ANNO XXXIX MARZO-APRILE 2004 (in carica per il biennio ... · Mauro Mancini Maria Letizia Mancuso...

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Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia (in carica per il biennio 2001/2003) Direttore Lucio Carbonara Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato a questo numero i redattori: Luisa Chiumenti, Stefano Giuliani, Paolo Martegani, Giorgio Peguiron, Alessandro Pergoli Campanelli, Valentina Piscitelli, Barbara Pizzo, Elio Trusiani Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Responsabile: Claudio Presta www.edpr.it - [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/ Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa Ditta Grafiche Chicca s.n.c. Villa Greci - 00019 Tivoli Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Spediz. in abb. post.- D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967. In copertina: Insediamento residenziale Gneis Moos, Salisburgo Tiratura: 13.000 copie Chiuso in tipografia il 12 giugno 2004 Presidente Amedeo Schiattarella Vice Presidenti Andrea Mazzoli Silvio Luigi Riccobelli Segretario Pietro Ranucci Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Piero Albisinni Giovanni Bulian Lucio Carbonara Rolando De Stefanis Valter Macchi Mauro Mancini Maria Letizia Mancuso Fabrizio Pistolesi Luciano Spera Benedetto Todaro segue ANNO XXXIX MARZO-APRILE 2004 52/04 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA ARCHITETTURA INTERVISTA L’Architettura Solare di Reinberg 3 Intervista a Georg W. Reinberg Francesca Sartogo Nuove frontiere della formazione 12 Intervista a Lucio Valerio Barbera Alessandro Pergoli Campanelli a cura di Giorgio Peguiron - NUOVE TECNOLOGIE Aree dismesse: una lettura complessa 18 Antonella Valitutti EVENTI Ferrara: il Castello per la città 21 Luisa Chiumenti a cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo - PAESAGGIO Dal muro al paesaggio 24 Barbara Pizzo Ninfa: l’approccio “paesaggistico” 25 Ilaria Rossi-Doria Mura di Ninfa: tipologie ed interventi di restauro 28 Rossana Mancini

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Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia

(in carica per il biennio 2001/2003)

DirettoreLucio Carbonara

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato a questo numero i redattori:

Luisa Chiumenti, Stefano Giuliani, Paolo Martegani, Giorgio Peguiron,

Alessandro Pergoli Campanelli, Valentina Piscitelli, Barbara Pizzo,

Elio Trusiani

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti

di Roma e ProvinciaServizio grafico editoriale:

Prospettive EdizioniResponsabile: Claudio Presta

www.edpr.it - [email protected]

Direzione e redazioneAcquario Romano

Piazza Manfredo Fanti, 4700185 Roma

Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561http://[email protected]

[email protected]

Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/

Manuela Sodani, Mauro FantiTel. 06 61699191 Fax 06 61697247

StampaDitta Grafiche Chicca s.n.c.

Villa Greci - 00019 Tivoli

Distribuzione agli Architettiiscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali

degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e

non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico.

Spediz. in abb. post.- D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1,

comma 1DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967.

In copertina: Insediamento residenziale

Gneis Moos, Salisburgo

Tiratura: 13.000 copieChiuso in tipografia

il 12 giugno 2004

PresidenteAmedeo Schiattarella

Vice PresidentiAndrea Mazzoli

Silvio Luigi Riccobelli

SegretarioPietro Ranucci

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriPiero Albisinni

Giovanni BulianLucio Carbonara

Rolando De StefanisValter Macchi

Mauro ManciniMaria Letizia Mancuso

Fabrizio PistolesiLuciano Spera

Benedetto Todaro

segue

ANNO XXXIXMARZO-APRILE 2004

52/04BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

A R C H I T E T T U R A

INTERVISTA

L’Architettura Solare di Reinberg 3

Intervista a Georg W. ReinbergFrancesca Sartogo

Nuove frontieredella formazione 12

Intervista a Lucio Valerio BarberaAlessandro Pergoli Campanelli

a cura di Giorgio Peguiron - NUOVE TECNOLOGIE

Aree dismesse:una lettura complessa 18

Antonella Valitutti

EVENTI

Ferrara: il Castelloper la città 21

Luisa Chiumenti

a cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo - PAESAGGIO

Dal muro al paesaggio 24Barbara Pizzo

Ninfa: l’approccio “paesaggistico” 25Ilaria Rossi-Doria

Mura di Ninfa:tipologie ed interventi di restauro 28

Rossana Mancini

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D E S I G N - a cura di Paolo Martegani

30 EffimeroPaolo MarteganiMaria Grazia Rossetti

U R B A N I S T I C A - a cura di Elio Trusiani

33 Il progetto Partecipandodella rete UrbactMirella Di Giovine

36 Partecipando: una rete di 22 città europeeStefano Rollo

L ’ O R D I N E

37 Fascicolo del Fabbricatoscelta di civiltàDaniela Marzano

F O R M A Z I O N E

40 Quando l’Università colloquia con il mondo del lavoroCristina Benedetti

A R G O M E N T I

42 Libera professione e controllo di qualitàMarco Ciatti

R U B R I C H E

44 FONDI E FINANZIAMENTI - a cura di Marina Cimato e Andrea NobiliLa riforma dei fondi strutturali, Anita Deflorio con Marina Cimato e Andrea Nobili

45 LIBRI

49 WEB & CAD - a cura di Stefano Giuliani

50 ARCHINFO - a cura di Luisa Chiumenti

EVENTI:Ireneo Aleandri: un “professionista“ dell’800.MOSTRE:Intermezzo: i disegni e le pitture di Barthes.De Chirico e la città.Leonardo: l’Acqua e il Rinascimento.Paesaggio urbano nelle stampe italiane.La Roma dei pittori danesi dell’Ottocento.Visioni da Tazio Secchiaroli.I Della Rovere.TA MATETE: living gallery.

62 SPAZIO ALL’ARTIGIANATO DI QUALITÀ - a cura di Valentina Piscitelli

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La mia conoscenza con Georg W. Rein-berg è di lunga data, insieme abbia-mo più volte contribuito alla campa-gna per l’introduzione delle Energie

Rinnovabili nell’Architettura, nell’ambitodella nostra professione e nel dibattito dellenumerose riunioni congressuali della nostracomune Associazione “Eurosolar”. Ma essasi consolida soprattutto nell’anno 1993quando ci incontriamo tra circa 100 espertidi “ecologia urbana” provenienti da 21 di-versi Paesi, invitati a formulare le “lineeguida” per il delicato recupero di “Spina 3”una delle aree industriali dismesse nel cuoredel centro storico della città di Torino e la co-stituzione della nuova struttura urbanadell’“Environmental Park”. Lavoriamo percirca una settimana, in gruppi formati vo-lontariamente da comuni interessi e back-ground culturali, elaborando concetti e stra-

tegie di riqualificazione che vedono nellanuova realtà una continuazione del lin-guaggio e delle matrici del processo evoluti-vo della città con una forte connessione traelementi stilistici, elementi naturali, ele-menti geomorfologici, idrografici e soprat-tutto climatici, come supporto della nuovaalleanza tra Uomo e Natura e tra Storia eProgetto. Da questa esperienza, inizia unsodalizio ed un dialogo filosofico moltointeressante, che da anni alimenta la ricercaprogettuale sia nel territorio austriaco che inquello italiano. Le affinità culturali di unacultura perseguita in alcune Università ita-liane come quella di Firenze, Milano e Ro-ma e le architetture di Georg W. Reinberg,hanno avvicinato sempre di più la sua per-sonalità, interessando gruppi di studenti earchitetti alla sua sperimentazione, in con-tinua evoluzione.

L’ArchitetturaSolare

di Reinberg

Francesca Sartogo

L’intervista mette a fuoco gliaspetti più interessanti emersi

nelle giornate dell’energiasolare organizzate da Ordine

degli Architetti, Eurosolar,Legambiente, CesArch e

Comune di Roma, all’AcquarioRomano nel febbraio 2004.

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D. L’architettura convenzionale si è di-menticata del clima, adopera materialitossici, progetta l’involucro delle propriestrutture e poi delega a “posteriori” laprogettazione impiantistica del comfort.Quale la tua controtendenza?R. Io credo che l’architettura non può es-sere solo un manufatto estetico, ma moltodi più. Essa dovrebbe essere lo specchiodel processo delle dinamiche della tecno-logia, della società e della economia delnostro secolo. Quindi non basta la sem-plice sostituzione dei materiali tossici conaltrettanti materiali non tossici, la sostitu-zione di un impianto di riscaldamentonon efficiente con uno più efficiente, ol’installazione di un sistema aggiuntivo dicaptazione solare. L’architettura deve na-

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delle componenti, delle tecnologie, deimateriali? Quale la filosofia di partenza equale l’evoluzione delle tue architetturesolari, dal primo approccio “Solare Pas-sivo” al “Solare Attivo” delle tue più re-centi realizzazioni?R. La mia ricerca sull’architettura partedalla “partecipazione” per la quale l’Au-stria è stata una delle nazioni leader dopol’Olanda. L’obiettivo del mio lavoro è sta-to la partecipazione con gli utenti delle ca-se, ho fondato “cooperative” per costruirepiccoli quartieri di abitazioni ecologiche.I soci volevano decidere chi doveva esserel’architetto, come doveva essere l’architet-tura, quali i materiali ecc. Era inoltre iltempo della crisi energetica del 1973, edessi seguirono con attenzione le nuove

SERRE DI PRIMA GENERAZIONE

• 1. Casa ad Annaberg• 2. Casa per Lenhart a Tulbig• 3.>8. Case alternative a

Purkesdorf, Lower Austria.Realizzazione: 1991-92

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scere tutta insieme in un unico progettopiù indipendente ed energeticamente au-tonomo. Nei miei progetti, cerco di ascol-tare le esigenze dei miei clienti e di risol-verle, all’interno delle più recenti proble-matiche ambientali, attraverso la speri-mentazione di nuove avanzate tecnologie.Credo che il lavoro più importante sia ilrapporto dell’architettura con il clima,(sole, vento) con il quale la società di ogginon può più non relazionarsi. È stato perme un vero piacere scoprire con quantinuovi ingredienti e problematiche avreipotuto costruire il nuovo linguaggio dellamia architettura. D. Qual è stato il processo evolutivo nellungo periodo dell’esperienza solare del-le tue architetture? Quale l’evoluzione

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tecnologie per la casa più sana e l’uso di ri-sorse alternative per il riscaldamento,quale quella proveniente dal sole. L’espe-rienza venne chiamata “Case alternative”ed io come architetto insieme ai soci del-la cooperativa cominciammo ad interes-sarci alla Progettazione Bioclimatica ed allaArchitettura Solare. Il risultato è stato larealizzazione delle case di Purkersdorf dovetuttora vivono insieme 10/12 famiglieper intervento, con già notevoli risparmienergetici e una prima organizzazioneecologica di base. Le esperienze successivesi concentrano sulla efficienza dell’“edifi-cio bioclimatico” e poi recentementesull’“Architettura Solare”. Nella prima ri-cerca eravamo affascinati dall’uso del si-stema “solare passivo” e sulle sue grandi

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riodo molto affascinante di sperimenta-zione e verifica. I programmi di simula-zione oggi, ci seguono, passo passo, nellescelte, dal momento della progettazionefino a quello della realizzazione e della ge-stione. Questo periodo fu chiamato da al-cuni “funzionalismo solare” e da altri “eco-modernismo” ed è tutt’ora in work in pro-gress, nella sua attuale fase di sviluppo e dicontinua sperimentazione. D. Uno dei codici architettonici più per-sistente nei tuoi progetti è certamente la“Serra Solare”, quali sono le caratteristi-che e le prestazioni di alcune soluzionidurante l’iter della tua architettura?R. Le “Serre Solari” oggi sono diventatedegli elementi formali dell’architetturamolto usate anche se in modo un poco su-

possibilità di espressione formale nell’ar-chitettura, tanto forse da sopravalutarneil potenziale e le sue prestazioni. Alloranon avevamo ancora a disposizione stru-menti adeguati di verifica, i materiali el’uso dell’isolamento erano molto deboli,e commettemmo anche alcuni errori nel-la gestione e nella manutenzione. Succes-sivamente abbiamo iniziato ad usare mag-giori sistemi di schermature, di ventilazio-ne naturale, di isolamento, di materialipiù efficaci e soprattutto ad automatizza-re il sistema misurazione e monitoraggiodelle nuove soluzioni sperimentali. Nelfrattempo cresceva la ricerca e la produ-zione sul mercato di materiali miglioriquali “vetri” e tecnologie termiche piùavanzate che ci hanno coinvolto in un pe-

SERRE DI SECONDA GENERAZIONE

• 9.10. Insediamento residenziale Gneis Moos a Salisburgo.Progetto: 1993-98 - Realizzazione: 1998-2000

• 11.12. Edificio residenziale a Sagederstrasse.Progetto: 1994 - Realizzazione: 1997-99

• 13. Insediamento turistico Inselwett a Jois sul lago Neusiedler SeeProgetto: 1995-98 - Termine lavori: 2001

• 14.15.16. Edificio residenziale a Brunnerstrasse,Vienna. Realizzazione: 1991-95

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flettenti elementi solari attivi e passivi,ecc.) che poi una volta estratte ed oppor-tunamente dimensionate da verifichefluidodinamiche e computerizzate, pos-sono offrire un ampio potenziale esteticoespressivo dei dettagli e dell’insieme del-l’Architettura Solare.Certamente su questi importanti elemen-ti architettonici dell’Architettura Solare,c’è stato nella nostra ricerca, un lungoprocesso evolutivo che è iniziato con le“Serre Solari di prima generazione” delle“Case alternative di Purkersdorf ” deglianni ‘80 che erano completamente solaripassive, e dove l’uso non appropriato de-gli utenti qualche volta riduce l’efficienzae provoca surriscaldamento nelle giornateestive assolate. Nelle “Serre Solari di secon-da generazione” degli anni ’90 si sperimen-tano nuove soluzioni di chiusure automa-tiche coordinate con la variazione delletemperature e sistemi di ventilazione na-

turale e meccanica. Infine le “Serre Solaridi terza generazione” diventano negli anni2000 una parte integrante del sistema diventilazione ottimizzando maggiori gua-dagni solari. Nell’insediamento di GneisMoos degli anni ’90, l’aria esterna a 2°C siincanala nelle case attraverso le serre sola-ri – dove anche con poco sole – si riscaldaa circa 12°C riducendo l’apporto di riscal-damento globale a 10°C invece di 18°Crisparmiando circa il 20% sulla produzio-ne di energia termica; in più la serra di-venta uno spazio più piacevole e vivibilein tutte le stagioni e spesso anche elemen-to linguistico particolare come nella fac-ciata articolata del complesso di Hofjager-strasse o a Gneis Moos dove le serre sono l’e-struso di una particolare sezione verticaleche ottimizza l’ombreggiatura ed il raffre-scamento estivo. Negli uffici Biotop diWeidling, il calore del sole invernale capta-to dalla serra solare continua, viene accu-

perficiale. Specialmente quando si crededi fare Architettura Solare copiando le for-me, come nella moda, ignorandone i vericontenuti. Le serre solari sono una partearchitettonica molto importante, se agi-sce insieme all’intero edificio e quindi de-ve essere impegnata in qualcosa di moltodiverso della costruzione di un codice for-male. Ma tu hai certamente ragione, stanascendo uno “specifico linguaggio archi-tettonico” che connota l’Architettura Sola-re. Il palinsesto di questa architettura perònon è solo espressione formale; esso è il ri-sultato di una lunga ricerca del rapportotra energia solare e l’edificio, una energiaprodotta nell’area e nell’edificio stesso, ot-timizzata scientificamente a conteneresprechi non necessari, usata in modo ap-propriato e integrato. Il sole ed il ventodebbono essere introdotti nell’edificio at-traverso innovative tecnologie (isolamen-ti termici, superfici vetrate captanti e ri-

SERRE DI TERZA GENERAZIONE

• 17.>23.Uffici Biotop a Weidling. Progetto: 2001-02 - Realizzazione: 2002-03

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mulato dalla massa termica dell’involucrodell’edificio, oppure attraverso uno scam-biatore di calore, immesso nel sistema diventilazione per la climatizzazione inter-na sia invernale che estiva. In conclusione,nelle serre solari, oggi le tecnologie per losfruttamento della ventilazione, ovviandoil surriscaldamento estivo, sono diventatemolto necessarie anche nel nostro Paese,D. Quale l’evoluzione dell’uso delle tec-nologie solari e dei risultati dei risparmienergetici ottenuti. Quali le percentualidi apporto solare per il riscaldamento, lafornitura di acqua calda, il consumo elet-trico ottenuto nei vari edifici. Quale ladifferenza tra l’edilizia tradizionale a latua Architettura Solare?R. È molto difficile rispondere con unasemplice statistica, perché situazioni cli-matiche e localizzazioni diverse possonoavere effetti completamente differenti. Ingenerale c’è stato un processo evolutivonello sviluppo delle tecnologie e, soprat-tutto negli ultimi anni, una crescente con-sapevolezza nei riguardi dell’ambiente. Ilmio primo edificio (progettato 20 annifa) ha un’efficienza energetica simile aquella che è richiesta per l’edilizia pubbli-ca convenzionata, oggi, in Austria; gli edi-fici più recenti raggiungono un risparmioenergetico del 10/20% rispetto allo stan-dard richiesto, oggi, in Austria. Per averequesto buon risultato abbiamo formulatotutta una serie di strategie e tecnologie.Nel mio studio abbiamo sviluppato una“gerarchia di strategie” che rispecchiano ilprocesso della nostra ricerca degli ultimi20 anni. Queste gerarchie coinvolgonoper prima cosa l’efficienza energetica e lasostenibilità economica per fare poi suc-

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scambiatori di calore terra-acqua per ilraffrescamento estivo. Negli ultimi edificii guadagni solari sono ottenuti da caratte-ristiche costruttive da sistemi di riscalda-mento con caldaie ad alto rendimento,con un risparmio energetico di almeno il40%, e contribuendo mediamente con il55/65% per la produzione di acqua caldae con il 10% per il riscaldamento. La spe-rimentazione di ormai sofisticati pro-grammi di simulazioni sono oggi la base elo stimolo costante del mio lavoro.Che differenza tra l’edilizia tradizionale el’Architettura Solare è un’interessante do-manda. Mi fa piacere dire che la grandedifferenza è che la nuova Architettura So-lare, oltre a produrre alcuni importantibenefici ambientali, è anche molto bella. D. Quale la tua ricerca, nella pianifica-zione dei singoli quartieri, sulla tipologiabioclimatica. Quali i risultati dell’espe-rienza?R La ricerca sulla “tipologia bioclimatica”nasce negli anni ‘80, nelle varie case unifa-

miliari nei dintorni di Vienna, e si conclu-de nell’ultima esperienza della casa di“Maria Ermersdorf ” dove l’edificio è to-talmente chiuso verso nord e la strada, perproiettarsi a sud/ovest verso una “corte”interna protetta chiamata “stanza verde”,dove si affacciano gli ambienti dei sog-giorni e delle camere, interamente vetraticon lastre a tre strati isolanti e con sistemischermanti azionati da un programmaautomatico di ottimizzazione della lucenaturale e del comfort termico. La formadell’edificio, la massa dell’edificio ed il si-stema solare di termoregolazione sono lematrici fondamentali. Nei progetti urba-ni, come quelli di Salisburgo o di Hofja-gerstrasse, la ricerca è mirata alla diversifi-cazione della flessibilità tipologica e di-mensionale, alle modalità di aggregazionedegli elementi edilizi; non più solo tipolo-gie in linea, ma abbiamo proposto com-plesse articolazioni di elementi singoli,duplex, a schiera, localizzati a focalizzarele polarità urbane ed edilizie.

cessivamente migliori ottimizzazioni. Peresempio per gli edifici residenziali: primaridurre la perdita termica, successivamen-te assicurare riscaldamento invernale eraffrescamento estivo con una relazioneottimale superficie/volume, buon isola-mento termico, buon sistema di ventila-zione. Riscaldamento prima con sistemisolari passivi, (collettori solari ad acqua oaria calda), poi con sistemi solari attivi(pannelli fotovoltaici) e infine uso di im-pianti ad energie rinnovabili (in Austriaper esempio con la biomassa). Abbiamousato anche i sistemi di scambiatori di ca-lore terra-aria per il riscaldamento, o gli

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D. L’architettura e l’urbanistica ecologi-ca posseggono la capacità di creare co-munità? R. Sì, credo che possiedano una grandecapacità di identificazione per le comuni-tà. Per esempio, se una comunità ha lapropria stazione di trattamento delle ac-que, questa può essere di grande aiuto perl’identità della comunità stessa. Soprat-tutto se c’è visibilità dei cicli e dei prodot-ti ottenuti dal riciclaggio. All’interno diun complesso insediativo che abbiamorealizzato a Vienna, dove gli abitanti ap-parentemente non avevano nulla in co-mune, una piccola stazione per la raccolta

D. Quali sono le strategie da seguire nel-la pianificazione urbana? R. Esistono due principali scuole di pen-siero nell’architettura ecologica. La primaconsidera gli insediamenti urbani all’in-terno delle città dannosi nei confronti del-l’ambiente e perciò propone di costruirecase isolate immerse nel verde, in alcunicasi con un atteggiamento progettuale chemima le forme della natura. In questo mo-do il consumo di territorio che ne derivaporta a coprire l’intero pianeta di piccolecase monofamiliari e il consumo di carbu-rante dovuto agli spostamenti resi necessa-ri dalle distanze cresce inevitabilmente.Un’altra direzione è invece quella di con-centrare gli edifici e le attività umane incittà compatte in cui siano ridotti i flussi dirisorse. Il modello urbano offerto da unacittà ad alta densità postula un’intensa vitasociale basata sulla vicinanza dei suoi abi-tanti. È inoltre necessaria una integrazionedelle funzioni che riduca la mobilità degliabitanti, incoraggi le relazioni e sostenga leattività durante la giornata.All’interno di città compatte è più facileprevedere una maggiore efficienza nellagestione delle risorse: riduzione dei consu-mi energetici, riduzione dei rifiuti ed emis-sioni inquinanti. È importante il passaggio dai sistemi tra-dizionali decentrati a sistemi centralizzatidegli impianti per la produzione di acquacalda e riscaldamento, come nell’insedia-mento del quartiere di Salisburgo dove icollettori solari sono concentrati in unicotetto e un grande serbatoio condominialeper l’accumulo dell’acqua calda e per il ri-scaldamento diventa più economico e dipiù facile gestione.

dei rifiuti domestici – in Austria esistonoregolamenti ferrei per la raccolta differen-ziata – è diventata il punto d’incontro de-gli abitanti, una sorta di piazza dove lepersone familiarizzano: tutti produconorifiuti e tutti hanno l’obbligo di gettarlivia e quindi recarsi alla piccola piazza. È questo è solo un esempio di come ilpensiero ecologico possa creare identità ecomunità.

(Con la collaborazione di Barbara del Brocco, premio Eu-rosolar 2003 per la tesi di dottorato “La città sostenibile”in cui è contenuta un’intervista all’arch. Reinberg sui temidella sostenibilità urbana e sulla pianificazione ecologicadegli insediamenti).

SERRE DI TERZA GENERAZIONE

• 24.25.26 Edificio residenziale,Hofjagerstrasse, Vienna. Realizzazione: 1998

• 27.28. Casa unifamiliare aSonnbergstrasse, Vienna. Progetto: 1999 - Realizzazione: 2001

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Il terzo appuntamento con i presidi delleattuali Facoltà di architettura romane(in precedenza abbiamo ascoltato il pre-side della Facoltà di “Valle Giulia” Ro-

berto Palumbo e l’allora preside della “Pri-ma Facoltà di Architettura” Salvatore Dier-na), prosegue con il nuovo preside della Pri-ma Facoltà di Architettura “Ludovico Qua-roni”, prof. Lucio Valerio Barbera.

D. Professore, innanzitutto potrebbespiegarmi cosa rappresenti e come nascail nuovo nome della Facoltà che lei diri-ge, intitolata a Ludovico Quaroni?R. Intitolare la Facoltà a Ludovico Quaro-ni è per me una cosa così naturale che enu-merarne le ragioni significa sciogliere unamatassa che rappresenta una galassia di ra-gioni. D. Eppure il nome è stato aggiunto dopo.

Nuove frontieredella formazione

Intervista a Lucio Valerio Barbera, nuovoPreside della Prima Facoltà di Architettura‘Ludovico Quaroni’. Una Facoltà connotatadalla grande differenziazione dell’offertadidattica, dal particolare contributoinnovativo alla formazione, dallasperimentazione di figure professionali cherispondano alle esigenze della società.

Alessandro PergoliCampanelli

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me al tempo stesso attento osservatoredelle piante antiche e scrittore della bel-lezza di questa città; Quaroni era convin-to che l’architetto fosse in primo luogo unintellettuale, una persona colta, ma altempo stesso dotato di grande innocenza,ovvero capace di porsi il problema dellatrasformazione del mondo utilizzandotutti gli strumenti possibili, e non soloquelli consolidati della cultura, come pro-pria necessità primordiale.D. Come si traduce questo richiamo allafigura di Ludovico Quaroni nell’orga-nizzazione della Facoltà che lei dirige?R. Innanzitutto nell’offerta didattica: in-fatti, insieme al corso quinquennale dedi-cato all’architetto ‘albertiano’ (nel sensoche le ho spiegato prima) abbiamo ancheun corso triennale “Tecniche dell’architet-tura e della costruzione”. Qui già si notauna distinzione abbastanza forte fra l’ar-chitetto che si interessa prevalentemente

R. Sì il nome è stato aggiunto dopo e percapirne il perché dobbiamo ricostruire glieventi che hanno generato questa Facoltà:tutto nasce dalla divisione della preceden-te Facoltà di architettura in due. Il proget-to prevedeva una differenziazione fra ledue nuove Facoltà che rispondesse al me-glio alle nuove richieste del mutato rap-porto fra architettura e società. Si pensòda una parte ad una Facoltà che si dedi-casse senza altri gravami alla rimodellazio-ne dell’architetto che io chiamo ‘albertia-no’ (da Leon Battista Alberti, nda), inten-dendo con questo la figura dell’architettocome grande intellettuale del ‘fare’, dal-l’altra invece ad una Facoltà che, purmantenendo al suo centro sempre la for-mazione di un architetto ‘albertiano’, in-torno ad esso sperimentasse risposte, lepiù avanzate possibili, alle domande la-tenti ma ben percepibili, di una società ingrande evoluzione. La Facoltà che io ades-so rappresento è quella che si dedica al-l’indagine e alla sperimentazione di unagamma di figure professionali che abbia-no proprio il ruolo di far emergere le esi-genze della società attuale.D. E quindi ritornando alla dedica aQuaroni?R. Nella tradizione della scuola romanaLudovico Quaroni è la persona che intui-tivamente, ma con grande chiarezza, hapercepito per primo il dovere che l’archi-tetto intellettuale italiano ha di vedere,prima che le cose avvengano, quali sianole esigenze della società. Ludovico Quaro-ni era la persona più colta e più ‘innocen-te’ che io abbia mai incontrato: curioso ditutto quello che gli avveniva intorno, dal-la sinuosità del design di un parafango co-

del rapporto fra architettura e città e chi in-vece dell’atto costruttivo dell’architettura echi ancora vede l’architettura soprattuttocome trasformazione di quello che già esi-ste; poi vi è un corso dedicato al restauro eun corso dedicato al design. E ancora, ab-biamo corsi triennali di “Architettura deigiardini e paesaggistica”, “Urbanistica e si-stemi informativi territoriali”, “Pianifica-zione e gestione del territorio e dell’am-

Dall’alto:• L. Quaroni, Tiburtino IV, 1950-54• L. Quaroni, Borgo La Martella, 1951-54Nella pagina a fianco:• Prof. Lucio Valerio Barbera• Vito Lombardi, Costruzione della Città

Universitaria, 1932 ca

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profilo e ne valuta i crediti: purtroppo aquel punto non è finito il percorso, ma siè solo all’inizio perché bisogna valutareanche le risorse a disposizione, special-mente nel caso in cui le risorse monetarievengano da enti esterni. Deve essere chia-ro che il budget non rappresenta una cifraastratta ma un flusso che va controllato egestito. Eppure sembrerà strano ma nonsono le Facoltà ma il mondo esterno adavere una scarsissima dimestichezza con leUniversità perché non riesce a compren-dere i vantaggi di accostarsi a noi con spi-rito attivo, di sponsor, sollecitatore diazioni formative e di ricerca.D. Eppure oramai è acclarato, e ribaditopressoché ovunque, come il mondo dellaprofessione sia indispensabile alle Facol-tà per completare il profilo didattico de-gli studenti.R. Sì, ma si tratta di una percezione verama parziale e, in quanto parziale, in qual-che modo arretrata. Negli USA per rima-nere iscritti all’associazione degli architet-ti americani, ogni anno o al massimo ognidue anni, ogni architetto deve dimostraredi avere accumulato dei crediti formativipresso strutture che abbiano la possibilitàdi erogarli.D. Sembrerebbe un percorso inverso alnostro che propone un “ciclo” senzadubbio più intrigante e duraturo, nelquale il rapporto fra imparare e fare nonsi interrompe mai.R. È l’idea di un aggiornamento perma-nente. Noi ci stiamo affannando per por-tare un contributo dal mondo della pro-

duzione a quello delle Università, ma inrealtà dobbiamo comprendere come que-sto sforzo rappresenti solo metà del per-corso. Insieme alla Regione Lazio ci stia-mo attrezzando per offrire una serie diprotocolli d’intesa che offrano agli archi-tetti americani, nelle nostre Facoltà, que-sti corsi di aggiornamento.D. Tuttavia vi sono enormi differenze frala realtà nordamericana e la nostra: lad-dove negli Stati Uniti vi è richiesta dinuove tecnologie, sorrette da un’indu-stria in continua ricerca e da un mondodell’edilizia che utilizza materiali “nuo-vi”, in Italia le nuove tecnologie si appli-cano solo alle grandi opere (e non sem-pre), mentre vi è una tradizione diffusadi grande qualità spaziale ed una semprecrescente richiesta di analoghe qualitàper le nuove abitazione come per quellegià esistenti.R. Infatti è proprio questo quello che anoi viene richiesto in questi “supplemen-ti di formazione” rivolti ad architettiamericani con un elevato livello di espe-rienza professionale. Si parla ad esempiodi tutto quello che è l’utilizzazionemoderna dei materiali lapidei, del con-nubio fra tecnologia del metallo e dellapietra, cose che sappiamo fare benissimoin Italia, basti pensare a Carrara o alleindustrie di Tivoli.D. Non teme che riformarsi su modelliformativi americani porti alla fine a svili-re i nostri valori più importanti guardan-do solo ai profitti economici più imme-diati?

biente Valgesta”. Un’offerta virtualmentequasi infinita che è ancora in una fase spe-rimentale dalla quale dovremo trarre utiliindicazioni per capire bene su quali settoriinsistere maggiormente. D. In base solo alle meccaniche del ‘mer-cato’, cioè al numero di iscrizioni ad ognicorso?R. No, sicuramente non solo in base alnumero di iscritti, perché il nostro compi-to è qualitativo e non solo quantitativo.Non è detto che un corso di laurea sia giu-sto solo perché ha molti iscritti, questosemmai significa solo che l’offerta rispon-de ad una domanda molto vasta. Vi sonoinfatti anche dei profili formativi di nic-chia particolarmente importanti perchémantengono e continuano la tradizione esicuramente saranno fondamentali ancheper gestire il cambiamento in atto.D. A proposito di cambiamenti cosa pen-sa della nuova riforma delle Università?R. Non sono assolutamente contrario. Larealtà didattica è oggi molto diversa e bi-sogna imparare a gestire le risorse in modonuovo, facendone un bilancio di entra-te/uscite che almeno sia in pareggio. Do-vremmo permettere che chi voglia avereruoli dirigenziali nella futura formazionefaccia dei corsi di gestione: questo è ungrandissimo sforzo per le Facoltà e stiamomuovendoci in questa direzione.D. Perché dice che è un grande sforzo?R. Perché i nostri “automatismi” fanno sìche al docente interessi soprattutto la giu-stezza delle esigenze culturali e tecnichespecifiche. Il formatore oggi definisce un

• Antonio Carbonati, La galleriaColonna in costruzione da piazza SanCarlo, Roma, 1917

Nella pagina a fianco:•Saturno Tosti, Paesaggio romano (Tre

Fontane), zona ove sorgeràòl'esposizione mondiale del '41, 1937

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R. No, credo sia invece un’occasione peravere una consuetudine ed una vicinanzacon la bellezza e con le grandi opere delpassato senza sentirne il peso prescrittivo,perché in realtà tutti questi nostri illustri‘padri’ sono stati sempre dei grandi inno-vatori che hanno generato nuovi modi divivere la città, di usare le istituzioni: pensoa Bernini a S. Pietro, a Borromini a Rai-naldi, ecc. La nostra vera tradizione è fattadi innovatori e creatori rivoluzionari: èquindi una tradizione in divenire che nondeve pesare ma anzi stimolare, Roma nonè accademia, ma anti accademia. La scuo-la deve insegnarci ad avere maggiore con-sapevolezza di questa dote che Roma rac-chiude.D. in questo panorama di libera concor-renza didattica un ragazzo appena uscitodal liceo, che decida di iscriversi ad archi-tettura, in base a quali criteri può sce-gliere a quale Facoltà segnarsi?R. Per quanto riguarda l’iscrizione sonoconvinto che la scelta avvenga in base amoltissime componenti e considerazioni:la vicinanza a casa, ai mezzi di trasporto(noi abbiamo ad esempio moltissimi stu-denti che vengono dall’hinterland di Ro-ma perché siamo accanto alla metropolita-na di piazzale Flaminio), la qualità dellalocalizzazione (è il caso ad esempio di Val-le Giulia, mentre per noi conta moltissimoil fatto che la nostra è considerata la Facol-tà che sta in centro storico, soprattutto pergli studenti che vengono da fuori), comeanche a valutazioni di carattere nostalgico(i genitori degli studenti, come nel caso di

R. No, guardarsi intorno per aggiornare lapropria cultura non significa fare opera diomogeneizzazione perché quello che neesce, se dietro vi è una storia costruita ‘colsangue’, sicuramente non andrà perso. Lanostra cultura sarà sempre in grado di ri-modellarsi, anche se una nuova attenzio-ne ad una corretta gestione è ormai im-prescindibile.D. In questo scenario come si collocanole Facoltà romane?R. Roma ha una capacità di attrazionemolto forte, sia in Italia che all’estero, chenon dipende solo dalla sua storia ‘turisti-ca’ ma, soprattutto per noi architetti, dalfatto che la città rappresenta il palinsestoarchitettonico più complesso e completoche esista.D. Un testo architettonico quindi parti-colarmente utile per chi voglia cimentar-si con lo studio e l’apprendimento del fa-re architettura.R. Esattamente, qualsiasi servizio che sipuò trovare altrove, a Roma si modificaperché condizionato dallo spazio e dallaqualità del contesto che lo circonda. Chiriceve il servizio formativo, soprattutto seè un architetto già maturo, confronta tut-to se stesso con il testo più profondo ecomplesso della storia dell’architettura.Purtroppo non credo che le Facoltà di ar-chitettura romane abbiano questa perce-zione in maniera completa, ma solo a li-vello subliminale che ‘condisce’ il nostroorgoglio di scuola.D. È un’eredità che potrebbe anche esse-re pesante da sopportare.

Valle Giulia che a lungo è stata l’unica Fa-coltà di architettura e mantiene i ricordidelle prime contestazioni ecc.). Bisognapoi ricordare anche il caso di Roma Tre,che è stata molto brava a consolidare unatradizione di scuola di piccoli numeri conun forte spirito di coesione unitario: e que-sto conta moltissimo perché gli studentisono il veicolo più importante di attrazio-ne. La nostra Facoltà è in questo panoramala vera Facoltà nuova (anche se si chiama“Prima” Facoltà di architettura perché ilcorpo dei suoi docenti costituiva il grossodei dipartimenti di ricerca della Facoltà diValle Giulia) perché le sue sedi sono quelleentrate più di recente nel novero delle sedidi architettura a Roma.D. A parte la sede di Fontanella Borghese.R. Si, però questa sede non ha mai avuto ilpeso di Valle Giulia né è mai stata sede diuna Facoltà, ma sempre un ‘annesso’ unpo’ lontano e scomodo. D. Quindi una Facoltà nuova solo nellesue sedi?R. Assolutamente no, la nostra è soprattut-to una Facoltà nuova per la sua grande dif-ferenziazione dell’offerta: siamo la primaFacoltà che ha offerto Disegno Industrialecon grandissimo successo ed abbiamo tut-ta una varietà di corsi che bisogna bene farcapire e che dobbiamo ancora capire beneanche noi. Io sono partito nella mia fun-zione di Preside dicendo ai miei colleghiche dobbiamo renderci conto che siamouna Facoltà nuova che ha la fortuna di po-ter radicare la sua novità nell’esperienza diricerca più ampia che le Facoltà di architet-

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poi abbiamo aperto un corso on-line, con idocenti che sono parte integrante di unagrande ricerca europea sull’insegnamentoon-line dell’architettura. Proprio per que-sti motivi la nostra è una Facoltà innovati-va dove cimentarsi con le ultime frontieredella formazione, una Facoltà dove la ricer-ca riversa direttamente i propri risultatinell’insegnamento.D. Ci sono stati anche dei disagi causatida tanta ‘novità’?R. Sì, le nostre sedi, proprio perché nuovesono state quelle più disastrate, basti pen-sare che ho iniziato a fare il preside conventicinque aule su trentasei chiuse fino aNatale. Come tutte le strutture nuovedobbiamo combattere poi con la qualitàdegli spazi: non abbiamo infatti problemidi quantità, ma ancora problemi di quali-tà, soprattutto nel caso dei laboratori diprogettazione dove stiamo lavorando perassicurare un adeguato posto di lavoro perogni studente.D. Avete acquisito nuovi spazi, se nonsbaglio?R. Abbiamo stipulato un protocollo d’in-tesa col Comune di Roma che ci ha affi-dato tutta l’area del Borghetto. Abbiamogià in consegna l’area dell’ex concessiona-ria Fiat, con i suoi capannoni che stiamotrasformando in grandi laboratori, accan-to c’è l’area dell’ex deposito Atac dove conun finanziamento ad hoc di 650.000 euroattrezzeremo sei aule di laboratori. Abbia-mo poi realizzato un progetto molto inte-ressante per utilizzare tutta l’area sotto lacollina e sono iniziati da poco i primi son-daggi archeologici non intrusivi realizzaticol radar. Sarà un polo universitario aper-to all’intera città.

D. Questo polo universitario includeràanche la Facoltà di Valle Giulia a cui sie-te tanto vicini, anche topograficamente?R. Vorrei sottolineare anche il fatto cheora c’è un rapporto molto buono con laFacoltà di Valle Giulia e auspico che in fu-turo le due Facoltà possano considerarsicome l’articolazione di un’unica grandeofferta, dove ognuno fa quello che sa fareveramente, in un ventaglio di offerte or-ganiche, di complementarità e supportireciproci.D. In passato ricordo vi erano problemidi sovrapposizione di spazi fra le due Fa-coltà, in particolar modo per quanto ri-guardava la presidenza ed i vostri labora-tori ancora presenti a Valle Giulia, oltrealla gestione della biblioteca in comune.R. La mia prima azione come preside èstata proprio quella di spostare le presi-denza da lì a qui.D. Mentre la Scuola di specializzazionein restauro dei monumenti che si trovavain questi ambienti è ora a Valle Giulia.R. Si, abbiamo anche risolto insieme ilproblema dei nostri Dipartimenti ancorapresenti nelle aule di Valle Giulia.D. E dire che in una precedente intervi-sta il preside di Valle Giulia, Roberto Pa-lumbo, lamentava come un problemaancora irrisolto che causava gravi carenzedi spazi didattici.R. Abbiamo risolto tutto di comune accor-do: La Sapienza ha acquistato, con finan-ziamenti destinati ad entrambe le Facoltà,un immobile a piazza Carracci (quindi vi-cino alla via Flaminia) in cui si trasferisco-no e si riordinano i nostri Dipartimenti,cosicché la Facoltà di Valle Giulia riacqui-sta i suoi spazi mentre il Dipartimento ac-

tura abbiano mai avuto in questa città. Sia-mo la Facoltà che ha in sé gli elementi piùinnovativi nello studio dell’architettura: iostesso sono rimasto sorpreso quando dueanni fa ben cinque dipartimenti della no-stra Facoltà sono stati presenti a La Bien-nale di Venezia. All’interno della nostra Fa-coltà vi è un grado di innovazione e di qua-lità eccezionale che i nostri docenti sono ri-usciti a portare avanti all’interno della lororicerca; questo a partire dai docenti di rap-presentazione e rilievo che hanno messo apunto sistemi di rappresentazione dell’ar-chitettura che neanche nei paesi considera-ti più avanzati sono utilizzati con tanta pe-rizia, finezza ed efficienza. E questo deriva,come le dicevo prima, proprio dall’impor-tanza di essere a Roma: fare il rilievo delColosseo, ad esempio, porta ad una messaa punto di tutti gli strumenti stimolataproprio dalla complessità del palinsestoche la città ci mostra; ad esempio il rilievocon laser tridimensionali come lo facciamonoi in Facoltà non lo si fa neanche a Berke-ley, così come l’idea di inserire nell’anima-zione dei modelli tridimensionali i motoridi ricerca dei giochi di ruolo (offrendo nonpiù il solo filmato attraverso immagini co-me già fanno tutti i più avanzati program-mi di modellazione) è un altro nostro suc-cesso che sarà fra poco in mostra a NewYork. Lo stesso dicasi del corso di design,dove abbiamo come docenti i più grandiinnovatori che qui arrivano da tutto ilmondo, dai più grandi fotografi, come To-scani, ai più grandi designer che ammiria-mo nelle vetrine dei negozi, sono tutti no-stri docenti a contratto. La somma di tuttoquesto è un contributo innovativo alla for-mazione che è raro trovare altrove; da poco

• Veduta di piazza S. Pietro

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due Facoltà ha reso le cose più difficili.Ora vi è un nuovo direttore il quale ha ilcompito di aggiornare la biblioteca, sia alivello di testi che di strumentazione, dipermetterne il suo inserimento in rete af-finché diventi un nodo importante di unarete di biblioteche.D. Anche per gli architetti già laureati?R. Anche per loro, certamente. Questo èun punto particolarmente importante: fi-no a ieri era una biblioteca “chiusa”, didifficile accesso per gli stessi studenti, orainvece dovrà essere una delle grandi bi-blioteche di Roma. L’obiettivo ambiziosoche abbiamo è che venga collocata in unanuovo edificio, posto in posizione strate-gica fra le due Facoltà, che sia riconoscibi-

quista una sede migliore, fra l’altro dotatadi un ingresso autonomo dove sarà possi-bile lavorare anche fuori orario. Un’opera-zione bellissima, realizzata di comune ac-cordo che, ovviamente, presenta ora, nellasua fase di realizzazione, soprattutto moltidisagi, ma già prima dell’estate spero dipoter effettuare il trasferimento. D. E per quanto riguarda invece la bi-blioteca? R. Abbiamo affrontato insieme anche ilproblema della biblioteca centrale che,per statuto, si decise, al momento dellafondazione delle due Facoltà, di gestire incomune. Questa biblioteca, che è stataper lungo tempo la più grande e prestigio-sa biblioteca di architettura contempora-nea d’Italia, negli ultimi dieci anni percause che non sono da imputare a nessu-no, ha perso la sua efficienza nei riguardidegli studenti e la stessa divisione delle

le come “la Biblioteca di Architettura” diRoma.D. Ha già in mente qualche edificio inparticolare?R. L’edificio che immagino più adatto aquesto scopo è l’Aranciera: il Sindaco sache cerchiamo un edificio pubblico in zo-na che sia gestito dalle due Facoltà, ma chesia considerato parte integrante dellestrutture culturali della città.R. Perché proprio l’Aranciera?R. Perché è in un posto prestigioso, non siallontana dalle strutture delle due Facoltàed è collocata in centro storico e quindiaccessibile a tutti. In una concezione mo-derna dovrebbe essere non solo una bi-blioteca nell’accezione più tradizionaledel termine, ma un multimedial resourcecenter che produca non solo libri, maeventi, cultura, dibattiti: in pratica unluogo d’incontro sostanzialmente apertoa tutte le iniziative culturali.

È un’iniziativa che speriamo abbia lo stessosuccesso di quella brillantemente condottacon l’acquisizione dell’ex Acquario a sededell’Ordine. È importante, infatti, consta-tare come emerga l’esigenza che la collabora-zione fra Università e Ordini professionalidiventi sempre più proficua. La ringrazio,professor Barbera, del tempo che ci ha volu-to dedicare e La invito a tenerci informatoin futuro delle iniziative che la sua Facoltàintenderà realizzare.

Dall’alto:• G.P. Panini, Festa a piazza Navona in occasione

della nascita del Delfino di Francia nel 1729,olio su tela del 1731, particolare, Parigi, Louvre

• Particolare della cupola di Sant'Ivo alla Sapienzaa Roma

• Carlo Rainaldi, "Prospetto per una delle torridella facciata di San Pietro", Città del Vaticano,Biblioteca Apostolica Vaticana

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la sua configurazione in concordanza conl’evoluzione naturale del sito e le condizio-ni economiche e culturali del luogo.

Le aree dismesse, luoghi apparentementede-qualificati, ricchi di assenze, hannouna propria identità ed un possibile valo-re estetico. Pertanto ciò che spinge alla lo-ro riconquista è la necessità di una rivita-lizzazione produttiva ma è soprattutto ilbisogno di inventare altri ruoli, usi e si-gnificati, e quindi la necessità di risignifi-cazione e di affermazione di nuove identi-tà commisurate al tempo presente.

Il tema delle aree dismesse investe lequestioni centrali del dibattito con-temporaneo sulla trasformazione ur-bana e territoriale; lo studio di tale ar-

gomento coinvolge una molteplicità diaspetti riguardanti la riqualificazione e lariconversione di aree prevalentemente in-dustriali, il disinquinamento del suolo edelle acque, la creazione di nuove econo-mie in grado di supportare le trasforma-zioni in atto di questi luoghi in disuso e larinaturalizzazione del paesaggio.Si tratta quindi di una “lettura complessa”dell’argomento, che richiede una varietà

Aree dismesse: una letturacomplessa

Luoghi apparentemente de-qualificati, ricchi di assenze, hannouna propria identità ed un possibilevalore estetico. Una riqualificazioneconsapevole non può che essereintesa come il risultato di unaprocessualità trasformativa e unasequenza estrema di una serie dioperazioni: riciclare, ricordare,bonificare, ricreare e comunicare.

a cura di Giorgio Peguiron

Antonella Valitutti*

di competenze e di approcci distinti: dallafase conoscitiva a quella di progettazione egestione sono necessari gli apporti di sva-riate discipline storico-antropologico-so-ciali, tecnico-ingegneristiche, urbanistico-architettoniche, giuridico-economicheche agiscano con sinergia ed integrazione.Un approccio intersettoriale e interdisci-plinare per una considerazione “integrata”del problema, rappresenta il primo passoper effettuare una riqualificazione consa-pevole delle aree dismesse; una vera e pro-pria progettazione ambientale, finalizzata alprogetto di un “nuovo suolo” che cambia

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La ricerca di identità, di nuove produzio-ni di senso di queste aree, passa anche at-traverso una trasformabilità in termini dicostruzione e di comunicazione dellanuova immagine. L’area dismessa, unavolta riqualificata, assume un valore eco-nomico e commerciale, una nuova identi-tà economica, diventando un prodotto dapromuovere e da immettere sul mercato(marketing territoriale), che necessita deilinguaggi e delle tecniche degli artefatticomunicativi per essere amplificata e dif-fusa (web-marketing, web-design). Inquesto caso la fase di commercializzazione(e-Marketplaces), la veicolazione su Retee la nuova visibilità che l’ambiente virtua-le comporta, offre una serie di opportuni-tà di business e di conoscenza delle oppor-tunità localizzative.Considerare le aree dismesse come luoghiper la “produzione ed il rafforzamento diidentità”, può essere considerato il puntodi partenza per possibili strategie, scelte emetodologie d’intervento.La scelta delle possibili alternative di in-tervento dovrebbe essere accompagnatadalle seguenti considerazioni:• le aree dismesse rappresentano una risorsaidentitaria, il cui valore è attribuito nel mo-mento in cui esse sono percepite, interpretate,utilizzate come espressione della soggettivitàsociale, per la costruzione di processi condivi-si di sviluppo e di trasformazione; la riquali-ficazione delle aree dismesse non può cheessere condotta attraverso la selezione cri-tica e condivisa dell’insieme multiplo ecomplesso di valori, storico-culturale, fisi-co-naturalistico, simbolico-estetico, cheesse assumono e dei contesti sociali e terri-toriali entro cui tali valori si definiscono.

• la bonifica è essenziale per definire unquadro realistico della trasformabilità dellearee sia dal punto di vista dell’idoneità am-bientale degli usi proposti, sia da quello del-le convenienze economiche delle operazionidi trasformazione; il riconoscere le molte-plici opportunità connesse al riuso dellearee dismesse significa anche riconoscerel’importanza del “valore liberato” dal lororiutilizzo, cioè il suolo, il quale risultaspesso contaminato dalle sostanze tossi-che rilasciate dai processi produttivi delleattività che si svolgevano all’interno diquesti spazi, pertanto è necessaria la de-contaminazione. Il tema delle bonifichedei siti contaminati costituisce una dellecondizioni ineludibili dei processi di ri-uso; si tratta di un’operazione complessa,non confinabile unicamente in una sferatecnica, che presenta numerose interrela-zioni con gli aspetti ambientali, architet-tonici, urbanistici ed economici. L’obiet-tivo è quello di coniugare la bonifica conuna strategia di riqualificazione ecologi-ca-ambientale capace di integrarsi al pro-getto di ri-costruzione del sito, senza limi-tarsi solo al suo risanamento chimico-fisi-co, in modo che la qualità dell’ambientene risulti complessivamente innalzata. • la questione complessiva delle bonifiche vaconcepita come un processo che si sviluppa inpiù fasi, una bonifica integrale la quale,non potrà limitarsi al trasferimento di mas-se materiali inquinanti dal luogo da recupe-rare alla discarica, ma dovrà sempre piùspingersi verso la decontaminazione dei ma-teriali inquinanti e quindi al loro eventualeriutilizzo; nel caso di risanamento di un’a-rea contaminata e dismessa, al fine di li-mitare l’uso delle discariche e di massi-

mizzare il recupero dei rifiuti, è importan-te individuare tecnologie affidabili chesiano in grado di eliminare i contaminan-ti presenti nel suolo direttamente in situ eche permettano il riutilizzo del terrenostesso una volta bonificato.Le tecnologie di bonifica hanno raggiun-to attualmente un elevato standard quali-tativo ma ogni metodologia di trattamen-to ha delle proprie caratteristiche peculia-ri e delle proprie limitazioni: ogni tecno-logia è in grado di allontanare, o comun-que interagire solo con alcune classi di in-quinanti, mentre altre classi possono ri-sultare indifferenti al trattamento prescel-to. Le difficoltà e le lacune specifiche diciascun trattamento si possono comun-que risolvere mediante l’impiego combi-nato ed integrato di più tecniche di boni-fica in grado di raggiungere una più eleva-ta efficienza. • la conoscenza delle diverse tecnologie dibonifica rappresenta operativamente unodegli aspetti più importanti della fase diprogettazione di un recupero ambientale diun’area contaminata e dismessa; fra le tec-nologie applicabili le biotecnologie am-

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• RISIGNIFICAZIONE: la capacità di sovvertire leconvenzioni interpretative di una realtà tantofamiliare, quanto desolata; come atto diriappropriazione e ricostruzione del paesaggio

Nella pagina a fianco:• DECONTAMINAZIONE: biorisanamento di suoli

contaminati; una tecnologia che consente didecontaminare un suolo inquinato stimolando leproprietà degradative di alcuni microrganismi ingrado di trasformare il materiale organicoinquinante parte in biomassa e in parte inanidride carbonica ed acqua

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distinti da particolari codici espressivi edecorativi.Lo scavo, il riporto, l’inclinazione, la co-pertura vegetazionale, la piantumazione, imovimenti del suolo, il sistema delle ac-que, il riuso di materiali esistenti che sup-portano il progetto di bonifica, diventanoparte integrante ed anticipano il progettoarchitettonico.Da queste complesse relazioni derivano deiprogetti che sono un insieme di tecnologia,architettura e arte, intimamente legati alluogo stesso, in cui il carattere unitario èdato dalla volontà di ricucire, di legare in-sieme in maniera indissolubile il segno na-turale con quello artificiale. La natura e lanaturalità tornano in gioco attraverso unaibridazione con la tecnologia e queste ri-scritture sul territorio rappresentano il pa-trimonio visibile del progetto di bonifica.È evidente quindi la relazione fra l’inter-vento di bonifica e il futuro uso dell’area: labonifica non può prescindere dal progetto,tanto più nei casi dove la bonifica prevedel’esigenza assolutamente realistica di dovermodificare o sostituire il terreno. In questocaso il segno tracciato sulla superficie, l’in-cisione o lo scavo come atti di asportazio-ne, l’accumulo come deposito o ammassa-mento diventano atti fondativi del proget-to di riconfigurazione finale del sito. Il risultato è il progetto di un “nuovo suo-lo”, che può modificare la sua configura-zione interagendo con gli elementi vege-tali, a seconda dei sistemi naturali di de-contaminazione utilizzati e dell’evoluzio-ne naturale del sito. Nell’utilizzo di meto-di alternativi di copertura delle discari-che, per esempio, basati sul processo dievapotraspirazione (ET) delle piante, il

processo di ricolonizzazione e di ricon-quista arriva a coincidere con un accresci-mento della biomassa. Rispetto ai con-venzionali sistemi di copertura con geo-membrane, dove è possibile che si verifi-chino fenomeni di percolazione, una co-pertura ET sfrutta simultaneamente leproprietà della parte superficiale del suolodi catturare e immagazzinare l’acqua diprecipitazione, e delle piante di assorbireacqua dal terreno e trasferirla in atmosfe-ra. In questo modo una fitta copertura ve-getale di pioppi, salici, querce, alberi dieucalipto, fornisce una maggiore capacitàdi immagazzinamento di acqua, in quan-to la zona delle radici di un sistema basatosulle piante, è molto più ampia della zonadelle radici di erba ed arbusti, di un siste-ma basato sulla copertura erbosa. Si trattadi una rigenerazione naturale e artificiale,per ripristinare le funzioni ecologiche, ri-portandole ad uno stato vicino alle condi-zioni naturali. I vantaggi di questo siste-ma sono un basso costo di installazione,lunga durata, creazione di habitat natura-li, mitigazione degli impatti visivi e valo-rizzazione estetica del paesaggio.

In questo quadro di finalità generali, la ri-qualificazione delle aree dismesse non puòche essere intesa come il risultato di unaprocessualità trasformativa e una sequenzaestrema di una serie di operazioni: riciclare,ricordare, bonificare, ricreare e comunicare.

*Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Progetta-zione Ambientale all’Università “La Sapienza” di Roma;attualmente svolge, presso il Dipartimento ITACA dellaPrima Facoltà di Architettura dello stesso Ateneo, sia atti-vità di ricerca nell’ambito dei beni culturali sia attivitàdidattica, come professore a contratto, nell’ambito dellatecnologia dell’architettura.

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bientali, cosiddette tecnologie soft, intesecome l’impiego di agenti biologici per ladegradazione delle sostanze inquinanti,rappresentano uno strumento efficace peril recupero e ripristino di un sito contami-nato, ma non possono sostituire il natura-le processo rigeneratore dell’ecosistema.È importante comunque incentivarnel’applicazione in quanto si tratta di pro-cessi biologici di bioremediation ambien-tale che sono in grado, nel 90% dei casi, disostituire efficacemente le attività di esca-vazione e smaltimento in discarica offren-do, a costi competitivi, risultati di reme-diation compatibili con gli obiettivi disviluppo sostenibile.A seguito di queste considerazioni appareessenziale sottolineare che l’interazionetra la tecnologia utilizzata, la selezionedelle materie prime utilizzate e il relativocambiamento morfologico rappresenta-no una componente rilevante del proget-to di riqualificazione delle aree dismesse,nel quale le tecniche innovative disegna-no e propongono una diversa lettura diquesti paesaggi così ri-costruiti, contrad-

Da sinistra:• COMUNICAZIONE: l’ipervisibilità dell’area

dismessa, dove per iper si intendel’accentuazione delle componenti visive el’estremizzazione dei connotati; l’area dismessadiviene un oggetto-prodotto rappresentato cheassume le logiche dell’ipertesto e dell’interazione,una nuova modalità di lettura, una nuovavisione, una nuova identità.

• Metodo alternativo di copertura delle discaricheattive, inattive o chiuse, basato sullo sfruttamentodei processi di evapotraspirazione (ET) e sulbilancio ideale tra evapotraspirazione e leprecipitazioni.

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Il Castello di Ferrara è stato riaperto alpubblico, dopo circa quattro anni diaccurati restauri, per “raccontare” lacittà; questa a sua volta, come ha sot-

tolineato il Presidente della ProvinciaPiergiorgio Dall’Acqua, “si è riappropria-ta della sua Storia”. Ed è stata proprio la Provincia, proprieta-ria del monumento, che ne ha promosso ilrestauro, affidato all’architetto Marco Bo-rella, nell’impegno di riaprire appunto al-la città una dimora che ha sempre fattoparte del grande sistema di “delizie” esten-si presenti tuttora nel territorio. Il percorso di visita, che annovera per ora40 sale (che diventeranno presto 50) sisvolge ora, con la mostra “Gli Este a Fer-rara”, in una articolazione di fascino e sug-gestione, offrendo al tempo stesso anchealcuni interessanti strumenti di analisi edi didattica. Così lo scenario “allestito”dall’architetto Gae Aulenti, ha organizza-to la visione della prodigiosa vitalità arti-stica e culturale che la Casa d’Este avevarealizzato a contatto con le più importan-ti Corti europee del momento, con un’o-

Ferrara: il Castello

per la città

Riaperto dopo quattroanni di restauri, il

Castello ospita la mostra “Gli Este a Ferrara”

allestita da Gae Aulenti.

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Luisa Chiumenti

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riginale sistemazione di specchi all’inter-no dei grandi saloni. In tal modo il visita-tore può avere la visione in dettaglio deiprodigiosi affreschi che, nelle volte, costi-tuiscono appunto un vero e proprio “rac-conto” della storia artistica, culturale e so-ciale di Ferrara. Ne nasce l’immagine diuna residenza principesca che ha caratte-rizzato 600 anni di vita della cittadinanzaaprendo alla visione del grande pubblicoquello che è sempre stato il cuore della vi-ta politica e artistica di Ferrara.La mostra, com’è noto, era stata allestitaprecedentemente a Bruxelles, ricevendoun ampio riconoscimento dell’importan-za e del prestigio della nostra tradizione edell’immagine del “made in Italy”, ma erachiaro che a Ferrara avrebbe trovato il suopiù familiare ambientamento, inserendo-si nel dinamismo e nella creatività tipicadi quella città con una grande sinergia fraun proliferare di iniziative nell’ambito delprodigioso patrimonio storico, artistico,come pure quello degli archivi, delle bi-blioteche e dello spettacolo.Ogni sala del castello risulta dedicata adun tema e ad un periodo, con i riferimen-ti anche a quel periodo storico in cui la cit-tà e la provincia avevano trovato la propriaequilibrata espressione architettonica, ar-tistica e culturale.Il restauro del Castello ha rappresentatoin effetti il primo risultato di un obiettivopiù generale fra Enti ed Istituzioni, volto arestaurare tutti i grandi palazzi, ricollo-cando anche le opere al loro interno, erendendo più accessibili ed armoniosi iloro spazi aperti i cortili e i giardini.È così che il Castello, che è pur sempre ri-masto come “logo” fondamentale di una

Dal’alto:• Lo scalone elicoidale con rampe a vista

(1554-1558) nel cortile del Castello• Il cortile interno del Castello

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urbanistica rimasta incontaminata neltempo, attraverso una approfondita anali-si di testi e documenti, ormai divenuto un“contenitore” spogliato di ogni suo arre-do, è stato oggetto, da parte del Comitatoscientifico, di una autentica “sfida”, chepotesse ridonare la coscienza storica diuna realtà territoriale completa. E così ilsublime soffitto è stato evidenziato me-glio attraverso quella sorta di “nastri”obliqui che sono gli specchi ideati nell’al-lestimento e continua a raccontare la sto-ria della città. Eredi di una civiltà che così tanto ha datoall’Europa (basti pensare che il Vasari rite-neva che Dosso Dossi fosse stato vera-mente fortunato ad essere vissuto al tem-

po dell’Ariosto, come ha ricordato il prof.Gianni Venturi, direttore dell’Istituto diStudi Rinascimentali di Ferrara), i cittadi-ni di Ferrara sono sempre stati consapevo-li della propria identità nel Castello. Ed è interessante ricordare il significato diun articolo del “Corriere Padano” del1927 in cui venne scritto: “Per il decoro eper l’arte: sgomberiamo il Castello Esten-se”, ma fu la prima base per un interessesempre più vivo degli Enti e dell’opinionepubblica per quello che era il simbolo diFerrara.Dalle sale gotiche alle cucine, dalla Torredei Leoni alle prigioni, dalle logge al Giar-dino degli Aranci, dall’Appartamento del-lo Specchio all’Appartamento della Pazien-za, dalle Sale del Governo alla Sala dellaDevoluzione, dalla Sala delle Carte Geo-grafiche alla sala degli Stemmi, il percorso èstato architettonicamente restaurato.La vocazione pubblica del monumento è

testimoniata dalla restituzione alla collet-tività dell’immagine di una tanto presti-giosa residenza privata in cui gli Este, daoriginaria fortezza, l’avevano trasformata.Una grande parte della città era, infatti,dal Trecento, proprietà degli Este e corri-spondeva già territorialmente a quella chesarebbe stata poi edificata nei due secolisuccessivi. Da allora ai giorni nostri, le va-rie trasformazioni, le suggestioni che ilcomplesso ebbe anche sulla storia delle ar-ti e del cinema, risultano accuratamentedescritte nei diversi Cataloghi della Mo-stra e in particolare nel volume edito daSilvana Editoriale e curato da Marco Bo-rella, “Il Castello per la città”.

Per informazioni:“Este a Ferrara. Il Castello per la città.Una corte nel Rinascimento. Il Camerinodi alabastro. Antonio Lombardo e la scul-tura all’antica”. www.esteaferrara.it

Dall’alto:• Saletta dei Giochi: particolare

del fregio a grottesche• Saletta dei Giochi: particolare del

Combattimento gladiatorio• Sala della Devoluzione:

particolare di un quadro del soffitto

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ti). Se ad ogni scala e ad ogni forma di in-tervento corrisponde un concetto di pae-saggio, si potrà individuare un concettounificatore sovraordinato nella stratifica-zione delle azioni e dei progetti, correlati anecessità e interessi diversi, portati avanti,secondo logiche più o meno convergenti aseconda delle epoche, dalla natura e dal-l’uomo. In questo senso, il paesaggio nonpuò essere progettato, ma richiede di esse-re letto, compreso, interpretato.

Il progetto presentato prevede il restaurodi una cinta muraria alla quale nel tempo,specialmente per la sua appartenenza adun sistema (quello composto dalle fortifi-cazioni e dal giardino di Ninfa), è stato at-tribuito valore paesaggistico. L’approccioadottato per affrontare il tema e indivi-duare problemi e soluzioni è quello paesi-stico, evidente laddove l’elemento muraviene valutato nelle sue relazioni sistemi-che; esso è stato poi affiancato da una pro-

spettiva storica e da metodi di analisi e in-tervento propri del restauro.La scelta di restaurare le mura e riportarle auna immagine consolidata e condivisa, allostato di fatto risalente ad una determinataepoca, è senza dubbio una scelta “proget-tuale”, gli strumenti e i metodi (analitici eoperativi) sono quelli propri del restauroarchitettonico e in particolare del restauropaesaggistico (attenzione specifica vienededicata al ruolo della vegetazione rispettoalla struttura muraria, nella sua immagineconsolidata): la ragione che porta a parlaredi valore paesaggistico dipende allora dalruolo delle mura all’interno del contestoterritoriale, nonché dall’approccio utilizza-to (tipi e scala delle analisi, modi di inter-vento), infine dal ruolo che il progetto diun singolo elemento assume come inter-pretazione del contesto a cui appartiene. Il paesaggio per capire il muro, e recipro-camente, il muro come interpretazione (e,in questo senso, “progetto”) di paesaggio.

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In queste pagine diamo spazio a unprogetto che si dimostra singolarequanto interessante, e sollecita consi-derazioni di ordine diverso: dall’ap-

proccio e dal metodo di lavoro adottato,alle forme di finanziamento.Si tratta del progetto di restauro delle muradel giardino di Ninfa, al quale si riconoscevalore paesaggistico. Il ricorso ormai frequente alla nozione di“progetto di paesaggio” ne esige una defi-nizione puntuale. Intendere qualsiasi pro-getto (dal giardino alla grande infrastrut-tura) come “progetto di paesaggio” signi-fica accettare il principio secondo il quale“tutto è paesaggio”: di qui a sostenere cheil paesaggio non esiste poiché non esisteuna sua specificità, il passo è breve. Chiinvece voglia superare una tale genericitàe la conseguente perdita di identità dovràaccettare definizioni di paesaggio diverseper le diverse scale e per i diversi strumen-ti di intervento (politiche, piani, proget-

a cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo

Dal muro, al paesaggio

Analisi del progetto di restauro delle mura delgiardino di Ninfa, al quale si riconosce valorepaesaggistico per il loro ruolo all’interno del contestoterritoriale. Il paesaggio per capire il muro e,reciprocamente, il muro come interpretazione(“progetto”) di paesaggio.

Barbara Pizzo

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CENNI STORICI E SUL CONTESTO PAESAGGISTICO Il punto di partenza di un intervento diconservazione non può prescindere dallaconoscenza e dall’analisi del manufatto equindi della sua immagine paesaggistica(considerata ‘monumento storico’ an-ch’essa), in tutti i suoi aspetti, compresa lasua fruibilità.Le mura dell’antica città, racchiudono og-gi il ben noto Giardino di Ninfa. Esso sitrova in provincia di Latina, a cavallo deiterritori comunali di Cisterna, Norma eSermoneta, su un punto di passaggiomorfologico tra la piana pontina e la ripi-

da cinta calcarea, ai piedi dell’antico mon-te Mirteto, propaggine dei Lepini, su cuisorge Norma. Dal punto di vista paesaggistico è situatosulle sponde del lago di Ninfa e del suoemissario che ne sono immagine inte-grante. Si tratta di un bene complesso,

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Ninfa:l’approccio“paesaggistico”

Il punto di partenza di un intervento diconservazione non puòprescindere dallaconoscenza e dall’analisidel manufatto e quindidella sua immaginepaesaggistica (considerata ‘monumentostorico’ anch’essa), in tutti i suoi aspetti, compresa la sua fruibilità.

Ilaria Rossi-Doria

Dall’alto:• Planimentria del percorso• Un tratto della passeggiata, a sinistra le

mura, in fondo i monti Lepini

Nella pagina a fianco:• La passeggiata nei pressi del fiume

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È presumibile lo sviluppo della città a par-tire dal 750 d.C. fino al IX secolo, con ladefinitiva conformazione munita. Le mu-ra, con la città, subirono demolizioni e ri-costruzioni. Nel 1382 l’abbandono, a cuiseguì un inarrestabile degrado. Dal 1298la città appartiene ai Caetani e dal XV se-colo rimase luogo produttivo e di svagodella famiglia. I ruderi, insieme alla cinta muraria, sep-pure marginalmente, sono stati oggettoall’inizio del XX secolo di opere di studio,scavo e restauro. Nell’ultimo secolo si so-no succeduti interventi puntuali e discon-tinui di manutenzione. Dal 1977 la Fondazione R. Caetani gesti-sce il Giardino e ne promuove la conser-vazione mantenendo gli accessi in formecompatibili.

IL PROGETTOIn sintesi il progetto propone di restaura-re e valorizzare le mura sud orientali e direalizzare una passeggiata lungo tale trat-to, al fine di:a) valorizzare un manufatto cruciale in

termini paesaggistici e storici, ad oggi aldi fuori dell’itinerario di visita ufficiale;

b) rallentare il degrado in atto;c) innescare e favorire un circolo virtuoso

di attenta manutenzione del manufatto.Il progetto è stato finanziato parzialmentecon fondi DPR 76/98. Rispetto al proget-to iniziale si è reso necessario il ridimen-sionamento. Il progetto esecutivo è in viadi completamento. Quello preliminare, siè occupato dello studio dell’intero trattomurario individuato nel quadrante sudorientale della città al fine di definire lepriorità di intervento.

Vista la disponibilità limitata dei fondistanziati si è suddiviso l’intervento in ‘lot-ti unitari’ di attuazione, in funzione delleproblematiche specifiche ad essi connes-se. Il primo (stralcio 1), a partire dal fiumein corrispondenza del municipio, fino al-la porta di S. Salvatore, il secondo (stral-cio 2) dalla porta fino al fiume e il terzo(stralcio 3) riguardante la cinta murariaesterna con la porta. Gli edifici ad essa ad-dossati ne influenzano la stabilità e la si-curezza e ne costituiscono storicamente evisivamente, parte integrante. Alcuni, piùcomplessi, richiedono studi specifici. Ilquarto lotto (stralcio 4) prevede la realiz-zazione della passeggiata di visita esternaai Giardini, a partire dal Municipio, finoal fiume e al pioppo secolare. La passeg-giata è pensata, oltre che per fini didatti-co/ paesaggistici, anche nell’ottica di unuso ‘compatibile’ degli spazi adiacenti lemura, che ne giustifichi la manutenzionepermanente. Per questo ne sarebbe idealela realizzazione per tratti, contestualmen-te al restauro della cinta muraria (stralci 1-3), con un semplice sottofondo di terrabattuta e stabilizzata e interventi minimidi valorizzazione della vegetazione pre-sente, ponendo l’accento sulle emergenzedel paesaggio circostante.L’intervento attualmente in corso di pro-gettazione riguarda il primo lotto (stralcio1) Esso consiste in sintesi:- nel restauro conservativo e nella valoriz-

zazione del primo tratto della cinta mu-raria studiata, significativo anche comeintervento ‘pilota’;

- nella messa in sicurezza di alcuni edificia rischio strutturale o per la sicurezzadella fruizione.

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dalle molteplici valenze, costituito dallacittà medievale, con le sue mura, allo sta-to di rudere; il giardino ‘all’inglese’ dell’ini-zio XX secolo; il fiume e il lago con lo spe-cialissimo ecosistema; inserito tra l’altroin un contesto territoriale di estremo inte-resse culturale, paesaggistico e ambienta-le, che deve considerarsene complemen-tare.Pregevole esempio di città murata di pia-nura del XI-XIII secolo, l’intero abitato ècircondato dai cospicui resti della cintamuraria, doppia in alcuni tratti, in parteprotetto dal lago e dal fiume. Delle torrisolo undici sussistono; le porte conservatesono quattro, collocate presso chiese dacui prendono il nome.Notizie storiche riguardanti specifica-mente la cinta muraria sono scarse e fram-mentarie.

RESTAURO DELLE MURA DEL GIARDINO DI NINFA

COMITATO SCIENTIFICO DI SUPERVISIONE

ASPETTI SCIENTIFICO-CULTURALI:dott.ssa L.Mora,arch. R.Cerocchi, prof. arch. L.Sopraniing. E.GentiloniASPETTI SCIENTIFICO-TECNICI:prof. Antonella Altieri (ICR), prof. arch. Giovanni Carbonara, prof. ing. Antonio Gallo Curcio, prof. Pina Fazio (ICR), prof. Giorgio Torraca

GRUPPO DI PROGETTAZIONE

arch. Silvia Cioliarch. Ilaria Rossi-Doria (responsabile tecnico del progetto e coordinatore)

CONSULENTE STRUTTURALE

ing. Franco Iacobelli

CONSULENTE PER L’ANALISI STORICA

ED IL RESTAURO

arch. Rossana Mancini

RILIEVI

Azimut Sas

INDAGINE GEOGNOSTICA

E RAPPORTO GEOLOGICO-TECNICO

dott. Massimo Amodio

ATTIVITÀ DI SUPPORTO

TECNICO-AMMINISTRATIVO

geom. Pasquale Ialongo

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DESCRIZIONE DELLO STATO ATTUALE, ANALISI E INTERVENTILe mura della città si presentano in unostato di avanzato degrado, risultato di de-cenni di sporadica, se non mancata cura.Componente principale del degrado ilpassare del tempo e l’azione degli agentimeteorologici. Aggravante decisiva si ri-vela inoltre l’azione disgregante della ve-getazione: radici e piante spesso ormaitutt’uno con la muratura. D’altra parte la speciale simbiosi paesag-gistica tra ruderi e natura sottolinea l’im-portanza della ‘patina del tempo’ e dellacomponente vegetazionale, ponendo ilcriterio del minimo intervento un impe-rativo categorico, nel rispetto dello spiritodel luogo. Ai margini delle mura a ruderee del Giardino, la vegetazione spontanea(fichi, allori, edera...) cresce in abbondan-za sul materiale disgregato, spesso occul-tando le strutture.Numerose le lacune nel paramento mura-rio, in calcare disomogeneo e malta di cal-ce e pozzolana, i crolli, i distacchi, le lesio-ni, alcuni i fuori piombo di muri e edificinotevoli. Il degrado è diffuso sull’interosviluppo delle sommità.Nell’ottica di conservazione del bene e delsuo carattere di rovina ‘romantica’ l’ideaportante è quella di consolidare e proteg-gere l’esistente a partire dall’attenta anali-si dello stato di fatto. Essenziale, la preli-minare campagna di liberazione prudentedalla vegetazione infestante, funzionale alrilievo architettonico e fotografico, ha ri-velato notevoli elementi costruttivi di-menticati. Eventuali interventi radicali didisinfestazione sono stati rimandati allafase progettuale. Il rilievo informatizzato,

sulla base di fotografie rettificate, ha con-sentito di lavorare su immagini ‘al vero’delle mura.

La fase analitica è consistita nell’appro-fondimento di tre aspetti peculiari:- analisi delle tipologie murarie (datazione

di 19 diversi tipi di murature omogenee,conoscenza storica, analisi delle malte);

- mappatura delle alterazioni biologiche(forme di degrado in funzione dell’habi-tus di crescita, dimensione, copertura,pericolosità);

- rilievo del degrado (essenzialmente de-grado e/o mancanza degli elementi com-ponenti la muratura, di tutte le sommi-tà, malessere statico da degrado generalee fondale di antica data).

La definizione degli interventi segue la lo-gica delle analisi, ed è articolata in due fa-si distinte: operazioni contro il degradobiologico e lavori di restauro.Si intendono gli interventi contro il dannodi tipo biologico come preliminari, neces-sari a bloccare e neutralizzare i processi inatto, come apparati radicali in seno allemasse murarie che ne minacciano la stabi-lità. L’indagine sulla vegetazione, ha indi-viduato i metodi di intervento per il con-trollo in funzione delle diverse forme(piante arboree, arbustive, rampicanti, er-bacee e tallofite), valutate come biodete-riogeni. Al termine del restauro delle mu-ra si prevede il ripristino di elementi vege-tazionali, parte irrinunciabile dell’imma-gine paesaggistica di queste, secondo unalista di piante compatibili, sotto il profiloconservativo sia dei materiali che dellaleggibilità del manufatto.

Analogo criterio è stato adottato nel casodegli interventi di restauro (vedi articolo diRossana Mancini a p. 28) formulati paral-lelamente all’attento lavoro di individua-zione delle diverse forme di degrado checaratterizzano il manufatto.

L’intervento proposto riguarda tre classiprincipali: 1) messa in sicurezza, consolidamento e

monitoraggio di murature ed elementistrutturali addossati alla muratura(operazioni compatibili e durevoli neltempo grazie a integrazione di materia-li e tecniche costruttive tradizionali emoderne, limitate a reali esigenze dimessa in sicurezza e conservazione);

2) interventi di risarcimento e revisionedelle murature, compresa la sempliceimpermeabilizzazione delle sommità,prevalentemente con nuova malta, dicui andrà curata la distinguibilità percomposizione e modalità di posa inopera (particolarmente cruciali perchédiffusi);

3) interventi sugli intonaci (minori).

In conclusione, due aspetti essenziali perla riuscita dell’intervento: l’attento pianodi manutenzione delle mura, con indica-zioni per il controllo della vegetazione el’esecuzione di un saggio di verifica delletipologie di intervento proposte.

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Dall’alto:• Foto aerea, in evidenza il tratto di mura

sudorientali

Nella pagina a fianco:•Il tratto meridionale delle mura in una foto

della prima metà del XX secolo, lo statodella torre e della porta appaiono immutati

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senza di numerose tipologie murarie,corrispondenti ad altrettanti interventidiversi, molti dei quali erano sinora sco-nosciuti.Nel tratto esaminato, in particolare, si èindividuata una tipologia muraria, costi-tuita da blocchi irregolari di calcare, postiin opera senza alcun ordine, che costitui-sce un’ampia porzione del manufatto eche sembra appartenere ad una fase direalizzazione della cinta compresa fra il Xe l’XI secolo, ossia ad un’epoca preceden-te il parziale abbattimento della cintavoluto da Pasquale II (1099-1118). Il Liber Censuum elenca, fra le condizionidettate da papa Pasquale II per concedereil perdono agli abitanti di Ninfa, dopo larivolta nei confronti della Chiesa diRoma, la distruzione delle mura ed ildivieto di ricostruirle senza il permessodella Curia.

La muratura che si sovrappone a questapotrebbe appartenere alla stessa fasecostruttiva o ad una fase di sviluppo e diriparazione successiva. Quest’ultima,infatti, si differenzia dalla precedentesolo per la dimensione inferiore degli ele-menti lapidei, caratteristica che potrebbeessere dovuta alla consuetudine di cantie-re di usare i pezzi più grandi per le partiinferiori, sia per motivi strettamentelegati alla qualità della muratura che perla più agevole manipolazione e solleva-mento degli elementi più piccoli. Dall’analisi delle malte, da cui si attende-va una conferma ad una delle ipotesi,non si sono ottenute risposte risolutive acausa del continuo processo di riparazio-ne della cinta che ha portato ad unagrande manomissione delle malte origi-nali nelle stilature fra i giunti (solo in raricasi è stato possibile prelevare la maltadai nuclei murari in corrispondenza dicrolli).A queste due tipologie murarie se nesovrappone prevalentemente un’altra,con cui sono state realizzate, fra il secoloXI ed il XII, le merlature e che appartienead una successiva fase costruttiva.Sempre nello stesso arco temporale l’al-tezza della cinta muraria deve essereapparsa insufficiente, tanto da consiglia-re la realizzazione di un’ulteriore soprae-levazione che ha inglobato, al suo inter-no, la precedente merlatura. Altre modifiche importanti alla fortifica-zione sono da ricondursi all’espansionedell’edilizia civile all’interno della città.Numerosi edifici civili, probabilmente dicarattere residenziale, si sono addossatialla struttura difensiva fra il XIII ed il

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N on esiste una bibliografia rela-tiva alla cinta muraria diNinfa; anche i documenti sto-

rici ed archivistici rinvenuti non riguar-dano mai direttamente la fortificazionema interessano la città nel suo comples-so e forniscono solo indirettamenteinformazioni che possono essere ricon-dotte allo sviluppo della cinta muraria.Le operazioni di raccolta, selezione edordinamento del materiale bibliografi-co ed archivistico, insieme ad un’attentaed analitica osservazione dell’edificio,hanno permesso, comunque, di giun-gere ad una sintesi coerente fra i risulta-ti di tale osservazione e i dati ricavatidalle fonti.Il progetto di restauro in corso, volutodalla fondazione Caetani, proprietariadel giardino e dell’antica città di Ninfa,è riuscito ad innescare un rapporto percerti versi esemplare con l’indagine sto-rica, superando quella prassi correnteche vede queste due componenti rima-nere di fatto scollegate, correre su binariparalleli, senza essere di apporto l’unaper l’altro.La conoscenza delle fasi di sviluppo delmonumento ha potuto usufruire, giàdalla prima pulitura di massima dallavegetazione infestante, di nuovi mezzi enuove opportunità. Proprio la porzione sud orientale dellafortificazione, interessata dall’interven-to, ossia il tratto compreso fra la portadi San Paolo ed il fiume, era quellomeno visibile in quanto maggiormentecoperto dalla vegetazione spontanea. Lapossibilità di osservarlo dopo il diserboha permesso di notare e rilevare la pre-

Mura di Ninfa:tipologie ed interventidi restauroRossana Mancini

• Planimentria dei lotti funzionali

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XIV secolo. Sono realizzati quasi esclusi-vamente in blocchetti di tufo, materialeprevalente nell’architettura civile e reli-giosa di Ninfa. L’accurata campagna di rilievo del manu-fatto ha permesso di conoscere esatta-mente il tracciato, gli allineamenti, icambi di direzione, le variazioni neglispessori dei muri, la posizione esatta dellediscontinuità murarie, dati di grande uti-lità per interpretare lo sviluppo nel tempodella cinta, oltre che per progettarne gliinterventi.Nella fase di indagine preliminare al pro-getto sono state analizzate le malte diallettamento delle murature, utilizzatenei vari interventi. I risultati dell’osserva-zione dei campioni in sezione opaca ed insezione sottile, seppure non hanno offer-to un aiuto sostanziale per il riconosci-mento degli interventi e delle diversestratificazioni, hanno senz’altro accre-sciuto la conoscenza dei materiali utiliz-zati nel tempo in quell’area e sono risul-tati utili alla scelta delle malte di restauro.Per queste si è definito un impasto chenon ripete pedissequamente, ammessoche ciò fosse oggi possibile, dosaggi, com-ponenti e lavorazione delle malte antiche,ma che è al tempo stesso compatibile conil materiale originale e distinguibile daesso.Il degrado della malta è molto fortelungo la cinta, ciò indebolisce la muratu-ra compromettendo progressivamente laconnessione fra i conci. Si notano, lungoil circuito, prevalentemente sugli spigoli,lungo la sommità e nei cavi di erosione,numerose lacune dovute alla caduta deiconci. A tale degrado contribuisce note-

volmente la vegetazione spontanea cheattecchisce sui letti di malta consumati enegli interstizi fra questi e gli elementilapidei; le radici si propagano nelle solu-zioni di continuità provocate dal degra-do, agendo sui singoli blocchi come unaleva, provocandone il distacco ed accele-rando il degrado delle malte stesse.Per evitare l’eccessiva modifica del monu-mento e per rispondere al criterio diminimo intervento, ove è necessario ope-rare l’aggiunta di malta fra i ricorsi la pro-fondità del nuovo giunto viene scelta frale profondità che la stessa muratura giàpresenta, prediligendo il massimo di pro-fondità, già esistente nello stato di fatto,che sia in grado di garantire la stabilità delconcio. Dalla massima profondità pre-scelta si procede con gradualità fino aglistrati originali di malta che restano invista.

Allo stesso criterio del minimo interven-to risponde l’atteggiamento nei confrontidelle lacune murarie, per le quali si èdefinito di non operare sempre una rein-tegrazione completa ma, ove lo consentela stabilità del muro, di consolidarle nellostato di fatto o di ridurne l’estensione.Anche per i crolli d’angolo e le rotturedei cantonali si prevede la riduzione avantaggio della statica, conservando perquanto possibile l’immagine che ilmonumento aveva prima del restauro. Le reintegrazioni saranno effettuate uti-lizzando la tecnica di differenziazione delsottosquadro. Particolare attenzione èprevista per il restauro delle lacune dotateall’interno di fori da ponte, per le quali èprevisto, ove si operasse una reintegrazio-ne, di conservare il profilo del foro sullacortina di restauro.

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• La torre nei pressi della chiesadi S.Salvatore

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a cura di Paolo Martegani - [email protected]

L’AaPS, L’Architettura alla PiccolaScala è connotata prevalente-mente da due caratteristiche, tal-volta compresenti, la dimensione

contenuta e la durata effimera. Gli eventiespositivi, non legati a processi di musea-lizzazione, sono effimeri e rientrano nelpiù ampio ambito della comunicazione.Una improbabile struttura di tubi “inno-centi” parzialmente rivestita in pannelli difibra di legno tinteggiata in grigio cielo si

arrampica sulla parete del Colosseo, ri-echeggiandone le caratteristiche arcate,ne travalica l’altezza e deborda all’internoin una lingua scalettata che conduce allapiattaforma posta al di sopra dei ruderi.Una costruzione che vagamente richiamale torri d’assedio consente di arrampicarsicon esercizi di free climbing e, anche peraltra via, raggiungere l’inizio di una pistada sci rivestita in materiale plastico di co-lore azzurro che domina l’area centrale del

Gli edifici, i monumenti e gli spazidella città fanno cornice adesposizioni o divengono essi stessioggetto di trasformazione effimera.

Effimero

Paolo Martegani Maria Grazia Rossetti

A fianco:• 2003, aerostato Aerophile 5500, il più

grande pallone frenato del mondo. Effettuaesclusivamente voli vincolati innalzandosida una base fissa e rimanendo semprevincolato al terreno mediante un cavod’acciaio. Può portare fino a 30 passeggeriad una quota di 150 m

Dall’alto:• 1993 “La nave va”, durante la mostra su

Fellini, il transatlatico Rex infilza il porticodel Colosseo Quadrato. Immagine eprogetto esecutivo Maurizio Di Puolo -Studio Metaimago

• L’obelisco dell’EUR durante i lavori dimanutenzione straordinaria, 2003

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Foro Italico. Una nave di cartapesta, il mi-tico transatlantico Rex, si infila nel porti-co del Palazzo della Civiltà del Lavoro al-l’EUR. Sono solo alcuni degli eventi chehanno utilizzato temporaneamente i mo-numenti e gli spazi della città per la realiz-zazione di manifestazioni di vario generema caratterizzate comunque da intentiesibizionistici. Il Colosseo, che nel 1984 è stato utilizzatoper la mostra della produzione industrialedegli anni Venti, pur avendo scatenato al-lora un acceso dibattito sull’opportunità oaddirittura sulla legittimità di un uso cosìdisinvolto delle icone del passato, non co-stituisce certo un caso limite. Infatti la sca-linata di Piazza di Spagna e l’invaso di

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Dall’alto e da sinistra, in senso orario:

• 2003, il rivestimento a protezione deiponteggi del cantiere per il rifacimentodella facciata del grande edificio che siaffaccia su Piazzale Flaminio

• Durante la pulizia delle statue delCampidoglio in occasione del Giubileo2000, il cantiere è stato schermato con ilcontributo dello sponsor Laura Biagiotti

• Via della Conciliazione, ottobre 2003

• Allestimento per la “2° Settimana delloSport”, 28 set. - 7 ott. 1984, Foro Italico

• 1989 “Romaimpresa” all’EUR,l’allestimento espositivo di Piero Sartogosi espande sul piazzale antistante edanticipa le aree tematiche

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Questa prassi recentemente ha vissuto unastagione di positivo sviluppo grazie al con-tributo crescente degli sponsor che abbina-no al recupero dell’opera, la promozionedella propria immagine. Il restauro di unedificio, specie se di pregio, o addirittura diun monumento o di un sito archeologico,consente sicuramente il coinvolgimento disponsor. Ma anche quando la costruzionenon ha altro pregio di quello di trovarsi inun’area centrale o fortemente interessatada flussi di traffico è possibile durante lasua ristrutturazione utilizzare l’involucrodi protezione per anticipare i risultati delrestauro e contemporaneamente veicolaremessaggi pubblicitari. Si attua in questomodo un ciclo virtuoso che favorisce il de-coro urbano in corso d’opera, crea unasuggestione visiva dovuta al cambiamentotemporaneo dei luoghi rinnovandone l’in-teresse e consente di abbattere i costi del ri-facimento delle facciate aumentandone diconseguenza il numero e la frequenza. Infine l’effimero si manifesta nella sua for-ma più estrema creando inusitati punti divista con una città vista dall’alto e per po-chi costosi minuti dall’Ottavo Colle. No-me dell’aerostato, il pallone frenato che daVilla Borghese, in prossimità di Porta Pin-ciana, consente un panorama dell’urbanoda un punto fisso e mobile, reale ma con-temporaneamente transitorio.

L’esigenza di comunicare in modo rapido,accattivante ed incisivo un evento, sia es-so in corso o in programmazione, trasfor-ma spesso gli spazi urbani e ancor più visi-bilmente gli spazi della città storica, inmodo radicale. La trasformazione modifi-ca lo spazio cambiando le relazioni sia trale quinte e i differenti piani di calpestio,sia le quinte stesse con allestimenti diffe-renti per proporzioni, dimensioni, formee colori. Strani oggetti e segni compaionotra le facciate e nello spazio cittadino checatturano l’attenzione. Essi rappresenta-no il nostro “spirito del tempo” spesso conpari massività e immediatezza dell’archi-tettura stessa. Suggeriscono comporta-menti e ci spingono ad una interpretazio-ne diversa dei luoghi antichi, ma anche diquelli contemporanei consolidati.Si individuano nuove possibilità di inter-pretare la città, che al pari di tutte le altremanifestazioni dell’uomo, è viva, in con-tinua mutazione e risulta refrattaria adogni tentativo di sclerotizzazione.

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Piazza Navona vengono frequentementeutilizzati per sfilate di moda e non solo. Evidentemente è il fine commerciale chefa nascere il disaccordo: infatti quando nelmese di maggio la Scalinata di Trinità deiMonti esplode nei colori accesi delle aza-lee nessuna voce si leva contro. Del restolo straordinario richiamo che alcuni mo-numenti riescono ad esercitare finisce perattribuire ad essi un grande valore in ter-mini di immagine e di comunicazione.Delle manifestazioni che in passato han-no coinvolto monumenti o spazi della cit-tà rimane la curiosa documentazione ico-nografica e sicuramente il vantaggio deirisultati della sperimentazione qualunquene sia il giudizio, perché costituiscono te-stimonianze reali e analizzabili critica-mente. Del resto, quando sia possibileescludere qualunque rischio di deteriora-mento, appare difficile che il coinvolgi-mento per un tempo assolutamente breverispetto alla lunghezza della loro vita, ineventi effimeri, possa realmente portaredetrimento a spazi monumentali, in even-ti che per contro ne consentono una rivi-sitazione visiva e psicologica.Altro aspetto di carattere espositivo in que-sto caso dotato di forte connotazione pro-mozionale e pubblicitaria è costituito dalla”mitigazione d’impatto”, una suggestivacategoria della comunicazione urbana.

• 1984, intervento temporaneo sul Colosseoeffettuato in occasione della mostra ”L’economiaitaliana tra le due guerre 1919/1932”. Lastruttura, percorribile dal pubblico fino all’ultimolivello, consentiva scorci visivi inusitati delmonumento e dell’area circostante.

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Il Comune di Roma, con il Diparti-mento XIX per lo Sviluppo ed il Recu-pero delle Periferie, si è candidato equalificato nel 2003 come capofila

della rete tematica sulla partecipazione al-l’interno del programma europeo Urbact.La finalità di Urbact è quella di promuove-re lo scambio transnazionale di buoneprassi ed esperienze amministrative nel-l’ambito delle politiche urbane integrate eprevede il coinvolgimento di quei paesi chehanno già preso parte ai programmi euro-pei “URBAN” e “Progetti Pilota Urbani”.In questi anni il Dipartimento XIX ha svi-luppato una serie di sperimentazioni perla riqualificazione delle periferie proprio apartire da un approccio di tipo integrato.Per sviluppare processi di trasformazioneurbana è stato ritenuto opportuno e ne-cessario attivare meccanismi di promo-zione socio-economica, combattere l’e-sclusione sociale e rafforzare i processi diidentità locale, ponendo alla base di taliazioni la partecipazione diretta dei citta-dini ai programmi e ai progetti.In virtù dell’esperienza maturata fino adoggi con avanzate sperimentazioni miratea sollecitare il coinvolgimento dal basso

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a cura di Elio Trusiani

Il progettoPartecipando

della rete Urbact

La riqualificazione delle periferie e ilprocesso di partecipazione dei cittadini

nei programmi integrati di riqualificazione urbana come chiave

per la coesione sociale.

Mirella Di Giovine*

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(Programmi Locali Integrati, Contratti diQuartiere, coprogettazione e autopromo-zione del territorio, Atlante delle Perife-rie), la città di Roma è stata individuataquale capofila della rete tematica sullapartecipazione, con la volontà di svilup-pare ulteriormente e di consolidare le in-novazioni conquistate. Roma, quindi, coordinerà per tre anni ilnetwork Partecipando, dal titolo La parte-cipazione dei cittadini nei programmi inte-grati di riqualificazione urbana come chia-ve per la coesione sociale, che svolgerà lavo-ri e ricerche per la capitalizzazione delleesperienze delle 22 città partner – e dei lo-ro abitanti – in un “Manuale Europeo perla Partecipazione”. Tale manuale, ad usodegli Amministratori locali dei diversipaesi dell’Unione, avrà lo scopo di diffon-dere le pratiche partecipative e conterrà atale proposito raccomandazioni, orienta-menti e metodologie.

Al programma Urbact hanno aderito: - per l’Italia: i Comuni di Brindisi, Cata-

nia, Cosenza, Foggia, Napoli, ReggioCalabria, Venezia;

- per il Belgio: il Comune di Bruxelles, laRegione Bruxelles Capitale;

- per la Francia: Bordeaux, Cannes, l’Ag-glomerazione di Grenoble, Parigi;

- per la Grecia: i Comuni di Evosmos, Po-lichni e Stavroupoli;

- per la Spagna: il Comune di Pamplona;- per il Regno Unito: Belfast, Bristol, In-

verclyde, Newcastle;- per la Turchia: Duzce.

I lavori hanno preso inizio ad ottobre2003, secondo un programma di lavoro

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dettagliato che si fonda sulla condivisionedei seguenti principi: - l’elaborazione partecipata di Piani Loca-

li Integrati di Sviluppo si è dimostratauno strumento dalle forti potenzialitàper far fronte alla frattura sociale latentenei territori in degrado;

- fino ad oggi, i risultati dei processi parte-cipativi, spesso sperimentali, non hannoricevuto sufficiente riconoscimento dal-l’insieme delle strutture decisionali edamministrative;

- la cittadinanza viene considerata l’attoremaggiormente competente sui problemiche la riguardano direttamente, ma trop-po spesso non ha facile accesso alle infor-mazioni, agli strumenti e agli spazi checonsentono di esercitare tali competenze.

Di conseguenza il Comune di Roma in-tende raggiungere con i suoi partner i se-guenti obiettivi :- definire le metodologie di attuazione dei

processi partecipativi dei cittadini tutti(senza esclusioni) alla definizione diprogrammi, piani e interventi di trasfor-mazione urbana, integrati con interven-ti di ordine sociale, culturale ed econo-mico, per migliorare la qualità della vitae sviluppare l’occupazione, e con l’in-tenzione di elevare l’influenza di taliprocessi dal singolo quartiere all’interosistema urbano;

- definire le linee guida per l’informazio-ne, la formazione e la strumentazione dafornire ai cittadini (animazione di labo-ratori partecipativi permanenti, divul-gazione delle informazioni detenute dal-l’amministrazione, accompagnamentodelle iniziative locali);

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A fianco:• Il Laboratorio Territoriale

Laurentino

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cali coinvolte nel progetto Partecipando è ilmiglioramento delle loro prassi, ed in par-ticolare la maggiore inclusione nei proces-si partecipativi delle fasce più deboli.La partecipazione, infatti, si è dimostratauno strumento essenziale non solo perelaborare programmi ed interventi piùpertinenti, più efficaci, più economici,ma anche per l’effetto indotto che produ-ce in termini di coesione della comunitàlocale, di elevazione delle competenze pergli attori coinvolti. Per la sua valenza so-ciale, la partecipazione è dunque un tas-sello fondamentale della lotta all’esclusio-ne ed alla povertà.Il progetto Partecipando si avvale dellacollaborazione del laboratorio”LAPEI”dell’Università di Firenze-Facoltà di Ar-chitettura, che ha maturato una vastissi-ma esperienza internazionale sui temi del-la partecipazione nelle politiche urbane.Partecipando è una ricerca-azione, un in-vestimento importante, fortemente soste-nuto al livello Europeo, che vuole conso-lidare le sperimentazioni tese a diffonderee generalizzare la partecipazione degli abi-tanti alle scelte di trasformazione nelle lo-ro diversissime realtà locali, come anelloessenziale della vita democratica.

* Direttore Dipartimento XIX – Politiche per lo sviluppoe il recupero delle periferie

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- produrre un Manuale Europeo per laPartecipazione ad uso delle pubblicheamministrazioni locali e nazionali, conl’obiettivo di diffondere la cultura e lemetodologie della partecipazione comestrumento indispensabile per il governodel territorio.

Nelle diverse città partner, saranno coin-volti nei lavori della rete Partecipando sia itecnici della pubblica amministrazioneche gli stessi abitanti ed attori locali, e laRete Europea di Associazioni di AbitantiHaCER collaborerà al progetto. Sul territorio romano, è prevista la parte-cipazione di un Municipio, di associazio-ni di abitanti (quali l’Unione Borgate,membro attivo della rete HaCER), asso-ciazioni culturali, cooperative, e ONGche dimostrano di aver un ruolo attivo epropositivo per lo sviluppo locale, in par-ticolare:- un laboratorio di quartiere; - un comitato di quartiere; - un laboratorio sociale autogestito;- un’associazione operante nel settore

sociale e dell’occupazione in un complesso residenziale pubblico;

- un’associazione di quartiere; - un’associazione culturale; - un centro sociale; - una rappresentanza locale

di Legambiente; - un’associazione sportiva; - un centro anziani. Una delle sfide per le amministrazioni lo-

PARTECIPANDO: UNA RETE DI 22 CITTÀ EUROPEE

FINANZIAMENTIEuro 150.000 stanziati dal Comune di RomaEuro 420.000 stanziati dall’UE-FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale)Euro 342.500 stanziati da altri partnertotale: Euro 912.500 (finanziamento UE: 46%)

IL METODO E I TEMPI DI LAVOROIl lavoro è diviso in inchieste locali e incontriinternazionali incentrati su temi chiave cheverranno approfonditi attraverso seminarispecifici.

1. Le inchieste, realizzate con l’ausilio di unesperto esterno, saranno condotte da 10 cittàpartner sul proprio territorio con lo scopo dianalizzare, insieme ai cittadini, i fattori criticie i fattori di successo delle esperienze dipartecipazione attuate.2. Sulla base dei risultati delle inchieste,partiranno circa 15 incontri internazionaliospitati dalle varie città della Rete. Agliincontri prenderanno parte 4 rappresentantiper ogni città: 2 incaricatidell’Amministrazione e 2 in rappresentanzadegli attori locali e/o degli abitanti. Gliincontri sono articolati intorno ad alcuni temichiave, precedentemente discussi e selezionatidalle città a partire dalle loro realtà locali.

3. I temi chiave: - La partecipazione: perché e per chi. - Comunicazione e formazione degli attori. - Gli aspetti della partecipazione in ogni fase

di evoluzione di un progetto.- Come valutare l’impatto e i risultati della

partecipazione. - Metodi e strumenti per la partecipazione

degli abitanti.

4. Intorno a ciascun tema si svolgerannodiversi seminari, mentre a metà percorso unospecifico seminario riunirà i politici delle variecittà affinché prendano atto dei risultatiprodotti e ne discutano pubblicamente. Il seminario dura 3 giorni e prevede: - la presentazione dei casi di studio attinenti

al tema; - visite sul territorio;- workshop tra amministratori e tra abitanti

per produrre orientamenti metodologicirelativi al tema in questione;

- dibattito aperto tra le due parti perconfrontare i punti di vista e produrre undocumento finale.

5. L’insieme di questi materiali formerà ilcorpus del “Manuale europeo per lapartecipazione” che la Rete intende produrrecome risultato finale dell’intero percorso.

Stefano Rollo

• Alcune opere realizzate nell’ambito del programma Urban

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I n attesa dell’approvazione del regolamen-to di attuazione della Legge Regionale n.31 del 2002, ecco il punto della situazio-

ne sul fascicolo del fabbricato.Nel 1998 a seguito del disastroso crollo aRoma di una palazzina in via di Villa Jacobi-ni, il Comune di Roma, primo in Italia, sidota di uno strumento per controllo del pa-trimonio edilizio con delibera del 4 novem-bre 1999.Ciò, rappresenta una vera e propria svoltanel controllo degli immobili, ed infatti nonsono mancate le polemiche, i dibattiti e gliarticoli sui giornali.Quello che da molti è considerato un doveresociale ed una scelta di civiltà, da altri vieneosteggiato come un inutile balzello o unostrumento superficiale, nonostante i successi-vi eventi di Palermo, Foggia, Milano.La vicenda si evolve, ed il F.F. viene conside-rato dal Tar del Lazio incostituzionale, conuna ordinanza sospensiva, quindi il 3.07.02viene meno la sua obbligatorietà.Finalmente con Legge Regionale n. 31/02,si è sancita la possibilità per tutti i Comunidel Lazio di scegliere o meno l’adozione delFascicolo.Il regolamento di attuazione che avrebbedovuto essere promulgato entro novantagiorni dalla legge, sarà sottoposto all’esamedella giunta regionale entro maggio 2004.Nel 2002, anche la Regione Campaniaadotta il fascicolo con L.R. n.27, ma nel2003 la sentenza della Consulta n. 315 di-chiara l’illegittimità di tre articoli, oggi og-getto di modifica in un nuovo provvedi-mento all’esame del Consiglio Regionale.In attesa dei numerosi Disegni di Legge gia-centi in Parlamento, anche la Sardegna, ilPiemonte e l’Abruzzo hanno presentato inCommissione Regionale Proposte di Leggesul F.F. e Puglia, Toscana, Calabria, EmiliaRomagna e Lombardia si stanno interro-gando riguardo la sicurezza degli immobili.È infatti noto a tutti che molti edifici italia-ni sono a rischio, poiché il 70% del patri-monio immobiliare ha più di cinquanta an-ni di vita e l’edilizia del dopoguerra, costrui-ta con una normativa meno rigorosa, è spes-so di scarsa qualità; inoltre è diffusa l’ediliziaabusiva, basti considerare che tra gli anni1986/87 sono stati condonati 3.500.000 al-loggi e che, con l’attuale legge, ne verrannocondonati altrettanti, molti dei quali diqualità scadente, eseguiti in tempi ridotti esenza attenzione alle norme o alla “regoladell’arte”.Nel Lazio un ulteriore passo in avanti è sta-

to fatto dal Comune di Roma che conDelibera Comunale n. 27 del 24.02.04,(in vigore dal 17 marzo 2004), stabiliscetempi e modi per la stesura del Fascicolo.La nuova delibera prende atto delle dispo-sizioni contenute nella legge regionale edell’Ordinanza della Presidenza del Con-siglio n. 3274 che impone di sottoporre acontrolli entro i prossimi 5 anni gli stabi-li costruiti sul territorio romano, che per

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Fascicolo delFabbricato:scelta diciviltà

Lo strumento, sin dall’inizioconsiderato dall’Ordine dipubblica utilità in quantoconsente il monitoraggio degliedifici verificandone lafunzionalità, si configuraanche come un investimento inqualità perché con esso sipotranno prevenire eprogrammare gli interventi edi costi di gestione.

Daniela Marzano*

LA SITUAZIONE DI ROMA

4 novembre1999Delibera del Comune di Roma conl’Istituzione del fascicolo del fabbricato;2 luglio 2002Ordinanza del Consiglio di Stato con lasospensione dell’obbligatorietà del fascicolodel fabbricato per il Comune di Roma;31 settembre 2002Legge Regionale n. 31 “Istituzione delFascicolo del Fabbricato” che lascia facoltàai Comuni del Lazio di istituire un F.F. comestabilito dal Regolamento Attuativo;3 luglio 2003Presentazione della bozza del RegolamentoAttuativo della L.R.31/02 ai principalioperatori del settore, Associazioni delleproprietà edilizie, Ordini professionali edAmministrazioni pubbliche, primadell’approvazione della Giunta regionale;4 giugno 2003Delibera della Giunta del Comune di Romacon l’adeguamento alle disposizioni dellaL.R. 31/02 (non ancora esaminata incommissione) e la conferma dei protocollid’intesa con le Associazioni, gli Ordini ed iCollegi professionali;17 marzo 2004Delibera della Giunta Comunale con normee tempi per la realizzazione del Fascicolodel Fabbricato (L.R. n. 31/02).

LE NUOVE SCADENZE PER ROMA

A partire dal 17 marzo 2004 questesaranno le nuove scadenze per gli immobilidel Comune di Roma che con l’entrata invigore della delibera n. 27/04 dovrannodotarsi del Fascicolo del Fabbricato:

Per gli edifici esistenti:12 mesi per edifici realizzati entro il 1939;24 mesi per edifici costruiti tra il 1940 ed il1971;48 mesi per immobili edificati tra il 1972ed il 31 dicembre 2003.

Per le nuove costruzioni:Il fascicolo sarà uno dei documentiindispensabili per ottenere l’agibilità.

L’ORD

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179 del 13 marzo 2000, DCS n. 87 del 12maggio 2001);

h. lo schema del Fascicolo del Fabbricato e deldisciplinare per accedere al contributo co-munale con lo schema di domanda e il sup-porto informatico (DGC n. 473 del 5 mag-gio 2000, DGC n. 1002 del 5 settembre2000, DGC n. 688 del 23 novembre 2001);

3) il Dipartimento Politiche dei Lavori Pubblici eManutenzione Urbana, d’intesa con quellodelle Politiche della Programmazione e Pianifi-cazione del Territorio, curerà la predisposizio-ne, di una mappa informatizzata della città diRoma che evidenzi le differenti situazioni geo-logiche, da mettere a disposizione come stru-mento unitario dell’Amministrazione Comuna-le, fermo restando le scadenze previste per laredazione dei fascicoli; 4) il Comune di Roma favorisce la consultazio-ne della documentazione necessaria ai finidella redazione del fascicolo attraverso unProtocollo d’Intesa con l’Archivio di Stato, laPrefettura e l’Assessorato ai Lavori Pubblicidella Regione Lazio e la messa a disposizionedella documentazione in possesso del Diparti-mento IX – Ufficio Concessioni Edilizie e del Di-partimento VI – Ufficio Speciale Condono Edi-lizio (USCE); 5) il Comune di Roma provvederà a realizzarei Fascicoli del Fabbricato relativi agli immobilidi sua proprietà secondo i tempi previsti dalRegolamento e a mettere in rete i fascicoli stes-si in un apposito sistema informativo che saràrealizzato dai Dipartimenti IX, XII e III e checonsenta la gestione e il monitoraggio dellostato di conservazione del patrimonio pubbli-co comunale. Il Consiglio Comunale deliberainoltre che copia della presente deliberazionesia inviata a cura del Dipartimento IX a tutti inotai in Roma e provincia.

Omissis

ALLEGATO ARegolamento di disciplina

del Fascicolo del fabbricato

Articolo 11. È obbligatorio per ogni costruzione esisten-te o di nuova realizzazione, sia privata chepubblica, nell’ambito del territorio comunale,il “Fascicolo del fabbricato”.2. Gli oneri per la redazione del Fascicolo delfabbricato sono a carico dei proprietari,come definiti dall’art. 2, comma 2, della L.R.12 settembre 2002 n. 31.

COMUNE DI ROMADELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE N. 27 DEL 24 FEBBRAIO 2004

Istituzione del Fascicolo del Fabbricato.

Omissis

IL CONSIGLIO COMUNALE 1) Delibera di istituire il Fascicolo del Fabbri-cato ai sensi dell’art. 1 della legge RegioneLazio n. 31 del 12 settembre 2002, discipli-nato da apposito Regolamento riportato inallegato (A) e che costituisce parte integrantedel presente provvedimento; 2) fa salvo quanto previsto ed attuato in basealla deliberazione del Consiglio Comunalen. 166 del 2/4 novembre 1999, successivemodificazioni ed integrazioni, con particola-re riferimento alle disposizioni concernenti: a. l’erogazione del contributo pari al 30% del

costo del Fascicolo, nei limiti degli stan-ziamenti annuali di bilancio, a favore deisoggetti che hanno predisposto il fascico-lo del fabbricato nei termini prescritti dal-la citata deliberazione e successive modi-ficazioni ed integrazioni;

b. l’istituzione dell’Osservatorio di cui allaDeterminazione Dirigenziale n. 306 del19 luglio 2001 (prot. Dipartimento IX n.50272 del 20 luglio 2001);

c. il Protocollo d’Intesa con le Associazioni del-la proprietà edilizia di cui alla nota del Di-partimento IX n. 6255 del 26 gennaio2001;

d. il Protocollo d’Intesa con le AssociazioniCondominiali ed Immobiliari di cui allanota del Dipartimento IX n. 6254 del 26gennaio 2001;

e. il Protocollo d’Intesa per la redazione delFascicolo del Fabbricato con gli Ordini,Collegi Professionali e Comando Provin-ciale dei Vigili del Fuoco di Roma (prot.Dipartimento IX n. 37458 del 19 giugno2000);

f. la detrazione specifica di L. 25.000 (Euro12,91) ai fini dell’I.C.I. per chi ha conse-gnato il Fascicolo del Fabbricato entro il31 dicembre 2001 o entro il 31 dicembre2002 (DCS n. 14 del 12 marzo 2001,DCC n. 152 del 20/21 dicembre 2001) ochi consegna il Fascicolo del Fabbricatoentro il 31 dicembre 2004 (D.C.C. n. 255del 19 dicembre 2003);

g. il potenziamento e l’integrazione dellaCommissione Stabili Pericolanti (DCC n.

la prima volta è stato classificato con una si-smicità di terzo grado.Pertanto chi non si doterà del Fascicolo delFabbricato entro i tempi previsti dalla deli-bera, non potrà presentare la DIA, richiede-re il permesso di costruire, le autorizzazionio le certificazioni comunali riguardanti ilfabbricato, ed i nuovi alloggi non potrannoottenere l’agibilità.Rimaniamo in attesa di nuovi ricorsi già an-nunciati da Confedilizia, e ci limitiamo aconstatare che dal 1999 sono stati fatti mol-ti passi avanti, ma soprattutto si è conferma-ta l’importanza del controllo del patrimo-nio edilizio, della gestione e della manuten-zione immobiliare.

Cosa ne pensano gli architettiDal 1999 l’Ordine degli Architetti Pianifi-catori, Paesaggisti e Conservatori di Roma eProvincia fa parte dell’Osservatorio Fascico-lo Fabbricato del Comune di Roma e credenell’importanza di questo strumento consi-derato di pubblica utilità.Un Delegato con compiti divulgativi, infor-mativi e rappresentativi che si occupa del fa-scicolo del fabbricato, aggiorna il sito e faparte dell’Osservatorio del Comune di Ro-ma.Va infatti sottolineato che uno degli aspettipiù importanti del fascicolo del fabbricato ècostituito dai dati tecnici in esso contenutiche consentono una manutenzione dell’edi-ficio e favoriscono un miglioramento dellagestione dell’immobile tenendolo sottocontrollo sin dalla sua costruzione.Il monitoraggio dell’edificio per tutto il cor-so della sua esistenza verificherà le funziona-lità e le disfunzioni con scadenza periodica(aggiornamento ordinario) ed in occasionedi innovazioni e modifiche (aggiornamentostraordinario).Il fascicolo del fabbricato sarà dunque, co-me dicono molti, la “carta d’identità” o “illibretto d’uso e manutenzione” dell’edificiodove verranno annotati i fatti salienti dellasua vita.Concludendo, noi architetti con il “cono-scere lo stato conservativo del patrimonioedilizio”, con il “provvedere alla individua-zione di situazioni a rischio relative a fabbri-cati pubblici e privati”, e con il “program-mare eventuali interventi di ristrutturazio-ne e di manutenzione” come previsto dallaL.R. 31/02, potremo aumentare la sicurezzae ridurre i costi di gestione degli edifici fa-cendo così una scelta di civiltà.

*Delegato dell’Ordine al fascicolo del fabbricato

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Articolo 21. Il Fascicolo del fabbricato contiene iseguenti dati:a. identificazione del fabbricato: caratteristi-

che e destinazione, anno di costruzione,presenza di edifici adiacenti, dati metrici,documentazione catastale con relative pla-nimetrie, dati edilizi ed urbanistici, docu-mentazione antincendio, elenco professio-nisti ed imprese incaricati degli interventiedilizi eseguiti;

b. documentazione tecnica disponibile: pro-getto edilizio, eventuali varianti, titolo ido-neo alla realizzazione degli interventi edi-lizi, stato attuale, relazioni geologica-geo-tecnica-agroforestale, progetto strutturale,collaudo;

c. verbale di sopralluogo: descrizione dellostato dei luoghi, documentazione fotogra-fica, presenza di servitù, giacitura del ter-reno, presenza di corsi d’acqua, grado diconservazione delle strutture, elenco degliinterventi eseguiti;

d. impianti: elenco di quelli presenti nel fab-bricato, natura e conservazione, raccoltasmaltimento fognario-idrico sanitario eadduzione acqua-antincendio, elencointervento di sicurezza;

e. relazione tecnica di sintesi.2. Il “Fascicolo del fabbricato” deve esserecompilato anche su supporto informatico cheva presentato presso il Dipartimento IX, VU.O. Viale Civiltà del lavoro, Roma, al fine dicostituire la base per l’ istituendo archiviodegli immobili.3. Per i fabbricati esistenti, come definiti dal-l’art. 2 comma l della legge regionale 11.31del 12.9.2002, il “Fascicolo del fabbricato”,firmato da tecnico abilitato ed iscritto ad AlboProfessionale, deve anche riportare specificheinformazioni relative alle eventuali modificheapportate nel tempo nelle singole unità immo-biliare, nelle parti comuni o nelle zone imme-diatamente a confine.

Articolo 31. Ai sensi dell’articolo 4 comma 2 dellalegge regionale n. 31 del 12 febbraio 2002,il professionista incaricato, in caso di necessi-tà e sulla base di adeguate motivazioni, puòproporre una ulteriore fase di approfondi-mento conoscitivo per effettuare specifici con-trolli specialisti ed eventualmente, a seguitodei conseguenti risultati, per eseguire inter-venti idonei a ripristinare le condizioni disicurezza del fabbricato.2. Il professionista può inoltre proporre un

piano di corretta gestione del fabbricato permigliorarne il livello qualitativo.3. Nessun onere aggiunto potrà gravare suiproprietari per vizi sopravvenuti nella idonei-tà statica degli edifici derivanti da mutamentiintervenuti per opere commissive di qualsivo-glia natura e/o provvedimenti amministrativiposti in essere dall’Amministrazione Comuna-le o da altre Amministrazioni Pubbliche.4. È obbligatorio affiggere negli andronidegli immobili, in modo ben visibile, una tar-ghetta con il nominativo, indirizzo e recapitotelefonico dell’amministratore del condominioo del facente funzione.

Articolo 41. Il Fascicolo del fabbricato, completo di tuttigli elaborati, è depositato presso il proprieta-rio o l’amministratore del fabbricato, a dispo-sizione per ogni controllo da parte delle Auto-rità competenti.

Articolo 51. Ai sensi dell’articolo 4 comma 4 dellalegge regionale n. 3l del 12 settembre 2002,in occasione di compravendite o locazioni ilvenditore o il locatore sono tenuti, a richiesta,a fornire all’acquirente o al conduttore i dati ele informazioni contenute nel fascicolo delfabbricato e nella scheda di sintesi.

Articolo 61. Il fascicolo del fabbricato e la relativa sche-da di sintesi devono essere aggiornati inoccasione di ogni lavoro o modifica significa-tiva dello stato di fatto e/o della destinazioned’uso dell’intero fabbricato o di parte di esso.2. L’aggiornamento deve essere effettuatoanche nel caso di lavori eseguiti sul fabbricatoe sulle relative pertinenze da enti erogatori dipubblici servizi, quali, tra gli altri, energiaelettrica, acqua, gas, telefono.3. L’aggiornamento deve essere completatoentro trenta giorni dalia data di ultimazionedei lavori o delle modifiche effettuate.4. Oltre gli aggiornamenti di cui ai commiprecedenti, i proprietari devono assicurare unaggiornamento periodico del fascicolo delfabbricato ogni otto anni.

Articolo 71. Per la redazione del Fascicolo sono previstitre termini temporali in relazione all’epoca dicostruzione del fabbricato:a. Dodici mesi dalla data di entrata in vigore

del presente regolamento per gli edificirealizzati entro l’anno 1939;

b. Ventiquattro mesi dalla data di entrata invigore del presente regolamento per gliedifici costruiti tra l’anno 1940 e l’anno1971;

c. Quarantotto mesi dalla data di entrata invigore del presente regolamento per gliedifici realizzati dall’ anno 1972 sino al31.12.2003;

d. Gli edifici in costruzione e quelli costruitisuccessivamente alla data di entrata invigore del presente regolamento devonodotarsi del Fascicolo del fabbricato conte-stualmente all’ottenimento dell’abitabilità oagibilità.

e. Gli edifici condonati ai sensi della legge n.47/85 e della legge n. 724/94 e successi-ve modifiche e integrazioni una volta otte-nuta la concessione in sanatoria e la relati-va abitabilità o agibilità devono ottempe-rare alla produzione del fascicolo del fab-bricato entro i termini di cui alle lettere a,b, c.

2. L’Amministrazione comunale, con provve-dimento dirigenziale, previa comunicazionealla Giunta Comunale, potrà disporre even-tuali deroghe alle scadenze anzidette, peraree o per singoli gruppi di edifici, sentiti iMunicipi interessati, gli Ordini, i Collegi Pro-fessionali e le Associazioni della proprietàedilizia con riferimento ai seguenti criteri;a. Particolari caratteristiche del sottosuolo;b. Eventuali presenze di abusivismo edilizio,

anche se condonato;c. Condizioni particolari per fattori sismici

e/o idrogeologici;d. Esposizione a volume di traffico intenso.3. Fermo restando il rispetto dei termini suindicati, per gli immobili di proprietà pubbli-ca sarà riconosciuta priorità alle situazioni diemergenza, secondo le segnalazioni perve-nute al Servizio Sicurezza Stabili del Diparti-mento IX.4. A favore dei soggetti in regola con gliadempimenti di cui al presente Regolamento,è prevista la priorità nell’assegnazione dieventuali contributi comunali per consolida-menti strutturali.5. Detti soggetti potranno usufruire altresì dispecifiche detrazioni ICI ovvero in sede dieventuale addizionale comunale IRPEF, nelrispetto degli equilibri di bilancio.

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se disponibili e dei processi tecnologici checoncorrono nel progetto architettonico perdare luogo all’habitat quotidiano.Concetto base di questo orientamento è laconsapevolezza che la progettazione am-bientale non può essere considerata unabranca a sé stante della progettazione, mache la sua caratteristica consiste nell’appli-cazione di un corretto ed approfondito ap-

proccio conoscitivo delle risorse e delle tec-nologie.A tale proposito occorre rilevare anche co-me “risorse” e “tecnologie” non possono es-sere considerate separatamente, ma che essecostituiscono un vero e proprio “sistema” direlazioni, la cui natura deve essere appro-fondita in senso tecnico ed epistemologico.In questa ottica la Facoltà di Architettura

L’ attività costruttiva ha sempre impe-gnato un ingente quantitativo di ri-sorse, di carattere fisico-materiale e di

carattere energetico e le risorse, di entrambi itipi, possono essere esauribili o rinnovabili.Data la rilevante entità quantitativa dell’atti-vità edilizia è facile rilevare come in un tem-po relativamente breve si potrebbe giungereal depauperamento ed infine all’esaurimen-to di molte delle risorse disponibili.

In verità, la consapevolezza della necessità diridurre consumi, inquinamento, emissioninocive, oltre che di contenere lo spreco di ri-sorse, materie prime e seconde, è ormai en-trata nella coscienza di progettisti e ammi-nistratori ed in questa logica si dovrebberoconsiderare in modo più articolato i rappor-ti fra l’edificio e il contesto dei fattori clima-tici, fisici ed antropici, considerando l’edifi-

cio quale “organismo vivente” configuratoin maniera diversa in certi suoi aspetti, nellevarie stagioni e nelle varie ore del giorno edella notte. L’attenzione deve perciò essere posta nonsoltanto al singolo edificio o all’intero inse-diamento urbano, ma anche all’intornotopografico e geografico, alla sua morfolo-gia, ai “materiali” che lo caratterizzano, ivicompresa la vegetazione. Quindi, per unorientamento con tali caratteristiche,occorre una specifica cultura progettuale,che tenga conto del patrimonio delle risor-

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Quandol’Universitàcolloquiacon il mondodel lavoro

Organizzato dalla Facoltà diArchitettura “Valle Giulia” ilMaster “ProgettazioneAmbientale, uso delle risorserinnovabili in architettura” siproponeva obiettivi di tipodidattico, formativo edoccupazionale. Tutti centratialla luce dei risultati dellaprima edizione 2003-2004,conclusasi con uno “stageformativo” presso Enti eSocietà che, in alcuni casi, hadato avvio ad un rapporto dilavoro continuativo presso leAziende coinvoltenell’iniziativa.

Cristina Benedetti

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In questa pagina: • “Modulo legno” presso l’Azienda Mattarei

a Verona

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“Valle Giulia” ha organizzato, a partire dal-l’anno accademico 2003/2004, un Masteruniversitario di II livello dal titolo “Progetta-zione Ambientale, uso delle risorse rinnova-bili in architettura”; tale Master è finalizzatoal completamento del bagaglio formativo edinformativo di liberi professionisti e archi-tetti operanti presso Società, Industrie, Entipubblici e privati, che, a vario titolo, sono in-teressati alle tematiche trattate.Il Master è un corso annuale organizzato inperiodi didattici suddivisi in “moduli”. Imoduli sono definiti in modo da costituireunità didattiche fruibili, anche singolarmen-te, per consentire la frequenza (come uditoriesterni) anche a persone che desiderano ag-giornare la propria preparazione solo in alcu-ne discipline dell’ordinamento del Master.Al termine dell’attività didattica di ciascunperiodo si svolgono verifiche di profitto ed aconclusione del Corso il partecipante discu-te, davanti alla Commissione per la valuta-zione finale, un elaborato da lui redatto.Tale organizzazione da un lato è sufficiente-mente elastica per fare fronte – come l’espe-rienza ha dimostrato – alle diverse situazionipersonali, dall’altro lato presenta un “corpus”compatto, tale da non presentare smagliaturené consentire imprevedibili anomalie.Il professionista che partecipa al Master è ingrado di progettare e di coordinare i variaspetti della progettazione a basso consumoenergetico, sia a scala urbana sia a scala edi-lizia, sia nella nuova edificazione sia nell’in-tervento sulla preesistenza, con particolareattenzione alla progettazione di edifici astruttura in legno.Coerentemente con le richieste provenientidal mondo del lavoro, il Master si proponedifferenti obiettivi: - formazione specialistica in un settore di ri-

levante interesse sociale, scientifico ed oc-cupazionale;

- costituzione di un centro di eccellenza perla formazione superiore nel campo dellaprogettazione ambientale e delle risorserinnovabili in architettura in collaborazio-ne con Istituzioni pubbliche e private econ Società ed Aziende del settore;

- sperimentazione nel campo della didatticaapplicata;

- collaborazione tra Università e settoriparalleli della ricerca ;

- inserimento nel mondo del lavoro dei par-tecipanti al Master.

Gli obiettivi che il Master si propone sono,dunque, di tipo didattico, formativo ed oc-cupazionale.

In particolare l’attività didattica (mirata apotenziare la base scientifica e tecnologica ea generare imprenditorialità in attività eco-nomiche innovative) è fortemente integrataall’attività di ricerca ed in quest’ottica il Ma-ster, attraverso la Facoltà ha stipulato:- un protocollo d’intesa con il Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio,che ha fornito ampio supporto all’iniziati-va ospitando, per lo stage formativo, 6 fre-quentanti e creando i presupposti per unaserie di iniziative con le associazioni di ca-tegoria tramite la Confindustria;

- un protocollo d’intesa con il Politecnico diRensselaer (USA), centro di ricerca univer-sitaria tra i più prestigiosi, che permette a 3frequentanti il Master di svolgere, per unsemestre, ricerca presso i loro laboratorisenza ulteriori oneri economici, essendoquesti a carico della Facoltà americana;

- un protocollo d’intesa con una Aziendadel settore legno (la Mattarei di Verona)che ha permesso di svolgere l’intero modu-lo relativo alle costruzioni in legno diretta-mente in Azienda per un periodo di oltre 2settimane;

- un accordo con il Comune di Castellinodel Biferno (CB), Comune coinvolto dal-l’evento tellurico del 2002: alcuni edificiesistenti sono stati oggetto di studio e te-ma di tesi per un “recupero energetico”.

È possibile trarre le prime conclusioni dal-l’esperienza fatta dai primi 22 iscritti (di cuitre “uditori”) al Master dell’anno accademi-

co 2003-2004: i frequentanti hanno avutola possibilità di verificare nella pratica le no-zioni apprese mediante uno “stage formati-vo” di 100 ore presso Enti e Società che ope-rano nel settore, in particolare:- 6 presso il Ministero dell’Ambiente e della

Tutela del Territorio- 2 presso l’ENEA- 4 presso Aziende del settore dell’energia e

del legno- 4 presso Società di Ingegneria- 2 presso importanti Studi di Architettura

coinvolti nella progettazione di “edifici abasso consumo energetico”

- 1 presso il Politecnico di Rensselaer.

Questa esperienza ha costituito non solo ladegna conclusione di un lungo periodo for-mativo del laureato che ha partecipato alMaster, ma si è conclusa anche con risvoltipiù che positivi, dato che in cinque casi è sca-turito un rapporto di lavoro continuativopresso le Aziende coinvolte nell’iniziativa.

In conclusione, la progettazione di “edificisostenibili”, che possono ridurre il consumodi energia senza una significativa riduzionedei livelli di comfort è diventata una priori-tà assoluta non solo per la professione di ar-chitetto ma anche per l’Amministrazionepubblica e l’Ordine degli Architetti di Ro-ma, da sempre sensibile a questi aspetti, hafattivamente supportato il Master offrendouna borsa di studio a parziale copertura del-le spese di iscrizione.

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SCHEDA INFORMATIVA SUL MASTER

Master Universitario di II livello inProgettazione Ambientale – uso dellerisorse rinnovabili in ArchitetturaFacoltà di Architettura “Valle Giulia”Università “La Sapienza” di Romahttp://w3.uniroma1.it/vallegiulia/Pages/master/PAM/masterpam.htm

Direttore: Prof. Arch. Cristina Benedetti (Università “La Sapienza” di Roma)

Consiglio Didattico-Scientifico: Prof. Arch. Roberto Palumbo, Prof. Arch. Eugenio Arbizzani, Dott. Arch. Cinzia Abbate, Dott. Arch. Carmen Carbone

Titolo rilasciatoDiploma di Master Universitario di II livelloper 60 CFU (Crediti Formativi)

• Visita alla foresta “ecocertificata” dellaMagnifica Comunità di Firenze

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regolare pagamento delle proprie compe-tenze (esigenza assoluta) e l’acquisizionedell’esperienza e dell’affidabilità che, sole,potranno (auspicabilmente) favorire il pro-seguimento della propria attività sul mer-cato (esigenza strumentale).A corollario consegue la necessità di defini-re, approfondire e condividere con il com-mittente il cosiddetto quadro esigenziale(alla cui soddisfazione è mirato l’incaricoaffidato) e quella di poter dimostrare confatti concreti (le cosiddette evidenze ogget-tive) che le scelte operate nel corso dellapropria prestazione conseguono tale obiet-tivo.Chiunque si sia confrontato con problemidi progettazione e di consulenza sa benequante valutazioni e confronti costi/benefi-ci comporti la scelta delle soluzioni piùidonee (quelle, cioè, che risultino, nel con-tempo, più efficaci in termini di soddisfa-zione delle esigenze e più efficienti in ter-mini di impegno di risorse) e quanto siautile, se non indispensabile, prendere notadi tali considerazioni, sia per riportarle amotivazione delle scelte e sia per evitare ditornare su opzioni già scartate.Chiunque, inoltre, abbia dovuto coordina-re un gruppo di lavoro ha ben presentel’importanza e, quindi, l’esigenza di guida-re e monitorare l’evoluzione delle attivitàintraprese e di intervenire in tempo reale arisolvere difficoltà e imprevisti che, nor-malmente, sono all’ordine del giorno.

Significato e utilità di una metodologiaorganizzativo-gestionaleDa tutto quanto detto risulta evidente chela ricerca e l’utilizzo di una metodologiaorganizzativo-gestionale del lavoro appareessa stessa una esigenza imprescindibile; neconsegue che il controllo di qualità hasenso solo se risulta uno strumento ingrado di fornire al professionista una ragio-nevole previsione (ex ante) di consegui-mento degli obiettivi e al committente unaragionevole dimostrazione (ex post) di sod-disfazione delle proprie esigenze.A questo proposito vale la pena rimarcarequanto siano infondati i timori di molticolleghi (soprattutto architetti, per la veri-tà) che sostengono che il controllo di quali-tà comporterebbe una grave menomazionedella propria libertà di espressione; infatti èvero il contrario, in quanto è proprio l’ob-bligo, sia pure volontario, di motivare eargomentare le proprie scelte, anche di tipoestetico, che consente il civile confronto

S e il titolo, come dovrebbe, serve a in-dicare gli argomenti che si vuole trat-tare, in questo caso è chiaro che ci pro-

poniamo di parlare della libera professione e,in particolare, di come essa può avvalersi del-le metodologie organizzativo-gestionali ri-conducibili al controllo di qualità, attuatosecondo la norma UNI EN ISO 9000.Corre l’obbligo, allora, di giustificare que-sta presunzione di conoscenza della materiacon l’esperienza fatta sul campo sia comeresponsabile-qualità di un’organizzazionedi progettazione certificata (Lenzi Consul-tant), sia come direttore tecnico di unaorganizzazione di consulenza alla PubblicaAmministrazione in corso di certificazione(Istituto Conformitas).

Si agisce solo per la soddisfazione di pro-prie esigenze (vere o presunte che siano)Ed è proprio la conoscenza diretta dei fattiche esorta a tenere ben presente, anzitutto,che gli esseri umani, senza eccezioni, sonoindotti ad agire solo per conseguire obietti-vi percepiti come soddisfazione di proprieesigenze, di qualunque natura esse siano;non è un caso, infatti, che tutta la pubblici-tà è mirata a far nascere nelle personenuove esigenze, sia pure infondate o arte-fatte, per indurle, poi, ad acquistare ciò cheè presentato come la loro soddisfazione.Anche l’utilizzo di metodologie organizza-tivo-gestionali per il proprio lavoro nonsfugge a questa regola; va scartato, quindi,ogni tentativo di calare nella prassi operati-va una metodologia di controllo di qualitàconforme alla norma e, anzi, va detto chia-ramente che questa va comunque interpre-tata e capita nella sua finalità essenzialeche, guarda caso, è proprio di fornire evi-denza oggettiva della soddisfazione delleesigenze.Solo con un approccio operativo, mirato,cioè, a individuare per i problemi concretisoluzioni migliori di quelle certamente giàadottate, si può tentare di aggirare la bar-riera di autodifesa che chiunque, ancheinconsciamente, costruisce quando gliviene chiesto di ottemperare e conformarsi,per giunta volontariamente, a una (ennesi-ma) norma.

Esigenze (vere) dei professionistiE non è chi non veda che l’esigenza prima-ria del professionista non può che essere lasoddisfazione delle esigenze del commit-tente che gli ha affidato l’incarico, perchésolo così facendo egli potrà aspettarsi il

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Libera professione e controllo di qualità

Come la libera professionepuò avvalersi di metodologieorganizzative e gestionaliriconducibili al controllo diqualità, attuato secondo lanorma UNI EN ISO 9000.

Marco Ciatti

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delle idee e garantisce la vera libertà diespressione che, invece, risulta mortificata(cioè, etimologicamente, fatta morire) dauna libertà incontrollata, che, nel disprezzoo, meglio (ormai), nell’oblio delle più ele-mentari regole di vitruviana memoria, con-sente tutto e il suo esatto contrario.

Occorre acquisire dimestichezza con ilcontrollo di qualità prima ancora che conl’uso del computerDimostrata l’utilità pratica del controllo diqualità, che, occorre dire per completezza,si applica non solo alla gestione delle com-messe ma anche a tutte le altre attività (gliesperti parlano di macroprocessi) svolte dauna organizzazione, ne consegue altrettan-to evidente l’utilità di acquisire al più pre-sto, nel corso della preparazione professio-nale, la consuetudine all’utilizzo di talemetodo organizzativo-gestionale del pro-prio lavoro.Imparare un metodo di lavoro è molto piùimportante (anche se questo, oggigiorno,può sembrare un’eresia) che imparare l’usodel computer, anche perché potrebbe servi-re a, quantomeno, mitigare i negativi effet-ti collaterali indotti dall’uso di hardware esoftware che risultano (troppo) spesso inaf-fidabili.Tale disciplina andrebbe pertanto inseritanei corsi di laurea sia come prassi operativaper gli insegnamenti di composizione eprogettazione e sia come insegnamentoautonomo per una effettiva preparazioneall’esercizio professionale.Appare sempre più evidente che, al giornod’oggi, la professione non può più essereintesa come un’attività quasi individuale eprevalentemente finalizzata alla creazione(rischioso dire produzione) di soluzioniestetiche.Il mercato dell’edilizia richiede ormai pre-stazioni caratterizzate da un sempre piùelevato grado di complessità (basti pensarealla crescente esigenza di multidisciplinari-tà) e, conseguentemente (e, occorre ricono-scerlo, correttamente) le imprese realizza-trici si sono dovute dotare di sistemi digestione certificati e anche le organizzazio-ni di progettazione sono state incentivate afarlo.Manca ancora all’appello la PubblicaAmministrazione (anche se si sta facendomolto in tal senso) e, soprattutto, mancauna incentivazione del controllo di qualitàcome viatico essenziale per l’accesso deigiovani alla professione.

Capacità organizzativo-gestionali da valo-rizzare per l’accesso dei giovani alla pro-fessioneSu questo vale la pena di essere categorici:infatti non è chi non veda (spero) che l’ob-bligatoria presenza di un “giovane” (un lau-reato da meno di cinque anni) nei gruppidi professionisti che si candidano all’asse-gnazione degli incarichi non comportaalcuna verifica della sua effettiva acquisi-zione di esperienza (in pratica il suo con-frontarsi con problematiche progettuali, enon solo di elaborazione CAD, è lasciato albuon cuore degli altri componenti, che,invero, non lo percepiscono come una loroesigenza).Tale norma costituisce, pertanto, una dop-pia presa in giro, sia per il giovane, se voles-se veramente impegnarsi a imparare, sia peril mercato, che trascorsi cinque annidovrebbe accreditare de facto l’ex giovanecome un affidabile neoprofessionista.Ben diversi sarebbero gli effetti di una valo-rizzazione delle metodologie organizzativo-gestionali come parametro di valutazionedell’affidabilità di un neolaureato al quale,occorre riconoscerlo, non è poi così facile,per i committenti, rivolgersi con pienafiducia.La incentivazione della pratica del control-lo di qualità nei giovani professionistipotrebbe essere perseguibile, per esempio,prevedendo una riduzione delle tariffe pra-ticate dagli enti di certificazione, conferen-do alle organizzazioni certificate, se costi-tuite da neolaureati, un maggiore punteg-gio di valutazione, valorizzando la presenzadi elementi originali e innovativi nel siste-ma di gestione adottato, etc.In tal modo i neolaureati smetterebbero disentirsi più protetti in quanto catalogatinella riserva indiana dei giovani e potreb-bero sentirsi, invece, più motivati e respon-sabilizzati proprio perché (neo)professioni-sti e basta.Certamente questo comporta un maggioreimpegno nel miglioramento continuo delleprestazioni che ognuno di noi offre sulmercato; ma non è proprio questo che cer-cavamo?

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La riforma dei fondistrutturaliLo sviluppo delle realtà locali inuna politica di coesioneorientata alla razionalizzazionee alla semplificazionenell’erogazione deifinanziamenti

Anita Deflorio con Marina Cimato e Andrea Nobili

La considerazione dell’ingressodi nuovi Stati Membrinell’Unione Europea hacomportato la necessità dianalizzarne l’impatto sullamedia dei tassi di produzionedel PIL e dei tassi di occupazionedei Paesi Membri. Ne è derivatal’opportunità di formulare unaprogrammazione a lungotermine, per il periodo 2007-2013, da cui emerga un quadrocoerente ed efficace diripartizione delle risorsefinanziarie, allo scopo disostenere lo sviluppo nei Paesimaggiormente svantaggiati e difavorire una politica di coesionefortemente ispirata alpotenziamento delle reti e deisistemi di produzione intra edextra-europei.La recente pubblicazione delterzo rapporto sulla coesione1

maggiormente improntato allaconvergenza, alla competitività ealla cooperazione tra PaesiMembri porta con sé uncambiamento di grande portatadal lato della riorganizzazionedei fondi comunitari e si ispiraalla razionalizzazione nellaerogazione dei finanziamenti ead una sostanzialesemplificazione delle fasi diprogrammazione dei criteri difruizione degli stessi, in ambitoregionale. A tale manovra, siaffianca inoltre una maggiorequantità di risorse destinate allosviluppo e alla competitività deiPaesi europei rispetto al passato,

pari a circa lo 0,41% delprodotto nazionale lordo,corrispondente a circa 336miliardi di euro 2.Le principali novità riguardanoinnanzitutto la riformulazionedegli obiettivi attraverso cuicanalizzare le risorsecomunitarie. Accantoall’obiettivo 1, sino a talemomento finalizzato apromuovere lo sviluppo el’adeguamento strutturale delleRegioni meno sviluppate conProdotto interno lordo mediopro-capite inferiore al 75% dellamedia europea si parla oradell’obiettivo 1 bis, in cuirientreranno le Regioni che perl’effetto statistico dovutoall’allargamento dell’Unionepresenterebbero un Prodottointerno lordo superiore al 75 % eche dunque nonpossiederebbero più i requisiti diappartenenza all’obiettivo 1. Si fa riferimento ad azioni legatealla modernizzazione produttiva,alla ricerca, all’innovazione, allosviluppo infrastrutturale, alpotenziamento della operativitàdelle amministrazioni pubbliche.A tali misure verrà destinatocirca il 78% del totale dei fondi3.La valorizzazione ambientale elo sviluppo locale in otticaintegrata e sistemica di Regionicon carenze infrastrutturali eproduttive di una certa entitàpotrebbe beneficiare dellacontribuzione finanziaria deimaggiori fondi erogati incorrispondenza dei predettiobiettivi, potenziando per talevia l’efficacia delle misureadottate allo scopo. L’obiettivo 2 nella nuova riformaè finalizzato alla competitivitàregionale e all’occupazione, conuno stanziamento pari a circa il18 % del totale deifinanziamenti. Verrà eliminata lazonizzazione comunitaria.Pertanto, mentre l’obiettivo 2 dicui alla precedente riforma,oramai in fase didisapplicazione, contribuisce afavorire la riconversione

economica e sociale delle zonecon difficoltà strutturali diverseda quelle di cui all’obiettivo 1,ed i complementi diprogrammazione costituiscono lafase operativa del pianoregionale di sviluppo, dettando icriteri di ripartizione dellerisorse, verrà meno ora il criteriodi zonizzazione. Si sostituiranno,invece, i predetti complementi diprogrammazione con accordipolitici tra singolo Stato ecommissione UE, che sulla basedi un documento formalizzato inpartenariato con ciascuno StatoMembro determinerà le prioritàfinanziarie. Tuttavia, alle Regionirimarrà una sostanzialecompetenza nella fissazione deicriteri di stanziamento dellerisorse per lo sviluppo, mentre loStato sarà investito di una similecompetenza in tema di politicheoccupazionali. Si deduce che laformazione e la valorizzazionedel capitale fisico ed umano, inprecedenza disciplinatonell’obiettivo 3, apparterràall’obiettivo 2. L’Obiettivo 2 ingloberà peròanche le iniziative Urban afavore delle città, che godrannodi una dotazione raddoppiata, everrà semplificata la proceduradi eleggibilità delle spese afinanziamento. La politica divalorizzazione a fini turistici delpatrimonio culturale e dellerisorse ambientali mostra tutta lasua coerenza con le finalità deiprogrammi di sviluppo regionalidestinatari di risorse finanziarieeuropee, e dunque rappresentaun’ulteriore opportunitàstrategica di sviluppo sinergicoed integrato delle realtà locali.Un particolare legame aquest’ultimo aspetto, inoltre,sembra essere rappresentato dalnuovo obiettivo 3, finalizzato apromuovere la cooperazioneterritoriale europea e quellatransfrontaliera esterna,ponendo una maggiore enfasi almomento di scambio e dipresenza sul mercatointernazionale. Circa il 4% dei

fondi totali sarà destinato allarealizzazione di tale obiettivo. Un’ulteriore novità riguarda,infine, la razionalizzazione deifondi erogati in corrispondenzadei predetti obiettivi: nella nuovariforma, infatti, si prevedel’abolizione dei fondi Feoga eSfop, rispettivamente destinatiallo sviluppo dell’agricoltura edella pesca, e la permanenzadel Fondo Europeo per loSviluppo Regionale (Fesr), delFondo Sociale Europeo (Fse), edel Fondo di Coesione Europeo,per gli Stati con Prodottonazionale lordo per abitanteinferiore al 90% della mediacomunitaria. Da questo rinnovato contesto dipolitiche di coesione e disostegno dello sviluppoinfraregionale emergecertamente il tentativo disemplificazione e divelocizzazione nell’iterprocedurale di programmazioneed erogazione degli strumenti difinanziamento, ma anche unamaggiore opportunità difruizione degli stessi da parte deiPaesi Membri, dovuta sia ad unaparticolare attenzione prestata almomento di coesione e quindi dicrescita integrata del sistemacompetitivo e produttivoregionale, sia ad una sostanzialemaggiore quantità di risorsestanziate nel programma checoprirà il periodo 2007-2013.

1 Cfr. European Commission, ANew Partnership for Cohesion.Convergence, Competitiveness,Cooperation. Third Report onEconomic and Social Cohesion,febbraio 2004, reperibile al sitowww.europa.eu.int.2 Cfr. Chiarello L., “Arriva larivoluzione dei fondi UE”,ItaliaOggi, 19.02.2004.3 Informazioni reperibili al sitowww.europa.eu.int.

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Antonino TerranovaGrattacieliWhite Star ed., 2003

Nell’immaginario collettivo igrattacieli continuano a ricoprireun indiscutibile ruolo simbolico,alimentato da un’ampia rassegnadi immagini e da una collezionecinematografica che hanno usatoil gigantismo degli edifici alti percelebrare la supremazia dellaragione e l’onnipotenza dellatecnica. Le meraviglie del NuovoMondo, della Nuova Civiltà, dellaNuova Città, cioè di unamodernità che ha raggiunto negliStati Uniti d’America la sua pienaaffermazione, per molti hannoancora le forme eroichedell’Empire State Building, delChrysler o del Rockfeller Center,sebbene sia ormai conclamata ladiffusione di una nuovagenerazione di grattacieli chedeclinano in forme sempre piùstravaganti le innumerevoliprestazioni dell’high tech, grazieal quale è possibile conseguire, adetta di Sir Norman Foster, lapiena realizzazione dibiocompatibilità e di sostenibilità.Per la serie quando gli opposti sitoccano, il massimo di artificialitàpermette il raggiungimento delmassimo di naturalità!Sta di fatto che nelle popolose cittàasiatiche, africane e sudamericane

di oltre 10 milioni di abitanti, ilgrattacielo è diventato la tipologiaedilizia più diffusa, dando luogoad una trasformazioneirreversibile e quanto mai radicaledell’immagine della città che per lenostre menti europee, educate edabituate ad un paesaggioarmonico, sono continua fonte disconcerto per l’efferatezza dellecombinazioni formali che nonsembrano più appartenere adalcun ordine logicodell’architettura. Le torri gemelle diKuala Lampur, la Jin Mao Tower diShanghai o la Burj Al Arab diDubai che si impongono neipanorami di città che fino a ierierano più o meno anonimeaggregazioni di edifici senzaparticolari identità, sono ricchi eluccicanti oggetti quanto maisingolari, impossibili daclassificare e quindi da giudicare,se valutati secondo i parametriclassici dell’architettura.Giustamente Antonino Terranovanell’introduzione al bel volumefotografico dedicato agliskyscrapers e edito dalla WhiteStar, formula un ragionamento chefa appartenere il grattacielo allecategorie del design. In effettiquesti edifici spesso identificati conle macchine celibi di duchampianamemoria, stanno alla città allastregua degli oggetti di usoquotidiano contenuti dentro unacasa. Quel che conta non è tantol’abitabilità di questi edifici giganticontrassegnati da disfunzionidistributive e inevitabili sprechi dispazi, quanto piuttosto la lorofunzionalità e la loroergonomicità, valori checonvengono all’industrial designprima che all’architettura. Per certiversi questo passaggio diappartenenza era scritto findall’inizio nel codice genetico diquesti edifici: il valorerappresentativo contenuto nellaloro forma iconica e simbolica nonpoteva che evolvere verso unaautoreferenzialità oggettuale,separata dal contesto. In fondoRem Koolhaas negli anni ’70, giàaveva anticipato nel libro Delirius

New York il processo ditrasformazione della cittàannunciando un “collasso” di cui igrattacieli sarebbero stati iprotagonisti. Questo non toglieche gli skyscrapers dei mondiasiatici, africani e sudamericani,una volta messi a confronto con iloro genitori, sono dei veri epropri mostri, che esulanol’immagine eroica che ci portiamodentro. D’altro canto non ha sensochiudere gli occhi perché questiedifici-oggetti senza più forma diedificio rappresentano econdensano in se stessi unacondizione postmetropolitana conla quale bisogna cominciare afare i conti. Le prospettive disviluppo urbano che alcunericerche e alcune esposizionitematiche di questi ultimi annihanno cercato di descrivere, nonsono, per noi europei eoccidentali, confortanti. L’ago dellabilancia pesa e si sposta su quellaparte del mondo fino a iericonsiderata svantaggiata e che daqualche tempo preme per uscireda una secolare condizione disubalternità e conquistare i mercatidella tanto declamata societàglobalizzata. Si tratta di uncambiamento che avanzagaloppante e che ha scelto ilgrattacielo per autorappresentarsi.Basta sfogliare il volume dellaWhite Star per avere unapanoramica della quantità digrattacieli che sono sparsi sulpianeta, i quali impattano sullettore non solo per la varietà delleforme al limite del kitsch, maanche più banalmente per lemisure da primato che riescono avantare: altezze vertiginose chevengono spinte sempre più in alto–le già nominate torri gemelle diKuala Lampur raggiungono i 452metri- atri quasi incommensurabilidi diversi piani, facciate sfavillantidi centinaia di mq di vetro… Conqueste dimensioni come èpossibile evitarli e far finta che nonci siano? Purtroppo o per fortunabisogna tenerne conto. I grattacielinon sono edifici qualunque!

Alessandra Criconia

Marina Dragotto, Carmela Gargiulo (a cura di)Aree dismesse e città.Esperienze di metodo, effetti di qualitàAtti dei Convegni nazionaliAUDIS (Associazione AreeUrbane Dismesse) di Napoli(marzo 2002) e di Firenze(febbraio 2003)Franco Angeli, Milano, 2003

Una nuova, ricca, articolatapubblicazione sulle areedismesse, a ulteriore riprova delcrescente e continuo interessedel tema. Un interessedeterminato da ragionimolteplici, che vanno dallacollocazione strategica di granparte di queste aree nelle zonecentrali o semicentrali dellecittà, fino all’opportunità dirinnovo urbano in termini diqualità architettonica,urbanistica, ambientale, socialeed economica.Negli ultimi anni l’AssociazioneAree Urbane Dismesse, nata nel1995 per volontà di alcunigrandi Comuni (Venezia,Torino, Genova, Napoli,Modena, Ravenna ecc.) eoperatori privati italiani(Auchan, Shell, Rinascente,Finsibi, Cimimontubi, ecc.), perdare impulso operativo aldibattito sulle trasformazioniurbane, intraprende il filone diricerca proprio sul concetto diqualità degli interventi.

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Il libro entra di fatto nelladiscussione sulla ricerca dimetodi e fattori chegarantiscono la qualità,raccogliendo contributiscientifici e tecnici dei due ultimiconvegni nazionali AUDIS, ilprimo organizzato a Napoli il22 e 23 marzo del 2002, daltitolo “La qualità urbana earchitettonica nel recupero dellearee dismesse”; il secondoorganizzato a Firenze il 28febbraio 2003, dal titolo “Chisalva l’area è a metàdell’opera. Aree dismesse: lericadute socio-economiche delrecupero”.A due anni dalla pubblicazionedel primo volume, che raccogliegli atti dei convegni AUDIS1999/2000, questo secondovolume, oltre a fornire i risultatisviluppatisi negli ultimi incontriche hanno visto lapartecipazione di studiosi,specialisti che operano indiversi ambiti amministrativi,scientifici, professionali eimprenditoriali sul tema dellearee dismesse, restituisce unquadro generale sugli effetti chegli interventi di riqualificazionehanno sulla città e sulla loroincisività sulla qualità della vitaurbana.Organizzato in tre sezioni, inragione degli obiettivi prioritariperseguiti da AUDIS (soluzionidi intervento innovative,osservatorio nazionale sullearee dismesse), il testo percorrela complessità delle azioni direcupero di aree dismesse sottoi diversi profili che lecaratterizzano: le motivazioni disviluppo socio-economico, gliaspetti funzionali, spaziali,urbanistici, le relazioni conl’ambiente, le dimensionieconomiche, normativo-procedurale-strumentale e leimplicazioni sociali degliinterventi, mettendone in luce gliaspetti fondamentali e lequestioni da risolvere.La prima parte, Quale successoper le aree dismesse? Riflessioni

a confronto, è dedicata ad unaserie di considerazionitrasversali sull’efficacia di alcunistrumenti (società miste, STU,Agenzie), sulla ricerca diinvestitori no profit, come laBanca europea di investimenti,sulla storia dello sviluppourbano degli ultimi anni, sullapartecipazione, sulle esperienzedi recupero “dal basso” e sullaresponsabilità sociale degliinterventi.La seconda parte, “Proposte dimetodo per conoscere etrasformare le aree dismesse” èincentrata su alcune esperienzedi metodo al fine di fornire unquadro conoscitivo unitariodelle diverse tendenze in attoriguardo la trasformazione dellearee dismesse.Infine la terza parte, Esperienzedi recupero delle aree dismessetra sviluppo economico,riqualificazione urbana ebisogni sociali, riguarda alcunicasi di studio, analizzatisecondo le specificitàdell’intervento in relazione airelativi contesti urbani eterritoriali. I casi descrittiriguardano le città di: Bergamo,Berlino, Firenze, Milano,Modena, Napoli, Roma,Rovereto, Sesto San Giovanni,Venezia.Il volume si chiude con unabibliografia ragionata, a curadi Dennis Wellington, sui temiconnessi al recupero e allariqualificazione delle areedismesse, articolata in sezionidiverse, a partire dalla secondametà degli anni Ottanta adoggi.Il libro rappresenta un utileriferimento per lo sviluppo erilancio delle città e delle forzeeconomiche e sociali che in essaoperano, offrendo riflessioniimportanti, necessariamenteaperte, che suggeriscono nuoveipotesi di ricerca e di interventosulla realtà urbana e territorialedelle aree dismesse.

Antonella Valitutti

Metamorph: Architetture 1965/2003Edizioni Kappa, Roma 2003pp. 400 - illustrazioni b/n e colore - italiano/inglese

“Caos e metamorfosi sono temicostanti delle strategie delpensiero contemporaneo.Possiamo registrarli sin daglianni Sessantanell’atteggiamento di filosofi,architetti, studiosi che,parallelamente ai mutamentidella città, hanno svolto analisied elaborato proposte inclusivedelle categorie dellatrasformazione nellaconoscenza del mondoattuale”. Così Gabriele De Giorgiintroduce il tema fondante laricerca del gruppo Metamorph,sviluppata insieme conAlessandra Muntoni e MarcelloPazzaglini fin dagli annidell’Università. Non sonoancora laureati quando, nel1965, Marcatrè pubblica illoro saggio-progetto “Unpattern metamorfico per lacittà”, redatto con PaoloAngeletti, Maria LetiziaConforto e Gaia Remiddi, cheall’epoca facevano parte delgruppo. In quel lavoro e nelletesi di laurea(emblematicamente seguite daBruno Zevi e Paolo Portoghesiin veste di relatore ecorrelatore) sono già presentitutte le componenti del lororepertorio d’indagine cherelaziona inscindibilmente la

speculazione teorica con lapratica politica, l’operativitàdidattica con quellaprogettuale. Il loro indirizzo diricerca si orienta da subitoverso lo strutturalismolinguistico applicato allospazio architettonico,coniugando morfologieorganiche e ascendenzecostruttiviste, passionalitàespressionista e rigore neo-plastico, fluidità barocca evalenze futuriste. Anche se letematiche erano comuni adaltri gruppi delle neo-avanguardie operanti in Italia,originale è la metodologiaseguita, che esalta laprospettiva critica e la tensioneutopica, sia attraverso gliscritti, sia attraverso i progetti. È sufficiente un rapido sguardoagli indici di Metamorfosi,Quaderni di architettura,rivista da loro fondata nel1985, per averne pienaconferma. La pubblicazione,curata come questamonografia dagli stessiesponenti del gruppo,documenta una pluralità diesperienze teorico-progettualidi forte spessore sperimentale,che dopo quarant’annirisultano in perfetta sintoniacon il dibattito contemporaneo.Una ricerca tendente, già nellaprima fase, ad interpretare ilmetamorfismo in terminisistemici (Città come sistema diservizi, 1977), facendointeragire la psicologia dellaforma con la linguistica e,contemporaneamente,mostrando come, a livellostrutturale, i diversi specificicampi si integrino. La fusionedei due indirizzi crea lacomplessità metamorfica, i“pattern di relazione”, i ritmispazio-temporali. Metamorfosiconcepita, dunque, comevalore percettivo e psicologicodello spazio, comeinterrelazione tra macrocosmoe microcosmo, comeinterscambio tra ruoli e

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significati. In termini piùstrettamente architettonici ciòsignifica trasformare ilprocesso metamorfico inmolteplicità e complessità, inpluridirezionalità e ridondanzasemantica, in compenetrazionee contaminazione della forma.I progetti del gruppoMetamorph nascono da unnucleo interno (cfr. sia iprogetti iniziali, sia il recenteCentro Congressi all’EUR), unospazio vuoto che si espanderelazionandosi con il contestoo per energie proprie.Piattaforme inclinate, piastresovrapposte, condotti cilindrici,trame strutturali e territoriali,strutture cave dinamicizzatedall’intrusione del connettivo. Ruotare, traslare, slittare,articolare, scomporre,perforare, sono alcune azioni(leggi organizzative) perottenere una spazialitàcontinua, tridimensionale epolidirezionata. Scelta chelega la loro esperienza aquella delle AvanguardieStoriche. La compresenza di elementieterogenei crea una ricchezzasemantica che, contestandol’asciuttezza formale,l’asetticità di alcuneproposizioni del M.M., di Miesin particolare, fornisce stimolivivificanti, da spazioall’aleatorietà e allasperimentalità, alla flessibilitàd’uso e alla gioia. Questaapertura all’utopia e alpluralismo fantastico consenteagli architetti di aprirsi alreale, di acquisire dimensionepolitica. Anticipando l’azione“rivoluzionaria” dei giovanidel Sessantotto, che tendevaad affermare il primato dellacreatività edell’immaginazione, DeGiorgi, Muntoni e Pazzaglinipongono al centro del proprioagire politico l’espressività,l’unità sistemica tra scienza epensiero filosofico.

Massimo Locci

Nicolò CeccarelliProgettare nell’era digitale. Il nuovo rapporto tra design e modelloMarsilio, Venezia 2003pp. 149 - Collana Elementi

Tra le numerose pubblicazionidedicate alla rivoluzioneinformatica in ambitoprogettuale, e specificatamente aldesign, questo saggio si faapprezzare, tra l’altro, per duemotivi: il primo è il tono pacato eproblematico con il qualeaffronta una materia altrovetrattata o con un eccessivoottimismo o con un pessimismoapocalittico. Il secondo risiedenella dichiarata convinzione cheil designer, al di là dei mezzi, siapure innovativi e rivoluzionaricon i quali si esprime oggi - eancor più si esprimerà in futuro -,non può non tener conto delle sueradici storiche e culturali, con cuiconfrontarsi e da cui elaborare,per dirla con l’autore, “una lineadi continuità che lega l’insiemeconsolidato delle tradizionaliprocedure del design al nuovoordine tecnologico”.Ceccarelli pone al centro diquesta continuità il modello, untempo solo maquette e oggiessenzialmente virtuale. Nellacultura pre-digitale, larealizzazione del modello o delprototipo, appare come ilmomento in cui convergono einteragiscono apporti diversi,spesso talmente essenziali che

possono modificare le intuizioniformali del designer, e se untempo il luogo topico di talielaborazioni interdisciplinari erala “bottega” con tutto il suoretaggio di sapienza artigianale,di cui nel libro si danno numerosiesempi (Nizzoli, Albini, Ponti,Scarpa, Sapper), oggi gran partedi quel lavoro viene svolto in unluogo virtuale ma altrettantotopico, il computer, che permettesofisticati processi di simulazionetridimensionale, la cui efficacia enecessità sono ormai fuoridiscussione. Il modello virtualeintegrato, dunque, non è soltantoun mezzo veloce di elaborazionee manipolazione formale, inquanto assolve “anche un altrocompito strategico, divenendol’archivio dinamico condiviso davari attori coinvolti nello sviluppodel progetto, e si trasforma insistema informativo, uno snodoche permette modalità di sviluppoe di collaborazione al progettofino ad oggi impensabili”.Le sfide che il designer si trovaad affrontare sono molteplici: dauna parte la corretta gestionedell’information technology di cuidispone, che può sommergerloparalizzando le sue scelte,dall’altra la necessità di verificarecostantemente non soltanto lanatura degli strumenti con cui sitrova ad operare, che sappiamoin continua evoluzione, ma ancheil ruolo che egli svolge nellasocietà civile, dal momento che ildesign ha assunto un significatoassai più ampio e articolato diquanto lo fosse un tempo,essendosi trasformato dasemplice realizzazione della“forma dell’utile”, con le sueimplicazioni tecnologiche,materiche e funzionali, in unprogetto complesso capace diconnettersi con l’ambiente, diincidere nel sociale e di inserirsinelle dinamiche dell’economia edel mercato. L’ultima parte del libro affronta iltema della professioneanalizzando con una serie diquattro interviste, casi

emblematici che rappresentanoaltrettanti modi di affrontare latecnologia digitale nell’ambitodel progetto. Rispondono unprofessionista, Peter Solomon, e iresponsabili della progettazionedi una grande azienda, la ScameParre, di un grande studio, ilLunar Design, e di un centro diricerca tecnologica, la WhirlpoolEurope Virtual Prototyping Lab.

Riccardo Montenegro

Angela EspositoL’organizzazione della difesa di Roma nel MedioevoEditore Società Romana di Storia Patria

Gli attacchi contro la città diRoma, tra il VI e il XII secolo,hanno avuto, come principaleteatro il territorio esterno allemura della città. Esse hannoopposto una valida difesa edhanno rappresentato unabarriera contro chi avesse tentatodi distruggere la più famosa,grande e bella città delMediterraneo. Una città dadifendere e conservare comedisse Belisario, generale diGiustiniano, accusando Totila redei goti, di “[…] un delitto control’umanità di ogni tempo, perchétoglierebbe agli uomini delpassato la memoria del loroingegno e a quelli del futuro lavista di tali opere […] ”se

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l’avesse incendiata.Le mura di Roma, con le torri, icamminamenti per i difensori, leporte munite di corti interne attead intrappolare chiunque neavesse varcato l’ingresso,dislocavano l’esercito difensorelungo un perimetro di 18 Km.Si organizzava così una difesadi tipo lineare contro gliassalitori e gli assedianti.Ma due luoghi sacri dellacristianità, le basiliche di S.Pietro e S. Paolo rimasti indifesi,furono assaliti e saccheggiati daun nuovo nemico venuto dalmare: i Saraceni, che risalironoil Tevere, accesso storico ecanale perl’approvvigionamento dellacittà.Contro questo nuovo pericolo ladifesa si riorganizzava con lacostruzione di una cintamuraria a protezione di S.Pietro e del Vaticano (CittàLeonina), e l’edificazione di uncastello (Giovannipoli), attornoal monastero di S. Paolomentre, verso mare a controllodella foce del Tevere, venivanomuniti con torri e mura il borgodi Ostia (Gregoriopoli) sulla viaOstiense, e la sede vescovile diPorto, sulla via Portuense,presso l’antico ed ancorafunzionante porto di Traiano.Tra questi quattro capisaldinumerose torri-vedetta,visivamente relazionate tra loro,assumevano la funzione dipreavvertire e disturbare gliattacchi realizzando, così, unmodello organizzativo di“difesa a rete”.Tra il X e XI sec., nuove armi emicidiali tecniche guerrescheaccompagnano icapovolgimenti politici delfeudalesimo, e la “difesa a rete”evolve polarizzandosi suipossedimenti delle nobilifamiglie romane, secondo unmodello stellare. È ilribaltamento politico deirapporti tra territorio e città, edil paesaggio dell’agro romanosi popola di torri e castelli. Lo

stesso concetto di difesa ècapovolto, non è più Roma dadifendere bensì i singoliterritori.Il volume affronta in modoesteso e nuovo questiargomenti, con una ricercarealizzata utilizzando glistrumenti dell’analisi storica,dell’archeologia, dellacartografia antica, impiegandole variabili che concorrono alladefinizione e alla evoluzionedel paesaggio medievale.La documentazione fotograficaillustra le parti monografiche edue planimetrie in scala nedescrivono l’assetto storico.

Rodolfo Buggiani

a cura di Francesco Karrer e Manuela RicciCittà e nuovo welfare.L’apporto dell’urbanistica nella costruzione di un nuovo stato socialeOfficina, Roma 2003

Il volume si articola in cinquesettori, a cominciare dalla“storia”, per proseguire condiversi interessanti argomenti:“Dal servizio di interessepubblico al servizio di interessegenerale e collettivo”, da “Lenuove logiche prestazionali alivello di settore”a “Il lavoroinnovativo delle

amministrazioni locali” e infinele “Normative ed esperienze dialcuni paesi europei”.Numerosi i docenti che hannodato il proprio contributo,come Bruno Monardo, che haaffrontato il tema scottantedella “Mobilità urbana, servizidi trasporto e nuove istanzesociali”. Ma è altrettanto interessante ilconfronto con l’Europa, conuno sguardo in particolare adesempio sui “Metodi operativiper la programmazioneurbana e architettonica inFrancia” (Jean ClaudeMenighetti) o “Welfare e usodel suolo: suggerimentidall’urbanistica europea”(Marco Cremaschi).Così pure appare moltosignificativo il confronto cheviene sviluppato anche sudiverse realtà italiane:dall’esperienza dei programmiintegrati di intervento a Milano(Giovanni Guerra e PaoloSimonetti), ad esempi romani ocalabresi sempre sul lavoroinnovativo delleamministrazioni locali.Il volume, edito da OfficinaEdizioni, è scaturito dallaricerca “ Welfare urbano estandard urbanistici”,cofinanziata nel 2000 dalMinistero dell’Istruzionedell’Università e della Ricerca,comprendendolo fra iprogrammi di “rilevanteinteresse nazionale”. In particolare poi, il Ministerodelle Infrastrutture e deiTrasporti ha ulteriormentesostenuto il lavoro specifico delsettore di ricerca facente capoall’Università degli Studi diRoma “La Sapienza”,Dipartimento di PianificazioneTerritoriale e Urbanistica, i cuiesiti sono stati pubblicati nelpresente volume.Si ricorda anche il sostegnodato dalla AssociazioneNazionale costruttori edili e dalMiur per la pubblicazione.

Luisa Chiumenti

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Pubblicare i progetti su WEB. 4Analizziamo l’inserimento di contenuti grafici

ImmaginiLe immagini da inserire devonoessere contenute in una cartellaall’interno del sito locale; perquesto motivo ogni qual volta chesi inserisce un file di immagineche si trova altrove ci verràchiesto se si vuole creare unacopia all’interno del sito.I formati di immagine da inserirein un documento HTML sonoprincipalmente due: Jpeg (amilioni di colori) e Gif (a 256colori).Per inserire un’immagine statica èpossibile scegliere tra duemetodi:- Mediante il menù principale:Dal menù Inserisci > ImmagineNella finestra di dialogoSeleziona file ricercarel’immagine da inserire e fare clicsu Seleziona- Mediante Pannello Oggetti:Fare clic su Inserisci ImmagineNella finestra di dialogoSeleziona file ricercarel’immagine da inserire e fare clicsu Seleziona.

Selezionando l’immagine, lafinestra di ispezione Proprietàcambia per visualizzare leproprietà inerenti l’immagine, ilnome, le dimensioni,l’allineamento rispetto allapagina,…

Trattandosi di immaginirasterizzate (bitmap) èconsigliabile modificarne ledimensioni e ottimizzarle per ilWeb utilizzando un programmadi grafica come Photoshop.Il campo link (Collegam) definisceil collegamento con modalitàanaloghe a quelle descritte per icollegamenti fra le pagine.Il campo Mappa permette didefinire delle zone diverseall’interno di un’immagine,ognuna delle quali effettuerà uncollegamento differente; pervisualizzare una brevedescrizione delle aree sensibiliottenute con il mappaggio èopportuno inserire il TestoAlternativo (Alt) che verràvisualizzato come Etichettaquando ci si soffermeràsull’immagine, con il mouse.

È inoltre possibile inserireimmagini dinamiche dette diRollover.Un’immagine rollover èun’immagine che cambia quandoil cursore passa sopra di essa…

Nella finestra di dialogo Inserisciimmagine di rollover bisognaselezionare l’immagine originale,quella che comparirà con lavisualizzazione della pagina el’immagine rollover, che saràvisibile al passaggio del mousesu di essa; è opportuno scegliereimmagini con la stessa

dimensione altrimenti quella diRollover verrà deformata peradattarsi a quella originale.Non è possibile visualizzare ilcomportamento delle immaginirollover in DreamWeaver, poichéesse funzionano solo nei Browser;tuttavia è possibile visualizzareun’anteprima per verificarne lefunzioni relative ai browsertramite il tasto F12.

Inserimento di TabelleL’utilizzo delle tabelle permette didisporre il testo e gli oggetti inmodo preciso all’interno di unapagina HTML.Il loro inserimento è moltosemplice:dal menù Inserisci / Tabelladal Pannello Oggetti / InserisciTabellaIn entrambi i casi si aprirà unafinestra come quella sottostante:

Immettere il numero delle righe,delle colonne e stabilire unalarghezza.A questo proposito, apriamo unaparentesi.La dimensione diuna tabella puòessere espressa inpercentuale o inpixel.Se la si esprime inpercentuale vuol dire che le suedimensioni si adattano allafinestra del Browser, diconseguenza se a tale finestravengono diminuite le dimensioniil contenuto della tabella verràsformattato; se, al contrario, siutilizza l’opzione pixel, la tabellae i contenuti manterranno semprela loro posizione e la lorograndezza effettiva.È opportuno non superare comelarghezza di una tabella espressain pixel il valore della risoluzioneche può assumere un monitor a15 pollici (800x600). Il consiglioè di mantenersi leggermente al disotto degli 800 pixel, poiché talevalore comporta l’inserimento

automatico della barra discorrimento orizzontale. Perottenere tale risultato è possibilecontrollare la grandezza delloschermo in base alla risoluzione,direttamente dalla barra dellaPulsantiera e cliccare suDimensioni Finestra:

Ritornando a noi, gli altri attributiche possono essere applicati aduna tabella sono: un Bordo, ilvalore zero vuol dire che latabella non presenta una cornice;la Spaziatura interna delle celle,è la distanza di un qualsiasioggetto interno alla cella rispettoal margine sinistro della stessa;ed infine la Spaziatura dellecelle, è lo spazio che intercorretra una cella e l’altra.Tali attributi possono essereinseriti anche dopo aver creato latabella direttamente dallaFinestra di Ispezioni.

Introdurre tabelle all’interno di unsito è di fondamentaleimportanza, in quanto bisognarispettare la coerenza dellepagine per far sì che un visitatorenon si trovi spaesato durante lanavigazione all’interno del sitostesso.

Stefano Giuliani

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E V E N T I

IreneoAleandri: un“professionista“dell’800Un programma di iniziative è statoavviato per ricordare la figuradell’architetto Ireneo Aleandri, inuna sorta di viaggio attraverso iluoghi in cui sono presenti leopere da lui ideate: dalloSferisterio di Macerata allenumerose opere da lui compiute aSan Severino Marche, dalla VillaBonaparte a Porto San Giorgioalla Porta Montana a Cingoli, epoi a Spoleto, ad Ascoli Piceno, aOtricoli, a Sant’Elpidio a mare,Treia, Fiastra, Pollenza ed alnotissimo viadotto dell’Ariccialungo la via Appia tra Ariccia edAlbano. Il “progetto Aleandri” curato daLuca Maria Cristini e FabioMariano, per il coordinamentogenerale di Roberto Perna(comunicazione visiva a cura diMirta Cuccurugnani), si èarticolato in una grande Mostra ein una monografia. La Mostra,allestita nel Convento di SanDomenico a San Severino Marche(MC), è stata organizzata nelleseguenti sezioni: - La formazione di Ireneo Aleandri

a Macerata e a Roma; - L’attività a San Severino Marche; - L’attività a Spoleto; - L’attività a Macerata.

Architetto di grandeprofessionalità, Ireneo Aleandriricoprì la carica di “TecnicoComunale” a Spoleto, dopoessere stato a lungo “liberoprofessionista” nelle Marche,realizzando opere prestigiose,che la documentazionedell’epoca definisce“ingegneristiche”.Tra esse: a San Severino laPorta Romana e la Fonte dellaMisericordia, le due Fontiall’interno della Porta di SanLorenzo e la Torredell’Orologio e la PortaRomana a Cingoli(notevolmente poi trasformata ,nell’esecutivo, dall’ingegneredelegatizio Bertolini).La sua presenza all’Ufficiotecnico di Spoleto, lo videimpegnato in un grossointervento di riorganizzazioneurbana della città, incorrispondenza di quel periodoin cui lo Stato della Chiesa,dopo il dominio francese,

intendeva rinnovarsiprofondamente cominciandocon il dare impulso massimo ailavori pubblici, oltre ariorganizzare il corpo degli

ingegneri pontifici(motuproprio del 23 ottobre1817).Tra i lavori di pubblica utilità,l’impresa più importante, cheinteressò la gran parte dellasua attività a Spoleto, fu iltracciato della “Traversainterna di Spoleto”.Le “strade rettilinee” ed “ilpendio dolce” di ascendenzailluministica indirizzarono pergran parte le scelteurbanistiche di Aleandri a

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Ireneo Aleandri, il primo progetto per la traversa interna di Spoleto, 1834

Ireneo Aleandri, il viadotto di Ariccia

Ireneo Aleandri, Porta Pia, Cingoli (Macerata)

Spoleto, stimolandolo arealizzare un nuovo assestradale per la città (anzichéutilizzare, se non in minimaparte, la maglia viaria romanagià esistente), determinando inconseguenza la necessità diattuare demolizioni esbancamenti e livellazioni dinotevole portata. Si trattavacomunque di lavori moltocomplessi, che non avevanoprecedenti in Italia.Ne nacquero le numerosescalinate e muraglioni, chedovettero fungere dacollegamento delle parti alta ebassa della città, con latraversa centrale e la regolarità

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dell’antico reticolo di epocaromana scomparve in tal modoineluttabilmente, insieme amolti edifici (case borghesi ecomunque anche moltecostruzioni civili e religiosemedievali e rinascimentali), chein qualche modo ostacolavanol’incisiva trasformazioneurbana che Aleandri andavaimponendo alla città, conl’applicazione del binomio“forma-funzione” e, per lefacciate, di quello che fudefinito genericamente “stiletraversa” (cfr. Liana Di Marco,“Un tecnico comunaledell’Ottocento: Aleandri inUmbria” (in Fabio Mariano e

Luca M. Cristini, “IreneoAleandri 1795-1885.L’architettura del Purismo nelloStato Pontificio”, Electa 2004 ).L’obiettivo dell’architetto erainfatti quello di rendere il piùpossibile uniformi i prospettilungo la nuova strada, ancheper trarre incentivi adeguatiper poter affrontare le notevolispese che si erano profilate almomento della redazione delsecondo “progetto-traversa” infase esecutiva.Lasciando Spoleto, Aleandridovette lasciare incompletialcuni progetti che avevainiziato e che furono poiportati avanti dal successore,l’ingegnere Vincenzo Borretti eche risultano riportati in unpreciso elenco (l’“Inventariodelle Carte, disegni e altrieffetti d’ufficio del Comune diSpoleto), fra cui: il progetto delcimitero civico, quello per ilMattatoio e quello per la nuovaconduttura della Darsena.Divenuto quindi TecnicoProvinciale, l’Aleandri continuòancora ad occuparsiprevalentemente di viabilitàstradale e ferroviaria,rimanendo in territorioprovinciale fino al 1857.

L.C.Per informazioni:Eventi di Patrizia Cavalletti Tel. 075 [email protected]@ireneo.aleandri.sinp.net

M O S T R E

Intermezzo: i disegni e le pitture di BarthesUna sorta di omaggio a RolandBarthes è stato realizzato conl’interessante mostra allestita aPalazzo Venezia, a Roma. È laprima volta, come ha sottolineatol’assessore Borgna, che si hamodo di visionare un RolandBarthes “pittore” e “disegnatore”,ma “in particolare – continual’assessore – fu Barthes che riuscìa tradurre in studi e ricercheappassionati, il rapporto che

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Ireneo Aleandri, Teatro Nuovo (Perugia)

Ireneo Aleandri, Torre dell’Orologio,S.Severino Marche

Roland Barthes, 7 Nov 71

Roland Barthes, 18 Nov 71

seppe intravedere LudwigWittgenstein fra lingua e città”:“la lingua” sarebbe daparagonare “a una vecchia cittàcon tutte le sue sedimentazioniculturali e stratificazioni temporali…’espressione’ tra le piùsignificative e sintomatichedell’animo umano”.Ed ecco 34 suoi disegni e pitture“a futura memoria” (come hadetto giustamente Bonito Oliva)organizzati in un percorsoallestito in una sorta di “spazioconcentrato” in sole quattro sale.In forma di “scrittura espositiva”,ha quindi inizio la visitaaccompagnata, in modo moltosuggestivo, lungo il corridoio diaccesso, da un incipit musicaleche prosegue fino alla prima salacon un commento critico molto

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significativo “L’uomo che hacapito e praticato megliol’estetica del frammento è forseSchuman; chiamava il frammentointermezzo; ha moltiplicato le sueopere di intermezzi; tutto quelloche produceva era alla fineintercalato; ma tra cosa e cosa?Che vuol dire una purasuccessione di intermezzi?”.E il titolo della mostra,“Intermezzo” corrisponde proprioa quel caratteristico “lavorare perframmenti”, che contraddistinse ilsuo modo di disegnare edipingere. La prima saletta presenta unabiografia di Roland Barthes,disponendo il visitatore ad unasorta di “familiarità estetica, piùche cronologica”. La secondasaletta propone invece la suastessa voce, attraverso la suaultima lezione, estrapolata daitesti. Le altre due salepropongono i disegni e i dipinti e

le didascalie, sapientementescelte dalla curatrice, una sorta di“album” personale, che,attraverso le sole date, presenta ilragazzo, l’adolescente, l’uomo.

Una sequenza quindi, di“Intermezzi segnici” disposti inmodo che siano messi a rilievo,ma senza generare nessun “effettospeciale”, in una sorta di“saggistica espositiva ecomportamentale”.Quella “scrittura” che diventò“pittura” in Roland Barthes, percirca una decina d’anni, dopo ilsuo ritorno dal viaggio inGiappone, dove aveva potutoosservare come la scrittura siaanche pittura e disegno e da quelmomento l’artista cominciò adisegnare i suoi “alfabeti euforici”per una “comunicazione

Al di là dei saggi scientifici diClaudio Strinati (“La versione diBarthes”) e di Achille Bonito Oliva,che in particolare ricollega lapittura di Barthes alle grandimatrici di Masson e Pollock(“Barthes, intermezzo (sel’intervallo è vita)”; FrancescoVillari (“Il corpo che batte”); emolti altri fra cui Mariella Di Maioo Pietro D’Oriano, allievodell’Artista, Rita Cirio, AlbertoArbasino e Giosetta Fioroni, èinteressante anche unatestimonianza di Umberto Eco(“En amitié fidèle”) proprio intornoa quei quadri che l’autore

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Roland Barthes, 19 - 2

Roland Barthes, 30 Aout 72

Roland Barthes, 28 Nov 72

Roland Barthes, 18 1 - 75

possibile”, che assume piacere datutto ciò che ruota attornoall’intelligenza. “L’alfabeto è euforico: finital’angoscia del piano, l’enfasi dellosvolgimento, le logiche contorte,chiuso con i temi! Un’idea aframmenti un frammento a idea, ecome legame tra questi atomi,nient’altro che l’ordine millenarioe pazzo delle lettere francesi (chesono di per sé oggetti insensati =privi di senso)”.Il Catalogo che accompagna lamostra, edito da Skira e curato daAchille Bonito Oliva e DariaGalateria, presenta numerosisaggi, tra cui ricordiamo inparticolare quello che Giulio CarloArgan scrisse nel 1981, congrande ricchezza diargomentazioni.

appendeva quasi con una sorta ditimidezza.E inoltre viene narrato da GiosettaFioroni un episodio moltosuggestivo; a Bologna, nel 1967,Arbasino aveva messo in scenauna “Carmen” molto nuova, per lascenografia di Vittorio Gregotti,tutta “giocata” sull’eccesso e suparticolari stilizzazioni che, mentrevenne condannata aspramente dalpubblico, fu invece radicalmentedifesa (tra filosofia ed arbitrio)proprio da Roland Barthes.

L.C.Per informazioni:Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano:Palazzo di Venezia, via del Plebiscito, 118 - RomaTel. 06 69994212 fax: 06 69994229

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De Chirico e la cittàUna maquette dell’unica operamonumentale, la “piscina-fontana” dei “Bagni misteriosi”che Giorgio De Chirico avevaideato e realizzato per la XVTriennale di Milano del 1973, èstata esposta a Cremona, nellarecente Mostra allestita a PalazzoTecchi. Quella edizione dellaTriennale, dal titolo “Contatto,Arte/Città” era stata curata daGiulio Macchi ed era stataallestita nel parco Sempioneprospiciente il Palazzo dellaTriennale a Milano. Le origini della iconografia e lafortuna del tema dei “Bagnimisteriosi”, le troviamo dalla“Mythologie” di Jean Cocteau del1934 alle operestraordinariamente originalipresenti nell’opera di De Chirico,

dagli anni ’30 alla neometafisicadegli anni ’60 e ’70, dallabidimensionalità della pitturaall’apertura spaziale dellascultura. Il modello presentato alla mostradi Cremona, di proprietà diRemo Brindisi, che era inquell’anno Presidente dellaTriennale, è ora conservato nelmuseo-studio dell’ Artista al Lidodi Spina, che dopo la sua morteè ora gestito dal Comune diComacchio (Fe).Nella maquette si ritrovano glielementi che compongono la“piscina-fontana”: la roccia, iltrampolino, il cigno, la palla, lacabina-tempietto e mancanoinvece (forse perduti), i duebagnanti ed alcuni elementi cheerano stati peraltro rimossi dallostesso autore, per modificarli infase esecutiva, come il Sole, conla sua ombra ed il Pesce. Il Sole,realizzato in metallo, appeso al

Palazzo della Triennale, era statorimosso dall’autore, subito dopol’inaugurazione (ma l’operarisulta ancora conservata pressola Ditta vicentina che avevarealizzato le sculture); il Pesce,una scultura in pietra di Vicenzadipinta che sembra dispersa, maè documentata da alcune foto chela mostrano posizionata sulbordo della fontana comesospeso da terra. L’incuria, gli agenti atmosferici edil vandalismo hannopesantemente deteriorato ilmonumento nel tempo, facendoscomparire quasi completamentela pellicola pittorica.Oggi comunque il Comune diMilano, con la collaborazionedelle Soprintendenze e dellaFondazione Giorgio e Isa DeChirico, sta realizzando unrestauro accurato e complesso,che vorrebbe restituire allafruizione della collettività, una diquelle che si possono considerare

tra le maggiori intuizioni delgenio creativo di De Chirico.Un vero e proprio “excursus”compiuto dal maestro dellaMetafisica nell’universo dellaterza dimensione: questo ilvalidissimo contenuto dellamostra che Franco Ragazzi hacurato nelle sale restaurate delPalazzo Trecchi, che è statoaccompagnata dal preziosocatalogo, edito da Electa, curatosempre da Franco Ragazzi ecorredato da saggi diapprofondimento e da schede,firmati da specialisti e studiosi. Si coglie, da tale excursus, comela scultura, pur sempreadombrata già nelle sue pitture(“…insieme alle piazze con leloro arcate, ai treni fumanti e aivelieri dietro i muri, le statue e iframmenti di statue anticherappresentino un “leitmotiv”carico di significato...”), simanifesti autonomamente versola fine degli anni ’30.

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Giorgio De Chirico, Archeologi, 1968Giorgio De Chirico, Il segreto delle Muse, 1972

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Leonardo:l’Acqua e ilRinascimentoSe pur innumerevoli sono state lemostre sul genio tecnologico diLeonardo, è giusto segnalarel’esposizione allestita al CastelloSforzesco di Milano, per la suanetta originalità. Si tratta infattidi una mostra che definirei“didattica con equilibrio”, nelsenso che l’impegno di renderlafruibile a tutti i livelli, non haassolutamente diminuito laelevata scientificità delletematiche.Il meccanismo di funzionamentodelle diverse “macchine”leonardesche, con le loro “ruotedentate” e le “viti senza fine”,non solo è stato realizzato neibellissimi plastici, ma vieneproposto al grande pubblico nelloro virtuale, ma praticofunzionamento. In tal modo ilvisitatore può anche affrontare,direttamente sugli elementi dellepiù elaborate macchine, leproprie possibilità non solo dicomprensione, ma anche diassemblaggio e ricomposizione,in base ai disegni, sulla

indicazione dei “modelli”presentati.Attraverso la rilettura operatadal matematico e storico LucioRusso, i macchinari ideati daLeonardo, non realizzabili forsedalla tecnologia rinascimentale,si manifestano come una grandeintuizione anticipatrice dipossibilità future. Gli eventuali“errori” che comunque sipossono determinare, sul pianodi una vera “fattibilità”,corrispondono al concettofilosofico per cui “la sapienza èfigliola dell’esperienza” e checomunque “l’errore rende l’uomovirtuoso perché gli permette dicorreggersi e migliorare,diventando ogni giorno semprepiù geniale”, come hasottolineato l’Assessore allaCultura e Musei del Comune diRoma Salvatore Carruba, inapertura del Catalogo a cura diMario Taddei e Edoardo Zanon,pubblicato da Federico Mottaeditore.I giovani ideatori della Mostra,Mario Taddei ed Edoardo Zanon(“Studioddm”), che da temporealizzano mostre interattive inAmerica, hanno pensato diintrodurre un tale modo diproporre una mostra sulle

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Leonardo da Vinci, barcacavafango (ricostruzione)

Leonardo da Vinci, barca amanovella (ricostruzione)

Leonardo da Vinci,scavatrice(ricostruzione)

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macchine, anche in Italia, con ilsostegno di Motta editore, e laconsulenza di Mario Tozzi, sullabase di una nuovainterpretazione dei manoscritti,disegni e modelli. Ed ecco, nella suggestivacornice della Torre delFalconiere, presentato adesempio, il famoso “ponteautoportante”, offerto in unaraffigurazione virtuale sullaquale può agire il visitatore,mediante una postazioneelettronica.Descritto come “forte e atto aportare facilissimamente” ilponte era costituito da tronchipesanti e tagliati “alla grossa”,che i soldati dovevanoassemblare, mentre erano giàassillati dal nemico ed immersinell’acqua. E quel “vascello corazzato”, lacui precisa descrizionedettagliata appare nel CodiceAtlantico, può essere osservatoe “toccato” nella suarealizzazione: una piccolaimbarcazione molto leggera conuna prua corazzata in metallo,dotata di una bombarda ascomparsa e quindi non visibileal nemico, utilizzabile asorpresa al momento

dell’arrembaggio.E così sono stati riprodotti inscala ben otto prototipi, sui cuielementi costitutivi può agire ilvisitatore attraverso altrettantepostazioni elettroniche.È da ricordare come il progetto“Leonardo, l’Acqua, ilRinascimento” completa conquesto grande eventoespositivo, l’AnnoInternazionale dell’Acqua

decretato dalle Nazioni Unite eche si colloca nel più ampioprogetto quadriennale“Specchio d’Europa” che, comeha ricordato l’Assessore, PaolaIannace, è stato ideato dallaProvincia di Milano, per“riscoprire i valori originali diuna popolazione e di unterritorio”, pur nell’ambito diuna più ampia territorialità edidentità europea.

L.C.

Per informazioni:Castello SforzescoTel. 02 6596937

Paesaggiourbano nellestampeitalianeUna approfondita ricercacondotta, oltre che nellaraccolta formata da C.A.Petrucci, nelle Collezioni delGabinetto delle Stampedell’Istituto Nazionale per laGrafica, anche in alcune tra lecollezioni esterne piùimportanti, ha condotto ad una

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Giuseppe Moreno, Macchine idrauliche - Porto di Genova, 1932

Domenico De Bernardi, Milano, P.ta Ticinese, 1930

Leonardo da Vinci, architronico - il cannone a vapore (ricostruzione)

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interessante ed originaleesposizione recentementeallestita presso la CalcografiaNazionale in Roma “PaesaggioUrbano nelle stampe italianedella prima metà del ‘900 daBoccioni a Vespignani”.Il tema del “paesaggio urbano”,che era così ampiamentesviscerato nel campo dellapittura del medesimo periodo, èstato per la prima volta messo afuoco in modo autonomo.Più di cento stampe, facentiparte quasi interamente dellaCollezione dell’IstitutoNazionale per la Grafica, sonostate scelte dalla curatrice AlidaMoltedo Mapelli nell’ambito diun notevole fondo di stampe(più di tremila), di incisoriitaliani del ‘900 (ora in via dicatalogazione). Esse hannocostituito lo spunto iniziale perorganizzare l’esposizione.È stato così possibile ammirareil lavoro di incisione di artisti

come Russolo o lo stessoBoccioni che, in un periodo“pre-futurista”, curò anche quelsettore, affrontandoparticolarmente i temi emergentidel nuovo corso della vitasociale.Accanto a stampe di Morandi oBartolini e lavori straordinari diBucci, Balsamo Stella, Ziveri,Achille Lega o Vespignani, èstato dedicato largo spazioanche al lavoro di Bruno daOsimo, Dante Broglio, PaoloPace, Vito Lombardi, Francescodal Pozzo, Giulio Cisari ed altri.Si vedono quindi contesticittadini rinnovati, periferie edaree industriali in cui spesso èla folla o il singolo individuo,che sottolineano la realtà delnuovo paesaggio urbano.Organizzata dall’IstitutoNazionale per la Grafica, incollaborazione con Civita, l’deadella mostra è nata dallapresenza in Calcografia di un

prezioso patrimonio, costituitoda un fondo di oltre tremilastampe di incisori italiani delNovecento e di un numerorilevante di documenti ineditirelativi appunto alla gestione diCarlo Alberto Petrucci (1881-1963). Tra questi, di particolareinteresse, sono quelli del suorapporto con gli artisti, con leistituzioni e con il mercato deltempo, nonché le connessionicon il mondo accademico.Certamente l’idea di cittànell’arte figurativa, porta subitoil pensiero ai futuristi, con ildinamismo e la velocità dellacittà moderna o alla pitturametafisica, con le sue piazzedei silenzi oppure allaparticolare poetica delleperiferie che si coglie nelleampie figurazioni di MarioSironi, legate alle rivendicazionisociali e alle prime“occupazioni” nelle fabbriche.Poche sarebbero statecomunque le incisioni su questotema, cui, secondo SigfridoBartolini, Sironi sarebbe stato incerto qual modo stimolato daUmberto Boccioni che, proprionel primo decennio del ‘900,nella sua fase pre-futurista, trapuntesecche e acqueforti,avrebbe inciso circa trentalastre.

Ma per un approfondimento sultema del paesaggio urbano,rinviamo appunto al preziosoCatalogo curato da AlidaMoltedo Mapelli (ArtemideEdizioni), e segnaliamo inparticolare proprio il suo saggiodal titolo: “Il mutamento delpaesaggio. Gli incisori e la cittànella prima metà del Novecentoin Italia”. È interessante comunquesegnalare ancora come uno deiprimi incisori del paesaggioindustriale, Guido BalsamoStella, fosse stato incaricatodirettamente dalle aziendedell’industria pesantenordeuropea, ma anche italiana,di documentare in tavole incise,l’aspetto esterno ed interno deiloro complessi industriali; da unostimolo quindi che potrebbeapparire soltanto promozionale,è nato un segmento innovativo emeno conosciuto nel settore cosìaffascinante dell’incisione

L.C.Per informazioni:Roma- Istituto Nazionale per la Grafica via della Stamperia, 6 Tel. 06 692050630Ing. Marcella Ghio tel. 06 69980238Civita: Barbara Izzo tel. 06 692050220

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Dario Neri, Altiforni, 1932

Giulio Cisari, La stazione di Milano, 1931

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La Roma deipittori danesidell’OttocentoUna Roma un po’ diversa daquella vista dai contemporanei, èla città “fotografata” dal pennellodegli artisti danesi chesoggiornarono a Romanell’Ottocento. Quasi sempre sitratta di angoli e visuali diversi,com’è il caso della “Veduta diRoma dal portico del Palazzo deiConservatori in Campidoglio”. Il“punto di veduta” è infattiall’interno del portico, dall’ultimo

pilastro di sinistra, cui sonoaddossate le due colonneioniche, e dal riquadrorettangolare che ne risultaappare una Roma che in parte ètutt’oggi immutata, ma in parte èormai sparita (come alcunemodeste case demolite nel corsodel Novecento), oppure rivistaattraverso gli occhi di una sintesitipicamente classicheggiante.Questo quadro (un olio su telafirmato nel 1831) era statodipinto da Hans Ditlev ChristianMartens che, giunto a Roma nel1825, dopo qualche anno didifficoltà, era riuscito adaffermarsi con l’aiuto di

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Albert Küchler, Commiato di una famiglia in partenza da piazza Barberini, 1844

Julius Friedlaender, Scalinata della Trinità dei Monti, 1847 Ernst Meyer, Uno scrivano pubblico al Portico di Ottavia, 1827

Josef Theodor Hansen, Il Foro Romano

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Thorvaldsen, e già nel 1830 erastato segnalato proprio comepittore “specialista inprospettiva” e senza dubbioquesto quadro ne può essere unvero e proprio “manifesto”.Ed ecco una “Veduta di Trinitàdei Monti da San Sebastianello”che, firmato da Carl FrederikAagaard, potrebbe essere statodipinto oggi, se non fosse pergli abiti dei personaggi chepercorrono la salita e chesostano accanto alla balaustradella terrazza, sotto gli alberi,vicino alla caratteristica fontanaa tazza, davanti a Villa Medici.È immutato il fascino di quellasalita e della terrazza, tantoamati anche da D’Annunzio eimmortalati da tutti gli artisti, daGaspar van Wittel che ne creòl’archetipo, a Corot a MauriceDenis e perfino a OttorinoRespighi, che ne fece il temadella sinfonia “La fontana diVilla Medici al tramonto”.Numerosi furono i pittori danesiattivi a Roma nel corso delsecolo XIX, come Eckersberg,Küchler e molti altri, cheapprofondirono la propriaformazione artistica, propriodurante il soggiorno romano. Certamente la presenza a Romadi Thorvaldsen costituì unimportante punto di riferimento

del pittore danese chedipingeva questo quadroproprio alla vigilia della suaconversione al cattolicesimo,che nel 1851 l’avrebbe fattodivenire “fra’ Pietro daCopenaghen”. La fontana delBernini vi appare come puntodi riferimento, immediatamentein secondo piano, ma in primopiano è la scena dellapartenza, movimentata dafigure di grande espressività,dalle giovani donne inaffettuoso saluto, all’uomo suigradini, che saluta qualcunoche resta all’interno della casa.Catalogo della Mostra “Pittoridanesi a Roma nell’Ottocento”,allestita recentemente a Romapresso la Galleria PaoloAntonacci (in via del Babuino,141/A), in collaborazione conPier Andrea De Rosa.

L.C.

Visioni da TazioSecchiaroli Nel n. 50/03 di AR, trattandoil tema della nuova ricettività aRoma, mi sono occupatadell’Hotel Exedra; conriferimento quindi all’interventodell’architetto Tihany che haricreato, nel “Bar Tazio” e nelristorante “La Frusta”, leatmosfere che sapeva suscitareil grande fotografo TazioSecchiaroli, intorno alla figuradi Fellini e della “Dolce Vita”.In queste pagine ho il piaceredi segnalare un interessantecollegamento all’argomentotrattato in precedenzasegnalando una bella mostra,originale e colma di fascino,allestita recentemente aFrascati: “Tazio Secchiaroli –Storie di cinema: una nuovamostra-evento alle ScuderieAldobrandini del Comune diFrascati”.

La mostra, curata con grandecompetenza e passione daGiovanna Bertelli edinaugurata dal SindacoFrancesco Paolo Posa,dall’Assessore alle PoliticheCulturali Stefano Di Tommaso eda David Secchiaroli, figlio diTazio e responsabiledell’Archivio, ha saputoveramente introdurre ilvisitatore nel reale “percorso”che l’artista-fotografo amavaseguire nel suo lavoro: dallainquadratura, agli scatti o“contatti”, alla scelta della fotoda stampare.Segnalando anche l’efficacia el’originalità dell’allestimento,dovuto allo Studio F. Pavese,invitiamo ad una visita,accompagnati dal Catalogo,curato da G. Bertelli ed editoda “contrasto”.

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per quegli artisti, ed anche se,dopo il ritorno in patria diThorvaldsen nel 1838, per unpo’ di tempo, il flusso deiviaggiatori-artisti danesi andòdiminuendo, ben presto crebbeuna seconda generazione diartisti che continuò a coltivare ilsogno di poter vedere dipersona e camminare in queiluoghi che aveva imparato aconoscere attraverso i dipintiche già molti artisti avevanoportato in Patria. Roma rappresentò per moltiartisti danesi una sorta di“rifugio”, sia per la mitezza diun clima così diverso da quellodel proprio Paese che per lapossibilità che viintravedevano, di ampliare edapprofondire la propriaformazione artistica e culturale,ma anche perché l’Accademiadi Danimarca, fin dall’iniziodella sua attività, si adoperòper offrire loro ogni aiuto perun ottimo soggiorno e unatelier dove poter lavorare. Ed è abbastanza curioso edinsolito un soggetto particolaredi una tela firmata da AlbertKüchler nel 1844: il“Commiato di una famiglia inpartenza da piazza Barberini”,alquanto significativo ancheper evidenziare la vita stessa

Carl Frederik Aagaard, Veduta di Trinità dei Monti da S. Sebastianello, 1872

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I Della RovereMostre a Senigallia, Urbino, Pesaro, Urbania,fino al 3 ottobre 2004

Un’attività edilizia assai varia,oltre che vasta e capillare nelterritorio, ha caratterizzato ilducato dei Della Rovere,costellando i centri storici e lecampagne, di palazzi, rocche,“barchi”, ville, monasteri edanche “case”. Dalla “Casad’Urbino, edificio assai grande e“ornatissimo di conci e altriornamenti” (come si leggenell’elenco “degli edifici fatti perl’illustrissimo signor duca diUrbino Federico”, che fa partedella Biografia di Federigo daMontefeltro, redatta daVespasiano da Bisticci) o la“Casa di Castello Durante “ aUrbania, la “Casa di Cagli” aCagli; e molte altre dimore eluoghi anche extraurbani in cuivenivano realizzati “casini” e“riserve di caccia”.Il ricchissimo volume-catalogodell’Electa presenta un grannumero di saggi redatti daimportanti studiosi,profondamente appassionati edattenti ai diversi temi coinvolti conil mecenatismo dei Della Rovere:dalla “Storia, cultura,architettura”; a “Vesti e armi”;“Committenze. Pittura e scultura”;all’”Arte della ceramica”; finoalla fine del Ducato. E proprio come culla dellaceramica fin dal Rinascimento,fra tutte le residenze, quella diCastel Durante, l’attuale Urbania,veniva annoverata fra i più beipalazzi del Ducato, già nellaRelazione al Senatodell’ambasciatore venetoFederico Badoer, che vi era statoospitato nel 1547.Il Palazzo Ducale di Urbania hainfatti un’architettura imponente,fra il palazzo e il castello, da unlato con le sue pareti astrapiombo sul Metauro, il corsod’acqua che portava il duca e isuoi ospiti alla “delizia di

campagna” (il “Barco”, tuttoraesistente) e dall’altro, a livello deltessuto viario del centro storico,con i suoi due cortili, lo scalone,la successione dei grandi saloni,ed il suggestivo collegamento(attuato attraverso un corridoio aloggia), con la prestigiosabiblioteca, trasportata dal Barco,nel 1607, a fianco del palazzo econtenente nella sala principale,ben otto librerie distinte perargomenti. E se nel 1599 lo stesso ducaaveva celebrato in questopalazzo le sue seconde nozze(con Livia, figlia di Ippolito DellaRovere), sarebbe stata ancoraquesta dimora, che veniva

considerata “una delle più belle emagnifiche Fabbriche dello StatoUrbinate”, che venne scelta daFrancesco Maria, sesto ed ultimoDuca d’Urbino, per passare gliultimi giorni della sua vitaterrena.Il “Barco” era nato effettivamentesoltanto come “Casino di caccia”,all’interno di una proprietàappartenuta ai minorifrancescani, nota come Conventodei Bichignani“ (cfr. GianniVolpe, “Palazzi, Ville e DimoreStoriche dei Della Rovere nelDucato di Urbino “, Catalogodella Mostra “I Della Rovere” acura di Paolo Dal Poggetto,Electa 2004). Ma alla fine del

Cinquecento, il complesso delBarco annoverava, oltre al Parcovero e proprio, anche: “il ponte,una casa, ... la libreria, il brolo,la fonte e la peschiera e cinquecamere grandi sopra il brolo…”.E nell’ambito del grande Evento-Mostra sui Della Rovere, ilComune di Urbania ha orapromosso la mostra dellaceramica durantina , con oggettiche vennero conosciuti edapprezzati in tutta Europa, esono stati oggi prestati dai piùimportanti musei del mondo,quali: l’Hermitage di SanPietroburgo, il Victoria & AlbertMuseum di Londra e il Louvre diParigi.

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Urbania, Il Barco

Urbania, Palazzo Ducale

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Per una committenza così vastaerano ben 40 i forni cheardevano in Castel Durante e,attorno al 1548, il durantinoCipriano Piccolpasso ne dettò isegreti e le regole, ne “Li trelibri dell’arte del vasaio”,memoria che le modernebotteghe di Urbania continuanoa portare avanti con l’istoriatotipico fatto di fiori, stemmi efestoni, con la foglia di querciae la ghianda (in omaggio aiDella Rovere), geometriche, aspirale, a chiodo, in unavariegata e ben studiatagamma di preziosi colori.Per le altre residenze ducali chehanno ospitato la grandeMostra: “I Della Rovere. Pierodella Francesca RaffaelloTiziano” a Senigallia, Palazzodel Duca; Urbino, PalazzoDucale; Pesaro, Palazzo Ducale;Urbania, Palazzo Ducale”,ideata e curata da Paolo DalPoggetto, si invita a visitare levarie sedi, nel rigoglio dei piùgrandi nomi della pitturarinascimentale.Ben trecento opere d’arteprovenienti da Musei di tutto ilmondo esposti in quattro grandicentri marchigiani: Senigallia,Pesaro, Urbino e Urbania, chehanno aperto fra l’altro le lorosedi monumentali piùprestigiose, raccontano anche ilgusto, le tendenze e la civiltà diun’epoca che, sotto l’egida deiDella Rovere, raccoglieva glispunti e gli stimoli culturali edartistici di una terra dalpaesaggio accattivante efascinoso, racchiuso tra il maree i boschi di rovere nella valledel Metauro, in una naturaricca e incontaminata.È così che sono ritornati adarricchire i saloni antichi deigrandi palazzi di quelle città:celebri dipinti, meravigliosecollezioni di scultura, sia anticache rinascimentale, prezioseoreficerie, ceramicheraffinatissime e delicatimanoscritti miniati. Come ha sottolineato Lorenza

Mochi Onori, Soprintendente peril patrimonio Storico Artistico eDemoantropologico delleMarche-Urbino, si è così potutoeffettivamente “ricostruire iltessuto e l’importanza dellecollezioni roveresche e dellacultura della corte dei Duchi”, unvero e proprio “omaggio delleMarche a una delle sue matricidi civiltà” ( op. cit.).

L. C.Per informazioni:infoline 02 54915www.idellarovere.itElecta Milano:Ilaria Maggi tel.02 [email protected]:Piazzale Matteotti, 2 61100 Pesaro Tel.0721 370956 fax: 0721 377105E mail: [email protected]

S P A Z I E S P O S I T I V I

TA MATETE:living gallery

Cos’è TA MATETE al di là di unospazio curioso ed intrigante? Cherelazione hanno tra loro unagalleria d’arte e l’educazione aisentimenti dell’adulto? E tuttoquesto come si rapporta conl’architettura e con la ritualitàquotidiana del gesto di bere uncaffè?La risposta a questi quesiti non sipuò certo banalizzare in pocheparole. È però abbastanza chiaroche stiamo analizzando uno deifenomeni di rivoluzione dell’erainformatica che cerca dideclinare concetti, idee epostulati in modelli e azioni

pratiche, supportate dal lavorodi studiosi di chiara fama, persviluppare capacità relazionali,reinterpretando creativamente imodelli di produzionetradizionali, anche quelli legatial “consumo” delle opered’arte.L’approccio di TA MATETE è lacomunicazione di un progettoculturale che, unendo campidifferenziati del sapere,finalizza la comprensionedell’arte ad un momento dicrescita personale, solosuccessivamente, alla venditatout-court: è il cosiddetto“permission marketing”, unapproccio alla vendita noninvasivo, né ripetitivo,stimolante eppure discreto.L’invito per tutti è dunque quellodi essere attivi nella fruizionedello spazio museale, invito

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André Villers, Pablo Picasso, Vallauris, 1953 (mm 303 x396)

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veicolato attraverso la seduzionedei sensi ed il coinvolgimentodell’emotività.Nel libro “Contro lacomunicazione” (Einaudi, Torino,2004) Mario Perniola ci mette inguardia da un certo modocontemporaneo di affrontareproblemi, tra questi lacomprensione dell’arte, invitandoil lettore a reagire contro l’abilitàdi strategie sempre più sofisticatedi marketing, in totalecontrotendenza con un modo dipensare che va sempre piùradicandosi nella nostra cultura. Ciò nonostante non si avvertenella galleria TA MATETE quelloche il professore di esteticadefinisce come “l’opposto dellaconoscenza”, criticando latendenza massmediatica, estesaalla cultura, alla politica edall’arte di fare della confusioneuna prova di forza. Si avverte invece che il gruppoART’È, che opera nei beni e neiservizi culturali, ha investitocopiose energie e risorse tese arealizzare un progetto di unacerta rilevanza sul pianodell’evoluzione e del modo ditrasferire i valori legati all’arte elo ha chiamato “TA MATETE”,che, in polinesiano, significa “ilmercato”, ovvero il luogo delloscambio. Nella “living gallery” simettono in scena le esperienze difruizione in grado di stimolare inmaniera innovativa, olistica epolisensoriale il visitatore.Attraverso il percorso dei sensiviene sviluppato così un nuovoapproccio nei confronti dellafruizione dell’arte. Fortemente voluto dallaPresidente Marilena Ferrari ilprogetto TA MATETE è statoprima studiato da figure di spiccodel panorama culturale epedagogico italiano e poisviluppato, nel concept, daCreapolis, società di retailstrategy design. La filosofia alla base di questonuovo modo di comunicare partedal presupposto che il luogodell’arte sia la coscienza dello

spettatore, il quale, nello spaziomuseale, si confronta con quelladell’artista ovvero attraverso lesue opere. Da sempre, l’arte siconfigura come preziosostrumento di formazione ededucazione, in un’epoca in cui lamaggiore preoccupazione èquella di educare alla ragione,l’arte assume dunque i connotatidi un viaggio sentimentale chelibera catarticamente dallafrustrazione indottadall’incapacità di riconoscere isentimenti. Il tentativo è quello disostituire alla storia dell’arte lestorie che l’arte racconta, storieche possono essere condivise daciascuno di noi.Inoltre, nel Living cafe, tradegustazioni di aperitivi ecocktail originali, ci si puòdedicare alla lettura, consultareuna selezione di grafiche digrandi maestri del Novecento,fermarsi per una sosta,continuando l’esperienzapolisensoriale della Galleria.Attraverso le Living Exhibition,vengono inoltre studiate situazioniespositive e rappresentative in cuiviene proposto un percorso fatto

di sollecitazioni polisensoriali econtaminazioni culturali dove ilpubblico viene direttamentecoinvolto, alla presenza delleopere dell’artista, attraversocoreografie interattive.Durante le Living Exhibition, ilvisitatore, divenuto soggetto attivoe co-protagonista, ha lapossibilità di vivere in manieraintensa e inusuale l’incontro conl’arte, di confrontarsi con diversipunti di vista e superare, quindi,quel senso di distacco che troppospesso si prova di fronte alleopere d’arte.Dal 29 aprile al 20 giugno è incorso la mostra fotografica“André Villers. Picasso e altriritratti” a cura del critico d’arteFlaminio Gualdoni. All’interno 98scatti realizzati da colui che, apartire dagli anni Cinquanta, permezzo secolo è stato l’autore diuna delle più geniali gallerie diritratti del Novecento. Oltre aPicasso tra i soggettirappresentati spiccano JaquesPrévert, Marc Chagall, JeanCocteau, Max Ernst, Joan Mirò,Salvador Dalì e Le Corbusier.

Valentina Piscitelli

Living Gallery TA MATETE Via della Pilotta, 16 00187 RomaPrenotazioni: 06/ 6791107www.artespa.itwww.tamatete.itPer informazioni sull’evoluzionedel retailing di Popai Europe-Italia: www.popai.it

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E R R A T A C O R R I G ENell’articolo “L’evoluzione in-formatica degli spazi museali”apparso sul numero 50 di ARsono stati omessi erroneamen-te i nomi degli autori delle im-magini. Ce ne scusiamo con gliautori: gli architetti Marco Bevi-lacqua ed Andrea Flego, vinci-tori del Web Prize del primoconcorso internazionale “Vir-tual museum 2001” promossoda Newitalianblood.com.

L’arena incantata: spazio espositivo immersivo all’interno della galleria TA MATETE

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T I P O L O G I ELABORATORI

- Apparecchi illuminanti- Arazzerie/tappezzerie––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Cartotecnica carta/cartone- Ceramiche/vasi/terracotta- Cererie- Corniciai/doratori––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Decoratori/trompe l’oeil––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Ebanisteria/falegnameria––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Fusione in bronzo/altri metalli––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Galvanica- Gessisti/stuccatori- Gomma /resine naturali––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Imbottiti /tappezzieri- Impagliatori (giunco, midollino, paglia di Vienna)- Infissi (legno, ferro, acciaio, P.V.C)–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––- Laccatura/lucidatura- Lavorazione cuoio e pelle––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Marmisti- Marmi e pietre- Metalli vari/Metallari- Metalli preziosi/oreficeria/avorio/pietre dure- Mosaicisti––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Resine sintetiche- Restauratori/varie categorie––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Tappeti e moquettes––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - VARIE–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––LAVORAZIONI IN OPERA (posatori)

- Carpenteria in legno/ferro––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Decoratori- Doratori––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Gessisti––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Manifattura tessuti/pittura/decorazione- Mosaicisti––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Parati- Posatori di rivestimenti a parete/pavimento- Posatori di moquette- Posatori/realizzatori di cemento gettato, mosaici,

piastrelle––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– - Vetrerie/lavorazioni artistiche del vetro- VARIE–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––

Scheda da compilare per l’artigiano

TipologiaDi laboratorio o di lavorazione in opera

Città / Provincia /Area geografica di appartenenza

Riferimenti(nome e cognome

del titolare o della ditta,indirizzo, telefono,

fax, e-mail)

Riconoscimenti(Premi, menzioni,

pubblicazioni)

Numero di persone che lavorano + il titolare/i

Anno di inizio dell’attività

Dal primo numero del 2004 AR ha aperto unospazio di dialogo con gli artigiani che si sono

distinti per aver realizzato prodotti innovativi attraversotecnologie più o meno avanzate, o semplicemente peraver confezionato, nel corso della loro attività, oggettila cui fattura risulta complessivamente pregevole.L’obiettivo è quello di dotare la rivista di uno strumentodi catalogazione per ampliare il raggio di conoscenzadi una categoria di persone davvero preziose per lanostra attività di architetti.

Invitiamo, quindi, i colleghi a mettere in comune ilpatrimonio di conoscenze comunicando, attraversosegnalazione, gli “artigiani di qualità” del territorio diRoma e Provincia. Il materiale potrà essere inviato alla

Redazione di ARRubrica Artigianato di qualitàOrdine degli Architetti di RomaPiazza Manfredo Fanti 47 00185 Roma [email protected]

A breve la rubrica sarà consultabile anche attraverso ilservizio telematico dell’Ordine degli architetti di Romae Provincia all’indirizzo:

www.architettiroma.it/quaderni/artigiani

Le schede sono a cura di Valentina Piscitelli.

SPAZIO ALL’ARTIGIANATO DI QUALITÀ

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La parola arte ha in sé la radice indoeuropea“ar”, che significa aggiustare, armonizzare,

dare ordine. Questa radice appartiene sia allaparola artista che alla parola artigiano, per que-sto stabilire una precisa linea di confine non èimmediato, e ancor meno lo è per gli architettiLaura Belforti e e Michel Patrin, titolari di Vetro-Creare, un’azienda che, nel cuore della Romamedioevale, produce vetrate artistiche con tecni-che tradizionali e d’avanguardia, svolgendo an-che un servizio di consulenza per architetti, ar-redatori e privati che commissionano la realiz-zazione di un’idea della trasparenza.Perché due architetti decidono di lavorare con ilvetro? Più di 20 anni fa, in Belgio, presso lo stu-dio di uno straordinario «maitre verrier», MichelMartens, l’incontro dei due allora corsisti peruna specializzazione post universitaria. L’amoreper la sperimentazione e la ricerca su questostraordinario materiale li ha portati a prosegui-re la loro passione indirizzandola verso l’aper-tura di un negozio ed un laboratorio. Ed è nel la-boratorio di Viale delle Milizie che i vetri prove-nienti dalla Germania e dagli Usa vengono ta-gliati a mano da Michel ed i suoi collaboratori.VetroCreare affianca alle lavorazioni tradizio-nali soluzioni d’avanguardia che realizzano:porte, finestre, divisori, controsoffitti, quadri lu-minosi, ringhiere di scale, rosoni per chiese. Letecniche privilegiate sono tre:la prima, la più antica, è la tradizionale vetrataa piombo che nasce da un’idea, che diventaprogetto disegnato, poi bozzetto cui si assegnaun colore per ogni singola parte. Le diverse tes-sere vengono saldate tra loro con il piombo nellaboratorio, dove, rigorosamente a mano, siesegue il cartone a dimensione reale.

La tecnica del collage, più recente e molto com-plessa, è praticata a Roma quasi esclusivamen-te da questa azienda. Offre la possibilità di rea-lizzare un mosaico vetroso in cui le differentitessere colorate sono molate ed assemblate me-diante incollaggio strutturale su un supporto divetro industriale (temperato, blindowiss, piran,vetrocemento, etc.). In questo modo scomparela rifinitura in piombo ed i disegni acquistanomaggiore dinamismo cromatico e formale. Inol-tre questa tecnica rende la vetrata ancor più re-sistente, al pari di un vetro antisfondamento. Ilcollage può essere realizzato con vetri coloratiin pasta, opalescenti, con inserti in vetro soffia-to a bocca o con gemme colorate.La terza tecnica è quella della sabbiatura e del-

l’incisione a lastra su vetro intero che viene pro-dotta da una macchina che lavora sullo spesso-re del vetro, scavandolo, e lasciando alcuneparti più opache delle altre.“Ogni nostro lavoro è un pezzo unico, abbiamopersonalizzato le idee di oltre 1800 clienti”, midicono Laura e Michel mentre il mio occhio siposa su una frase apposta all’inizio del loro ca-talogo, è del romantico Wolfgang Goethe: “Icolori sono azioni della luce: azioni e passioni”.

VETROCREAREPiazza S. Salvatore in Lauro, 3 - 00186 RomaTel. 06 68307634Fax 06 6892773e-mail: info@vetrocreare. comsito internet: www.vetrocreare.com

Secondo un racconto di Plinio (Storia natura-le, XXXVI, 191-192), il vetro fu scoperto in-torno al 3500 a.C. da alcuni mercanti feniciche, intuendone l’importanza, organizzaro-no nelle città di Tiro e Sidone una vera e pro-pria industria. Nel 100 a.C. i romani miseroa punto la produzione del soffiaggio perstampi incrementando così la gamma di ma-nufatti, tra questi le bottiglie. I frequenti con-tatti con Bisanzio determinarono in epocamedioevale l’arte vetraria veneziana, chepoi si diffuse in Boemia in particolare comeproduzione di cristalli, che dal vetro si diffe-renziano per la presenza dell’ossido dipiombo (per legge i vetri che contengono al-meno il 24% in peso di piombo si chiamanocristalli). Nel tempo il progresso tecnologico,in particolare quello legato alla produzionedelle lastre di vetro, ha permesso un miglio-ramento delle prestazioni di questo materia-le che hanno consentito in architettura unaevoluzione: da semplice elemento di chiusu-ra per il passaggio della luce ad elementostrutturale di facciata come di copertura.I nuovi processi produttivi come la “tempe-ra” (termica e chimica), le nuove frontiereottico-energetiche e termiche, i sistemi chemodificano i flussi energetici e luminosi, lastratificazione con resine o pellicole plasti-che (doppi e tripli vetri), hanno consentito alvetro di raggiungere prestazioni di sicurez-za statica e valenze architettoniche edespressive completamente nuove. La necessi-tà di ottimizzare la gestione energetica degliedifici ha portato, inoltre, a porre particola-re attenzione nei confronti dell’ introduzionenel vetro di materiali cromogenici a compor-tamento passivo (fotocromici e termocromi-ci) e a comportamento attivo (elettrocromicie gascromici), attraverso una ricerca chesembra produrrà “fra circa 12-18 mesi lacomparsa sul mercato” di “facciate dinami-che intelligenti in grado di reagire semprepiù prontamente alle sollecitazioni del conte-sto”, come riferisce su AR 47/03 e su Italiaoggi del 12 novembre scorso l’Arch SergioAltomonte, ricercatore del dipartimento Ita-ca (Innovazione tecnologica nell’architetturae cultura dell’ambiente) della prima facoltàdi architettura di Roma.

Vetrata per una cappella ad Ostia ad opera dell’arch. Giuseppe Ponzio

VETROCREARE: ATTUALITÀ E NUOVE TECNOLOGIE NELLE VETRATE ARTISTICHE

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LA CASA DI EDVIGE E LUIGI: UN ANGOLO DI POESIA NELL’UNIVERSO TECNOLOGICO

Edvige Lonero è un architetto con la predile-zione della pittura e della grafica, ma so-

prattutto è una donna colta dalla mente raffina-ta. Collaboratrice dall’86 dello studio graficoPiergiorgio Maoloni di Roma, è stata art direc-tor di due testate ed è una stimata pittrice, comeanche pittore è Luigi Gargaglia, suo compagnonella vita ed oggi al suo fianco anche in questaesperienza di lavoro.Edvige e Luigi sono maestri d’arte che vivono ilpresente lavorando con le mani come se voles-sero scrivere una poesia: per avvicinarsi allanatura delle cose ed essere in pace.Sono persone speciali che impugnano comestrumenti di lavoro l’inventiva e l’ironia, maestridell’arte del riciclo capaci di trasformare un og-getto dimenticato o abbandonato, in un altroche si piega alle tue necessità. Tavoli da cucinasi trasformano così in consolle da soggiorno;

appendiabiti anonimi diventano occasione percitare pittori metafisici che, a loro volta, fannol’eco a bombette ed ombrelli volanti; semplicispecchi diventano l’occasione di un invito allacontemplazione di sé, attraverso l’uso intelli-gente di una meravigliosa cornice di legno ispi-rata ai paesaggi lunari; su un vassoio il collagedei santini trasmette una insolita energia attra-verso il kitsch. Edvige e Luigi trasformano in manufatto gli og-getti umili, legati al mondo di tutti i giorni, chenon di rado diventano piccoli capolavori, che tifanno guardare con grande rispetto all’abilitàdelle loro quattro mani e ti fanno pensare che,forse, anche gli oggetti hanno un loro karma.Non è un caso se Franco Cologni, Presidente diCartier, manager di prodotti di lusso di caraturamondiale, ha creato nel 1995 la Fondazionedelle arti e dei mestieri per diffondere e pro-muovere i “maestri d’arte”: “artigiani-artisti ca-paci di tradurre la propria creatività in oggetti

di compiuta bellezza, grazie al talento ed all’e-sperienza”. L’interesse generale nel settore del-le arti e mestieri, al di là di atteggiamenti legatialla moda, è testimoniato da un risveglio sulpiano della comprensione, ovvero sulla consa-pevolezza dell’”intelligenza della mano”, die-tro cui affonda il concetto di pazienza, del tem-po e della ricerca raccontata in Italia da più ditrecento musei di storia dei mestieri e che noi,nel nostro piccolo, vi invitiamo ad approfondi-re, come pure vi invitiamo a fare visita a questidue incredibili maestri.

CASA D’ARTE DI EDVIGE E LUIGITordimonte, 27 - 05019 Orvieto Scalo (Terni)Cell. 333 39 55 283

Edvige Lonero, Luigi Gargaglia, tavolo “Omaggio a Mariscal”

Edvige Lonero, Luigi Gargaglia, acrilico su vassoio

Edvige Lonero, Luigi Gargaglia, comodino con “Omaggio a De Pero” da l’ARAZZO DELLA GRANDEBAMBOLA

Edvige Lonero, Luigi Gargaglia, attaccapanni con“Omaggio a Savinio” da I CONSIGLIERI