VicenzaABC n 1 - 19 marzo 2004

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I dati sono impietosi: 60 autobus vicentini su 130, la metà del parco macchi- ne, inquina come migliaia di auto messe assieme. Uno studio sull’impatto ambientale dei mezzi pubblici ha messo in fila numeri impressionanti: respirare il fumo di un bus che corre lungo Corso Padova è come aspirare gli scarichi di 600 auto catalitiche. Avete letto bene: 600. Altro dato da brivido: nell’ipotesi (tutt’altro che improbabile) che i 60 vecchi bus percorrano contemporaneamente la città, l’inquinamento pro- dotto sarebbe pari a quel- lo di 70 mila vicentini al volante. Un scena da inferno dantesco, per for- tuna irrealizzabile, non foss’altro perché i paten- tati vicentini non sono sufficienti. Neanche met- tendo al volante i mino- renni faremmo più danni. “Sparare sui bus in que- sto periodo è un po’ come sparare sulla croce rossa – dice Matteo Quero, coordinatore di Vicenza Riformista che per primo ha reso pubblici questi dati - Non vorrei passare per quello che invita la gente a disertare i mezzi pubblici. Però bisogna guardare in faccia la real- tà. Tanto più che questi bus sono pieni soltanto nelle ore di punta. Per il resto della giornata viag- giano vuoti.” I dati sembrano così incredibili che qualcuno ha preteso conferme dall’Aim. Puntualmente arrivate: “Quanto a PM 10, le polveri sottili più dannose per la salute”, ha spiegato l’ex dirigente del settore trasporti Aim Gianfranco Rodighiero, un vecchio bus inquina per chilometro quanto 600 auto catalitiche.” “Le soluzioni esistono – insiste Quero – e di buoni esempi è piena l’Italia. Cominciamo col ricon- vertire i vecchi bus e affianchiamo alle 60 macchine ecologiche nuovi minibus elettrici da 25 posti: costano 100 mila euro l’uno”. Ma intanto per noi citta- dini crolla un’altra certez- za. Fino a ieri a salire in bus ci si sentiva persone migliori: oggi facciamo due conti e scopriamo che, a ritrovarsi in cinque sui sedili di un vecchio bus arancione, equivale a viaggiare con 100 auto ciascuno. Per scaricarsi la coscienza, meglio scende- re e proseguire a piedi. Vicenza Abc riparte. L’obiettivo: diventare una voce autorevole nel panorama dell’informazione citta- dina. Un obiettivo che solo a scri- verlo fa tremare le dita sulla tastie- ra. Ma abbiamo ottime ragioni per crederci. Ripartiamo grazie alla fiducia di 230 soci (ma il numero continua a crescere e le porte sono sempre aperte) che hanno investito risorse per un’idea: dare una nuova voce a Vicenza. Ci sono giovani e meno giovani, industriali e operai, stu- denti e pensionati. Ci si può spec- chiare l’intera città. Ripartiamo con la forza dei nume- ri: la bellezza di oltre 400 abbona- ti che hanno sottoscritto questa avventura quasi a scatola chiusa. Fondamentali, perché assicurano al giornale uno zoccolo duro per almeno un anno di vita. Vero è che qualcuno ha accettato solo per sfi- nimento. Ma c’è chi ha acquistato venti abbonamenti per regalarli a parenti e amici. C’è anche chi, per fortuna, non ha voluto saperne, a scatola chiusa. A scatola aperta, li aspettiamo ogni venerdì in edicola. Ripartiamo con la forza del passa- to: 2000 copie settimanali. Diretto da Stefano Ferrio, questo giornale aveva stabilito un record: 2000 copie vendute. Bisogna risalire a Nuova Vicenza di fine anni Ottanta per trovare un settimanale vicenti- no capace di tanto. Se questi nume- ri un po’ ci spaventano, una certez- za ci stimola: Vicenza ha voglia di un giornale alternativo. Faremo il possibile per essere all’altezza. Buon viaggio, assieme a noi. Matteo Rinaldi www.trivellato.it Concessionaria Ufficiale Mercedes-Benz TORRI DI QUARTESOLO 0444/250710 BASSANO DEL GRAPPA 0424/886000 BOLZANO VICENTINO 0444/351290 THIENE 0445/380020 ARZIGNANO 0444/450011 LONIGO 0444/436271 *L’esempio è riferito a una Classe A 140 ESP Classic Clima con pacchetto Easy (Short Version). Prezzo chiavi in mano 18.871,00 IVA com- presa (esclusa IPT): anticipo 9.171,30 o eventuale permuta e 35 rate mensili di 89 e possibilità di riscatto di 7.170,98. Spese d’istrut- toria 102 T.A.N. 2,20% e T.A.E.G. 2,67%. Iniziativa valida fino al 31 marzo 2004. Salvo approvazione della DaimlerChrysler Servizi Fi- nanziari S.p.A. Consumo (l/100 Km.): urbano 10,60 - extraurbano 6,30. Emissioni di CO2: 186 g/Km. Mercedes Classe A. Da oggi nelle nuove versioni Easy, Comfort ed Exclusive. Con Light-Lease, a partire da 89* al mese. ...oppure Comfort o Exclusive. Take it Easy... Inquinamento: le sette bugie dell’amministrazione Iniziative boicottate e mancanza di responsabilità: così a Vicenza vince lo smog Nostra inchiesta: ecco perché non ce la raccontano giusta Ci aspetta un periodo difficile dal punto di vista ambientale. Con l’arrivo della bella stagione infat- ti, dobbiamo mettere in conto anche un fisiologico aumento dello smog e dei conseguenti rischi per la salute. Motivo in più per affrontare a muso duro la realtà: l’inquina- mento a Vicenza aumenta di gior- no in giorno (i dati sulle PM 10 sono solo la cartina tornasole di un malessere molto più ampio) ma le amministrazioni - locali, regionali e nazionali - stanno facendo poco o niente per risol- vere il problema. In particolare, l’amministrazione cittadina non solo è incapace di proporre idee e soluzioni, ma addirittura dà l’impressione di rema re contro qualsiasi iniziati- va. Da mesi sentiamo gli ammini- stratori criticare ogni provvedi- mento anti smog con mille moti- vazioni, talvolta sensate, spesso molto meno. In questa inchiesta abbiamo rac- colto tutte le teorie con cui l’am- ministrazione difende il suo immo- bilismo o comunque lo scarso entusiasmo per dare ai vicentini una città più vivibile. È vero che più delle auto inquinano le cal- daie? È sensato supporre che il fumo delle sigarette fa più male di quello che esce dalla marmitta di una moto? È vero che le targhe alterne non servono a nulla? È realistico pensare che finchè le misure antismog non saranno prese da tutti i comuni che cir- condano Vicenza non ci si deve aspettare alcun miglioramento? A tutto questo abbiamo cercato di dare risposte precise. Ma anche tutte le possibili alter- native per costruire, un po’ alla volta, una Vicenza più sana e vivi- bile. A pagina 4-5 L’ultimo baluardo del maschio Donne in crescita ovunque. Solo all’istituto Rossi resiste il tabù Crescono rapidamente nelle forze di polizia e in tutti i ruoli tradi- zionalmente riservati ai maschi. Nel corpo dei vigili urbani la media italiana di agenti al femminile è salita in pochi anni dal 10 al 25 per cento. Clamoroso l’exploit a Bologna, dove le donne sono addirittu- ra maggioranza con il 60 per cento. Molto più lentamente crescono anche in politica: siamo solo al sette per cento tra i sindaci, saliamo a otto tra i consiglieri comu- nali, c’inerpichiamo all’undici tra gli assessori e svettiamo al dodici per cento in parlamento. Ma c’è un baluardo di resistenza, proprio sotto casa, dove le per- centuali al maschile restano bulgare: è l’istituto tecnico industriale Alessandro Rossi. Tra le aule dell’immenso complesso, fiore all’oc- chiello delle scuole tecniche vicentine, le donne continuano a esse- re una rarità. “Dieci anni fa la percentuale era dell’1,2 per cento – racconta la preside Zeila Biondi - Cinque anni fa siamo cresciuti all’1,7. Quest’anno, delusione, siamo scesi all’1,3 per cento: 19 donne su 1450 studenti.” La domanda è: perché? “Non esiste un solo valido motivo per tene- re le donne lontane da questa scuola. Il Rossi offre un’adeguata preparazione per la facoltà di Ingegneria o l’alternativa di un posto di lavoro immediato. Non so quanti altri studenti ricevano ottime proposte di lavoro prima ancora di ottenere il diploma. Purtroppo c’è ancora chi crede che in questa scuola servano i muscoli. Ma oggi si lavora col computer, mica col martello. Il fatto è che i miti sono duri a morire: ho sentito io stessa insegnanti delle medie sconsigliare, scandalizzati, le alunne che volevano iscriversi qui”. La preside Zeila Biondi - tra parentesi la prima donna a guidare l’i- stituto nella sua lunga storia – ha le idee chiare su come invertire la tendenza. “Stiamo studiando iniziative per portare più donne al Rossi. Dobbiamo far capire che questa è una scuola adatta a tutti. Bastano I dati: su venti ragazze diplomate lo scorso anno, la metà si è iscritta a ingegneria e l’altra metà ha trovato lavoro subito”. Sarà una sfida lunga e laboriosa ma le donne, si sa, non mollano mai. E l’esempio arriva proprio dal Rossi: “La prima ragazza che s’i- scrisse all’istituto non ebbe vita facile. Il preside di allora non vole- va saperne. Ma lei fu più testarda: fece i primi due anni in un'altra scuola e si trasferì al Rossi al terzo anno. Furono costretti ad iscri- verla. Era il 1972”. vicenza abc la città a chiare lettere SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO Euro 0,80 venerdì 19 marzo 2004, numero 1, anno III Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DCVicenza Redazione: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] www.vicenzaabc.it questa settimana 2 3 6 8 7 politica Parla il cronista del sexgate berico: “Avanti fino in fondo” cronaca Reportage: il rally di San Felice ritratti vicentini Gianantonio Stella, dal liceo Pigafetta al Corrierone cultura Sponsor, fuga dal centrodestra economia Massimo Calearo galeotto fu quel viaggio in Maserati Ricominciamo Via Piazzon 82/28 - 36051 Olmo di Creazzo (VI) Tel. 0444 349611 - Fax 0444 349510 www.svec.it - email: [email protected] E il bus si scoprì pericolo pubblico Incredibile ma vero: neanche tutti i 70 mila patentati vicentini inquinano quanto 60 vecchi automezzi Aim sulle strade Vicenza Abc ritorna all’appunta- mento settimanale con i lettori dopo una sosta che ha consentito di recuperare convinzione e risorse. Ritorna profondamente rinnovato. Al direttore Matteo Rinaldi e alla sua redazione va l’augurio di buon lavoro e successo. Li affianca un Comitato editoriale, nelle persone di Gianfranco Candiollo, Paolo Gurisatti e Gianni Zulian, scelti da autorevoli rappresentanti dei soci in pieno accordo con il Cda, i quali ricopriranno il ruolo di garanti delle finalità politiche e culturali della nostra Società. Vicenzaabc è nuovamente in edico- la, in giorni duramente segnati da tragedie, nel panorama sempre più ravvicinato del mondo. A tali vicen- de, che coinvolgono le nostre vite e il nostro futuro, il nostro giornale non si sente estraneo e, nella dimen- sione territoriale che gli spetta, saprà dare un contributo alla com- prensione e al dialogo, ricercando chiarezza e verità. L’editore Via Piazzon 82/28 - 36051 Olmo di Creazzo (VI) Tel. 0444 349611 - Fax 0444 349510 www.svec.it - email: [email protected]

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La serie completa, pubblicata quotidianamente, del settimanale vicentino diretto da Matteo Rinaldi dal marzo 2004 al gennaio 2006.

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I dati sono impietosi: 60autobus vicentini su 130,la metà del parco macchi-ne, inquina come migliaiadi auto messe assieme.Uno studio sull’impattoambientale dei mezzipubblici ha messo in filanumeri impressionanti:respirare il fumo di unbus che corre lungoCorso Padova è comeaspirare gli scarichi di600 auto catalitiche.Avete letto bene: 600.Altro dato da brivido:nell’ipotesi (tutt’altro cheimprobabile) che i 60vecchi bus percorranocontemporaneamente lacittà, l’inquinamento pro-dotto sarebbe pari a quel-lo di 70 mila vicentini alvolante. Un scena da

inferno dantesco, per for-tuna irrealizzabile, nonfoss’altro perché i paten-tati vicentini non sonosufficienti. Neanche met-tendo al volante i mino-renni faremmo più danni.“Sparare sui bus in que-sto periodo è un po’ comesparare sulla croce rossa– dice Matteo Quero,coordinatore di Vicenza

Riformista che per primoha reso pubblici questidati - Non vorrei passareper quello che invita lagente a disertare i mezzipubblici. Però bisognaguardare in faccia la real-tà. Tanto più che questibus sono pieni soltantonelle ore di punta. Per ilresto della giornata viag-giano vuoti.”

I dati sembrano cosìincredibili che qualcunoha preteso confermedall’Aim. Puntualmentearrivate: “Quanto a PM10, le polveri sottili piùdannose per la salute”,ha spiegato l’ex dirigentedel settore trasporti AimGianfranco Rodighiero,un vecchio bus inquinaper chilometro quanto

600 auto catalitiche.”“Le soluzioni esistono –insiste Quero – e di buoniesempi è piena l’Italia.Cominciamo col ricon-vertire i vecchi bus eaffianchiamo alle 60macchine ecologichenuovi minibus elettrici da25 posti: costano 100mila euro l’uno”.Ma intanto per noi citta-dini crolla un’altra certez-za. Fino a ieri a salire inbus ci si sentiva personemigliori: oggi facciamodue conti e scopriamoche, a ritrovarsi in cinquesui sedili di un vecchiobus arancione, equivale aviaggiare con 100 autociascuno. Per scaricarsi lacoscienza, meglio scende-re e proseguire a piedi.

Vicenza Abc riparte. L’obiettivo:diventare una voce autorevole nelpanorama dell’informazione citta-dina. Un obiettivo che solo a scri-verlo fa tremare le dita sulla tastie-ra. Ma abbiamo ottime ragioni percrederci.Ripartiamo grazie alla fiducia di230 soci (ma il numero continua acrescere e le porte sono sempreaperte) che hanno investito risorseper un’idea: dare una nuova voce aVicenza. Ci sono giovani e menogiovani, industriali e operai, stu-denti e pensionati. Ci si può spec-chiare l’intera città.Ripartiamo con la forza dei nume-ri: la bellezza di oltre 400 abbona-ti che hanno sottoscritto questaavventura quasi a scatola chiusa.Fondamentali, perché assicurano algiornale uno zoccolo duro peralmeno un anno di vita. Vero è chequalcuno ha accettato solo per sfi-nimento. Ma c’è chi ha acquistatoventi abbonamenti per regalarli aparenti e amici. C’è anche chi, perfortuna, non ha voluto saperne, ascatola chiusa. A scatola aperta, liaspettiamo ogni venerdì in edicola.Ripartiamo con la forza del passa-to: 2000 copie settimanali. Direttoda Stefano Ferrio, questo giornaleaveva stabilito un record: 2000copie vendute. Bisogna risalire aNuova Vicenza di fine anni Ottantaper trovare un settimanale vicenti-no capace di tanto. Se questi nume-ri un po’ ci spaventano, una certez-za ci stimola: Vicenza ha voglia diun giornale alternativo. Faremo ilpossibile per essere all’altezza.Buon viaggio, assieme a noi.

Matteo Rinaldi

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0444/250710BASSANO DEL GRAPPA

0424/886000

BOLZANO VICENTINO0444/351290

THIENE0445/380020

ARZIGNANO0444/450011

LONIGO0444/436271

*L’esempio è riferito a una Classe A 140 ESP Classic Clima con pacchetto Easy (Short Version). Prezzo chiavi in mano €18.871,00 IVA com-presa (esclusa IPT): anticipo €9.171,30 o eventuale permuta e 35 rate mensili di € 89 e possibilità di riscatto di € 7.170,98. Spese d’istrut-toria € 102 T.A.N. 2,20% e T.A.E.G. 2,67%. Iniziativa valida fino al 31 marzo 2004. Salvo approvazione della DaimlerChrysler Servizi Fi-nanziari S.p.A. Consumo (l/100 Km.): urbano 10,60 - extraurbano 6,30. Emissioni di CO2: 186 g/Km.

Mercedes Classe A. Da oggi nelle nuove versioni Easy, Comfort ed Exclusive.

Con Light-Lease, a partire da € 89* al mese.

...oppure Comfort o Exclusive.

Takeit Easy...

Inquinamento: le sette bugiedell’amministrazioneIniziative boicottate e mancanza di responsabilità: così a Vicenza vince lo smog

Nostra inchiesta: ecco perché non ce la raccontano giusta

Ci aspetta un periodo difficile dalpunto di vista ambientale. Conl’arrivo della bella stagione infat-ti, dobbiamo mettere in contoanche un fisiologico aumentodello smog e dei conseguentirischi per la salute.Motivo in più per affrontare a

muso duro la realtà: l’inquina-mento a Vicenza aumenta di gior-no in giorno (i dati sulle PM 10sono solo la cartina tornasole diun malessere molto più ampio)ma le amministrazioni - locali,regionali e nazionali - stannofacendo poco o niente per risol-vere il problema.In particolare, l’amministrazione

cittadina non solo è incapace diproporre idee e soluzioni, maaddirittura dà l’impressione direma re contro qualsiasi iniziati-va. Da mesi sentiamo gli ammini-stratori criticare ogni provvedi-mento anti smog con mille moti-vazioni, talvolta sensate, spessomolto meno.In questa inchiesta abbiamo rac-

colto tutte le teorie con cui l’am-ministrazione difende il suo immo-bilismo o comunque lo scarsoentusiasmo per dare ai vicentiniuna città più vivibile. È vero chepiù delle auto inquinano le cal-daie? È sensato supporre che ilfumo delle sigarette fa più maledi quello che esce dalla marmittadi una moto? È vero che le targhealterne non servono a nulla? Èrealistico pensare che finchè lemisure antismog non sarannoprese da tutti i comuni che cir-condano Vicenza non ci si deveaspettare alcun miglioramento?A tutto questo abbiamo cercatodi dare risposte precise. Ma anche tutte le possibili alter-

native per costruire, un po’ allavolta, una Vicenza più sana e vivi-bile.

A pagina 4-5

L’ultimo baluardo del maschioDonne in crescita ovunque. Solo all’istituto Rossi resiste il tabùCrescono rapidamente nelle forze di polizia e in tutti i ruoli tradi-zionalmente riservati ai maschi. Nel corpo dei vigili urbani la mediaitaliana di agenti al femminile è salita in pochi anni dal 10 al 25 percento. Clamoroso l’exploit a Bologna, dove le donne sono addirittu-ra maggioranza con il 60 per cento.

Molto più lentamente crescono anche in politica: siamo solo alsette per cento tra i sindaci, saliamo a otto tra i consiglieri comu-nali, c’inerpichiamo all’undici tra gli assessori e svettiamo al dodiciper cento in parlamento.

Ma c’è un baluardo di resistenza, proprio sotto casa, dove le per-centuali al maschile restano bulgare: è l’istituto tecnico industrialeAlessandro Rossi. Tra le aule dell’immenso complesso, fiore all’oc-chiello delle scuole tecniche vicentine, le donne continuano a esse-re una rarità. “Dieci anni fa la percentuale era dell’1,2 per cento –racconta la preside Zeila Biondi - Cinque anni fa siamo cresciutiall’1,7. Quest’anno, delusione, siamo scesi all’1,3 per cento: 19donne su 1450 studenti.”

La domanda è: perché? “Non esiste un solo valido motivo per tene-re le donne lontane da questa scuola. Il Rossi offre un’adeguata

preparazione per la facoltà di Ingegneria o l’alternativa di un postodi lavoro immediato. Non so quanti altri studenti ricevano ottimeproposte di lavoro prima ancora di ottenere il diploma. Purtroppoc’è ancora chi crede che in questa scuola servano i muscoli. Maoggi si lavora col computer, mica col martello. Il fatto è che i mitisono duri a morire: ho sentito io stessa insegnanti delle mediesconsigliare, scandalizzati, le alunne che volevano iscriversi qui”.

La preside Zeila Biondi - tra parentesi la prima donna a guidare l’i-stituto nella sua lunga storia – ha le idee chiare su come invertirela tendenza. “Stiamo studiando iniziative per portare più donne alRossi. Dobbiamo far capire che questa è una scuola adatta a tutti.Bastano I dati: su venti ragazze diplomate lo scorso anno, la metàsi è iscritta a ingegneria e l’altra metà ha trovato lavoro subito”.

Sarà una sfida lunga e laboriosa ma le donne, si sa, non mollanomai. E l’esempio arriva proprio dal Rossi: “La prima ragazza che s’i-scrisse all’istituto non ebbe vita facile. Il preside di allora non vole-va saperne. Ma lei fu più testarda: fece i primi due anni in un'altrascuola e si trasferì al Rossi al terzo anno. Furono costretti ad iscri-verla. Era il 1972”.

vicenzaabcla città a chiare lettere

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venerdì 19 marzo 2004, numero 1, anno III

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questa settimana

2 3 6 8 7

politicaParla il cronistadel sexgate berico:“Avanti fino in fondo”

cronacaReportage: il rallydi San Felice

ritratti vicentiniGianantonio Stella,dal liceo Pigafettaal Corrierone

culturaSponsor, fugadal centrodestra

economiaMassimo Calearogaleotto fu quelviaggio in Maserati

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E il bus si scoprì pericolo pubblico

Incredibile ma vero: neanche tutti i 70 mila patentati vicentiniinquinano quanto 60 vecchi automezzi Aim sulle strade

Vicenza Abc ritorna all’appunta-mento settimanale con i lettoridopo una sosta che ha consentito direcuperare convinzione e risorse.Ritorna profondamente rinnovato.Al direttore Matteo Rinaldi e allasua redazione va l’augurio di buonlavoro e successo. Li affianca unComitato editoriale, nelle personedi Gianfranco Candiollo, PaoloGurisatti e Gianni Zulian, scelti daautorevoli rappresentanti dei soci inpieno accordo con il Cda, i qualiricopriranno il ruolo di garanti dellefinalità politiche e culturali dellanostra Società.Vicenzaabc è nuovamente in edico-la, in giorni duramente segnati datragedie, nel panorama sempre piùravvicinato del mondo. A tali vicen-de, che coinvolgono le nostre vite eil nostro futuro, il nostro giornalenon si sente estraneo e, nella dimen-sione territoriale che gli spetta,saprà dare un contributo alla com-prensione e al dialogo, ricercandochiarezza e verità.

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sette giorni di politica

Grandi manovre attorno al Dal Molino decollano i jet o si alzano i palazzoniLa grande e appetibile area dell’aeroporto al centro di molti interessi: da una parte chi crede ciecamente nello scalo cittadinodall’altra chi farà di tutto perché gli aerei restino a terra. Potrebbe diventare una zona residenziale dal valore inestimabile

I nodi che l’amministrazione non riesce a sciogliere. E quelli che si crea da sola

Il futuro dell’aeroporto, i veleni sulla gestione delpersonale municipale, targhe alterne e servizi bus,sono gli ultimi nodi della settimana politica vicen-tina.

Dal Molin, aerei in difesa dell’ambiente. Lariunione del consiglio di amministrazione delloscalo berico ha prodotto la soluzione che molti siaspettavano. Il cda ha di fatto chiesto ai soci, perl’ennesima volta, di ripianare la perdita di

500.000 euro che ogni anno grava sulla strutturadi via Sant’Antonino in attesa che possa decollareil piano del presidente Beppe Sbalchiero che, concinquantamila voli annui e l’affitto degli hangar aiprivati, punta a ritornare in pareggio entro 20mesi. La struttura (il socio di maggioranza è laCamera di Commercio col 60%) ha però dovutopatire l’astensione pesantissima dei rappresentantidella società autostradale Brescia Padova e soprat-tutto della Provincia. Da mesi, infatti, si parla intermini negativi dell’aeroporto come di un enteche genera solo perdite e pochi voli. Ma la veraquestione, qualora la struttura fosse chiusa, non èdi tipo commerciale, ma urbanistico, e riguardadirettamente il Comune capoluogo. Se al DalMolin fosse tolta la concessione aeroportuale, l’a-rea potrebbe immediatamente diventare interes-sante per una serie di appetiti edilizi cospicui, per-ché costituisce l’ultimo grandissimo comparto dipregio rimasto in città.La zona a Nord di Vicenza infatti è rimastasostanzialmente verde, non è densamente abitata,e sotto il profilo commerciale costituisce un’ottimapossibilità. Non a caso l’associazione ParcoPerraro, anche se in termini di insediamenti sporti-vi, ha già cominciato a parlare di possibile urba-nizzazione dei lotti.Una eventualità che però tre anni fa era stata giu-dicata inaccettabile dall’allora assessore all’am-biente azzurro Sandro Bordin (“se qualcuno pensaa tirare su un solo mattone, dovranno passare sulmio cadavere”). Sullo stesso piano si muovono iDs che a palazzo Trissino hanno già messo lemani avanti contro ogni tipo di lottizzazione. Cosìla situazione rimane in stallo soprattutto all’inter-no dei vertici di Assindustria e della Camera diCommercio. Una parte degli imprenditori infatti,non vuole la morte dello scalo berico e ne chiede ilrilancio con l’aiuto del governo, perché anche lecasse delle imprese in questo momento patiscono.

Altri settori dell’imprenditoria locale (gruppoMezzalira in primis) propugnerebbero invece unaserie di nuovi insediamenti e, allo stato attuale,tali istanze sembrano appoggiate da palazzoNievo.

Caso Nicosia, un vero disaster. Completamentedifferente invece è il caso politico esploso attornoalla nomina di Tonino Nicosia come consulentespecializzato per la protezione civile municipale(disaster manager). L’ingaggio dell’ex consigliereforzista, trombato alle municipali di giugno, erastato annunciato all’inizio di febbraio dall’assesso-re ai lavori pubblici Alberto Maron. Un mese fa lanotizia non fece molto clamore, ad eccezione del-l’attacco del responsabile provinciale della DirelDomenico Buffarini. Come rappresentante del sin-dacato dei funzionari infatti, quest’ultimo avevasparato a zero sull’ennesima chiamata ad perso-nam uscita fuori a Palazzo Trissino (Nicosia perce-pisce una retribuzione di 21.000 euro annui). Il vero caso però è esploso quando, ai primi dimarzo, la Cdl che governa a palazzo Trissino si ètrovata spiazzata dall’attacco dell’onorevoleGiorgio Conte, in qualità di segretario provincialedi An, aveva definito l’ingaggio di Nicosia unamarchetta politica pagata a Forza Italia. Sui medialocali, l’assessore al personale Michele DallaNegra (che, come Nicosia, se ne è andato tre annifa da An per approdare tra i forzisti) e lo stessoConte se ne sono dette di tutti i colori, con l’oppo-sizione di centrosinistra che in aula ne approfitta-va per incalzare la giunta (“perché non si è sceltala via di un concorso pubblico? Perché DallaNegra ha chiamato un suo amico?”). Una vicendache subito si è legata alle rivelazioni di Canale 68che, in contemporanea, mandava in onda unaserie di reportage al vetriolo sugli emolumentid’oro dei dirigenti comunali scelti dall’esecutivo.Un reportage in cui si puntava l’indice soprattutto

nei confronti di Lorella Bressanello, Direttore delDipartimento Territorio e moglie del primo citta-dino azzurro Enrico Hüllweck. Ma all’intera pole-mica se ne aggiunge un’altra. Lo stesso Buffariniannuncia una serie di azioni legali contro l’ammi-nistrazione per una serie di presunti comporta-menti antisindacali del Comune nell’ambito dellarecente riorganizzazione del personale disegnataproprio da Dalla Negra e Marcolin.

AIM. Su un piano diverso invece, va inquadratolo scontro in atto tra la Cdl e il centrosinistra perquanto riguarda la multiutility berica. Il mese pas-sato era stata Vicenza Capoluogo a rendere pub-blico un sondaggio in cui gli intervistati bocciava-no buona parte del servizio bus fornito dalla spadi San Biagio. Il dossier realizzato poi dai consi-glieri Marino Quaresimin (Margherita) e UbaldoAlifuoco (Ds), non ha fatto che alzare i toni dellaquerelle. L’Ulivo parla di costi in calo e di “esage-rata esposizione per gli investimenti nei confrontidegli Istituti di credito (nel 2003 sono stati sotto-scritti mutui per 60 milioni di euro, Ndr).Sulla sponda opposta però ci sono Hüllweck el’assessore al bilancio Carla Ancora. I due accusa-no le minoranze di “dare una lettura errata di datireali” e basano il loro ragionamento sul fatto che,sino al 2000, nel bilancio di Aim (che prima diallora non era una Spa) i canoni di affitto dellereti comunali (acqua, fognatura, sottoservizi)andavano conteggiati a parte. Lo stesso presidentedi Aim Beppe Rossi è sceso in campo difendendol’operato della compagnia e spiegando il massiccioricorso al credito con la necessità di investire “inun mercato non più contraddistinto dal regime dimonopolio”.

Marco Milioni

Di Natale: “Non mi fermerò davanti a nulla” Media, politica sesso emanovre di corridoio. Sembrache ci siano tutti gli ingredien-ti per il sexgate di palazzo. Ilcaso di presunte molestie incomune dopo l’incipit dell’in-verno del 2003 è nuovamenteesploso in consiglio dopo lerivelazioni shock di Canale 68il quale, da giorni bombardala giunta cittadina parlando dinastri che scottano.Ormai la vicenda in municipiola conoscono tutti. Ai primidello scorso anno l’alloraassessore azzurro al personaleGilberto Baldinato (uno deifedelissimi del primo cittadinoazzurro Enrico Hüllweck)venne indagato dalla procuravicentina per una serie di pre-sunte molestie sessuali patiteda alcune dipendenti del

comune. Il sindaco invece fuindagato per omesso rapporto.In pratica l’accusa sostiene cheil primo cittadino, sebbeneinformato dei comportamentidi Baldinato, non avrebbeinformato l’autoritàgiudiziaria come invece com-pete alla sua figura di pubbli-co ufficiale.All’epoca Baldinato si dimise eil sindaco passò indenne laburiana riuscendo a vinceretranquillamente le amministra-tive del giugno 2003.Il caso però è riesplosoall’inizio del mese quandoCanale 68 ha attaccato senzamezze misure l’esecutivo, par-lando di nastri e soprattuttodando per certe le accuse suBaldinato e il sindaco. Autoredel reportage dell’emittente di

Cornedo: Angelo Di Natale.Uno che di giornalismod’inchiesta ne capisce.Quarantacinque anni adaprile, ultimo incarico allaRai siciliana prima di appro-dare nel vicentino, Di Natalesi trova particolarmente a suoagio nel genere. Il suo curricu-lum parla chiaro.Nel 1993 vince, per la cartastampata, il “Premionazionale cronista” per unainchiesta in 16 puntate sullaGazzetta del sud che lo portaa scoprire una tangentopoli inprovincia di Ragusa, sua terrad’origine. A consegnare ilriconoscimento è l’allora presi-dente della Repubblica OscarLuigi Scalfaro che, per la Tv,conferisce la stessa riconoscen-za a Pino Scaccia della Rai,

premiandolo per un serviziosulla liberazione di FaroukKassam. Qualche anno dopo,un altro reportage di DiNatale dà il là ad una inchies-ta della magistratura che per-metterà l’arresto di alcuniimprenditori del cataneseappartenenti ad un consorzioche affida appalti a mafiosilatitanti. «A Vicenza - sotto-linea Di Natale - ho trovatouna realtà molto interessanteper un cronista. E debbo diredi essere contento di essere aCanale 68 Veneto, una emit-tente veramente libera. È unacondizione essenziale per noigiornalisti». Condizione cheperò Di Natale non riscontrain molti altri media locali,viste le sue punture di spillonei confronti di altre testate.

Ma i primissimi riscontri sulseguito del Tg della Tv diSpagnago si sono già avuti apalazzo Trissino. Se durante ilconsiglio l’appuntamento diprammatica era quello delle19,30 per vedere il notiziariodi Tva Vicenza, adesso i con-siglieri guardano anche quellodelle 19,20 su Canale 68, inattesa magari di qualche lan-cio shock dell’ultim’ora chepotrebbe tornar buono nel-l’agone politico.Ma c’è qualcosa di nuovo chebolle nella pentola della Tv diCornedo? Di Natale fa sapere:«Ogni giorno andiamo a cac-cia di notizie e le rendiamo didominio pubblico; i condizion-amenti non ci interessano».

m.m.

Caso Baldinato: parla il giornalista che sta facendo tremare Palazzo Trissino con le sue rivelazioni

Dalla sanità alle specialità gastronomiche delPolesine. Dagli ospedali che la Regione Venetovuole chiudere al “bisato (anguilla) in tecia” o nellasua variante “rosto” (alla griglia). Due argomentiche, per dirla alla Di Pietro, non ci “azzeccano”molto. In apparenza. Perché il Consiglio regionaledel Veneto ha saputo fare il miracolo.Ecco, infatti, che per giovedì 18 marzo a palazzoFerro-Fini è stata convocata una seduta straordina-ria dell’assemblea legislativa per discutere sui tagliagli ospedali decisi dalla Giunta veneta.Un’iniziativa partita dai gruppi dell’opposizione delcentrosinistra decisi a capire come la Giunta inten-de rispondere alle sentenze del TAR che annullanola decisione di chiudere gli ospedali di Malcesine,Caprino Veronese, Tregnago, Isola della scala nelVeronese e di Auronzo nel Bellunese.E la gastronomia cosa c’entra? C’entra, c’entra,perché contemporaneamente alla seduta straordi-naria sulla sanità nell’atrio di palazzo Ferro-Fini,

proprio accanto all’aula consiliare, è stata organiz-zata una kermesse dedicata ai prodotti tipici dellagastronomia del Polesine preparati da cuochi pole-sani che hanno utilizzato per l’occasione la cucinadella mensa del Consiglio.L’obiettivo, è stato spiegato dagli organizzatori,

era quello “di far conoscere ai consiglieri regionalie alla stampa, attraverso una degustazione, i pro-dotti tradizionali della provincia di Rovigo opportu-namente preparati e enunciati secondo un percor-so gastronomico che rispecchi le vocazioni polesa-ne”.A quando la “giornata del baccalà alla vicentina”

sul Canal Grande o la “tre giorni” dei “casunzei alburro fuso” direttamente dalle valli dolomitiche apalazzo Ferro-Fini?Gli esperti dicono presto, se non altro per par

condicio tra le varie province venete.abc

L’ospedale chiude, la Regione ci mangia

Mentre tiene banco il problema dei tagli alla Sanità, a Palazzo Ferro-Fini c’è chipensa a degustare il baccalà

ACQUE MOSSE IN LAGUNALABIRINTI DI PALAZZO

Il bazar che piace all’assessore leghistaÈ possibile aprire un negozio,non dichiarare al comune lasua superficie e per quattroanni non pagare la tassa sullanettezza urbana? A Vicenza è possibile, almenosecondo il retroscena svelato insala Bernarda dal consigliereleghista Franca Equizi. Lavicenda è quella arcinota delbazar africano di via Napoli,che da due anni riempie le cro-nache dei media locali. A mar-gine del consiglio però, Equiziha dipinto uno scenario curio-so, spiegando che ogni voltache i vigili urbani intervengonoper notificare ai gestori dell'e-sercizio qualche provvedimentodel Comune, questi rispondo-

no "noi non pagheremo mai,perché in Comune abbiamo gliagganci".Effettivamente a dichiarare cheil bazar di via Napoli non hamai versato un centesimo diTarsu (acronimo per tassasmaltimento rifiuti solidi urba-ni) al Comune, non sono stati i

comitati di zona, infastiditi dal-l'andirivieni di stranieri sottocasa. È stato l'assessore allefinanze in persona LindaFavretto, che incalzata dallacompagna di partito Equizi,alla fine ha dovuto ammettereciò che tutti sapevano. Tant'èche a palazzo Trissino la battu-taccia gira da settimane: macome fa un assessore leghista anon far pagare i soldi delleimmondizie ad un africano?Che cosa avrebbe fatto “il” sce-riffo Giancarlo Gentilini aTreviso sapendo una cosa delgenere? E chi sono questimisteriosi agganci?

m.m.

La combattiva Franca Equizi tallona la compagna di partito Linda Favretto:“Quel negozio africano non paga le immondizie”. E in Comune volano le battute

Page 3: VicenzaABC n 1 - 19 marzo 2004

San Felice segna senza dubbio il recordassoluto di traffico per la città diVicenza. Medie così basse non si rile-vano neanche a Milano o Istanbul. Perverificarlo, ci siamo messi in strada peruna prova a cronometro. Percorso:piazzale Bologna - cavalcavia deiFerrovieri e ritorno. Staremo sotto itrenta minuti?

Mi metto al volante. È venerdì 12marzo, sono le 11 e 11 minuti. La par-tenza non è delle migliori: nel parcheg-gio di piazzale Bologna fanno la filadavanti a me altre 5 automobili. Soloalle 11 e 54, dopo tre minuti di attesa amotore acceso, riesco ad immetterminella strada. Ingrano finalmente laseconda ma le mie speranze vengonosubito deluse: Viale Milano è una giun-gla urbana a scorrimento lento, unbiscione ininterrotto di auto che si susse-guono fino al gran finale, la maxi-rotatoria. Armata di pazienza proseguo, (freno-frizione-prima; ancora freno, frizione, prima…), sono le 11e 58, in sette minuti ho percorso la considerevoledistanza di circa 200 metri. Infilo la rotatoria tracolpi di clacson e stridore di freni. Sebbene la svol-ta a sinistra in Corso San Felice sia vietata, a causadegli scavi, qualche automobilista riesce ad intrufo-larsi, probabilmente dopo aver pronunciato all’o-recchio dell’operaio Aim, intento a regolare il traffi-co, qualche parolina magica che purtroppo io igno-ro.

Via al secondo giro di rotatoria quindi, e svoltaobbligata in Viale Mazzini, dove, all’incrocio conVia Carlo Cattaneo (che raggiungo alle 12 e 02),trovo la seconda rotatoria e il secondo ingorgo:colpa di un restringimento della carreggiata, anchequesto causato dai lavori, che ha cancellato una cor-sia per chi arriva dalla Questura.

Proseguo il percorso alternativo forzato (freno-fri-zione-prima ancora freno, frizione, prima…), all’in-crocio con Via dei Mille sono obbligata a prosegui-re diritta, svolto in Via Legione Antonini e final-mente arrivo all’incrocio con Corso San Felice, nelpunto più critico del percorso. Davanti a me bennove auto in coda. Il motivo: a quest’altezza diCorso San Felice si è optato per un senso unicoalternato. Anche qui, a dirigere il traffico, un addet-to dell’Aim munito di paletta (ma che fine avrannofatto i vigili urbani?). Una volta riuscita l’operazio-ne di inserimento (e rischiato il tamponamento conun autobus proveniente dal senso opposto), percor-ro finalmente San Felice fino al punto d’arrivo: ilcavalcavia dei Ferrovieri.

Sono le 12 e 07. Sedici minuti netti, per percorrerela metà del percorso: una distanza irrisoria in linead’aria. A piedi ci avrei messo probabilmente menotempo. Durante il viaggio ho incrociato quattro

autobus, sette eroici e forse un po’ inco-scienti ciclisti (nessuno indossava unamascherina antismog) e più di una ven-tina di pedoni. Niente rispetto al nume-ro di auto.

Il percorso del rientro è più lineare mameno scorrevole. Scendo il cavalcavia,Via Vaccari, Via Rossi, (freno-frizione-prima ancora freno, frizione, prima…),di nuovo il cavalcavia e colonna inCorso San Felice.All’altezza di BlockBuster si deve pren-dere obbligatoriamente a sinistra, perVia Torino, anche qui a causa dell’asfal-to squarciato, e anche qui incrocio losguardo sconsolato di un addetto Aim,che in preda all’ira funesta degli auto-mobilisti, sbandiera paletta rosso–verdecercando di rendersi utile (mentre torno

nuovamente a chiedermi: ma dove sonofiniti i vigili urbani?).

Siamo al rush finale: senza mai riuscire ad ingrana-re la terza affronto l’ultima prova: la svolta conti-nua che traghetta il biscione da Via Torino in VialeMilano. E qui vengo fagocitata da una massa diautomobili distribuita su tripla fila. La svolta continua esiste da un po’, ma evidente-mente la sindrome da ingorgo ha contagiato tutti.Mi divincolo fra le auto, guadagno terreno (freno-frizione-prima ancora freno, frizione, prima…):centimetro dopo centimetro raggiungo la meta,piazzale Bologna. Sono le 12 e 20, obiettivo rag-giunto in 13 minuti. In totale, 29 minuti. Ce l’hofatta. Registro anche un’impressionante quantità dipolveri sottili prodotte e respirate (chissà perchénon ci sono centraline anche qui), e una dose distress che vi raccomando. E per fortuna che non eral’ora di punta.

Anna Manente

cronaca

O pere appartenenti aFondazione G iorgio Cini,Fondazione Querini Stampalia,G allerie dell’ Accademia,Musei Vaticani,Museo B agatti Valsecchi, Museo Poldi Pezzoli, Pinacoteca Ambrosiana, T esoro di San Marcoe altre istituzioni culturalie religiose del Veneto e della Lombardia, restaurate grazie a B anca Intesa in collaborazione con le Soprintendenze per i B eni Archeologici e per il Patrimonio Storico, Artistico eDemoetnoantropologico del Veneto e della Lombardia.

Gallerie di PalazzoLeoni MontanariVicenza, S. C orona 25

dal 20 marzo al 20 giugno 2004da mercoledì a domenicadalle 10 alle 18

ingresso libero

Mostra promossa da

con il patrocinio del Ministero per i B eni e le Attività Culturali

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San Felice non ride piùClacson, smog, file a perdita d’occhio e un tempo record di mezz’ora per fare poche centinaia di metri

Reportage: in auto lungo una delle più trafficate arterie della città, oggi interrotta da un interminabile cantiere

Un tram chiamato desiderioDal gas ai cavi otticiè un lavoro infinito

A una settimana dall’inizio deilavori, chi per cause di forza mag-giore non può evitare di imboccarela statale 11 per Verona ha oramaisperimentato tutti i percorsi alter-nativi per raggiungere la meta. Mac’è chi le scorciatoie non le puòimboccare ed è costretto a seguirei percorsi obbligati: gli autisti deimezzi pubblici.

E di mezzi pubblici in Corso SanFelice ne transitano tanti ogni gior-no: le linee 1, 12 e 14 percorronoil tratto in media ogni dodici minutida mattina a sera, in entrambi isensi di marcia, senza contare lecorriere Ftv.

Sono le 18: Roberto, 33 anni, danove anni autista con patente spe-

ciale per gli autobus doppi (quelli afisarmonica, lunghi ben 18 metri,con una capienza di 160 passeg-geri), ha appena concluso il suoturno sulla linea 12.

Com’è andata la giornata neltraffico di San Felice?

“La situazione e’ pesante, ma len-tamente migliora. Dopo il primogiorno di caos assoluto, gli auto-mobilisti hanno capito che da que-ste strade è meglio stare alla larga.

Cosa ne pensa della viabilità, apartire dalle rotatorie?

“Per quanto riguarda il mio lavorole rotatorie ci hanno agevolato:generalmente sono dotate di corsiepreferenziali per gli autobus e que-

sto ci consente di “tirar dritti”senza problemi. Capisco però i pro-blemi di chi viaggia in bicicletta edei pedoni”

Torniamo a Corso San Felice:quali sono i punti nevralgici di que-sto cantiere?

“L’incrocio tra via LegioneAntonini e Corso San Felice. Ilsenso unico alternato non risolveaffatto il problema”

Perché?“Perché se a incrociarsi sono due

auto si passa. Ma con due autobussono dolori! Manovre su manovre eincolonnamenti. Figurarsi poi con ilmio 18 metri”

Secondo lei sarebbe stato possi-

bile realizzare un percorso alterna-tivo migliore? Gli addetti ai lavoridicono che senza autobus lavore-rebbero meglio.

“Anche noi, senza cantieri. Mabisogna convivere senza tante pole-miche”

Perché i vicentini viaggiano sem-pre meno sui mezzi pubblici? Forsei biglietti sono troppo cari? I quar-tieri non sono serviti tutti allostesso modo?

Roberto non risponde, si limita adun sorriso, saluta e se ne va.

a.m.

Se le auto passano a fatica, per gli autobus (e i loro autisti) sono dolori

Visto l’attuale stato della viabilità la maggior parte dei cittadini rimpiange, con nostalgia i tempi in cui l’auto era un lusso e non una necessità

Non ne possono proprio più i resi-denti del quartiere di tutti questiproblemi: traffico, smog, polverisottili, rotatorie, cantieri. FlorioCapponi, il presidente del comitatoresidenti, fa il punto della situazio-ne.“Il cantiere di Corso San Felice ha

causato ulteriori problemi ad unazona di residenza, la nostra, giàprovata da mesi di lavori per la via-bilità, gli interventi per la realizza-zione della rotatoria, il cambio delsenso di marcia”.Ritiene che dare inizio ai lavori inquesto periodo di “polveri sottili”alle stelle sia stata una sceltasbagliata?“Il problema è la logica seguita

nella realizzazione dei lavori: primalo stravolgimento della viabilità, poii lavori cominciati in ottobre chenon sono ancora terminati. Infinela situazione rotatoria del tuttoprovvisoria. Ora tutto è statosospeso in vista della posa dellenuove tubature e dei cavi.Terminati questi lavori, riprenderan-no quelli per rendere definitiva la

nuova viabilità.Intende dire che sono stati sba-gliati i tempi?“Logica vorrebbe che prima si rea-

lizzino cavi e tubature e poi viabili-tà e arredo urbano. Sembra chetra comune e Aim manchi coordi-namento se non proprio il dialogo.Che richieste fate voi residenti?“Chiediamo che vengano rispettati

i tempi prestabiliti: un mese, comepromesso. Potrebbero appaltareparte dell’opera a ditte private, ofare ore straordinarie. Lo sa che ilturno degli operai dell’Aim com-prende anche i trasferimenti dall’a-zienda al cantiere e ritorno? Siperde un quarto d’ora ogni trasferi-mento, mezz’ora di lavoro perdutaogni giorno quindi, ed il venerdìpomeriggio non si lavora. Nonsarebbe male se i lavori si faces-sero anche durante la notte e neifine settimana. Magari si riuscireb-be a concluderli nei tempi prestabi-liti”.

a.m.

“Al lavoro anche di notte”La pazza idea dei residenti

Gli abitanti della zona sarebbero disposti a sacrificare anche ilsonno. “Ma tra Aim e Comune manca collaborazione”

Il maxi-cantiere di Corso SanFelice è entrato in funzione marte-dì 9 marzo.

Obiettivo dei lavori: posa di nuovetubature per acqua e gas, nuovicavi per l’elettricità e per le fibreottiche, anche in funzione delcompletamento dell’opera di rin-novo della viabilità del quartiere,iniziata lo scorso ottobre ed anco-ra allo stadio di provvisorietà distrutture ed arredo urbano.

È forse singolare iniziare i lavori ilsecondo giorno della settimana enon il lunedì, come logica vorreb-be? Apparentemente sì, ma di dis-torsioni ed illogicità il cantiere

perpetuo “Viale Milano-CorsoSan Felice” ne suggerisce molte.

Il primo rallentamento all’opera, aonor del vero, è avvenuto solo percause meteorologiche: in giornatedi maltempo, infatti i lavori sibloccano, perché la pioggia nonpermette il regolare svolgimento discavi ed asfaltature.

Dopotutto i residenti della zonasono abituati ai rallentamenti, alcaos e allo smog: il nodo viabilisti-co più caotico della città, versainfatti da quasi sei mesi in gravicondizioni di stress dovute asovraffollamento da mezzi intransito.

Page 4: VicenzaABC n 1 - 19 marzo 2004

la nostra inchiesta

Gli amministratori vicentini lo hanno detto chiaramente: per loro le misure control’inquinamento portano più svantaggi che vantaggi.In questi mesi di emergenza, con il livello delle polveri sottili costantemente sopra ilivelli massimi (cioè pericolosi per la salute di tutti) l’amministrazione cittadina nonha mai nascosto le sue perplessità su targhe alterne e domeniche a piedi. Anzi, in piùoccasioni gli assessori competenti hanno dichiarato che le cause dell’emergenza sonoaltre. Più delle auto, secondo loro, inquinano le caldaie e i fumatori di sigarette.Decine di studiosi (e fortunatamente migliaia di cittadini) non sono affatto d’accor-do. E restano convinti che le misure antiinquinamento siano indispensabili. Perciò,prima di sentirvi in colpa perché fumate la pipa o accendete il caminetto, valutatecon noi se l’atteggiamento di sindaco e assessori è sensato o completamente sbaglia-to.In sette punti principali, ecco le ragioni che l’amministrazione porta a sostegno dellesue teorie e un’analisi il più possibile oggettiva sulla loro fondatezza.

L’inquinamento è dovuto non solo alle auto ma ingran parte anche alle caldaie.

Lo sostiene l’amministrazione, e l’assessore Cicero in particolare, facendo suo unragionamento lanciato dall’Agener, l’Agenzia che raggruppa gli installatori e i manu-tentori degli impianti per riscaldamento domestico. Secondo questa teoria le polverisottili PM10 sono dovute in gran parte ai fumi del riscaldamento.

Falso.La teoria non è supportata da alcun dato scientifico. Solo per il biossido di zolfo(SO2) si può parlare di preponderanza nelle emissioni prodotte dagli impianti diriscaldamento che usano combustibili fossili. Tuttavia le concentrazioni di SO2 nellanostra città non sono mai state rilevanti.L’inquinamento che crea i maggiori danni alla salute delle persone è quello che deri-

va dalle polvere sottili PM 10. Polveri che hanno superato più di cento volte in unanno i livelli di allarme. La legge ammette solo 35 superamenti.Le prove sono sotto gli occhi di tutti: d’estate, quando le caldaie sono tutte spente,l’inquinamento continua a restare sopra i livelli di guardia.Tra parentesi, l’Agener punta ad ottenere l’incarico dal Comune per la verifica bien-nale di tutti gli impianti sotto i 35Kw.

In sintesi: che le vecchie caldaie inquinino è fuori di dubbio. Che siano le principaliresponsabili è una falsità.

Le auto potrebbero inquinare addirittura menodelle sigarette.

Un dubbio che l’assessore alla mobilità Cicero ha sollevato in un’intervista alGiornale di Vicenza, portando ad esempio un esperimento secondo il quale unoscooter ecologico a 4 tempi inquina meno del fumo delle sigarette.

Falso.Un’altra frase a effetto che non aiuta a risolvere il problema ma, appunto, alza moltofumo per nasconderlo. A parte che chi fuma a casa sua non danneggia gli altri, ilfumo delle sigarette non c’entra nulla con le PM 10. Le polveri sottili contengono piombo, nichel, zinco, rame cadmio, fibre di amianto,solfati, nitrati, idrocarburi policiclici aromatici, polvere di carbone e di cemento.Studi medici effettuati in 8 città italiane hanno stimato che abbattendo le concentra-zioni medie di PM10 a 30microgrammi/metro cubo – il valore limite negli Stati uniti– eviteremmo 3.500 morti in un anno, oltre a migliaia di ricoveri per cause respira-torie e cardiovascolari e migliaia di casi di bronchite acuta e asma fra i bambini.

In sintesi: le sigarette fanno migliaia di morti, l’inquinamento da smog anche. Masono due problemi totalmente diversi.

L’emergenza inquina-mento non può essererisolta da misure presenel solo comune diVicenza.

Lo sostiene da sempre l’assessore Sorrentino: anulla serve la limitazione del traffico in cittàquando i comuni limitrofi non vengono coin-volti. La decisione – continua Sorrentino –dev’essere presa a livello regionale se non addi-rittura nazionale.

Vero a metà. Sorrentino denuncia (ma solo tra le righe) leresponsabilità della Giunta Galan che nonrisponde al decreto ministeriale (4 aprile 2002,n. 60) contro l’inquinamento. Il decreto obbli-gava le Regioni a predisporre il Piano di risana-mento dell’aria entro un anno. MentreLombardia, Emilia Romagna, Toscana e Laziolo hanno adottato, il Veneto demanda ai singo-li capoluoghi di provincia ogni responsabilità edecisione. Scaricare le responsabilità però nonrisolve il problema: ovvio che i risultati sareb-

bero migliori se tutti i Comuni contermini assumessero contemporaneamente imedesimi provvedimenti, ma l’amministrazione ha dimostrato di non credere nem-meno nelle iniziative regionali e nazionali, boicottando (per esempio) le iniziativedelle domeniche a piedi che lo scorso anno hanno coinvolto più di mezza Italia.E poi – molto banalmente – da qualche parte si deve pur cominciare. Una domeni-ca senz’auto permette di scoprire a chi non ha mai rinunciato all’auto che in città cisi può muovere con mezzi alternativi.I dati, in ogni caso, danno torto a Sorrentino: le targhe alterne e le domeniche a piediabbattono l’inquinamento e fanno respirare la città. E di fronte alla salute dei pro-pri cittadini (prima di essere automobilisti infatti, questo siamo: cittadiini) l’ammi-nistrazione ha il dovere di fare scelte precise e coraggiose. Anche se impopolari.

In sintesi: In attesa delle decisioni di Galan, Vicenza ha il dovere di risolvere il pro-blema al suo interno. Non ci si possono palleggiare continuamente le responsabilità.

L’amministrazione ha il dovere di garantire la libertà dicircolazione a tutti i cittadini.È un’altra frase-manifesto di Cicero, che all’ultimo Consiglio Comunale di febbraioha dichiarato: “Quando le auto saranno tutte a idrogeno e non inquineranno più, icittadini potranno circolare senza più limitazioni”.

Falso.Ancora una volta Cicero confonde i cittadini con gli automobilisti. Ma soprattutto

non tiene conto che esiste una precisa gerarchia nei diritti da garantire. E quello dellasalute viene prima di tutti. In ogni caso, anche per garantire il diritto alla circolazio-ne, sarebbe necessario un progetto che prevedesse interventi precisi a breve, medio elungo periodo. Qui, a parte il breve, non si vede nulla.E ancora: l’inquinamento non è solo quello che entra nei polmoni. C’è l’inquina-mento acustico, quello visivo e quello architettonico. E c’è un dato inconfutabile: iltraffico aumenta in modo percentuale anno dopo anno. Tra dieci anni rischiamo ditrovarci tutti in coda, da Vicenza est a Vicenza ovest, con o senza i nostri motori aidrogeno. Non è a questo che dobbiamo puntare.

In sintesi: L’amministrazione ha prima di tutto il dovere di garantire la salute.

La limitazione del traffico automobilistico vacontro gli interessi della popolazione.

È il concetto che meglio spiega la scarsa sensibilità dell’amministrazione verso il pro-

Inquinamento: le 7 bugiIniziative boicottate e mancanza di responsabilità: ecco perché stiamo perdendo la battaglia per u

Messe alla sbarra una per una tutte le teoriedel Comune. Smentite dai dati, dagli espertie dal buon senso

Quante polemiche quando Corso Palladio fu vietato alle auto: costretto a piedi perfino il comandante della base americana

Sembrano foto di un altro mondo: Corso Palladio percorso in lungo e inlargo da auto, camion, furgoni, bus e filobus. Uno scatto dei primi anniSettanta mostra l’incrocio con corso Fogazzaro straripante di Fiat (allo-

ra in Italia le auto stra-niere erano una mino-ranza: pensate quantisecoli sono passati).Tra i vecchi bus verdicon due sole porte cer-cano di farsi stradaCinquecento, vecchie850, Millecento e vianumerando (allora perdare il nome alle autobastava un ragioniere,non una squadra dimarketing).

Nelle immagini che cor-redano questo servizioi tempi erano ancorapiù remoti, ma lepoche auto facevanogià da padrone nel cen-tro della città.“Decidemmo di chiude-re perché cominciava afarsi strada, in Italia,l’idea che le zone stori-

che della città dovessero tornare libere dal traffico - racconta GiorgioSala, allora sindaco della città - Ma non fu affatto semplice. Ci furonograndi polemiche e discussioni. ci furono proteste dei residenti e soprat-tutto dei commercianti, che paventavano la morte del Corso e dellacittà. Senz’auto come faremo, si chiedevano. Insomma, gli stessi dubbie le stesse domande di oggi.”

Siamo andati a recuperare l’ordinanza di allora. È la numero 20090 del4 dicembre 1972 e s’intitola “Esclusione dei veicoli privati dal transitoin Corso Palladio nel tratto da piazza Castello a Contrà Santa Barbara.”Interessante la motivazione ufficiale con cui il Corso venne chiuso alleauto: “Per la protezione dell’ambiente dai nocivi gas di scarico dei moto-ri e per il contemporaneo miglioramento del pubblico trasporto.”E ancora tra le motivazioni: “Esiste la possibilità di dirottare il trafficosulle strade laterali migliorando la circolazione mediante l’istituzione disensi unici e di sistemi a rotatoria.” L’assessore Cicero non è stato ilprimo a scoprire le loro potenzialità. A questa seguì un’ordinanza di disciplina particolare per I residenti incorso Palladio, tesa a favorire i loro spostamenti. Nell’ottobre ’74 un’ul-teriore disciplina placò i malumori dei negozianti del Corso.

“Ma non si pensi che queste deroghe fossero di manica larga - ricordaancora Sala - Per dare un’idea della severità della norma, ricordo un epi-sodio significativo. Il comandante americano della caserma Ederle, invisita ufficiale all’Amministrazione comunale, dovette farsi tutto il Corsoa piedi per raggiungere Palazzo Trissino. Non gli fu permesso passar inauto, comandante o non comandante. D’altro canto erano tempi diver-si: nemmeno l’auto del sindaco poteva passare.”In realtà, come hanno dimostrato i fatti, è bastato accettare l’idea per

scoprirne gli innegabili vantaggi. Soprattutto da parte dei commercianti,che temevano la morte del Corso e hanno scoperto invece la suarinascita.

La prima chiusura al traffico: che scandalo fu

Una possibile causa di inquinamento.Vicenza è circondata dalle zone industrialidei comuni limitrofi. La stessa area ai limiti-di S. Agostino e i colli berici presenta – incontrotendenza rispetto alle piccole-mediecittà italiane ed europee – un aumento dellaconcentrazione di attività ad alto impattoambientale

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la nostra inchiesta

blema. Per il centrodestra cittadino è sbagliato fare scelte che vanno contro gli inte-ressi della città.

Falso.Quando negli anni Settanta Corso Palladio venne chiuso al traffico automobilistico,l’amministrazione (democristiana) di allora fece una scelta tutt’altro che populista:si mise contro migliaia di cittadini (contrari) e centinaia di commerciali (contrari eincazzati) secondo i quali il centro sarebbe morto di lì a poco.Il centro non morì. Anzi, in seguito, si decise di chiudere anche ai mezzi pubblici. Sequalcuno ancora si lamenta, è perché vorrebbe chiuderlo anche alle bici. Nessunotornerebbe indietro.In buona sostanza: dove il traffico è stato interdetto o limitato, in breve tempoabbiamo imparato a riconoscerne tutti i pregi.La scelta di allargare sempre più la zona pedonale è l’unica possibile per la vita dellacittà. Se davvero l’amministrazione volesse fare gli interessi della popolazionedovrebbe spingere verso questa soluzione.

In sintesi: la limitazione del traffico risponde agli interessi della popolazione.

“Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo”

Altra frase-manifesto di Sorrentino, che dopo i fine settimane di targhealterne non perde occasione per scusarsi con la città (“Ci dispiace crearvi disagi: è lalegge che ce lo impone”).

Falso.L’impressione è che l’amministrazione faccia di tutto per boicottare ogni iniziativacontro l’inquinamento. Anzitutto ha sempre espresso la sua contrarietà alle targhealterne e alle domeniche a piedi, che non è il metodo migliore per convincere le per-sone. Fatto ben più grave, ha lasciato sola la Polizia Municipale, che aveva il com-pito di controllare la riuscita dell’iniziativa. I vigili – già in polemica con l’ammini-strazione per la questione del servizio notturno – si sono sentiti abbandonati.In questi anni l’amministrazione non ha fatto granchè: ha investito ogni risorsa dis-ponibile solo sulle rotatorie, assecondando la tesi della fluidificazione del traffico,ma i risultati sono all’evidenza di tutti.L’inquinamento, anziché diminuire è progressivamente aumentato, gli utenti debolidella strada sono sempre più a rischio, la fluidificazione funziona nelle ore di mor-bida, ma nei momenti di punta si registra una maggiore congestione veicolare.In sintesi: l’amministrazione ha remato contro e in modo molto evidente.

Non esistono ricette alternative validee percorribili.

È la parola d’ordine dell’amministrazione. Per fare qualcosa servirebbero iniziativenazionali, investimenti miliardari e comunque le priorità sono altre.

Falso.Naturalmente non esistono ricette predefinite. Ma sarebbe già molto trarre esempioda quello che altre città, anche in Italia, stanno sperimentando da tempo con risul-tati apprezzabili. Attualmente tutta la politica dei trasporti vicentina dipende per lagran parte dai convincimenti e dagli umori dell’assessore Cicero. Che come abbia-mo dimostrato, hanno ben poco di scientifico e alle volte anche di razionale. Per cominciare, basterebbe aggiornare il piano urbano del traffico e dei parcheggi,ponendo al primo posto l’implementazione delle corsie protette per bus e centro-bus, la realizzazione di percorsi ciclabili che costituiscano una rete viaria alternativae sicura e l’estensione della zona a traffico limitato in centro storico, la creazione dinuovi parcheggi d’interscambio all’ingresso della città e la realizzazione di percorsiprotetti casa-scuola in ogni quartiere.Tutto questo non costa molto e dà risultati sicuri come dimostrano le esperienze dialtre città italiane.

In sintesi: le alternative esistono, basta informarsi e soprattutto crederci.

ie dell’amministrazione una città più vivibile

È giusto pensare allenecessità degli automobilistima ci sono diritti importantiche vogliamo tutti: la salutee la qualità della vita

Oggi sono adoperate soprattutto dai vigili urbani di servizio agliincroci, ma crescono i vicentini che le adottano per pedalare lungo letrafficate strade cittadine. “Ne vendiamo da sempre – raccontanoalla ferramenta Sorio di Ponte degli Angeli – e ne proponiamo di varitipi. Le più semplici costano 30 centesimi, le più raffinate 7 euro. Male preferite sono proprio quelle più economiche, le stesse adottatedalla Polizia Municipale. Hanno una durata limitata: si usano fino atre volte poi si buttano via. Ma visto il costo non è un problema”.

Via internet l’alternativa: con una semplice ricerca trovate aziendeamericane o nord europee che offrono mascherine di tutti i tipi.L’ultimo grido è la mascherina trendy, abbellita da immagini colora-te. Per pedalare con un fiore in bocca, due orsacchiotti sulle guanceo un bello slogan che grida “Lasciatemi respirare”.

È consigliabile, comunque, non cedere alle tenta-zioni. Al posto della maschera in piume di struzzo esatin proposta anche da vari stilisti ma di dubbio effet-to depurante, cercate maschere del tipo “FiltroFacciale Protezione 2” (FFP2): aiutano a proteggersidalle polveri tossiche (i subdoli PM10). Ce ne sonoanche con valvole che favoriscono l'espirazione e lin-guette di metallo e gomma che aderiscono con facilitàalla forma del viso.

Per chi vuole il massimo basta affidarsi allemaschere professionali. In plastiche particolari rive-stono perfettamente il viso. L’effetto filtrante è assi-curato da cartucce sostituibili mentre il “corpo” dellamaschera è riutilizzabile. L’unico neo è l’alto costo e ladifficile reperibilità nei negozi tradizionali.

L’OGGETTO DEL DESIDERIO

Ti conoscomascherinaSenza iniziative serie, c’è chi si arrangia consistemi semplici ma tutt’altro che pratici

Ciro Asproso, consigliere comunale dei Verdi, di idee per migliora-re la qualità dell’aria e della vita ne ha a valanga. Ma scordatevi con-sigli semplicistici tipo “tutti in bici e pedalare”. Sensibile al problemainquinamento ma tutt’altro che integralista, Asproso chiarisce subitoche la soluzione deve tener conto delle esigenze di chi l’auto la usaper lavoro e necessità. “Una prima idea è istituire la figura del mobi-lity manager. Si tratta di un professionista della mobilità con l’incari-co di riorganizzazione e mettere ordine negli orari della città: ufficipubblici, scuole, grandi aziende, trasporti urbani, resi finalmentearmonici come gli strumenti di un’unica orchestra.

Far scendere i vicentini dall’auto è già difficile. Farli salire su unbus poi…

“Basta crederci. Partendo da una campagna di sensibilizzazionenelle scuole e nelle aziende, con politiche di marketinge investimenti in favore del trasporto collettivo.Contemporaneamente bisogna ammodernare il parcomezzi con la sostituzione dei veicoli inquinanti, rende-re affidabili gli orari e razionalizzare i percorsi. E anco-ra: arricchire le fermate dei bus con messaggi infor-mativi sui tempi d’attesa; istituire corse a chiamatanelle zone periferiche e in determinate fasce orarie. Sipuò anche pensare a un titolo unico di viaggio Aim-Ftv.

Dicono: ma dove troviamo i soldi?Unifichiamo il settore trasporti con quello della

sosta. Beneficiamo di parte degli incassi dei parcheg-gi per investire a favore del trasporto pubblico e percontenere i costi del biglietto.

I soldi ci sono, basta cercarli: il Ministerodell’Ambiente ha già stanziato 9 milioni di euro per ilCar Sharing, ossia l’utilizzo dell’auto in affitto.

E la metro di superficie?La metropolitana di superficie è una soluzione ideale perché uni-

sce la comodità e la rapidità della metro, alla flessibilità del bus. Allacondizione che non riguardi solo Vicenza, ma che unisca quantome-no Torri di Quartesolo con Montecchio Maggiore, passando per il cen-tro e la stazione FS del capoluogo.

Il Comune vuol puntare sulla tecnologia.Siamo d’accordo. Ci sono tecnologie d’avanguardia nella lotta alle

polveri, quali il Biofix, l’asfalto che resiste meglio all’usura e catturail PM10 o l’Ecopaint, una vernice a base di sostanze catalitiche cheassorbe i gas di scarico.

Ma l’inquinamento si combatte anche guardando alla bio edilizia,a una migliore coibentazione degli edifici, allo sviluppo di impiantisolari e fotovoltaici per la produzione di elettricità e calore.

Vicenza è inquinata anche fuori dalle mura.Vicenza è fortemente penalizzata da un notevole traffico di attra-

versamento di mezzi pesanti. In strade come la statale Pasubio sipossono introdurre portali automatici a pedaggio per i Tir e per i vei-coli commerciali oltre i 35 q.li. Questo indurrebbe molti autotraspor-tatori a servirsi della Valdastico per raggiungere l’autostradaSerenissima.

L’INTERVISTA

Pensiero Verde:le soluzioni ci sono“Bisogna far capire ai cittadini che iltrasporto pubblico è una valida alternativa”

Le stime regionali riferite alla nostra città attribuiscono al trafficoben il 60% delle cause d’inquinamento.

A Vicenza 82 spostamenti ogni 100 avvengono per mezzo del-l’automobile; il numero delle auto immatricolate in Italia è superiorea quelle di tutta l’America Latina; il traffico veicolare aumenta di circail 2% ogni anno. Bastano questi pochi dati per comprendere che finquando non assisteremo ad una radicale inversione di tendenza, conforti investimenti ed una più incisiva politica a sostegno dell’inter-modalità e del trasporto collettivo, ogni progresso tecnologico saràirrimediabilmente azzerato dall’aumento del parco circolante.

Senza demonizzare l’automobile, che per molti è una sceltanecessitata e per taluni uno strumento di lavoro, bisogna pur stabi-lire una gerarchia di valori tra gli interessi collettivi. Ipotizzare, comedimostrano gli atti di questa Amministrazione, che la mobilità sia undiritto acquisito e intangibile, mentre ciò non debba valere per il dirit-to alla salute, pare un assioma facilmente confutabile e persinoimmorale. In questi ultimi anni si è investita ogni risorsa disponibilesulle rotatorie, assecondando la tesi della fluidificazione del traffico,ma i risultati sono all’evidenza di tutti.

L’inquinamento, anziché diminuire è progressivamente aumenta-to, gli utenti deboli della strada sono sempre più a rischio, la fluidifi-cazione funziona nelle ore di morbida, ma nei momenti di punta siregistra una maggiore congestione veicolare. Se vogliamo tutelare icittadini servono investimenti e una diverso approccio al problema.

Tutti in auto appassionatamente

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idee e persone

Un’ottima ragione per stimare Gianantonio Stella –anche senza averlo conosciuto - sono i suoi baffi. Inun’Italia dominata da sbarbati e pizzetti, chi ha anco-ra il coraggio di portare i baffi? Tra I pochissimi, sisegnalano oltre a lui il testimonial della birra Morettie Massimo D’Alema. Ma siccome uno dei tre è chia-ramente finto, Stella ha un solo vero rivale: il testi-monial della Moretti.

Praticamente coetanei (Stella è del ’53, l’uomo dellacelebre friulana appena più giovane) si assomiglianoperché sanno divertire restando serissimi. Normaleper una birra, più difficile per un giornalista. A parla-re di cose serie in punta di penna c’è il rischio diessere poco credibili se non ridicoli: Stella ci riesceperfettamente e non a caso divide con MassimoGramellini della Stampa il ruolo di giornalista piùamato d’Italia. Quando presenta un libro riempie Iteatri e riceve un’accoglienza più da rockstar che daopinionista: gente che fa a pugni per entrare, batti-mani, tifo da stadio, autografi: mancano solo gli stri-scioni e le ragazzine che piangono (ma con Gramellinici andiamo vicino).

I baffi di Stella non fanno piangere le ragazzine matengono altissima la bandiera vicentina del grandegiornalismo. Perché Vicenza sarà pure una cittadinadi provincia, chiusa, volgare, incapace di evolversi,tutto sbarrato la sera, dormitorio e pettegolezzi (scu-sate: con questo ho elencato tutti i luoghi comunicon cui noi vicentini definiamo per prassi la nostracittà), ma ha sempre prodotto giornalismo di qualità:da Guido Piovene a Goffredo Parise per arrivare, inquesti anni a Stella, a Giancarlo Padovan (oggi allaguida di Tuttosport), a Paolo Madron, direttore diPanorama Economy ma destinato a scrivanie piùprestigiose.

Un destino scritto fin dai tempi del liceo, quandoStella sedeva sui banchi del Pigafetta in una classeche avrebbe prodotto non una ma quattro firme dellacarta stampata. Con lui in ordine alfabetico: PaoloColtro, oggi al Mattino di Padova; Ivo Diamanti, edi-torialista di Repubblica; Antonio Trentin, corsivistapolitico del Giornale di Vicenza. A guidare questoimpressionante conflitto d’interessi in erba, il cele-berrimo professore d’italiano Antonio Volpato.Avesse avuto l’intuizione di mollare tutto e fondareun giornale, sarebbe diventato milionario.“Ma il più bravo in italiano era Coltro, non lui” ricor-da Trentin (che guarda caso stava in banco conDiamanti).“Ricordo di aver preso più di qualche quattro” si

difende Coltro (che guarda caso era in banco conStella). “Gianantonio era già allora un bel rompico-glioni – ricorda Paolo – ma in senso positivo. Alloraera magrissimo: culo basso e grinta da vendere, eraun mostro nelle campestri. Adesso le campestri nonle fa più però suona ancora la chitarra. A casa sua, aNoale, facciamo ancora grandi rimpatriate: otto pezzisu dieci sono di Lucio Battisti. Che Stella ama tra-sformare con testi improvvisati in dialetto veneto”

Proviamo a immaginare i quattro ragazzi impegnati inun classico tema d’italiano: “Analizza le novità del lin-guaggio verghiano nella novella Rosso Malpelo”.L’attacco di Trentin, classico con brio: “Come unsasso nello stagno della letteratura italiana, cosìGiovanni Verga irrompe nell’immobilismo del nostroromanzo d’inizio secolo”.L’attacco di Coltro, classico con impeto: “Un meteo-rite accende la notte buia del romanzo italiano.Scende dal cielo paludato, squarcia il velo di falsità,

spazza via un secolo di manieri-smi: così irrompe GiovanniVerga”.L’attacco di Diamanti, classicocon puntiglio: “Un sasso. Nellostagno. Della letteratura italia-na. Paludata. Immobile. Cosìarriva Verga. Squarcia. Irrompe.Rivoluziona”.E l’attacco di Stella, classicocon fantasia? Facciamo che oggiè assente. Facciamo che è aParco Querini, in permesso spe-ciale, a prepararsi per la campe-stre. Facciamo che così citogliamo dai guai.Finito il liceo, Stella e Coltroesordiscono assieme nel giorna-lismo firmando su Veneto Sette,una delle trecento testate fon-date dal poliedrico FrancoMognon. Testate in tutti I sensi:pochi soldi e querele dietro ogniangolo. Coltro tiene duro permolti anni, bernoccolo dopo ber-noccolo, finchè mette la testa aposto entrando nel gruppoEspresso. Stella abbandonamolto prima: “Gianantonio eraambizioso, com’è giusto esser-lo: si trasferì presto a Milano ecominciò a collaborare con ilCorriere.”

In questo giornale è praticamente cresciuto, scrive disuo pugno nella breve biografia che accompagna Isuoi libri. E aggiunge: “Sposato, un figlio, cuoco dilet-tante di un certo talento e chitarrista di appassiona-ta mediocrità, vivo un po' a Roma, un po' vicino aVenezia, un po' in giro.” Vicenza, come si vede, spa-risce dalla sua vita. Resta però un veneto duro epuro, come dimostra scrivendo il notissimo "Schei",libro reportage sui riti e miti del Nordest. Pubblica poi"Dio Po: gli uomini che fecero la Padania" con cui sifa nemici tutti quelli della Lega; "Lo spreco", con cuisi fa nemica mezza italia politica; "Tribù", il ritrattodel Governo Berlusconi, con cui si fa nemica l’altrametà. Con "L’Orda, quando gli albanesi eravamo noi"si fa (finalmente!) qualche amico: il libro è un viaggionella nostra storia recentissima, che quarant’anni dibenessere fanno sembrare più lontana del medioevo.Scrive di lui Christian Rocca, corrispondente de IlFoglio: “Un tempo i cronisti li riconoscevi dalle suole

delle scarpe. Se erano lise, erano bravi, bravissimi.Gianantonio Stella è l'inviato speciale che camminadi più. Di scarpe chissà quante ne ha consumate. Maoggi si sposta con la Vespa. Al G8 di Genova fregòtutti noleggiandone una. Una cosa banale, ma nes-suno ci aveva pensato e quando scoppiò il finimondofu l'unico cronista in grado di muoversi velocementeper la città. Il commento non è il suo pane, e non sifa distrarre dal fumo dell'opinione. Lascia agli altrianche l'arte del retroscena, lui che è il re del rac-conto della scena. È stato anche il re delle intervistepolitiche, nessuno era bravo come lui a far parlare undeputato o un sottosegretario”.

Oggi potrebbe fare comodamente l’opinionista dapoltrona eppure scrive ancora reportage da cronistad’assalto. La scorsa estate ha randellato il condonoedilizio berlusconiano con un lungo viaggio tra gliabusi d’Italia. Ogni puntata aveva l’effetto che nean-che quindici interrogazioni parlamentari.Ma si diverte anche bazzicando teatri e festival, dovesi batte per un futuro più sostenibile della nostraterra, la piena integrazione degli immigrati e tantealtre cose di sinistra. Lui che di sinistra non è. Afarne un atipico infatti non sono solo I baffi, ma lacapacità di scrivere, senza pietà, contro destra e sini-stra, a seconda dei casi.Un metodo eccellente per farsi dare, a giorni alterni,del berluscones o del comunista, ma anche per anda-re a letto con la coscienza pulita.

Oggi Stella chiede il diritto al voto per gli immigratiperché, spiega, “gli italiani emigrati, gli italo-america-ni, hanno cominciato a sentirsi pienamente america-ni quando hanno potuto vedere uno di loro, AngeloRossi, diventare sindaco di San Francisco o FiorelloLa Guardia diventare sindaco di New York”.

E ancora: “Dobbiamo investire sui nostri cittadini didomani: vuol dire investire su noi stessi, sul Veneto,sull'Italia. È indispensabile in un momento in cui diinvestimenti sul futuro ce ne sono così pochi”.Da buon cronista che parla con la gente, ha rispostesemplici anche per problemi complessi:“L'inserimento degli immigrati si è a poco a poco feli-cemente compiuto man mano che sono arrivate ledonne, le vere protagoniste positive di ogni immigra-zione, e i bambini, che poi sono quelli che trascinanoi genitori all'interno della società.” Un figlio al postodi un poliziotto. Chissà se I nostri politici senza baffici hanno mai pensato.

Matteo Rinaldi

Stella, giornalista coi baffiRITRATTI VICENTINI

Dalle sgomitate con i (celebri) compagni di banco del Pigafetta a firma prestigiosa del Corriere della Sera.Oggi fa il pienone nei teatri dove parla di immigrazione, solidarietà e futuro sostenibile

Saremo (siamo) più poveri che inpassato? Niente paura. Anzi, è ilcaso di dire: era ora. Forse siamostati – fino a ieri – più ricchi di quelche il buon senso suggerirebbe. Perdirla altrimenti, il nostro stile iperca-lorico oltre i limiti del buon gusto (edell’obesità), ci ha fatto vivere immer-si in una sorta di bolla speculativa.Inevitabile che prima o poi dovessescoppiare. A questo punto, l’impor-tante è che il botto non faccia troppomale. Che, con i tempi che corrono,non è solo una boutade linguistica.

Dunque, in primis: evitare di rimpian-gere un sistema che abbiamo credu-to – troppo a lungo – essere il miglio-re possibile. Ormai lo affermanoanche gli economisti più accorti: lafelicità c’entra poco col PIL. E, ci per-mettiamo di aggiungere, la creativitàancor meno. Satolli, ci si siede in pol-trona rimettendosi in moto quando –smaltita l’abbuffata – si fanno vivinuovamente I morsi della fame. Mirendo conto di quanto possa essereimpopolare una simile affermazione,ma è solo la penuria ad aprire lo spa-zio a nuove possibilità.

E ancora: riscoprire la parola chiave“necessità”, ovvero, ciò che è essen-ziale e non potrebbe essere altrimen-ti. Quanti degli oggetti che utilizziamoabitualmente sono davvero indispen-sabili? La verità è che abbiamo sep-pellito sotto una montagna di cose lalezione platonica: Amore è figlio di

Poros (ingegno) e di Penia (povertà),partecipa della natura e delle qualitàdi entrambi. Perciò è mancanza ebisogno, ed insieme capacità di sod-disfarli.

Terzo: considerare il fatto che pro-gresso non è sinonimo di quantità,ma di qualità. Una dimensione eticaed estetica, non geometrica. Fermorestando che la pancia piena andreb-be comunque garantita a tutti. E pertutti, non intendiamo solo noi, madavvero, l’intero pianeta: unica pro-spettiva possibile in un mondo globa-le.

Quarto: eccetera.

Va bene, con questi prodromi di unbreviario per giovani generazioniimpaurite e impoverite abbiamo(forse) scherzato. Sappiamo beneche le inquietudini di questa stagio-ne, le paure quando non le angosce,raccontano di un’epoca di profondocambiamento che – per la prima voltadopo oltre cinquant’anni di crescita –modifica radicalmente le nostre pro-spettive. E tuttavia, vi è una solarisposta possibile alle ansie realiaperte dal millennio appena iniziato:cambiare registro e, con un diversopasso, inventare un mondo nuovo.Perché magari non ce la faremo adevitare di essere poveri, ma certo,potremo almeno tentare di esserbelli.

d.l.

Più poveri di papà?Noi diciamo: era oraSe calano le aspettative economicheriscopriremo la qualità della vita

Il miracolo veneto non è finitose investiamo sull’innovazione

Giampiero Dalla Zuanna: “Non confondiamo le percezioni con la realtà”

Nelle società non toccate dallo sviluppo, leannate buone si succedono a quelle cattive, e ildestino si prende gioco degli uomini, sconvolgen-do i tempi della vita. Spesso sono i padri a sep-pellire i loro figli. Molte persone riescono amigliorare il proprio livello di vita, ma altrettan-te vivono drammatiche situazioni di impoveri-mento. Alla fine della corsa, la somma è zero, senon addirittura negativa: il reddito e la ricchezzacrescono in modo impercettibile, oppure dimi-nuiscono, per periodi anche molto lunghi.Inoltre, le classi sociali sono quasi cristallizzate, ei privilegi di pochi si realizzano a discapito dellesofferenze di molti: per quattro secoli, fra ilQuattrocento e il Settecento, tutti i magistrativeneti – dal doge al podestà della città più remo-ta – venivano da poche centinaia di famiglie, lestesse che hanno fatto costruire da Palladio leville in campagna e d’inverno vivevano nei lorosplendidi palazzi sul Canal Grande. Per secoli esecoli, vivere in questo modo è stato normale, eancora oggi le cose vanno così nei paesi poveri.Chi, come noi, vive ormai da parecchie genera-zioni sotto un’altra prospettiva, fa fatica a sop-portare la mancanza di progresso. Un sacerdote,missionario da trent’anni nei quartieri poveri diRio, in Brasile, mi diceva sconsolato che la cosaper lui più dura da accettare è vedere che i figli,malgrado tutti i loro sforzi, non riescono a vive-re meglio rispetto ai loro padri.

Lo sviluppo degli ultimi due secoli vuol direquesto: da molte generazioni, i figli stannomeglio dei loro padri. Qualche numero sulVeneto può aiutare a comprendere l’imponenzadi questi cambiamenti. All’inizio dell’Ottocento,solo l’1% dei nati veneti raggiungeva gli 80 anni,mentre oggi questa proporzione sfiora il 60%. Avalori costanti, il reddito di un adulto veneto dioggi è superiore del 60% rispetto a quello di suopadre, di una volta e mezza rispetto a quello disuo nonno.

Grazie al prolungarsi nel tempo di questi cam-biamenti positivi, per tutti noi la “normalità”coincide con il miglioramento continuo. Nelricco Occidente, tutti i genitori ragionevoli siaspettano che i loro figli possano vivere una vitamigliore rispetto alla loro.

Quando il meccanismo si inceppa, subito sem-brano vacillare le fondamenta stesse dellamodernità. Ceccarini e Diamanti, in una recenteinchiesta pubblicata su Repubblica mettono ildito sulla piaga: i loro dati mostrano che i geni-tori hanno paura che la festa sia finita, che tuttigli investimenti fatti sui figli svaniscano, comesono svaniti i titoli dell’Argentina, della Cirio edella Parmalat. Invano il Primo Ministro siaffanna a spiegare che – anche in questa faseeconomica stagnante – non siamo diventati piùpoveri, ma abbiamo mantenuto il nostro livellodi reddito e di ricchezza. Con queste affermazio-ni Berlusconi ammette la sconfitta della sua poli-tica. Nelle società moderne, basate sulla felicedialettica fra aspettative e realizzazioni di conti-nuo progresso, fermarsi vuol dire aver fallito. Inquesta fase, la gente percepisce questo.

Ma le percezioni rispecchiano la realtà? È pro-prio vero che la festa è finita? O ci troviamo,piuttosto, in un momento di pausa, che precedeuna nuova spinta verso il “progresso”? I datisono controversi. Da un lato, la gente risparmiameno. D’altro canto, la caduta dei consumi èinferiore rispetto a quanto la gente dichiara almomento dei sondaggi, anche perché i prezzi –se presi nel loro insieme – sono aumentati menorispetto a quanto percepito, a causa anche dellaconcentrazione degli aumenti sui beni che acqui-stiamo ogni giorno. Quanto all’andamento gene-rale dell’economia, il periodo di faticoso incre-mento di reddito non è – almeno per ora – ecce-zionale, se confrontato con quanto è accaduto inaltri anni, come nel 1975, dopo la guerra fraEgitto e Israele, o nel triennio 1981-83.

Non sembra invece corretto enfatizzare troppol’idea che i giovani faranno lavori sempre piùprecari. I dati mostrano che, effettivamente,anche nel Veneto sono aumentati i lavoratori atempo determinato, Tuttavia, questi nuovi postisono aggiuntivi, piuttosto che sostitutivi, perchéle posizioni di lavoro a tempo indeterminato nondiminuiscono. Inoltre, molti lavori precari si tra-sformano, dopo pochi mesi o pochi anni, inposti fissi. Più in generale, la situazione demo-grafica suggerisce che le prospettive occupazio-nali dei giovani saranno abbastanza rosee. Nelprossimo decennio, i nuovi pensionati saranno innumero nettamente superiore rispetto ai nuovilavoratori, che diminuiranno anche per il forteincremento dei giovani universitari. Tuttavia,malgrado questi dati tranquillizzanti, è difficileessere troppo ottimisti sulle prospettive occupa-zionali di lungo periodo di giovani sempre piùistruiti e, quindi, sempre più spesso alla ricercadi un lavoro con il “colletto bianco”. È difficiledire cosa accadrà al nostro sistema economico. Ildiscorso dovrebbe essere lungo e articolato, mapossiamo cercare di sintetizzarlo in poche frasi.Quarant’anni di progresso nel Veneto sono statirealizzati grazie a continue innovazioni di pro-cesso, allo sfruttamento della forza lavoro, allapossibilità di fare svalutazioni competitive, e afattori ambientali favorevoli. È difficile pensareche, senza una decisa accelerazione verso l’inno-vazione di prodotto il nostro futuro economicopossa continuare a essere migliore del passato.Quindi, il nostro slogan dovrebbe essere: ricerca,ricerca e ancora ricerca. Ma lo Stato, gli impren-ditori e la società tutta ne sono veramente consa-pevoli? Sono disposti a fare investimenti in que-sto senso, dirottando risorse ora impiegate inaltro modo?

*professore di Teorie della PopolazioneUniversità di Padova

Nel corso del dopoguerra ogni giovane generazione è stata mossa dalla convinzione che avrebbe realizzato un destino migliore rispetto a quello degli adulti. Oggi non è così. Un giovane su due pensa che ad attenderlo vi sia una prospettiva meno gratificante di quella raggiunta dai suoi genitori. Ilvo Diamanti (da Repubblica del 22 febbraio 2004) “

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economia

Ritratto dell’uomo forte di Assindustria vicentina ormai prossimo al balzo verso viale dell’Astronomia

Tutto comincia con un viaggioin Maserati: l’autista al volante e,sul sedile posteriore, LucaCordero di Montezemolo insiemea Massimo Calearo.

Ad arrancare dietro la fuorise-rie di casa Fiat la Lancia blu del-l’associazione industriali vicenti-na: a bordo l’autista e il respon-sabile delle relazioni esterneStefano Pernigotti. È l’8 marzoscorso e Montezemolo ha appenaincontrato un gruppo di impren-ditori veneti a Mestre, poi hafatto visita alla redazione delGazzettino. Al momento di salirein auto per tornare a Bologna,l’invito a Calearo a fare un po’ distrada insieme. E due chiacchiereovviamente.

Il viaggio in realtà è solo laconferma del ruolo decisivo gio-cato da Calearo nella vittoria diMontezemolo per la presidenzadi Confindustria. Il “nostro” haavuto un ruolo importante, anzidecisivo, nel rompere il fronteveneto a favore di Tognana, chesolo fino a poche settimane fapareva compatto e a prova dibomba.

Nell’abitacolo della Maserati,nei chilometri che separanoMestre e Bologna, non si è certo

parlato di forniture di antenne. Èstata probabilmente siglata unapromessa, un gentlemen agree-ment che prevede, per l’industria-le vicentino, un ruolo di prestigioall’interno della federazionenazionale degli industriali. Siparla di una vicepresidenza ocomunque di un posto nel diretti-vo. Più probabile la seconda pos-sibilità, dicono gli economisti. Ilruolo di consigliere del bel Lucapare tagliato su misura perMassimo Calearo.

Galeotto fu il Cuoa: storia diuna amicizia potente

Il patto d’acciaio traMontezemolo e Calearo è natoproprio a Vicenza. Testimonedell’evento, guarda caso,Innocenzo Cipolletta (considera-to uno dei registi dell’operazionepresidenza, oggi presidente dellaUbs Corporate Finance Italia),nonché membro di prestigio delCuoa, Consorzio universitariocon forte partecipazionedell’Assindustria.

Qui Montezemolo era statoinvitato per la consegna di unmaster. E qui ha probabilmentestretto il suo patto con Calearo.Erano tempi non sospetti, quan-do il fronte veneto sembrava

stretto intorno a Tognana. Ma latattica ha funzionato alla perfe-zione. “Un uomo molto furbo,per certi versi spietato, ma pur-troppo anche intelligente” dice diCalearo un imprenditore “nemi-co”. Vediamo di conoscerlo unpo’ più da vicino.

Tutto casa e chiesa (globale)

Quarantotto anni, laurea inEconomia e Commercio, tre figli,amministratore delegato dell'o-monima azienda nata nel 1957(200 dipendenti in Italia per 30milioni fatturati dalla produzionedi antenne per telefonini e auto-

mobili. Tra i suoi clienti,laFerrari), Massimo Calearoconiuga saldamente in sé ilmodello familiare veneto(«Mantenere il controllo sull'a-zienda è una priorità») e un mar-cato accento verso l’innovazione.Con un investimento di oltre 4milioni ha messo in piedi il cen-tro di ricerca per le radiofrequen-ze e telecomunicazioni CeRCa(Centro Ricerca Calearo) consede in una moderna palazzinasu tre livelli di oltre 2700 metriquadrati ad Isola Vicentina.Obiettivo: dar vita ad una sortadi Silicon Valley nostrana. “Eranecessario creare un centro di

eccellenza in casa”. “Inoltre”, haspiegato, “sono i cervelli le nostrenuove risorse: le conoscenzedevono restare in loco a differen-za della produzione che può esse-re trasferita all’estero”.

Detto, fatto. Il nostro è tra ipromotori del primo esempio divero e proprio distretto industria-le (500.000 metri quadri) in purostile Nordest esportato oltre con-fine. Sorgerà in Slovacchia –paese oggi considerato ideale pergli investitori - a pochi chilome-tri da Bratislava, nel comune diSamorin. Vi si insedierà un grup-po di imprese di piccola e mediadimensione tutte appartenenti alsettore elettromeccanico. PerCalearo, prima che una necessitàproduttiva, una scelta strategica:“E' questo un modo concreto dirispondere all'esigenza di interna-zionalizzazione delle Pmi. Con ilprogetto Samorin intendiamodimostrare che è possibile aggre-gare più piccole e medie impresein vista di un obiettivo comune”.

La pista orientale

Ma il presidente diAssindustria provinciale , nonchévicepresidente di Federmeccanica,guarda molto più lontano.Prossimo obiettivo: conquistare ilmercato orientale. «La Cina?Piena disponibilità e grande inte-resse a verificare questa possibili-tà». Il commento riguarda la let-tera con cui il sindaco di Shangaiha proposto all’imprenditoriaveneta di investire nel suo territo-rio. Interessato sì, ma senzalasciarsi prendere da facili entu-siasmi e, soprattutto, mettendo lemani avanti: «Stiamo realizzandouna indagine seria e approfondita- dice ancora Calearo - dei fattori

chiave della produzione e delmercato cinese. Trasferire le pro-duzioni in Cina per poi importar-le in Occidente? Sono poco inte-ressato». A proprio agio sia nelcortile di casa che nel mercatoglobale, Calearo sembra averpreparato la sua ascesa a Vialedell’Astronomia con qualcosa diben più sostanzioso che il soloappoggio preventivo all’ex enfantprodige di casa Agnelli.

Capofila di una nuova impren-ditoria?

Nella prima riunione operativadi pochi giorni fa (15 marzo) aBologna, il neopresidente diConfindustria ha chiamato intor-no a sé i più stretti collaboratoriper mettere a punto programmae squadra che lo accompagneran-no nei prossimi quattro anni.Assente giustificato (per impegnidi lavoro), Massimo Calearo. Maper lui, un posto di prestigio inConfindustria è ormai un asse-gno in bianco a firma LucaCordero di Montezemolo. Si trat-ta solo di capire come verrà riem-pito. Il prossimo 29 aprile, dataufficiale di presentazione dell’in-tero “pacchetto della presiden-za”, lo sapremo.

Definito da alcuni un furbac-chione molto scaltro, da altri unabile tessitore delle altrui (e pro-prie) fila, resta il fatto cheCalearo è ormai ben più di unapromessa dell’industria nordesti-na, e si candida a diventare(autorevolmente o meno, lo diràil futuro) il capofila della nuovaimprenditoria veneta ormai defi-nitivamente entrata – a piésospinto - nella seconda genera-zione.

d.l. e m.r.

Galeotta fu la corsa in Maseraticosì Montezemolo rapì CalearoDa un viaggio segreto tra Mestre e Bolognal’accordo che ha spaccatola Confindustria Venetasul fronte Tognana

Ma le idee per innovare sono poche:per il leader vicentino compito difficile

Per svolgere un ruolo da protagonista, Calearo dovrà trovare risorse tutt’altro che scontate

La bocciatura di Tognana, come candidato a presi-dente della Confindustria, segna la fine di un’era.Lo ha già scritto Ilvo Diamanti, in un tempestivoeditoriale sul Gazzettino, qualche settimana fa. Si èconcluso quello scorcio di secolo nel quale ilNordest ha provato a diventare un laboratorio diinnovazione per l’Italia. Il Nordest della piccolaimpresa che parlava di secessione e minacciava ditrasferirsi in altri territori d’Europa, non solo con leaziende, ma anche con il proprio modello organiz-zativo di grande successo.E’ con la forza della “protesta” che Tognana èandato a Roma. Ha fatto l’accordo con D’Amato,spiazzando il candidato presidente della grandeimpresa del Nordovest, promettendo di trasformarela “protesta” in “proposta”, il modello dei distrettie della piccola impresa in un nuovo modello per ilPaese. Vi ricordate di Manfredonia? Tognanaaveva tentato di dimostrare che i distretti si posso-no trasferire al Sud e che la piccola impresa è piùbrava di quella grande a portare ricchezza dove nonc’è.A qualche anno di distanza gli aderenti aConfindustria hanno decretato quanto segue: che ilNordest non è un modello interessante per l’Italia,che Tognana ha bluffato sull’alternativa e non haun programma credibile da proporre. E non haneppure una squadra compatta alle spalle, perchénello stesso Veneto ci sono molti associati che all’a-nomalia nordestina credono sempre meno.E’ in questo punto preciso che si inserisce il tentati-vo di Calearo di smarcarsi dall’amico Tognana, dirinnovare l’establishment del Veneto e del Nordesto almeno di tentare di proporre una faccia nuova aicolleghi delle altre regioni. Articoli e dichiarazionisu tutti i giornali, strette di mano, proposte di inve-stimento nell’area cinese e nell’est europeo, pernome e per conto dell’intera Confindustria italiana.Tutte operazioni logiche, ma con due problemi nontrascurabili.Il primo è politico. Se Calearo vuole entrare da pro-tagonista sulla scena italiana deve avanzare propo-ste autorevoli, complementari a quelle messe incampo da Montezemolo. Cosa potrebbe contare alivello nazionale un leader periferico, cooptato sul carro del vincitore grazie al peso elet-torale e contributivo di cui dispone, piuttosto che

per la forza delle sue idee? Vicenza è notoriamentela terza associazione territoriale di Confindustria(per numero di associati e forse anche per quoteversate) e può legittimamente ottenere un postonella squadra del Presidente. Ma essere un uomodel Presidente senza deleghe e senza idee non pro-mette nulla di buono, anche per chi è abituato avestire i panni del paziente gregario, in attesa ditempi migliori.Il secondo problema è di contenuti. Entrare inscena con una proposta autorevole per l’industriaitaliana significa avere in testa un modello di impre-sa e di politica, ed anche un modello di leadershippersonale, attraenti più di quelli scelti da NicoTognana. Calearo deve ricordare che l’unica voltache il Nordest è riuscito a proporre qualcosa è statoquando ha scommesso sulla propria originalità,richiamando l’attenzione di Clinton e di moltiesperti internazionali. Senza un modello e un’espe-rienza originali non si fa molta strada.E’ dunque importante andare a Samorin o Shangaicon un gruppo di imprenditori entusiasti. E’ giustostudiare il modello americano della Silicon Valley oaffidarsi a Repubblica o al Corriere per avere piùaudience. Ma non basta. Servono idee, progetti ecapacità manageriali che gli altri non hanno.Bisogna organizzare investimenti in ricerca simili eforse migliori di quelli che può mettere in campol’industria dell’Ovest.Su questo fronte Calearo si trova nella medesimamaledetta posizione dei suoi predecessori, rappre-sentanti del Nordest come modello per il sistemaPaese (oltre a Tognana dobbiamo ricordare cheanche Cacciari e Carraro ci hanno, a suo tempo,provato). Deve indicare in che modo un popolo dipiccole industrie e tecnici tradizionali può realmentearrivare a costruire grandi imprese competitive edistretti dell’innovazione. Ma non sa ancora comerisolvere questo problema. Finita un’epoca se ne apre un’altra. Calearo, con lasua industria, può svolgere un ruolo da protagoni-sta, ma deve costruire ambizioni e trovare risorseche non sono quelle tipiche di una città di provin-cia.

p.g.

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Il nuovo presidente designato di Confindustria Luca Cordero diMontezemolo. Massimo Calearo farà parte della sua squadra e rap-presenterà gli industriali del Veneto

Page 8: VicenzaABC n 1 - 19 marzo 2004

Proviamo a sovvertire un luogo comune: gli indu-striali sono – per natura – vicini al centrodestra.Falso. Mettendo a confronto i finanziamenti per leattività culturali vicentine, gli sponsor privati eranomolto più disponibili ad allargare i cordoni dellaborsa negli anni precedenti l’insediamento dellaattuale giunta.

Numeri inequivocabili: nel 1999 – ultimo anno diamministrazione del centrosinistra – gli sponsor par-tecipano alle spese per le manifestazioni culturali piùvarie con circa 148.000 euro. L’anno scorso, finan-ziamenti letteralmente prosciugati: 40.000 euro espiccioli. Una miseria. In mezzo, un disamore pro-gressivo che, di anno in anno, ha visto defilarsi unodopo l’altro i sovventori di un tempo. Sulla brecciasono rimasti solo sponsor istituzionali come l’AIM.Come dire: null’altro che partite di giro.

Colpa della recessione? Più probabilmente, gli spon-sor abbandonano una barca, anzi, una barchetta,che ormai naviga senza timoniere, nonostante ladelega alla cultura sia tenuta saldamente (si fa perdire) in mano dal sindaco in persona. “Hüllweck?Mai visto in commissione cultura” ci raccontaMarco Dalla Pozza, responsabile di settore dei DS.“E mi risulta sia un fantasma anche in assessorato”.“La parola giusta è destrutturazione” sospira GuidoZovico, un tempo tra gli animatori delle estati vicen-tine: “Vicenza non ha mai brillato rispetto, ad esem-pio, una realtà molto più organizzata come Bassano.Ma certo bisogna dire che in passato si sono ottenu-ti risultati decisamente superiori alla capacità diinvestimento. Ora, invece, è calato il buio più totale.

Scorrendo le programmazioni, anche cittadine comeThiene o Arzignano ormai lavorano meglio di noi.Purtroppo, manca una strategia complessiva. E sec’è, proprio non si vede. E’ vero, i comuni – Vicenzacompresa - ricevono da Stato e Regione sempremeno risorse, ma proprio per questo sarebbe indi-spensabile una seria progettazione capace di coin-volgere i privati. Compenserebbe la riduzione del-l’investimento pubblico. Invece, quel poco che èrimasto sembra seguire una logica del tutto estem-poranea. Insomma, si fa un po’ a caso. E gli sponsornon ci stanno”. Impressionante l’elenco delle inizia-tive culturali cancellate dall’amministrazione di cen-tro-destra: i concerti di musica leggera di “VicenzaMusica”, lo “Stivale delle sette note”, “7 volte libri”,la rassegna cinematografica dell’8 marzo, “Al di làdel mare”, “Vicenza città Unesco”,“GiugnoFilmFesta”, sono scomparse dal cartellone.Ridimensionata anche la programmazione estiva.EstateShow/EstateFest che viaggiava sull’ordine dicento appuntamenti e 35/40.000 presenze, ha visto

calare drasticamente il sostegno del comune: per il2003 appena 14.000 euro più il contributo AIM.Risultato: appuntamenti dimezzati. E, va da sé, pub-blico pure.

La scure dell’assessore Hüllweck è calata anche sullefeste rock autogestite dai gruppi giovanili di quartie-re che rappresentavano un vanto a livello nazionale(100.000 presenze in quasi due mesi di eventi).Progressivamente privato di sostegno economico, ilrock vicentino ha perso anche qualsiasi rilevanza nelprogetto dell’amministrazione. Nulla di cui stupirsi:nelle “Linee programmatiche di governo per il 2003-2008”, alla voce “cultura”, la musica d’elezionedelle fasce giovanili non viene neppure citata. Solojazz, lirica, musica da camera e sinfonica sono degnedi un fuggevole cenno. Generi di altissimo valoreculturale, sia chiaro. Ma qualcuno spieghi all’asses-sore che, da almeno quarant’anni, i giovani di tuttoil mondo (vicentini compresi) impazziscono per ivari epigoni di Elvis, piuttosto che per, il pur mera-viglioso, Quartetto d’archi in Fa Maggiore di Ravel.

E francamente, discutere il valore culturale (e, perchéno? commerciale) della musica impropriamentedetta “leggera” è davvero questione obsoleta.

Hüllweck invece, sembra inseguire il sogno di unasupposta grandeur vicentina legandola quasi esclusi-vamente all’inaugurazione del teatro comunale diViale Mazzini, pozzo vorticoso nel quale fluisce granparte delle scarse risorse stanziate per la cultura (solo960.000 euro nel 2003, quasi 500.000 in menorispetto all’ultimo bilancio della precedente giuntadi centro-sinistra. E per il 2004, ci conferma il presi-dente della Commissione Cultura, Mario Bagnara, èprevisto un ulteriore calo del 3 per cento circa). “Ilgigantismo non porta da nessuna parte” spiega il pit-tore Silvio Lacasella “il sindaco sostiene che è meglioessere primi in pochi cose che secondi in tante. Diqui, i continui accenni alla favolosa mostra suPalladio che dovrebbe tenersi nel 2006. Chissà se sifarà mai. Intanto, assistiamo impotenti al rinsecchir-si dell’humus culturale cittadino. En attendantPalladio, i vicentini devono prendere il treno o l’au-

tomobile, e andare altrove per assaporare qualcheevento culturale di un certo rilievo”. Insomma, a cer-carla con il lanternino, una elementare linea guida èpossibile individuarla: puntare le poche fiches suprogetti faraonici di là da venire. Nel frattempo, unmessaggio – neanche tanto velato - ai vari promoto-ri culturali: arrangiatevi. E sia. Ma almeno esercita-re quel “ruolo di indirizzo e coordinamento” (ancherispetto alle sponsorizzazioni dei privati) promessodal sindaco nel suo programma di governo?

Rincara la dose Dalla Pozza: “La cultura a Vicenzanell’era Hüllweck? Rispetto al 2001, i contributi dasponsorizzazioni sono stati il 73% in meno. A ciò siaccompagna un costante calo delle risorse stanziatedall'Amministrazione a favore della cultura. Ci sonocontributi che sfiorano il ridicolo come quello allaFita (Federazione Italiana Teatro Amatoriale) oall'Accademia Olimpica, o che mettono in gravedubbio la prosecuzione dell'attività (come quelli allaPiccionaia, alla Biblioteca Bertoliana o allaBiblioteca Internazionale "La Vigna"). Il problema èche il bilancio del Comune è soffocato dalla spesaper il teatro e dagli sperperi (13 assessori, svariateconsulenze, alcuni dirigenti pagati uno sproposito, iviaggi a Cannes...), e ovviamente la cultura è laprima a farne le spese”.

Da Aldo Zardon, vicentino presidente regionaledella Fita, una voce parzialmente fuori dal coro: “Alivello personale posso vantare un ottimo rapportocon l’amministrazione. Ricevo sempre grandi pacchesulle spalle... Soldi? Come Fita organizziamo da anniil Festival nazionale ‘Maschera d’oro’, consideratoda tutti gli addetti ai lavori il più importante eventonazionale per il teatro amatoriale.Dall’amministrazione riceviamo 4.500 euro. Ma perquest’anno il sindaco me ne ha promessi 5.000. Ilcosto complessivo del festival? Tra i 56.000 e i58.000 euro”. In attesa che la giunta stanzi 500 euroin più per un festival che ogni volta fa il pieno dipubblico al teatro San Marco, qualcuno si chiedecome sia possibile uscire dal tunnel.

Una risposta prova a darla l’ex assessore alla cultu-ra della giunta Quaresimin, Francesca Lazzari: “E’necessario ripensare e riorganizzare la proposta cul-turale in modo efficiente, tornando a dialogare – nonoccasionalmente - con privati e associazioni. E’ oradi finirla con una politica di investimenti casuali. Glisponsor hanno un atteggiamento molto pragmatico:di fronte ad una politica seria e ben organizzata, tor-neranno”.

Davide Lombardi

cultura

La grande fuga degli sponsorSorpresa dai dati sulla collaborazione con i privati: aveva più appeal il centrosinistra

Da 140 mila euro a poco più di 40 mila: crollano le sponsorizzazioniper le iniziative culturali del Comune. Così le aziende tradiscono il centrodestra

Metti una seracon Stefano Benni

Alla libreria Librarsi con il grande autoreitaliano. Che s’improvvisa traduttore

Ditelo in giro: in questi tempi veloci, c’è ancora qualcuno che ha voglia di farnotte raccontando storie. Stefano Benni è uno di questi. Così, sabato 13 marzo,ha chiamato a raccolta i tiratardi vicentini da Librarsi. Il posto è piccolo. Lagente tanta. Si sgomita per entrare e farsi largo fra la folla. Sopra un palchetto,parla Benni, di sé ma soprattutto di un tizio dall’aria losca e latina. Lui è EfraimMedina Reyes, uno che sembra tutto meno che uno scrittore: ceffo da pugile eghigno da pirata caraibico. “Cosa ci si aspetta da uno scrittore sudamericano?”Benni dà il via alle danze. “Sesso” risponde sincera una signora del pubblico.La libreria parte a sghignazzare e il clima si scalda di fiati ed emozioni. La gentesi libera di sciarpe e cappotti, ferrivecchi di un inverno che la serata vorrebbespazzar via. Reyes mastica un misto di italiano e colombiano. Si presenta. E nes-suno lo capisce. Saltatempo-Benni si offre di tradurre ma, dopo un rapido scam-bio di battute, risulta chiaro che lo spagnolo deve averlo imparato da SpeedyGonzalez. Chiede onestamente il cambio. Il sudamericano racconta il suonuovo libro: “Tecniche di masturbazione fra Batman e Robin” (Feltrinelli - 10euro. Traduzione di Gina Maneri). Come lo nomina, tre strani figuri, imper-meabile lungo e occhiali del tipo fondo di bottiglia, si scambiano sguardi ciechie allupati. Hanno però frainteso: la masturbazione non è il vero tema della sera-ta. Il titolo prende spunto da un aneddoto che Reyes non tarda a render pub-blico. E’ la singolare storia di una festa in cui due maschere, appunto quelle diBatman e Robin, si corteggiano vicendevolmente senza aver compreso di appar-tenere allo stesso sesso. Troppo tardi viene svelato l’inghippo, ché le due prota-goniste si trovano ormai invischiate in una storia d’amore. Oltre, il libro siaddentra nel pozzo dei rapporti umani fondati su un’intrinseca incomunicabili-tà. E’ forse a quest’impossibilità di conoscere se stessi e gli altri che Reyes devela rabbia e la violenza che traspaiono dalle sue opere? O forse è la vita nei bas-sifondi colombiani che lo ha reso così crudo e provocatorio? Un passato dapugile suonato (14 incontri, tutti persi), figlio dei sobborghi di Cartagena deIndias dove gli sport degli adolescenti erano “rimorchiare gringas sulla spiaggiae rapinare gringos per le vie del centro”, Reyes è oggi lo scrittore culto dei gio-vani colombiani. Cresciuto a sesso, droga & rock ‘n roll, è ben lontano dai variSepulveda e Garçia Marketing, al quale rivolge accorate ingiurie. Benni lo sti-mola con domande puntuali e Reyes motiva le sue accuse: “Sarebbe sciocco nonriconoscere la qualità letteraria di Marquez. Io però non mi identifico con lui.Io non leccherò mai il culo a un dittatore come Fidel Castro per andare a bal-lare la cumbia con Bill Clinton alla Casa Bianca due settimane più tardi.Marquez ha fatto fortuna descrivendo la magia dell’America Latina ma sonodieci anni che manca dal suo Paese, che non vive di scenari incantati ma di mise-ria e pallottole. Come la maggior parte della mia generazione, sono cresciutocon gli aneliti del primo mondo e senza nessuno dei suoi privilegi. Sono uno deitanti figli bastardi dell’impero yankee, e non posso far altro che usare e assimi-lare le mie origini multiple per esprimere e difendere la mia possibilità di esserequalcuno”. E siamo certi che Reyes qualcuno lo stia diventando.

Nicola Colpo

ORA D’ARIAlocalemai banale

la propostadi abc

Cucina in casadei quattro fratelli

Gallerie di PalazzoLeoni Montanari

Via Btg Framarin si divide net-tamente in due: nella primaparte “tira” un’aria di… cam-biali per la presenza di più ban-che, nella seconda ritorna adessere un quartiere residenziale.

Non è difficile trovare questopalazzetto: è dipinto per metàdi giallo, ivi compresa un’orri-bile merlatura. E’ in esercizioda molti anni: agli inizi deglianni ’90 aveva raggiunto unbuon livello (c’era ai fornelliBruno “Pansa” ora in queld’Altavilla), poi cambiò lagestione e divenne un luogo piùraccolto, con una cucina menoflamboyant e la fama si acquie-tò.

Eppure questi quattro fratelli(Sabrina e Luca in sala eManuel e Massimo in cucina)offrono con tranquilla semplici-tà una cucina che è l’esaltazio-ne dei nostri piatti e dei nostriprodotti.

Salumi, tanto per iniziare, perapprodare poi a ravioli all’orto-lana, pieni di profumi d’erbefini con una pasta elastica. Maabbiamo trovato anche bigoliall’anara o col ragù o un bacca-là alla vicentina che sarebbemeritevole di riconoscimento

della Confraternita, sarde insaor servite come secondo,buone da fare il bis.

Di valida esecuzione il coniglioin tegame e la griglia dellaquale troverete tutto il reperto-rio conosciuto dal vitello almanzo al maiale per braciole,costate, sparagagna, salsicce, alpollo quanto basta per unpranzo di pieno sapore.

Contorni? Verdure crude,ovviamente, ma sono valideanche le verdure cotteTerminate con un casalingosemifreddo all’amaretto o conil salame bianco, ma potresteprovare anche la focaccia ailamponi, con la stessa soddisfa-zione. Non più di 25 euro, vinoa parte.

Mastro Ghiottone

Trattoria FramarinVia Btg Framarin 4836100 VicenzaTel 0444 570407Chiuso : domenicaCarte di credito : tutteVoto 13/20

Il progetto espositivo Restituzioni2004. Tesori d’arte restaurati, idea-to e promosso fin dal 1980 daBanca Intesa in collaborazione conimportanti musei e collezioni pub-bliche italiane, presenta la suadodicesima edizione, particolar-mente ricca sia in qualità che inquantità. Sono infatti novanta leopere restaurate che, selezionate daun comitato scientifico col coordi-namento di Carlo Bertelli, rimar-ranno esposte alla Gallerie diPalazzo Leoni Montanari dal 20

marzo al 20 giugno prima di venirerestituite alle rispettive sedi di pro-venienza (oltre che numerose chie-se lombarde e veneziane, Galleriadell’Accademia, Tesoro diS.Marco, Fondazioni Cini, QueriniStampalia e l’isola di San Lazzarodegli Armeni di Venezia,Pinacoteca Ambrosiana, MuseoPoldi Pezzoli e Bagatti Valsecchi diMilano, Musei Vaticani, ecc). Sitratta per lo più di capolavori del-l’oreficeria di varie epoche, ma nonmancano sculture antiche e rinasci-mentali, preziosi reperti archeologi-ci, smalti di Limoges, dipintistraordinari di Bramantino,Pinturicchio, Veronese, Tintoretto,Maffei, Romanino, Peterzano chesono stati riportati all’originariosplendore da scrupolosi restauridocumentati scientificamente in uncatalogo. Un motivo (campanilisti-co) in più per visitare la ricca rasse-gna è poi la presenza di alcuneopere dell’incisore vicentinoValerio Belli (1468 c – 1546): unacroce e una serie di tre medaglionicon scene della passione in cristallodi rocca provenienti dalle GalleriePontificie. Celebrato da Vasarinelle sue Vite, Belli rivestì un ruolofondamentale nel Rinascimentonell’antica arte della glittica, cioèdell’intaglio delle pietre dure, edebbe tra i suoi importanti commit-tenti personaggi della corte pontifi-cia (Leone X, Clemente VII) emedicea.

Tazio CirriPalazzo Leoni Montanari in una foto del1869 circa. Fonte: www.palazzomontanari.com

Unanimi le critiche: “Troppa casualità nelle sceltel’indusrtria investe solo dove ci sono programmi precisi”