Vicenzaabc n. 3 - 2 aprile 2004

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Cos’altro potrebbe tur- bare il sonno ai vicentini preoccupati per lo stato di salute della Sanità, oltre ai tagli sulle spese correnti, la riduzione di investimenti, le polemiche infinite tra primari e direttore gen- erale? Ad esempio, la presenza in città di un cacciatore notturno di ambulanze che con la sua auto si incolla dietro alle sirene e, con speri- colate manovre, tenta poi di bloccarle lungo la strada. Stiamo parlando del misterioso pilota di una coupé rossa che in queste notti d’inizio pri- mavera (l’ultima lunedì scorso) si apposta davanti al Pronto Soccorso del San Bortolo. Motore acceso, mano sinistra salda- mente sul volante, destra sul cambio pronta ad ingranare la prima, appena l’ambu- lanza esce con i lampeg- gianti accesi, parte la caccia. E così che un’us- cita di servizio si trasforma in una sfida all’ultimo pistone, ten- tando di seminare il cac- ciatore che insegue, affi- anca, precede l’ambu- lanza frenando e accellerando all’im- provviso per cercare di bloccare i poveri sani- tari del 118. A raccon- tare il bizzarro episodio sono gli stessi operatori del servizio, preoccupati dalla sfida lanciata dal fantasioso emulo del film Duel. “Gli autisti dell’ambulanza fanno di tutto per seminarlo e per far perdere le pro- prie tracce. Ma una volta rientrati in sede l’uomo è di nuovo lì, appostato nell’ombra – questa volta a piedi – ad attenderli. Il singolare personaggio si è avvici- nato ma appena l’autista gli ha rivolto la porola chiedendo chi fosse, ha girato i tacchi dandosela a gambe” raccontano al Pronto Soccorso. “Ancora non siamo riusciti a scoprire esattamente chi sia. Ma abbiamo allertato la Questura, che ci ha tranquillizzato: pare si tratti di una persona ben nota ai servizi psichiatrici, convinto che le ambulanze siano navicelle aliene e che l’ospedale faccia da cop- ertura ad una base marziana. Insomma, nulla di cui preoccuparsi veramente”. Si rasserenino dunque i vicentini, il “cacciatore” non è certo il più grave dei problemi che assil- lano la sanità. Inchiesta. Primari cacciati, tagli milionari: ecco cosa succede Rossi ci prova con la velina Il presidente di Aim “sgrida” il Giornale di Vicenza ma viene sbugiardato Ha appena promesso un grande accordo con l’Agsm di Verona, ma sarebbe bene che comin- ciasse col mettere d’accordo se stesso. Giuseppe Rossi, presidente di Aim, è riuscito a litigare con se stesso, con il Giornale di Vicenza, con Silvio Fortuna e con il suo partito, Alleanza Nazionale. Contemporaneamente. Tutto nasce da un pezzo scritto dai consiglieri di centrosinistra Ubaldo Alifuoco e Marino Quaresimin e pubblicato dal Giornale di Vicenza. I due, che hanno spulciato nei bilanci di Aim, evidenziano i loro dubbi per una situa- zione non proprio rosea. Al pezzo segue una reazione - a dir poco scom- posta - di Giuseppe Rossi, che dopo aver letto le osservazioni di Alifuoco e Quaresimin avreb- be preso carta e penna e scritto una lettera sdegnata non già alla redazione, a Quaresimin o ad Alifuoco ma all’amministratore delegato del Giornale di Vicenza, Alessandro Zelgher, lamentando una presunta informazione scorret- ta e puntando l’indice sul direttore, Giulio Antonacci. Colpe che Antonacci si scrolla facilmente di dosso: a controbattere la tesi del centrosinistra sulla questione Aim, il suo giornale ha dato spazio nella stessa pagina all’assessore al bilancio del Comune Carla Ancora (forzista), a un comunicato delle municipalizzate e a una lunga intervista allo stesso presidente Rossi (che tra parentesi, con un ardito paragone, aveva confrontato Aim e Parmalat). A far infuriare tutti però non sono solo gli ingiu- stificati lamenti di Rossi ma anche e soprattut- to l’indebita pressione sul dirigente dell’Athesis, la società editrice del giornale. Pare che Rossi sia diventato “rosso” (il che è tutto dire per uno di Alleanza Nazionale) quando gli stessi esponenti del suo partito gli hanno fatto notare di essersi mosso come un elefante nella cristalleria. Al che, il coraggioso presiden- te delle Aim avrebbe sbugiardato se stesso scaricando la colpa sul suo consigliere (e, a suo dire, vero autore-ispiratore della lettera), Silvio Fortuna. Sparare su Fortuna è facile e ingeneroso: l’im- prenditore vicentino (amministratore delegato dell’ArcLinea di Caldogno) sta passando un momentaccio: non solo per la situazione in Aim ma anche per essersi schierato contro Montezemolo e Calearo in Confindustria. Scelte che oggi gli fanno traballare poltrone e carriera politica. In questo senso, l’imbarazzante lettera inviata all’amministratore delegato dell’Athesis sareb- be dunque l’ennesimo affondo di Fortuna nei confronti di Massimo Calearo, presidente dell’Assindustria vicentina (azionista di riferi- mento del Giornale di Vicenza). In ogni caso, lo scivolone ha provocato più di qualche nervosismo anche ai piani alti di An. Una tirata d’orecchio per i protagonisti - assicu- rano i ben informati - è assicurata. vicenza abc la città a chiare lettere SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO Euro 0,80 venerdì 2 aprile 2004, numero 3, anno III Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DCVicenza Redazione: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] www.vicenzaabc.it questa settimana 2 3 6 7 6 8 politica Alta tensione per l’Alta velocità cronaca Pensionati “Contro Silvio serviamo noi” ritratti vicentini Giorgio Casara il prof più amato dagli studenti vicentini economia Vicenza riscopre la campagna dibattito Il quarto potere dello smog cultura “Goffredo amico mio” Giulio Nascimbeni racconta Parise San Bortolo tra utopia e realtà L’incubo notturno delle ambulanze Incontri ravvicinati del terzo tipo. Da qualche giorno i mezzi di emergenza del San Bortolo sono tallonati da una coupé rossa che non c’è modo di seminare di Andrea Tramarin* Il San Bortolo moderno è stato ideato da Igino Fanton, un ammi- nistratore illuminato che ha dato, prima di tutto, un ruolo all’ospeda- le. Fu durante gli anni settanta, infatti, che furono attivate tutte quelle specialità ancora assenti nei poli universitari vicini: la Chirurgia maxillo faciale, l’Ematologia, la Fisiatria e molte altre ancora. Il fatto di avere un ospedale dota- to, come si usa dire nell’odierno politichese, di “centri di eccellen- za” era, ed è evidentemente ancora oggi, qualcosa che soddisfa la psi- cologia dei vicentini. Furono quelli gli anni che il prof. Dini, uno dei decani ed ex-primario di questo ospedale, definisce ancora come i “golden twenties”. Il San Bortolo non solo prese forma, ma assunse anche un ruolo ed un peso nel panorama della sanità veneta. In effetti, la sfortuna storica di questa città è quella di essere sempre oscu- rata dalle più blasonate città vicine che, nel caso della sanità, sono pure due poli universitari. D’altra parte, perché mai Vicenza non dovrebbe avere un ospedale di rango? Il San Bortolo, bene o male, è il punto di riferimento di un terri- torio vastissimo. E c’è in questa città un umore, un vigore, un’ inventiva, un sangue e dei muscoli che in certe metropoli non possono neppure sognarsi. La recente storia del san Bortolo è stata caratterizzata da alcuni leit- motiv che, tediosamente, sono stati ribaditi per mesi nella stampa loca- le: il buco nel bilancio, la bocciatu- ra del piano industriale, il commis- sariamento. A mandare in rosso il bilancio dell’ospedale sarebbero state diverse iniziative, tra le quali, l’acquisto di una attrezzatura d’a- vanguardia per il trattamento dei tumori: il cyberknife, una tecnolo- gia unica in Europa. La bocciatura ha riguardato, e in un certo senso umiliato, anche la città stessa ed il suo ruolo. Il peso di una città in un ambito regionale, come quello sanitario, non è certo un aspetto trascurabile. Non si tratta infatti dell’identità da campanile. E’ l’effi- cienza dei sistemi di allocazione delle risorse della regione e la copertura del territorio ad essere posta sotto la lente d’ingrandimen- to. Il San Bortolo ha recentemente vis- suto un inattesa rivoluzione: da una politica di investimenti e di crescita si è passati ad una politica di austerità e di contenimento della spesa. Un passaggio dal mondo della fantasia a quello della realtà. L’entusiasmo e la voglia di fare che la precedente amministrazione aveva creato sono ormai solo un ricordo. Purtroppo, in queste cose bisogna essere più realisti del re e una cosa è certa: le regole attuali danno ragione a chi, nel bene e nel male, tiene fede al mandato che gli è stato conferito. Chi investe in sanità trova sempre popolarità e consenso. Chi risparmia, o cerca di razionalizzare l’esistente, invece, si ritrova ad interpretare un ruolo oscuro ed impopolare. Alla doman- da sulla bontà dell’attuale e tra- scorsa amministrazione del San Bortolo non c’è quindi risposta. Sono le regole generali del sistema che vanno cambiate. Non esiste, infatti, un modo oggettivo per giu- dicare l’operato di un direttore generale e non c’è alcun equilibrio, a tutt’oggi, tra il potere sanitario regionale e il potere sanitario loca- le. Un bilancio, poi, non è certo un parametro che, da solo, possa bastare a definire come efficace la gestione di un ospedale. Paradossalmente, infatti, per man- tenere un bilancio in pareggio può bastare, in teoria, un atteggiamento improntato alla totale indolenza ed alla più completa passività. Bisognerebbe, quindi, ripensare al modello di valutazione degli ospe- dali rendendolo più trasparente e democratico. Una pagella con voti e materie, così sono valutati, ad esempio, gli ospedali in Inghilterra. Se i direttori generali fossero giudi- cati sulla base della riduzione delle liste di attesa, sulla qualità del ser- vizio alberghiero, sull’igiene dell’o- spedale; se fossero resi espliciti il numero degli interventi chirurgici saltati, la prevalenza delle infezioni ospedaliere, la soddisfazione degli operatori sanitari (anche i dati sul- l’assenteismo sarebbero sufficienti a tal scopo); se al posto della spesa sanitaria calcolata sul numero di abitanti ci fosse la misurazione del reale fabbisogno finanziario di un ospedale; beh, allora si, si potrebbe cominciare a ragionare e ciò che sembra utopia potrebbe essere, chissà, una realtà. *infettivologo ed economista sanitario Stanno distruggendo l’ospedale Servizi a pagg. 4 e 5

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La serie completa, pubblicata quotidianamente, del settimanale vicentino diretto da Matteo Rinaldi dal marzo 2004 al gennaio 2006.

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Cos’altro potrebbe tur-bare il sonno ai vicentinipreoccupati per lo statodi salute della Sanità,oltre ai tagli sulle spesecorrenti, la riduzione diinvestimenti, lepolemiche infinite traprimari e direttore gen-erale? Ad esempio, lapresenza in città di uncacciatore notturno diambulanze che con lasua auto si incolla dietroalle sirene e, con speri-colate manovre, tentapoi di bloccarle lungo lastrada.Stiamo parlando delmisterioso pilota di unacoupé rossa che inqueste notti d’inizio pri-mavera (l’ultima lunedìscorso) si appostadavanti al ProntoSoccorso del SanBortolo. Motore acceso,mano sinistra salda-mente sul volante,

destra sul cambiopronta ad ingranare laprima, appena l’ambu-lanza esce con i lampeg-gianti accesi, parte lacaccia. E così che un’us-cita di servizio sitrasforma in una sfidaall’ultimo pistone, ten-tando di seminare il cac-ciatore che insegue, affi-anca, precede l’ambu-lanza frenando eaccellerando all’im-provviso per cercare di

bloccare i poveri sani-tari del 118. A raccon-tare il bizzarro episodiosono gli stessi operatoridel servizio, preoccupatidalla sfida lanciata dalfantasioso emulo delfilm Duel. “Gli autistidell’ambulanza fanno ditutto per seminarlo eper far perdere le pro-prie tracce. Ma unavolta rientrati in sedel’uomo è di nuovo lì,appostato nell’ombra –

questa volta a piedi – adattenderli. Il singolarepersonaggio si è avvici-nato ma appenal’autista gli ha rivolto laporola chiedendo chifosse, ha girato i tacchidandosela a gambe”raccontano al ProntoSoccorso. “Ancora nonsiamo riusciti a scoprireesattamente chi sia. Maabbiamo allertato laQuestura, che ci hatranquillizzato: pare si

tratti di una personaben nota ai servizipsichiatrici, convintoche le ambulanze sianonavicelle aliene e chel’ospedale faccia da cop-ertura ad una basemarziana. Insomma,nulla di cui preoccuparsiveramente”. Sirasserenino dunque ivicentini, il “cacciatore”non è certo il più gravedei problemi che assil-lano la sanità.

Inchiesta. Primari cacciati, tagli milionari: ecco cosa succede

Rossi ci prova con la velinaIl presidente di Aim “sgrida” il Giornale di Vicenza ma viene sbugiardatoHa appena promesso un grande accordo con

l’Agsm di Verona, ma sarebbe bene che comin-ciasse col mettere d’accordo se stesso.Giuseppe Rossi, presidente di Aim, è riuscito alitigare con se stesso, con il Giornale diVicenza, con Silvio Fortuna e con il suo partito,Alleanza Nazionale. Contemporaneamente.

Tutto nasce da un pezzo scritto dai consiglieridi centrosinistra Ubaldo Alifuoco e MarinoQuaresimin e pubblicato dal Giornale diVicenza. I due, che hanno spulciato nei bilancidi Aim, evidenziano i loro dubbi per una situa-zione non proprio rosea.

Al pezzo segue una reazione - a dir poco scom-posta - di Giuseppe Rossi, che dopo aver lettole osservazioni di Alifuoco e Quaresimin avreb-be preso carta e penna e scritto una letterasdegnata non già alla redazione, a Quaresimino ad Alifuoco ma all’amministratore delegatodel Giornale di Vicenza, Alessandro Zelgher,lamentando una presunta informazione scorret-

ta e puntando l’indice sul direttore, GiulioAntonacci.

Colpe che Antonacci si scrolla facilmente didosso: a controbattere la tesi del centrosinistrasulla questione Aim, il suo giornale ha datospazio nella stessa pagina all’assessore albilancio del Comune Carla Ancora (forzista), aun comunicato delle municipalizzate e a unalunga intervista allo stesso presidente Rossi(che tra parentesi, con un ardito paragone,aveva confrontato Aim e Parmalat).

A far infuriare tutti però non sono solo gli ingiu-stificati lamenti di Rossi ma anche e soprattut-to l’indebita pressione sul dirigentedell’Athesis, la società editrice del giornale.Pare che Rossi sia diventato “rosso” (il che ètutto dire per uno di Alleanza Nazionale) quandogli stessi esponenti del suo partito gli hannofatto notare di essersi mosso come un elefantenella cristalleria. Al che, il coraggioso presiden-te delle Aim avrebbe sbugiardato se stesso

scaricando la colpa sul suo consigliere (e, asuo dire, vero autore-ispiratore della lettera),Silvio Fortuna. Sparare su Fortuna è facile e ingeneroso: l’im-

prenditore vicentino (amministratore delegatodell’ArcLinea di Caldogno) sta passando unmomentaccio: non solo per la situazione in Aimma anche per essersi schierato controMontezemolo e Calearo in Confindustria. Scelteche oggi gli fanno traballare poltrone e carrierapolitica.

In questo senso, l’imbarazzante lettera inviataall’amministratore delegato dell’Athesis sareb-be dunque l’ennesimo affondo di Fortuna neiconfronti di Massimo Calearo, presidentedell’Assindustria vicentina (azionista di riferi-mento del Giornale di Vicenza).

In ogni caso, lo scivolone ha provocato più diqualche nervosismo anche ai piani alti di An.Una tirata d’orecchio per i protagonisti - assicu-rano i ben informati - è assicurata.

vicenzaabcla città a chiare lettere

SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO

Euro 0,80

venerdì 2 aprile 2004, numero 3, anno III

Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DC VicenzaRReeddaazziioonnee:: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] wwwwww..vviicceennzzaaaabbcc..iitt

questa settimana

2 3 6 76 8

politicaAlta tensioneper l’Alta velocità

cronacaPensionati“Contro Silvioserviamo noi”

ritratti vicentiniGiorgio Casarail prof più amatodagli studenti vicentini

economiaVicenza riscoprela campagna

dibattitoIl quarto poteredello smog

cultura“Goffredo amico mio”Giulio Nascimbeniracconta Parise

San Bortolotra utopia e realtà

L’incubo notturnodelle ambulanze

Incontri ravvicinati del terzo tipo. Da qualche giorno i mezzi di emergenza del San Bortolo sono tallonati da una coupé rossa che non c’è modo di seminare

di Andrea Tramarin*

Il San Bortolo moderno è statoideato da Igino Fanton, un ammi-nistratore illuminato che ha dato,prima di tutto, un ruolo all’ospeda-le. Fu durante gli anni settanta,infatti, che furono attivate tuttequelle specialità ancora assenti neipoli universitari vicini: la Chirurgiamaxillo faciale, l’Ematologia, laFisiatria e molte altre ancora.Il fatto di avere un ospedale dota-to, come si usa dire nell’odiernopolitichese, di “centri di eccellen-za” era, ed è evidentemente ancoraoggi, qualcosa che soddisfa la psi-cologia dei vicentini. Furono quelligli anni che il prof. Dini, uno deidecani ed ex-primario di questoospedale, definisce ancora come i“golden twenties”. Il San Bortolonon solo prese forma, ma assunseanche un ruolo ed un peso nelpanorama della sanità veneta. Ineffetti, la sfortuna storica di questacittà è quella di essere sempre oscu-rata dalle più blasonate città vicineche, nel caso della sanità, sonopure due poli universitari. D’altraparte, perché mai Vicenza nondovrebbe avere un ospedale dirango? Il San Bortolo, bene o male,è il punto di riferimento di un terri-torio vastissimo. E c’è in questacittà un umore, un vigore, un’inventiva, un sangue e dei muscoliche in certe metropoli non possononeppure sognarsi.La recente storia del san Bortolo èstata caratterizzata da alcuni leit-motiv che, tediosamente, sono statiribaditi per mesi nella stampa loca-le: il buco nel bilancio, la bocciatu-ra del piano industriale, il commis-sariamento. A mandare in rosso ilbilancio dell’ospedale sarebberostate diverse iniziative, tra le quali,l’acquisto di una attrezzatura d’a-vanguardia per il trattamento deitumori: il cyberknife, una tecnolo-gia unica in Europa. La bocciaturaha riguardato, e in un certo sensoumiliato, anche la città stessa ed ilsuo ruolo. Il peso di una città in unambito regionale, come quellosanitario, non è certo un aspettotrascurabile. Non si tratta infattidell’identità da campanile. E’ l’effi-cienza dei sistemi di allocazionedelle risorse della regione e lacopertura del territorio ad essereposta sotto la lente d’ingrandimen-to. Il San Bortolo ha recentemente vis-suto un inattesa rivoluzione: da

una politica di investimenti e dicrescita si è passati ad una politicadi austerità e di contenimento dellaspesa. Un passaggio dal mondodella fantasia a quello della realtà.L’entusiasmo e la voglia di fare chela precedente amministrazioneaveva creato sono ormai solo unricordo. Purtroppo, in queste cosebisogna essere più realisti del re euna cosa è certa: le regole attualidanno ragione a chi, nel bene e nelmale, tiene fede al mandato che gliè stato conferito. Chi investe insanità trova sempre popolarità econsenso. Chi risparmia, o cerca dirazionalizzare l’esistente, invece, siritrova ad interpretare un ruolooscuro ed impopolare. Alla doman-da sulla bontà dell’attuale e tra-scorsa amministrazione del SanBortolo non c’è quindi risposta.Sono le regole generali del sistemache vanno cambiate. Non esiste,infatti, un modo oggettivo per giu-dicare l’operato di un direttoregenerale e non c’è alcun equilibrio,a tutt’oggi, tra il potere sanitarioregionale e il potere sanitario loca-le. Un bilancio, poi, non è certo unparametro che, da solo, possabastare a definire come efficace lagestione di un ospedale.Paradossalmente, infatti, per man-tenere un bilancio in pareggio puòbastare, in teoria, un atteggiamentoimprontato alla totale indolenza edalla più completa passività.Bisognerebbe, quindi, ripensare almodello di valutazione degli ospe-dali rendendolo più trasparente edemocratico. Una pagella con votie materie, così sono valutati, adesempio, gli ospedali in Inghilterra.Se i direttori generali fossero giudi-cati sulla base della riduzione delleliste di attesa, sulla qualità del ser-vizio alberghiero, sull’igiene dell’o-spedale; se fossero resi espliciti ilnumero degli interventi chirurgicisaltati, la prevalenza delle infezioniospedaliere, la soddisfazione deglioperatori sanitari (anche i dati sul-l’assenteismo sarebbero sufficientia tal scopo); se al posto della spesasanitaria calcolata sul numero diabitanti ci fosse la misurazione delreale fabbisogno finanziario di unospedale; beh, allora si, si potrebbecominciare a ragionare e ciò chesembra utopia potrebbe essere,chissà, una realtà.

*infettivologo ed economista sanitario

Stanno distruggendol’ospedale

Servizi a pagg. 4 e 5

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La Vicenza del nuovo millen-nio: una city da 250 mila abi-tanti, la metropolitana. Unauniversità con 10 mila studenti,un nuovo teatro, un parco tec-nologico a Vicenza est. Ecco ildisegno per la Vicenza didomani voluto dall'ingegnerGiovanni Crocioni, uno degliurbanisti più conosciuti nelPaese, il quale fra mille squillidi tromba aveva preparato dueanni fa una bozza di nuovopiano regolatore che avrebberegalato a Vicenza il salto diqualità atteso da cinquant'anni.Ma che fine ha fatto Crocioni?Ufficialmente la sua bozza è inattesa di un’ulteriore valutazio-ne del consiglio, ma si vociferaormai da un anno che l'insigneprofessore universitario non siamai stato gradito alla direttricedel Territorio LorellaBressanello. Sembra che la

visione dell'urbanistica diCrocioni, una visione di largorespiro, si sia dimostrataappunto di respiro eccessiva-mente ampio rispetto a quelloche aleggia da almeno trent'an-ni sugli uffici tecnici cittadini.

Tant'è che da mesi di Crocioninon parla più nessuno. Se sidomanda dove sia a qualcheesponente della giunta, la cosaprovoca una orticaria.

m.m

Alta velocità e Aim sono stati i grandi temi dell'agen-da settimanale della politica vicentina. Ma è il proget-to del supertreno che, in questi giorni, registra lenovità più importanti.

Alta velocità: sindacicontro locomotoriIl Tar del Lazio la settimana scorsa è statochiaro. Entro una ventina di giorni si saprà se sullaapplicazione della legge obiettivo allaVerona-Vicenza-Padova esistono profili diincostituzionalità. In soldoni si saprà se sulpercorso occidentale della tratta veneta dell'altacapacità si potrà far valere la procedura sprintscelta dal Gruppo Fs o se i rilievi mossi dallaconferenza permanente dei sindaci dell'area bericaverranno presi in considerazione proprio dallamagistratura amministrativa, che potrebbe chiederel'intervento dell'Alta Corte.Questa decisione potrebbe cambiare completamentelo scenario sulla Tav, che attualmente pende dallaparte del Gruppo Fs, il quale non ha mai gradito leresistenze incontrate nel Padovano, nel Vicentino enel Veronese. Resistenze che hanno impedito al gesto-re ferroviario di presentare un progetto che invece ègià pronto per il resto della tratta Milano Venezia.L'ipotesi però che Tar e Corte costituzionale surgeli-no il contenzioso mettendo a rischio la prosecuzionedella progettazione, ha fatto imbufalire il presidentedella commissione Territorio Beppe Tapparello (An),che come il suo compagno di partito Claudio Cicero(assessore ai trasporti) non condivide che i comunidella cintura berica (della Cdl, come dell'Ulivo)abbiano ricorso contro l'applicazione della leggeobiettivo al progetto voluto dalle Ferrovie delloStato.La questione è complessa. Sia Vicenza, sia i comunidell'hinterland hanno sposato un progetto alternativoche prevede la realizzazione di un tunnel sotto ilcapoluogo che si ricollega poi a Torri in direzione

Padova e ad Altavilla in direzione Verona.Conferenza e capoluogo sostengono che l'opera (800milioni di euro in preventivo) è assai meno invasivasul piano sociale ed economico, perchè l'interramento- sostiene il consulente scientifico della conferenzaErasmo Venosi - eviterebbe sventramenti inimmagina-bili ed un uso quanto meno poco assennato dellerisorse del territorio locale. Cicero ed il consigliocomunale del capoluogo sono sempre stati su unaposizione simile, ma quando si è passati al ricorso alTar (a Roma pare che ci siano buone possibilità l’ap-plicazione della procedura sprint sia messa in unangolo), la maggioranza non ha gradito. Cicerosoprattutto teme che un affronto del genere possaindispettire il ministro dei Trasporti Lunardi, il qualepotrebbe essere meno propenso ad aprire icordoni della borsa per il progetto meno impattante eper dare l'ok a quello di Fs, che costa la metà.Il fatto è che Cicero non lo ha mai detto apertamente,ma teme che una volta bloccato l'intero progettoVicenza dovrà dire addio anche alla nuova stazione eai finanziamenti che rimarrebbero impigliati all'operaprincipale e che potrebbero essere adoperati per opereda realizzare in città.

Ma Cicero non vuoleperdere il trenoMa a che cosa servirà realmente il supertreno?Inizialmente si doveva trattare di una linea che avreb-be garantito sulle direttrici principali (Napoli-Roma,Torino Trieste in primis) collegamenti ancor più rapi-di degli attuali Eurostar.Insomma treni che si voleva assomigliassero un po'nelle prestazioni ai Tgv francesi e agli Ice tedeschi.Poi però il super treno Tav (treno alta velocità) èdiventato un sogno troppo costoso, sicché dal cilin-dro di Fs è uscita la Tac (treno alta capacità). Untreno che possa garantire medie un po' più elevate,un alto flusso di passeggeri e merci. Ma quali sono ledifferenze allora tra risistemare l’attuale linea e

costruirne una nuova se non c'èbisogno di grosse punte di veloci-tà?"Non vorrei mai - sottolinea

Venosi - che alla fine della fiera ilgioco sia semplice. Le proiezionisugli aumenti dei viaggiatori edelle merci presentate per il pros-simo decennio dallo stessoGruppo Fs a lavori conclusi parladi piccole cifre percentuali (2%per i passeggeri; 0,6% per lemerci, Ndr) perchè spendere tantoallora? Non vorrei mai che lavera utilità dell’alta capactà sia ilgigantesco volume di affari e diappalti generato con soldi pubbli-ci al 100% e controllato dalmanagement del Gruppo Fs".

Diversa invece la questione dellaalleanza di Aim con la veroneseAgsm. L'ipotesi di accordo è stataprospettata dal presidente dellaspa berica Giuseppe Rossi, chenon ha però voluto entrare neidettagli. Il sindaco EnricoHüllweck ha accolto molto positi-vamente la proposta; lo stessogiudizio proviene da VicenzaCapoluogo che plaude alla pro-spettiva.Sulla testa del sindaco peròincombe ancora la bruttafigura rimediata tre anni fa quan-do in pompa magna il governato-re veneto Gianfranco Galan, lostesso Hüllweck e gli allora sindaci di Padova eVerona annunciarono una santa alleanza delle tre piùimportanti multiutility venete. Alleanza che poi si èsfarinata nei mesi a seguire. Il patto in via di defini-zione quindi è in attesa anche dell'ok politico della

giunta scaligera, che ora esprime un sindaco di cen-trosinistra.

Marco Milioni

sette giorni di politica

Alta Velocità: Cicero va di corsama i sindaci fermano il treno

Tapparello e Cicero contro gli amministratori dell’Area Berica che hanno ricorso contro la procedura velocizzata per il Tav:la paura è quella di indispettire il ministro dei Trasporti Lunardi e soprattutto di perdere i finanziamenti legati alla grande opera

Intanto l’Aim tiene banco: l’alleanza con Verona, presentata qualche giorno fa, resta ancora un mistero

Il golden boy azzurro che gioca anche per gli avversari Golden boy della politicavicentina o ragazzetto obbliga-to ancora ad ascoltare i consi-gli (politici si intende) dipapà? Uomo chiave della svol-ta forzista in città o capo diuna fronda finita male? Sonoqueste le domande che esconodai muri e dai corridoi dipalazzo Trissino quando siparla di Marco Zocca.Trentasei anni, figlio diAlberto, uno dei Dc in voga aiprimi degli anni Novanta,Marco aveva messo sotto scac-co il sindaco Enrico Hüllweckdurante la scorsa estate gui-dando la fronda interna algruppo azzurro con l'aiuto diFiorenza Dal Zotto.Manovrando con abilità,Zocca era riuscito a farsi

nominare a capo della presi-denza della commissione terri-torio facendo uno sgarbo alprimo cittadino e ad An, iquali per la poltronissima ave-vano designato il più mansue-to Beppe Tapparello, propriodi Alleanza Nazionale.

Operazione vendettao voglia di pulizia?I sostenitori di Zocca pensanoche fosse la mossa giusta perfare un po' di repulisti all'ur-banistica, per dare il via aduna nuova fase di trasparenza.I detrattori pensano invece sisia trattato di una vendetta adanno del sindaco, reo, secon-do lo stesso Zocca, di nonavergli assegnato una sedia in

giunta pari al peso dell'attualeconsigliere, il quale seccatoper la "misera" proposta di unreferato al decentramentodopo le elezioni di giugnoavrebbe sbattuto la porta infaccia all'esecutivo.Il giochino però si è rotto inmano a Zocca quando, pressa-to da una parte dei consiglieri,è stato obbligato a mollare lapresidenza a favore diTapparello.

Quando Marcofece tremare HüllweckE ancora una volta i giudizi sisono divisi: mancanza diappoggi politici forniti dapapà; poco stomaco per gioca-re duro quando il gioco si fa

duro, la ragione dei maldicen-ti. Fiducia nel partito, volontàdi dialogo con gli alleati, è latesi cara agli amici. Ma c'èstata un'altra occasione in cuiMarco ha avuto in mano ilbottone per “spegnere”Hüllweck.

E quando “controllò”BerlusconiA fine anno quando si è vota-ta la maxi delibera sulCotorossi e sul nuovo tribuna-le, un affare per qualche centi-naia di milioni di euro (unpiano molto gradito anche alpremier Silvio Berlusconi, finoa poche settimane fa proprie-tario dell'area) Zocca control-lava un pugno di voti con i

quali, assieme alla minoranzaavrebbe potuto far saltarecontinuamente il numero lega-le, mandando all'aria unaccordo che doveva esserevotato entro il 31 dicembre.Gli anti Zocca sostengono sitrattasse del solito bluff perottenere qualcosa, magari lapromessa di un posto di pre-gio in giunta. Altri non dubi-tano della volontà del goldenboy (di professione commer-cialista) di dare una ventata dinovità al partito, dal qualeperò sembra siano arrivateminacce di espulsione qualorafosse saltato per aria il proget-to gradito al gran capo in per-sona.

m.m

Identikit del potere. Marco Zocca ha tenuto lungamente in scacco la sua maggioranza e perfino l’accordo che piace a Berlusconi

ACQUE MOSSE IN LAGUNALABIRINTI DI PALAZZO

Crocioni? Metteteci una croce sopra Era stato voluto da Hüllweck ma ora del progetto dell’ingegnere non c’è più traccia

È cominciata la corsa per accaparrarsi un po’ di voti degli ita-liani che vivono all’estero da quando, finalmente, potrannovotare a partire dalle prossime politiche del 2006.In Veneto sono due i partiti che si sono mossi per primi eche, una volta individuata nell’America Latina la riserva elet-torale da sfruttare, si sono accuratamente spartiti le minieredi voti.La Lega Nord punta al Brasile dove moltissimi sono i venetiemigrati mentre Alleanza Nazionale si è specializzatanell’Argentina anche questa una buona piazza dove i cittadi-ni con doppio passaporto sono tantissimi.Due partiti e due strategie diverse. La Lega Nord ha scelto ladiscrezione, il basso profilo, ed ha affidato al Presidente delConsiglio regionale Enrico Cavaliere il ruolo di apripista.Spesso e volentieri il numero uno dell’assemblea legislativaveneta prende il volo verso Rio Grande Do Sul che è un po’la sua base operativa. I primi viaggi avevano qualche motiva-zione ufficiale come l’inaugurazione di un leone di San Marcoin pietra donato dal Consiglio veneto alla cittàdi Rio Grande; in seguito le missioni si sono fatte semprepiù “top secret”.Alleanza Nazionale ha, invece, scelto una via più visibile conl’assessore Raffaele Zanon, a cui Galan ha affidato la dele-ga ai flussi migratori, che fa la spola tra Venezia e BuenosAires forte anche del suo incarico di consulente del ministroper gli italiani nel mondo Mirko Tremaglia. Ma per Zanon sono

presto cominciati i guai.Ci si è accorti, innanzitutto, che gli aiuti del Veneto agli argen-tini travolti dalla crisi economica (soprattutto vestiti usati emedicine non omologate per il Sudamerica) non vanno bene.E così Zanon ha recentemente annunciato il “contrordine”: ladestinazione dei fondi veneti per l’Argentina (1,5 milioni dieuro) cambierà e sarà indirizzata verso attrezzature ospeda-liere e polizze assicurative per coprire le spese sociosanita-rie di chi non può permetterselo. Unico particolare: Zanon“dimentica” di dire che questa nuova destinazione dei fondiè già stata illustrata proprio a Buenos Aires dal suo ideatoree cioè il collega di Giunta assessore alle Politiche socialiAntonio De Poli (Udc).L’agitarsi di Zanon nei pressi delle pampas argentine non èpassato inosservato anche per altri motivi. L’assessore di Anviene, infatti, accusato dal Comitato delle Associazioni deiVeneti Argentina (Cava) di lavorare per creare una strutturaparallela e alternativa di stretta osservanza An con un obiet-tivo che non è difficile immaginare :sostenere alle elezioni leliste “Tricolore Italiani nel Mondo”. Allarmato da tanto attivi-smo dei suoi assessori il Presidente Galan ha deciso di occu-parsene personalmente e, infatti, la scorsa settimana hafatto un salto a Buenos Aires (con giornalisti al seguito) percalmare le acque, mettere un po’ d’ordine e incoraggiare ipoveri veneto-argentini che non ci capiscono più niente.Forza Argentina, anzi, no, Forza Italia.

A caccia di voti nella pampaDalla Regione. Il voto degli emigrati divide i partiti: la Lega in Brasile, An in Argentina

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Treno ad alta velocità ancorafermo. Per la gioia di migliaia di

vicentini preoccupati dai danniambientali e dalle spese folli

attorno al progetto

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cronaca 3

In migliaia contro Berlusconi“Ma che forza noi pensionati”In pullman e in treno gli “over 60” vicentini si mobilitano per difendere le pensioni contro le strategie del Governo“Ormai siamo noi il vero collante del sindacato” E per farsi pubblicità, la politica conquista anche le pagine della terza età

Hanno unito i tre sindacati Cgil, Cisl e Uil:su tutto possono litigare, ma sui temi caripensionati l’unione è massima. Masoprattutto, sono ormai così importanti,anche numericamente, che per conquistar-li si fa di tutto e di più. Come hannoappunto fatto i tre sindacati confederaliche, per portarli alla grande manifestazio-ne di Roma domani, hanno comperatouna pagina nello speciale Terza età delGiornale di Vicenza. Segno dei tempi: lad-dove una volta c’erano solo reclame diapparecchi acustici, oggi arriva la politica.“Siamo tanti, siamo importanti - diceSandro Lanzarin - pensionato che domani -“pioggia o vento che sia” a Roma ci sarà.Finalmente cominciano ad accorgersi dinoi. Anche perchè, rispetto ai nostri figli enipoti, siamo molto più idealisti. Stranoma vero, tocca a noi lottare per un’Italiamigliore per i nostri nipoti”.Non a caso, da Vicenza partiranno pull-man organizzati proprio per loro, i pensio-nati. “Noi ne abbiamo raccolti quasi unadecina” dicono in Cgil. “Noi solo qualcuno

di meno” aggiungono in Cisl. E la Uil è aruota.Partiranno nel corso della notte (chissà secanteranno Azzurro, coi tempi che corronoo Bandiera Rossa) e si sentiranno, questoè certo, molto più giovani dei loro figli.“Ormai siamo in maggioranza, all’internodelle sigle sindacali - spiega GiorgioLombardo, trent’anni nel settore pubblico -Io la prendo in allegria, ma per la maggiorparte siamo persone che non ce la fannopiù. Traditi dalle riforme del Governo, conla vita che costa cara e le spese sanitariein aumento, non chiediamo una previden-za da nababbi ma solo il minimo indispen-sabile per una vita dignitosa.”Marina Trentin, segretaria della federazio-ne pensionati Cisl di Vicenza, ci illustra ilpiano della manifestazione. “Se l’annoscorso abbiamo protestato soprattutto peri tagli del trattamento sociosanitario, il 3aprile saremo a Roma anche per l’inflazio-ne reale, sfuggita a qualsiasi controllodelle istituzioni.” Da una parte l’aumentodelle spese sanitarie, dall’altra la diminu-

zione del potere di acquisto. È per questoche il nostro obiettivo è portare 500 milapersone a manifestare.”Noi della Spi-Cgil Vicenza saremo 350-400– incalza Gino Ferraresso – e tengo a spe-cificare persone e non pensionati perchési tratta di problemi di tutti. Anche se èvero che all’interno dei sindacati noi pen-sionati siamo sempre di più. Allo Spi sonoiscritte 26650 persone, quasi il 60% deltotale Cgil”. Un altro tema scottante sono le spese pergli anziani non autosufficienti. Mario DallaValle, dei pensionati Uil, gira il coltellonella piaga: “Chiederemo anche l’istituzio-ne di un fondo per questo problema: l’al-lungamento della vita comporta un mag-gior numero di invalidi. Si tratta di unaspesa enorme per le famiglie sia nel casodi ricovero in casa di riposo, sia nel casodi assistenza in casa attraverso badanti.”Dello stesso parere è Marina Trentin:“Negli scorsi mesi abbiamo organizzatopresidi contro il bilancio regionale. IlGoverno non sembra capire che l’aumento

dei ticket ospedalieri e la diminuzione deicontributi per le case di riposo non creanosolo problemi agli anziani. Diminuendol’autosufficienza dei pensionati si intaccaanche il potere d’acquisto delle famiglie.”Dunque, gli anziani più agguerriti dei lavo-ratori nel difendere i loro diritti. “Forse per-ché hanno avuto altre esperienze – consi-dera Trentin – Gli avvenimenti degli anni‘40, la guerra e il dopoguerra, il boomeconomico e il desiderio di offrire una vitamigliore ai figli.” I ‘vecchi’, insomma, siscoprono più idealisti dei giovani. E diven-tano anche un collante per le parti sociali.“A questa manifestazione partecipanotutte e tre le sigle sindacali in modo com-patto. Non ci saranno solo pensionati maanche tanti lavoratori preoccupati per illoro futuro”.Tra i pensionati famosi del vicentino ancheMario Rigoni Stern. Che però - fanno sape-re in segreteria - non parteciperà allamanifestazione. “Troppi acciacchi - spiega- ma virtualmente sono lì con voi”.

i.t.

Domani la grande manifestazione a Roma. Protagonisti di primo piano gli anziani, che si scoprono più idealisti dei loro nipotini

Solo una dozzina a scuola da Cicero“I vicentini stanno imparando e poi le rotatorie arredano: vederete come saranno belle”E intato c’è chi, ispirandosi alle sue creazioni, ha inventato un nuovo movimento artisticoIl professor Cicero in cattedra affa-scina solo una dozzina di vicentini.Sarà il tema un po’ abusato (le rota-torie), sarà l’ora (20,30 di lunedì 29marzo, Oratorio dei Proti) ma la pub-blicizzata relazione dell’assessorenon ha riscosso grandi entusiasmi.Eppure, in difesa dell’impegno diCicero, bisogna ammettere che dilezioni di guida i nostri concittadinine avrebbero bisogno. I vicentini infatti non ci hanno ancoracapito granché: preferiscono stare alcentro e quando possibile, come nelcaso del rondò davanti alla stazione,tagliare il cordolo come i piloti diFormula 1. Lo hanno testimoniato ifilmati presentati dall'assessore, incollaborazione con gli istruttori bericidelle Autoscuole Seat Italia.Telecamere fisse sono state siste-mate per un'ora in ognuna delle pri-cipali rotatorie cittadine con risultatitragicomici: automobilisti che conti-nuano a dare la precedenza adestra, altri che si muovono in conti-nuazione da una corsia all'altra,quasi sempre senza usare la frec-cia, altri ancora che non trovano ilcoraggio di immettersi nel circolo.E' la prova che i vicentini sono nega-ti per le rotatorie o che le rotatorie

sono negate per i vicentini?“I vicentini stanno ancora imparan-do” risponde ottimista Cicero a unaplatea invero un po’ dubbiosa. Qui inCircoscrizione 1 l’assessore ha fis-sato il primo di una serie di incontri(ma chissà se avrà voglia di farnealtri) per spiegare l’uso e i vantaggidelle rotatorie ai cittadini. Nel dubbioperò, l’assessore la butta anche sullato estetico. “Le rotatorie poi, arre-dano. Vero è che per adesso, aparte quella di Ponte degli Angeli,sono ancora brutte e spoglie. Mapresto verranno abbellite e i bidonimobili bianchi e rossi lasceranno ilposto a strutture fisse”.

Però non ditelo a pedoni e ciclisti:loro, clamorosamente assenti oforse intimoriti nel corso dell’incon-tro, le rotatorie non riescono adamarle. Seccati di dover allungare iloro percorsi per raggiungere i pas-saggi a loro dedicati (leggi “strisce”),terrorizzati da auto che arrivano datutte le parti, faticheranno ad accor-gersi della meravigliosa oasi verdeche si fa rimirare all’interno. Se nonaltro, vista la difficoltà a raggiunger-la, non c’è rischio che qualcuno ciporti il cane a fare i bisognini.

Per il resto, l’assessore si è limitatoa un’esposizione lineare e tecnicadelle sue creature. “Le rotatorie conprecedenza ad anello, così si chia-mano tecnicamente quelle che sonoentrate in uso a Vicenza, sono cono-sciuta anche con il nome di “allafrancese”, ma in realtà le hannoinventate gli inglesi”. Entrambi leapprezzano perchè permettonoall'automobilista indeciso e birichinodi continuare a girare intorno indi-sturbato, forte della precedenza chetutti gli altri devono dargli sempre ecomunque.

Dopo un paio d’ore di incontro,assieme ai dodici bravi dellaCircoscrizione Uno, ce ne torniamo acasa con gli stessi dubbi di prima.Per fortuna abbiamo in tasca il volu-metto sulle rotatorie pubblicato dalComune di Vicenza: “Quando ilpedone vuole attraversare la strada,deve posizionarsi davanti alle stri-scie pedonali e cercare il contattovisivo con il veicolo che sta soprag-giungendo, non lasciando così dub-bio sulle sue intenzioni”. Roba da brivido.

Enrico Soli

L’assessore spiega le rotatorie in Circoscrizione 1: poco pubblico, tanti dubbi

E a Settecà tiene bancoil problema del passaggio a livello:

promesso da tempo ma ancora irrealizzatoFa discutere a San Pio X il pro-getto che vede l’imminente rea-lizzazione di una pista ciclabile.Tutti si schierano a favore dellasicurezza dei ciclisti, ma sonole condizioni ad essere fonte dimalumori. Il Consigliere diCircoscrizione Antonio Lora fapresente che la decisione éstata presa nel 2001, duranteun’assemblea. Ad essa eranopresenti quaranta persone, ilcui parere é stato ritenuto daCicero indicativo del volere diun quartiere di 12.000 abitan-ti. Il progetto (già in fase diattuazione) prevede una restri-zione di carreggiata oltre allacreazione di un dosso per ladiminuzione della velocità inVia Calvi. Peccato che la cosa,così com’é, non funzioni. Gliautobus, di passaggio in queltratto, non riescono a passare

contemporaneamente nei duesensi. In secondo luogo, nes-suno può guidare a filo marcia-piede. Ma, cosa più grave,all’uscita dagli stop si écostretti ad invadere la carreg-giata opposta. E’ pur vero chela circoscrizione aveva delibera-to su quel tratto di pista, maoltre ai problemi già elencati,Cicero – sottolinea Lora – hadeciso di prolungare il progettofino in via Giorgione. Dallo stu-dio eseguito, è questo uno deitratti con meno incidenti dellazona. Vi sono altre strade, inve-ce, che sono molto meno sicu-re. E’ stata fatta richiesta di unsemaforo “intelligente” in viadalla Scola. Nessuno lo ha maivisto. “Ora la nostra strategia équella di ottenere un dibattitoper evidenziare tali punti critici.Se ciò non dovesse portare a

nulla, siamo pronti ad indireuna manifestazione in loco e,eventualmente, a recarci inConsiglio Comunale.”

Una passerellaper il ParadisoRecarsi in Chiesa a Bertesinarichiede una grande fede. Tutticoloro che intendono farlo,infatti, sono costretti ad attra-versare i binari. Il quartiere étagliato in due dalla ferrovia e(per un accordo tra le FS e iComuni che prevede la costru-zione di sottopassaggi ove pos-sibile) il passaggio a livello éstato chiuso. Tuttavia non siintravede alcun lavoro per larealizzazione di un sottopas-saggio. Questo poiché pareche in quel tratto debba uscirel’Alta velocità. La proposta

alternativa caldeggiata dai citta-dini e dal Consigliere Lora éuna passerella stile quartiereFerrovieri, anche se più sempli-ce e meno onerosa. La richie-sta é stata avanzata ad iniziodicembre. A tutt’oggi non visono riscontri. In alternativa é

stata posta una bretella cheserve solamente quattro abita-zioni. Pressoché inutile quindi.C’é da sottolineare che si parladi un problema di prim’ordinedato che l’attraversamento hagià provocato un decesso.

Il sindacofa ammendaHüllweck rispondeal nostro servizio:è vero, non ho tempoper parlare con la città

Giusto il tempo di uscire in edi-cola col numero scorso che ilsindaco Hüllweck è corso airipari. Vicenza Abc aveva appe-na pubblicato un pezzo (“Unanno per parlare col sindaco”)in cui si raccontava dell’odis-sea di molti vicentini che nonriuscivano a mettersi in contat-to col primo cittadino.Non solo: mostravamo il“lasciapassare del sindaco”,pezzo forte della prima campa-gna elettorale, con cuiHüllweck prometteva di acco-gliere a Palazzo Trissino chiun-que volesse conferire con lui.Giusto il tempo di arrivare inedicola, si diceva, cheHüllweck promette subito rime-di: chiama TvA e organizza unapuntata speciale di “Zoom”, ilsettimanale dedicato alComune.Martedì 30 marzo alle ore 19,in oltre venti minuti, il sindacoammette i suoi errori. Dopouna breve scheda di presenta-zione con strette di mano,abbracci e sorrisi tra il primocittadino e i passanti di CorsoPalladio, spiega il suo lascia-passare. “All’epoca qualcheaspetto di non conoscenza delproblema l’avevo – commenta– Infatti non l’ho ripetuto nellaseconda campagna elettorale,memore degli equivoci cheaveva determinato. Le parolesono come pietre e qualchevolta tutti noi le utilizziamo unpo’ così. Sul lasciapassarec’era scritta una frase precisa:‘venite a trovarmi se avete pro-poste, consigli e critiche’. Perrispondere a queste esigenzec’è una squadra composta dalSindaco e da tredici assesso-ri”. Insomma, un bravo al sindaco.Stimolato dal nostro servizio,ha ammesso l’errore e colma-to una lacuna. Peccato chenella sostanza non cambinulla: Hüllweck ha fatto capireche non dedicherà qualchemezz’ora in più del suo tempoal contatto con i cittadini,come sarebbe stato logicoaspettarsi, ma invita calda-mente le persone a rivolgersiai suoi collaboratori. Se vibasta una stretta di mano,basta bazzicare per il Corso inpresenza di telecamere.

LOTTA SENZA QUARTIERE

Che le rotatorie ispirassero simpa-tie e antipatie, lo sapevamo. Chepotessero ispirare arte è una novi-tà assoluta. Eppure sono propriole rotatorie di Cicero ad averspinto un gruppo di giovani artistia fondare il Rotatorismo, movi-mento tutto vicentino che canta,in stile futurista, il dominio dellamacchina sul pedone. Con unadifferenza fondamentale dai mae-stri: l’ironia.“A Vicenza, la linea più breve checongiunge due punti è un circolo– spiega Romeo Alfa, fondatoredel movimento – per questo can-tiamo con irriverenza futurista lerotatorie, la velocità febbrile, lamorte del codice della strada,l’audacia e la competizione. Permolti Vicenza è ancora una terradi ingorghi, una piccola Venezialampeggiante di semafori: nellacittà dei neopatentati vanno inve-ce moltiplicandosi i Nuvolari. Abbiamo in cantiere mostre,incontri, parate rotatoriste cheattraversino in lungo e in largo lacittà. Ma il nostro vero obiettivoresta liberare questo paese dallasua fetida cancrena di vigili,uomini in cappello, lavavetri eantiquari.

Movimentola rotatoria è la nostra giostradel combattimento,è il portento della vitalitàfiammeggiantenel fulcro storico della città.Non è il destino l’arbitro d’essereo Nulla -divino!-questo lo crede il pedone,è l’oppio del ciclista cretino.E’ la potenza del motoreSpecchio del cuore,del furore impavido,che si fa giudicedel darwinismo automobilistico,boia dell’autista inferiore,spappolatore del pilota artistico.

CorteoBanco di sardine cheAttende d'esser stipatoIn scatole arancio:Dai banchi alle greggi!Pensammo, nel vedervi sfilareDistratti davanti alla vostra fine.Non capite che sarà un servizioConcepito a rete ad avvinghiarviFino a farvi mancare l'aria?Dedicate i vostri eroismi ad opereBen più nobili. Affossate definitiva-menteIl vecchiume municipalizzato.Allora solamente sarete liberi!Liberi di raggiungerci doveLe correnti si fan vortici circolariE da sarde sarete squali.

e il rotatorismo divenne arte

Se quaranta personefanno la maggioranza

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la nostra inchiesta

2004, attacco al San BNostra inchiesta: primari allontanati, reparti a rischio chiusura, prospettive

Scaricato il direttore generale Petrella per un buco miliardariola Regione ha chiamato il manager Alessandri: obiettivo tagliareE la città corre il rischio di rimanere senza un vero ospedale

Malato di tumore, aveva scelto la medicina di Stato: nacque una grande inchiesta nazionale

Gigi Ghirotti, celebre giornalista vicentino, ebbe perprimo in Italia il coraggio di dire: ho un tumore e lo so.Ricordato giusto una settimana fa in un grande con-vegno a Santa Corona, scelse di curarsi esclusiva-mente con la medicina di stato. Ghirotti era convintoche i momenti decisivi della propria vita andasserovissuti come la stragrande maggioranza dei propriconnazionali. Il morbo di Hodgkin, questo oscuro,cupo, sleale avversario, se lo portò via nel luglio del1974. Prima di morire lasciò testimonianza della suaavventura umana e civile in una serie di articoli pub-blicati per La Stampa - giornale in cui aveva lavoratoper più di 25 anni - e in due celebri puntate trasmes-sa dalla Rai, “Lungo viaggio nel tunnel della malattia”. Molto è cambiato da allora, eppure riprendendo inmano quelle cronache, a trent'anni di distanza daquando furono scritte, qualcosa ci sembra ancoraattuale.

26 aprile 1974 La StampaIl luogo pio è finito, ma la macchina per guarire èancora lontana. Dobbiamo contentarci d'un'officina diriparazione che funziona come può. Non che sia rarol'incontrare un bravo medico, e anche bravissimo. E'difficile incontrarlo contento del proprio lavoro, secon-

dato da una equipe efficiente, assistito da subalternivolonterosi e capaci. Tutto nella vita ospedaliera sem-bra legato con un filo sempre prossimo al punto di rot-tura.[...]Anche gli amministratori arretrano davanti alla mole didebiti e dei costi che la moderna medicina ospedalierarichiede. Anche la comunità si tura volentieri le orec-chie al sentirne parlare: tira ai rinvii, propende per lesoluzioni del giorno per giorno, si affida alla mediazio-ne tradizionale dei politici e delle categorie professio-nali, ben lieta che l'interlocutore numero uno, il malato,sia in definitiva messo nell'impossibilità di farsi rap-presentare e ascoltare. La segregazione ospedaliera,tutto sommato, giova ad attutire le voci, a spegnere letinte d'un tragico scandalo quotidiano: l'inefficienza delsistema sanitario, l'incapacità del potere pubblico diorganizzare seriamente la domanda e l'offerta dei benidella salute attraverso la rete ospedaliera.

3 maggio 1973, La StampaNei secoli scorsi, quando della malattia si aveva unconcetto di espiazione, sorsero ospedali simili a peni-tenzierie. In epoca fascista, si trapassò ad uno smoda-to trionfalismo di tipo laico-basilicale: onusto di marmi,di atrii immensi, con corridoi a perdita d'occhio. Più di

recente, si perseguirono criteri di funzionalità. Ma piut-tosto formali che sostanziali: in conclusione, gli ospe-dali si fanno standosene al di fuori del malato e dellamalattia. Si disegnano con il tiralinee, al tavolino, eavendo presente, chissà, un grosso armadio a muroentro cui stivare molti malati. Mai che si senta dire d'ungruppo di degenti che sia stato consultato in vista di unqualsiasi progetto riguardante il rapporto tra degente estruttura ospedaliera.

20 gennaio 1974, La StampaMoltissimi dei medicinali iscritti nel Prontuario dei far-maci ammessi e pagati dall'Inam e da quasi tutti glienti assistenziali minori, hanno identica formula chimi-ca: cambia il prezzo, il nome, l'involucro. Tanto per nonrestare nel vago [ecco] il caso dell'acido ascorbico,Vitamina C. Nel famoso prontuario, se ne trovano disessanta tipi: prodotti da sessanta case, sotto ses-santa nomi, in sessanta differenti confezioni. Che cosaavrebbe dovuto fare l'Inam, se avesse voluto agiresecondo l'interesse dei suoi assistiti e secondo lenorme della Costituzione? Accertare il fabbisogno diacidum ascorbico, bandire un'asta, infine commissio-nare ad un solo produttore il quantitativo verosimil-mente necessario all'ente. Chiaro [...] che un prezzo e

una qualità soddisfacenti si potranno ottenere più facil-mente da una sola industria che da sessanta differen-ti industrie in gara tra loro per contendersi il mercato.

9 maggio 1973, La Stampa...ma il medico tipo mamma e cultura è assai raro. Piùnumerosi coloro che obbediscono al richiamo imperio-so della legge della sopravvivenza e si agitano in impro-babili equilibrismi tra la medicina pubblica, al mattino,e quella di profitto, al pomeriggio. Sentiamo i professorT., che al mattino presta l'opera per una clinica univer-sitaria: Lo sa quanto guadagno? Duecentomila almese. Mi bastano, sì e no, per l'affitto. E il resto, chime lo dà . Glielo darà il suo ambulatorio privato, oppu-re uno mutualistico, oppure la clientela d'elezione, visi-tata a domicilio. Sta di fatto che dopo dieci o quindicianni di riforma sanitaria promessa (o minacciata) e maifatta, e sempre tenuta in sospeso, siamo riusciti adottenere una generazione di medici insoddisfatti e mal-contenti anche se arricchiti.

Alessandro Baù

Ghirotti: “Che equilibrismi tra profitto e medicina”

Chi sono i nemici che stannocercando di distruggere l’ultimacontrafforte della sanità pubbli-ca?I primi segnali dell’attacco sonoiniziati alla fine del 2002. Siamoandati avanti per mesi senzaavere la minima idea di qualefosse realmente il deficit delSan Bortolo e dell’UnitàSanitaria. Petrella, il direttoregenerale esautorato proprio inquel periodo, andava dicendoche il deficit era di 30-35 miliar-di di vecchie lire. Per aver con-tenuto il disavanzo gli fu ancheattribuito un premio! Il nuovodirettore Alessandri affermò

che il vero deficit si attestavasui 90 miliardi. Dopo qualchetempo emerse la realtà: il bucosi aggirava sui 140/150 miliar-di di vecchie lire.Nel frattempo, l’AssessoreRegionale Gava affidava alnuovo direttore dell’UlssAlessandri il compito di tagliarecon grande decisione. Novemilioni di euro nel primo anno,anzi entro novembre del 2003,diciotto milioni nel triennio.Siamo ad aprile del 2004 e nes-suno è ancora in grado di dirciquale sia la situazione di con-suntivo alla conclusione delprimo anno della politica dei

tagli attuata dal nuovo direttoregenerale; lui afferma che i risul-tati sono ottimi, ma nessuno nétra i primari, né tra i sindacalistiè a conoscenza dei veri dati delbilancio.Ed il nervosismo che serpeggianella struttura comincia adessere montante: perché - sichiede l’ex primario Maraschin,esautorato per i motivi chepotrete leggere nell’intervista afianco - nessuno conosce i datidi Treviso, un ospedale che nonvanta le funzioni d’eccellenzadel nostro San Bortolo? Forseperché la regione stabilisce ilcriterio di pagamento delle

quote ospedaliere secondo unmeccanismo che non garanti-sce affatto chi opera su struttu-re d’avanguardia?Forse il vero obiettivo è quello didestabilizzare Vicenza, di porta-re il nostro Ospedale ai livelli dialtri centri regionali privi dieccellenze?Forse il vero obiettivo è quello dicreare tre grandi poli regionalidella sanità (a Verona e aPadova, centri universitari e aMestre)? Forse il vero obiettivoè quello di favorire il sistema pri-vato ai danni di un pubblico chesapeva reggere ( e bene...) ilconfronto?

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LA STRATEGIA DEL RAGNO

Dall’arte di ricucirea quella di... tagliareCosì la Regione sta declassando la nostra UslNon sappiamo quanto Petrellaabbia operato con la coperturadella Regione. Ma possiamointuire che essendo egli unuomo dell’apparato regionale,non abbia agito in manieraautonoma, anzi. Come dire:allora le sue scelte andavanobene. Qualcuno, addirittura,aveva intravisto nelle sue azio-ni un ritorno al decisionismo diIgino Fanton, vecchio presi-dente democristiano degli anniOttanta, uomo capace di attrar-si il ricordo positivo di molti.Allora l’Ospedale di Vicenzaseppe acquisire grandi primari,conosciuti in tutto il paese, ingrado di creare dei repartiall’avanguardia: chi non ricor-da la fama del ProfessorBelloli e della sua Chirurgiapediatrica, dei La Greca, deiDini, dei Curioni, dei Caldana,degli Erle...Petrella aveva tentato un rilan-cio e l’acquisto del Cyber Knifeandava in questa direzione.

Oggi è già tutto cambiato e l’a-nalisi fatta da molti osservato-ri è spietata: i tagli del prossi-mo periodo saranno notevoli. Ilpresidente della commissioneRegionale, Padrin, in un’inter-vista ha affermato perentoria-mente che le cardiochirurgie

nel Veneto rimarranno solo aPadova, a Verona e a Mestre.Nessuno dà le assicurazioniche le eccellenze vicentine ven-gano mantenute.

Se alla nefrologia vicentina fossero tolti i tra-pianti, quali sarebbero le ricadute per la famadel San Bortolo? Se si giungesse all’accorpa-mento nel Veneto delle cardiochirurgie con lachiusura del reparto vicentino, quale potrebbeessere l’atteggiamento dei vicentini?Negli ultimi tempi, a Vicenza, sono stati esegui-ti millecinquecento interventi al cuore l’anno;l’angioplastica è diventato un intervento asso-lutamente di routine, ma tantissime sono le per-sone che oggi sopravvivono grazie a questaterapia chirurgica d’avanguardia.E ancora: cosa potrà succedere al dipartimen-to cardiologico se fosse spostata a Padova o aVerona la cardiochirurgia? E quante persone

rischiano di morire prima di essere operate d’ur-genza a cinquanta chilometri dalle loro case?Nessuno sa quali strategie d’alleanze fra i varinosocomi della provincia di Vicenza potrannoessere messe in atto se a Vicenza dovesseroessere tolte tutte le funzioni eccellenti. Sonoqueste le domande che debbono assillare unosservatore attento alle vicende del nostroOspedale.Sono queste le domande sul tappeto, alle qualicercherà di dare una risposta anche l’associa-zione Vicenza Riformista, che sotto il coordina-mento di Luca Romano, sta lavorando per capi-re quali potranno essere gli interventi da attua-re.

Medici, cure e malattie viste dal grande cronista vicentino, ricordato nei giorni scorsi a Santa Corona

Cosa rischiamo di perdereDai trapianti a cardiochirurgia, la mappa a rischio

Operazioni urgenti a cinquanta chilometri lontano da casaAnche Vicenza Riformista in campo per capire il futuro

E’ una macchina così precisa dapoter assumere 1200 posizionidiverse per colpire in pieno il ber-saglio. Il Cyber knife è un robotradio chirurgico impegnato nellalotta contro i tumori che intervienesolo con la certezza assoluta dirimuovere i tessuti malati, senzache il paziente subisca tagli dialcun tipo e senza degenza post-intervento. Costa 6,5 milioni dieuro, compreso l’ambiente cheospita l’apparecchiatura, un vero e

proprio bunker con speciali paretischermate. La macchina, ideata esviluppata negli Stati Uniti allaStanford University, è costituita daun acceleratore lineare miniaturiz-zato, da un braccio robotizzato checonsente una elevatissima preci-

sione nel raggiungere il bersaglio eda un software che governa ilsistema di guida, localizza la lesio-ne patologica e pianifica l’interven-to. Il Cyber Knife ha una tale preci-sione che può raggiungere anchezone quali il cervello e la colonnavertebrale, riuscendo ad interveni-re anche in punti non raggiungibilicon la chirurgia tradizionale. Finoranel mondo è stata utilizzata consuccesso in ben 7000 pazientiaffetti da lesioni cancerogene.

Il super robot cheil mondo ci invidia

Cyber-knifel’anti tumori

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la nostra inchiesta

Bortoloe nere: ecco cosa succede

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Tu non puoi far l’americanoFranco Dal Maso: “Perché è un grave erroreamericanizzare il nostro sistema”

Nel dicembre del 2003, a segui-to di un duro scontro con il dot-tor Alessandri, il primario BrunoMaraschin racconta di esserestato obbligato a chiedere ilpensionamento. Ora svolge lalibera professione a Vicenza enella zona di Montecchio eTrissino dove è ancora moltoapprezzato nell’attività speciali-stica di medicina interna e dicardiologia. In questo testo, raccolto daFederico Formisano, raccontain esclusiva per Vicenza Abc lecause del distacco.

“Con Alessandri (direttore gene-rale dell’Usl n. 6) ci sono staticontrasti quasi da subito, sia dicarattere organizzativo che dicarattere tecnico. Io avevo intui-to che il suo ruolo a Vicenza eraquello di contenere le spese e dilimitare la crescita del nostroospedale e questo non era com-patibile con il lavoro che stava-mo svolgendo per rilanciare lastruttura. C’erano state moltediscussioni quando la strutturadi dermatologia era stata accor-pata alle Malattie Infettive.Io sostenevo che non era affattouna soluzione razionale. Ma lastruttura dirigenziale decise diaccorpare le malattie metaboli-che alla Medicina Prima, senzaincrementare la dotazione orga-nica del reparto.Mi dissero che avevano consul-tato le Organizzazioni Sindacali eche era tutto a posto. Io sapevoche non era affatto così: scrissiallora una lettera alle sette siglesindacali rappresentate inOspedale e ciò provocò una verasollevazione degli esponenti sin-dacali durante un incontro con ilDirettore Generale.Alessandri mi mandò a chiamareai primi di dicembre e mi diedemezzora di tempo per deciderese presentare le dimissioniimmediate o se essere scalzatocon decorrenza immediata dalruolo di coordinatore delDipartimento.

Non mi diede nemmeno il tempodi consultare i responsabili delmio sindacato, sostenendo cheio lo avevo messo in cattiva lucedavanti alle strutture del SanBortolo. Così decisi di sottoscri-vere la lettera di dimissioni ed ilventi di dicembre lasciail’Ospedale con qualche mesed’anticipo rispetto alla data ini-zialmente prevista.Di seguito, inviai una lettera alCoordinatore della conferenzadei Sindaci, Dottor Pretzalis ( è ilSindaco di Camisano, ndr),all’Assessore Regionale,all’Ordine dei Medici. Nessunomi ha mai risposto!Indiscutibilmente, i motivi delcontendere erano molti. Ioavevo, per esempio, sollevatospesso la questione dell’assen-za di trasparenza. Vicenza erastata danneggiata dalla sceltadella Regione di corrispondere itrasferimenti per quota capitarlaanziché per DRG ( il sistema dicalcolo basato sulla tipologiadegli interventi e delle cure som-ministrate); io chiedevo conto diquesto e sostenevo che nonpotevamo accettare questo tipodi politica. Ho più volte chiestodi vedere i dati dell’ULS edell’Ospedale di Treviso senzapoter mai capire l’esatta situa-zione. Ho denunciato il fatto chenon si stava procedendo allariorganizzazione interna, risol-vendo il vecchio problema dellearee d’eccellenza e delle areegrigie, ovvero di quelle areesenza qualità. Gli interventi di riorganizzazionedi cui il San Bortolo ha bisognonon sono certo il taglio nei set-tori di vertice: un ospedale divalenza provinciale non può nonseguire tre settori strategicicome quelli delle urgenze ( pron-to soccorso e Suem) del cardio-vascolare e dell’Oncologico.Intravedevo invece proprio ildisegno di eliminare alcuni diquesti settori trainanti e lo spo-stamento a Padova e Veronad’alcune prestazioni ( la laserte-

rapia per i tumori, ad esempio,la chirurgia toracica, l’endosco-pia ed altre indagini diagnosti-che, ecc.) Per contro io soste-nevo la necessità di distingueretra gli interventi cosiddetti socia-li da delegare al territorio e quel-li più prettamente ospedalieri damantenere e da rafforzare.Io credo che alcuni settori pos-sano essere considerati comedei rami secchi per l’Ospedale econsiderati come interventi ditipo ambulatoriale ( per esempiola diabetologia, dove si puòintervenire con strutture organiz-zate sulla tipologia dei dayhospital); penso che certe formedi lungo degenza degli anzianiinfortunati o sottoposti ad inter-venti chirurgici debbano esseretrattate presso strutture conquesta tipologia, come Lonigo oSandrigo.Non si possono abbandonarespecialità di eccellenza come lacardiochiurugia, perché finiscecon il decadere anche la struttu-ra contigua, ovvero quella di car-diologia. I nostri limiti, in sostan-za dipendono più da noi chedalla volontà di Padova o diVerona di stritolarci! Gli ultimianni di politica sanitaria regiona-le sono stati disastrosi. Nonhanno neppure impostato unaselezione tra i centri trapiantipuntando su quelli che serviva-no per qualità e soglia minimad’interventi per essere giustifi-cati.”

Il professor Bruno Maraschin èstato il più giovane primario delVeneto. Nel 1978 è promosso pri-mario di Medicina a MontecchioMaggiore, dove rimane 15 anniprima di passare alla prima medici-na del San Bortolo. Dopo molti annid’onorata carriera quale primario èpromosso direttore delDipartimento di Medicina, dovecoordina ben 10 reparti. E’ statosindacalista di varie sigle fin dal1966 l’anno del suo primo ingressocome assistente a Montebelluna.Ha alle spalle quasi quaranta annid’attività ospedaliera.

I vantaggi di oggi che rischiamo di perdere domani

Le cinque stelledel San Bortolo

Il professor Franco Dal Maso è stato per ventiseianni primario del reparto ginecologia ed ostetriciadell’Ospedale di Arzignano. In quegli anni quelreparto divenne uno dei fiori all’occhiello dellarealtà ospedaliera berica. E non è un caso chemigliaia di nostri concittadini siano nati nella citta-dina della concia (lui stesso sembra abbia stima-to in trentamila il numero di nascite da lui diretta-mente seguite).Da qualche anno ha lasciato l’Ospedale per rag-giunti limiti d’età, ma continua ad esercitare laprofessione e continua ad essere un punto di rife-rimento per i giovani ginecologi vicentini. IlProfessor Dal Maso ha svolto anche importantiruoli politici: è stato consigliere comunale aVicenza e ad Arzignano e per due mandati consi-gliere provinciale. Negli anni Settanta è statoPresidente dell’Istituto Salvi di Vicenza. E’da sem-pre socialista (oggi è iscritto allo Sdi e all’asso-ciazione Vicenza Riformista).

Perché oggi attraversiamo questa crisi del siste-ma sanitario italiano? “Perché abbiamo importato, a piè pari, dagli Usail concetto di aziendalizzazione, ma questo siste-ma creato per razionalizzare e contenere la spesaha fallito il suo scopo. E’ assurdo applicare questiconcetti in Italia, dove si è sempre difeso il con-cetto della difesa della salute pubblica!”

Sono state anche alcune scelte specifiche a farentrare in crisi il sistema? “Certo. Al fondo esiste la chiara volontà di pena-lizzare le strutture pubbliche. E lo si vede con ladiminuzione dei posti ospedalieri, con l’introduzio-

ne dei ticket per le prestazioni specialistiche; que-sto fa sì che molte delle conquiste fatte stianodiventando solo un libro dei sogni”

Qual è allora la sua ricetta? È possibile fare eco-nomie in modo intelligente nella sanità?“La sfida per la sinistra è quella di trovare il mododi mantenere il diritto alla salute, perché è unadelle irrinunciabili conquiste ottenute con tantianni di lotta e che hanno fatto del nostro Stato,uno Stato sociale, uno stato etico. Sono, tuttavia,possibili delle economie, distinguendo, ad esem-pio, fra la prevenzione e la cura. Io credo che siaopportuno creare delle diverse linee d’accessoalle analisi specialistiche. Se sarà creata una corsia per la prevenzione nonsi finirà con l’ostacolare i normali percorsi per lemalattie conclamate. Una cosa è attendere unamammografia per sei mesi quando si fa preven-zione, una cosa quando vi sia il sospetto di unamalattia. In secondo luogo bisogna essere pronti ad acco-gliere l’evoluzione della medicina, destinata acambiare profondamente con le dinamiche dellediagnosi, sempre più connesse alla conoscenzadelle funzioni dei geni e delle mutazioni. Lo statodeve sostenere sempre più la ricerca o medianteil finanziamento di chi opera ed investe nella ricer-ca, o addirittura attraverso un ruolo diretto in labo-ratori specializzati, sempre più attrezzati per lagenetica e per la biologia”.

“Mi diedero mezz’oraper firmare le dimissioni”Bruno Maraschin racconta il suo allontanamento

Secondo Vincenzo Riboni primariodel Pronto Soccorso, impegnatonel Sindacato dei Primari, Vicenzadeve mantenere le funzioni che haguadagnato con anni di lavoro e diricerca. Ma l’americanizzazione delnostro sistema sanitario nazionalepotrà essere impedita solo con lamobilitazione dei comitati di dife-sa dei nostri ospedali. I cittadini sirenderanno presto conto dei disagiche stanno patendo perché isegnali ci sono tutti: voci continuedi tagli al settore, ritardi nelle pre-notazioni di visite e di esami,

paventate chiusure di ospedali e direparti. Anche la classe politicaperò deve scendere in campo; fino-ra è stata totalmente assente. Èsemplicemente imbarazzante ilsilenzio del sindaco Hüllweck suqueste vicende. È il primo respon-sabile della salute dei suoi cittadininonchè il coordinatore della confe-renza dei sindaci che deve vigilaresul buon funzionamento dell’azien-da sanitaria. Medico e già presi-dente dei medici, pare non render-si conto che il suo intervento ènecessario.

Dal silenziodella politica

alla vocedei cittadini:mobilitiamociper la salute

Neuroradiologiaper le cure contro gli aneurismi cerebrali grazie al Cyber Knife

CardiochirurgiaPer i suoi 1500 interventi l’anno al cuore

EmatologiaAll’avanguardia per le sue terapie cellulari

NefrologiaPer i suoi rinomati trapianti di rene

Unità spinalePer l’eccellente riabilitazione dopo i traumi al midollo spinale

Testi dell’inchiestaa cura di Federico Formisanoe della redazione

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idee e persone

RITRATTI VICENTINI

Professor Casara, sei uno dei professori piùamati da intere generazioni di studenti.

Al massimo sarò uno dei tanti. Ma è vero cheho sempre avuto ottimi rapporti con gli studenti.Molto più che con i colleghi.

Qual è il segreto del tuo successo?I miei capelli, direi! Mi rappresentano: un po’

bohemien, un po’ marxiani, parlano di trasgres-sione e di un certo narcisismo, di un ’68 che hovissuto con passione, e anche della mia ambizio-ne.

Insomma, sei modesto o ambizioso?Tutte e due le cose: la mia modestia è vera, e

la mia ambizione è virtuosa, come insegna Hegel.E’ una spinta a migliorarmi professionalmente.

Come sono cambiati gli studenti negli anni?I ragazzi di oggi sono più difficili da entusia-

smare. E io trovo che il compito di un professoresia appassionare i ragazzi alla materia, trasmet-tendo loro vita ed esperienza. Le materie scolasti-che sono degli strumenti per imparare a leggere ilpresente, a ragionare e a risolvere problemi.

E per restare al passo con i tempi?Per restare giovani non servono lifting, bisogna

essere dinamici. Per esempio, io devo guardare latelevisione, per parlare il linguaggio dei ragazzi,che è quello dei Simpson o di “Camera Café”.

Ma cosa c’entra la televisione con la filosofia?C’entra con i ragazzi, che sono un po’ figli della

TV. E poi, per catturare l’attenzione, il professoreè sempre un po’ attore.

In classe chiedevi di darti del tu. Lo fai anco-ra?

Per me è indifferente se mi danno del lei o deltu. Quello che io voglio è che il rapporto sia one-sto e corretto, ciascuno nel proprio ruolo. Daparte mia, correttezza vuol dire professionalità,oggettività nel giudicare. Da parte dei ragazzi, èstudiare ed essere preparati. Questa idea ha sem-

pre dato grandi risultati: gli studenti hanno unapproccio sereno alla materia, niente tranquillantiper dormire prima della mia interrogazione.

Ma, prima o poi, arriva anche l’interrogazione.In quel momento sei il nemico…

Spero proprio di no. Intanto, se ho fatto bene ilmio lavoro, ho reso la materia semplice. Poi spie-go come si svolge l’interrogazione e quali sono lemie aspettative, e interrogo quando sono prepa-rati, finché non prendono sei.

Ma sono proprio tutti bravi?Sono bravi, sono bravi! Mi trovo sempre a lavo-

rare con un potenziale umano eccezionale. E que-sto mi dà molta soddisfazione.

Hai fatto altri mestieri prima di insegnare?Sono sempre stato un professore, mi hanno

chiamato a scuola appena tornato dal serviziomilitare. Certo, erano altri tempi. Dal 1980 inse-gno alle superiori: liceo classico a Schio, poi ilFogazzaro con la sperimentazione in scienzeumane, tutta da costruire, e infine filosofia e sto-ria al Pigafetta.

Hai avuto maestri di stile?Farò due nomi: Gabriele Boschiero, mio inse-

gnate di filosofia al Fogazzaro, e Giuseppe Faggin,che ricopriva la stessa cattedra che ho io oggi alPigafetta. Da loro ho imparato il rispetto per glistudenti. Un apprezzamento che dovrebbe essercianche tra colleghi.

Il mestiere ti piace, dunque.Faccio il mestiere più bello del mondo!

Insegnare è davvero un’attività che qualifica l’uo-mo, come insegna Marx. E poi mi diverto, hotempo libero per potenziare la mia professionalità,sono creativo (che è il segreto anti-alienazione) elibero.

Anche in un ambiente tradizionalista come illiceo classico?

Certamente. Sono sempre stato libero in clas-

se. Che poi i colleghi condividano, è un’altra que-stione.

I tuoi metodi non piacciono ai colleghi?Non è su ciò che si fa in classe che ci si può

trovare in contrasto. Premesso che stimo molticolleghi, devo dire che non tutti hanno la mia stes-sa visione della scuola e dell’insegnamento. Perme sono centrali l’aggiornamento continuo deiprofessori e l’apertura della scuola al contestosociale. In questo, qualcuno dissente.

Un esempio?Per esempio, io mi occupo di una funzione

obiettivo che si chiama “Dal liceo all’agorà”.Come dice il nome, si tratta di attività di aperturadel liceo alle altre realtà cittadine, associazioniculturali e associazioni di categoria, proprio per ilrapporto che il liceo ha con le industrie e con iltessuto economico in generale. Si fanno convegni,si organizzano stage in azienda, in collaborazionecon i privati, che finanziano molte attività. È unanovità e forse per questo non tutti i colleghi sonofavorevoli ai progetti.

A me dispiace vedere certe resistenze, perchésono proprio contrario alla figura del professore

chiuso in una scuola sempre uguale a se stessa,poco vitale.

Parlando di cambiamenti della scuola, comevedi la riforma Moratti?

Non la conosco nel dettaglio, ma mi pare diasegni preoccupanti di involuzione della scuola.Proposte come l’abolizione della teoria darwinianadai testi scolastici equivalgono ad un ritorno alpassato, in un atteggiamento antiscientifico. Daquesto, temo che tutta la riforma sia inquinata daquesto anacronismo. E pensare che la scuola ita-liana, se ne è parlato anche recentemente, hamolti pregi.

Di questo si parla poco. A cosa ti riferisci?Ho avuto modo di fare alcune esperienze in

Paesi come Francia, Belgio, Spagna, Portogallonegli ultimi anni. I nostri colleghi, là, guardano allascuola italiana come ad un modello da copiare perquel che riguarda la struttura, per la didattica inaula e il modo di studiare. Sarebbe un vero pec-cato impoverire questo aspetto così apprezzatoanche all’estero. Speriamo bene!

Anna Baldo

Lei mi fa girar la testa, profPiergiorgio Casara, insegnante di filosofia al Pigafetta, è tra i docenti più amati dagli studenti vicentini

“Un buon professore dev’essere sempre un po’ attore” Ma quante resistenze tra i colleghiCapelli lunghi e chi-

tarra a portata dimano: ma non è solo

per questo chePiergiorgio Casara ècosì bernvoluto dai

suoi studenti:“Bisogna parlare la

loro lingua perpoterli appassionare”

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Il quarto potere dello smogGli effetti delle pm 10 presentati come disagi, mai come pericoli

È meglio sapere se si può uscirecon l’auto, o conoscere i danni checausano le pm10? Da un’analisi deiprincipali mezzi di informazione chesi occupano di Vicenza, il livellodelle polveri leggere non è un indi-catore di pericolo ma una specie disemaforo: rosso quando supera i55 microgrammi, verde quando stasotto. Per i media, le pm10 influi-scono più sul traffico che sulla salu-te.

Prendendo in esame i tre quoti-diani che si occupano della città(Il Giornale di Vicenza, Il Gazzettino,Il Corriere del Veneto) nella primasettimana di febbraio – interessantein quanto la prima settimana, dopouna lunga pausa, in cui sono anda-te in scene le targhe alterne – unsolo articolo ha parlato delle malat-tie legate alle polveri sottili. E nonaveva un taglio importante. È delGazzettino, datato 1 febbraio, e fir-mato da Roberto Cervellin. Nelpezzo si parla dei rischi di bronco-costrizione, tosse, malattie respira-torie croniche e neoplasie.

Viceversa, molto spazio vienedato al fatto che il divieto non riguar-da i veicoli che trasportano pastiper le mense, e che lo zero è daconsiderarsi un numero pari. Chidedica più spazio all’argomento,come il Giornale di Vicenza, dà noti-zie approfondite su contravvenzioni,telefonate ai vigili, commenti politi-ci.

Analizziamo qualche titolo e som-mario, gli elementi che attirano efocalizzano l’attenzione. Giovedì 5febbraio, primo giorno a targhealterne, Il Corriere del Veneto titola“Targhe alterne, oggi circolano ledispari”. “Oggi potrà entrare in cen-tro solo chi ha la targa dispari” èl’incipit del servizio. Il Gazzettinopropone “Targhe alterne al via trapolemiche”. E, di seguito: “Hai l’au-to con targa dispari? Oggi, giovedì 5febbraio, puoi circolare”. Il Giornaledi Vicenza: “Si parte, via alle targhealterne: oggi circolano le dispari,

domani le pari”.Lungi da noi voler giudicare le

scelte dei giornali. Tanto più cheappare del tutto legittimo spiegarealla cittadinanza logiche altrimenticomplesse. Il servizio dei quotidia-ni, sotto questo punto di vista, èinsostituibile. Leggendo l’ordinanzapubblica del Comune infatti, nean-che Einstein comprenderebbe, allaprima lettura, se con la sua targache finisce con X potrebbe circolarenei giorni pari o dispari.

Ci preme solo sottolineare come,agli occhi del lettore, un problemagravissimo come quello dello smog– che è poi il motivo centrale di tutto– passi completamente in secondopiano.

A un livello successivo si pongonopoi le considerazioni su l'utilità di untale provvedimento, come faFrancesco Jori del Gazzettino in unbell’editoriale del 5 febbraio dovecritica l'estemporaneità ("Magarisarebbe il caso di pensarci tuttol'anno, rendendo più appetibile ilmezzo pubblico") e le troppe dero-ghe ("Poveri noi, in che mani siamo:linea dura, ma formato stracchino").Ma questo è un livello, appunto,successivo.

Diego Reghellin*

*scledense, 26 anni, laureato inScienze della comunicazione a Verona(primo assoluto a conquistare il mas-

simo di punteggio in sede di discus-sione ) con la tesi “Quanto i media e idestinatari possono mutare il significa-

to originario del messaggio”.

Le polveri secondo i media: niente più che una scocciatura

Ma per vendere un’imposizionebisogna comunicare i suoi vantaggi

Gli esperti di pubblicità: “Stava al Comune crederci”

I pubblicitari vicentini sono concordi: le targhealterne sono state “vendute” in modo sbagliato econtroproducente. “Anche un’imposizione puòessere comunicata in modo positivo” spiegaMarino Pegoraro dell’agenzia vicentina StudioPrint. “Comunicare le targhe alterne in questomodo non ha aiutato le famiglie e ancor meno l’im-magine del Comune” diceMario Di Stefano, direttorecreativo dell’agenzia dicomunicazione Adas.

Marino Pegoraroammette che trovare van-taggi evidenti in un provve-dimento come le targhealterne è difficile: “I miglio-ramenti della qualità dell’a-ria sono stati scarsissimi.Perciò trovare un messag-gio positivo sarebbe statoun problema. Non si puòpromettere alle persone cheavrebbero respirato sano sequesto non è affatto vero.Certo è che il Comune nonha dato l’impressione dicredere nel valore dell’ini-ziativa: quando vuole pub-blicizzare un’iniziativa cul-turale realizza grandi mani-festi a colori, con un messaggio forte e chiaro. Quisi sono viste solo illeggibili locandine”.

Mario Di Stefano dell’agenzia Adas ha ricevuto,da uomo di comunicazione, l’impressione che letarghe alterne siano state presentate come un attosubito, una imposizione della amministrazionepubblica.

“Bisognerebbe invece convincere i vicentini alasciare le auto nei parcheggi e nei garage, a muo-versi a piedi e in bicicletta pensando di fare la cosa

giusta, un bene per sé e per gli altri”.“Non si tratta - continua Di Stefano – di mani-

polare gli atteggiamenti o i dati acquisiti ma di met-tere sotto la giusta luce le informazioni disponibili.Le targhe alterne sono viste come una limitazionealla libertà di trasporto e quindi alla libertà di espri-mersi, di fare ciò che vogliamo. Quello che non

viene detto è che la limita-zione al traffico è un attoestremo ma dovuto per evi-tare pericolosi danni allasalute. Per il padre e lamadre significa solo che nonpossono accompagnare ifigli a scuola. Invece il mes-saggio da diffondere è ‘il tuobambino eviterà una bron-chite, un raffreddore e forsedanni peggiori’. Bisognaessere drastici ma senzadrammatizzare.

In concreto, secondo DiStefano il Comune dovrebbeagire inviando a tutte lefamiglie una lettera e unopuscolo dove, con parolesemplici ma esaurienti, sispieghi l’attuale situazione.Questa azione andrebbeintegrata con una campagna

di affissione pubblica per raggiungere tutta la citta-dinanza. I vicentini devono essere al corrente dicome e perché le autorità competenti agiscono. Ènecessario per instaurare una forma di coscienzacollettiva. “Una cattiva comunicazione sul proble-ma dell’inquinamento è comune a tutte le cittàvenete.” Bisogna uscire da questo circolo vizioso eavvicinare gli abitanti all’amministrazione.

Ilario Toniello

LETTERE

Caro Abc,ma che bella la nostra città! Mi pareproprio indovinata l’operazione “spo-stamento monumenti” rimandandosine die altri lavoretti inutili come larappezzatura di strade e marciapiedimalridotti o la costruzione di fognature

inesistenti.Assistiamo, dunque, al trasloco di illu-stri concittadini e personaggi famosi:Fogazzaro sta lungo viale Roma, spor-co come uno spazzacamino, a custodi-re il parcheggio Verdi. GiacomoZanella, sfrattato da piazza S. Lorenzosi consola aspettando la “fontana congiochi d’acqua e aiuola semicircolare”promessa (Giornale di Vicenza,19/2/2004). Il buon Bepi Garibaldi è lìtra gli industriali e Galla, ormai senzaspada. Solo l’ottimo Lampertico sifrega le mani per il suo bel cantuccioall’ombra dell’Olimpico.Ho una proposta. Non è il momento

di mandare in discarica re VittorioEmanuele II, residuato naftalinico inpiazza Duomo? Nessuno si prende laresponsabilità di nettarlo temendo l’ac-cusa di filomonarchico in tempi diritorno dei Savoia. Sostituiamolo conuna bella statua di Bettino Craxi, conle tasche ricolme di soldi, come hannofatto in un ridente paesino dellaCalabria. Incontrerebbe il favore ditutti e scaccerebbe il fantasma dellacrisi economica oltre a rispecchiare unpo’ meglio questo nostro Paese.

Anna Lidia Borgo

Anche tra i vicentini dilaga il pessimi-smo. Chi è nato e vive in città, fatica ariconoscersi, in questo ambiente sem-pre più disastrato. Il sentimento è gene-rale, misto a disagio, fastidio, per un“corpo senza anima e senza cuore” Una città smarrita, in centro e perife-ria. Se ti trovi fuori casa dopo le 20,sembri l’Uomo in frac che sviene guar-dando il Bacchiglione. Problemi risolti:nessuno. Il traffico: commerciantiastiosi e incarogniti, la fanno da padro-ni, dettano legge, non sono più gli stes-

si, vivono fuori. Altro che Geremia!Una febbre da cavallo si è abbattuta suVicenza e può trasformarsi in malattiadello spirito e della partecipazione.Basterebbe che il sindaco firmasse l’or-dinanza di divieto ai Tir per la statalePasubio e riceverebbe almeno 10.000applausi: anche il mio. Questo sarebbeil primo passo per governare a favoredei cittadini e migliorare lo stile di vita.Ma non ha coraggio! I problemi ven-gono sempre rimandati con menefre-ghismo e incapacità a trovare la sintesigiusta per regolare i ritmi della città. A Parco Città non vogliono gli anzianied al cimitero non c’è posto. I “vecchi”

al Laghetto; i morti a Casale.Abbiamo bisogno di qualcosa di più,ce lo meritiamo. Il disagio è forte:smog, traffico, Tir, pulizia delle strade,marciapiedi da sistemare, allagamenti,case popolari inesistenti, aumento deiprezzi, autobus...Eppure, gratta gratta c’è ancora tantoentusiasmo, in questa città diventataopaca, c’è ancora voglia di fare, di bat-tersi per uscire da una gestione quoti-diana della cosa pubblica, avvilente emercantile.

Luciano ParolinResponsabile cittadino

Italia dei Valori

Ho visto Garibaldia passeggio in Corso

Vicenza? Ha unafebbre da cavallo

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economia e società

Il presidente Coldiretti: sul folle aumento dei prezzi non abbiamo responsabilità

Biologico sì, ogm nol’agricoltura fa boomCresce la produzione verde, no alla genetica: “Inutile e immorale”

Piacere Isabella, contadina del 2000”La cosa più interessante è rendersi conto di come dal nostro lavoro dipenda la salute della gente”

Ritratto dei moderni coltivatori diretti: c’è tanto da fare e tanto da studiare Il confronto tra le statistiche dell’a-gricoltura italiana e di quelle con-siderate migliori in Europa, comequella francese, tedesca, olandese,mostra che la percentuale di giovaniimprenditori, inferiori ai 35 anni,sul totale delle aziende censite, inItalia è molto più bassa. Ma si trat-ta di un errore, che dipende dalfatto che le statistiche del censimen-to italiano annoverano ancora unnumero di aziende di gran lungasuperiore a quello delle effettiveimprese (quelle registrate alleCamere di Commercio, che sonomeno della metà delle aziende delcensimento). Se rapportata a queste,la percentuale degli imprenditorigiovani in Italia risulta anche piùalta delle altre percentuali inEuropa. Che tipi di giovani sonoquesti?Stefano e Isabella hanno un’etàintorno ai trent’anni (un po’ menolui, un po’ più lei), abitano rispetti-vamente in provincia di Verona e diTreviso, di professione sonoimprenditori agricoli. Per la caricarappresentativa che ricoprono, luidelegato regionale dei giovaniimprenditori Coldiretti del Veneto elei responsabile regionale delleimprenditrici agricole Coldiretti delVeneto, devono spesso presenziare aincontri istituzionali, conferenzestampa, interviste. Giovanili e belliquali sono, spigliati nell’eloquiopreciso e colto, suscitato a volte l’in-credulità sul fatto che siano effetti-vamente agricoltori. In una recenteintervista televisiva – in cui tra l’al-tro l’argomento era quello dellepensioni – il giornalista ha volutopremere la propria mano sulle loro

braccia, chiedendo se fossero veri,dei veri agricoltori. Lo sono, e sonorappresentativi di una generazionenuova che sta rinnovando le imp-rese agricole, nel Veneto come nelresto d’Italia. Perseguono con intel-ligenza intuitiva – che compendiagli studi con la sapienza tradizionale– l’attività d’impresa, attenta almercato in cui i cittadini consuma-tori sono sempre più consapevoli,rispettosa e creatrice dell’ambiente,con l’etica della responsabilitàsociale che l’impresa deve avere.“Parliamo di etica e di impresa – ha

dichiarato Stefano in occasione diun’intervista. Ci si chiede se sia pos-sibile unirle. Si, in imprese di unacerta dimensione, laddove il prodot-to è garantito dalla professionalità.Quando ho portato a casa dalcampo tre pere a mio figlio piccolo,mi sono reso conto di come la salutedegli altri dipende dai nostriprodotti. Magari non ho guadagna-to - mi sono detto - ma ho lavoratobene”.

Domenico Dal Sassodirettore Coldiretti Vicenza

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Vado a vivere in campagnaGiovani in trattore col pc

“Si può fare anche senza tradizione familiare”

Boom del biologico, ricerca del cibo più sano. Ma vi è ancheun ritorno alla campagna che inverte una tendenza che parevairreversibile.

“Attualmente è soltanto il 3,5 per cento della popolazione adessere impiegata nell’agricoltura. Il problema è che subiamo unnotevole invecchiamento. Il 50 per cento dei nostri soci hannotra i sessanta e i settant’anni. Questo significa anche che quel3,5 per cento è in calo. In controtendenza, però, abbiamo moltigiovani che scelgono questo mestiere. E molti senza averne tra-dizione familiare. Si comincia a vedere l’azienda agricola comeun investimento, e il lavoro di agricoltore come un mestierespecializzato. Questi giovani sono preparati, vengono da studiadeguati e credono nella valorizzazione della tipicità del mestie-re.”

Scompare dunque l’idea del “povero contadino ignorante”.“Io non ci ho mai creduto a questa favola. Il contadino deve

avere tantissime competenze. Magari non si sa esprimere, maquesto perché non deve vendere fumo. Non deve dimostrare disapere quello che non sa. Oltretutto ogni imprenditore agricolodedica un minimo di due, tre sere a settimana alla formazione.Deve tenersi informato sui prodotti in commercio. Quelli chevengono volgarmente denominati “pesticidi” infatti, compren-dono in realtà prodotti svariati. Il contadino deve sapere checosa usare. Noi siamo i primi a rimetterci se dovessimo usarefertilizzanti di cattiva qualità.”

A chi deve rivolgersi un giovane per avviare un’impresa agri-cola?

“Ci sono organizzazioni che possono indirizzarlo e presentar-gli le opportunità che la Comunità Europea e la RegioneVeneto offrono. Non ci si deve aspettare un guadagno imme-diato, ma questo è un mestiere che permette di mantenere deco-rosamente la propria famiglia.”

Nuove leve quindi. Altre novità?“Una curiosità è che abbiamo notato una grande crescita del

numero di imprenditrici. Questo è un fenomeno recente e chepermette di superare un’idea del contadino ormai obsoleta.

Stiamo inoltre adoperandoci per poter utilizzare il marchio“Terre del Palladio”, di proprietà della Camera di Commercio,per le nostre produzioni (dall’asparago di Bassano, ai bisi diLumignano, al sedano di Rubbio per dirne qualcuno...). Questoci permetterebbe la vendita diretta e un reddito immediato.”

s.s.

Cibo sano dal campo al piatto.Potrebbe essere questo il mottodell’agricoltura vicentina, che viveun momento di grande attenzioneverso la genuinità dei propri pro-dotti. E’ il presidente provincialeColdiretti, Diego Meggiolaro, atestimoniare un vero e proprioboom del biologico: “oggi le azien-de del biologico costituiscono il13/14 per cento della produzionevicentina. Questo mercato haavuto punte molto rilevanti negliultimi dieci anni soprattutto acausa degli scandali alimentari. Ilconsumatore cerca giustamenteuna sicurezza maggiore che questotipo di mercato può assicurargli.”

Come Coldiretti cosa fate perpotenziare il settore?

“La nostra approvazione statutta nel Patto con il Consumatoredi cui chiediamo la tracciabilitàobbligatoria. Siamo coscienti dilavorare con quello che è il carbu-rante dell’uomo, il cibo e pertantoabbiamo inserito nel nostro statu-to il Valore dell’Etica. In base adesso tutte quelle aziende che nonrispettano i parametri determinativerranno allontanate dallaFederazione.”

Quindi c’è sempre chi nonrispetta le regole. Dobbiamo staretranquilli?

“La nostra soglia di attenzione èsempre molto alta.”

Ad esempio non si parla piùdella “mucca pazza”. Problemasuperato?

“Il silenzio da parte nostra nonc’è mai stato. I nostri controllisono gli stessi degli anni delloscandalo. Abbiamo un costanterapporto con il mondo veterinarioin modo da poter controllare ognibovino che superi i diciotto mesi.Dobbiamo anche sottolineare chenoi in Italia siamo stati “vittime”di questa situazione, giuntadall’Inghilterra. Qui non è maistato evidenziato un caso di malat-tia conclamata, ma solo presunta.Tanto basta comunque a mantene-re la nostra attenzione alta. D’altraparte sappiamo che anche il consu-

matore non ha dimenticato.”Lei ha parlato del valore dell’eti-

ca come uno dei vostri capi saldi.Nasce spontanea una domanda suifamosi Ogm.

“La nostra politica è molto chia-ra. Siamo contrari non alla ricercascientifica, ma alla produzione chefaccia uso di sementi geneticamen-te modificate. Oltretutto per noinon sarebbe economico. Noi nonpossiamo competere con mercaticome quello USA o cinese. Essi sibasano sulla grande quantità. Noipuntiamo alla qualità e gli Ogmnon sarebbero affatto utili allanostra strategia di mercato.”

Economicamente parlando. Edeticamente?

“Qualcuno ha tentato di far pas-sare questa produzione come unasoluzione per la fame nel mondo.Ma chiunque si accorge della men-zogna. Quello delle sementi modi-ficate è un brevetto privato. Talebrevetto è in mano a quattro, cin-que multinazionali. I paesi in viadi sviluppo dovrebbero acquistarele sementi da esse. Il problemariguarda solo il lato ricco delmondo, non quello affamato.”

Altro problema scottante degli

ultimi anni è stato quello dellequote latte. Cosa pensa dei “ribel-li” e delle loro proteste?

“L’attuale ministro delle politi-che agricole ha posto fine al pro-blema. La corte di giustizia euro-pea ha emesso una sentenza in cuidefinisce le quote e impone ilpagamento degli esuberi. La sen-tenza impedisce inoltre ai tribunaliamministrativi di accettare ricorsi.I tribunali, tra l’altro, hanno sem-pre sospeso i provvedimenti, non lihanno mai definiti. Ora finalmenteviene fatta giustizia verso coloroche rispettavano le regole e subiva-no una concorrenza sleale.”

C’è ancora chi mormora?“Più che altro c’è chi sparge

false notizie dichiarando che sonosolo il 3 per cento degli allevatoriad aver accettato la rateizzazione.In realtà le cifre parlano chiaro.Solo nel vicentino sono il 74 percento quelli che hanno accettatol’opportunità concessa dallaComunità Europea.”

La siccità sarà ancora il “gossip”estivo?

“Per fortuna quest’inverno èstato generoso. Le abbondantinevicate hanno fatto sì che le falde

siano tornate a riempirsi. Abbiamoquindi un serbatoio più ampio.”

Problema risolto?“Non direi proprio. Da una

parte c’è il cittadino che fa un usomolto più ampio dell’acqua rispet-to agli anni passati. Ma questo èun buon segno, l’igiene personale èin aumento. Dall’altra però ci sonole nostre industrie che ne fannogrande consumo. Il problema è chespesso non la riconsegnano, comeavviene invece per l’irrigazione, maessa deve essere posta in tubi erme-tici e portata verso il mare. Vi èquindi un continuo prelievo. Lanecessità è quella di regolamentarloin modo che i risultati siano glistessi con consumi minori.”

Ma il clima è davvero impazzi-to?

“Non la penso così. Io credo cheper chi sa leggere la storia questiallarmismi non funzionino. Certo,noi dobbiamo stare attenti perchérischiamo di modificare la naturacon il nostro inquinare. Tuttavia,non penso che vi sia un mutamen-to climatico così repentino e deva-stante. Le annate di siccità e dimaltempo vi sono già state in pas-sato. Noi comunque dobbiamomettere in atto tutte le prevenzionipossibili. In quanto Coldiretti cer-chiamo di portare nuove idee eproposte per mantenere una natu-ra sana.”

Frutta e verdura hanno prezzialle stelle. Ognuno scarica la colpasugli altri. E voi?

“Noi siamo tranquillissimi. Visono riviste specializzate che pub-blicano settimanalmente i prezzimedi rilevati alla produzione dallaCamera di Commercio. Ad esem-pio l’Informatore Agrario riporta iprezzi medi di tutto il mercato ita-liano. Tutto ciò che riguarda laproduzione è alla luce del sole. Perdirne una a gennaio le zucchineandavano da 0,80 a 1,20 euro.Quattro anni fa costavano, semprealla produzione, 1.800/2.000 £.Ribadisco quindi la nostra tran-quillità.”

Sara Sandorfi

Under 35in campagnaChe impresaNumero di aziende

107mila(più di un quintodi quelle europee)Conduzione femminile

25 %Superficie mediaper azienda 9,4 ettari(oltre 54%in più della media nazionale)Fatturato medioper azienda

18.720(75% in piùdella media nazionale)Numero di occupatiper azienda 0,9 unità(50% in più

della media nazionale)Propensioneal biologico

3,7% rispetto al 2,1%della media nazionale Acquisto terra in proprietà

54%contro il 74%della media nazionale

Fonte: Elaborazione Coldirettisu pubblicazione Eurostat 2003

Page 8: Vicenzaabc n. 3 - 2 aprile 2004

Lunedì 1 settembre 1986, il Corrieredella Sera esce in prima pagina con lacorrispondenza di Valerio Riva daTreviso: “Parise è morto”. A fianco, uncorsivo di Alberto Moravia. E’ unabreve, fredda, lucida analisi delle quali-tà letterarie del grande vicentino.Nessun accenno all’antica amicizia cheaveva fatto confessare al più giovanedei due: “Ho imparato l’arte daComisso e la vita da Moravia”. Il ricor-do, il dolore per la scomparsa delloscrittore (collaboratore del Corsera peroltre trent’anni), viene affidato in terzapagina alle penne di Ettore Mo e GiulioNascimbeni, giornalista, critico lettera-rio, ma soprattutto, veronese diSanguinetto e grande amico diGoffredo Parise. In occasione dell’aper-tura al pubblico della casa museo diPonte di Piave, a lui abbiamo chiesto diraccontare il rapporto con lo scrittore.

“Eravamo molto amici. Conservoancora, gelosamente, dei suoi inediti.Questo dà la misura dell’intimità delnostro rapporto. Che vuole, anche sesono a Milano da quasi mezzo secolo,con Goffredo avevamo in comune l’ori-gine veneta: quella luminosa solitudineche splende nei sogni della provincia.Credo che questo tratto ci avvicinassenaturalmente. Tra noi, per altro, si par-lava quasi sempre in dialetto. A parte leoccasioni particolari, come un’intervi-sta. Allora, mi era indispensabile ladistanza fisica e professionale dell’ita-liano.

Sono entrato al Corriere il 15 dicembre1960. Lui collaborava già dal ‘55, macon l’edizione pomeridiana, che allorasi chiamava ‘Corrieredell’Informazione’ ed era guidato daGaetano Afeltra. Al Corrierone vero eproprio, Goffredo approdò più tardi,nel ’63, ma io lo conobbi solo due annidopo. Curavo una trasmissione dellaRai che si chiamava Tuttilibri. Pariseaveva appena pubblicato da Feltrinelli“Il Padrone” che, quell’anno, era risul-tato vincitore al Premio Viareggio. Mac’era anche stata la temporanea rotturacon Livio Garzanti che si era rifiutato didarlo alle stampe (il padrone cui si rife-riva nel libro era lui), e la polemica

proprio col Corriere.Goffredo c’era rimasto parecchio maleper come Carlo Laurenzi, inviato aViareggio come cronista, aveva raccon-tato l’evento. ‘Trovo il resoconto’, scris-se in una lettera al direttore di quelperiodo, Alfio Russo, ‘velenoso’.Insomma, era abbastanza maldisposto.Di più: quando arrivò negli studi perregistrare la trasmissione, era davveroscorbutico, scontroso, decisamenterude. Poi ci furono un paio di battute indialetto e lui si sciolse. Nacque così lanostra amicizia. Che non si è mai inter-rotta fino alla sua morte.

“Dormiva in piediaddossato a un muroCredo che certa sua ombrosità derivas-se ovviamente dall’infanzia. La primagiovinezza solitaria e segnata dall’esserfiglio di una ragazza madre. Poi, certo,ci fu il padre adottivo Osvaldo (da cuiGoffredo, anni dopo, acquisì il cogno-me), giornalista del Giornale diVicenza, che pian piano guadagnò ilsuo affetto. Tra i due si instaurò un otti-mo rapporto. Al proposito, ricordo unaneddoto di Nico Naldini: quando

Osvaldo vide per la prima volta la firmadi Goffredo sul Corriere, rimase peralcune ore con lo sguardo fisso sullapagina. Chissà se è vero. ComunqueNico la racconta così. Come quell’altra,sempre di Naldini, secondo cuiGoffredo era solito, negli anni milanesialla Garzanti, dormire in piedi addossa-to ad un muro durante la pausa di mez-zogiorno, con un mendicante lì dap-presso incaricato di svegliarlo dopoun’ora circa. Io però, lo giuro – rideNascimbeni – non l’ho mai visto farlo.Né ho mai visto quel mendicante.

“Perchè Spadolinilo amava tantoStraordinario fu il suo rapporto con ilpovero Giovanni Spadolini, direttoredel Corriere dal ’68 al’72. I due si cono-scevano, forse erano già amici, dal ‘55,quando il grande intellettuale fiorentinoaveva voluto Goffredo al Resto delCarlino, da lui diretto in quegli anni. E’incredibile come potessero andare d’ac-cordo due uomini così radicalmentediversi tra loro: agli antipodi, direi.Spadolini era un uomo d’ordine, solen-ne, un monumento vivente. Goffredo?

Un gran lazza-rone! Forse per questo Spadolini loamava tanto. I Sillabari furono una suaintuizione! Aspetti che cerco tra le miecarte un vecchio articolo. Ah, eccolo.Parise pubblicò la prima voce della rac-colta, ‘Amore’, sul Corriere del 10 gen-naio 1971. Insoddisfatto come sempre,Goffredo espresse qualche dubbio sullasoluzione grafica giocata sull’accosta-mento di sole due parole, Sillabari e,appunto, il titolo, Amore. Il Direttoregli rispose, cito testualmente:‘Manterrei lo schema iniziale. Ormai ilpubblico si è abituato al sillabario comeocchiello: non lo turberei’. Ecco, questoera Giovanni Spadolini.

Altra grandissima amicizia fu quellacon Montale. Quando aveva lasciatoMilano già da molti anni, ogni voltache veniva da noi in Via Solferino,Parise non mancava mai di passare inVia Bigli a trovare l’amico poeta.Quando Montale morì, il 12 settembre1981, chiesi a Goffredo di mandarmiun pezzo di commemorazione. Alloraio ero a capo della redazione cultura.Lui mi mandò cinque righe e nulla più,queste: ‘Una volta mi domandò a bru-ciapelo: tu credi che esista l’aldilà?Risposi di no. Egli sembrò riflettereprofondamente e disse come tra sé:

forse diventi una foglia’. Fu un bruttocolpo per lui, già malconcio dopo l’in-tervento alle coronarie del giugno diquello stesso anno.

Successivamente, venne sempre meno aMilano. Io, quando tornavo in Veneto,andavo per lo più a Verona dove abitamio figlio. Però ci sentivamo moltospesso al telefono. O attraverso ibigliettini con cui accompagnava i pezziche ci arrivavano in redazione speditida Ponte di Piave.

“Son vecio, dicevae fumava, fumavaRicordo che le cartelle erano al limitedella leggibilità, piene di cancellature.Inutile spiegargli le vecchie regole allequali, per altro, era sempre stato riotto-so (ogni cartella non deve superare letrenta righe di sessanta battute): ascol-tava e poi brontolava qualcosa per meincomprensibile. Poi, parlava spessodella malattia. E della morte. Ma nonne aveva paura. Più che altro, a preoc-cuparlo era la possibilità di diventarecieco come sua madre. E in effetti persequasi del tutto la vista. L’ultima voltache l’ho incontrato in Via Solferino èstato nel corridoio al pianterreno. Miparlò della sua angoscia di non poterpiù vedere con i suoi occhi avidi le coseche più amava. Poi concluse mestamen-te, come spesso ripeteva anche nel corsodelle nostre telefonate, ‘son vecio’.Cosa ricordo in particolare di quegliultimi anni? Che fumava anche quandonon avrebbe dovuto. Ecco. Questo.

Quella maledetta domenica in cuiGoffredo morì, il 31 agosto, mi trovavoa Cortina. Dovetti scrivere un pezzo insua memoria. Fu pubblicato il giornodopo. Non ricordo in questo momentocome si intitolava (‘Una dolce voglia dirovesciare la provincia’ N.d.r.). Miscusi, ma alla mia età non ricordo piùtutto. Che vuole, ho quasi ottant’anni:son vecchio”.

Davide Lombardi

cultura

“Che lazzarone il mio Goffredo”Giulio Nascimbeni, storica penna del Corsera e grande amico dello scrittore, racconta il suo Parise

Ci sono voluti diciott’anniper trasformare in realtà levolontà di Goffredo Parise:trasformare l’ultima dimora,la casetta di Ponte di Piave,in un centro di cultura e stu-dio del suo lavoro. Erano inpiù di duecento appassiona-ti, sabato 27 marzo, a salu-tare l’apertura ufficiale delpercorso museale ricavatoall’interno. Acquistata nel1984 da un Parise costrettodalla malattia ad abbando-nare il rifugio di Salgarèdatroppo esposto agli umoridel Piave, la casa di Ponte,una barchessa restaurata cir-condata da un ampio giardi-no, è specchio fedele di chil’ha abitata e amata.Visitando le sue stanze, èimpossibile non rimanereaffascinati dalla semplicitàessenziale del luogo cosìcome dai molteplici richiamiai tanti viaggi in giro per ilmondo. Lo studio conl’Olivetti e gli occhiali ancora posa-ti sulla scrivania, il salone resoluminosissimo dalle due pareti avista sul giardino, la camera daletto incentrata sul lettino – un po’triste – da una piazza e mezza, maanche le lampade cinesi, le sedie invimini così leggere, un’imponentezanna di elefante in entrata. Tutto èintatto, come Parise lo aveva lascia-to. E’ vero, vi è qualche cosa distruggente o, più ancora, di tragico,nella celebrazione postuma di unuomo, nella logica museale che, perconservare, cristallizza. Forse è ilcontrasto inevitabilmente stridentetra la vivezza dell’opera e l’imper-turbabilità un po’ polverosa di unluogo da cui si vorrebbero svelati isegreti del processo creativo.Eppure, al visitatore innamoratodell’autore dei Sillabari e di tantialtri capolavori, la congiunzionesimbolica tra l’uomo e l’artistariesce perfettamente. Perché Parise

vive nei molti ritratti di amici artisti(Carlo Guarienti, Mario Ceroli,Giosetta Fioroni, accanto a tantealtre opere di Schifano, De Pisis,Vacchi, Festa) sparsi ovunque, cuci-na compresa. Perché Parise riposain quello stesso luogo, a pochimetri dal cancelletto d’ingresso,nella tomba appena accennata nelverde del prato e vegliata dalmarmo bianco - MademoisellePogany - di Brancusi (purtroppo,soltanto una copia, l’originale furubato nel 1996). In quel puntoesatto, si riaccende il dialogo mutocon l’artista che aveva deciso diritornare nel suo “Veneto barbarodi muschi e di nebbie” (dal titolo diun imperdibile articolo di Parisepubblicato sul Corsera il 1° gen-naio 1984) acquistando, già nel1969, la casetta di Salgarèda, perpoi trasferirsi a Ponte di Piave dueanni prima di morire. Non un casola data del rientro di Parise inVeneto dopo una vita randagia, ha

ricordato il critico Silvio Perrella(autore della recente monografia“Fino a Salgarèda”, Rizzoli. Euro13,50) presente alla conferenzad’apertura dell’evento insieme avecchi amici dello scrittore comeNico Naldini, il vicentinoFernando Bandini (presidente delComitato scientifico Casa diCultura Goffredo Parise) eTommaso Tommaseo Panzetta.Piuttosto, una sorta di passaggio diconsegne con l’amico e maestroGiovanni Comisso morto a Trevisoproprio in quello stesso anno.Anche quando lontano, Parise nonaveva mai rinunciato, men chemeno rinnegato, il legame profon-do, ancestrale, con la sua terra d’o-rigine. Scriveva a Comisso in unalettera da Capri datata 22 agosto1959: “Vorrei passare questo inver-no sepolto nella nostra campagna,girando con una bicicletta e dor-mendo nei fienili e la sera ritirarmia ‘filò’ con quelle belle campagnole

con le gambe fresche comela gazosa per le punture delvento”. Dunque Salgarèda,e poi Ponte di Piave, comeesiti naturali di quell’essere“profondamente veneto”(la definizione è di AlbertoMoravia) che fu proprio diGoffredo Parise.Un’appartenenza di cui ilpiccolo comune del trevigia-no ha raccolto l’eredità:motivo d’orgoglio, maanche di grande responsabi-lità, come ci ha spiegatoFrancesco Tiveron, bibliote-cario e membro del comita-to scientifico. “Ponte diPiave è un comune di solisettemila abitanti, Parise unmonumento della letteratu-ra italiana. Troppa la spro-porzione. Noi abbiamofatto e facciamo il possibile,ma forse servirebbe dare ailuoghi che furono delloscrittore un respiro piùampio. Ad esempio, realiz-

zando un parco letterario tra qui,Vicenza e Oderzo dove Parise eraun habitué alla libreria Il BeccoGiallo. L’apporto della Regione?Hanno dato qualche soldo per que-sto convegno e per il sito Internet.Non si può dire che vi sia indiffe-renza, ma certo, per valorizzare ungigante della cultura veneta comeGoffredo Parise, si potrebbe farequalcosa in più”.

Casa museodi Goffredo PariseVia Verdi 1 (31047)Ponte Di Piave (TV) Telefono: 0422759995 Internet: www.goffredoparise.it

Orario: dal lunedì al venerdì, dalle14,30 alle 19,00. Su prenotazione ilsabato mattina e la domenica mat-tina.Ingresso libero.

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Parise in Sillabari

Ci univail nostro

bel dialettoveneto:

per placarela sua

scontrositàbastarono

un paio di battute

Mi chiese“Tu crediche esistal’aldilà?”Risposidi no.Si adombrò“Forsediventeròuna foglia”

Vicenza

Semplicità Maternità

Viaggiare

Scrivere con parolemolto semplici ed ele-mentari; essere sinceri;scrivere solo quando siama molto non soltan-to le cose che si scrivo-no ma soprattutto colo-ro che le leggeranno.Il lettore sente subitoche chi scrive vuol fareil furbo, vuol fare il pro-fessore, sente che l’au-tore non lo ama e nonci casca, non si com-muove, non si emozio-na.

(da un’intervista del settembre 1972a Claudio Altarocca)

Perchè non ero tornatoo non tornavo nellamia città? Non avevoparenti in quella città eper di più l’avevo percosì dire “sfruttata” inquattro miei libri. Orala ricordavo esatta-mente come si ricordaun sogno. Le grigiecolonne palladiane inlunghe e alte fila comed’alberi della forestamalese, la piazza, ilpassato.

(da G. Parise: “Veneto barbaro dimuschi e di nebbie” sul Corseradel 1 gennaio 1984)

Se il Mediterraneonasconde nelle sue pro-fondità arte e culturacome i bronzi di Riace,in questa zona di terraveneta vivevano peròcon i loro elfi e coboldile culture nordiche ebarbariche, non piùmediterranee maboschive, fungacee,muschiose, gelate enebbiose della fantasiadi Andersen e deiGrimm, della steppa edelle sinagoghe russe.(da G. Parise: “Veneto barbaro dimuschi e di nebbie” sul Corseradel 1 gennaio 1984)

Ma ci fu un ultimoviaggio, in Giappone,dove lo spirito diSalgari trionfò: l’unicopaese al mondo dovel’America è messa sottoi tacchi, ogni cosaavendo l’aspetto e l’usoamericano. Ecco, l’es-senza, lo spirito ineffa-bile dell’esotismo inGiappone resistevaintatto: l’acqua non erastata inquinata.(da G. Parise: “Salgari: i mieiviaggi” sul Corsera del 24 ottobre1982)

Benvenuti aCasa Parise

Aperta al pubblico in questi giorni l’ultimadimora dello scrittore: ospita un ricco archivio