar allaparete di roccia innevata, lasciarono alcuniuomini a guardia della nave e iniziarono ainerpicarsi a piedi. Ben presto si scatenòuna tormenta che gli sputò la neve in facciaper ore, lottarono con tutte le loro forze perandare avanti. Esausti, arrivarono a un ripa-ro naturale tra le rocce e fecero una sostanella speranza che il clima ostile si placas-se.

Qualche ora più tardi il vento si era cal-mato e la neve aveva smesso di cadere, cosìdecisero di riprendere la salita. Giunserodavanti a un ammasso di pietre messo lì perfar da barriera a chi avesse tentato di scala-re oltre. Non si fecero intimidire e comin-

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ciarono ad arrampicarsi.Echeggiò un tonfo, e poi un altro e un al-

tro ancora. I Vichinghi erano aggrappati allepietre quando videro affacciarsi dalla cimadella barriera un gigante, con folta barba elunghi capelli bianchi. Brandiva un’asciabipenne talmente grande che sarebbe basta-ta a spazzarli via tutti con un solo colpo.

Il coraggio dei Vichinghi era famoso, iberserkir si gettavano nella mischia e com-battevano fino alla morte per guadagnarsi ilValhalla, ma attaccare un gigante era uninutile suicidio. In molti iniziarono a scen-dere terrorizzati. Eirik gridò, tentando di te-nerli uniti, ma per la prima volta in vita suali vide scappare davanti al nemico. Gli re-starono al fianco solo Gunnar e Øyvind ecomprendendo che non aveva speranze difarcela ordinò: «Indietro! Presto!»

Scesero in fretta e corsero a riparasi, congli altri.

Il gigante, che si era affacciato agitandol’ascia, restò immobile per qualche minutoe poi si ritirò dietro la barriera scomparendoalla vista.

Eirik si massaggiò la barba, qualcosa nonlo convinceva e decise di indagare. Ordinòagli altri di aspettarlo lì e con prudenza tor-

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nò alla barriera. Iniziò a scalarla di nuovo.Salì fino il punto in cui erano arrivati primae udì echeggiare un tonfo, poi un altro e unaltro ancora. Dalla cima si riaffacciò il gi-gante che brandì ancora col medesimo mo-vimento l’ascia. Il re represse il terrore chelo consumava e si arrampicò, fino ad arriva-re all’ultima pietra, ai piedi del mostro. Sitirò su. Alzò lo sguardo. Il gigante avrebbepotuto schiacciarlo all’istante, invece se nestava fermo a fissare il vuoto e ogni tantoagitava l’ascia, sempre con gli stessi movi-menti. Eirik lo attraversò. Era incorporeo.

I Vichinghi, increduli, videro svanire illoro re nella gamba del mostro e poi lo rivi-dero apparire e far loro cenni gridando: «Èsolo un fantasma! Venite, non c’è nessunpericolo».

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