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p. 38 VI - Camminano forte! - osservò Jacopo. - Già, fanno sempre affondare un po’ la prua, però camminano tanto lo stesso… guarda che baffi che fa il pupparino! - Anche noi, però! - Sì, sì, anche meglio - confermò Marco ridendo - Certo che non vorrei proprio essere al loro posto. Sono dati come favoritissimi e sono obbligati a vincere. Chissà come gli tremano le gambe? - Beh, non è che la nostra situazione sia molto diversa, mi pare - commentò Jacopo. - No, dici? - Perché pensi che se non arriviamo in bandiera anche questa volta i miei, i tuoi, Cate e Giovanni e tutti quanti gli altri sarebbero contenti? Ormai li abbiamo abituati che almeno una bandiera la prendiamo e se non ce la facciamo ci restano male di sicuro. - Ci tirano i pomodori in faccia, vuoi dire? - aggiunse ridacchiando Marco. - Eh, più o meno - rispose sorridendo Jacopo – io comunque preferirei non correre rischi. - Ho capito, ho capito: vinciamo noi e non se ne parla più, va bene? - Va bene, va bene. Col Ciaci a prua… - Appunto. E se va male non mi faccio vedere in giro per un mese. Ah, ah. Avevano ancora una decina di minuti prima del sorteggio delle corsie e li trascorsero provando la cavata, senza spingere però. La dosana, l’ondata di marea che usciva dal Canal Grande per andare al mare, non era molto forte. Un poco di fastidio lo davano invece le onde in Bacino San Marco, soprattutto nelle corsie interne, dove si sentiva di più l’onda di ritorno dalla riva. Come avevano già visto vogando davanti alla Giudecca, la brezza che soffiava dal mare aveva rinforzato ed era abbastanza fresca. Una volta imboccato il Canal Grande non l’avrebbero quasi sentita, ma nel primo tratto di gara e in Bacino avrebbe impegnato molto i poppieri e Jacopo, volgendo il viso verso la brezza, per sentirla meglio, si era fatto un po’ pensieroso. Nel campo di regata incrociarono o affiancarono quasi tutti gli altri equipaggi, scambiando saluti e qualche battuta. Vogarono per un poco appaiati anche con Ballarin e Scarpa, ma provando un certo imbarazzo Jacopo si fermò quasi subito, lasciandoli andare avanti. Alle quattro e un quarto risuonò finalmente lo squillo della trombetta della giuria, che chiamava i poppieri per il sorteggio delle corsie di partenza. Marco e Jacopo si diressero velocemente al pontone galleggiante ormeggiato davanti al monumento di Vittorio Emanuele II. Quando furono a lai del pontone, Jacopo, posato il remo in barca, appoggiò le mani sul tavolato per scendere e stava già per farlo quando si volse a guardare Marco con un’espressione interrogativa. - Vuoi andare tu al sorteggio? Forse hai più fortuna di me! - Ma neanche per sogno! Tocca ai poppieri partecipare al sorteggio delle corsie! Comunque se peschi più del cinque - aggiunse con gli occhi che gli ridevano, mentre Jacopo era già in piedi sul pontone - mi offri la pizza per un anno intero! Intesi?! - E se pesco l’uno, me la offri tu?, rispose Jacopo sorridendo. - Per due anni di fila te la offro! Parola mia. - Affare fatto allora! I nove poppieri sullo zatterone si disposero velocemente intorno al giudice, che ripeté dapprima le solite solenni raccomandazioni sul comportamento da tenere in gara e poi li invitò a buttare le dita per la conta. Contò venticinque dita e incominciò subito dopo il tocco per stabilire chi avrebbe La Serenissima, barca ammiraglia del corteo storico in Canal Grande

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VI- Camminano forte! - osservò Jacopo.

- Già, fanno sempre affondare un po’ la prua, però camminano tanto lo stesso… guarda che baffi che fa il pupparino!

- Anche noi, però!

- Sì, sì, anche meglio - confermò Marco ridendo - Certo che non vorrei proprio essere al loro posto. Sono dati come favoritissimi e sono obbligati a vincere. Chissà come gli tremano le gambe?

- Beh, non è che la nostra situazione sia molto diversa, mi pare - commentò Jacopo.

- No, dici?

- Perché pensi che se non arriviamo in bandiera anche questa volta i miei, i tuoi, Cate e Giovanni e tutti quanti gli altri sarebbero contenti? Ormai li abbiamo abituati che almeno una bandiera la prendiamo e se non ce la facciamo ci restano male di sicuro.

- Ci tirano i pomodori in faccia, vuoi dire? - aggiunse ridacchiando Marco.

- Eh, più o meno - rispose sorridendo Jacopo – io comunque preferirei non correre rischi.

- Ho capito, ho capito: vinciamo noi e non se ne parla più, va bene?

- Va bene, va bene. Col Ciaci a prua…

- Appunto. E se va male non mi faccio vedere in giro per un mese. Ah, ah.

Avevano ancora una decina di minuti prima del sorteggio delle corsie e li trascorsero provando la cavata, senza spingere però. La dosana, l’ondata di marea che usciva dal Canal Grande per andare al mare, non era molto forte. Un poco di fastidio lo davano invece le onde in Bacino San Marco, soprattutto nelle corsie interne, dove si sentiva di più l’onda di ritorno dalla riva.

Come avevano già visto vogando davanti alla Giudecca, la brezza che soffiava dal mare aveva rinforzato ed era abbastanza fresca. Una volta imboccato il Canal Grande non l’avrebbero quasi sentita, ma nel primo tratto di gara e in Bacino avrebbe impegnato molto i poppieri e Jacopo, volgendo il viso verso la brezza, per sentirla meglio, si era fatto un po’ pensieroso.

Nel campo di regata incrociarono o affiancarono quasi tutti gli altri equipaggi, scambiando saluti e qualche battuta. Vogarono per un poco appaiati anche con Ballarin e Scarpa, ma provando un certo imbarazzo Jacopo si fermò quasi subito, lasciandoli andare avanti.

Alle quattro e un quarto risuonò finalmente lo squillo della trombetta della giuria, che chiamava i poppieri per il sorteggio delle corsie di partenza. Marco e Jacopo si diressero velocemente al pontone galleggiante ormeggiato davanti al monumento di Vittorio Emanuele II. Quando furono a lai del pontone, Jacopo, posato il remo in barca, appoggiò le mani sul tavolato per scendere e stava già per farlo quando si volse a guardare Marco con un’espressione interrogativa.

- Vuoi andare tu al sorteggio? Forse hai più fortuna di me!

- Ma neanche per sogno! Tocca ai poppieri partecipare al sorteggio delle corsie! Comunque se peschi più del cinque - aggiunse con gli occhi che gli ridevano, mentre Jacopo era già in piedi sul pontone - mi offri la pizza per un anno intero! Intesi?!

- E se pesco l’uno, me la offri tu?, rispose Jacopo sorridendo.

- Per due anni di fila te la offro! Parola mia.

- Affare fatto allora!

I nove poppieri sullo zatterone si disposero velocemente intorno al giudice, che ripeté dapprima le solite solenni raccomandazioni sul comportamento da tenere in gara e poi li invitò a buttare le dita per la conta. Contò venticinque dita e incominciò subito dopo il tocco per stabilire chi avrebbe

La Serenissima, barca ammiraglia del corteo storico in Canal Grande

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dovuto estrarre per primo il bussolotto con il numero di corsia. La sorte indicò Schiavon, il robusto poppiere del pupparino viola, che infilata la mano nel temuto sacchetto di panno rosso estrasse il numero sei. Non era una cattiva corsia, era subito all’interno di quella centrale, appena appena esposta alle onde sottoriva e non troppo inclinata rispetto al Canal Grande, lui però aveva sperato di meglio e non lo nascose.

- Che pegoła! Mai che ci capiti un numero d’acqua decente - commentò con disappunto, allontanandosi.

Dopo di lui pescò il poppiere del marron, cui toccò la corsia tre, all’esterno, verso San Giorgio, una delle migliori perché proprio in linea con l’imboccatura del Canal Grande.

- Uauh! - esclamò felice, andandosene subito saltellando.

Fu quindi la volta di Jacopo di tentare la fortuna. La mano gli tremava dentro il sacchetto e toccò due o tre bussolotti prima di decidersi a prenderne uno. Lo consegnò al presidente della giuria che ne svitò il tappo e lo girò per vedere il numero che c’era scritto all’interno.

- Celeste corsia cinque - disse a voce alta.

- E dài!- esultò tra sé e sé Jacopo - È al centro dello schieramento, come volevamo. Marco sarà contento! - si disse poi sorridendo e arretrando di un passo per assistere al sorteggio degli altri.

Il bianco e il verde pescarono subito dopo le corsie migliori, la uno e la due, al largo, le più in linea col Canal Grande, e gli altri ragazzi li sommersero di commenti scherzosi, solo Ballarin, il poppiere del pupparino rosso, non disse nulla, e divenne scuro in volto. Le corsie buone se ne erano già andate quasi tutte e adesso le cose si facevano più complicate per loro, perché non sarebbe stato facile andare davanti.

La corsia nove, quella più danneggiata dalle onde di ritorno, andò all’arancio e la quattro al canarin.

Toccò poi a Ballarin che pescò la corsia otto, la seconda sottoriva: non si lasciò sfuggire nessun commento, ma non poté trattenere una smorfia di disappunto, scuotendo la testa. L’ultima corsia, la sette, andò al poppiere del pupparino rosa, che corse invece via sorridendo, tutto sommato contento di com’era andata.

Avviandosi svelto verso il suo pupparino, anche Jacopo non poté trattenere un sorriso di contentezza per il sorteggio.

- Il cinque! - disse scendendo con agilità in barca e prendendo il remo da Marco - E loro l’otto - aggiunse senza attendere la sua domanda sul rosso.

- Mica male! - commentò con gli occhi che gli brillavano Marco.

- Sì, poteva andare meglio, ma anche peggio però!

- Già, e adesso quei due dovranno fare i conti con noi! Volevamo così, no?

- Certo che volevamo così. In bocca al lupo! - disse Jacopo porgendogli la mano e guardandolo negli occhi.

- Crepi! In bocca al lupo anche a te! - rispose Marco stringendola forte e ricambiando lo sguardo determinato del suo compagno.

- Crepi!

Tutti gli equipaggi si muovevano in modo frenetico ora, ciascuno desideroso di prendere possesso al più presto della propria corsia di partenza. Mancavano solo pochi attimi al via e la tensione era alle stelle. I poppieri raccoglievano, aiutandosi col remo, le sottili funi che erano legate al cordino e le tenevano poi in mano e i provieri erano già in posizione. Quando tutti gli equipaggi furono pronti, con la fune in mano del poppiere e i remi in acqua, ci fu qualche istante di silenzio che a Marco parve durare un secolo, e poi finalmente risuonò la voce del giudice distorta dal megafono: “Pronti, viaaa!”

Un attimo dopo diciotto remi entrarono contemporaneamente in acqua, con un gran tonfo e tra le grida liberatorie dei vogatori. Marco sentì un tuffo al cuore e incominciò a vogare più veloce che poteva. I primi cinque colpi li facevano come sempre cortissimi e molto veloci, per far alzare la barca e farla muovere: era fondamentale superare subito le barche

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che stavano a fianco a loro, per non essere danneggiati dalle loro onde. Dopo questi primi colpi frenetici Marco aveva poggiato il piede sinistro sulla punta della pedana, per poter protendere il più possibile il corpo in avanti, e vogava con vogate più lunghe ma sempre veloci, facendo forza quasi solo sulle braccia. Il ritmo era buono, ma aveva le gambe rigide e non accompagnava bene il movimento della barca: la prua si immergeva troppo nell’acqua e non filavano bene com’erano capaci.

Dopo i primi cento metri, percorsi senza respirare e senza pensare, Jacopo alzò la testa e controllò con un’occhiata a destra e a sinistra le posizioni degli altri equipaggi: all’esterno, verso San Giorgio, il bianco e il verde, appaiati, erano già avanti di buona mezza barca su di loro, mentre il rosso, dalla parte della riva, era avanti di una prua. Tutti gli altri equipaggi erano però più indietro di loro.

- Il bianco e il verde verso San Giorgio…- gridò Jacopo subito dopo.

Marco sollevò per un attimo la testa e guardò da quella parte, e poi guardò dalla parte opposta, per vedere dove si trovava il pupparino rosso. Vedendo che erano poco più indietro dei primi prese un po’ di coraggio, perché sapeva che fino a quel momento non aveva vogato bene e aveva temuto di essere molto più indietro. L’emozione adesso era svanita del tutto, fece scendere il piede sinistro dalla punta della pedana e impostò una vogata più lunga, anche se ancora veloce, immergendo poco il remo, e Jacopo fece lo stesso. La prua non sprofondava più e sotto le gambe sentiva la barca che scivolava veloce sull’acqua.

Fino all’altezza della Piazzetta di San Marco, dove finivano le corsie, badarono solo a vogare a testa bassa, senza parlarsi e senza controllare più le posizioni delle altre barche. Quando furono davanti alla Piazzetta guardarono tutti e due a destra e a sinistra, e videro che avevano ridotto lo svantaggio sul bianco e sul verde, all’esterno dello schieramento, e forse erano alla pari col rosso all’interno, che nonostante la corsia sfavorevole teneva benissimo la posizione.

In centro al canale anche il canarin di Enzo e Vianello stava rinvenendo bene, mentre l’arancio all’interno e il marron all’esterno sembravano tagliati fuori dalla lotta per i primi posti. Troppo staccati per impensierire i primi erano anche il viola e il rosa nelle due corsie vicine a loro, che faticavano a stare attaccati ai migliori.

Ora mancavano solo un centinaio di metri all’imboccatura del Canal Grande, ma Marco sapeva che erano i più importanti di tutti, perché chi entrava nel canale in testa quasi sempre vinceva. Per questo i regatanti dicevano “primi in Canal primi ała Machina”, il palco delle premiazioni dov’era posto anche il traguardo.

Marco l’aveva sentito ripetere tante volte questo motto e sapeva bene che dovevano tirare fuori tutto adesso se volevano andare davanti, anche se sentiva i polmoni che gli scoppiavano per lo sforzo della cavata, la gola arsa e la testa in fiamme. Non si sarebbe mai perdonato di non averci provato.

Cercò con lo sguardo un riferimento davanti a sé, fermandosi sui bianchi leoni della porta d’acqua del Museo Guggenheim, e poi incominciò ad aumentare il numero dei colpi, cogliendo di sorpresa per un attimo anche Jacopo, che non si aspettava questo cambio di ritmo. Il pupparino piegò verso la riva sinistra, ma lui lo raddrizzò subito con un colpo di remo più vigoroso, riprendendo in mano la barca. Vedendo che camminavano veramente forte sperò che i loro avversari fossero stati colti di sorpresa dal loro scatto. Alla Punta della Dogana vide infatti che il verde e il bianco all’esterno non erano riusciti a rispondere alla loro progressione ed erano più indietro di tutta una barca, mentre il pupparino rosso all’interno era sempre lì. Per entrare in Canal Grande adesso avrebbe però dovuto curvare, finendo sui brassi del provièr, come si dice in gergo, e perdendo velocità. Anche loro avrebbero dovuto curvare, ma meno del rosso, trovandosi in mezzo al canale, mentre gli equipaggi più esterni, quelli con i numeri d’acqua più bassi, verso San Giorgio, essendo già quasi in linea con l’imboccatura non avrebbero quasi rallentato, guadagnando qualcosa su di loro e sul rosso.

- L’importante adesso è raddrizzare subito la barca - si ripeté ancora una volta tra sé e sé Jacopo - e riuscire a prendere la riva, dove la corrente fa manco. Ancora un piccolo sforzo, dài Marco, che dopo ti riposi! Ancora dieci colpi ed è fatta. Dài! Dài! Dài! - gridò poi con foga.

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Quando furono al centro della curva Marco sentì che il pupparino rallentava la sua corsa e aumentava la resistenza dell’acqua sulle sue braccia, ma dopo qualche colpo di remo più vigoroso la barca fu di nuovo diritta e veloce.

Jacopo guardò subito alla loro destra, con la speranza di vedere il rosso più indietro di loro, per poter prendere la riva. Vide invece con delusione che i loro avversari erano appena un poco più indietro e che non avrebbe potuto stringerli per passare davanti: la riva era ormai del rosso.

Intanto alla loro sinistra si stavano avvicinando il bianco e il verde, che invece di prendersi la riva destra del canale, facendo gara a sé, avevano preferito tagliare il campo di regata e avvicinarsi alla riva sinistra. Evidentemente avevano pensato che il rosso era troppo forte per loro e che era meglio accontentarsi di una bandiera, cercando di prenderne la scia; si erano avvicinati, avvicinati e adesso erano all’altezza del celeste, dalla parte esterna.

Era una situazione da pelle d’oca, perché con tutte quelle barche vicinissime sarebbe bastato un nulla per toccarsi, fare impasso e finire lì la gara. Il più preoccupato dei due era Marco, che era solo alla sua terza regata e non si era ancora mai trovato in una situazione così difficile. Gli erano venute in mente le raccomandazioni di Cate di poco prima e vogava tutto teso, controllando continuamente la prua delle barche che avevano vicino.

Jacopo era più tranquillo, però non sapeva cosa fare. Avrebbero potuto rimanere dov’erano, facendo gara al campo, ma si rendeva conto che non erano abbastanza forti da battere in un testa a testa il rosso, che era sicuramente più potente di loro e se altri ne avessero preso la scia prima o dopo loro avrebbero dovuto accodarsi, perdendo posizioni.

Gli sembrava quindi preferibile lasciar passare il rosso e prendere la sua poppa, per tentare se possibile un attacco più avanti, anche se così avrebbero rischiato che il rosso, una volta davanti, preferisse prendersi a poppa il verde o il bianco, che erano alla loro sinistra. Bastava che si spostasse verso il centro del canale e loro sarebbero rimasti lo stesso fuori della colonna.

Alla fine Jacopo pensò che se fosse stato al posto del rosso, lui avrebbe sicuramente preferito tenere loro a poppa, che erano meno esperti e pericolosi degli avversari del pupparino verde e del pupparino bianco, e fece quindi passare davanti il rosso, attaccandosi subito alla sua poppa.

Come aveva previsto, il poppiere del rosso, appena furono davanti, non cambiò traiettoria, preferendo tenersi a poppa il celeste e costringendo il verde e il bianco ad accodarsi.

Vedendo che si era risolto tutto senza impassi e a loro favore, Marco tirò un grosso sospiro di sollievo e prese a vogare più sciolto. Vogando in scia dei primi, adesso potevano anche tirare il fiato, perché facevano meno fatica, venivano come trainati dal rosso, e al momento non dovevano temere attacchi da quelli che li seguivano.

L’entrata dei pupparini in Canal Grande era stata salutata da una vera e propria esplosione di grida e di applausi. Il pubblico era vicinissimo, accalcato nelle poche fondamente che si affacciano sul canale o sistemato a bordo di una miriade di barche ormeggiate alle rive, e gli incitamenti si alzavano fortissimi al passaggio delle barche, seguendo come un’onda la colonna dei pupparini.

Marco aveva provato un’emozione indicibile, che lo aveva ripagato di tutti quei mesi spesi ad allenarsi, rinunciando a riposo e divertimenti. Era l’emozione che aveva immaginato l’anno prima assistendo alla Storica dalla riva e che lo aveva spinto il giorno dopo a presentarsi in Remiera. Ma era ancora più bello, tanto più bello, di quello che aveva immaginato e si sentiva felice come non lo era stato mai prima.

Quegli applausi gli avevano fatto dimenticare la stanchezza per la cavata e lo avevano fatto sentire orgoglioso di quell’inaspettato secondo posto, che portava di colpo lui e Jacopo tanto in alto.

Erano stati però anche uno stimolo straordinario a dare tutto quello che poteva ancora dare, per ricambiare quello splendido pubblico. Aveva subito sentito forte l’impulso di vogare più forte, per superare il pupparino rosso e andare davanti a tutti, ma si era reso conto che non era quello il momento di attaccare, che dovevano semmai avere pazienza, aspettando

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il momento favorevole. Ballarin e Scarpa non gli facevano comunque più paura e sentiva che lui e Jacopo erano forti altrettanto e potevano benissimo batterli.

Quando passarono davanti al palazzo della Prefettura gli amici della Remiera della Giudecca li incitarono molto rumorosamente, dal loro gondolone ormeggiato alla riva, e Jacopo e Marco si voltarono a guardarli sorridendo.

Quegli incitamenti fecero crescere ancora di più in loro la voglia di provare a passare davanti, ma era una decisione difficile da prendere. Jacopo con la coda dell’occhio vedeva il verde che li seguiva a socheto, pronto ad approfittare del più piccolo errore per passarli e non sapeva decidersi.

I pupparini passarono sotto il ponte dell’Accademia formando un lungo e variopinto serpentone, che si adattava alle ampie anse del Canal Grande. Dopo i primi tre gli altri seguivano un po’ staccati, perché il bianco e il canarin si erano toccati facendo impasso, col risultato che erano rimasti attardati a vantaggio del viola che, visto un varco tra le barche che lo precedevano, ne aveva approfittato per portarsi avanti. Il distacco del viola dal verde era però di almeno due barche, due barche e mezza, e dietro il viola seguivano tutti vicini gli altri.

I primi si stavano ora avvicinando velocemente alla curva a destra che il canale fa subito dopo la Machina, il palco d’onore ormeggiato davanti a Ca’ Foscari. Era un punto cruciale della regata, perché lì le barche per compiere il percorso più breve avrebbero tagliato la curva, portandosi dalla parte di San Tomà, e poteva prestarsi benissimo per un attacco. Era accaduto tante volte negli anni passati e per questo motivo Marco e Jacopo avevano provato e riprovato la manovra nei loro allenamenti dei giorni precedenti la regata, con traiettorie sempre diverse, in mezzo al canale o vicino all’una o all’altra riva. Se avessero voluto cercare di sorpassare una barca quello era infatti uno dei pochi posti favorevoli in tutto il percorso dentro il Canal Grande.

Per Jacopo la tentazione di tenersi stretto quel secondo posto, che gli avrebbe consegnato la bandiera bianca senza tanta fatica, era fortissima, si sentiva però bene, ancora con energie da spendere e quella sarebbe stata per lui l’ultima Storica dei Giovani, perché l’anno dopo sarebbe andato fuori età. Il desiderio di provarci, insomma, era fortissimo ed era sicuro che Marco sarebbe stato d’accordo con lui, rischiando anche di perdere qualche posizione, “tanto – pensava - secondo o quarto cambia poco, perché ci si ricorda solo del primo”.

Quello che non sapeva era se Marco si fosse stancato troppo nella cavata e quante forze avesse ancora da spendere. Lo vedeva, sì, vogare bene, con movimenti sciolti, ma Ballarin e Scarpa del pupparino rosso non erano avversari facili, erano forti ed esperti e non sarebbero certo stati a guardare. Buttarsi al campo e ingaggiare un testa a testa con loro sarebbe stato un suicidio, perché erano più potenti e alla lunga avrebbero prevalso. Bisognava invece trovare il modo per passare subito davanti con uno scatto veloce, che Jacopo e Marco avevano, e dopo cercare di resistere in tutti i modi al ritorno, contando sul fatto che anche i loro avversari dovevano essere stanchi come loro.

Quando furono vicini al palco, poco prima dell’inizio della curva di Ca’ Foscari, sentirono altissimo l’incitamento di Cate e degli altri amici della Remiera delle Zitelle e a Jacopo quello sembrò il segnale che era il momento giusto per rompere gli indugi.

Il rosso aveva incominciato ad attraversare il canale per portarsi vicino alla riva dalla parte di San Tomà e per stanchezza o troppa sicurezza aveva scelto la traiettoria più breve, tagliando il canale con un angolo molto largo e lasciando una porta spalancata alla loro destra. Il poppiere del rosso aveva probabilmente pensato che il celeste non avrebbe mai osato tentare un attacco, ché doveva essere più che contento di portare a casa la bandiera bianca. Non conosceva però bene i suoi avversari e quando Jacopo si vide tutto quello spazio libero davanti pensò invece che quella era l’occasione della vita, che non si sarebbe mai più riproposta e ci si buttò - ‘Ndemo, dài… – gridò forte a Marco, intressò la barca e via come in cavata.

Bastarono pochi colpi di remo per mettere la prua davanti al rosso, che colto di sorpresa aveva perso degli attimi preziosi prima di mettersi al loro inseguimento.

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- Dài! Dài! Dài! - gridava ancora Jacopo – che voleva mettere quanta più acqua possibile tra loro e i loro avversari.

Marco si sentiva emozionato per quel loro atto di coraggio ma vogava lo stesso tutto concentrato e il pupparino scivolava veloce sull’acqua, tanto che a San Tomà erano già più avanti di tutta una barca e Jacopo si prese la riva.

A Ballarin e Scarpa non restò altro da fare che mettersi in scia, seguiti dal verde e Marco diminuì il ritmo dei colpi, continuando però a tenerlo alto, per dissuadere il rosso dall’attaccare. Quasi non ci credeva che erano davanti, ma era sicuro che non fosse finita lì e che i loro avversari avrebbero attaccato molto presto. Sperava solo di avere un poco di tempo per tirare il fiato e recuperare le forze. Gli bastava poco, si diceva, solo un attimo.

- Adesso state lì buoni e lasciatemi respirare un poco - si era detto ansimante, riprendendo una vogata più lunga e con un numero minore di colpi.

Non fece però nemmeno a tempo a finire il pensiero che sentì l’urlo di Jacopo.

- Sono al campo, voga voga voga !....

Il rosso aveva infatti lasciato la poppa del celeste e si era portato in mezzo al canale, per tentare subito il sorpasso e riportarsi davanti.

Jacopo non si aspettava un attacco in quel punto, ma non si perse d’animo, pensando che potevano ancora controllare la gara, se avessero continuato a vogare come sapevano fare. Dopo tutto, pensò, erano ancora davanti e avevano l’acqua migliore, mentre i loro avversari al centro del canale dovevano anche vincere il fiume d’acqua della dosana.

Per Marco quel contrattacco era invece arrivato troppo presto, prima che potesse recuperare la lucidità che lo sforzo precedente gli aveva fatto perdere. Istintivamente avrebbe voluto rispondere subito all’attacco aumentando anche lui il numero dei colpi, ma sentiva invece di non farcela. Aveva le braccia pesantissime e il cuore che gli batteva forte e questo gli procurava una sensazione di impotenza e un’ansia che gli alterava la respirazione. Poi aveva incominciato a sentire il ton-ton-ton che faceva sull’acqua la prua del pupparino rosso avvicinandosi e la paura di non farcela era cresciuta ancora di più.

- Ma non mollano mai? Non sono mai stanchi?- si chiedeva tra la disperazione e la rabbia - Hanno fatto anche loro la cavata, e anche in una corsia peggiore della nostra, come fanno a non essere stanchi? - e si voltava continuamente a guardarli, per vedere se avanzavano.

Quando Jacopo se ne accorse incominciò a incitarlo a gran voce, sapendo bene che quando ci si volta a guardare gli avversari vuol dire che si è in difficoltà. - Dài Marco, dài dài, che andiamo bene così! Non ce la fanno a passare, no! Dài…- gli gridava con tutto il fiato che aveva, cercando di scuoterlo. Lui però non smetteva di voltarsi per guardare la prua del rosso, disunendosi nei movimenti. Se ne era accorto anche Ballarin, il poppiere avversario, che aveva chiesto al suo compagno di insistere, per approfittare del momento di difficoltà del celeste.

- Su! Su! Su!, gli aveva gridato, per cercare di superare subito gli avversari, e Scarpa aveva battuto qualche colpo di remo ancora più veloce.

Marco sentiva che stava per piangere di disperazione e avrebbe voluto chiamare Jacopo per chiedergli di aiutarlo, di spingere di più lui, ma si trattenne un attimo prima di aprir bocca, rendendosi conto che se lo avesse fatto sarebbe stato come arrendersi, come dire ai loro avversari: “Io non ce la faccio più, passate pure davanti voi, che siete i più forti!”

Il pensiero di deludere Jacopo, di perdere per colpa sua, gli aveva fatto venire una grande amarezza ma anche una grande rabbia, un odio quasi, verso quegli avversari che volevano cancellare il loro sogno di vittoria. Il ferro del pupparino rosso era intanto arrivato alla sua altezza, ma il ton-ton-ton della sua prua sull’acqua si era smorzato, e Marco pensò che era un segno che avevano rallentato la corsa. Dovevano essere anche loro stanchi e adesso per fare la curva dell’Erbaria avrebbero dovuto rallentare ancora di più, dovendo compiere una traiettoria più larga della loro.

Quando furono sotto il Ponte di Rialto, passando dal sole all’ombra Marco

... dopo il ponte di Rialto, sulla dirittura d’arrivo... [Regata del Redentore 2009, tratta da www.vogavenezia.com]

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sentì un brivido percorrergli tutto il corpo e subito dopo fu scosso da un’esplosione di voci che proveniva dalla riva dell’ Erbaria. Alzò la testa e intravide tanta, tanta gente che applaudiva e gridava e sentì crescere dentro di sé un bisogno irresistibile di rispondere a quell’incitamento, dimenticando tutta la stanchezza e la disperazione di un attimo prima. Con una rabbia e una determinazione che stupirono lui per primo, strinse forte il remo tra le mani, appoggiò la punta del piede sulla parte più alta della pedana e con il corpo proteso in avanti si mise a vogare svelto, quasi solo di braccia.

Dieci vigorose vogate bastarono a far vedere di nuovo la poppa della loro barca ai due combattivi ragazzi di San Piero. Quando furono davanti alla Ca’ d’Oro fece scendere il piede dalla parte alta della pedana e impostò una vogata più lunga ma sempre rapida, per rendere la vita difficile a Ballarin e Scarpa, e così continuarono senza altri scossoni fino al giro del paletto, collocato al centro del canale davanti alla Stazione Ferroviaria.

Qui il giudice chiamò l’ordine in cui avrebbero dovuto girare, per evitare che le barche si toccassero: “celeste… rosso… verde… viola… canarin…”, disse con il megafono, e nessuno fece errori girando attorno alla boa, solo il viola e il canarin avevano rischiato di toccarsi, da tanto che erano vicini. Chiudeva la fila, distanziato di un paio di barche, un gruppetto formato dal bianco, dal rosa e dal marron. Ultimo era l’arancio, molto staccato dagli altri.

I pupparini dovevano adesso compiere il ritorno verso la Machina tenendo la riva sinistra del canale, per lasciare spazio alla regata femminile sulle mascarete, che era partita dai Giardini di Sant’Elena dopo di loro.

Il pupparino celeste anche dopo il giro del paletto aveva mantenuto il distacco di una barca intera sul rosso, che gli stava però attaccato alla poppa come un lupo che insegue un cerbiatto, pronto a tentare un nuovo balzo alla prima occasione favorevole.

Aveva invece rotto gli indugi il canarin che cercava da un pezzo di superare il viola per prendersi la bandiera blu. Enzo e Vianello sapevano di valere più del viola e stavano solo aspettando il momento più favorevole per tentare il sorpasso. Gli stavano così incollati alla poppa che qualche volta la toccavano col ferro di prua, anche apposta, per farli innervosire.

Quando furono davanti a San Marcuola, dove il Canal Grande è per un bel tratto diritto, ruppero gli indugi e si buttarono al campo. Schiavon, il poppiere del viola, aveva istintivamente cercato di chiudergli la strada, spostando bruscamente la barca verso il centro del canale, ma la manovra non era sfuggita al giudice, che lo aveva richiamato a gran voce. - Premi viola, premi…no ti pol far cussì…, aveva gridato dal motoscafo che seguiva da vicino i primi e Schiavon aveva dovuto ritornare nella posizione in cui si trovava prima, incitando intanto a gran voce il suo compagno. – Dài! Dài! Dài!- gridava con la voce rotta dalla disperazione e vogando più forte - Voga, voga… Il suo proviere non riusciva però a cambiare ritmo, vogava come un automa, sfigurato dalla fatica e respirando affannosamente, con la bocca aperta e la schiuma agli angoli.

Incoraggiati dalla timida reazione dei loro avversari, Enzo e Vianello avevano insistito nell’attacco e quando la prua del loro pupparino era giunta a mezza barca del viola anche Schiavon rassegnato si era rialzato, lasciandoli passare e prendendo la loro poppa.

Davanti intanto il pupparino celeste, spinto anche dalla corrente di dosana, scivolava sempre veloce sull’acqua. Ora era quasi del tutto nelle mani di Jacopo, che lo portava con sicurezza, attentissimo al filo d’acqua, ai movimenti delle barche ormeggiate lungo la riva e a tutto quello a cui bisognava stare attenti. Si era accorto che Marco per la stanchezza vogava sempre meno sciolto, ma non gli aveva detto niente e cercava di spingere un po’ di più lui col remo. Stavano andando bene e non voleva fargli cambiare la vogata regolare che aveva trovato, se non ce n’era bisogno.

-Dài, Marco, resisti ancora un poco - si diceva però tra sé e sé, come per aiutarlo - Basta che voghi piano, porto io la barca adesso, non manca tanto, voga così, dài!

Quando furono davanti alla Ca’ d’Oro si incrociarono con le mascarete delle donne, che andavano al giro del paletto. La mascareta arancio era avanti di almeno tre barche sulla seconda, che era seguita da vicino da tutte le altre in fila e Jacopo non poté fare a meno di spostare lo sguardo per osservare lo stile della brava poppiera dell’arancio. Mentre lo faceva

ultimissimi colpi di remo... [Regata del Redentore 2009, tratta da www.vogavenezia.com]

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sentì però delle acute grida di incitamento al rosso provenire da una barca ormeggiata alla riva, che pensò fossero di tifosi di San Piero in Volta, e poi un ton-ton-ton che si avvicinava. Era ancora una volta il rosso, che rispondendo all’incitamento dei propri tifosi si era buttato al campo e cercava nuovamente il sorpasso, con le sole energie del cuore oramai.

-Dài, Marco!, incitò subito Jacopo, tranquillo però, questa volta, perché sentiva di avere la situazione sotto controllo: gli sembrava di aver imparato più cose in quella mezz’ora di regata che in un anno di allenamento.

Marco, che dal giro del paletto in poi aveva potuto vogare al ritmo che preferiva, recuperando un po’ di forze, rispose prontamente all’incitamento del compagno con qualche vogata più veloce e tanto bastò per far desistere i loro avversari dall’attacco, vedendo che non guadagnavano acqua.

-Siete stanchi anche voi adesso, eh!- si disse Marco vedendoli rinunciare quasi subito all’attacco.- Mi sa che vi conviene tenervi stretta la bandiera bianca – pensò poi senza riuscire a trattenere un sorriso - perché oggi non ce n’è proprio per nessuno e se insistete troppo rischiate anche di farvi soffiare il secondo posto da chi viene dopo di voi.

Intanto erano quasi arrivati al Ponte di Rialto e Jacopo attraversò il canale per portarsi vicino alla riva destra e compiere il percorso più breve, scegliendo con attenzione la traiettoria in modo da non lasciare spazio per un attacco ai loro avversari, e poi, dopo il ponte, ritornò nuovamente vicino alla riva sinistra. Il rosso seguì in scia, distanziato di poco più di una barca e seguito da vicino dal verde e dal canarin: le posizioni per le quattro bandiere a questo punto sembravano definite e solo un errore o un incidente avrebbero potuto lasciare spazio per altri attacchi.

Il traguardo era solo a un passo: mancava poco a San Tomà, che Marco vedeva davanti a loro, poi c’era l’ampia curva a sinistra, di cui vedeva l’inizio, e poi, a metà della curva l’arrivo, finalmente.

Dopo qualche altro colpo di remo scorse anche la Machina, il grande palco galleggiante delle autorità, sovrastato dal baldacchino con le colonne dorate. La gente dalle rive applaudiva in un modo che gli sembrava diverso adesso, più caloroso, e lui ascoltava felice gli applausi e guardava di qua e di là del canale senza riuscire a mettere a fuoco nessuno e a capire niente, e poi sorrideva, sorrideva con gli occhi che volevano piangere di gioia. I muscoli delle braccia gli dolevano sempre più, ma non gli importava. Non gli importava nemmeno di avere la testa in fiamme, i polmoni che gli scoppiavano e la bocca impastata, arsa. La sola cosa che gli interessava era arrivare davanti al palco, non commettere errori in quei pochi metri, passare per primi quel traguardo, come tante volte aveva sognato di fare. Il palco gli sembrava però sempre lontano, lontano. Gli sembrava che non si avvicinasse mai, e a ogni colpo di remo sentiva le braccia più dure e l’impugnatura del remo sempre più calda sempre più calda.

- Avanti, ancora do.. uno… do…ancora do…uno… do…- si diceva per aiutarsi. Poi vide la Machina sempre più grande davanti a loro e distinse il filo del traguardo con le bandierine colorate quasi sopra la sua testa. Le mani gli scottavano così tanto che non riusciva più a stringere il remo, ma non ce n’era più bisogno: sentì un’esplosione di grida gioiose e poi gli applausi. Tanti tanti applausi.

- Abbiamo vinto – pensò - Abbiamo vinto! Abbiamo vintooo!!!

Il primo pensiero fu per Cate e si volse a cercarla nelle barche che affollavano la riva di fronte alla Machina: distinse prima il bianco della caorlina della remiera e poi il rosso vivo dei capelli di lei, che si teneva il viso con le mani. I loro sguardi sorridenti si incrociarono per qualche secondo, poi lei lo salutò con la mano e Marco fece lo stesso e senza smettere di guardarla sfilò lentamente il remo dalla forcola e lo alzò con le braccia tremanti e doloranti diritto sopra la testa.

Jacopo fece lo stesso, e quando il remo ricadde in acqua lo posò dentro la barca, scese lentamente dalla poppa in sentina e andò incontro a Marco, che fece lo stesso, e in piedi, al centro della barca, si strinsero commossi la mano e poi si abbracciarono, con gli occhi lucidi.

- Bravo!- disse Jacopo con un filo di voce.

- Bravo tu!, invece, e grazie - rispose Marco stremato e commosso - Vedi che avevo ragione - aggiunse poi quasi sottovoce - quando ti dicevo che avremmo vinto noi! Potevi dirmelo però che era così faticoso – continuò

Le bandiere rosse dei primi arrivati [Regata del Redentore 2009, tratta da www.vogavenezia.com]

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sorridendo - Forse non avrei insistito così tanto!

- Questo non lo sapevo neanch’io, a dire il vero - rispose Jacopo mettendosi a ridere - ma se anche te lo avessi detto sono sicuro che non mi avresti creduto!

- Puoi ben dirlo che non ti avrei creduto! Non ci crederei nemmeno se me lo dicessi adesso!

- Ci chiamano per le premiazioni. Andiamo, avanti! - disse Jacopo ritornando in sé.

- Ehi, coi giornalisti ci devi parlare tu, eh! Siamo intesi! – gli ricordò Marco ridendo.

Antonio Padovan ([email protected])

5.8.2010

Cate, Marco, Giovanni e Jacopo festeggiano la vittoria [disegno di Luca Resto]